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Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/160

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(715-716) pensieri 147

sente, bensí dopo sentito; e quando i sommi poeti scrivevano quelle cose che ci destano le ammirabili sensazioni dell’infinito, l’animo loro non era occupato da veruna sensazione infinita; e dipingendo l’infinito non lo sentiva. I sommi dolori corporali non si sentono, perché o fanno svenire o uccidono. Il sommo dolore non si sente, cioè finattanto ch’egli è sommo; ma la sua proprietà è di render l’uomo attonito, confondergli, sommergergli, oscurargli l’animo in guisa, ch’egli non conosce né se stesso né la passione che prova né l’oggetto di essa; rimane immobile e senza azione esteriore, né, si può dire, interiore. E perciò i sommi dolori non si sentono nei primi momenti, né tutti interi, ma nel successo dello spazio e de’ momenti e per parti, come ho detto p. 366-368. Anzi non solo il sommo dolore, ma ogni somma passione, ed anche ogni sensazione, ancorché non somma, tuttavia tanto straordinaria e, per qualunque qualunque verso, grande, che l’animo nostro non sia capace di contenerla (716) tutta intera simultaneamente. Cosí sarebbe anche la somma gioia.


     Ma bisogna osservare che di rado avviene che la gioia, ancorché grande e straordinaria, ci renda attoniti e quasi senza senso, e che la sua grandezza ne renda impossibile il pieno e distinto sentimento. Questo ci accadeva forse e senza forse da fanciulli e sarà pure senza fallo avvenuto negli uomini primitivi; ma oggidí per poco che l’uomo abbia di esperienza e di cognizione, è ben difficile che sia suscettibile di una gioia, la quale sia tanta da non poter essere contenuta pienamente nell’animo suo, e da ridondare. Bensí egli è suscettibilissimo (almeno il piú degli uomini) di un tal dolore. Ma la somma gioia dell’uomo di oggidí è sempre o certo ordinariamente tale che l’animo n’è capacissimo, e questo, non ostante ch’egli vi debba necessariamente esser poco assuefatto; laddove quanto al dolore o a qua-