Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/147: differenze tra le versioni

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ben donde in ver; che mal trarrian lor giorni
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sotto altro regno. Alla bramata pace,
sotto altro regno. Alla bramata pace,
madre, (tei dico, e fanne ornai tuo senno)
madre, (tel dico, e fanne omai tuo senno)
invincibili ostacoli non sono
invincibili ostacoli non sono
d’Eteócle il lungo odio, o il breve sdegno
d’Eteócle il lungo odio, o il breve sdegno
di Polinice: ostacol rio, son gli empj
di Polinice: ostacol rio, son gli empj
di servii turba menzogneri accenti.
di servil turba menzogneri accenti.
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;Gioc.:Figlio, in te spero; in te solo ornai spero;
;Gioc.
Figlio, in te spero; in te solo omai spero;
di vera pace (ah! si) Tebe, la madre,
di vera pace (ah! si) Tebe, la madre,
e la sorella che tant’ami, e tanto
e la sorella che tant’ami, e tanto
ama ella te, tutti or ne vuoi far lieti.
ama ella te, tutti or ne vuoi far lieti.
Parla, non dico io vero? Ottimo figlio,
Parla, non dico io vero? Ottimo figlio,
buon cittadin, miglior fratei non sei?
buon cittadin, miglior fratel non sei?
Adrasto in Argo a ritornar si appresta?
Adrasto in Argo a ritornar si appresta?
;Polin.:Eteócle di Tebe a uscir si appresta?
;Polin.
Eteócle di Tebe a uscir si appresta?
;Gioc.:Che sento? A danno nostro, ad onta tua
;Gioc.
Che sento? A danno nostro, ad onta tua
udirti ognor degg’io pace negarmi,
udirti ognor degg’io pace negarmi,
o non volerla primo? Andrà (pur troppo!)
o non volerla primo? Andrà (pur troppo!)
lontano anch’egli il tuo germano; andranne
lontano anch’egli il tuo germano; andranne
esule, qual ne andasti : a eterno pianto
esule, qual ne andasti: a eterno pianto
dal ciel, da voi, dannata io son; né fia,
dal ciel, da voi, dannata io son; né fia,
che cessi mai. Ten pasci tu del mio
che cessi mai. Ten pasci tu del mio
pianto materno? Ah! di’: non eri dianzi
pianto materno? Ah! di’: non eri dianzi
tutto in parole pace?
tutto in parole pace?
;Polin.:Or dalla pace,
;Polin.
Or dalla pace,
più assai di pria, son lungi: e non men dei
piú assai di pria, son lungi: e non men dei
chieder ragion; tal v’ha ragione orrenda,
chieder ragion; tal v’ha ragione orrenda,
che dir non posso; ma la udrai tra breve;
che dir non posso; ma la udrai tra breve;
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<references/></div>

Versione delle 14:53, 18 ott 2019


atto terzo

di patria pur; che al sol pensier, che in trono
salir può un re, che in pregio abbia virtude,
fremono, agghiaccian di terrore: e n’hanno
ben donde in ver; che mal trarrian lor giorni
sotto altro regno. Alla bramata pace,
madre, (tel dico, e fanne omai tuo senno)
invincibili ostacoli non sono
d’Eteócle il lungo odio, o il breve sdegno
di Polinice: ostacol rio, son gli empj
di servil turba menzogneri accenti.

SCENA TERZA


Giocasta, Antigone, Polinice.


Gioc.

Figlio, in te spero; in te solo omai spero;
di vera pace (ah! si) Tebe, la madre,
e la sorella che tant’ami, e tanto
ama ella te, tutti or ne vuoi far lieti.
Parla, non dico io vero? Ottimo figlio,
buon cittadin, miglior fratel non sei?
Adrasto in Argo a ritornar si appresta?

Polin.

Eteócle di Tebe a uscir si appresta?

Gioc.

Che sento? A danno nostro, ad onta tua
udirti ognor degg’io pace negarmi,
o non volerla primo? Andrà (pur troppo!)
lontano anch’egli il tuo germano; andranne
esule, qual ne andasti: a eterno pianto
dal ciel, da voi, dannata io son; né fia,
che cessi mai. Ten pasci tu del mio
pianto materno? Ah! di’: non eri dianzi
tutto in parole pace?

Polin.

Or dalla pace,
piú assai di pria, son lungi: e non men dei
chieder ragion; tal v’ha ragione orrenda,
che dir non posso; ma la udrai tra breve;