Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/488

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(1193-1194) pensieri 475

piccoli ci parvero belle e massime di queste medesime, le quali, ancorché brutte, non ci parranno mai piú brutte veramente; ma solo il nuovo abito di vedere, e quindi il nuovo modo che abbiamo contratto di giudicare della bellezza, ce le faranno giudicare, ma non parer brutte. E ci bisognerà sempre una riflessione ed un confronto espresso colle nostre nuove idee del bello per giudicare brutte quelle persone che a prima vista e senza considerazione non ci parranno mai tali. Massime se il nostro ingegno è torpido e difficile a contrarre nuove abitudini, perché, nel caso contrario, piú facilmente ci riesce di formare intorno all’estrinseco di quelle persone un giudizio conforme alle nuove idee del bello che abbiamo acquistato colla maggiore esperienza de’ sensi. Prove piú certe che l’idea del bello non sia né assoluta, né innata, né naturale, né immutabile, né dipendente da un tipo col quale avremmo potuto paragonare quelle fisonomie, non credo che si possano desiderare.  (1194)

3°, L’uomo, se ben considereremo, non giudica mai della bellezza né della bruttezza se non comparativamente, e l’idea del bello è sempre comparativa e quindi relativa. Noi giudichiamo della bellezza estrinseca dell’uomo, sia reale sia imitata, molto piú finamente che di qualunque altro bello fisico. Perché? Perché naturalmente facciamo ed abbiamo fatto maggiore attenzione alle forme de’ nostri simili, che di qualunque altro oggetto e ne abbiamo notate le menome parti, le possiamo paragonare fra loro e quelle di un individuo con quelle di un altro o della generalità; e in questo modo abbiamo distinta e minuta ed esatta l’idea acquisita delle proporzioni e convenienze relative alla figura dell’uomo e delle sproporzioni e sconvenienze, che è quanto dire della bellezza e della bruttezza umana. Ma poniamo un individuo umano che non abbia mai veduto alcuno de’ suoi simili. Egli non saprà giudicare della bruttezza o bel-