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BIANCA CAPPELLO DRAMMA STORICO DI G. ROVANI

MILANO 1839 BIANCA CAPPELLO DRAMMA STORICO. Tipi Brambilla e C. AL LETTORE


PUBBLICANDO per la prima volta un lavoro, che se non per la guisa onde fu svolto, certo per il genere di Letteratura cui appartiene è di qualche importanza; Io temo forte non mi abbia imposto un carico di lunga mano superiore alle mie forze. E però sento il bisogno dintertenermi alcun poco col mio Lettore, e di farmelo amico così che abbia ad esaminare questa mia produzione qualsiasi con alquanta indulgenza, e la necessità di farlo a parte di alcune mie considerazioni perchè possa portare un giudizio relativo a quelle intenzioni colle quali mi sono accinto all'opera; essendo appunto da queste ch'io desidero ardentemente vengano misurati i pregi o i difetti di quanto ho fatto. E innanzi tutto io non presumo imporre alle sue opinioni e a suoi sistemi quali essi sveno, perchè so benissimo di quanto io possa andare errato ne' miei primi passi, soltanto io vorrei che prima esaminasse se e come abbia adempiuto a queste mie intenzioni, se abbia raggiunto lo scopo che mi sono prefisso; poscia qualora il tutto sia da tanto da meritare un più minuto scrutinio, se questa mia intenzione fu buona, sc il mio fine era da prefiggersi o no. In un'Epoca in cui il Dramma segnando ardimentoso i primi passi framezzo alle innovazioni, è tutta volta combattuto da opposti sistemi e non ha ancora incontrato l'universale consenso sia pei suoi mezzi come peì suoi fini, il manifestare un sentimento per quanto ei possa per avventura essere di lieve importanza, è certo non del tutto inutile, se non fosse altro perchè anche dall'errore può talvolta venire qualche luce. Ho detto che nè i mezzi nè i fini del Dramma storico hanno per anco incontrato l'universale consenso, e ciò è vero perchè non tutti si accordano nello stabilire come si abbia a volgere il dramma a pubblico insegnamento, e quale debba essere questo insegnamento. Si vuole dai piu che il dramma storico differisca dalla tragedia antica in ciò che più della storia e dcl ritratto di una data Epoca, che delle passioni si occupa, quindi debba apprendere allo spettatore più una storia che la natura del cuore umano, e per produrre poi questo insegnamento abbia a far divergere alquanto l'attenzione dai personaggi e dai loro casi individuali, e fermarla sugli avvenimenti di tutta un'epoca. Fare un quadro insomma nel quale il fondo prevalga alle figure che in esso dovrebbero spiccare, sovrabbondare in accessorj in guisa che abbiano ad assorbire il principale, e che l'attenzione abbia ad avvantaggiare di estensione e a perdere d' intesità, e fin quì tutto potrebbe andar bene; ma io mi permetto di fare alcune domande: L'angustia della scena consente di addottare questo principio ? La pittura dei costumi e delle Epoche non è già missione del romanzo storico ? A qual genere di letteratura spetterà dunque far ritratto dell'uomo e delle sue passioni se ambedue queste grandi forme letterarie del Dramma e del romanzo si vogliono impiegate a trattare la storia a preferenza delle passioni ? Ne io darò qui delle risposte assertorie, dirò soltanto che se la scena è mirabilmente atta a presentare le peripezìe cui possono andar soggetti pochi personaggi e a mettere in chiara luce d contrasto dei loro affetti, a far conoscere insomma l' uomo reale nell' uomo ideale, e ciò con tanta maggiore facilità, quanto è minore il numero degli oggetti esposti allo spettatore, io mi varrà di Lei per dare appunto all'uomo uno specchio, da cui possa essere riflessa la sua immagine, e perchè l'effetto non abbia ad emergere vago ed illanguidito vorrò che la sua attenzione venga tutta concentrata su pochi personaggi, affilichè la vivace dipintura della loro natura valga a scuoterlo fortemente, e perchè in fine questo colorito possa riescir forte e brillante ed apparir tale, farò dell'epoca storica quello che il pittore fa del fondo di un quadro. - Nè con questo intendo dire che si abbia a trascurare la storia, voglio bensì che la storia in un Dramma venga seconda alle passioni. A questo principio appoggiato ho voluto svolgere la presente azione drammatica e sviluppare la seguente idea: Sceneggiare un fatto storico procurando di far emergere da quello delle situazioni che valgono ad ingrandirlo all'occhio dello spettatore e per ottenere questo mettere fi'a di loro a contatto tutti quei personaggi che per la diversità della loro natura possano produrre un violento contrasto; conservare di questi personaggi il profilo e il disegno che ne tramandò la storia, riserbare a me l'arbitrio di colorirli, e di atteggiarli. - Mostrare nella loro nudità i vizj, i difetti che li oscurarono. - Quindi nel Protagonista (Bianca Cappello) dipingere la donna che senza tutte assorbirle tocca queste due passioni l'amore e l'ambizione, in guisa che da queste variamente modificata di leggeri cambi di colorito, e sembri talvolta che esca dall'orbita del suo carattere; passi facilmente da un'amore ad un altro, ma non già per dimenticarsi affatto del primo, sibbene per sentire la mano d'ambedue. Sotto l'influsso di queste alterazioni far trapelare a quando a quando qualche debol raggio di virtù, e porre nel fondo del cuore di Lei il sentimento del buono e del retto in modo però che questo non abbia a padroneggiarla che ad intervalli, schiava com'è della seduzione, fare di lei insomma un misto di malizia e di debolezza femminile, una donna guasta dagli abusi, per nulla informata da una retta educazione e insieme fare che l'indole di Lei non abbia ad apparire perversa del tutto. - Di contro all'immagine di questa poi, e perchè questa appunto possa apparire a rilievo mettere un' altra donna (Giovanna) che presenti un carattere affatto opposto, dipingere in lei la donna straniera alla società, cresciuta in mezzo a delle abitudini quasi monacali, personificare l'austerità ed il rigorismo religioso. - In mezzo a queste due donne collocare un uomo (il Duca) che non senta che l'impulso della propria volontà , che tutto rovesci per giungere ad una meta, che non trovi ostacoli quando una passione lo incalza, che sappia avvolgere la donna nelle spire della seduzione e trascinarla nella propria lordura, e accanto a questi personaggi in un posto un po' meno eminente abbozzare l' uomo ricco di bellezza fisica, povero di bellezza morale, bassamente ambizioso perchè per salire ad una meta non fa uso dei propri mezzi, ricorre bensì ai mezzi altrui e si accontenta di rappresentare la parte del vigliacco; sotto a questa sozzura però mettergli qualche germe di virtù, ma sì debole e sì scarso da non bastare ad innalzarsi e a farsi strada frammezzo ai vizj.- Se non che questa unione di personaggi, se si eccettui l'Arciduchessa Giovanna, potrebbe per avventura sembrare pericolosa perchè la sola dipintura del vizio potrebbe trarre in errore i poco esperti. Per questo l'Autore volle dalla storia togliere un altro personaggio, ma dargli una mente, un cuore, un abito che costituisse un tipo ideale, e andasse a ritroso della corrente de' suoi tempi, - Fargli parlare un linguaggio diverso dal volgare, personificare in lui il buon senso che lotta col senso comune, la virtù che lotta col vizio. — Illuminare questo personaggio di tanta luce che dal riverbero di essa vengano rischiarati i vizj degli altri, talchè abbiano a comparire in tutta la loro abbiezione, conte farebbe un artefice coll'incastonare una pietra preziosa in mezzo a delle pietre false, perchè il suo splendore abbia a non far cadere in inganno. E poichè innoltre si tratta nel Dramma storico di dipingere uomini di un' epoca ad uomini di un'altra, ho voluto dare a quest'ultimo personaggio una forma di transizione dall' uomo di un tempo a quello di un altro, ho voluto fare di lui l'anello che congiunga il passato col presente perchè allo spettatore venga chiarita la ragione del Dramma, e più facile e più immediata ne possa scaturire la lezione, e davvero che l'idea d'introdurre un tale personaggio mi è sembrata molto vantaggiosa : Del resto voglia Iddio che la lettura del Dramma non faccia ricordare agli esperti la nota favola del monte e del topo. Ora per isvolgere questi concetti nessun' altro tema poteva venirmi più in acconcio della storia della Bianca Cappello, e quantunque in più d'uno scritto se ne sia già stesa la narrazione, tuttavolta non recherà disgrado, io spero, il sentirne parlare un'altra volta, se non foss' altro perchè la natura stessa degli avvenimenti in cui fu avvolta questa donna singolare, è tale da porgere a chi scrive materia che tutta non possa esaurirsi; e da destare nei lettori una curiosità che non di leggeri possa appagarsi. Un'altra cosa poi io debbo aggiungere ed è che nell'orditura del Dramma ho dovuto talvolta staccarmi dalle Cronache che parlarono della Cappello e fare quelle variazioni che più addatte mi sembrarono a produrre un interesse Drammatico. - Così quel Giovanni Bonaventuri che nelle storie è zio di Piero, nel Dramma gli è padre, della quale licenza non so addurre ragioni in fuori di quella, che è pure la più frivola di tutte, che anche sommi ingegni si sono fatte lecite simili libertà, c dell'altra, che sovvenne d'assai a' miei bisogni - Per ultimo siccome l'Autore non ha svolto in questo Dramma che gli avvenimenti che costituiscono il tessuto della Prima epoca della vita della Cappello, così dice a' suoi lettori che se questa parrà loro non del tutto indifferente, forse potrà comparire in pubblico anche la Seconda trattata in altro apposito Dramma. PERSONAGGI

BARTOLOMEO CAPPELLO BIANCA CAPPELLO PIERO BONAVENTURI GIOVANNI BONAVENTURI FRANCESCO DE' MEDICI, Duca di Firenze GIOVANNA D'AUSTRIA CORSO MAFFEO, Gondoliere SOFIA VALENTINA LO SGHERRO del Consiglio dei Dieci UN PAGGIO Due Uomini che non parlano. Il Famiglio degli Otto - Guardie, Cortigiani. L'azione della prima giornata è in Venezia: quella delle altre quattro è in Firenze. L'epoca è del 156... GIORNATA PRIMA LA FUGA. GIORNATA PRIMA PROLOGO

Sala che mette a diversi appartamenti - Porte laterali. - Dirimpetto verone con vetriate socchiuse. - Le suppellettili e gli ornati sono di gotica fattura. - E' notte - sopra un tavoliere sta una lampada accesa a tre lucignoli.- S' odono dalla laguna rumori e suoni che grado grado vanno svenendo. SCENA PRIMA. BIANCA è seduta accanto al tavoliere - È semplicemente vestita di stoffa verde e giusta il costume Veneziano del secolo XVI. VALENTINA è in piedi vicina a BIANCA.

VALENTINA. SEMPRE COSÌ. - Allegria , mascherate, suon di cimbali, grida che vanno alle stelle, pazzie e poi pazzie. - Non v'è un'ora di placida quiete su queste lagune. - Viver la vita in giolito e darsi buon tempo, ecco la cura dei veneziani. - Senta, Signora.... BIANCA. Lascia che si dieno bel tempo, buon per loro che il possono, ed hanno libero il cuore da ogni cura molesta. - Anch'io un tempo sentiva la gioja scintillare nell'anima mia all' approssimarsi del Carnevale, quando non aveva compiuto i quindici anni, quando era innocente, e non ancora aveva libato alla tazza dell'amore!... Oh l'amore...è pur fatale. - Dolci speranze, lusinghe, ebbrezze, incanti, ecco i suoi principj, ma... taci, taci, Valentina, lascia che io pensi alla mia situazione,... Ah! che promisi, che ho giurato... tu lo sai... Senti come ardo, comprendi come è terribile ilmio stato. VALENTINA. Povera Signora! BIANCA. Ma... era pur necessario che io mi avventurassi a tanto - Qui non poteva protrarre più a lungo la vita schiava d'una matrigna... VALENTINA. E anch'io avrei fatto lo stesso. - Quella donna è veramente insopportabile. BIANCA. Tu pure, se brami vivere tuoi giorni in pace fa di allontanarti col tuo Tiepolo da Venezia, - domani - subito dopo la mia partenza... quando questa casa sarà tutta in affare per me. - A te pure potrebbe capitar male. - Dammi ascolto, che me ne saprai grado un dì... VALENTINA. 0h quanto amore per me Signora ! No, non dubitate - domani sarò col mio Tiepolo a cui le vostre mani benedette mi hanno unita. - Del vostro beneficio io terrò eterna memoria... mi sa male soltanto di non potervene adesso rimeritare... ma pregherò per voi. BIANCA. Sì prega, mia cara, prega per me che ne ho di bisogno. Tu puoi pregare per gli altri; tu sei felice, ma io... VALENTINA. Eh voi pure fra poco sarete col vostro Piero. BIANCA. Sì - ma al nostro amore maledirà la patria perchè il caso non mi fece nascere plebea, e non crea patrizio il mio Bonaventuri. - Io sarò una figlia rejetta di S. Marco. - Egli sarà dichiarato nefario...sacrilego perchè ha osato di amare una donna. - Vedi, come pesano i titoli ! Tu forse avrai sentito dire, che il mio nome è scritto sul libro d'oro di Venezia, che la figlia di un Procuratore può essere impalmata da un re - fors'anche avrai invidiata la mia sorte che mi fece nascere patrizia - ma tu domani sarai nelle braccia del tuo Tiepolo, benedetta da Dio, benedetta dagli uomini... ed io, chi sa su qual letto riposero' la notte ventura. - Sarò con Piero, sì ma col peso terribile della maledizione del padre che imprecherà alla mia vita che ha disonorata la sua - colla maledizione forse di... ma no - Iddio non è ingiusto come glì uomini. VALENTINA. E Iddio veglierà sui passi vostri, e vi sarà scorta ín questa notte, giacchè egli conosce la rettitudine delle vostre intenzioni. BIANCA. Cara Valentina! Ti pare che io abbisogni d'essere incuorata dalla tua voce ? non è vero?... ma non senza grande ardire io mi condussi a questo passo - ho giurato perchè le mie circostanze valevano la pena di un giuramento. - Ed ora cl-e il dado è gettato non sono sì debole benchè donna da lasciarmi intimorire dal mio vicino pericolo, che pur troppo è reale. VALENTINA. Dio v'aj u ti, o signora. - E intanto è bene che apprestiate le vostre cose .per la partenza. - Le tre ore di notte sono vicine a scoccare, e d'altronde potrebbe giungere a momenti il padre vostro. - BIANCA. Sto attendendo Maffeo cogli abiti da viaggio provvedutimi da Piero. - Tu... recati alle tue stanze che nulla più mi occorre - mi vestirò da me stessa; va a coricarti, mia cara. - VALENTINA. Ch'io possa riposare stanotte, ch'io possa chiuder occhio , e non abbia a stare con voi fino all' ultimo momento in cui pur troppo vi dovrò lasciare, per non vedervi forse mai più... Ah non lo sperate , o signora. BIANCA. Io ti ringrazio, Valentina, ma ora debbo rimaner sola... A me pure pesa quest'ora.- Ora tremenda da cui ha principio nuovo ordine di cose, ora che segna un decreto, e forse una condanna per me... momento sospirato in addietro, e adesso pur troppo considerato da me con ispavento. - Ah ! mia cara , parmi di vedere a' miei piedi un'orribile abisso, misurarne la tetra profondità e in esso tuttavolta essere sospinta da una forza arcana onnipotente... Ah sì - vieni al mio seno che io t'abbracci, ricevi le mie lagrime - esse scorrono sul tuo volto pegno di tutto il bene che io ti voglio... Ah è pure angosciosa una separazione, senti come palpita il mio cuore... VALENTINA. Ah signora, non men del vostro batte il mio... Perdonate se oso baciarvi in viso... ma questi sono istanti che hanno la virtù di farci eguali l' un l' altra.- Perdonate (piange). BIANCA. Non scemare la mia fermezza.- Prendi un bacio, e vattene con Dio... - VALENTINA. Io vado... BIANCA. Se dopo la mia partenza udrai taluno ad insultare il mio nome, io ti prego a scusarmi innanzi a loro... a gettare sulla mia colpa un velo che valga a ricoprirla. Addio! VALENTINA. Addio! (Restano abbracciate per alcun tempo - indi improvvisamente si staccano. - Valentina piangendo parte, e la Bianca rimane sola.) SCENA II. BIANCA Sola (Acccompagnando coll'occhio Valentina.) Povera fanciulla!.. Ingenua come la colomba che tutte le mattine viene a fermare il volo sul davanzale di questo ve- rone... Innocente Valentina! - In te avrà almeno chi di cuore pregherà per me. (momenti di silenzio e di concentrazione) Ecco la conseguenza di uno sguardo mutuo, di un mutuo battito. - Domani che dirà Venezia ?.. Bianca Cappello fuggita !.. Con chi?... con un Bonaventuri... con uno straniero... con un plebeo... Qual disdoro! - Qual macchia al sangue dei Cappello! - Lungi, lungi da me, inutili pensieri ; io adesso non debbo essere che una donna.. e Piero è un uomo. - L'amore ne congiunse, non v' ha differenza alcuna tra di noi. No, no, non tentarmi, o voce, che malgrado la prepotente mia passione anche dal fondo del mio cuore ti fai sentire: -Tu potresti essere la sposa di un grande... di un Principe... di uno che per possederti porrebbe a tuoi piedi tutto quanto possiede - Un Principe! ma... ePiero?.. GIORNATA PRIMA SCENA III. Entra MAFFEO Gondoliere guardingo. MAFFEO. Non vi rimane che un'ora di tempo , ecco gli abiti. - Ho lasciato Piero che è poco. BIANCA. Che fa adesso? MAFFEO. È là... alla piazza di S. Marco - tutto occupato a darsi buon tempo per tener lontani dai sospetti chi vuol sapere di lui. - Quando l' ho lasciato, aveva a canto una mascheretta gentile a cui gentilmente ei dava di braccio; del resto... BIANCA. V'è molta allegria nelle feste? - Sono numerose le maschere ?... MAFFEO. Oh! c'è un subbisso di gente - una calca una pressa, che par che sia l'ultimo dì di Carnevale. BIANCA. Non occorr'altro. MAFFEO. Oh! se avesse a vedere che bella mascherata ne ha voluto regalare quel gran signore, di cui, senza sapere chi sia e d'onde venga, tanto si parla a questi dì in Venezia. La è una cosa si magnifica da rimanerne maravigliata se non mortificata l'albagìa Veneziana ; - che sciupio di vesti, di trine, d'oro, d'argento, di gemme! Il suo splendore ha la magia d'abbagliar le donne che sono innamorate de'fattí suoi. BIANCA. Basta, Maffeo. MAFFEO. E non è mica brutt'uomo... BIANCA. Ma non vi fu dato a conoscere, da qual parte e' ci sia pervenuto? MAFFEO. Masuccio mi accerta esser colui un gran Duca... dice saperlo dí buon luogo... Oh se avessi a dirvene una. BIANCA. Che? MAFFEO. Egli è innamorato fracido delle vostre belle guancie. BIANCA. Grazie! MAFFEO. E s'anche a voi toccasse vederlo, sto d'opinione che non vi spiacerebbe. BIANCA. L'ho veduto. MAPFEO. Quando ? BIANCA. L'ultima volta che fui alle feste del Procurator Grimani. MAFFEo. E dunque? BIANCA. Zitto!... Parmi di udire un suono... (Sentesi una voce dalle lagune che dice le seguenti parole) "La Cappello!.. in quelle stanze?.. Mille volte beato cui è dato respirare l' aria de'tuoi sospiri, me felice! ove potessi mettere il piede in quelle soglie... bearmi della tua vista - prostrarmi a tuoi piedi, avere un tuo sguardo. - Addio ! o seducente Veneziana - io ti consacro l'amor mio ". (momenti di sorpresa - indi:) MAFFEO. Conoscete questa voce?... è colui - BIANCA. La conosco. - MAFFEO. Voi?... ma. - BIANCA. Taci. - Sento rumor di passi ; ritirati, e sta in pronto. MAFFEO. Fra un'ora. (Maffeo parte per una porta laterale a sinistra, - Manca, prendendo gli abiti portati da Maffeo, entra per una porta a destra ne' suoi appartamenti e vi si chiude.) (La scena rimane vuota per alcuni momenti - indi entrano accompagnati da un servo Bartolomeo Cappello e Messer Gióvanni Bonaventuri. - Il servo rimane in fondo della scena. - SCENA IV. CAPPELLO. Dunque, Messere, avete inteso... guai per voi e per vostro figlio se fra tre giorni ei non si trova fuori degli Stati veneziani. - Guai per voi. - BONAVENTURA. Non so con qual diritto voi possiate impormi così; chiaritemi di grazia la colpa che macchia la condotta di mio figlio. CAPPELLO. La sua colpa?... è tale che il solo accennarla' dà una nota di vitupero alla mia casa. - un Bonaventuri ardire di volgere lo sguardo fino alla figlia di un Cappello! Un plebeo mettere amore nella figlia di un patrizio!... Guai per lui, ripeto, se fra tre giorni ei non andrà lungi le mille miglia da S. Marco. - BONAVENTURA. Che voi siate patrizio io non nego... ma - che il patrizio possa calcare sotto i suoi sandali il plebeo, non per altró perchè è plebeo; mettergli il pie sui collo, e dirgli con impudente autorità - Guai a te se neghi di compiere quello che io ti comando. - Ciò non concedo, nè concederò giammai. - Mio figlio ardì dal suo basso stato, dal.fango che lo novvolge innalzarsi fino alla vostra figlia?... Il sia pure, ma an- zicchè io mi privi del figlio mio, dell'unico sostegno alla mia imminente vecchiaja solo per togliere un sospetto che altro non ha di fondamento che l' eguaglianza dell' età, la diversità del sesso, la vicinanza della dimora... ci vorrà del tempo, Illustrissimo.- CAPPELLO. Ci vorrà del tempo? Lo vedremo, . impudente. - Non sarà questa la prima volta che il Cappello saprà reprimere quella boria che mette ne'pari tuoi la folle presunzione d'innalzarsi fino a noi. - Tu non sai qual sia delitto in Venezia non che l'unione, l'amarsi di amore tra la figlia d'un procurator di S. Marco ed un che non sia re?.. Non già che Bianca renda amore per amore, ed appaghi la stolta speranza del figlio tuo, - sventura per lei ove io solo ciò sospettassi. - Maledizione sul suo capo... ma adesso io non penso che a togliere le cagioni perché non abbiano a sortire tremendi effetti. Quanti di questi vanitosi plebei hanno finito i loro giorni nell'oscurità della prigione, nei piombi tra gli spasimi della tortura, recisi: della mannaja affogati in canale, vittima solo... BONAVENTURA. Vittima di un truculento arbitrio che soffoca i diritti di natura, sotto aspetto d'amore per la giustizia. - E poi questi fatti di cui pur troppo abbondano i sanguinosi annali della magnifica repubblica Veneziana sono avvenuti per tutt' altre colpe che quella non è che al mio figlio si appone. Denunziate, denuziate al senato o al terribile consiglio dei dieci questo delitto. - Esso pronunci pure la sentenza, io non mi oppongo. Ma innanzi tratto voi dovrete esporre l'accusa colle parole che io stesso vi verrò dettando, illustrissimo Piero Bonaventuri, direte, ebbe l' ardire di nascere coetaneo alla Bianca mia figlia, osò talora fissarla in volto, chi sa quai desideri nutrendo, ardì forse di amarla in segreto e senza corrispondenza, perchè nelle vene di mia figlia scorre pur tanto di sangue aristocratico da farla impallidire alla vista d' un uomo che ebbe il delitto di nascere senza stemmi gentilizj». Allora udrete i crepitanti scoppj, di risa venire anche dai labbri di ferro degli illustrissimi senatori. Vedrete sul volto loro espresso il biasimo alle vostre pretese... e la sentenza... CAPPELLO. Basta, imbecille. - Adesso non sai qual suolo tu calchi, ebbro di livore e di baldanza. - Non sai che un solo mio cenno potrebbe toglierti la vita. - Non sai... ma domattina cangerai consiglio , chè presto nelle anime vostre, o garruli plebei, sottentra il timore all'albagìa, il pensiero della pena alla gioia di potersene emancipare. - Intanto io vi lascio certo che non passerà domani ed ogni mio ordine sarà compiuto. — BONAVENTURA. Il domani non è lontano - si vedrà.. Illustrissimo! CAPPELLO. In caso diverso i piombi vi aspettano.- Ora potete andare. - (Il Cappello si ritira. Il Bonaventuri lo accompagna con l'occhio beffardo.- Il servo sta sempre in fondo della scena.) GIORNATA PRIMA. SCENA V. BONAVENTURA solo. Imbecille a me ? - Uom vano, tu non sai qual' anima mi batte in petto - tu non sai che il desiderio di abbattere questa vostra orgogliosa natura, è sì potente in me da farmi posporre la vita alla foga di appagarlo. (pausa) Mio figlio ama Bianca ? meglio per lui, meglio per me, chè così mi si porge il mezzo di calcare col mio piede una falda del tuo stemma, o Veneziano superbo. - (indi al servo) Accompagnatemi fuori: SERVO. Stava attendendo i vostri ordini, messere. - (Bonaventuri ed il servo partono.) SCENA VI. La stanza à buja. - Tutto è silenzio, battono le tre ore di notte. - Momenti dopo si sentono tre colpi di spada contro alla muraglia esterna della casa e vedesi il chiarore d'una lanterna riverberato sul verone. - S'apre la porta a destra d'onde esce BIANCA vestita a bruno con maschera nera fra le mani. BIANCA dal verone. Sei tu, Piero? PIERO. Son io. - Attendimi che salgo. BIANCA. Parla sommesso... Bada che non scivoli la scala; Ah! io tremo tutta - spegni quel lume. (Piero entra nella stanza dalla parte del verone.) PIERO. Mia Bianca !– sono con te per non lasciarti mai più.- teco in vita, teco in morte. Ripeti le mie parole, dammi pegno dell'amor tuo. - BIANCA. Dio ! Dio ! che momento terribile è mai questo! - Dimmi, Piero, dove abbiamo a dirizzare il nostro corso in questa notte? PIERO. Lasciane a me il pensiero e la cura. - BIANCA. Quanto tratto di cammino ci è forza di percorrere per essere fuori degli Stati di Venezia? Ah! questo nome mi spaventa.- PIERO. Prima che spunti l'alba saremo in terra sicura. - BIANCA. Oh! quanta angoscia, quanto spavento, quanto e qual dubbio prima che giunga l'alba, - forse saremo inseguiti. - Guai se mio padre si desta prima che spunti il domani... Non ti par egli di vederti assalito, preso, ricondotto a Venezia ? Senti come minaccia il padre, senti la sua maledizione furibonda!- Ah! qual brivido io sento per l'ossa. - Io non basto a tal passo. - Io vengo meno al solo pensarvi. - PIERO. Bianca!,dov'è il tuo coraggio? Non v'è più scampo se tu esiti in 'questo punto. - Guai se siamo scoperti, - guai per te, guai per tutti. - Dio!.. tu piangi ?.. tu tremi?.. Ah... io sono perduto. - Io ti ho dunque amata invano; fa cuore mia Bianca ! La notte è oscura , seconda i nostri disegni - vieni dunque... coraggio. BIANCA. No - non lo posso. - Io resto. - PIERO. Che?... Che dici? Dio dell' anima mia! Io sudo gelo. - Ah! Bianca, hai tu congiurato perchè sul mio capo s'accumuli intiera la sventura? Vuoi tu mandarmi dritto incontro a morte, vuoi tu, ch'io perda l'anima mia, chè costretto a morire senza di te, io maledirei la potenza che mi ha creato per vivere al dolore, per provare solo i tormenti della vita, non le lusinghe e le dolcezze mai. - Ah! Bianca, tu sei tutto per me, guai se tu manchi al tuo giuramento! - odimi, Bianca ! rispondi-. Ah! tu preghi Iddio - sì è necessario. -Egli ti darà la forza, egli ti consiglierà a venire con me egli che ha già benedetto al nostro amore guiderà i nostri passi, - vieni o Bianca, è fatale ogni indugio. BIANCA. Ah! Io non lo posso. -Io ti sarei di fastidio nel cammino precipitoso,- va, Piero! PIERO. Maledizione a chi manca ai giuramenti. - Vuoi tu ch'io muoja disperato - lo vuoi?... Vedi?.. questo è un ferro... Domani mi troveranno freddo cadavere in questa stanza. - Vieni o ch'io... (s'ode la voce di Maffeo dalla gondola.) MAFFEO. Signor Piero! Io sento rumore, vedo aggirarsi un lume per le camere , - si affretti, chè un punto solo può mandare ogni cosa a vuoto. - PIERO. Senti Bianca? BIANCA. Oh Dio!... abbiamo troppo indugiato. - Piero, perdona: affrettiamoci: Io sono con te. PIERO. Cielo! ti ringrazio.- Dammi mano. -(I) (I) Qualora questo Dramma si volesse rappresentare, la legge del Teatro esigerebbe che la tela calasse a questo punto. BIANCA. (Nel momento che sta per partire.) Io ti saluto per sempre, o casa de'miei padri, o stanza che prima udisti i gemiti di me bambina in culla , quando in mia innocenza sorrideva alla madre dei giorni miei. - O madre, la sorte a me ti ha rapita perchè piú non dovessi libare la voluttà del tuo sorriso e de'tuoi conforti. - Dacchè sei morta, piú nulla mi annoda a questi luoghi perchè tu sola potevi instillarmi un affetto dell' amore più forte. - O madre, prega Iddio per me. - Invoca sul nostro capo la sua pietà. Benedici dal cielo alla nostra unione. - PIERO. Bianca, andiamo. (Bianca e Piero discendono dal verone col mezzo della scala. - Momenti dopo sentesi ancora la voce di Maffeo. - MAFFEO. Presto al remo. - In questo punto mi è giunto all' orecchio un rumore più distinto. - Qui si adagi, o Signora. - (S'ode il sommesso battere del remo contro dell'onda - indi tutto ritorna in calma.) Fine della Giornata Prima. GIORNATA SECONDA. LA MISERICORDIA. GIORNATA SECONDA Gran sala nell'antico Palazzo Ducale tappezzata di velluto cremisi a ricami d'oro. - Ric- chissime suppellettili, - Di fronte alta porta a sesto acuto. - Da un lato gran tavolo coperto da un tappeto di velluto scarlatto con frangia d'oro. - Due porte laterali. SCENA PRIMA. Il DUCA FRANCESCO e CORSO. (Il DUCA é splendidamente vestito di un magnifico robone di stoffa verde adarnascata. Sotto ha un ricco gabbano di velluto color rosa ricamato in oro, brache di seta con fettucce di vari colori - Il suo beretto di velluto verde è deposto sul tavolo. - Il giorno è sull' imbrunire. Al termine della scena due donzelli riccamente vestiti recano dei doppieri.) DUCA. HAI mandato l' invito all' illustrissimo cardinale Niccolini, ed al reverendo legato apostolico? il peso della reggenza, tutti i beni , tutti i mali che le appartengono. - Il nome di Gran Duca, la protezione dell' Imperatore che mi fa sicuro in Firenze e ligio a lui, - l'ordine del toson d'oro... e l'Arciduchessa Giovanna. CORSO. Ella verrà qui a momenti. - Sta nelle sue stanze, aspettando forse che vostra eccellenza illustrissima vatti a levarla. - E intanto prega... in coro colle sue donzelle. - Oh quanto è pia la serenissima Arciduchessa... DUCA. Parmi che ella siasi data all' anima... le fu instillata fin dalla culla tanta virtù. - CORSO. È molto austera. - DUCA. Di troppo. CORSO. E' un angelo di bontà... DUCA. Lo credo, ma... senti Corso : Io ti credo capace di custodire un segreto, e già volge tempo che ti ho fatto a parte di cose che pur volevano esser taciute. - Ti sei mo- stato leale e buon ministro ed io ti ho sem_pre fatto degno della mia protezione e della mia fiducia. - Ora... ascolta... e dì pure... se do in errore: - Quella donna non è fatta per salire i gradi di un seggio, è un angelo di bontà, ma la natura e l' educazione l' han resa più presto atta a vivere in un chiostro che in una reggia. Ella è poi sì rimessa e sì priva d'ogni grazia di spirito che non può nè potrà forse mai destarmi dramma d'amore in petto. - E non ti par egli inoltre che a Lei non vada a grado il cielo italiano, e questa Fiorenza gli sia piuttosto di fastidio che... CORSO. Colpa delle abitudini nazionali , e dell'educazione succhiata dalle fasce. - del resto... . DUCA. Oh! le italiane! parla in loro l'anima per gli occhi... Quale voluttà traspira dalla loro persona... Quale incanto! (dopo momento di silenzio) O Venezia! CORSO. Venezia? DUCA. Se tu sapessi... quai giorni ho trascorsi su quelle pittoresche lagune, quante dolcezze ho prelibate... Se tu vedessi il fuoco che scintilla nello sguardo di una Veneziana, l'armonia che circonda ogni sua forma... Ah! chi non ha veduto la bella Veneziana non può crearsi un tipo, un'idea della bellezza femminile, non può conoscere quanto sia magica quest'opera di Dio. - Hai tu sentito parlare talora della Cappello... della figlia del Procurator di S. Marco? - della nipote. del Grimani Vescovo d'Aquileja? CORSO. Bianca Cappello? - Tutta Italia è piena della fama di sua bellezza. - DUCA. Ebbene io la vidi. Ho sentito la melodia della sua voce, fui riscaldato dal raggio di sua beltà. - Ma fu un lampo... incontrarmi in lei non mi fu più concesso - Soltanto la notte che partii da Venezia, chiamato mio malgrado a Firenze, ho voluto vedere la stanza di quell'angelo - Mi si additò un verone ; vidi dalla placida laguna un volto rischiarato da una lampana - Pareva il viso della vergine di Rafaello illuminato dai raggi del Dio...Le mie labbra convulse mandarono parole , era l' anima che si versava per esse, era il cuore che parlava; - Da quella notte incantatrice io non ho in mente che la Bianca; d' innanzi agli occhi che un' immagine la Bianca; ne' miei sogni deliri che una visione - la Bianca. - CORSO. Che sento io mai ? DUCA. Ma pur troppo dovrò opprimere ogni palpito , far tacere ogni voce d' amore - Quella Veneziana non sarà mia giammai, e sì... che patrizia veneta, consorte a miei destini non avrebbe disonorato i Medici... d'altra parte quella repubblica mi avrebbe saputo grado di questo legame, e alla Toscana tutta sarebbe tornato in bene; così... basta... Non se ne parli più - Sia come io non avessi parlato mai , la mia bocca fu chiusa; Tu non hai udita la mia voce. (dopo breve pausa Corso si reca per la porta di mezzo, indi) CORSO. Eccellenza!.. Esce dalle sue stanze la serenissima Arciduchessa. - DUCA. (Guardando) Come è pallida! parmi una rosa avvizzita dal meriggio e ripiegata sul fragile cespo - Qui l'attendo... Tu puoi andartene - Se qualcuno chiedesse di me dammene pronto avviso. (Corso parte) SCENA II. IL DUCA, indi GIOVANNA. DUCA solo. La pace è bandita per sempre da me. - Io credeva che Venezia avesse potuto ridonarmi la gioja che Mi animava in addietro. - Venezia più che mai mi ha gettata la disperazione nel cuore. - E oggi?... Oggi è il dì del martirio. - (Entra l'Arciduchessa Giovanna accompagnata da una dama d'onore.) DUCA. Duchessa! GIOVANNA. Mio sposo ! Forse è molto che mi attendete qui ? - Perdonate: Io non lo sapeva. - DUCA. In tutto questo giorno non avete, Duchessa, messo piè fuori delle vostre stanze; - In che vi siete occupata? GIOVANNA. L'ora che precede l'istante che la mano di Dio ravvicina due creature, e dice all'una : tu sarai scorta e sostegno di questa che io ti affido, e all'altra tu sarai la madre de'suoi figli, - è ora solenne, mio signore. - Quest' ora io l'ho trascorsa nella preghiera, - ho pregato per voi, pei sudditi vostri, e poi per me. - DUCA. La vostra pietà conosco. - GIOVANNA. Dopo Dio vorrei pregare voi pure. DUCA. Pregarmi? Voi siete Duchessa, e dopo Dio nessuno ha diritto alle vostre preghiere. - Io obbedirò soltanto al vostro cenno. - GIOVANNA. Vi ringrazio. DUCA. Parlate Duchessa: GIOVANNA. Vorrei che questo giorno venisse da noi segnalato con alcun'opera di beneficenza che fruttasse un lieto auspicio alle nozze imminenti. E tanto bella la carità per chi regna, che reca la pace celeste nel cuor nostro il pensiero dí essere stati generosi con quelli che Dio mise sotto al nostro patrocinio. - DUCA. E che volete ? GIOVANNA. Beneficare qualche infelice. - DUCA. Di questi non v'è penuria al mondo. - Dopo le nozze segnerete la vostra volontà a vantaggio di qualche sventurato figlio di Fiorenza. - Io pure segnerò la mia. - SCENA III. CORSO entra e dice: Eccellenza illustrissima! Monsignore il Cardinale è giunto or'ora. Qui fuori è il legato di Venezia che ha un foglio da consegnare a vostra eccellenza illustrissima. - È del patriarca d' Aquileja il patrizio Grimani. - Vi attendono. - DUCA. Perdonate, Duchessa, io debbo togliermi per istanti da voi. GIOVANNA. Io resto qui fino al momento che mi chiamerà il ministro all'altare. DUCA. Verrò io prima col corteggio. - Vi manderò le dame d'onore,ed il rappresentante dell'augusto vostro cognato. - L'ora è vicina - (il Duca e Corso partono.) SCENA IV. GIOVANNA e SOFIA. GIOVANNA. Sulla fronte del Duca siede una nube quest'oggi. - il suo cuore non è in calma. - SOFIA. E pure io non scorsi in lui traccia di mestizia e sempre mi parve quale or'anzi Io vidi. - GIOVANNA. In Inspruck la prima volta che egli presentossi a me, non parverni grave così come oggi, e come il dì che richiamato a Venezia pel mio arrivo, mi vide in questa stanza la prima volta. - SOFIA. Forse la morte del pontefice Pio IV avvenuta in questi momenti difficili, l'abdicazione che il Duca Cosimo fece della reggenza di Toscana , e il trovarsi egli d' improvviso posto in sul seggio de' suoi padri, a rettore di tante faccende, Sovrano ad un popolo sempre malcontento, cagiona in lui quell'apparente gravità che sì vi sgomenta. - GIOVANNA. Potrà essere anche questo. - Anzi lo debbo credere. - E forse il repentino mutamento delle mie care abitudini può alterarmi la mente sì, da farmi veder le cose tutt' altro da quel che sono. - Io amo e debbo amare quell'uomo al quale l'augusto mio cognato volle associarmi, a cui la mia volontà acconsentì perché al mio cuore ha parlato la voce di Dio, e mi ha detto, obbedisci. - Oggi per altro mi accorgo che dal cuor mio s' alza una voce non sentita per me in addietro , - una voce che mi toglie l'usata tranquillità. - Sarà forse , come ho detto, il diverso cielo che io miro, quest'aria che io bevo, questi nuovi costumi a cui non venni informata. - Oh non ritorno giammai col pensiero alla mia patria, al mio parco, agli anni di mia fanciullezza, a quella stanza di Dio, ove il mattino e la sera contenta di me stessa e paga della vita, senza un desiderio , senza una doglia io mi raccoglieva non per pregare, ma per ringraziare, non per piangere , ma per volgere un sorriso a quell' immagine del Signore, che su di me ha sempre vegliato e che io ho sempre sentito nel mio cuore. - Io non ritorno a queste mie cure soavi senza un palpito, senza una lagrima... E sono questi i primi giorni della mia vita, ne' quali mi è dato conoscere il tristo conforto del pianto. - Questo cielo mi attrista, ed è pure il cielo italiano , quel cielo sì vagheggiato da tutti , a cui il creatore, ha dato il colore dello zaffiro orientale , a cui il sole volge più fecondatori i suoi raggi... Ma non è raggio di cielo più gradito di quello che la prima volta ci venne a riscaldare in cuna , non v' ha zolla più cara di quella su cui la prima volta si è stampata l'orma. - O miei anni di gioventù , o rigagnolo che la state venivi a lambirmi il piede che passeggiava lunghesso la tua riva ! ... Altro cielo, altra natura - Il cerulo sguardo del Paggio che mi serviva era indizio del candore dell'anima sua, dell'innocenza de' suoi pensieri - Qui l'occhio bruno e scintillante dell' Alabardiere mi uccide - parmi leggere nel suo volto la ferocia dell' indole, e forse sarà un errore del mio giudizio. SOFIA. Perdonate, principessa serenissima, ogni prevenzione è indebita. Voi fra poco sarete Duchessa a questi Fiorentini; vostri sudditi, essi hanno diritto all'amor vostro. GIOVANNA. Ed io saprà certo amarli, saprà impormi questo dovere, ed oggi, - avete sentito il mio desiderio palesato al Duca, - debbo beneficare taluno che nacque sotto a questo cielo, - SOFIA. Lode alla vostra pietà, principessa serenissima. - caovANNA. Ed ogni qualvolta Iddio mi porgerà l'occasione di far bene a vantaggio di costoro, io non sarò ritrosa a suoi comandi. - Questa mattina ricevetti un foglio dell'augusto mio cognato. - Uh! gli utili avvisi ch' ei mi porge in questa scrittal.. Io saprò tutti mandarli ad effetto. - Ricevette un foglio anche il Duca mio sposo ma egli non ne tenne parola alcuna... ora .. parmi... SOFIA. Sì, principessa serenissima, il duca viene a prendervi col rappresentante imperiale e col seguito. - Il ministro dell'altare è con loro. - GIOVANNA. Oh cielo! Tu sii pronubo a queste nozze, inspira nel cuor mio la costanza dell'amore pel mio duca, e la forza pel compimento dei doveri ai quali l'istante prossimo mi elegge. SCENA V. Entra il DUCA col seguito. - Alcune Dame d' onore si accerchiano intorno all' arciduchessa GIOVANNA. - (Il DUCA durante la scena avrà molta gravità. - Le sue parole verranno pronunciate con quel fare sbadato ed astratto di chi volge un gran pensiero in mente.) DUCA. Eccomi a voi , duchessa : illustrissimo ! , (rivolto al rappresentante l' imperatore) collocatevi alla sinistra della serenissima principessa. - GIOVANNA. E Dio sia fra me e voi. - eccellentissimo duca. - DUCA. Con qual occhio scrutatore voi mi fissate in volto, duchessa? L'aspetto mio non è sereno certo quest'oggi, ma ciò non sia per voi cagione di sgomento. - Da tutte parti mi pervengono notizie importanti e gravi sì , che io non posso fra tante cure aprir l' animo alla gioja. Il reverendo legato sa ben egli di che si tratta... La morte del pontefice è una sventura per tutta Italia- - Epperò è d' uopo che anch' io rivolga più attento il pensiero alla Toscana ed a miei sudditi - GIOVANNA. Il cielo dà le cure, - il cielo dà le virtù e i mezzi per mandarle a buon'effetto, ed oggi... ' DUCA. Datemi la vostra mano, duchessa , l'altare ne attende (che ora è mai questa per me! ho la confusione nella mente.) Corso ? (chiamando.) CORSO. Eccellenza illustrissima! DUCA. Rispondi a questa lettera del Patriarca Grimani (indi sotto voce) Notizia terribile mi si annuncia in essa - Bianca è fuggita coll' uomo del suo cuore - (alzando la voce) Rispondi a quel Patrizio veneziano, che farò tutto quello che mi sarà possibile - ma che non posso promettergli cosa alcuna - CORSO. Sì, eccellenza illustrissima. DUCA. Signori, possiamo andare. (Tutti si avviano per la porta di mezzo - Corso rimane solo ) SCENA VI. CORSO solo Bianca fuggita! - qual' evento? - Questa patrizia che di sè ha piena Italia, sospiro di mille, custodita come gemma,decoro dell'Adria fuggita... con chi ? (momenti di silenzio, indi legge la lettera) Con un Piero Bonaventuri , un oscurissimo figlio di Fiorenza, un nome noto a nessuno; - L'eccellentissimo duca ha un gran rivale a fronte.... (pausa) un misero mortale che tuttavia non vorrebbe essere il duca, cui il duca invidia.. - (legge la lettera) Patriarca illustrissimo, si è messo in buone mani per riavere questa sua nipote. (leggendo ad alta voce) » Se per avventura ella capitasse in Firenze provvedete coll'ambasciador Contarini perchè venga rimandata a Venezia. » Stia a bella speranza, illustrissimo ; so di buon luogo che il duca la servirà a dovere. -(pausa) E se mai qui capitasse (questa Cappello?.. di ragione il dovrebbe poiché Fiorenza è asilo sicuro e ognuno può ripararvi impunemente... Oh... allora... Giovanna! a te si appresta una corona di spine. - (dopo momenti la campana della misericordia dà un tocco) La campana della misericordia ?... che sarà? - Qualche malcapitato, qualche pugnalata a tradimento. - Le terribili avventure sono così frequenti a questi dì, che quella benefica compagnia è pur necessaria. - (La campana dà un altro tocco. - Corso tende l'orecchio indi:) Non dà il terzo colpo. - Non è caso di morte. - che sarà mai ? - Lando ? Brunello? (chiamando) saranno iti abbasso - Andrò io stesso per vedere che sia. - (Parte. La scena rimane vuota - s'ode rumore interno, e dopo alcuni istanti entra tutta affannosa la Duchessa con Sofia.) GIORNATA SECONDA. SCENA VII. GIOVANNA e SOFIA. GIOVANNA. Quale orrendo augurio, cara Sofia... e in quel momento appunto che ne univa la mano del ministro - Dio! qual funebre suono... lo sono tutta in un gelo. SOFIA. Mettetevi in calma, duchessa! - Ho udito dire che quel suono veniva dalla campana della misericordia. - Non è nulla. - E una costumanza di Firenze. - GIOVANNA. È segno di sventura quel tocco di campana. - Oh! come è spaventevole! Io tremo ancora. (Entra il Duca col seguito e Corso.) SCENA VIII. Duca e detti. DUCA. (a Corso) Oh! che mi narri? CORSO. Pur troppo è così , - un uomo steso a terra ferito nel collo, - una donna che inginocchiata vicino a lui piange sì, e manda così strazianti parole che è ben inflessibile chi non la compassiona. - Caccia le mani entro le chiome, invoca Dio e tutti i santi del paradiso, che è una pietà, uno sfacimento l'udirla. - L'uomo per altro non è morto, nè la ferita è profonda. - GIOVANNA. (al Duca) Mio consorte! Parola di Duca voi dianzi mi avete concesso, di potere in oggi a mio beneplacito beneficare qualcuno. Iddio, vedete, me ne porge un'occasione - e questo beneficio frutterà, sì filmerà del bene anche a noi. - Deh, mio Duca, fate ricoverare quella donna, e provvedete a quello sventurato. - Parmi che sia discesa la be- nedizione sul nostro capo, ora che ne è dato farbene, e sollevare gl'infelici. SOFIA. Fatelo ricovrare, o Duca. DUCA. Si faccia. - GIOVANNA. (ai paggi) Conducete a me innanzi quella donna, ch'io possa confortarla della voce in questa stanza. - Duca, il permettete ? DUCA. Si faccia. - (Corso e i servi partono.)(da sè) Non so più dove erri il mio spirito , le sue funzioni sono scomposte; o Duca? qual demone si è cacciato in tuo cuore ? quale agitazione, qual ansia?... e debbo fingere...Ogni sguardo è fisso su di me, - debbo mostrare amore, e il cuore stilla sangue,...debbo parlare e non ho parole. Duchessa! Io vi lascio nell'esercizio della pietà vostra. - Prodigate pure su quell'infelice le vostre cure... (mentre è per partire della porta destra s'ode una voce gemebonda che dice:) E chi sono questi pietosi? (Il Duca improvvisamente si arresta) DUCA. Che voce è mai questa? SCENA IX. Accompagnata da CORSO entra BIANCA CAPPELLO vestita in nero colle chiome scarmigliate. DUCA. (non può più reprimersi e grida:) Bianca!! BIANCA. (volgendo intorno lo sguardo s'accorge della presenza del Duca) Ah siete voi il Duca di Firenze ? (cielo!,,. vi ho veduto a Venezia...Deh! proteggete un'infelice. - (io tremo) GIOVANNA. Vi è nota costei, mio consorte... Donna, chi siete? BIANCA. Bianca... DUCA. Una figlia di Venezia , eccellentssitna duchessa,... la Cappello.- (Oh Dio io non posso più sorreggermi, mi si appanna la vista.) corso. (Qual caso!) (tra sè ) GIOVANNA. Chi vi ha condotta qui ? qual sventura vi colse? Parlate, nobile donzella. BIANCA. Ah tutto io dirò (qual vergogna, qual solco d'infamia sulla mia fronte!) A voi soli, cccellentissimi io vorrei parlare. - (Qual uomo io mi veggo d'innanzi!) DUCA. - Signori, io vi do licenza. - (agli astanti che partono) SCENA X. DUCA, GIOVANNA, BIANCA. GIOVANNA. (silenzio ed esitazione indi.) Parlate, signora: DUCA. Risparmiatele la pena, duchessa, io venni già informato de'suoi casi dall'illustrissimo patriarca d'Aquileja. BIANCA. Mio zio ! Ah sono perduta... GIOVANNA. Mettete in calma il vostro spirito. Chi è l'uomo ferito che si rinvenne con voi? BIANCA. Ah signora... (fa per parlare e non può) GIOVANNA. Vostro padre ? BIANCA. No. GIOVANNA . Marito forse ? BIANCA. No. GIOVANNA. Qualche vostro affine insomma ? BIANCA. No. GIOVANNA. Chi dunque? BIANCA. Oh mio Dio!.. Cessate per carità (alla duchessa) Vorrei non aver lingua per non confessare da me stessa la mia colpa. GIOVANNA. L'amante vostro... forse? BIANCA. Ah perdonate... L' avete nominato - è desso. GIORNATA SECONDA. GIOVANNA. Che obbrobrio! (cambiando modo e facendosi ad un tratto sostenuta e seria) Ah ! Il cielo vi ha colta, sciagurata. - Ei non lascia impuniti simili delitti; perversa!.. l'avete meritato il castigo. DUCA. (Io sono fremente ) GIOVANNA. Abbandonare la casa paterna ! - contaminare la vostra famiglia, contaminare voi stessa della più vergognosa macchia! Io non posso aver compassione di voi. - Crederei far onta alla giustizia col gettare il beneficio su chi non ha diritto alla commiserazione. - Non siete sventurata voi... Ma siete pervertita e corrotta. Non siete voi quella a cui io debbo pensare... non posso che detestarvi.. Io. - DUCA. (Non potendo più trattenersi) Cessate una volta, duchessa! - Qual genio malefico parla per la vostra bocca adesso ? Chi vi dà il diritto di opprimere il fiacco che piange e domanda il vostro soccorso? GIOVANNA. (esitante) Iddio... mio Duca... DUCA. Iddio solleva il misero dal fango ov'è caduto, - non lo lascia deserto mai. - Bianca restate; quel Bonaventuri che trovasi con voi verrà soccorso ; Respirate , o donzella. - GIOVANNA. Io... non so credere... DUCA. ( piano a Bianca) Oh perchè non siete giunta prima! un'ora sola, un punto !.. Duchessa, io vi lascio. - Corso! (chiamando) Provvedete (a Corso) questa nobile e sventurata donzella di una stanza in cui possa vegliare intorno a quell'uomo. GIOVANNA. Qual pietà!... Ella mi fa tremare. BIANCA. Di abbisso in abbisso , - di contrasto in contrasto - l'avvenire mi sgomenta. Fine della Giornata Seconda. GIORNATA TERZA LO SGHERRO. GIORNATA TERZA

Via di Firenze nelle vicinanze del Palazzo ducale. - Un uomo con cappa nera e maschera al volto. Sta parlando con due altri uomini, uno dei quali tiene una lanterna nella mano destra. SCENA PRIMA. Lo SGHERRO dei Dieci e due uomini: SGHERRO. Un'altra notte perduta. - Non importa; nelle nostre reti ha da cascare , e verrà il suo sabbato anche per lui; mia fede ne impegno. - E voi che ne dite di quell' uomo ? UNO DEGLI UOMINI. A dir vero mi pare che qualche santo lo protegga. SGHERRO. Pare a me pure. - Dopo quei due colpi che gli abbiamo assestati quella sera tra il collo e il tergo , rifarsi lesto in pochi dì, andar ritto e bello della persona quasi che questo pugnale lo abbia punzecchiato per vezzo - è un vero miracolo. UOMO. E son già tre notti che dalle feste per tornare a palazzo non passa per di qui; scommetto che gli è venuto qualche sospetto. SGHERRO. Quale sospetto ? Egli si reputa abbastanza protetto in Firenze. - La carica ottenuta, l' appoggio del Duca, i fianchi della sua Bianca lo persuadono a vivere sicuro di sè, senza darsi un'ombra di timore. UOMO. Eh... la vita preme a tutti, e dopo quelle punture che lo misero a due dita dalla morte, avrà appreso a starsene in guardia... SGHERRO. Eppure il camminar le vie di Firenze la notte solo , o in compagnia di qualche servo, non è indizio ch' egli viva in guardia di sè stesso. - Il buon giudizio gli è fallito senz' altro ringalluzzito dall'aura seconda che gli soffia in corte, e non è poco... Questa sua avventaggine per altro, o ardire, o prodezza ch' ella sia mi fa sperar bene. - Domani forse?... Per ora voi po- tete andarvene. - Per caso che avvenga o per scoperta che voi facciate non vogliate venire in corte per parlarmi. - Guai! - In corte non sono che il messo' dell'ambasceria, con voi non sono che lo sgherro Dei Dieci di Venezia. - In corte la spada, con voi il coltello. - Verrà io stesso da voi se mi accadrà qualche bisogno. Frattanto bocca di marmo , e a ciascuno di voi verranno nelle tasche dugento bei ducatoni d'oro, opera compiuta; - Andate. SCENA II Lo SGHERRO solo. In questa notte mi figurava ben appoggiato il colpo e guadagnata la taglia, grazie alle feste ed ai banchetti notturni che il magnifico fratello del Duca regala a questi Fiorentini. - Bonaventuri, tornando da quelle, di ragione, per volgere a palazzo avrebbe dovuto passar di quì e solo, come lo segnai la notte in cui cominciarono le feste. - Tre colpi di pugnale lo avrebbero atterrato senz'altro.... (pausa ) Chi è mai che s' attraversa a' miei disegni ? Chi?... Che vita infame è la mia!.. Sempre lordo di sangue, sempre un colpo da dare , e in ansia trarre sempre i dì... Vorrei farla finita una volta. - Ma... che sto mai ciaramellando fra me e me ? Alla fin fine non faccio cosa che non mi venga ordinata dagli illustrissimi di S. Marco. - Tanto sono io quanto sono essi, colla differenza che io arrischio la vita mia per togliere la vita altrui; Essi attentano all'altrui vita senza pericolo di perdere la propria. Io, se non altro, ho qualche merito; Il giorno sta per sorgere. - Leviamo questa maschera misteriosa e si ritorni messo dell'ambasceria. - Se taluno per avventura mi vedesse in quest' arnese potrebbe sospettare.- Leviamo questa cappa. (Nel punto che lo sgherro si toglie la maschera e si slaccia la cappa mostrando la sottoveste, arriva Giovanni BonaVenturi che si presenta a lui, dopo averlo esaminato ). GIORNATA TERZA. SCENA III. GIOVANNNI BONAVENTURI e lo SGHERRO. BONAVENTURI. Signore ? SGHERRO. Chi mi comanda? BONAVENTURI. Un figlio di Fiorenza che da molt'anni visse lontano dalla propria madre, e che oggi ha la bella ventura di rivedere. - ( Costui?.... Chi vedo io mai?) SGHERRO. E così ? BONAVENTURI. La fama che corse ovunque degli sponsali dell'Eccellentissimo Duca con l'Arciduchessa d'Austria mi chiamò a Fiorenza, ma giunsi troppo tardi. SGHERRO. Già da un mese son'esse compiute. BONAVENTURI. Lo so. - Ma ora che avviene in Fiorenza? Io l'ho lasciata quando ancora la reggeva Cosimo. - Udii lungo il viaggio narrare strane novelle , fole da romanzo forse.... Udii della Bianca Cappello.... Gli è vero tuttochè di lei si va raccontando.. fuggita ? SGHERRO. SI.... con un uomo del fango ( sbadatamente). BONAVENTURI. ( Dio !) Chì è costui ? SGHERRO. Certo Piero Bonaventuri, mi pesa il dirlo, vostro concittadino. - Un uomo del nulla e , quel che più monta, basso e vergognoso; stende la palma per raccogliere l' oro che la mano del potente vi profonde a prezzo di corruzione. BONANENTURI. E' dunque vero ?.... SGHERRO. Si; - Accolto in corte vi siede a bell'agio, forbendo i sandali di chi l' impingua, nella speranza di farsi uomo inclito, personaggio di Stato, vende la moglie per farsi scala al potere, e non s'accorge che, ordigno vilissimo alle brame altrui, sarà mai sempre un oggetto di scherno. GIORNATA TERZA. BONAVENTURI. (Ah! non fu menzognera la voce che tale me lo ha dipinto. - Oh perchè non mi rimasi nelle prigioni di Venezia a finir la mia vita !) E' sposato alla Cappello ? SGHERRO. Le nozze avvennero qui a Firenze , nè il Duca potè impedirle, nè forse lo volle, a malgrado dei fogli che gli vennero spediti da Venezia. - Egli intanto s' impegna a calmare i romori che di tanto vitupero innalzano gli offesi patrizi di quella Repubblica. BONAVENTURI. (Men danno) - Ama il duca davvero la bella Veneziana ? SGHERRO. La vide in Venezia e n'arse; E vi so dir io quante cure ei prodiga su quella donna... BONAVENTURI. E la Duchessa ? SGHERRO, Infelice e pietosa - piange e prega. - Nacquero dissapori, ma il Duca è ammaliato, e la Bianca è tale da muovere a sua posta quell'uomo che in lei mette amore. BONAVENTURI. Qual relazione esiste tuttavolta fra questa Cappello e suo marito ? SGHERRO. Un uomo vile agli occhi di tutti, tale dev'essere e più agli occhi della moglie cui forse già venne in fastidio. BONAVENTURI. ( Sciagurati! io fremo ). All' accento, signore, voi mi sembrate di Venezia. SGHERRO. Avete colto nel segno - ne sono il messo dell'ambasceria. - Ora è d'uopo che io mi ritiri a palazzo. BONAVENTURI. Voi il messo dell'ambasceria? (Che sento?) SGHERRO. State sano. BoNAVENTURI. Addio ! (Lo sgherro parte. Bonaventuri resta solo,) GIORNATA TERZA. SCENA IV. BONAVENTURI solo. All' inferno, assassino prezzolato! Ti ho conosciuto... Ecco l' uom del mistero, il braccio del Consiglio dei Dieci - l'onnipotente. lo ti ho conosciuto; (sta pensando) Sì... tu sarai un'ordigno nelle mie mani. - Argo dai cent'occhi tu non sai nemmeno chi io mi sia .. ma lo saprai forse tra poco. Ecco le perfide arti del Consiglio di Venezia... messo nella Corte del Duca di Firenze ! Oh questi è colui che ha assassi- nato mio figlio senz' altro, e qualche vittima è per immolarsi ancora. Si prevenga.- Che tento io ?... Lo scoprirò al Duca. - Fortuna mi ha porto il suo crine, ed oggi sarò in Corte . - Parlerò a Piero, lo toglierò da quel letto di sozzure, e se farà il sordo alla mia voce l'ucciderò di mia mano, per ritornare poi alle prigioni di Venezia d'onde sono fuggito. - Oh... Iddio non mi ha schiuso lo scampo per nulla. - Andiamo. - (si allontana rapidamente.) SCENA V. Camera nel Palazzo Ducale. - Entrano BIANCA e PIERO BONAVENTURI. PIERO. Hai inteso Bianca? - Questa ragion di vita è necessario troncarla ed oggi... BIANCA. Oggi debbo andare alla Villa del Poggio colle dame per corteo delle loro Eccellenze. PIERO. Oggi tu verrai con me in Romagna. BIANCA. Che dici ? ( con sorpresa ). PIERO. Sì - quest'aria di corte mi ammorba l'anima. Io sento di esser uomo, e qui non posso nè potrà sembrar tale giammai. - Non per riescire a questo fine io fuggii teco da Venezia e ti assunsi compagna de' miei destini, non per questo a te ho posposto tutto quello che la vita mi poteva porgere di fortunato e potei dimenticare il padre mio e il pericolo , che pur troppo lo colse, vecchio sventurato! Tu non sai che fu rinchiuso nei piombi e per noi pena la vita senza una colpa al mondo. Questo sacrificio non dev'essere compensato così. BIANCA. Qual' insolito linguaggio, o Piero ?.. PIERO. È già molto che l'anima mia freme in segreto... e tu... tu stesso confessalo: Quale io ti sembro da tempo agli occhi tuoi? BIANCA. Quale mi sembravi... PIERO. No - tu menti; Piero senza nome, giovane oscuro, ma tuttavia coll'anima bollente e piena dell'amore per te, ed avvivato dall'amor tuo era pur qualche cosa innanzi agli uomini, egli era oggetto d'invidia, mostro a dito per Venezia perché la tua luce in lui si rifletteva ed egli allora ne era pur degno; - Qui, che sono io? guardaroba del Duca, un'oscurissimo cortigiano, invidiato non più, ma deriso forse... perché... è bello tacere la mia e la tua vergogna e meglio pensare a ripararla. BIANCA. Riparare la nostra vergogna? Partire da Fiorenza dove tu puoi percorrere un campo che certo altrove ti è chiuso? - dove tu puoi giungere una meta che neppure ne'tuoi sogni in addietro potevi vagheggiare,- dove la Bianca Cappello potrà forse un giorno imporre a quella Venezia che ora cotanto mi bistratta e mi dichiara rejetta.- Io?.. Io voglio rimanere in Fiorenza. PIERO. Tu verrai con me. - L'ho risoluto e dovrai obbedire al mio comando. - Senz'altro oggi si partirà per Romagna. Apprenderà il Duca che l'impiego di guardaroba non è fatto per me, e che protezioni di tal fatta non le curo nè poco nè punto. Oggi partiremo. - BIANCA. Piero! oggi resterai, e pago forse di te stesso e d' altrui; oggi darai ascolto alla Bianca, cui preme la tua vita e non vede di buon animo, che tu abbia ad avventurarla di bel nuovo in un viaggio pericoloso, allorquando ogni patrizio veneto ha un interesse che congiura a tuo danno, una voce che grida vendetta e maledizione sul tuo capo, un' arme che mira a ferirti ovunque ti colga e appena che lo possa - Piero, non voler commetterti alla fortuna, Ella non ti ha mai arriso - qui solo forse il potrebbe - qui solo. PIERO. E tí pare ella dicevole a me la vita dell'uomo che raccoglie per via il beneficio a patto di scorno e di dileggio? BIANCA. Tu non dirai così, quando coprirai qualche carica di momento - quando... PIERO. Belle speranze, qualora si avverassero, ma per ora non sono altro che sogni e delirj.- Io non sono che un plebeo , e per conseguenza non posso che strisciare a terra, qui restando, sempre sommesso, e coll'obbligo di vendere gratitudine a chi è doppiò.- di me.- Altrove potrei tentare fama. - Chi sa? elevarmi al disopra della mia sfera, mostrarmi maggior di me stesso, e se non altro vivere indipendente... BIANCA. Parla sommesso, - viene il Duca. - PIERO. La sua presenza mi si è fatta grave. - Io mi rítiro,Parlagli del mio proposito... digli... BIANCA. A me ogni cura, io parlerò di te. (Piero parte per una porta a sinistra. - Bianca si adagia vicino ad un tavolo appoggiando il volto sul palmo della mano destra in atto di chi pensa. - Dalla parte opposta a quella d'onde partì Piero entra il Duca.) SCENA VI. DUCA e BIANCA. DUCA. Bianca? Pensate voi ? BIANCA, Sì... illustrissimo ! (astratta.) DUCA. La vostra fronte non è limpida questa mattina, - la veglia forse dell' ultima notte ?... BIANCA. Eh... per chi nacque e visse la giovinezza in Venezia, una veglia è ben poca cosa, eccellenza? GIORNATA TERZA. DUCA. Oggi dunque verrete con me a Poggio. - (Bianca si alza e tace) Non rispondete ? BIANCA. (sbadatamente) Le dame della duchessa ?.. DUCA. Sì, verranno esse ancora per accompagnare appunto la duchessa... ma voi... verrete? (con affetto.) BIANCA. (astratta) Non è limpido il cielo quest'oggi... DUCA. In questo caso tiene la vostra immagine. - Ma perché non rispondete alle mie domande?.. BIANCA. Vi sono momenti nei quali il dare una risposta non è cosa di lieve altare... DUCA. E quando ?... BIANCA. Quando questa deve tener luogo d' una involontaria ripulsa. - DUCA. Come ? Spiegatevi: non potete venire alla villa del Poggio , o meglio non lo volete? BIANCA. Vorrei... ma non posso. - DUCA. Io non vi intendo, signora. BIANCA. Parlerò più chiaro. - Mio marito oggi, vuol partire per la Romagna. - DUCA. Che? Quali cagioni, lo spingono? BIANCA. Alcuna cagione. - Or'anzi mi ha palesata questa sua, volontà ; io debbo obbedire. - DUCA. Vostro marito rimarrà a Firenze. - Io lo voglio. - E' questa la gratitudine che serba alla mano che gli valse la vita ? Io non gli permetterò; mai, di togliersi da qui, a meno che non voglia ritornare a Venezia. - BIANCA. Allora l' eccellenza vostra cancellerebbe il beneficio con un sopruso - DUCA. Ma infine perché vuol partire vostro marito? BIANCA. Nol saprei bene. - DUCA. Ma... e voi, Bianca, di buon'animo obbedite alla sua volontà? BIANCA. Io non ho mai detto questo. - DUCA No? - Voi dunque resterete. Io ho bisogno di voi. - La vostra vista mi è necessaria. - BIANCA. Zitto!... se vi udisse alcuno... DUCA. E che importa ? - Io qui sono il Duca... Tutto io posso per voi, - e voi tutto potete per me. - BIANCA. Io? DUCA. Si, mia Bianca, io ho bisogno di voi come l'uomo che erra fra le tenebre ha bisogno di una luce, come la terra ha d' uopo del sole che la riscaldi... BIANCA. Voi?.. Duca potente?.. DUCA. Duca, non sono che un uomo.- Riscaldato dal puro raggio dell'amore io sento che sono dappiù di un uomo. Duca, guardo al passato, vedo il presente e tutto è nero e tenebroso agli occhi miei. — Vicino a te veggo l'avvenire fecondo di gioje, vago di speranze, seminato di rose. BIANCA. Duca! DUCA. Non adirarvi, no, ma sì pensate a confortarmi. Io ho bisogno che tu proferisca una parola. Essa varrà a recarmi nell'anima le gioje del paradiso. — Ho bisogno che tu mi dica: Io ti amo. — Non sai tu che il pensare, che questa parola l'ebbe già altri da te, mi amareggia l'ebbrezza di questo momento? BIANCA. Duca,.. avete errato allorchè mi accoglieste in corte... allorquando era pur d'uopo che una barriera insormontabile ne disgiungesse l'una dall'altro. — DUCA. Ma voi... signora... mi odiate voi ? BIANCA. Io ? DUCA. Dite: BIANCA. Io non posso odiare chi mi ha tolto alla sventura. - Io debbo amarvi, per quanto mi è lecito, eccellentissimo Duca. - DUCA. Voi potete amarmi ?.. mi amate? BIANCA. Ma... DUCA. Sì. - Voi Io dovete. - BIANCA. Non lo posso, debbo allontanarmi da voi... e sa il cielo... Ah ! no , no , vorrei che il cielo non vedesse entro il mio cuore. - DUCA. Dio ! che avete detto voi ? BIANCA. Nulla, mio Duca. - Oggi lascerei questa corte, e questa sì splendida Fiorenza. DUCA. Ah no, mia Bianca, - voi resterete. Io parlerò a Piero. - BIANCA. È inutile, - con voi, eccellentissimo. Egli non serba alcun rancore, odia di vivere qui dove vedesi dileggiato da tutti, dove ognuno lo segna con atto di beffa e dice: Ecco il guardaroba del duca. - DUCA. E chi osa affrontarlo così ? chi mai ? BIANCA. È necessario assolutamente che Piero abbandoni Fiorenza.- DUCA. Giammai; - Egli verrà appagato. - Io lo porrò nel numero di coloro che vicini a me sono temuti e venerati da tutti. - BIANCA. Oh allora... DUCA. Parlate: BIANCA. Allora anche il mio nome non sarebbe più una parola d'obbrobrio nel seno della mia patria, nell'aula del senato, e nella bocca del padre mio... allora tornerei anch'io allo stato di prima, e benedirei quella mano che togliendomi da terra valesse a purificarmi d'ogni macchia. - DUCA. Ah! tutto io farò per voi. - (entra un paggio e si firma sulla porta.) Che rechi ? (al paggio) SCENA VII. PAGGIO e detti PAGGIO. Un uomo chiede parlare a vostra eccellenza illustrissima - dice, che l'oggetto è importante, e che riguarda da vicino vostra eccellenza. - DUCA. Per oggi non posso... domani. - (Il paggio è per partire - il Duca lo richiama.) No - non importa. - Fallo entrare: (il paggio parte) Bianca! voi sarete appagata; ritiratevi per intanto. - (Bianca si ritira il Duca rimane solo per alcuni momenti.) SCENZA VIII DUCA SOLO. La mia testa è in fiamme. - Bianca! Tu sei l'angelo che mi conforta ; ma d'intorno a me due esseri a gara mi mettono nel cuore un corruccio d' inferno. - Giovanna e Piero... e su costui dovrà cadere il mio beneficio... - È necessità. - Ecco quest' importuno. - Avvanzatevi. SCENA IX. GIOVANNI BONAVENTURI si avvanza dignitosamente rispettoso. - Il DUCA lo esamina dal capo alle piante, indi: DUCA. Chi siete ? BONA VENTURI. Un vostro suddito, eccellenza illustrissima! Oggi è il primo di ch' io riveggo questa mia patria dopo i molti anni in cui vissi lontano da lei. DUCA. Donde venite ? B0NAVENTURI. Da Venezia. DUCA. (sempre sopra pensiero ) A che ? BONAVENTURI. Per togliervi forse da imminente pericolo. - DUCA. Me ?... ( colpito ) BONAVENTURI. Sì, eccellenza illustrissima! DUCA. Il vostro nome ? BONAVENTURI. Perdonate, Eccellentissimo Duca, il mio nome debbo tacerlo. -La verità di quanto esporrò vi sarà caparra dell' esser mio. - DUCA. Parlate : BONAVENTURI. Conoscete voi Venezia ? la fraudolente regina dell' Adria che a tutti sorride e a tutti fa costar cara l' amicizia che dona, quella sentina tenebrosa di delitti e di tradímenti? La conoscete voi ? DUCA. Che andate dicendo? BONAVENTURI, Sapete che ogni giorno Ella ha una preda da assalire ? una vittima da sagrificare, e che il suo pugnale dev'essere ogni giorno tinto col sangue di qualcuno ? - DUCA. Ebbene... BONAVENTURI. Ma non saprete certo che l' oggetto che Colei pensa d' immolare quest' oggi è nullameno che... DUCA. Chi mai? BONAVENTURI. Voi stesso, e qualch' altro che a voi preme. - DUCA. Che dite? e come mai voi potete provarmi quanto asserite ? BONAVENTURI. Io non mento mai. - L' onnipotenza dello Sgherro dei Dieci che nascosto cammina per le case e pei sotterranei, che celato ferisce e scompare, che tutto vede, tutto sente e niuno ha sentore di lui... nota a Vostra Eccellenza ? DUCA. Io ne sentii parlare a Venezia. - Tremava infatti quel labbro che mi diceva di lui, ognuno, al suo nome, guardingo spiava intorno, e nelle sue vene si fermava il sangue e lo dipingeva di pallore l'idea dell'esistenza di un essere così misterioso. - Povera Venezia!. Ho sentito dire, che neppure il Doge è sicuro nella sua stanza dal pugnale di quest'uomo. - Firenze almeno.. BONAVENTURA. Eppure in questa corte vive uno di questi esseri misteriosi. DUCA. Dio! che dite ?... chi lo spediva qui? BONAVENTURA. Venezia. DUCA. Dunque la mia vita non è in sicuro, e in questo momento... BONAVENTURA. E in questo momento se volete, è in vostro potere mandare in pezzi l'onnipotenza di questo braccio di Venezia. - DUCA. Come ? BONAVENTURA. L'eccellenza vostra non crederà certo al timore che tutti involge gli abitanti delle lagune al solo nome dello sgherro. Saprà bensì che l'astuzia inveterata di quel terribile consiglio dei Dieci diè credito a questa voce di spavento, da cui la sua potenza riceve forza e il suo comando cieca obbedienza, - saprà infine che questo carnefice prezzolato non è che un uomo, del quale vostra eccellenza ha in potere la vita, - vita carica di delitti e di omicidj... che ogni strillo che quest'uomo darebbe ad ogni tratto di corda, sarebbe un grido delle migliaja di vittime immolate dal suo ferro nelle prigioni segrete , e che vostra eccellenza potrebbe vendicare tutte quante in un sol giorno. - DUCA. Ma dove si nasconde costui ? BONAVENTURI. Non si nasconde quasi mai - lo vede la piena luce del giorno - lo vede Fiorenza, lo vide anche vostra eccellenza. - DUCA. Ma chi è dunque? BONAVENTURI. E' il messo dell'ambasceria di Venezia. - DUCA. E che mai si poteva tentare a mio danno? BONAVENTURI. Vostra eccellenza il saprà. - Io non posso sapere più altro. - DUCA. E come potrò io credere a quanto avete detto ? BONAVENTURI. Interrogate quell'uomo - vedrete che il suo labbro tremerà nel rispondervi, tremerà per la prima volta forse. - Allora fatelo incarcerare, ché il potete. - Fategli levar quella veste dal dosso, strappare quel corsaletto d'acciajo, e sotto vi vedrete l'insegna del terribile consiglio. - Allora avrete certezza di quanto io ho esposto e forse mi saprete grado. - DUCA. La franchezza del vostro parlare mi accerta, e il vostro Duca terrà memoria di questo segnalato servigio. - Ma perché volete tacere il vostro nome ? BONAVENTURI. Perdonate, eccellentissimo. Io non posso palesarlo. DUCA: Sia che volete. - Domandate una grazia al vostro Duca. - BONAVENTURI. (Una grazia!) Poiché me la offerite , io vi domando: « Un salvacondotto che possa » recar salvezza a me ed a ciascuno della mia famiglia, e che valga a liberarne da qualunque potenza d'Italia qualora cadessimo nelle sue mani di giustizia.» - DUCA. Che mi domandate mai ? BONAVENTURI. Questa grazia o nessuna. - DUCA. (Dopo momento d'esitazione) Ebbene l'avrete. Intanto potete rimanere ín Palazzo, chè io avrò bisogno di voi. - Lo sgherro verrà catturato tostochè avrà preso i debiti concerti coll'ambasciator veneziano, al quale è necessità, ch'io esponga il fatto e il mio risentimento. - (Il Duca chiama:) Leonello! - (compare un paggio.) Venga il Bonaventuri. - BONAVENTURI (Che è mai ?) (Nel punto in cui entra Piero Bonaventura Giovanni Bonaventuri si colloca in modo da non esser veduto in volto dal figlio e si conserva in quest' atteggiamento sino all'istante in cui il Duca si ritira.) SCENA IX. DUCA, GIOVANNI, e PIERO BONAVENTURI. DUCA. (a Piero che si avvanza) Piero ? - Pensate a far provvedere quest' uomo di una camera in Palazzo. - Durante la mia assenza darete gli ordini per le occorrenze di corte, chè da quest'oggi vi conto fra i ministri principali di Palazzo. - PIERO. (lo Ministro ?) Eccellenza, io vi rendo le dovute grazie, e vi rinnovo il mio ossequio e il mio attaccamento. - DUCA. Bianca verrà con me oggi alla villa di Poggio colle dame e col seguito. - PIERO. Sì, eccellenza illustrissima. - DUCA. Provvedete a questo vostro concittadino. - Io debbo occuparmi d'altre faccende prima di partire. - La nuova vostra carica verrà dichiarata ai vostri colleghi. - PIERO. Eccellenza, io vi bacio le mani. - (il Duca parte) (fra sè) Questo è frutto dell'arte di Bianca - SCENA X. GIOVANNI e PIERO BONAVENTURI. PIERO. (si volge a Giovanni Bonaventuri che sempre sta col tergo rivolto) Signore, io sono da voi. BONAVENTURI. (volgendosi improvvisamente al figlio, con accento tremante lo chiama:) Vile !! PIERO. Cielo!... mio padre... Ah! BONAVENTURI. Lontano da me, vitupero della mia famiglia non toccarmi. NERO. Ala... padre mio! BONAVENTURI. Zitto!... che nessuno senta lo scorno che pesa su di me per esserti padre. PIERO. Che sento io mai? - Io non comprendo. BONAVENTURI. Se Iddio mi avesse fatto morire nei piombi sarebbe stato per me miglior ventura, che schiudermi la via della fuga perchè avessi a vedere l' ignominia del sangue mio. - Allontanati, dico... PIERO. Ma insomma... Che avete a rimproverarmi? BONAVENTURI. Metti la bocca dove altri stampa l'orma, chini la fronte come il mendico che prende il pane dal superbo passaggero che lo ha destinato ministro di qualche sua opera infame, falsi te stesso, e menti alla tua natura e al sangue che ti scorre nelle vene, e mi domandi la tua colpa ? Chi sei tu in questa corte? Oggetto calpestato - che sei tu ín Firenze? un uomo ch'ella sdegna di contare fra suoi figli. PIERO. Ma infine io sono adesso sempre dappiù di quel che voi siete. - BONAVENTURI. Taci: Io so quello che tu sei. - Tu se' lo scioperato che merca l'oro col danno dell'onore, che mentre ode le voce dell'ambizione, non ascolta il grido universale che lo chiama vergognoso. - Sì, tu sei quello. - Pochi giorni prima io andava fastoso che la fortuna ti avesse data occasione di mostrarti eguale a quei superbi di Venezia ; ma pur troppo debbo rammentar con dolore quella gioia passeggera, che in sè covava il tuo obbrobrio e il mio. -Tu hai sprecato il dono della fortuna ed hai calpestata l'umana dignità e i suoi diritti, pur troppo apprendendo l'esempio dai corrotti costumi di questo secolo, da tutta quella turba ignominiosa d'uomini che all' altare impalmano una donna, non già per farne una madre atta ad educare dei figli speranze e puntelli della patria , ma un oggetto di corruzione, un turpe mercato, una sentina di vizi. - Femmine infelici ! che tutto portano il peso dell'infamia , che è vostra, o mariti indolenti, donne che hanno perduta la dignità, a cui Dio le ha elette, per servire forse repugnanti alla vostra volontà - e così la corruzione che s'apprende alle madri da voi avvilite passa ai figli medesimi , e il vostro alito pestifero intanto contamina la purezza delle generazioni. - Lungi da me. - Io ti ma.... PIERO. No padre. - Per Dio vi prego. - Voi non avete letto nel mio cuore, voi non sapete qual proponimento ho fatto or'anzi. - BONAVENTURI. Qual proponimento? se ho sentita la gioja tremare nella tua voce nell'istante che il Duca ti nominò suo ministro. - La gioja nel tradire colei che Dio per sì strane vicende a te volle congiunta. PIERO. E che far doveva? BONAVENTURI. Tutta gettare su lui l'infamia, che egli ti volle mettere sul dosso , rigettare quel dono che racchiudeva il patto infernale del delitto. - Smascherare quel viso impudente e dirgli : Tienti i titoli, io li rigetto - tienti il potere, io lo sprezzo. - Lasciami quella virtú che tu non hai. - Questo dovevi dire tu. PIERO. Ebbene io lo farò. - BONAVENTURI. Tu? sarai capace di tanto ? PIERO. SI. BONAVENTURI. Non lo credo. PIERO. Io lo giuro. - DONA VENTURI. Ebbene giura di abbandonar per sempre questa corte, e di condurre con te la tua Bianca. Questo mi giura, e Dio sia testimonio della tua promessa che ti varrà la vita... giacchl in queste stanze si nasconde lo sgherro dei Dieci spedito qui da Venezia apposta per te. - PIERO. Che dite? BONAVENTURI. La verità. - PIERO. Lo conoscete voi ? BONAVENTURI. Gli ho parlato. - Lo conobbi, e lo segnai quando fui trascinato nelle prigioni segrete di Venezia... Ma lo coglierà la ven- detta del cielo... Intanto dammi questa tua solenne promessa. - PIERO. Si, io giuro di obbidire ai vostri comandi, e Dio mi colga, se questo giuramento verrà falsato. BONAVENTURI. Ora posso perdonarti. - Tu sei ancora mio figlio. - Fine della Giornata Terza GIORNATA QUARTA IL SALVACONDOTTO. GIORNATA QUARTA PARTE PRIMA. Stanza negli appartamenti del Duca. - Tavolo da un lato cogli occorrenti per iscrivere. - SCENA PRIMA. Il DUCa solo, seduto, immerso in profondi pensieri. LA mia vita è spasimo. - La via che corro è sparsa di macerie e di spine... ma innanzi a me vola un lusinghevole fantasma che tuttavia a sè mi chiama, e che io mi affatico e mi affanno per seguitare; felici tà!- felicità !.. A te anelo come l'egro alla salute, ma allora che tu mi sembri vicina, sì d'improvviso dispari a miei sguardi, ch'io vado brancolando in cerca della tua larva, per rimanermi sempre sconfortato e deluso. (pausa) - Eppure... in questa donna pare che ri- posi l'anima mia, e innebriata di lei sola abbia a sdegno tutto quello che aduna il creato. - In questa donna?... Ah sì è in questa donna la felicità ch' io cerco, ma quando la mia mano sta per toccarla... ecco me la sento afferrare ad ardere tutta quanta da un'altra donna che mi ottenebra quel raggio di cielo, e mi grida con una voce cbe scende nel cuore, e vi depone queste parole di spavento. « Io sono tua moglie » Mia moglie?.. e chi è dessa per me? se questo spirito che mi fa vivere non ha pure un'istante scintillato per lei. - Se io repugnante ho giurato, e a quel giuramento hanno mentito il dolore e il pentimento che taciti volarono a Dio, insieme al sì fatale strappatomi a viva forza. - Io debbo amare Bianca, a cui mi congiunse la voce della natura; io debbo amarla - (pausa) ma... e sono certo ch'ella risponda all'amor mio ? Ob! se io fossi misero, mendico, affamato, lacero, e che una donna rivolgesse a questo tapino il suo sguardo seducente, allora io potrei dire: « Costei mi ama » - ma da questi drappi e da questo stemma pallesco apprende la menzogna chi mi avvicina, e Bianca forse?.. (silenzio) No, non può essere... bensì... Ah Piero !... tu mi giungi infesto come il rimorso in mezzo alla gioja di una danza voluttuosa. — E mentre io sospiro e darei la metà della mia vita per sapere se il cuore di Bianca batte per me, per saperlo soltanto, — tu hai già delibata ogni dolcezza ed ora sei pago di porti barriera fra noi. — Ah! sei dunque tu solo il genio avverso che infrange ogni mia speranza! tu solo ? . . e vivi ancora... Oh... che non farei per togliere quest'ansia che mi strugge?.. Tutto io farei, anche un delitto... SCENA II. PAGGIO e detto. PAGGIO (annunciando) Eccellenza illustrissima! - Bianca Cappello vuol parlarvi. - DUCA. Parlarmi? (sorpreso) Venga : (al Paggio che esce) Che sarà mai ? SCENA III. Il DUCA e BIANCA. DUCA. Che avete, madonna? BIANCA. Son venuta per darvi una trista novella... non vi sgomenti questa mia parola, già da alcuni giorni io doveva dichiararvela, ma non ho osato. Oggi è forza che io lo faccia. - DUCA. Toglietemi da queste pene. - Parlate: BIANCA. Invano ho procurato oppormi, indarno ho pregato. - Mio marito ha fisso dí allontanarsi da Firenze, e con tale fermezza, che non piegherebbe a qualunque forza , che tentasse opporsi ai passi suoi. DUCA. E che ? Nuove proposte ? - Oh è ben tempo ch'io sopprima la pervicacia di co- lui. Già da qualche giorno io vi lessi in volto , che un mistero covava nell'anima vostra. (pausa) E che pretenderebbe egli da me? Non l'ho io esanime derelitto accolto in mia corte, e non che ospitalità offrendogli protezione, non io gli fui scudo contro all'ira di Venezia? Non io per lui feci imprigionare lo sgherro dei Dieci che aveva attentato alla sua vita, e che qui si nascondeva per trafliggerlo? Per suo vantaggio quasi non mi resi nemica quella potente repubblica? - Non gli donai cariche? non lo innalzai quando per vostra bocca mi palesò le sue brame ? che cosa io debbo fare per lui di più? guai a chi benefica l'ingrato, guai ! - Ma da questo momento aggraverò su lui quella mano che nudo lo raccolse da terra. - Esca da Firenze, esca, ché io medesimo lo farò scortare, ma per essere tratto a Venezia , innanzi al tribunale dei Dieci , e consegnato al carnefice. Quella repubblica mi saprà grado, sì. - Due prede sono fuggite dagli artigli del suo leone, di una io l'appagherò, e in quella sbrami la sete per ambedue. - Il padre di vostro marito è fuggito , sapete , dalle pubbliche prigioni, e Venezia riclama contro di me, sospettando ch'io l'abbia rac- Colto come feci del figlio. - Vedrà se io sono solito ricettare gli scellerati , e non consegnargli , quantunque miei sudditi , a quelli che offesi hanno diritto di punire chi loro fece ingiuria. - Oggi vostro marito partirà; - Lo giuro che partirà, e voi resterete. - BIANCA. Non irritarvi, o Duca, ma io non posso... DUCA. Voi lo potete, ed io lo voglio. - Quell'uomo non è fatto per voi, Bianca! E certo lo avete scelto quando in voi parlava il delirio e non il cuore.- Dite: potete amarlo ancora? Lo vorreste seguitare? essergli compagna nelle sventure, e nella pena? Dite il vorreste? BIANCA. Ah! mio Duca ! - DUCA. Parlate, parlate: Deponete nel mio seno l'anima vostra ? BIANCA Io non vorrei che Piero soffrisse una sventura al mondo.., ma... pur troppo io sento che adesso mi pesa il seguirlo, per- ch'è mi pesa d'abbandonare questi luoghi. - E' da pochi giorni che io sento questo entro di me, che una cosa necessaria per la mia vita è fatta l'aria di Firenze, che tutto io farei, fuorchè abbandonarla. - È forse istinto della riconoscenza, è forse l'amore che si mette in quel luogo che ne si schiuse a sicuro asilo, è certo un'arcana potenza che da pochi dì qui mi annoda, e tutta mi sconvolge all'idea che io debba allontanarmi... perchè è illecito che io dimori colà dove non è mio marito. - DUCA. Bianca adorata! Voi non lo seguirete. No altro è il suo destino, altro è il vostro. - Egli a morte... BIANCA. Ah no. - Io vi scongiuro. DUCA. Voi a più bella vita. - BIANCA. E qual vita? Io farmi rea del più orribile fra i delitti?.. voi... spingermi a tanto? Quale orribile pensiero è il vostro? DUCA. Voi rea, perchè egli ha osato mettere le impure mani sulla vostra santa persona ? rapirvi alla patria, al padre, e a chi vi adorava e in suo cuore aveva già innalzato un' altare che tuttogiorno ardeva per voi ? Egli sconti il suo delitto. BIANCA. No, non mi ha rapita - volontaria io l'ho seguito ed ei mi assunse a compagna perehè io allora.. DUCA. Lo amavate. - Intendo e fremo. BIANCA. Donna io non potei resistere alla foga dell'amor suo. - Egli immensamente mi amava e tuttora mi ama... DUCA. Sciagurato!... Oggi tornerà a Venezia, - a morte, a morte!! - BIANCA. Qual furore ! Che dite ? DUCA. Bianca ! Hai tu letto nel cuor mio e sentito il riflesso della fiamma che lo arde ? hai compreso qual è l'idea che ne tempra gli affanni e lo sopisce in calma ? Perchè dunque amareggiarmi con parole tormentose ? Vi hanno tali oggetti che da un solo denno essere vagheggiati; disperazione per chi se ne vuol essere il solo possessore e sente dirsi: « Tu hai un più fortunato rivale. » Ed ío mi trovo appunto in questo stato. - Io sono geloso. - BIANCA . Ah Duca ! DUCA. E voi pure dovete esser tale verso di me, voi dovete amarmi... BIANCA. Tutto si oppone. Voi non potete giungere ciò che bramate mai ned io - nodi da una parte, legami dell'altra - una mano di ferro nel mezzo che più che può l' uno dall'altra ne respinge. DUCA. Donna! tu parli l'accento dell'amore tu!... Ah ! il più l'ho raggiunto. - Il meno è in mio potere. BIANCA . Ma quei nodi ? DUCA. lo lí infrango. - BIANCA. Quella mano ? DUCA. Io la mando in frantumi. - BIANCA. Che dite ? DUCA. Voi sarete mia per sempre. BIANCA. Zitto ! che andate sognando ? DUCA. Sogno ? realtà è questa... Piero a Venezia nelle mani dei dieci... BIANCA. Giammai, giammai. Questa minaccia mi raccapriccia... DUCA. Zitto !. Voi sarete libera da ogni nodo. (La Duchessa compare sulla soglia della porta a destra.) BIANCA. E che avrete fatto con questo ? DUCA. Poco. - Amore farà il resto. E' necessità , a voi tutto io pospongo - A voi (la Duchessa abbattuta si ritira) tutto io cedo.. - vedete questo stemma ? Esso s'innesterà nel vostro. Questa Fiorenza ? - a voi s'inchinerà. - BIANCA. Oh chi parla per la vostra bocca quest'oggi? Io non v'intendo o non debbo intendervi. DUCA. Ogni riguardo in fondo. - Che fece Arrigo d'Inghilterra? Carlo Magno ? Tu sarai novella Giovanna, nuova Ildegarde... Tutto il mondo ti saluterà mia sposa. (ricompare la Duchessa) BIANCA. L'amore che vi governa è troppo furente. DUCA. Si appaghi. BIANCA. Me... pure trascinate con voi DUCA. Ah ! vieni che io ti abbracci. (La Duchessa si avvanza come per trattenere e perplessa si ferma ancora.) Io non so più resistere a tanto. - DUCA. Tu sarai Duchessa , e non è lontano il sole che tace ti saluterà fra le grida del popolo. - Porgimi la Una mano. - Ah! (la Duchessa improvvisamente si mostra ad ambedue) Cielo ! mia moglie ! (Il Duca si allontana furente) SCENA SCENA IV. BIANCA E GIOVANNA (Bianca alla vista dell'arciduchessa Giovanna allibisce, freme.. rimane qaasi oppressa dallo spavento. - Giovanna si avvanza dignitosa, e prima di volgerle la parola, fissa in volto la Bianca per qualche momento.) - BIANCA. (fra sè) Qual tremito ! quale orrore ! La sua innocenza mi spaventa; la mia colpa mi confonde. GIOVANNA. Bianca? BIANCA. Che mi volete dire ? GIOVANNA. Poche parole. - Io v'impongo d'allontanarvi quest' oggi da questa città. - Di questo mio comando non è necessario che io vi esponga la ragione. - La sapete già. - Guai se vi opponete, guai per voi, per Firenze, per Italia tutta. BIANCA. Quali parole ? (fremente) GIOVANNA. Chinate quello sguardo, serpe velenoso, lezzo di brutture... La mia lingua non trema in insultarvi. Ogni mia voce d'ira è la voce della divinità oltraggiata, dell'onestà offesa, di una donna infine che riclama i suoi diritti e svergogna l'obbrobriosa che li calpesti. BIANCA. Che pretendete voi ? Che volete ? GIOVANNA. Tutto che posso. BIANCA. E che potete? GIOVANNA. Scacciarvi di qui e imprecare su di voi la vendetta di Dio. - BIANCA. Duchessa ! Bando ad ogni insulto. - Qual potere voi abbiate su di me, sarà agevole vedere. - GIOVANNA. Sapete chi mi son'io ? Una sola mia parola , una querela farebbe da oltremonte piombar mille uomini su questa terra a vendicar l'oltraggio mio. Cognata a Massimiliano, io potrei pur qualche cosa sui destini d'Italia, una cui figlia sì addentro nel cuore mi colse. - Allontanatevi dunque per miglior ventura. BIANCA. No. GIOVANNA. E ardite opporvi? BIANCA . Voi non potete nulla. GIOVANNA. E chè pensate di fare voi qui? BIANCA. Tormentarvi fino alla morte. - Vendicarmi di voi che pure mi avete offesa. L'onta ricevuta in cambio di conforto nell'ora del dolore e della disperazione non si dimentica mai, ed io penso a rendervi offesa per offesa, dolor per dolore. GIOVANNA. Voi dunque avete congiurato al mio danno? BIANCA. Sì - ma voi siete potente, chiamate una mano dei vostri. - Gridate al soccorso, e fate rivolgere le punte contro al mio petto. - Io sto qui, come vedete: intrepida. - Su gridate - ma... tremate voi ? perché? GIOVANNA. Ah ! voi siete pur terribile ! che pensate di fare? BIANCA. Ve l'ho detto. GIOVANNA. Forse il Duca ha pronunciata una condanna contro di me ? BIANCA. Non so nulla - ma certo qualche cosa di orribile vi attende. - GIOVANNA. Dio! che dite ? BIANCA. Gridate al soccorso... GIOVANNA. Il vostro riso di scherno mi uccide. - Io non merito questo... Io sono l'offesa. Voi, signora, or'anzi avete acconsentito ad un delitto di sangue, ed io era la vittima segnata . - Dal labbro vostro uscivano delle parole terribili, e nel mio cuore tutte venivano a piombare. - Non è alterigia la mia, è la natura che grida per la propria difesa, chi vi parla è una donna che palpita alla vista di un pugnale alzato su di lei. - A voi forse non pare d'avermi oltraggiata, d'aver meditato una colpa, d'esservi resa orribile agli sguardi miei, ed a chi vi avesse udita? Al mio lamento quello ancora si unisce del vostro marito che, spaventato, ed avvisato forse da una voce segreta inorridisce in pensare a quella donna cui tutto si offerse, a cui tutto sacrificò per essere rimeritato... con che ?.. Ah ! voi pure tremate adesso. - Si , avete calcolato la morte di colui che vi amò tanto, e l'avete osservata con compiacenza, illusa da queste inutili pompe e da queste pareti, fra le quali l'uomo rare volte può vivere incontaminato e felice... Bianca ! BIANCA. (Che momento è mai questo!) GIOVANNA. Non vi minaccio io più -io vi prego - E' Iddio che vi parla per me, che vi strappa dall'abbisso che vi apprende la via della virtù cui ancora potete raggiungere... voi avete meditato un delitto per toccare una meta, che l'ambizione vi fe' sembrare invidiabile.- Ah! specchiatevi in me, e me compiangendo, vedete la miseria del fine a cui ambite. - Non è timore che mi fa parlare - non è amor per la vita che giì mi è venuta in fastidio dacchè veggo svanita ogni ombra di bene... e voi l'avete fatta svanire... togliendomi quell'uomo che io amava. - Ah! compiangetemi, e queste mie parole discendano nel cuor vostro, e valgano a renderlo qual'era egli negli anni di vostra fanciullezza, mondo da ogni labe, ingenuo come Iddio lo ha creato. (I) - Bianca ! Guardatemi in viso. - Ah voi siete commossa... voi piangete - Dio! ti ringrazio. - BIANCA. Duchessa ! (tanta virtù mi commove) (I) A queste parole di Giovanna l'aspetto di Bianca significherà le impressioni e gli affetti dai quali è combattuta, e l'improvviso passaggio dallo sdegno e dal dispetto al pentimento ed alla sommissione. GIOVANNA. Parlate: BIANCA. Il mio cuore, lo giuro, non fu mai vinto dall'idea del delitto come la vostra mente paurosa potè immaginare.., bensì ho vagheggiata una meta orgogliosa e ne sentii in me la compiacenza. - Nè sola fu l'ambizione, ma gratitudine ancora che mi associò grado grado, e senza che io mi accorgessi di quanto avveniva entro di me, a quell'uomo che mi raccolse infelice... ed inchinevole a suoi voleri potei un'istante solo ravvolgere in mente l'orribile necessità di una colpa. - Duchessa! io vi ringrazio... voi mi avete ritratta da quel pre- cipizio... e adesso perdonatemi... prima che io mi allontani da questa corte... quest'oggi medesimo io partirò, ché più non voglio funestare i vostri giorni colla mia presenza. - Nè di questa mia risoluzione vado debitrice a voi sola. - Un uomo, che a voi non è noto, già da più giorni mi esorta a questo passo. - Io esitava... voi mi avete francata e vi ringrazio. - Di questa mia risoluzione darò avviso al Duca - la deporrò in questo foglio. (si avvicina al tavolo, e scrive una lettera ) GIOVANNA. Il mio cuore pare che batta più libero. BIANCA. In guisa gli manifestai il mio proposito che non vorrà certo opporsi. (piega la lettera) Il paggio la consegnerà a sua eccellenza. - GIOVANNA. Bianca ! Voi in questo punto siete meravigliosa a miei sguardi. - Io debbo amarvi... BIANCA. Ed io benedirvi. - Deh ! perdonate... se dinanzi ho adoperate con voi le parole dell'ira e dell'insulto. - Ma era la vergogna e il dispetto che parlava, era la rabbia di essere stata colta nella colpa. Perdonate. GIOVANNA. Io vi abbraccio BIANCA. (Qual contrasto!) GIOVANNA. Voi mi avete ridonata la calma. BIANCA. E a me voi la virtù e Dio. (Si distaccano e si allontanano per parti diverse) GIORNATA QUARTA PARTE SECONDA. Appartamenti di Bianca SCENA V. Entrano Giovanni e PIERO BONAVENTURI.

BONAVENTURI. Noi drizzeremo il nostro corso verso Roma. Vedremo qual aria vi spirerà, e se colà ancora non ci sarà dato di vivere sicuri, e quel che più preme indipendenti, volgeremo altrove i passi nostri. - Abbandoneremo l'Italia se farà d' uopo, lontani piangeremo le sue sulle nostre sventure. - PIERO. Ho promesso, ho giurato, farò quello che il vostro labbro mi comanda di fare. BONAVENTURI. La tua parola esce in guisa dal labbro tuo, che parmi dia una solenne mentita a quella promessa. - Tu operi per consenso non per tua virtà mai; ancora ti agita la voce dell'ambizione, nè l'anima tua ha saputo un momento rispondere alla mia, figlio degenere.- PIERO. Non è l'ambizione che mi soffoca il coraggio in petto è bensì il prospetto dei non dubbj pericoli a cui ci avventuriamo e il timore... BONAVENTURI. E che timore ? PIERO. Bianca da qualche giorno asconde un segreto certo, alle mie domande, alle mie parole o non risponde o a tutt'altro di quel che io vorrei piega il discorso, e quando di questo repentino allontanamento io gli ragiono senza una parola indispettita mi lascia... Io non vorrei... BONAVENTURI. Che ? di pure. PIERO. Recar fastidio a colei... BONAVENTURI. Taci: che tu mi fai rinnegar la pazienza. - Io ho parlato a Bianca, l'ho interrogata, ho tasteggiata ogni parte del cuor suo , e certo non la trovai inchinevole gran fatto a questo mio divisamento, - ma e per questo dovremo rinunciare alla nostra bella intrapresa? chinare il capo al capriccio di una donna... e quel che pesa accettar quell'abito infame di cui verremmo vestiti,qui rimanendo, e senza una doglia al mondo sorseggiare fino all'ultimo centellino il narcotico liquore, che spegne ogni vampa di virtù, rendendo te docile marito - me vecchio vergognoso - scuotiti, Piero, una volta che è tempo ormai. - PIERO Per me non avete a temere, quel che ho detto sarà - ma questo disegno è fonte certo di sventurati eventi. - Bianca negherà di venire con noi... BONAVENTURI. Ed ella rimanga.. - Purchè non sia macchiato il nome del plebeo Bonaventuri faccia quello che vuole la patrizia Cappello. - Che importa a me, se il vitupero più e più viene a stamparsi su quell'odiata famiglia, e se da mille bocche verrà l'applauso al nostro nome ? PIERO. Ma questa donna infine... BONAVENTURI. Intendo. - Tu l' ami tuttora e ti rincresce di perderla... ma dimmi. Se ella rifiuta di seguirti o se ti obbliga a patto di scorno a rimanerti qui con lei, puoi appagarla e il devi ? - Tu non hai diritto di forzare la volontà altrui... ma e per questo dovrai obbligare la tua propria? bensì devi prima far uso di tutti l'autorità che in te fu stampata dal suggello del matrimonio , tu devi ammonire quella donna, nessun mezzo lasciar in tentato perché la sua natura si risenta, perchè la sua mente s'illumini , perchè la sua volontà annuisca alla tua. - Se poi tutto riesce a vuoto è giuocoforza abbandonarla a sè stessa. PIERO. E qui lo scoglio a cui ogni mia forza vien meno. BONAVENTURI. Ebbene goditi codesta perla, che ti ama sì, da renderti servo delle sue brame, da prostituire il tuo decoro col suo. - PIERO. Ma io non credo... IIONA VENTURI. Sei cieco tu, o ad arte volgi altrove lo sguardo quando vedi la pecca?.. Che il Duca sia innamorato di Bianca , non è mestieri ch'io te lo ridica.- Ogni sguardo vede , ogni bocca mormora, ogni beffardo ride sotto cappotto. - Tu solo te ne stai tranquillo. PIERO. Tranquillo ?... non lo so essere. - Il Duca pur troppo è preso dell'avvenenza di Bianca;- Fremendo taccio, non essendomi lecito mostrare aperto rancore, perchè alla finfine a lui io debbo la vita, a lui la sicurezza, e per lui forse mi attendeva una cospicua meta. B0NAVENTURI. Ecco il tarlo che sì addentro penetrò nelle tue midolle da farti ripetere queste ribalderie a me in faccia . - Orsù nessun tempo in mezzo. - Oggi sarà l'ultimo dì che noi ce ne staremo in Firenze. - Se Bianca ne segue... miglior ventura, se no... nessuna querela al vento. - PIERO. Se devesi partire o con Bianca o con nessuno - ma il Duca si opporre senz'altro, e sventura per voi e per me senza un vantaggio al mondo. - BONAVENTURI. Di questo a me ogni pensiero. - Non v' è forza in Firenze che possa porre inciampo ai passi nostri... fuorchè un tradimento - Tu non sai tutto - chiamami Bianca, io stesso le parlerò. PIERO. (chiamando un Paggio) Recati alle stanze di Bianca; dille che noi l'attendiamo qui- (Il Paggio per escire s'incontra con Bianca.) PAGGIO, Ecco madonna. - (parte) SCENA VI. BIANCA e detti. BONAVENTURI. Bianca ! BIANCA. Che volete? BONAVENTURI. È una domanda che vi faccio, è una scelta che rimetto al vostro arbitrio. - Piero ed io quest'oggi partiremo per Roma... Restate voi, o vi degnate farvi nostra compagna ? BIANCA. Quale domanda ? BONAVENTURI. Rispondete: BIANCA. Se Piero si allontana, perchè non lo dovrò seguire ? PIERO. Che sento ? Bianca!dì tu da buon senno ? BIANCA. Posso volere altrimenti ? BONAVENTURI. È quest'oggi che si ha di partire... il sapete ? BIANCA. Sull' istante, se è possibile. - Anzi lo vorrei. - BONAVENTURI. ( Quali parole ! ) Voi sarete appagata - tutto è già disposto - non mancava che il vostro assenso. - BIANCA. Esso non dovevasi neppure interpellare, E' legge la volontà di chi è marito. BONAVENTURI. (Non so intendere). Andiamo adunque; - Le cavalcature sono ai nostri ordini. - PIERO. Avete provveduto a tutto? BONAVENTURI. Sì. - Poniamoci prima ad armacollo la nostra spada. - Voi, Bianca, vestite la zimarra da viaggio. - BIANCA. (Gl'istanti volano) E' necessità far presto. Andiamo. - (partono) SCENA VII. La scena è vuota, indi entra il DUCA col PAGGIO che si ferma in fondo della scena. - Il DUCA con una lettera fra le mani misura a gran passi la camera. - È convulso. - DUCA. (al Paggio) Dov'è Bianca ? PAGGIO. Si è ritirata nelle sue stanze, eccellenza illustrissima. - DUCA. Va, recati a lei - di' che il Duca l'attende qui... No, fermati: (Il paggio si ferma ancora sul fondo. Il Duca solo sul davanti della scena) Che intendo io di fare?.. Perchè son venuto io qui? davvero che non lo so. - Paggio (chiamando) Piero Bonaventuri è in palazzo? PAGGIO. Sì, eccellenza ! DUCA. Bianca è con lui ? PAGGIO. Istanti sono erano qui ambedue. - DUCA. (da se' solo) Tutto è dunque finito ! Bianca lontana da me ? Giovanna ha vinto? Ed io mi starò come il codardo che teme e tace e lascia fare ?... Io ? - Vorrei piuttosto vedermi privo della mia verga ducale, essere confuso tra la folla, morire ! Giovanna! quest'ora d'agonia che fa tremarmi ogni fibra vorrà costarti ben cara. - que- sto martirio mi viene da te - esulta pure... ma sarà per poco. (legge la lettera) « Quella mano che vostra eccellenza voleva spezzare con maggior violenza ne respinge l'una dall'altro. - Non è in me l'appagarvi, nè voi potete tutto che volete. » (fra sè) Io non posso tutto che voglio? Oh,.. lo vedrai. - « Le minacce, le preghiere, il pianto, e più di tutto l'innocenza dell'eccellentissima vostra consorte mi hanno vinta.» L' innocenza di Giovanna ! Le sue preghiere, il suo pianto e le sue minacce! Bianca tu hai troppo sofferto per costei.- Io saprà vendicarti. - « È tempo che io abbandoni questa corte per la pace di tutti... e per la vostra. » Abbandonarmi per la mia pace ! Di' per la mia disperazione piuttosto, per la mia dannazione. Quest'oggi ho deciso d'obbidire alla volontà di mio marito, e con tale proponimento, che esso vale un voto, una promessa a Dio ». Quest'oggi ? e l'ha giurato...Io non posso più. » Vi segno queste parole » perchè non ho il coraggio di venire alla vostra presenza . Infelice ! » Nè voi vogliate mostrarvi a me più mai; lascia- temi partire ». No, non sperarlo. - « Aggiungete beneficio a beneficio, nè toglietemi a colui al quale Iddio mi ha legata ». (prorompendo) Oh questo è troppo! Infine io sono Duca di Firenze. - Io sono arbitro della vita di tutti, un mio cenno è condanna. - Tutto s' inchina alla mia volontà ed oggi comincerò a far uso del mio potere. - L'ora che s'avvanza è terribile per tuo marito, o Bianca! Venezia lo ridia ma - Venezia lo avrà o vivo o morto. - ( al paggio) va, ti affretta. - Piero a me sull'istante. PAGGIO. Vengono essi. SCENA VIII. (Entrano vestiti da viaggio PIERO e GIOVANNI BONAVENTURI e BIANCA MAFFEO è con loro, ha un grosso involto sotto il braccio. - Il DUCA retrocede in vedendoli. BIANCA. Dio ! il Duca... (fra sè (momenti d'esitazione. - Giovanni tiene il figlio per un braccio?... Il Duca li osserva cupamente.) DUCA. Qual pensiero è il vostro ? signori. BIANCA. Avete ricevuto quel foglio, eccellenza ? DUCA. Si... ma fu scritto troppo tardi. - Un nuovo ordine di Venezia ha rovesciato ogni vostro piano. - BIANCA. Che? DUCA. Ho data la mia parola. - Debbo rimandare a quella repubblica Piero vostro marito. - BIANCA. Dio ! DUCA. L inutile ogni lamento. - Piero ! disponetevi a partire sull' istante. - la repubblica ed io non pensiamo elle ad appagare le vostre domande - v'era venuta in odio la patria vostra e questa corte - fra poco rivedrete Venezia. - PIERO. Ma che intendo, eccellenza ? DUCA. E appunto così come vi dico ; non più parole. PIERO. Ebbene... Bianca verrà con me. DUCA. No, ella ha da restar qui. BONAVENTURI. Eccellentissimo Duca! DUCA. Credo che voi non abbiate alcun rapporto con costoro. Potete dunque allontanarvi, anzi ve lo impongo. BONAVENTURI. Debbo prima parlarvi. - DUCA. Che? BONAVENTURI. Voi non vorrete certo , eccellenza illustrissima, sacrificare i vostri figli, né darli all'arbitrio cli. quella crudel repubblica... In caso diverso voi sareste il primo padre snaturato, verrebbe da voi la prima prova che amor di patria è un nome vuoto, un sogno, una chimera. - DUCA. Qual ardire ! Chi siete voi? B0NAVENTURI. Un uomo che in suo cuore ha eretta un'ara alla verità ed alla giustizia; ed ha giurato odio ai soprusi ed alle nefandità. - DUCA. Ma che vorreste voi dire ? BONAVENTURI. Che vostra eccellenza rigettando le pretese della terribile Venezia darà la mano a chi ha diritto dí esser giovato del proprio sovrano. DUCA. Questo diritto non compete a chi è reo BONAVENTURI. Lo so. DUCA. Dunque io debbo consegnare a Venezia l'uomo che l'ha offesa. BONAVENTURI. Eccellenza ! voi non dovete nulla, e costoro possono allontanarsi da qui, senza che vi tenga obbligo di rispondere per essi. - DUCA. Costui ha rifiutato l' asilo che io gli ho offerto in mia corte... sventura e danno per lui. - BONAVENTURI. Il rifiuto non sarebbe venuto, se vostra eccellenza non lo avesse provocato, se la dignità dell' uomo non fosse stata esposta a difficili cimenti. - Se insomma l' infelice avesse potuto affidarsi ad una mano senza temere di essere da quella precipitato in un abisso di vitupero. - DUCA. Ah, io v' impongo silenzio. - Leonello (chiamando) A me Corso con sei Alabar- dieri. - BONAVENTURI. Eccellenza, che pensate di fare ? DUCA Venezia provvederà. - PIERO. Ah mio Duca! vi caglia del mio pericolo Desso è estremo. - BONAVENTURI. Taci codardo. - Esso non può nulla su di te. - DUCA. E chi mai in Firenze presume di opporsi alla mia volontà. - Chi lo può? BONAVENTURI. Ognuno, quando l'uomo tradito grida giustizia. - (giungono gli alabardieri) DUCA. Impadronitevi di costui. (mostrando Piero) BONAVENTURI.- Io mi oppongo, eccellenza! indietro ai soldati Quest'uomo non è vostra preda nè lo sarà mai. DUCA. Ma... sapete voi chi son' io ?.. (sorpreso) BONAVENTURI . Si , - il Duca di Firenze. - E vostra eccellenza sa chi son' io presso di costui ? - Io sono suo padre, sì. - Io fui che gli imposi di allontanarsi da questa corte ove correva pericolo di essere sopraffatto dal lezzo e dal morbo che in essa vi domina, e costretto per mercarsi un asilo di sicurezza a vendere la piú bella gemma che risplenda in petto dell'uomo l'onoratezza. - Il vostro sdegno si rivolga pur tutto contro di me, se tanto vi è possibile. DUCA. Voi Giovanni Bonaventuri, il fuggito dai piombi? BONAVENTURI. Sì. DUCA. Venezia mi richiese anche di voi. - Sarete compagno e conforto al figlio vostro. BIANCA. Ah eccellenza ! grazia per loro , grazia! Io ve la domando per quanto avete di piti sacro. - lo non mi tolgo da questa terra senza che il vostro labbro la profferisca. - BONAVENTURI. Bianca! Bianca! Levati da quel posto che ora non è per te. - Credi tu che egli voglia piegare alle tue preghiere, e che per esse si rifiuti di aggravare su noi la sua mano di ferro ove lo potesse? DUCA. Ove lo potesse? BIANCA. Ah mio Duca... perdono. DUCA. Impadronitevi anche di costui (agli alabardieri) BONAVENTURI. Indietro. - e imparate piuttosto a rispettare gli ordini del vostro Duca e il suo suggello. - (Mostra il salvacondotto segnato dal Duca.) DUCA. Oh... che ho fatto io mai!... Ora mi sovvengo. - BONAVENTURI. Lo sdegno, eccellenza, v' aveva mandato in dileguo la memoria. DUCA. Oh va, va pure, che la sventura ti colga, o fraudolente. - Va, Bianca, ma giuro, che con costoro tu non avrai più un'ora di bene. - mai più - Andate: dappertutto v'insegui rà la mia vendetta. - Andate. - BIANCA. Ah mio Duca? BONAVENTURI. Che dici forsennata? - Andiamo. - (L'afferra per una mano e per mezzo alle guardie insieme al figlio la conduce con sè.) DUCA. (fra sè mentre partono) Ah Bianca!..Bianca!..essa Si allontana. - Ah tutto è andato. - Non v'è più un mezzo, deluso, schernito...Io? No, no; - che faccio? - Corso? sia aperta la prigione allo sgherro dei Dieci. - A me si conduca sull'istante. (Corso parte) Io vi do licenza (agli alabardieri che partono) Anche costoro testimonj della mia vergogna. - Ed io... lasciarmi illudere da quell'uomo? Come fortuna gli diede mano? - Venezia! per tuo scorno e mio hai qui spedito questo tuo sgherro che non valse a ferire, e cadde nella mano di un tuo nemico. - O Bianca... tu non mi volevi fuggire. - No. - Oh ti riavrò; n'andasse la fama, n'andasse tutto. CORSO. (introduce lo sgherro Ecco, eccellenza... DUCA. (a Corso) Esci: SCENA IX. DUCA e lo SGHERRO. DUCA Vuoi tu riavere la libertà? SGHERRO. Qual domanda? DUCA. Vuoi tu che io ti ricompri la vita ? SGHERRO. Eccellenza!... DUCA. Vuoi tu riavere la taglia che hai perduta? raddoppiata, centuplicata, un tesoro ? SGHERRO. Eccellentissimo che volete? DUCA. Saprai obbedire al mio comando? SGHERRO. Tutto io farò. DUCA. Tu sarai libero, vieni con me. - Fine della Giornata Quarta. GIORNATA QUINTA LOTTA INEGUALE. GIORNATA QUINTA Stanza terrena di un palazzotto situato in un luogo remoto di Firenze. - Porta da un lato che mette all'esterno. - Sul fondo un finestrone da cui si vede la porta romana. - Rozze suppellettili. -

SCENA PRIMA.

PIERO BONAVENTURI è adagiato sopra un piccol letto con alta spalliera ha fasciato il braccio sinistro. - BIANCA gli siede vicina. - GIOVANNI BONAVENTURI é solo sul davanti della scena colle braccia conserte e immerso in tristi pensieri. - BONAVENTURI. (fra sè guardando il figlio) Tanta audacia, tanto coraggio... tanta fortuna... tutto a vuoto, tutto per nostro maggior danno. - E Dio sa pure che la causa giusta è la mia, sa che io fremo amor di virtù; che il mio petto geme in vederla conculcata, che il mio fine è santo, sì, Dio lo sa. - Eppure non ha voluto fermare il braccio dell'omicida, abbattere il prepotente... e là geme una vittima, e noi tutti stiamo qui aspettando l'ultimo colpo. - Ah forse il cielo sta provando la tempra dell'anima mia. - Oh per sventure non verrà mai meno il mio coraggio; non mentirò giammai all'indole mia, dovessi ardermi le vive carni con accesi carboni, dovessi trarre fino all'ultimo giorno angosciosa la vita in una prigione. - Ma intanto pena il figlio mio e più e più va languendo la sua giovinezza (si accosta al letto del figlio) Piero! - solleva la fronte a me - Più libero ti senti scorrere il sangue? PIERO. Oh, caro padre! - sento che la vita va mancando. - BONAVENTURI. Spera , spera. - Non fu che un colpo, che una scalfittura... PIERO. Ma... BONAVENTURI. Temi forse che la ferita non sia rimarginabile? PIERO. Non più... non più. - china la fronte abbattuto) BIANCA. Dio mio! Qual tetra pallidezza oggi t'infosca il volto? - Deh scaccia ogni timore chè da lui ti viene ogni male. PIERO. Timore? - Ah tu non sai tutto. - Voi (ricolgendosi al padre) non avete ancora compresa la cagione del mio squallore. BIANCA. Cielo! che vuoi tu dire? Tu mi agghiacci tuttaquanta. - PIEBO. Ah non siamo più in tempo. - BONAVENTURI. Ma... a che mirano queste tue interrotte parole? - Parla in nome del cielo. - PIERO. Guardate il mio labbro. - Intorno qual colore vi scorgete? Lividore, ed io mi sento abbrucciare la lingua. - Ah! il ferro era avvelenato. - Io me ne accorsi. - BONAVENTURI. Che vai tu dicendo? BIANCA. Quale spavento! PIERO. Pur troppo!... una leggier scalfittura non potrebbe rendermi si malfermo della persona , se colla punta del pugnale non mi fosse entrato il veleno nel sangue. BIANCA. Accorrete al riparo (a Bonaventuri) PIERO. Non siamo piú in tempo, pensate piuttosto a voi stessi. BONAVENTURI. Ma... di' tu da buon senno? o la tua mente è in fascino? Non sai tu che mi fai cader l'anima a goccie dalla fronte ? PIERO. Io vi compiango, padre. Ah! che mai vi spinse a cedere allo sgherro infame il salvacondotto per la mia vita, quand' essa mi era già tolta? BONAVENTURI. Maledizione al Duca se ciò è vero , ma ancora io non lo credo. PIERO. Ad ogni modo era le mille volte meglio morire, che cedere quella preziosa guardia del salvacondotto; - quand' io ci penso, io fremo ancora. - BONAVENTURI. Ma non sai, figlio mio, che per te solo io me l'era acquistato. - A che mi poteva servire quel foglio, se tu rimanevi vittima degli assassini? PIERO. E non lo sono di fatto? BONAVENTURI. Taci, taci: Caccia in bando questo tuo timore. - Anche senza il salvacondotto mi si parò d'innanzi la via della salvezza; te morto, non v'era piú nulla da sperare! - Fu giuocoforza cederlo, perchè a quel patto solo l'infame sgherro ti concedette la vita; oh perchè non fumino da tanto da opporre forza a forza? ma ne soverchiò il numero e il tradimento solita arme del vile e del crudele. PIERO. Ah Bianca! BONAVENTURI. Chi mai in quel punto poteva prevedere la tua infermità? Oh maledetto destino, chè non voglio accagionare il cielo di tanto rigore a nostro danno. - BIANCA. Tant'ira accanita , così nera insidia per toglierci ogni mezzo alla partenza... e dopo quella notte di sangue nessuno più si cura di questi tre mortali, come se non fossimo in Firenze. -Per vero che non so intendere... BONAVENTURI. Questa è una ragione per temere di più. - Oh se tu Piero , fossi d' un punto migliorato da poter se non altro sopportare il disagio delle cavalcature, e partire tantosto da questo malaugurato paese... qual vantaggio! Prova a sorreggerti - vieni con me. - PIERO. (alzandosi) Ah! Io so muovermi appena, ogni spirito è in me affievolito. - Piacesse al cielo ch'io potessi, malfermo come sono, venire con voi. Qui , più attendiamo, più s'accresce il pericolo. - Il Duca non vorrà ristare da suoi disegni , e ad ogni istante parmi sentire la novella di qualche improvvisa sciagura. - Ad ogni istante la voce del bargello che ne intima l'arresto. - Oh fu ben fatale la stella che guidò i passi nostri fuori della corte ducale. BONAVENTURI. Ah che mira il tuo lamento? PIERO. Padre, perdonate. - Ma su di me tutta piombò l'irreparabile conseguenza di quel disegno forse intempestivo. - BIANCA. Ah pur troppo fu avventato il passo. BONAVENTURI. Imprecate a me pure... PIERO. Padre, perdonate. - BONAVENTURI. Vorrei che la sorte mi mettesse nelle tue vesti, mi accasciasse sotto il peso della tua malferma salute, che ti farei vedere come l'uomo ha da soffrire, quando c'è il prezzo del patimento; come l'uomo ha da morire quando la morte è onorata. - PIERO. Padre perdonate. BONAVENTURI. Basta. Ora è tempo di tentare un'altra volta la fortuna, far forza a te stesso, o Piero, ed apprendere dal tuo pericolo e dal nostro quell'ardire, che suol sempre condurre ad esiti felici. BIANCA. E che pensate di fare? BONAVENTURI. Partire; è necessità. - La tua salute (a Piero) qui non ha un refrigerio. -Forse il Viaggio ti potrebbe donar vigoria, chi sa! BIANCA. No, no, è fuor di tempo un simile tentativo. Ciascun passo gli costerebbe un' ora di vita, e d'altra parte non saremmo per nulla fuor di pericolo. - Se il nembo è addensato sopra di noi, e se dal suo seno gravido di sventura ha da scrosciare il fulmine sul nostro capo , a chi lo ravvolge è facile tener dietro ai passi nostri, e coglierne quando gli torna più in acconcio. PIERO. Pur troppo è così. BONAVENTURI. Voi dunque attendete che sul collo vi piombi la mannaja, e neppure parla in voi l'istinto della difesa ? SCENA II. Entra MAFFEO (il gondoliere dell'atto primo) vestito da staffiere. - MAFFEO. Signori?.. BONAVENTURI. Che vuoi? BIANCA. Dio! tu sei confuso. - Parla: MAFFEO. E qui fuori il famiglio degli Otto. - BIANCA e PIERO BONAVENTURT. Il famiglio degli Otto! (con spavento) MAFFEO. VUOI parlarvi. - BONAVENTURI. E' solo. MAFFEO No, ha con sè alcune guardie, ed è venuto per ordine del Duca. BONAVENTURI. Ecco non c'è più scampo. - Ah figlio mio... Io non resisto... (indi ricomponendosi) No, coraggio! Iddio veglia,- venga innanzi. (stanno aspettando oppressi e costernati senza far motto.) - BIANCA. (da sè) Tutto è finito, Venezia già tripudia del pensier della vendetta... Oh quella notte funesta della mia fuga. - Ella mi sta sempre accosciata nel fondo del cuore... Che momento è mai questo! ed io l'ho voluto.

SCENA III IL FAMIGLIO degli Otto e detti. PIERO. Eccoli. (Entra il famiglio con alcune guardie) FAMIGLIO. » Il consiglio degli Otto chiama innanzi al suo tribunale Piero e Giovanni Bonaventuri. » Ho l'ordine di condurvi con me. - BIANCA. Ed io?.. debbo rimanere forse ? FAMIGLIO. Sì, - non ho alcun ordine che vi riguarda. - PIERO. Bianca! mia Bianca !.. noi siamo divisi per sempre... Ah.. io non posso più. (cade spossato su di una sedia) BIANCA. Piero! BONAVENTURI. Bianca! abbraccia tuo marito. - Egli sacrificò tutto sé stesso per te. - Confortalo in questo momento in cui si segnano tre sentenze: due di morte inevitabile .. la terza di nuova vita forse... BIANCA. Ah no, questa mi sarebbe di peso. PIERO. E mi ami tu tanto ancora? FAMIGLIO. Signori: non v'è tempo da porre in mezzo favorite: PIERO. (alzandosi a stento Deh, sorreggimi, o padre.- La vita cede a tanti colpi. - BONAVENTURI O Dio! posati un'istante sul mio cuore... ho bagnato il volto; Sono le prime lagrime... saranno le ultime. Addio Bianca! PIERO. Bianca! ch'io t'abbracci... BIANCA Ti amo.., come nei primi giorni dell'amor nostro... PIERO. E perderti per sempre... BIANCA. Io voglio seguirti. - FAMIGLIO. No (la respinge) Venite dunque (ai Bonaventuri) PIERO. Qual fatalità!.. Addio ! - (partono. - Bianca rimane sola - si lascia cadere su di una sedia, e dà in un dirotto pianto. - Momenti dopo si alza, e guardando intorno come per accertarsi di una cosa dice:) GIORNATA QUINTA. SCENA IV. BIANCA. Sono sola io qui? - Non so credere a me stessa. - Piero! Piero!.. ora sento che ti amo... e t'ho perduto... sciagurata !.. e il mio cuore ha potuto un giorno cessar di battere per te , ed accogliere l' idea... che orribile, che detestabile idea ! - Il Duca poté un'istante occupare le facoltà dell'anima mia? L'assassino di Piero? - Ah queste lagrime infuocate che mi solcano il viso sono lagrime di rimorso, di pentimento, di amore oh... mai... mai non ha amato Piero come in quest' ora, - oh qual pensiero! Io non lo vedrà più? mai più'. - Io? .. pallido, languente, tramortito ei mi ha lasciata qui derelitta... disperata. - Cielo!.. che si fa di lui? chi lo vuole?... a che si destina? - Io lo veggo - la sua faccia travolta, livida, cascante... E chi lo ha dipinto di quel colore che tutto lo rende squallido? - Egli è avvelenato. - E chi lo ha avvelenato? - Ah le chiome mi si sollevano ritte in fronte - io sudo sangue - (silenzio indi) Chi è colui che con una mano lo afferra per i capegli, e coll' altra gli appunta un pugnale al cuore? - Come è truce colui! - qual' ira gli schizza dagli occhi! - come si compiace dello spasimo che fa soffrire alla sua vittima!.. Chi è colui ? ha il vestito color di sangue, ha nero il beretto , ha una maschera sul viso. - Dio! Dio ! avvolgimi in un denso velo, ch'io non abbia a vedere più nulla. - Ah... fu dunque un delitto l'aver amato quell' uomo ? averlo anteposto a chi mi ha dato la vita? Fu un delitto, e ben grave... se così severamente noi fummo puniti. - Ah! da quella notte non un'ora di pace, non un sonno tranquillo mai, - spavento , sangue , pugnali, assassinj, veleno... Ecco in che trascorse la mia vita da quella notte in poi. -E adesso?.. oh questa è l'ultim'ora. - lo non voglio veder più nessuno, io voglio piangere e pregare, pregare e piangere (entra il duca avvolto in un mantello oscuro) e morire !.. sì... GIORNATA QUINTA. SCENA V. DUCA e detta. DUCA. No! - ( accostandosi a Bianca e sviluppandosi dal mantello) BIANCA. (manda un acuto grido di spavento) DUCA. Bianca! BIANCA. L'assassino... DUCA. Che andate dicendo? BIANCA. Il venefico... DUCA. Bianca! BIANCA. Il carnefice... chi siete voi 2 che volete? DUCA. Quali accenti sono i vostri? BIANCA. Che pretendete da me? DUCA. Amore. - Adesso potete appagarmi, - quella mano che ci teneva divisi è quasi tutta spezzata. - BIANCA. Ora potete spezzar me pure - Si, spezzarmi, ciò ad altro non valgo che a spin- gere l'uomo al delitto. - DUCA. Ma qual linguaggio è il vostro? BIAYCA. Datemi Piero - restituitemi Piero - E in che vi ha offeso colui? DUCA. Piero?.. non nominarlo. BIANCA. E' mio marito, eccellenza. DUCA. E tanto vi sta a cuore colui? BIANCA. Sì, tutto io darei per vederlo in questo momento - tutto perché voi foste lontano da me le mille miglia. - DUCA. E che... mi odiate adesso? BIANCA. Sì, vi abborro, farei di più se lo potessi. - Dovrei forse amare un uomo che fa uso d'ogni sorta di scelleratezza , che tutto fa servo alla sua prepotente volontà, che non ha un cuore che dia un palpito alla vista dell'uomo che soffre! - che è crudele, e bassamente crudele! DUCA. Ah Bianca, io non era tale. -, BIANCA. E chi vi ha fatto così? DUCA. Voi. - MANCA. Io? fiamma dal cielo sul mio capo. - DUCA. Ma ora potete mansuefarmi, mettermi nel cuore la vírtù, insegnarmi la pietà, ogni bella dote, voi. - BIANCA . Come? signore. - DUCA. Quel che è passato è passato. - Piero non sia più nulla per voi. - Pensate ad amare me solo, e mi vedrete cambiato. BIANCA. Ebbene vi amo, ma datemi Piero. - DUCA. Non state a pensare a colui - non nominarlo; ve l' ho già detto. - Per lui io sono geloso, crudele, venefico - per lui mi è necessità il delitto. - Egli perisca ed io sarò rigenerato, ei si tolga dal mezzo di noi; egli sarà il prezzo del mio riscatto.- BIANCA. Duca ? DUCA. Ah voi siete ben crudele, o signora, se non avete pietà ancora della mia situazione, se non sapete rispondere a chi vi mette in cima d'ogni suo desiderio , d' ogni suo bene, di tutto. - BIANCA. Ah no - non isperate più nulla da me - QuanD' io penso che un' istante ho potuto... No - No - vi ho sempre Aborrito io - Datemi Piero - DUCA. Non è in mio potere il restituirvelo Egli è di Venezia - BIANCA. Voi foste la cagione... DUCA. No - Venezia lo ha riclamato - BIANCA. Ma chi lo ha ferito... ed ha tentato d' assassinarlo la notte che viaggiava con me lungi da Firenze - DUCA. Bianca! BIANCA . Cli lo ha reso misero, cadente, infermo? DUCA. Tutto per voi,Bianca !-Il leone ruggendo segue per istinto le tracce del malaccorto viandante che gli ha rapita la preda dal covo, e lo addenta quando lo trova e lo fa in brani ; E per voi avrei fatta in pezzi qualunque forza armata, avrei, troncate le mani, combattuto col petto , co' denti avrei lacerato chi lungi con sè vi trascinava - E voi non avete compreso ancora che 1' amor mio è furente , ineffabile , trascendente ? Compatitemi : Io sono ai vostri piedi - Amate il vostro duca , e voi sarete duchessa Venezia chinerà il capo innanzi a voi , chi ora tanto vi aborre, e vi carica di contumelie, allora rispettoso pronuncerà il vostro nome. - A me vicina sul trono ducale, sarete la stella della Toscana , il sole d' Italia - BIANCA. ( Qual' amore ) Io non trovo più me in me stessa - Io ho bisogno di essere soccorsa -) DUCA. Bianca? parlate: rispondete: BIANCA. Pensate a vostra moglie. DUCA. Anch'essa sparirà fra poco - sappiate... nelle... sue vene... BIANCA. Oh Dio ! - non mi fate inorridire... Povera innocente ! DUCA. Tutto piomberà nel passato - solo il futuro è per voi raggiante di gloria - venite con me sul seggio. - BIANCA. Ah... è lordo di sangue... DUCA. Il tempo laverà ogni macchia - BIANCA. (O Amore ! sei pure atroce talvolta) -- Alzatevi, o duca. -- DUCA. Sarete duchessa ? (s'odono delle voci interne) DUCA. Che sento ? BIANCA. Quali voci!

SCEVA VI.

Sentesi la voce di PIERO dentro le scene. PIERO Ch'io la rivegga per l'ultima volta. BIANCA. Cielo !.. è Piero. DUCA. Che è mai questo ?... BIANCA. Ah vieni , Piero - Duca partite - Io voglio abbracciarlo incontaminata - La vostra presenza gli sarebbe fatale quì - Partite: BONAVENTURI. (di dentro) Il duca è in quella stanza ? - Ferma, o Piero, quella donna non è più degna di te, se ha accolto il tuo carnefice nel luogo del tuo martirio - PIERO. Ah! che dite ? BIANCA. Neppur vedermi ! - Duca , partite. Io ve lo impongo - DUCA. No. Io resto - BIANCA. Ah... sento che si allontanano... (fa per escire e chiama:) Piero! Deh vieni. DUCA. (a Bianca) Fermatevi: (tra sé) che faccio io qui? Io doveva partire - ora non sono più in tempo. - Eccoli. SCENA VII. Entrano PIERO e GIOVANNI BONAVENTURI accompagnati dai commissari veneziani e dallo SGHERRO dei Dieci. il DUCA si ritira in fondo della camera. PIERO. Bianca! mi fu concesso ritornare presso di te un'istante... Ecco - tutto è consumato. - Fra poco sarò condotto a Venezia dove... Ah! (cade nelle braccia del padre) BIANCA. La tua mano è di gelo - tu tremi?:come mi guardi spaventato! - Che hai? Piero? mio Piero? BONAVENTURI. Figlio mio! PIERO. Io sento morirmi, comprendo. - E il veleno che mi fa morire - ora non ho a temere più nulla. - Bianca? dammi un bacio... chi è colui ? Egli mi fa spavento. - Padre!deh -toglietelo agli occhi miei.- BIANCA. Mio Piero! PIERO. Ah che venne da te colui? BIANCA. Quanti colpi a questo povero cuore. PIERO. Ah ! (manda l'estremo sospiro e cade) BIANCA. Si soccorra - (Il Duca si avanza d'un passo per vedere) BONAVENTURI. Figlio mio !... non dà piú un battito - Il calice è succhiato tutto quanto - (si rivolge al Duca) Ecco la vostra vittima dissanguata - Tremate alla vista d'un cadavere - È il cielo che vi ha voluto spettatore della sua morte, degli effetti della vostra empietà - Non ardite pro f- ferire una parola - L' assassino non parla n'ai quando ha compiuto il delitto - Voi siete quello - Vi veggo per altro umiliato innanzi a me... Si... umiliato perchè la mia innocenza mi fa grande innanzi a voi - Oh sorridete pure - quel vostro ghigno infernale non mi conturba - No - bensì a voi sarà di turbamento la memoria di quest' ora in quella della vostra morte.., che forse non è lontana... che forse sarà terribile e violenta al par di questa che voi avete affrettata - BIANCA. (scuotendosi dal suo abbattimento) Dio! qual minaccia! - Ah Duca - espiazione... espiazione - (rivolgendosi al Bonaventuri) Padre: perdonatemi - BONAVENTURI. Ah ! non dipende da me il perdono ; se tu non hai colpa o ne sei pentita, lo avrai da Dio - ma bada... DUCA. Cessa una volta - Commissarj della magnifica Reppubblica , conducetelo con voi - (indi rivolto allo sgherro) Al tuo braccio lo commetto - BONAVENTURI. Sì, ministri di Venezia, riconducetemi alle sue tetre prigioni - Ma anche il mio sangue darà peso alla bilancia che sta li- brando le colpe - Oh il dì della ven- detta viene per tutti. DUCA. E la tua vendetta chi la fa intanto ? BONAVENTURI. La mia vendetta?.. la fa il cielo.— Addio, Bianca! BIANCA. Ah padre, che sarà mai di me? BONAVENTURA. Finchè rimani a fianco dell'empio, Iddio non sarà mai al tuo fianco (I commissari lo conducono con loro) BIANCA. Ah! che disse? — io tremo. — Fine del Dramma.