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Pagina:Zola - Il paradiso delle signore - 1936 - Mondadori.pdf/563

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il paradiso delle signore


— Restate, non è vero? ci scommetto la testa!... E che ci farei io, senza di voi?

E sentendosi rispondere che l’amica era invece disposta a andarsene il giorno dopo:

— No, no, voi lo credete, ma io sono sicura del contrario... Dio buono! ora che ho un bambino, mi dovete nominare «aiuto»! Il Baugé ci conta!

E sorrideva convinta. Diede poi le quattro camicie: e perché Gianni diceva che dovevano andare ai fazzoletti, chiamò anche lei una ragazza per portare il paltoncino e le camicie. La ragazza che si presentò era la già signorina de Fontenailles, sposata da poco con Giuseppe. Aveva ottenuto, per grazia particolare, quel posto di serva, ed aveva un gran grembiale nero e sulla spalla un numero di lana gialla.

— Prendete, signorina, — le disse Paolina. Poi, riabbassando la voce:

— Dunque, ci siamo intese: son «aiuto» io!

Dionisia si difendeva come poteva; poi, per rispondere allo scherzo con uno scherzo, promise, e se n’andò con i fratelli, seguita dalla ragazza.

Nel pianterreno si trovarono in mezzo alle lane, un angolo della galleria tappezzato tutto di flanelle bianche. Il Liénard, che il padre richiamava invano ad Angers, stava discorrendo col bel Mignot, che era divenuto rappresentante, e osava sfacciatamente capitare ogni tanto al Paradiso. Parlavano certo di Dionisia, perché si chetarono subito e la salutaron ossequiosamente: cosí facevano, del resto, tutti gl’impiegati, a mano a mano ch’ella passava, non sapendo che cosa sarebbe ella stata il giorno dopo. Sussurravano, e dicevano che aveva l’aria di trionfo:


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