Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/213

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Ulisse. Giusto è che spento

sia in lui d’Ettore il seme.
Cosi estinguer con lui potessi ancora
que’ pochi che fuggirò al ferro e al fuoco
e in estranie contrade erran dispersi.
Oreste. Odio che per oggetto ha gl’infelici,
non è degno d’ Ulisse.
Ulisse. Lo giustifica il danno. Il mio nimico
può fuggirmi in un solo. Io il cerco in tutti.
Oreste. Non chieggo arcani a chi li tace, e amore
ad Ermione m’affretta.
Ulisse. Io qui a Pirro esporrò ciò che da lui
la Grecia esige: il sangue d’Astianatte
e i giurati sponsali.
Oreste. Ah, tutto Ulisse
dimandi e nulla ottenga in mio martoro.
Ulisse. Per la patria tu fai voti crudeli.
Oreste. La patria amo, o signor, ma Ermione adoro.
Lunge da que’ bei rai
so quanto sospirai.
Notte mi cinse intorno,
e lieto e chiaro giorno
sorger piú non mirai.

SCENA III

Ulisse e poi Eumeo.

Ulisse. Amante, cui sia tolto il caro oggetto,

ostenta un gran dolor. Ma qual d’un padre
orbo d’unico figlio il dolor sia,
io il so...
Eumeo. (esce e osserva attentamente Ulisse in disparte)
Mio re, mio Ulisse,