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Qual’apre al piè fiorito calle aprico,
Che per vie cieche al precipizio scende.
Ma come il Nil per balze aspre, e profonde,
10Strepitoso caggendo in stranio modo,
Grave assorda i Vicini col suon dell’onde:
Tal di vani pensier, ch’io nutrir godo,
Tumultuando un folto stuol confonde
La mente sì, ch’io più Ragion non odo.
XVI
Poichè l’alto decreto in Ciel si scrisse,
Che in Croce un Dio l’alma spirasse un giorno,
Tremò Natura, e volti gli occhi intorno
Chi fia Ministro al gran misfatto? disse.
5Mostro ci sarà, cui mostro par non visse,
Nè mai vivrà, finchè di luce adorno
Farà dall’Indo al Mauro il sol ritorno,
E splenderan le Stelle in Cielo affisse.
Sdegno, ed orror l’oppresse: e non ardia,
10Misera!, il volto alzar mesto e turbato,
Temendo in sen nutrir furia sì ria.
Così dubbia giaceasi, e veder nato
Un gran mostro attendea: ma non avrìa
Creduto mai l’Uomo sì fero, e ingrato.
XVII
Poichè in suo cuor da maraviglia oppressa
L’Arte che tanto iva di Fidia altera,
L’opra ammirò del gran Bernini, ov’era
La sua chiara Eroina al vivo espressa:
5Quell’occhio inteso al Ciel come a sua sfera,
Quella gentil (dicea) benchè in se stessa
Umilmente negletta, in fronte impressa
Angelica sembianza è finta, o vera?
Vera ben sembra. E qual sì duro, e scabro
10Cuor non muove? Anzi se all’ultim’ore
Sì dolce aprìa la Verginella il labro,
Spento avrìa nel Tiranno ogni furore:
Ma se toglieasi l’opra al saggio fabro,
Quando ei perdea di gloria, io di splendore.