Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/440

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412 pensieri (354-355)

sultare i medici, era di sentirne opinioni o ragguagli di miglioramento. Vedendo ne’ malati qualche segno di morte vicina, sentiva una gioia profonda, che si sforzava di dissimulare solamente con quelli che la condannavano; e il giorno della loro morte, se accadeva, era per lei un giorno allegro ed ameno, né sapeva comprendere come il marito fosse sí poco savio da attristarsene. Considerava la bellezza come una vera disgrazia, e vedendo i suoi figli brutti o deformi ne ringraziava Dio, non per eroismo, ma di tutta voglia. Non procurava in nessun modo di aiutarli a nascondere i loro difetti, anzi pretendeva che in vista di essi rinunziassero intieramente alla vita nella loro prima gioventú: se resistevano, se cercavano il contrario, se vi riuscivano in qualche minima parte, n’era indispettita, scemava quanto poteva colle parole e coll’opinion sua i loro successi (tanto de’ brutti quanto de’ belli, perché n’ebbe molti), e non lasciava (355) passare, anzi cercava studiosamente l’occasione di rinfacciar loro e far loro ben conoscere i loro difetti e le conseguenze che ne dovevano aspettare e persuaderli della loro inevitabile miseria, con una veracità spietata e feroce. Sentiva i cattivi successi de’ suoi figli in questo o simili particolari con vera consolazione e si tratteneva di preferenza con loro sopra ciò che aveva sentito in loro disfavore. Tutto questo per liberarli dai pericoli dell’anima e nello stesso modo si regolava in tutto quello che spetta all’educazione dei figli, al produrli nel mondo, al collocarli, ai mezzi tutti di felicità temporale. Sentiva infinita compassione per li peccatori, ma pochissima per le sventure corporali o temporali, eccetto se la natura talvolta la vinceva. Le malattie, le morti le piú compassionevoli de’ giovanetti estinti nel fior dell’età, fra le piú belle speranze, col maggior danno delle famiglie o del pubblico ec., non la toccavano in verun modo. Perché diceva che non im-