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(999-1000) pensieri 329

S. Marco si creda scritto in Roma e ad uso degl’italiani, giacché è rigettata da tutti i buoni critici l’opinione che quell’Evangelio fosse scritto originariamente in latino (Fabricius Bibliotheca Graeca, III, 131): quantunque v’abbia un’Epistola di S. Paolo, cittadino romano, diretta a’ romani, un’altra agli ebrei; quantunque v’abbiano le Epistole dette cattoliche, cioè universali, di S. Giacomo e di S. Giuda Taddeo. Ma senza entrare nelle quistioni intorno alla lingua originale del Nuovo Testamento o delle diverse sue parti, osserverò quello che dice il Fabricius, Bibliotheca Graeca, edit., vet., t. III, p. 153, lib. 4°, c. 5, § 9, parlando dell’Epistola di S. Paolo a’ romani: graece scripta est, non latine, etsi scholiastes Syrus notat scriptam esse Romane רומאןת, quo vocabulo Graecam (1000) linguam significari. Romae tunc et in omni fere Romano imperio vulgatissimam, Seldenus ad Eutychium observavit. E, p. 131, nota (d), § 3, parlando delle testimonianze Orientalium recentiorum, che dicono essere stato scritto il Vangelo di S. Marco in lingua romana, dice che furono o ingannati o male intesi dagli altri, nam per Romanam linguam etiam ab illis Graecam quandoque intelligi observavit Seldenus. Intendi l’opera di Giovanni Selden intitolata: Eutychii Aegyptii Patriarchae Orthodoxorum Alexandrini Ecclesiae suae Origines ex eiusdem Arabico nunc primum edidit ac Versione et Commentario auxit Joannes Seldenus. Per lo contrario Giuseppe Ebreo, nel proemio dell’Archeol., § 2, principio e fine, chiama greci tutti coloro che non erano giudei, o sia gli etnici, compresi per conseguenza anche i romani. E cosí nella scrittura Ἕλληνες passim opponuntur Iudaeis, et vocantur ethnici, a Christo alieni (Scapula). Cosí ne’ Padri antichi. Il che pure ridonda a provare la mia proposizione. E Gioseffo, avendo detto di scrivere per tutti i Greci (cioè i non ebrei), scrive in greco. Vedi anche il Forcellini, voce Graecus, in fine.

Osservo ancora che Giuseppe Ebreo, avendo scritto