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e il Mouret le faceva gelare il sangue nelle vene con uno spavento in cui tutti gli altri suoi sentimenti naufragavano senza ch’ella li potesse analizzare. Allora, abbandonata da tutti, colpita nei suoi piú intimi pudori di donna, né sapendo tollerar l’ingiustizia, dové soffocare i singulti che le salivano alla gola.

— Avete capito? che domani sia pettinata! cosí è indecente! — ripeteva alla signora Aurelia il terribile Bourdoncle, che fin dal primo giorno aveva condannata Dionisia, disprezzando la sua magrezza.

E la direttrice venne finalmente a levarle il mantello di sulle spalle, dicendole a bassa voce:

— Bel principio, signorina! Davvero, se avete voluto darci prova di ciò che sapete fare... Piú sciocca di cosí non si può essere.

Dionisia, per la paura che le lacrime le scappassero dagli occhi, si affrettò a tornare ai mucchi di vestiti che portava via e che metteva in ordine sopra a un banco. Là almeno era confusa tra la folla, e la fatica le impediva di pensare. Ma sentí a un tratto accanto a sé Paolina, la ragazza della biancheria che quella mattina stessa aveva prese le sue difese. Aveva ora veduto tutto, e le mormorava all’orecchio:

— Figliuola mia, non bisogna pigliarsela tanto. Ingozzate, ingozzate: altrimenti se ne accor gono, e ve ne fanno delle altre... Io che vi parlo, sono di Chartres. Già, sicuro, Paolina Cugnot, e i miei fanno i mugnai laggiú. Vedete, m’avrebbero mangiata viva i primi giorni se non avessi mostrato i denti subito. Su, su, coraggio! datemi la mano... Quando vorrete, faremo due chiacchiere.

Quella mano che le era tesa raddoppiò il tur-


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