Pagina:Zibaldone di pensieri III.djvu/244

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230 pensieri (1555-1556)

sua felicità. Vedi la mia teoria del piacere, applicandola a queste osservazioni, che dimostrano la superiorità del mondo antico sul moderno, in ordine alla felicità, come pure dell’età fanciullesca o giovanile sulla matura (24 agosto 1821).


*    Consideriamo la natura. Qual è quell’età che la natura ha ordinato nell’uomo alla maggior felicità di cui egli è capace? Forse la vecchiezza? cioè quando le facoltà dell’uomo decadono visibilmente; quando egli si appassisce, indebolisce, deperisce? Questa sarebbe una contraddizione, che la felicità, cioè la perfezione dell’essere, dovesse naturalmente trovarsi nel tempo della decadenza e quasi corruzione di detto essere. Dunque la gioventú, cioè il fior dell’età, quando le facoltà dell’uomo sono in pieno vigore ec. ec.  (1556) Quella è l’epoca della perfezione e quindi della possibile felicità sí dell’uomo che delle altre cose. Ora la gioventú è l’evidente immagine del tempo antico, la vecchiezza del moderno. Il giovane e l’antico presentano grandi mali congiunti a grandi beni, passioni vive, attività, entusiasmo, follie non poche, movimento, vita d’ogni sorta. Se dunque la gioventú è visibilmente l’età destinata dalla natura alla maggior felicità, l’ἀκμὴ della vita, e per conseguenza della felicità ec. ec.; se il nostro intimo senso ce ne convince, che nessun vecchio non desidera di esser giovane e nessun giovane vorrebbe esser vecchio se la considerazione del sistema e delle armonie della natura ce lo dimostra a primissima vista; dunque l’antico tempo era piú felice del moderno; dunque che cosa è la sognata perfettibilità dell’uomo? dunque ec. ec. Quest’osservazione si può stendere a larghissime conseguenze (24 agosto 1821).


*    Alla p. 1551. Tanto la facoltà d’immaginare