Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/314: differenze tra le versioni

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\10 piango: in solitudine
Io piango: in solitudine
la vila mia fra lagrime
la vita mia fra lagrime
sempre trascorrerà.
sempre trascorrerà.
Su chi pria, lacerandomi
Su chi pria, lacerandomi
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l’antico pie’, vagando incerto, inoltri,
l’antico pie’, vagando incerto, inoltri,
oppur t’adagi su dogliose coltri?
oppur t’adagi su dogliose coltri?
Dall’ reggia esce barcollando Edipo.
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Perché dalla camera buia,
Perché dalla camera buia,
dov’io mi giacevo, o fanciulla,
dov’io mi giacevo, o fanciulla,
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hai voluto che uscissi alla luce,
hai voluto che uscissi alla luce,
poggiando al bastone
poggiando al bastone
11 cieco mio piede,
il cieco mio piede,
io, fatuo canuto
io, fatuo canuto

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Versione delle 17:42, 19 dic 2019


LE FENICIE 311


Io piango: in solitudine
la vita mia fra lagrime
sempre trascorrerà.
Su chi pria, lacerandomi
le chiome, le primizie
ne gitterò? Sui gèmini
materni seni onde il latte suggéi,
o sulle piaghe orribili dei due fratelli miei?
Ahi ahi, la casa lascia,
vecchio padre, e qui reca
la tua pupilla cieca;
mostra, Edipo, l’ambascia
del tuo destin. Poiché sulle tue palpebre
la caligine oscura
gittasti, entro la reggia
trascini il viver tuo, che a lungo dura.
M’odi tu, che per l’aule
l’antico pie’, vagando incerto, inoltri,
oppur t’adagi su dogliose coltri?

Dalla reggia esce barcollando Edipo.


edipo
Perché dalla camera buia,
dov’io mi giacevo, o fanciulla,
con misere lagrime
hai voluto che uscissi alla luce,
poggiando al bastone
il cieco mio piede,
io, fatuo canuto