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il paradiso delle signore


— Canagliette!

Le odiava, costretto su e giú per la scala a rompersi in quel modo le gambe per portare loro le clienti, e fuor di sé perché, secondo lui, gli rubavano proprio di tasca il guadagno. Era quella una guerra sotto sotto, nella quale anch’esse non combattevano con minore acrimonia; e stanchi della comune fatica, sempre ritti, divenuti macchine, al sesso non si badava piú e non restavano le une contro le altre armate se non le opposte avidità, incitate da una febbrile smania di vendere.

— Ma non c’è nessuno, dunque?... — chiese l’Hutin.

A un tratto si accorse di Dionisia. Fin dalla mattina non faceva che spiegare e ripiegare; non le avevano conceduto che di tentare poche vendite, di esito dubbio, e che a lei non era riuscito di condurre in fondo. Quando egli la vide e la riconobbe, mentre stava a sbarazzare un banco da un mucchio enorme di vestiti, corse a cercarla.

— Ecco, signorina, servite queste signore che aspettano.

E le mise di colpo sulle braccia le compre della Marty che era stanco di far passeggiare pel magazzino. Il suo sorriso tornava a galla, e c’era in quel sorriso la segreta cattiveria d’un venditore esperto, che s’immaginava già l’imbroglio delle signore e della ragazza. Ma questa fu commossa grandemente dell’occasione non sperata che le si presentava. Per la seconda volta, l’Hutin le appariva come un amico sconosciuto, quasi un fratello che stesse sempre pronto nell’ombra a salvarla con l’amor suo. Gli occhi le splenderono di gratitudine, e tennero dietro


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