Pagina:Zibaldone di pensieri VI.djvu/61

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56 pensieri (3602-3603)

di Minerva ec. o per una meraviglia (che niente ci persuade perché inverisimile), piuttosto che per natura, anzi contro natura. Ma il lettore segue la natura, malgrado del poeta, e Ulisse non gli pare né giovane né bello. Le qualità nelle quali Ulisse eccede sono in gran parte altrettanto forse odiose quanto stimabili. La pazienza non è odiosa, ma tanto è lungi da essere amabile, che anzi l’impazienza si è amabile.1) Insomma ne nasce che Ulisse, malgrado delle sue tante e sí grandi e sí varie e sí nuove e sí continue sventure, e malgrado ch’ei comparisca misero fino quasi all’ultimo punto, non riesce per niun modo amabile. E per tanto ei non interessa. Ulisse è personaggio maraviglioso e straordinario. I pedanti vi diranno che ciò basta ad essere interessante. Ma io dico che no, e che bisogna che a queste qualità si aggiunga l’essere amabile, e che quelle conducano e cospirino a produr questa, o, se non altro con lei, sieno condite; e che il protagonista sia maravigliosamente e straordinariamente amabile, cioè straordinario e maraviglioso nell’amabilità,  (3603) o per lo meno tanto amabile quanto maraviglioso e straordinario.

Da questi discorsi si raccoglie essere un sostanziale e capitale (benché non avvertito) difetto della Gerusalemme, che il suo principale Eroe, o quello che tale doveva essere, non solamente non riesca per niuna parte amabile, ma il suo carattere e le sue azioni sieno state espressamente delineate e composte in modo ch’ei non dovesse riuscire amabile, o senza l’intenzione di renderlo tale; essendosi il Tasso contentato di farlo

  1. Certamente l’eccesso della pazienza, massime nella conversazione e nelle tenui relazioni giornaliere degli uomini, si può dir che sia odiosa, o certo dispiacevole, o almen dispregevole, e lo spregevole è non solo inamabile, ma quasi odioso, e chi è disprezzato, oltre che non può essere amato né interessare, difficilmente è senza un certo odio o avversione. La pazienza è di tutte le virtú forse la piú odiosa o la meno amabile, e ciò massimamente doveva essere presso gli antichi, e presso noi ancora, quando la consideriamo in personaggi e circostanze antiche, come in Ulisse.