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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/266

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zola

discorrere su di lei. A poco a poco prese animo e osò chiedere consigli, sperando che Dionisia potesse aiutarlo. Invano lei lo fece disperare, rimproverandogli di far soffrire Genoveffa per una ragazza a quel modo: tornò un’altra volta e prese poi l’abitudine di venire da lei. Al suo tímido amore bastava quello sfogo; non faceva che rifriggere gli stessi discorsi, senza accorgersene, tutto tremante dalla contentezza d’essere accanto a una donna che era stata con Clara. E Dionisia, anche per questo verso, dové tornare di piú, col pensiero, al Paradiso delle signore.

Verso gli ultimi di settembre, la miseria toccò il colmo. Beppino s’era ammalato assai gravemente; bisognava dargli del brodo, e lei non aveva nemmeno del pane. Una sera che, non potendo piú, singhiozzava a dirotto in una di quelle disperazioni che gettano le ragazze o in mezzo alla strada o nel fiume, il Bourras picchiò pian piano. Portava un pane, e un bricco di brodo.

— Ecco qui: questo è per il bambino! — disse con la sua aria da burbero. Non piangete cosí, date noia agl’inquilini.

E perché ella lo ringraziava con un nuovo scroscio di pianto:

— Zitta!... zitta!... Venite domattina da me. Ho del lavoro da darvi.

Dopo il colpo tremendo che il Paradiso delle signore gli aveva assestato, aprendo una sezione di ombrelli, il Bourras non teneva piú operaie. Faceva tutto da sé per spendere meno: lui puliva, lui cuciva, lui raccomodava. Ma i clienti diminuivano a mano a mano, in modo che qualche volta non aveva nulla da fare. E cosí fu costretto a inventare un lavoro purchessia, quan-


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