Pagina:Zibaldone di pensieri VII.djvu/158

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(4220-4221) pensieri 153

caeca in rectam viam ductrice, impelli. Sed persuadere semper adnisus est, et oculos ad animam referre (dic, visum, speciem intromittere): aut si inessent,  (4221) repurgare. - Ridete? Or traducete queste che vi paiono stoltizie, dalla lingua antica filosofica nella moderna, e voi vedrete accadere quello che dice il Dutens, cioè quante verità (qui però si tratterà di errori) si troverebbero negli antichi, credute moderne, se si sapessero tradurre i loro detti nella lingua modernamente adottata per la filosofia. Queste scempiaggini del filosofo mistico Isidoro, comuni in gran parte agli altri mistici di quello e dei vicini secoli, e dominanti in quei tempi di sogni e di creuseries, che altro sono se non, con solo diverse parole, le misticherie di quei moderni, che quando non ci possono provare con ragioni quello che vogliono, quando sono obbligati a confessare che argomenti per provarlo non vi sono, che anzi abbondano gli argomenti in contrario, ricorrono alla gran prova del sentimento, e pretendono che questo debba esser l’unica guida, canone, maestro della verità nelle cose che piú importano? E noi che ridiamo di questi passi di Damascio, non ridiamo di queste sentenze moderne, anzi le ripetiamo e magnifichiamo. Questo è proprio il caso del mutato nomine (propriamente il nome e non altro) de te fabula. Che altro è questo sentimento, questa sensibilità, questo entusiasmo, queste ispirazioni, che non tutti hanno da natura, o chi piú chi meno, ma che ci si dà per il principal mezzo di conoscere il vero, ed a cui si debba subordinare ogni altro mezzo, compresa la ragione; che altro è, dico, se non quello che Isidoro chiamava εὐμοιρία in quest’altro luogo (che ci fa ridere) di Damascio, appresso lo stesso Fozio, colonna 1034?. ἀγχίνοιαν καὶ ὀξύτητα ὁ Ισίδωρος, φησίν (Δαμάσκιος), ἔλεγεν οὐ τὴν εὐκίνητον φαντασίαν, οὐδὲ τὴν δοξαστικὴν εὐφυΐαν, οὐδὲ μόνην (ώς ἄν τις οἰηθέιη) διάναιον εὔτροχον καὶ λόγιμον ἀληθείας· οὐ γὰρ εἶναι ταύτας αἰτίας, ἀλλὰ τῇ αἰτίᾳ