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XXXVI

Onestà non era seco,
     Qual vedrassi venir teco
     99Di candor cosparsa il vel:
E dirà: Quest’Alma bella
     Tra noi scese dalla Stella,
     102Che più pura splende in Ciel.
Ben a Teti fia, che incresca
     Il confronto, e che non esca
     105Del stuo lucid’antro fuor:
Sebben quando esce dal Mare
     Tra suoi Numi assisa appare
     108Su gemmata conca d’or.
Ma dell’una e l’altra nera
     Tua pupilla messaggiera
     111Qualche Ninfa a lei n’andrà:
Molto a lei dell’agil fianco,
     Del crin bruno, e del sen bianco,
     114Ma non tutto dir saprà.
In fin quella veder dei
     Gran Città, che gli alti Dei
     117Sopra l’acque collocar:
E in lei cento eccelse moli
     Di Teatri al Mondo soli,
     120E di Templi torreggiar.
Qual più brami in Mare, e in Terra
     Al tuo sguardo si diserra
     123Doppio comodo sentier:
Ma tu tienti, a quel, che snella
     Fender vedi Navicella
     126Di sagace Gondolier.
Fra lietissimi pensieri,
     Sopra i morbidi origlieri
     129Posa il fianco, e in giro va:
E Palagi vedrai starsi
     Sopra l’onde, e quelle farsi
     132Terso specchio a lor beltà.
Che fia poi qualor velato