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5Dono è di Voi ciò che appagar più suole
Nella Terra e nel Mar nostri desiri:
Dono è di Voi, che a vostro prò si aggiri,
Vostra sì bella immago, in Cielo il Sole.
E se tra quei sublimi eletti Eroi
10Speriamo un dì nella maggion superna
Fortunato l’albergo, è don di Voi.
Dunque a Voi la cui man tutto governa,
Qual fu pria, quale or’è, qual fia dappoi,
Sia sempre eterno onore, gloria eterna.
VI
Mie deluse speranze! Io già credea
Per man di lontananza il cuor disciolto;
E nell’obblio l’antico anor sepolto,
Della mia libertà fra me godea.
5Ma di questa, non so se Donna, o Dea,
Riveggio folgorare appena il volto,
Che nuovamente entro a’ suoi lacci avvolto
Torno ad amar chi di mia morte è rea.
Tale, ahi lasso!, Uom, che nacque altrui soggetto,
10Se mai da lungi l’odiosa e dura
Catena obblìa, poi da vicin n’è stretto.
Tal, se lungi dal Sole onda s’indura,
Prova, stemprata al di lui primo aspetto,
Che sembiante cangiò ma non natura.
VII
Come tenera madre, a cui dolente
Infermo fanciullin chiede quell’esca,
Cui s’egli ottien, si può temer che cresca
A gran passi maggiore il mal presente;
5Pur tra’ pianti di lui cieca sua mente
Non prevede qual danno indi gli accresca,
E con quel cibo al fin, che sì l’adesca,
Mentre il consola, al suo morir consente:
Così a l’egro mio cuore, il cui pensiero
10Vaga Ninfa in bramar pose sua sorte,
Io pur toglier vorrei cibo sì fiero,