Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/120

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108 pensieri (2209-2210-2211)

dopo un numero o una massa di sventure, maggiore assai di quella che ha bastato ad assuefare e  (2210) rendere imperturbabile l’uomo di gran sentimento, non vi sono ancora assuefatti, sono sempre aperti all’afflizione, al dolore, sempre sensibili al male, sempre egualmente teneri e molli (sebbene quegli ch’era assai piú molle sia già del tutto indurato), e restano bene spesso tali per tutta la vita, tanto capaci di soffrire nella decrepitezza, quanto appresso a poco nella prima giovanezza; anzi di piú, perché meno distratti nelle loro sensazioni e meno aiutati dalla forza naturale. Laddove all’uomo di sentimento lo stesso esser poco capace di distrazione, lo stesso attender vivamente alle sensazioni, facilita l’assuefazione e l’acquisto della insensibilità e incapacità di piú attendervi (1 dicembre 1821).


*    Se la lingua greca nel risorgimento delle lettere avesse prevaluto alla latina, quanto all’uso de’ dotti, alle cose diplomatiche ec., ella sarebbe  (2211) stata (oltre gli altri vantaggi) piú facile a trattare e a scrivere anche elegantemente e con quella perfezione con che in Italia fu scritto il latino, e ciò non solo per la sua adattabilità alle cose moderne, ma per la maggior facilità assoluta della sua costituzione e proprietà, che resulta dalla sua naturalezza, semplicità di frase di andamento ec. E la minore, anzi niuna somiglianza, che avrebbe avuta col materiale delle lingue moderne e viventi, sarebbe stato uno scoglio di meno alla sua purità ed eleganza, alla conservazione della sua vera indole, e, invece del latino barbaro, si sarebbe scritto un greco puro e la barbarie non avrebbe dovuto esser cagione di abbandonarla, come la latina, barbara anche oggi negli scrittori tedeschi ec. che la usano.

Oltre il gran vantaggio, scioltezza ec., che avrebbe recato agl’intelletti, alla concezione e all’espressione