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Rime (Guittone d'Arezzo)/Doglio e sospiro di ciò che m'avvene: differenze tra le versioni

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{{Ct|f=90%|v=1|L=0px|lh=1.2|Proprio mentre crescon le bellezze della donna vien meno la sua fortuna.}}


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<poem>
Doglio e sospiro di ciò che m’avvene,
che servo voi, soprana di biltate,
ed in redoppio mi tornan le pene;
{{R|4}}e voi, madonna, di ciò non curate,
anzi mi date doglia, che mi tene
e che m’ancide, se voi non m’atate.
Sospira ’l core, quando mi sovvene
{{R|8}}che voi m’amavi, ed ora non m’amate.
E non è meraviglia s’eo mi doglio,
ché la ventura mia tuttor disvene,
{{R|11}}e le bellezze vostre van doppiando.
Quando mi penso il tempo ch’aver soglio,
in disperanza m’torna tutto ’l bene,
{{R|14}}e li conforti me ne van mancando.
</poem>

Versione delle 22:56, 30 lug 2018

Doglio e sospiro di ciò che m'avvene

../Se solamente de lo meo peccato ../Fera ventura è quella che m'avvene IncludiIntestazione 13 settembre 2008 75% poesie

Guittone d'Arezzo - Rime (XIII secolo)
Doglio e sospiro di ciò che m'avvene
Se solamente de lo meo peccato Fera ventura è quella che m'avvene


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È incolpato del peccato altrui; ma non può la menzogna durare.

     Fera ventura è quella che m’avvene,
ch’altri fa ’l male ed eo ne son colpato,
e faccio l’orma ov’eo non pongo el piene:
nel loco, ov’io non vo, sí son trovato;
     5pur mal m’incontra adoperando el bene,
e porto pena de l’altrui peccato.
Solo una cosa è quel che mi sostene
di ciò ch’io ne son quasi consumato:
     che la menzogna passa tostamente
10e la fermezza rimane in suo stato,
e questo aggio veduto certamente.
     Però, madonna, aggimi per scusato,
ché ’nverso voi non feci falso nente,
ché ’n veritá non l’avre’ pur pensato.