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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/53

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il paradiso delle signore

le cambiali poste sulla scrivania, volse al ritratto un sorriso d’uomo contento. Non tornava forse egli sempre innanzi a lei per lavorare, dopo le sue scappate di giovane vedovo, o all’uscire dalle alcove dove si smarriva talvolta in cerca del piacere?

Qualcuno picchiò: senza aspettare licenza, entrò un giovane alto e magro, con le labbra sottili, col naso a punta; del resto con aspetto da persona per bene, e i capelli lisci, già grigi qua e là.

Il Mouret aveva alzato gli occhi; poi seguitando a far le firme:

— Avete dormito bene, Bourdoncle?

— Benissimo, grazie! — rispose il giovane che camminava su e giú, come in casa sua.

Il Bourdoncle, figlio di un povero fattore dei dintorni di Limoges, era entrato al Paradiso delle signore, proprio insieme col Mouret, al tempo che il magazzino stava all’angolo di Piazza Gaillon. Intelligentissimo, pieno di energia, pareva dovesse, senza troppo darsi da fare, sostituire il suo compagno tanto meno serio di lui, con mille frasche pel capo, un’apparente scapataggine, e molti impicci amorosi. Ma non aveva l’ingegno pronto e audace di quel provenzale pieno di fuoco, né la sua grazia vittoriosa. D’altra parte, per un istinto di uomo savio, s’era piegato davanti a lui, obbediente fin dal primo momento e senza nessun combattimento con se stesso. Quando il Mouret aveva consigliato ai suoi commessi d’impiegare il loro danaro nel magazzino, il Bourdoncle era stato dei primi a dare il suo, affidandogli perfino l’eredità inaspettata d’una zia: e a un poco per volta, dopo essere salito per tutti i gradi, addetto alla vendi-


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