Pagina:Zibaldone di pensieri IV.djvu/219

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(2382-2383-2384) pensieri 207

da questo male assoluto: s’io mi potessi ammazzare, sarebbe parimente meglio e condurrebbe allo stesso fine; ma, poiché non ho potuto a meno di nascere e la mia legge mi comanda di fuggir la vita e nel tempo stesso mi vieta di terminarla, ponendo la morte volontaria fra gli altri peccati per cui la vita,  (2383) é pericolosa, resta che, fra tante contraddizioni, io scelga il partito ch’é in poter mio, e l’unico degno del savio, cioè schivare quanto io posso la vita, contraddire e render vana quanto posso la nascita mia, insomma, esistendo, annullare quanto è possibile l’esistenza, privandola di tutto ciò che la distingue dal suo contrario e la caratterizza e soprattutto dell’azione che per una parte è il primo scopo e carattere ed uffizio ed uso dell’esistenza, per l’altra è ciò che v’ha in lei di piú pericoloso in ordine al peccare. E se con ciò nuocerò al mio ben essere e mi abbrevierò l’esistenza, non importa, perché lo scopo di essa non dev’esser altro che fuggir se medesima, come pericolosa; e l’essere non è mai tanto bene, quanto allorché in qualunque maggior modo possibile è lontano dal pericolo di peccare, cioè lontano dall’essere e dall’operare ch’é l’impiego dell’esistenza.

Questo è il discorso di tali persone. E questo raziocinio e la risoluzione che ne segue e la vita che le tien dietro, sono assolutamente e dirittamente nello spirito del cristianesimo e inerenti alla  (2384) sua perfezione. Lo scopo di essa e dell’essenza del cristianesimo si è il fare che l’esistenza non s’impieghi, non serva ad altro che a premunirsi contro l’esistenza: e secondo essa il migliore, anzi l’unico vero e perfetto impiego dell’esistenza si è l’annullarla quanto è possibile all’ente; e non solo l’esistenza non dev’essere il primo scopo dell’esistenza nell’uomo, come lo è in tutte le altre cose o create o anche possibili, ma anzi il detto scopo dev’essere la nonesistenza. Assolutamente nell’idea caratteristica