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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, IX.djvu/246: differenze tra le versioni

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{{sc|Servitore}}. Sono arrivate a questa locanda poche ore sono. Non so chi sieno.
so chi sieno.


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{{sc|Cavaliere}}. Le conosceva il Conte?


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{{sc|Servitore}}. Credo di no; ma appena le ha vedute, le ha invitate a pranzo seco.
a pranzo seco.


{{sc|Cavaliere}}. Che debolezza! Appena vede due donne, subito si
{{sc|Cavaliere}}. Che debolezza! Appena vede due donne, subito si attacca. Ed esse accettano. E sa il cielo chi sono; ma sieno quali esser vogliono, sono donne, e tanto basta. Il Conte si rovinerà certamente. Dimmi: il Marchese è a tavola?
attacca. Ed esse accettano. E sa il cielo chi sono ; ma sieno
quali esser vogliono, sono donne, e tanto basta. Il Conte si
rovinerà certamente. Dimmi: il Marchese è a tavola?


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{{sc|Servitore}}. È uscito di casa, e non si è ancora veduto.


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{{sc|Servitore}}. La servo.


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{{sc|Cavaliere}}. A tavola con due dame! Oh che bella compagnia! Colle loro smorfie mi farebbero passar l’appetito.
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Colle loro smorfie mi farebbero passar l’appetito.
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{{sc|Cavaliere}}. Chi è di là?
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{{sc|Cavaliere}}. Leva là quel tondo di mano.


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{{sc|Mirandolina}}. Perdoni. Lasci ch’io abbia l’onore di metterlo in tavola colle mie mani. {{Ids|(mette in tavola la vivanda)}}

tavola colle mie mani. (mette in tavola la vivanda
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{{sc|Cavaliere}}. Questo non è offizio vostro.


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{{sc|Mirandolina}}. Oh signore, chi son io? Una qualche signora? Sono una serva di chi favorisce venire alla mia locanda.
una serva di chi favorisce venire alla mia locanda.


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{{sc|Mirandolina}}. In verità, non avrei difficoltà di servire in tavola tutti, ma non lo faccio per certi riguardi: non so s’ella mi capisca. Da lei vengo senza scrupoli, con franchezza.
tutti, ma non lo faccio per certi riguardi: non so s’ ella mi
capisca. Da lei vengo senza scrupoli, con franchezza.


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{{sc|Cavaliere}}. Vi ringrazio. Che vivanda è questa?
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Versione delle 08:31, 20 nov 2019

234 atto secondo

Cavaliere. Due dame? Chi sono?

Servitore. Sono arrivate a questa locanda poche ore sono. Non so chi sieno.

Cavaliere. Le conosceva il Conte?

Servitore. Credo di no; ma appena le ha vedute, le ha invitate a pranzo seco.

Cavaliere. Che debolezza! Appena vede due donne, subito si attacca. Ed esse accettano. E sa il cielo chi sono; ma sieno quali esser vogliono, sono donne, e tanto basta. Il Conte si rovinerà certamente. Dimmi: il Marchese è a tavola?

Servitore. È uscito di casa, e non si è ancora veduto.

Cavaliere. In tavola. (fa mutare il tondo)

Servitore. La servo.

Cavaliere. A tavola con due dame! Oh che bella compagnia! Colle loro smorfie mi farebbero passar l’appetito.

SCENA IV.

Mirandolina con un tondo in mano, ed il Servitore, e detto.

Mirandolina. È permesso?

Cavaliere. Chi è di là?

Servitore. Comandi.

Cavaliere. Leva là quel tondo di mano.

Mirandolina. Perdoni. Lasci ch’io abbia l’onore di metterlo in tavola colle mie mani. (mette in tavola la vivanda)

Cavaliere. Questo non è offizio vostro.

Mirandolina. Oh signore, chi son io? Una qualche signora? Sono una serva di chi favorisce venire alla mia locanda.

Cavaliere. (Che umiltà!) (da sè)

Mirandolina. In verità, non avrei difficoltà di servire in tavola tutti, ma non lo faccio per certi riguardi: non so s’ella mi capisca. Da lei vengo senza scrupoli, con franchezza.

Cavaliere. Vi ringrazio. Che vivanda è questa?

Mirandolina. Egli è un intingoletto fatto colle mie mani.

Cavaliere. Sarà buono. Quando lo avete fatto voi, sarà buono.