Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/66

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li spaventa vicina e l’Asia doma

la pace impara anco a temer di Roma.
Claudio. Di tua lunga dimora
qualunque sia l’alta cagion, tu quella
del venir nostro attendi, e tu d’Aurelio,
ch’è tuo cesare e mio, le leggi ascolta.
Suo nunzio e suo ministro
a te vengo, o signor. Sua figlia è questa
la cui man ti fa cesare e t’innalza
al governo del mondo.
Fu la partica guerra
che ne interruppe il nodo. Ella è compiuta.
De’ felici sponsali
maturo è il tempo. Oltre del sol novello
piú non lice tardar. Cesare, Lucio,
qual d’ambo i nomi a te piú aggrada, eleggi
o suddito, o monarca;
o rendi il lauro, o serba il patto e reggi.
Lucio Vero. Spesso un zelo indiscreto
è colpa in chi è vassallo. E tempo e luogo
sceglier dovevi, e favellar piú cauto.
Pur tutto, Claudio, al grado
di chi t’invia messaggio,
tutto ali’amor di chi vien teco or dono;
ma sappi che tuo cesare anch’ io sono.
(Finger mi giovi.) A te, mia sposa augusta,
ben fia nel nuovo giorno
meglio noto il mio cor. Tu vieni intanto
de’ miei trionfi ad ammirar la gloria.
Lucilla. Seguo, Augusto, i tuoi passi,
tua spettatrice insieme e tua vittoria.
Lucio Vero. Vieni, o bella, col tuo volto
le mie glorie ad illustrar;
lá ogni sguardo in te rivolto
lo splendor de’ miei trionfi
lascerá di vagheggiar.