Wikisource:Collaborazioni/SBM/testi/Catalogo della esposizione retrospettiva 1883 Hayez

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R. ACCADEMIA DI BELLE ARTI IN MILANO

F. HAYEZ

ESPOSIZIONE 1883 Edizione ufficiale del Comitato (Seconda Edizione) R. ACCADEMIA DI BELLE ARTI IN MILANO CATALOGO DELLA ESPOSIZIONE RETROSPETTIVA DI ALCUNE OPERE DEL DEFUNTO PROFESSORE DI PITTURA FRANCESCO HAYEZ ECC., ECC. NEL PALAZZO DI BRERA Settembre 1883 MILANO TIPOGRAFIA ALESSANDRO LOMBARDI 1883 COMITATO ACCADEMICO PER LE ONORANZE A FRANCESCO HAYEZ

Bisi comm. prof. Luigi, presidente. Bertini comm. prof. Giuseppe. Carcano nob. comm. Giulio, Senatore del Regno Dragoni cav. Emilio. Massarani comm. Tullo, Senatore del Regno. Mongeri cav. prof. Giuseppe. Pagliano comm. Eleuterio. Servi prof. Giovanni. Valaperta Francesco. Sebregondi conte comm. Francesco, segretario del- l'Accademia e del Comitato.

COMMISSIONE ESECUTIVA PER LA ESPOSIZIONE Sebregondi conte comm. Francesco, suddetto. Dragoni cav. Emilio, suddetto. Valaperta Francesco, suddetto. Al mattino dell'11 Febbrajo 1882, il giorno medesimo in cui toccava l'anno novantesimo secondo d'età, moriva in Milano il professore di pittura Francesco Hayez, da sessant'anni Consigliere dell'Accademia di belle arti, da trenta suo professore insegnante e negli ultimi tempi, anche suo Presidente d' onore. L'Accademia, congregata nel giorno medesimo, all'annuncio, deplorandone la perdita e rammentandone le benemerenze, determinava: che una sottoscrizione pubblica si aprisse, a cura dell' Accademia medesima, per collocare un ricordo monumentale presso di essa: che si avesse a mandare ad effetto una pubblica Mostra di alcune delle sue pitture, affinchè fossero conosciute le non esposte, e quelle, fin dov' era possibile, che ravvivassero la memoria della lunga e gloriosa sua carriera: che, infine, a cura del Segretario dell'Accademia fossero raccolte le note sulla sua vita, lasciate da lui stesso, e in generale, i documenti che lo riguardassero, per esserne fatta pubblicazione a spese dell'Accademia. Alla prima determinazione si provvedeva alla circolare 17 Maggio dell'anno che corre: oggi, colla presente Mostra, si dà adempimento alla seconda: la terza avrà il suo seguito colla prossima pubblicazione degli Atti accademici. Il numero delle opere ebbe a limitarsi alle ragioni di spazio. Il Catalogo va preceduto di alcune ricordanze onde siano meglio noti l'ordine e la varietà dei lavori che, oggi, tornano alla pubblica vista. 3 Settembre 1883. FRANCESCO HAYEZ REMINISCENZE D'ARTE Chi lo ha conosciuto, e convien risalire ad anni parecchi, ricorda ancora il vasto suo studio, della via del Monte di Pietà, gelido e dalla luce grigiastra, anche nei dì estivi, e lui stesso, in veste bigia, allacciata alla persona, il capo coperto da un berretto veneto, aprirvi la porta, per tornare, senza indugio e infaticabile al lavoro ; e quivi, volgervi appena una parola breve, semplice, sommessa, festevole talvolta, arguta sempre, tanto più, quando gli accadeva di narrare alcunchè de' primi suoi anni della, vita d' artista. Non sapremmo, d' allora, dimenticare, cosa per sè d' altronde molto comune, che, giovinetto, correva le chiese di Venezia, prendendo su d' un suo libriccino memorie a schizzo dai quadri più geniali, quali erano i Bellini, Tiziano, Palma, Carpaccio e altri di loro età. La memoria gli era buona: nè mancava dal ricordare le ultime feste della Serenissima, i senatori in parata, il Bucintoro, l'arrivo dei francesi (Maggio 1797), e i saturnali di quella Repubblica scamiciata. Allora il fanciullo doveva aver compiti appena i sei anni: era nato ai 10 del febbraio del 1791. Il cognome lo rivela subito nè veneto, e nemmanco italiano: il casato di Hayez ancor s'incontra nel Brabante. Infatti, la famiglia veniva da Valencienne: adottato appunto nell'età delle prime ricordanze da uno zio materno, FranCesco Binasco, negoziante di quadri antichi, si trovò dal destino tuffato in quell'elemento cui aspirava l'animo inconscio, ma non per quello cui lo zio mirava, cioè, di farne sussidio ai suoi commerci, ma là dove lo chiamavano più nobili destini. Nell' ascoltarlo, poi, ci pareva anche di vederlo cresciuto fanciullo, tra i dieci o dodici anni, di statura poco men che media, timido, raccolto in sè , scarso di parole ma ardente all' opera, in arnese dimesso anziché no, chè non ricco egli era, ma colla maggiore delle ricchezze, l' animo aperto alle sensazioni di armonia delle forme e dei colori. Del resto, i suoi principi nel disegno furono come tutti quelli de' giovani promettenti : frequentava maestri e scuole, mostrandosi fervido al fare, incontentabile della riuscita. Fatta regno napoleonico anche la Venezia, dopo la battaglia d'Austerlitz (1805), associata alle sorti delle altre due principali città del mal ritagliato regno, Milano e Bologna , ebbe un' istituzione d'insegnamento artistico , sotto il nome di Accademia di belle arti, giusta il modulo istesso dello Statuto di quella di Milano (I settembre 1803). Cotesta istituzione comprendeva, oltre l'insegnamento, la concessione pei migliori fra i propri allievi di un assegno triennale con che vivere a Roma per egual tempo. Il giovane Hayez fu dei primi a fruirne: aveva oltrepassato di pochi mesi il diciottesimo anno d'età quando riceveva, nel Giugno del 1809, la sua nomina all' alunnato di Roma. Vi giunse nell'Ottobre con un altro pensionato, il giovane Politi di Udine, raccomandato al Canova e al cardinal Consalvi, che prepotevano, l'uno nell'arte, l'altro nel governo della cosa pubblica. Il Camuccini dominava nella pittura, ma secondo i dogmi canoviani e davideschi, il ritorno all'antichità del periodo romano cesareo. Per tal modo essi avrebbero fatto del giovane veneto uno stilista ardente a misura di sesta, se non fossero stati in lui i semi d'un ribelle, tutelato, com'era, dalla memoria dei primi amori, e già rotto all' operare indipendente avanti di toccare l' arca santa dell'arte, Roma. L'assolutismo rigoroso della linea, la condanna del colore, siccome parte secondaria delle forme, trovarono in lui chi era disposto bensì ad accettarli, ma colla facoltà del libero esame. In ciò tutto il suo avvenire. Non è da credere che il Canova, per un verso, il Cicognara, per l'altro, durassero allora fatica a persuadere il giovane ventenne a concorrere, al premio per la pittura, bandito nel 1811 dall'Accademia di Milano: forse vi anelava in segreto. Il Laocoonte, coi figli, vittima della vendetta di Minerva, ne era il tema. Alla gara ebbe un rivale egregio, non pel nome che appariva, ma per quello che occultava: tuttavia il premio non potè essergli conteso: e il quadro suo rimane ancora onore primo di quella lunga corona di premiati che fu tronca col 1860. La composizione è secondo il poema virgiliano , anziché giusta il tipo scultorio della scuola rodiana : il disegno è puro ; il rilievo sottilmente studiato; il colore volge al pallido, ma non manca qualche tono vigoroso ; dal tutto diffondesi un' armonia opalina, che rimase il carattere principale del suo colorire in contrasto col dipinto rivale, pur esso premiato per eccezione, dove appaiono il fare e i toni del pittore trescante. Per lui quel premio, così prodigiosamente conquistato, più che una grande vittoria, doveva, dal luogo donde lo raccoglieva, essergli augurio che quivi avrebbe toccato i maggiori suoi trionfi. Gl' incoraggiamenti e gli encomi intanto spesseggiavano. ll Canova, fra gli altri, lo riguardava con affetto, più che da compaesano, paterno. Nel 1813, questi istituiva, presso l'Accademia di S. Luca, un premio per la copia del nudo sotto forma storica; vi si provava il giovane Hayez; con lui erano due francesi, ora celebri, l'Ingres e lo Schnetz, il primo suo coetaneo, l'altro di poco minore: la prova dell' Hayez toglieva a raffigurare un Atleta, e vi riportava la palma ; Canova lo presentiva, ma l'esito lo colmava, non meno perciò, di gioia vivissima. Al giovane Hayez animo mite e semplice, aperto e socievole, protettori, colleghi, amici, facevano gara intorno per accoglierlo. Nella Roma del tempo suo la spensierata e gaia baraonda dell'artista e specialmente pel novellino, non trovava ostacoli: era la nota dominante anche per gli studiosi estranei all'arte cui si univano i ricchi e gli sfaccendati, quelli per cercarvi ispirazioni e libertà, gli altri un rifugio contro la noia e le convenienze sociali. Artista, patrocinato dal grande statuario del tempo, indiziato ad uno splendido avvenire, non richiedevasi dippiù per vedersi coronato da amici nostri ed esteri, per vedersi aperte le porte delle case patrizie di Roma, ond'era preparato non solo ad essere artista, ma ad essere l'uomo del suo tempo. Fra i colleghi, l'Hayez ne ricordava molti oltre ai nominati: tra gl'italiani, Palagi, Pinelli, Minardi, Cagliani ; fra gli esteri , Verstappen d' Anversa, il Voogd d'Amsterdam, paesisti, entrambi, e dall'ultimo de' quali l'Hayez ritrasse alquanto della maniera nel paesaggio proprio ; e non uno degli ultimi , l' Overbeck di Lubecca , educato all'Accademia di Vienna, giunto a Roma circa il 1810. Citiamo i più celebri, de' quali egli aveva sempre qualche aneddoto a ricordare; e poiché siamo sul proposito, non si dimentichi il Rossini che ivi conobbe alla Villa Borghese, a lui coetaneo; e, all' atto stesso, per virtù pari dell' ingegno, entrambi sciolti dall' imposta del sangue, concessione allora significante, comechè costasse all'Italia ben molte lagrime. L'Accademia di Venezia, infrattanto, riceveva puntualmente i suoi saggi di pensionato, e lo rimeritava col concedergli il prolungamento della pensione per un quarto anno. Nè il nome tardava a diffondersi: il re di Napoli, Murat, gli assegnava un' ulteriore pensione e insieme duo commissioni di grandi tele. Se non che gli eventi funesti che squassarono, nel 1814, la politica europea, ebbero pure un eco nello studio assegnatogli dal Canova nell'allora soppresso convento di S. Agostino: così gli mancarono e pensione e commissioni da Napoli. Tuttavia il quadro, già da lui terminato, l'Alcinoo, potè giungere a quella residenza reale. Ma a lui non veniva manco, anzi più valido che mai gli era in quel momento, il favore del Canova, arbitro nelle cose d'arte e in grazia alle Corti d'Europa. Fu per lui che, dal 1814 al 1817 potè, chiuso in Vaticano, nel Museo Chiaramonti, celebrare entro cinque lunette a fresco i fasti artistici di Pio VII a pro della restaurata Roma papale, lavori che egli non lasciò se non perché più d'una lauta commissione lo chiamava alla sua Venezia ; dove ne trovò pure altre di decorazione nelle case Papadopoli, Gritti, e per la Camera di Commercio, allora residente nel Palazzo ducale. Cotesti lavori in muro, però, lo lasciavano insoddisfatto. Pittore accurato per indole, cercatore delle forme e della magia del chiaroscuro, non poteva acquietarsi alle impronte rapide e avventurose del fresco, come non seppe, per analogo motivo, acconciarvisi il Vinci. A torto o a ragione, egli soleva chiamar questa pratica dell'arte pittura decorativa a modo di spregio, forse non pensando alle Sale Vaticane e a taluni palazzi della sua Venezia. Comunque sia, egli lasciò scritto che il Cicognara lo incuorasse a metterla disparte. Egli , come lo dimostrò ripetutamente nel lungo suo esercizio, sentiva il bisogno di ritornare più e più volte sul lavoro, nervosità invincibile del rifare e del ritoccare, che soventi ebbe a far dire ai suoi amici , testimoni di coteste insofferenze, non senza conseguenze funeste, che sotto i quadri dell'Hayez ve ne erano almeno uno o due che andavano perduti alla vista de' suoi ammiratori. Per noi più certa cosa appare; era che aspirava viva- mente il novo alito dell' arte, la quale, nella pittura , domandava di staccarsi dalla rigidità scultoria , e invocava il mobile dramma della vita vestito della varietà infinita delle forme e dei colori, in luogo della gelida e monocromatica epopea togata e loricata. In Francia egli si sarebbe accostato al giovane Delaroche: in Italia non poteva che far parte da sè stesso. Fortuna volle che, al principio del 1820, deciso di restituirsi a Roma, egli si concedesse una svolta fino a Milano. Il momento rimarrà memorando: egli doveva avvedersi di subito che entrava in un ambiente grave d' elettricità , in mezzo ad una battaglia di idee insolite e ad una fucina di fatti, che mettevano a sbaraglio le massime obsolete nelle lettere e nelle arti, fatte pertinaci dalla trionfante reazione europea. Ormai, tutti sanno le controversie furibonde che, sotto il titolo e qualificazioni letterarie, insignificanti per sè, spartivano in due, campi avversi la società pensante. Il vero è che l' emancipazione del pensiero era bandiera che copriva l'indipendenza politica. È una pagina di storia che rimane da narrare, malgrado più di uno scritto abbastanza noto. L'Hayez, qui arrivando, vi si trovò nel mezzo, accolto come fu, nello studio d' un antico suo commilitone ed amico di Roma, il Pelagio Palagi di Bologna. Il Palagi, di qualche anno maggiore di lui, era a Milano già da quattro anni, sollecitato a venirvi dal conte di Lutzow, allora ambasciatore d'Austria presso la Corte Pontificia. Per un artista era un momento felice. Morto il Bossi, l' artista dall'eletta coltura ; colpito da paralisi l'Appiani, l'artista dal nobile slancio; ancor nuovo al paese il Sabatelli, venuto insegnante alla Accademia, il campo dell'arte in Milano era sgombro. S'aggiunga che la pace in Europa, ormai assicurata, prometteva il restauro delle finanze private, e gli animi potevano rivolgersi tranquilli alle arti. La capitale del caduto regno napoleonico in Italia, anziché portarne il lutto, folleggiava cogl'incliti forestieri, inglesi e russi principalmente , entusiasti di calcare dopo ben vent' anni il suolo proibito, in mezzo all'alta e vecchia aristocrazia nobiliare che loro aveva aperte a festa le proprie sale. L'Hayez arrivò troppo tardi per assistere a cotesto tripudio apparente: forse fin d' allora ebbe i sentori di quali' avversione verso la dominazione straniera che doveva toccare lo scoppio estremo ventotto anni più tardi. Non si ha che a rammentare di allora il suicidio del Conciliatore, espressione delle nuove idee soffocate nelle spire d'una censura tirannica e dissennata, e gli arresti che allora cominciavano a spesseggiare di persone note per eletta condizione e per alto ingegno. Tuttavia, l'Hayez, principale intermediario il Palagi, trovò largo accoglimento nella società milanese più elevata : l' ingegno suo fece il resto. Una delle prime commissioni fu d'uno dei ritratti per la preziosa collezione dell' Ospedale Maggiore. Il sacerdote Carlo Calvi era morto quattr'anni prima, nel 1816; nell'opera c'è piuttosto la maniera che la reminiscenza, unita a prontezza, facilità, risoluzione : fu esposto due anni dopo a Brera. Troviamo meglio l'artista e intero diggià, in altro lavoro preparato a Venezia, nel tempo medesimo (1820); lo crediamo d'iniziativa propria, ma, qui, subitamente venduto. La tela era di mezzane dimensioni, le figure oltre un terzo del naturale, quattro o cinque : nell' atrio d' un castello medioevale, a piè di una scala interna, era un guerriero, in armatura compiuta, ritto nel mezzo, circondato da tre figure femminili due delle quali adolescenti , in atto di attraversargli le mosse. Era, infatti, il Pietro Rossi di Parma, nell' atrio del castello di Pontremoli, che, nel momento dell'abbandonarlo, chiamato al comando dell'esercito veneto, è scongiurato dalla consorte e dalle figlie a non avventurarvisi. Composizione calma, seria, ma splendida di freschezza giovanile, con un disegno fino, cori un colore lucido, vivo e pur vero, accoppiava le sue grazie femminili, molli, ingenue all'antitesi colle grazie classiche : e per contro, l'impassibilità del Rossi, così risoluto, eppure in atto di sosta , ne faceva un dipinto pieno di passione, e tanto più efficace che trovava un eco negli animi sospesi e palpitanti per gli arresti e le fughe di quei giorni, intremezzati da delazioni e da inganni, in cui erano coinvolti i migliori dei cittadini. Di ciò segno ancor più evidente, tu che non era per anco portato alla mostra di Brera dell'anno, che già uno dei patrizi più noti, vittima politica del tempo, il marchese Giorgio Pallavicino, lo aveva fatto suo. Il dipinto ebbe una ripetizione, con variazioni, trent'anni dopo (1850), pel banchiere Reali di Venezia. Contemporanei, alli Esposizione milanese notavansi di lui tre o quattro ritratti, di quelli che segnano a dito un' artista ; vogliono essere ricordati quelli del barone Ciani, un perfetto cavaliere del tempo, e della nobildonna Paola Zanelli Ruga, una stella della società milanese. Non volevasi dippiù perciò quasi una parola d'ordine corresse sulle bocche di tutti : fu circondato di richieste di lavori. Partendo per Venezia nè portò più d' una con sè. Il suo ritorno a Milano diventava, pertanto, una necessità, e del prendervi, fors' anche, lunga dimora ne sorgeva la conseguenza. L'Esposizione del 1821 ne viene a prova; non uno ma tre dipinti storici di notevoli dimensioni vi recarono il suo nome: uno di essi rimane ancor ben noto, quello del Conte di Carmagnola che, all'atto di avviarsi al supplizio, prende congedo dalla famiglia, raccomandandola al Gonzaga: l' altro, Catmor e Sumalla, episodio dei poemi dell' Ossian, ed ultimo, un Giudizio di Salomone, tutti seguiti delle prime commissioni, per gli ultimi due, qui affidategli dal Cons. De Castillia e del banchiere Burocco; ma ancor piu' significativa quella pel primo, richiestogli, come fu, dal colonnello Aresi, un amico affezionatissimo del Palagi, testimonio del patrocinio che questi al primo presentarsi, su lui estendeva. Onde quella stima ed affetto mutui che si continuarono per lunghi anni, come più d'un evento successivo lo ebbe a dimostrare, malgrado la naturale emulazione che tra loro doveva sussistere. A conferma, ci sia lecito interporre due circostanze: nel 1823, dovendosi compire la decorazione della sala nel palazzo di Corte, detta della Lanterna , dall' Appiani lasciata a mezzo, i quattro spazi rimasti, venivano egualmente divisi fra il Palagi e l'Hayez, il quale vi conduceva a fresco, il Romolo e Tazio al loro incontro sul campo di battaglia e La Corsa dicontro a temi analoghi del primo. Pie tardi, nel 1829, nello studio del Palagi, l'Hayez prendeva copia, a disegno litografico del grande dipinto di lui, pel banchiere Peluso di Genova, cui l' artista bolognese teneva a vanto: era quello del Colombo, reduce della terra scoperta che ne presenta i nativi e gli oggetti ai regnanti di Spagna, Ferdinando ed Isabella. Tornando al dipinto per l'Arese, aveva questo altra ben maggiore importanza per iscuotere le fibre del pubblico; era, prima, un atto di ossequio alla persona dell' illustre concittadino, autore del dramma, il Conte di Carmagnola, apparso alle stampe appunto in quei giorni (1820); onde fin d'allora quella affettuosa relazione personale di lui coll'artista che questi ebbe più volte a conforto, come gli fu gloria nella vita. L' altro interesse del quadro dobbiamo trovarlo nell'ordine delle idee che suscitava; erano ancor quelle che gli accaparrarono le simpatie del pubblico col soggetto del Rossi; imperocchè durava il periodo delle ansie e delle tribolazioni domestiche e le condanne di carcere e di pene capitali, invano commutate, contro quanti andavano in nota per sensi di indipendenza nazionale. Chi è persuaso quanto siano decisivi i primi passi della carriera dell' artista e valgano a spiegarla in gran parte , non ci saprà mal grado se ci siamo indugiati alquanto su quelli di uno, quale fu l' Hayez, il quale si è principalmente formato nell' ambiente intellettuale e civile della città nostra, al tempo cui ci riferiamo. Cotesto identificarsi nel sentimento pubblico gli valse che non eravi quasi casa patrizia o persona ricca e per bene che non si compiacesse di veder allora associato il proprio nome ad alcuna e anche a più d'una delle sue opere, fossero queste d'invenzione o ritratti, che apparivano annualmente alle Esposizioni di Brera. Fu, anzi, a partire da siffatto tempo che queste solennità dell'arte cominciarono a prendere un ampliamento e un credito singolarissimo anche all'estero, tanto che toccarono il sommo circa il 1840; del che, è forza riconoscerlo, il merito principale va dato ai due artisti nominati, tanto che pei visitatori era una festa anticipata il sapere la presenza delle opere loro, e dell'Hayez particolarmente, il quale vi rimase, dopo il 1832, quasi senza rivali per lunghi anni. Altri dirà in seguito, molto meglio di noi, dell'uomo: qui, non ci è davanti che l'artista, anzi soltanto le sue opere, e intorno ad esse, quello appena che ci avanza nella memoria di giorni già troppo lontani , ma tali che , se non altro, la circostanza della Mostra, ci sarà di scusa, nell'invocarli davanti ad una generazione che, in seguito ad altra intermedia, viene inavvertita ad occupare un nuovo posto nel mondo dell'arte. Ci siamo arrestati sul Conte di Carmagnola (1821), pei sentimenti che suscitava; ci verrebbe pari l' obbligo, davanti alla numerosa sua Esposizione del 1822, almeno pel Vespro Siciliano, (1282) che vi ripeteva due volte, l' uno di maggior dimensione, l'altro circa metà del naturale, per la marchesa Visconti d' Aragona. Ma serbava coscienza abbastanza chiara dell'indole propria per non preferire la corda degli affetti teneri e gentili. Vi trovò l'adito nel 1823, per un'altra lauta commissione, quella del conte Alessandro Sommariva: le figure dovevano essere quanto il naturale, e la pietosa storia dei due amanti di Verona, secondo la scena del dramma shakespeariano, in cotesto suo proposito, lo soccorse largamente. L' impressione ne fu potente sul pubblico, non avvezzo a tali scene appassionate nelle dimensioni della vita reale, benché, nell' anno medesimo, le sale di Brera vedessero, pel conte Mellerio, il Carlo VIII al letto di morte di Gian Galeazzo Sforza nel castello di Pavia (1494), nobile e grandiosa composizione del Palagi, alquanto povera d' affetto, e quasi a modo di basso rilievo antico. Invece L' Ultimo bacio di Giulietta e Romeo, sembrò un concetto nuovo ed impossibile di tradurre diversamente. Sono due figure soltanto, presso allo spalto d'un verone; la luce del mattino indora appena l'estremo orizzonte : a traverso la fenditura di una portiera la nutrice sta per ispegnere una lucerna ; e lui davanti che si china a sinistra al volto della fanciulla e colla destra si tiene al davanzale della finestra, donde pende una scala di corda, presto a sobbalzarlo, mentre la figlia dei Capuleti gli si avvinghia al collo, con affetto pieno d'abbandono e ancor mezzo discinta, sollevando le labbra per quel bacio fatale che dà il titolo alla scena. Il dramma ha suggerito la situazione ; il fondo è tutto dell'artista; è un dramma silenzioso ; nulla di scultorio, nemmanco di teatrale, cui allora tanto ancor s'inclinava; invece, un fare disinvolto, una grande spontaneità nelle pose e negli acconciamenti; poi, una sicurezza magica nel chiaroscuro, oggi fatto greve dagli anni, ma allora fresco e vergine, di trasparenza portentosa. Vi sono dei tratti che non si lasciano descrivere, certo è che, in cotesto genere drammatico, e con quest'opera, egli precorreva il Delaroche di citi la celebrità cominciò colla Giovanna d'Arco in carcere (1824). In breve l'opera fu tale che la pubblica voce ne diffuse la fama per tutta Italia. Al momento cui era giunto della sua carriera d'artista, mentre gli sarebbe stato facile vanto designare diggià almeno un sessanta lavori usciti dalla sua mano, e nell' età, ormai al tocco di quel mezzo del cammino, in cui anche gl' ingegni più tardi sembrano avere toccato il sommo della loro parabola, egli ci serbava ancora delle sorprese. Educato, sotto lo sguardo del Canova, alla scuola del disegno rigoroso e sicuro della macchina umana, come di un giuoco che gli si prestava a tutti gli atteggiamenti; signore delle ragioni prospettiche per l'applicazione grafica delle forme ; abile nell' architettura, destro nel paesaggio, non aveva bisogno di sotterfugi per tradurre sulla tela quello che la sua fantasia vedeva : ancor più, coll'esercizio assiduo e pertinace evasi conquistata quell'apparente facilità e quella conseguente rapidità che è propria peringegni più fecondi, come talvolta, ne è anche la debolezza. Una grande memoria lo assisteva, la memoria dell'artista, quella di tenere fissa nel senso riposto della mente, quasi su tavola fotografica, le immagini che hanno colpito lo sguardo, e colle forme le sensazioni del colore. Cosi gli accadeva che pochi segni dal modello vivo e qualche gitto di panni sul fantoccio gli bastassero per dare aspetto completo alla figura immaginata o per ricomporre un ritratto appena condotto a mezzo. Gli studi preparatori per le creazioni di fantasia, lunghi e complicati per disegno e colore, comuni agli artisti dei primi suoi tempi, gli erano rarissimi e per dippiù insopportabili: ne amava meglio l'elaborazione interna : soleva dire che cotesti studi tarpavano le ali alla naturale energia che tutta voleva riversata sul lavoro effettivo. Ben molte volte accadeva di vedere nello studio di lui tele, anche di vaste dimensioni, immuni d'ogni segno grafico, con una testa dipinta di tutto punto in qualche parte di quel mare di bianco, senz'altra traccia talvolta che un filo ond' era fermato il punto prospettico della futura composizione. L'elaborazione preliminare per lui assumeva altro cammino: il tema gradiva tentarlo sotto diversi aspetti; egli faceva movere i suoi personaggi con intendimenti diversi e sotto aspetti diversi per giungere là, dove, dopo un lungo divagarsi, la riflessione meglio lo consigliava. Di qui la ragione di quei molti quadretti di composizione che apparivano alle Esposizioni a modo di piccoli dipinti completi in ogni lor parte, e che, o prima o poi, si riconoscevano in coincidenza colle maggiori delle sue opere, non per la disposizione della scena storica, ma quale una ,escursione intorno al medesimo campo inventivo. In effetto, non erano che tentativi rifiutati, pel dipinto principale, e condotti, invece, a fine quali opere minori indipendenti. Cui fosse stato aperto cotesto suo modo di procedere, non avrebbe meravigliato di vedere all'Esposizione del 1827 due minori quadretti di lui, nei quali, secondo il dramma del poeta alemanno, la Stuarda era raffigurata nel suo Incontro con Elisabetta nel parco di Fortheringay e l'altro suo Incontro col Leicester nell' atto che viene condotta al supplizio. Essi non erano che un accenno al quadro maggiore, in cui osando quello che lo Schiller non osò, né poteva osare, ce la presenta nel momento storico (18 febbraio 1587), e sotto l' aspetto unicamente e strettamente storico , dell'istante supremo allor che sale i gradini del palco di morte. Ci sarebbe facile mostrare quanto l'Hayez, in questo dipinto, apparso nelle sale di Brera, contemporaneamente ai due minori, si tenesse in ogni punto conforme alle circostanze tramandateci dagli storici del tempo. Era un quadro che vinceva tutte le aspettazioni, e per la novità e l'ardimento del tema, e per la varietà degli abbigliamenti e pel numero delle figure, oltre un centinaio. Dello Hayez aveva il disegno sicuro, l'ambiente locale incomparabile, il giuoco della luce potente e magico: nel riguardarlo, l' emozione era in tutti, e del pari al numero degli encomi soverchiavano le commissioni. Non sembrando altrimenti censurabile, lo si appuntava di aver trasfigurate persone allora viventi e ben note nella folla de' cortigiani che assistevano alla esecuzione fatale. Ben povera nota di biasimo che può farsi ai pittori di tutti i tempi e ai quattrocentisti particolarmente. Il dipinto era di commissione di un egregio amatore d' arte, il nob. Luigi de Seufferheld: oggi, dopo oltre un mezzo secolo cinquantasei anni — grazie alla vedova di lui Signora, ricompare nelle sale di Brera. Per chi sa ricollocarsi colla memoria a quei giorni, nulla vedrà d' immutato in esso se non le offese del tempo : cui questo sforzo di ritornare sul passato non è possibile , sarà da augurarsi altrettanto di vita, per rivedere le opere presenti, dopo pari tempo. L' Hayez lo vediamo più intero ed eguale a sè stesso, ed insieme non men meraviglioso, in un altro genere di lavori. Nel 1822 l'editore Ferrario aveva cominciato in Milano la pubblicazione dei romanzi di Walter Scott in forma italiana, a partire dellivanhoe. Tra gli uomini colti e studiosi del tempo se ne suscitò un vero entusiasmo: specialmente dal primo di essi emanava un'aure grandiosa e semplice, insieme ad un calore di passioni affatto ignoto in questo genere d'invenzioni di qui dell'Alpi. All'Hayez, come ai giovani pittori del suo tempo, parve una miniera preziosa e inesauribile di temi storici tanto evidente e completa ne era la sceneggiatura. Forse eccessivo ne era il numero che gli si affacciava all'immaginazione perchè non rivolgesse al disegno litografico, genere, nel momento, di gran voga e trattato in Francia dai maggiori suoi artisti, quanto veniva in lui sorridendo alla fantasia. Cominciato il lavoro, con molto ardore, circa il 1828, lo continuò, non rallentando tanto che vi giunse a fine nell'anno successivo. Fu per lui un caro passatempo serale, mentre riservava alle ore diurne l'esercizio del pennello. A ben pochi tra noi che hanno varcato il mezzo secolo, non sarà accaduto di averle conosciute; sono ventidue disegni di ragionevoli dimensioni, degni ornamenti di parete domestica per la varietà e la naturalezza delle composizioni, per la elezione e l'accuratezza del disegno, e per la novità e nobiltà dei soggetti. Di coteste ventidue pagine , sedici sono consacrate a scene del romanzo; quattro alle immagini de' principali personaggi di esso e due ai ritratti del romanziere scozzese e dell'artista italiano: questi due ne aprono e chiudono la collezione. Fu, entro il medesimo periodo di tempo (1829), ch'egli condusse, in più grande formato e nel modo medesimo, il dipinto del Palagi, Cristoforo Colombo reduce dall'America, di cui già fecesi cenno. Cotesti lavori accessori disparivano dietro la coorte delle sue tele semprepiù ammirate che si succedevano alle Esposizioni di Brera, senza tener conto di quelle che dal suo studio passavano direttamente alle case dei commettenti, sia di altre parti d'Italia, sia dell'estero. All'epoca cui siamo giunti, quando dispiegava tutte le sue facoltà colla Maria Sluarda, non gli era più possibile dissimularsi dove stesse il centro della sua operosità. Le ordinazioni lo lasciavano senza riposo e senza scelta : le composizioni religiose succedevano alle profane, e di queste parecchie richieste in guise diverse, ed ottenute spesso con un' insistenza benevole che somigliava alla violenza. E una nota d' encomio , a questo proposito, gli si vuole; che giammai gli venne meno la modestia di sè stesso, e giammai gli occorse di misurare i compensi al numero delle domande , tanta meno poi al computo della borsa che doveva retribuirlo. Per lui il commettente non era che una cifra: onde il cumulo crescente de' suoi impegni e il sopravanzare continuo di essi di quattro o cinque anni alla possibilità dell'adempimento, nonostante l'assiduità e la rapidità dell' operare, sicchè lo vedevi, non di rado, asserragliato in mezzo a quattro o cinque tele, di misure diverse, in gradi diversi di preparazione, e tutte, quasi, a domandargli un momento d'attenzione, se non un colpo di pennello. Eppure non ch' egli non si recasse per tempissimo, in ogni stagione dell'anno, al lavoro: compiacevasi anzi di dar mano lui stesso all'ordine materiale del suo studio, non meno che agli strumenti e alle materie dell' arte sua , che riponeva accuratamente pel dì seguente al cessare della giornata; lo che era per lo più collo sparire della luce opportuna, o quando affranto dalla stan- chezza, nonostante l' aspetto sempre vegeto e fiorente durato fino agli ultimi anni di vita. Amava il lavoro silenzioso e raccolto; le porte del suo studio, nelle ore antimeridiane segnatamente, stavano chiuse; e se gli era persona nota ed amica , una volta ammessa, tornava, senza più, al cavalletto, quasi sempre ritto della persona, grande e piccola che fosse la tela , lento all' operare ma assorto in esso, non senza certo che di convulso nei moti, gittando appena qualche breve ed asciutta parola all'interlocutore, ed uno sguardo allo specchio che gli stava a tergo: in lui non vedevasi che l'artista. Ma se la qualità o il numero dei visitatori lo esigeva, deponeva il lavoro, e l'artista faceva luogo al gentiluomo. Quella lentezza, del resto, non era che apparente: quelle tele che gli stavano intorno non invocavano mai invano la sua mano: lasciate in tronco per settimane e anche per mesi, con una figura sola o più, qua e là, ricomparivano inaspettatamente coperte per intero e compite, così nelle figure come nello sfondo, con tale aria di freschezza e di sottile fattura da strappare un atto di maraviglia ; al che egli immancabilmente soleva opporre non essere che una semplice abbozzatura. Il trionfo suo nella Stuarda gli fu stimolo ad un indirizzo più ricco e più vario alle nuove creazioni. Chi fin d'allora avesse gittato lo sguardo entro al misurato bensì, ma ben nudrito scaffale de' suoi libri, sarebbesi avveduto di subito che, il terreno su cui consistere, non gli sarebbe venuto manco. Nessun libro frivolo o di passatempo: dalla Bibbia e dall' Iliade egli scendeva agli storici e ai poeti moderni, il Verri, l' Hume, il Robertson, il Michaud, il Daru, e in parte la Biblioteca storica che il Ferrario in quei giorni veniva pubblicando in Milano; poi, fra i poeti, il Tasso, il Walter Scott, il Manzoni, il Grossi, ecc.; e oltre a questi, come facilmente si può immaginare, le pubblicazioni nostre ed estere, mezzo secolo fa scarsissime, riguardanti le costumanze, i riti, gli abbigliamenti della casa e delle persone, come il Vecellio, il Ferrario, l'Herbet e qualche altra che sarebbe superfluo il nominare. Ora, come quegli sa, cui è ovvio sempre il libro antecedere i passi dell'artista, sarebbe stato facile prevedere fin da quel momento per quale cammino si sarebbe l' Hayez avviato nelle sue creazioni. Il sentimento storico, a prevalenza d'ogni altro, lo ispirava. Quarant' anni di lavoro, che tanti ne corrono dalla sua Maria Stuarda (1827) al Marin Faliero, presso a essere decapitato (1867) da riguardare per l'ultimo suo lavoro d'alta levatura storica, quello che fu da lui donato all'Accademia di Milano, rimangono testimonianza continua che non ebbe punto a deviare da codesta linea. Nessuna eloquenza maggiore della semplice enumerazione cronologica delle sue opere che sarà accompagnamento dell'importante pubblicazione delle memorie dettate da lui medesimo, commessa al suo segretario dal Corpo accademico di Milano. Un cenno, anche rapidissimo, ci dilungherebbe troppo dal nostro proposito per avventurarvisi, tanto estesi ne sono il numero e la varietà. Né può dirsi che abbia avuto dei momenti in cui inclinasse più verso un genere piuttosto che verso un'altro: se si tolga la storia della sua Venezia, non ebbe predilezioni. I soggetti storici e i religiosi si rinterzano cogli studi di teste caratteristiche o d' espressione , come le dicono i francesi ; i quadretti di genere colle figure di tipo storico ; e in mezzo a tutti, poi, s'infrappongono i numerosi ritratti, cui chiese il migliore conforto negli ultimi anni di vita. Basti il notare soltanto quello che emerge dall'immenso àmbito della sua operosità per sentirsene sopraffatti. Nell'ordine delle composizioni religiose, ad esempio, parecchie nei primi anni, e forse le meno proprie all' arte sua fatta pei forti e umani affetti, pure vi chiamano l' attenzione tre quadri d' altare: un Cristo Crocefisso colla Maddalena piangente ai piedi (1827), per la chiesa parrocchiale di Muggiò presso Monza: del pari, due altre chiese parrocchiali, quelle d'Iseo e di Castenedolo su quel di Brescia, posseggono simili dipinti, e questi anche di grandezza naturale , come l'Arcangelo S. Michele (1838) per la prima, e il Martirio di S. Bartolomeo (1866) per la seconda, che si vide alla Mostra Internazionale di Parigi del 1867. Ma ci tornano alla memoria alcuni minori quadri di tale specie più conformi al suo genio, una Madre dei dolori, circondata dagli emblemi della Passione (1842), e un Cristo deposto pianto dagli Angeli (1844 circa). Le storie bibliche, nonché avervi analogia, ci fanno risalire alle prime sue opere, e vi ritornò più volte. Di lui non si contano meno in questo genere di un dieci o dodici dipinti. L'Incontro di Giacobbe con Esaù (1844) ne fu il maggior suo quadro: sotto forma di minori dipinti, ritornò, tre o quattro volte, sul Levita d'Efraim (1844 e in seguito). Meglio ammirate furono le sue figure intere e le mezze, tratte dalle pagine mosaiche, Susanna al bagno, Ruth, Rebecca, Tamar, ecc. , ma più che tutto rimase in fama la Betsabea, del 1834, pel cav. Uboldi. Tuttavia, non ne sarebbero stati i maggiori lavori, se gli fosse stato possibile di estendere a misura quanto natura un suo pensiero, al che in altra età non avrebbe mancato, quello della Distruzione del tempio di Gerusalemme (1867) per la ispirazione felicissima e numerosa di figure, ed insieme per la forma prettamente storica. Fu il dipinto da lui donato all'Accademia di Venezia, e da ultimo, trasmesso alla Esposizione di Roma. Un minor contingente de' suoi lavori toccò alla storia della Grecia antica : sono in tutto quattro o cinque : e il primo posto è tenuto da quello di Ettore che nel gineceo rimprovera Paride della imbelle sua vita (1829), pel cav. De Seufferheld. Non si può disconoscerlo, fu nella storia moderna, che raccolse le maggiori ammirazioni. Le Crociate gli diedero argomento del Pietro l'Eremita che predica la prima Crociata (1829), e alcuni anni dopo (1835) ripetè, sotto forma diversa, per uno de' fratelli Taccioli, la predicazione della medesima Crociata, rappresentata da Urbano II e Pier l'Eremita sulla piazza di Clermont che dispensano al popolo le croci, onde segnarsi all'impresa di Terra Santa. Meglio che la Grecia antica, quella moderna ebbe dall'Hayez gli onori del suo pennello. L'insurrezione del 1820-21, chiusa, mercé l' intervento delle grandi potenze marittime del tempo, colla catastrofe di Navarino (1827), era un soggetto molto tentatore per un veneziano che vi trovava i ricordi di lor antica potenza sui mari. La pietà profonda che le sue vicende avevano desta presso tutte le nazioni civili, l' opportunità di sfoggiare le figure e foggie di vestire pittoresche, a lui note fino dalla fanciullezza, fecero il resto per incoraggiarvelo. Anche da quest' episodio storico del nostro secolo egli trasse dieci o dodici dipinti di cui alcuno di ampia dimensione. Non occorre risalire molto indietro negli anni per ricordare la commozione destata dai suoi Esuli di Parga che ripetè piu volte e sotto aspetti diversi (1830 e 1832), e gli episodi della Difesa di Missolunghi (1834) e quelli della Strage di Palrasso (1839) e più d' uno di quei palischermi di greci fuggitivi (1838 e 1839), o di pirati greci (1833) che erano gioielli pieni di ardore e di movimento, condotti, con disegno vivo e spigliato, e avvolti in quei toni azzurrini che si diffondono dai cieli aperti dell'alto mare. Il suo grande cavallo di battaglia, però, fu la storia veneta: i qua- dri tratti da essa sono e i più numerosi e fors'anche quelli dove le particolari sue qualità d'artista sentivano di poter respirare a pieno agio. Come accade non di raro che la virilità raccolga e maturi le impressioni della giovinezza, così echeggia in cotesti dipinti qualche cosa come le evocazioni di fantasmi d'un altro tempo. I Foscari , il Faliero , la Gradenigo, gl' Inquisitori di Stato , il Pisani, e altri che per lui ci passarono davanti più e più volte, dal 1832 infino al 1867, quasi entro uno specchio magico , sono oggi immagini consacrate che non si saprebbero interpretare con diverso aspetto, e rimarranno tali finché l'opera sua non sia dimenticata. In mezzo a questo gruppo luminoso, l'Incontro dei due Foscari, padre e figlio , questi prima di partire per l'esiglio, (1840) tiene uno de' primi posti, insieme al soggetto dello stesso Doge costretto all'abdicazione (1838). La storia milanese fu poco fortunata presso di lui : due o tre quadri in tutto : Filippo Maria che licenzia liberi i re d' Aragona e di Navarra, fatti prigioni, nel 1433, della flotta genovese (1829) fu il solo di qualche importanza. Diversamente di qui, altre città italiane, gli porsero argomenti parecchi di dipinti lodatissimi : come i due amanti di Verona e quelli di Bologna che per lui tornarono più volte davanti al pubblico ; così, Brescia col Ventura Fenaroli (1834) e l'Alberico da Romano (1830) ; Napoli colla Giovanna I accusata di mariticidio (1838); Roma col Papa Ildebrando destituito in S. Giovanni Lacerano (1857); e se poniamo mente alle fonti estere, alla Stuarda (1827 e 1832) succede Carlo V e Tiziano (1832); ripetutamente la signora della Vallière (1838), Ottone II imperatore di Germania e Adelaide di Borgogna (1867), e altri. Se la storia milanese gli fu avara d' ispirazioni, non glielo furono i lavori poetici d'un suo contemporaneo e concittadino che si compiaceva al pari di lui di lasciarsi andare alle fantasie eroiche del medi, evo sotto le forme del poema e del romanzo. Egli è evidente che alludiamo ai Lombardi alla prima Crociata e al Marco Visconti di Tommaso Grossi. È singolare che nel medesimo tempo, per lui non si toccasse punto a quell' altro poema di chi gli era tra gl'intimi personali, che si chiama i Promessi Sposi, forse ne sentiva l'altezza inarrivabile per non temere di recargli offesa, trasfigurandolo con un' altr' arte, fosse pure quella della pittura, che pur tanto egli sapeva signoreggiare. Il Marco Visconti gli prestò fondamento al quadro pel dottor Cavezzali, Bice del Balzo tratta, a cura dello stesso Marco, dal sotterraneo del Castello di Rosate, in cui era stata a tradimento rinchiusa (1838) : fu uno dei dipinti suoi cui pose amore grandissimo. Ma cotesto amore che non mostravasi a parole, perciocchè non ci è occorso mai di udir motto o veder atto di approvazione del fatto proprio, per intero egli teneva in serbo per riversarlo con silenziosa intensità nel lavoro. Il punto culminante di cotesta sua intensità si riscontra nel grande suo quadro La sete dei Crociati sotto Gerusalemme. Il concetto primo gli deve essere venuto dallo stesso poema del Grossi: tre o quattro disegni litografici di sua mano che correvano comunemente nelle fiere tra le stampe di rifiuto, dal 1830 al 1835, evidentemente tratte da cotesti Lombardi alla prima Crociata, ebbero forse a segnare la traccia prima per arrivare al XII Canto cui si riferisce il grande suo quadro. È lecito, anzi, di credere che gli fosse balenato alla mente una illustrazione figurata del poema, al modo di quella condotta per l' Ivanhoe, che circostanze ignote avrebbero mandato a vuoto. Se così è, nulla havvi di perduto, avendone salva l'energia per la grande tela che fu l'opera sua maggiore, nonché quale estensione, ma anche quale sostanza d' arte. Sia comunque, egli deve esservi arrivato per gradi , passando a traverso di prove e riprove a disegno e a bozzi ad olio, alcuni de'quali rimangono ancora. Il partito deciso non poteva sopravvenire che dopo che da lui erasi passato, nel 1835, dalle sale nella casa di via della Spiga a quella vastissima nella via del Monte di Pietà. Rimane nei nostri ricordi di avervela veduta apparire circa l'anno 1812 dove rimase a lungo senza alcun segno se non con una figura quasi intera vestita di bianco che regge un' anfora presso a caderle dalle spalle ; soltanto un disegno dell'intera composizione, sebbene incompiuto, stava vicino alla tela ; quel disegno condotto d' inchiostro di China, terminato dappoi, è quello istesso che, oggi, si conserva nella piccola sua camera da studio nel palazzo di Brera, quivi costituita a perpetuità. La tela misura m. 8 alla base, per 4,30 d'altezza : nonostante il numero delle figure, un cinquanta circa : la scena è di una singolare semplicità perchè unico ed evidente ne è il concetto : nella ricchezza e varietà degli incidenti ne risiede il gran pregio. Forse il primo pensiero fu quello di mettere di fronte i tre personaggi principali del poema, la morente Ghiselda. Pagano, la cagione del lutto della famiglia degli Arvino, e Guelfiero, fratello alla prima, e nipote al secondo, come lo sono nel libro ; ma quello che in questo non è che lo sfondo pei tre personaggi, lo sgorgare intermittente ed invocato delle acque del Siloe e l' accorrere tutto del campo crociato sotto la città per dissetarvisi a gara, per l'artista è diventato il soggetto, non che principale, il solo suo. Quando siasi detto che è un affrettarsi d' ogni dove, per essere i primi al conforto dell'arsura e per recarlo agli altri, onde il riurtarsi di chi ascende dall'antro entro cui l'acqua zampilla e chi vi si precipita dall'alto del dirupo che vi sta a ridosso, e pertanto una lotta da corpo a corpo, tra uomini, donne, giovinetti e fanciulle, un arrabattarsi d'inermi e d'armati, e che vi sia accennato, in alto, su tutti, l'eremita Piero, il guidatore della Crociata, levando la croce in pugno, gridar pace e calma in quel furore brutale , il soggetto vi sarà innanzi completo nel senso plastico. Ben altre sono le passioni in giuoco, anzi non havvene che una sola, l'ansia del soddisfare ad un bisogno dell'esistenza, e la battaglia per esso. L'arte cui il tempo nostro s'avvia che è quella dello sviluppo delle passioni morali e dei segni loro nei lineamenti del viso, quale specchio di quelli dell'animo, non vi si accontenterebbe. In ciò l' Hayez fu l'artista fedele all'età propria. Ma in compenso quale dominio nei movimenti della macchina umana, quale correzione nelle parti, quale spontaneità di disegno, quale potenza di colore, un colore suo proprio, quale verità in tutto, ma insieme quale dignità , quale maestà, nulla di triviale, nulla su cui lo sguardo non ami posarsi, senza sentirsene respinti o stanchi ! Bisogna risalire ai grandi maestri del Rinascimento per trovare la radice e del concetto e dell' atteggiamento di questa grande creazione. Il correre, come abbiamo fatto, pel lungo dell'opera sua d' invenzione storica, ci lascia bensì nella convinzione di avere accennato al lato suo più importante, ma di lasciarne nell' ombra ben altri aspetti. L' uno è quello dei dipinti generici, senza soggetto preciso, qui parecchie scene d' Harem, e molte figure intere o altre a mezzo della persona, o dalla sola testa, sia richiesti dal sentimento religioso, sia suggeriti dalla storia o dal romanzo, non di rado creati dalla istessa sua fantasia, delicate figure queste di bagnanti, e ancor più care immagini di meditanti e di sconsolate, invano rallegrate da una variopinta famiglia di fiori. L' altro è quello dei ritratti, di cui non pochi dalla intera figura o per lo meno, da due terzi della persona, talora portanti il carattere d'una composizione ed il merito di dipinto storico. È lecito affermare es- sere passati sotto al suo pennello, nell'ultimo mezzo secolo, quanto la Società milanese conta di più alto ed eletto. La Mostra, oggi aperta, ristretta alle cose d'intorno a noi, osa vantare a fortuna d'offerirne in segno il fior fiore , dai primi agli ultimi anni suoi: aggiungasi che se abbiamo un ritratto dell' autore dei Promessi Sposi, così ritroso a questa pompa dell'arte oltre le mura domestiche, e se lo abbiamo nei giorni suoi della vigoria virile, lo dobbiamo principalmente a lui. Né in questa splendida schiera debbonsi dimenticare i propri, molte volte e variamente ripetuti, dopo quello del 1850, circa, quando dal mento raso passò, al modo tizianesco, coll'abbandonarlo intero all'onore della barba, del che compiacevasi, infimo a quello del 1877, allorchè aveva già tocco l' anno ottantesimo settimo dell' età - e fu quello che nell'anno medesimo venne per lui donato all' Accademia di Venezia, - e ultimo quello del 1881, rimasto incompiuto nel suo studio. L' Hayez non soleva segnare i suoi dipinti del nome se non raramente, e ancor meno dell'anno loro: si può pensare se facesse eccezione pei ritratti , cui si abbandonava spesso senza pretese anche negli ultimi anni. Da ciò molte incertezze circa la successione de'suoi lavori. Si è però cosi vicini ancora al tempo suo, che i ricordi delle persone note non possono che ravviarci molto dappresso al vero. Ciò che c' inganna mai è l'impronta della sua mano, che mai si studiò di occultare; sicchè nulla si oppone a riconoscerli e a numerarli, per quanto piaccia risalire ai primi suoi tempi. Ora, soltanto pei ritratti cui piacesse di provarvisi, dovrebbe oltrepassare il numero del centinaio di parecchie decine: al che se vuolsi aggiungere quello delle opere maggiori, compresi i dipinti storici, si troverebbe dinanzi allineata una schiera di ben oltre i trecento dipinti, sicuri di ommetterne parecchi, come quelli a fresco, sia dei primi tempi, sia quello vastissimo (1836-37) per la grande Sala delle Cariatidi nel palazzo di Corte in Milano. E i disegni? - Ci sarebbe, qui, da non finire prontamente. Le sue cartelle dovevano rigurgitarne, malgrado le solite dispersioni e distruzioni: per lo manco, di conservati e custoditi ci sopravvanzano numerosi i disegni suoi per albo, cui si abbandonava colla maggior prontezza e senza quasi farne caso. Quando non altri si avessero, i pochi esposti, contate le note litografie , basterebbero a farcelo conoscere eminente anche sotto cotesto aspetto. A quel modo che, oggi, si vuole essere meglio veggenti di qualche lato debole dell'opera sua, per ragione di equità non si dovrebbe chiudere gli occhi sulle singolari e alte sue doti d' artista. Egli non presunse mai di tralignare dal passato ; si tenne contento d'essere un'impronta del tempo suo: ed egli rimane, in Italia, certo uno degli egregi chè meglio identifica lo stadio intermedio del secolo. Si ponga mente all' influenza che esercitò dal 1830 in poi ; alle condizioni in cui ricevette la pittura nel 1810 o 12, allo stato in cui la lasciò dopo il 1860. E l' influenza sua, l' influenza dell'artista, la più legittima, quella che esercita roll' esempio più che coi precetti, fu grandissima singolarmente prima del 1851, dopo del quale anno entrò insegnante nell'Accademia. La generazione presente porta ancora i segni della fonte cui si è largamente abbeverata, per quanto piaccia alle generazioni, in ogni età, darsi affanno per spogliarsi del debito di riconoscenza verso gli antecessori e maestri , forse nella errata fiducia di assicurarsi quel merito d'originalità che in opera umana qual sia non si riscontra mai, e tanto meno nell'arte. Insegnante officiale della pittura nell'Accademia nostra, fu ascoltato, fu amato, e l' autorità sua vi rimase inalterata. L' indirizzo dei sorvegnenti, però, piegava ad un lato diverso : c' è sempre lo stimolo del nuovo per muovere anche i meno audaci; egli, disegnatore convinto e irremovibile, non avrebbe potuto far concessioni di sorta ; non lo dissimulava, accorto com'era, più di quanto paresse, della nuova fase in cui l'arte entrava: onde, più cortese che persuaso, abbondava nell' indulgenza, mentre nutriva per conto proprio più rigidi principii. Dove accadesse di alludere seco lui ai nuovi modi che levavano il capo, correva difilato al fatto proprio , e troncava ogni ragionamento colla frase: u Io non posso insegnare che quello che so e'; parole cosi naturali da sembrare insignificanti se non racchiudessero, anzitutto, molto di modestia. e altrettanto di ammonimento a coloro che si danno vanto di possedere il segreto dell'avvenire, quello che sfugge alle combinazioni dell'intelligenza umana. Per altra parte, se è vero che certa quale originalità nell' arte sia il caso più raro nel tempo nostro, dove nulla havvi d'intentato, cotesto merito non può essere conteso al nostro artista. Qualunque pur ne sia l'atteggiamento assunto, ei ne possiede uno che lo distingueva dalla seguenza degl' imitatori e degli scolari, non che dagli stessi suoi contemporanei. Non vale la cura di arrestarsi a notarne i punti tanto sono evidenti , inerenti in lui e che rimarranno per designare un tipo sotto le diverse sue forme. L' Hayez è indubbiamente l' uomo dell'ieri, come lo sono tutti i grandi del passato, risalendo pure a quegli astri fissi dell' arte che si lasciano scarsamente segnare a dito nell' empireo dei secoli. Ma la sua è l' esistenza d'un artista compiuto, la quale chiede di tener il posto che le compete nella successione di quell'operosità artistica che è un fatto perpetuo. Qualora l'Esposizione nostra, oggi aperta, d'una parte limitatissima de' suoi lavori, valga ad affermare cotesto posto al suo collega antico, al professore suo insegnante e da ultimo, al suo presidente d'onore, il voto dell'Accademia che l'ha decretata dovrà tenersi per adempito. G. M.

3 Settembre 1883. CATALOGO DELLE OPERE ESPOSTE ORDINE CRONOLOGICO (*) Dipinti storici e di composizione. 1. Enea, trattenuto dalla consorte Creusa, col pargoletto Julo, mentre stava per varcare il limitare della casa ond'accorrere in difesa della città di Troja, in preda alle fiamme. - Dall' Eneide di Virgilio. Lib. II. Dipinto ad olio. figura di dimensioni naturali. Eseg. a Roma 1809, circa, per lo zio dell'artista. Prop. - Sig. avv. Gius. Maria Bonomi, di Bergamo. 2. Laocoonte, figlio di Priamo, e sacerdote d'Apollo, vittima, coi figli, della vendetta di Minerva, per cui partirono due grossi serpenti da Tenedo per avvinghiarli a morte nelle loro spire. - Dall'Eneide di Virgilio, canto II, I-9: quadro ad olio; figure due terzi del naturale. Concorso per l'Accademia di Milano nel 1812. Prop. - Accademia suddetta.

(*) Quest'ordine successivo dell'esecuzione dei lavori se in alcuni punti trovasi interrotto dipende da informazioni migliori sopraggiunte dopo la prima compilazione del catalogo. 3. Ajace Oileo che si salva dal naufragio, imprecando agli Dei. - Studio ad olio; figura intera; maggiore dimensione del naturale; uno de'primi lavori dell'artista a Roma. Esp. 1822. Prop. - Cav. Antonio Besana, di Milano. 4. Napoleone I, dopo la battaglia di Wagram , ne distribuisce sul campo le ricompense d'onore (7 luglio 1809). - Dipinto storico ad olio; figure di piccole dimensioni. Eseg. 1822, circa. - Mai esposto. Prop. - Conte cav. Gian Pietro Cicogna, di Milano. 5. I Vespri Siciliani : episodio dell'Insurrezione del 1282. - Dipinto storico, ad olio; a giusta dimensione; figure ad un terzo del naturale. Esp. 1822. Prop. - Sig. Giuseppe Castagna, già della marchesa Vittoria Visconti d'Aragona, di Milano. 6. Un leone ed una tigre entro una gabbia, col ritratto dell'artista. - Studio ad olio, dal naturale; piccole dimensioni. Eseg. circa 1826. Prop. - Sig. Giuseppe Gargantini Piatti, di Mil. 7. Maria Stuarda che sale il palco di morte nel castello di Forthiringay : 18 febbrajo 1587. Robertson, storia d'Inghilterra. - Grande quadro storico ad olio, figure intere; dimensioni metà, circa, del naturale. Esposto nel 1827. Prop. - Nob. signora Carolina. De-Sheufferheld, di Milano. 8. Maria Stuarda che protesta della propria innocenza davanti agli sceriffi cui fu commesso di recarle l'annunzio della pena di morte. 1587. - Dipinto storico ad olio; figure intere a dimensioni metà, circa, del naturale. Esp. 1832. Prop. - Cav. Antonio Besana, di Milano. 9. Urbano II e Pietro l' Eremita sulla piazza di Clermont nell' Alvernia, che proclamano la prima Crociata, (1095). - Dipinto storico ad olio ; figure intere ; dimensione un terzo del naturale. Esp. 1835. Prop. - March. Gian Francesco Litta-Modignani, di Milano. 10. Bice Del Balzo, tratta dal sotterraneo ove per tradimento era stata rinchiusa. - Soggetto storico, tratto dal romanzo il Marco Visconti di Tornaso Grossi. - Dipinto ad olio; figure oltre un terzo del naturale. Esp. 1838. Prop. - Nob. signora Giuseppina Cavezzali, di Milano. 11. La difesa di una porta, episodio della strage di Patrasso, (1820. - Dipinto ad olio; figure ad un terzo piccolo del naturale. Esp. 1839. Prop. - Nob. signora Bianca Gualdo Taccioli, di Milano. 12. Il doge Gritti. - Mezza figura storica ad olio; dimensione naturale ; studio condotto a Roma. Eseg. 1842. Prop. - Signora Angelina Hayez Rossi, di Milano. 13. Caterina Cornaro, regina di Cipro, obbligata dallo ambasciatore veneto, Giorgio Cornaro, suo cugino, a cedere il dominio dell' isola alla Repubblica Veneta , (1489), di cui addita lo stendardo che già sventolava dalla fortezza. - Dipinto storico ad olio; figure metà del naturale. Esp. 1842. Prop. - Nobile signora Amalia Frizzoni, di Bergamo. 14. La sete dei Crociati, sotto le mura di Gerusalemme, (1099). - Grande quadro storico ad olio; figure al naturale; tratto dal poema I Lombardi alla prima Crociata, canto XII, di Tomaso Grossi. Terminato nel 1850 ; non mai esposto in Milano. Commissione di S. M. Carlo Alberto, re di Sardegna; ora proprietà della Casa Reale d'Italia in Torino. 15. Alberico da Romano che si dà prigioniero colla famiglia al marchese d'Este nel castello di S. Zenone , Marca Trevigiana (1260). Dalle famiglie celebri del Litta. - Dipinto storico ad olio ; figure intere, .quasi al naturale. Esp. 1850. Prop. - Sig. duca Giulio Litta Visconti Arese, di Milano. 16. Il Consiglio alla vendetta (Via dal mio core si vil pensiero): due figure costumi veneti XV secolo. Dipinto ad olio; dimensione oltre due terzi del naturale. Esp. nel 1851. Prop. - March. Gian Francesco Litta Modignani, sudd. 17. La vendetta d'una rivale. Costumi veneti del secolo XV. - Tre figure, dipinte ad olio; dimensioni di due terzi circa del naturale. Esp. 1853. Prop. - Donna Giuseppina Negroni Prato, Morosini, di Milano. 18. Gregorio VII, detto Papa Ildebrando , deposto in S. Giovanni Laterano a Roma, e rapito quindi da un Crescenzio, potente romano, (25 dicembre 1075). - Dipinto storico ad olio; figure intere a un terzo del naturale. Esp. 1857. Prop. - March. Luigi Isimbardi, di Milano. 19. Vittore Pisani, comandante della 'lotta veneta (1378) vinto da Bernardino Boria , genovese , imprigionato per ordine del Senato veneto, ne è liberato dagli arsenalotti e portgto nella sala del Consiglio , ivi ricevuto dal doge Contarini (1379). - Piccolo dipinto ad olio ; ripetizione di altro di maggiori dimensioni. Esp. 1866 - 1868 a Monaco - 1872 a Milano. Prop. - Signora Angelina Hayez Rossi , sudd. 20. La riconciliazione di Ottone II, detto il Rosso, colla madre, Adelaide di Borgogna, prima di partire per l'Italia (961). - Dipinto storico ad olio; figure, un terzo meno del naturale. Esp. Parigi, 1867. Prop. - Sig. duca Tommaso Gallarati Scotti , di Milano. 21. Il martirio di S. Bartolomeo. - Schizzo ad olio per una pala d' altare , eseguita per la parrocchiale di Castenedolo, prov. di Brescia. Lo schizzo non venne mai esposto: la pala Io tu alla Mostra Internazionale di Parigi nel 1867. Prop. - Donna Giuseppina Negroni Prato, Morosini, sudd. 22. Gli ultimi momenti di Marin Faliero, decapitato per ordine della Serenissima sulla scala dei Giganti a Venezia (17 aprile 1365) -Dipinto storico ad olio; figure intere; dimensioni metà del naturale , segnato col nome, colla età (77 anni) o la data. Esp. 1867. Prop. - Accademia di belle arti sudd. cui fu donato dall'autore. 23. Leggitrice. - Studio completo ad olio di donna denudata fino ai fianchi ; dimensioni naturali. Senza nome, nè data. Prop. - Sig. Angelina Hayez Rossi, sudd. 24. Odalisca. - Mezza figura nuda fino alla cintola ; dimensioni naturali. Senza nome, nè data. Prop. - Signora Angelina Hayez Rossi, sudd. 25. Donna ebrea dormente, guardata da un leone. Composizione di fantasia. - Dipinto ad olio, di piccole dimensioni. Senza data. Prop. - Conte Emilio Belgiojoso, di Milano. 26. Un odalisca presso ad uno schiaro. - Due figure, piccole dimensioni. Senza nome, nè data. Prop. - Nobile sig. Alfonso Casati, di Milano. 27. Due odalische alla finestra d' un harem. - Piccolo dipinto ad olio, mezze figure. Eseg. 1879, circa. Prop. - Nob. signor Giorgio Casati, di Milano. 28. La sete dei Crociati sotto Gerusalemme. - Bozzo ad olio della grande composizione, al n. I4, in forma diversa ; piccole figure. Eseg. prima del dipinto med. Prop. - Nob. signora Teresa Crivelli Mesmer, di Milano. Ritratti e Teste di studio. 29. Il marchese Giorgio Pallavicino-Trivulzio ; ritratto, testa, dimensioni del vero. Eseg. 1821. Prop. - Conte Emilio Belgiojoso, sudd. 30. Il pittore Lodovico Liparini ; piccolo ritratto a modo di studio, ad olio. Eseg. 1822, circa. Prop. - Conte Emilio Belgiojoso, sudd. 31. Carlo Della Bianca. - Ritratto ad olio ; testa due terzi del naturale. Eseg. 1824, circa. Prop. - R. Accademia di belle arti sudd., per dono della signora Elena Viganò. 32. Il conte Lodovico Taverna, consigliere intimo di S. M. - Ritratto ad olio, mezza figura, dimensioni del naturale. Eseg. 1825, circa. Prop. - Conte Lodovico Taverna, di Milano. 33. Cinque teste di ritratti riuniti. - Studio ad olio di piccole dimensioni. Segnato 1827. Prop. - Sig. Giuseppe Gargantini Piatti, sudd. 34. Nob. signora Francesca Mainoni. - Ritratto ad olio; testa a dimensioni naturali. Esp. 1829. Prop. - Nob. sig. Massimiliano Mainoni, di Milano. 35. Contessa Luigia Borgia n. Ferrari. - Ritratto ad olio, al naturale. Esp. 1829. Prop. - Conte Cesare Borgia, di Milano. 36. Contessa Gina Della Somaglia, nata Cassera. - Ritratto ad olio; busto ; dimensioni naturali. Esp. 1833. Prop. - Conte Gian Luca Della Somaglia, di Milano. 37. Nob. signora Elisabetta Bassi, n. Charlè. - Ritratto ad olio; mezza figura; dimensioni naturali. Esp. 1829. Prop. - Nob. cav. D. Carlo Bassi, di Milano. 38. Il colonnello Francesco Arese nel carcere dello Spielberg. - Ritratto ad olio; figura intera; dimensioni del naturale. Eseg. 1829, circa ; giammai esposto. Prop. - Signora Francesca Camperio Ciani, di Milano. 39. Dott. Giovanni Battista Bazzoni, autore del romanzo il Castello di Trezzo. - Ritratto ad olio ; testa, dimensioni poco meno del naturale. Eseg. 1830. Prop. - Dott. Carlo Bazzoni, di Milano. 40. Contessa Luisa Scotti Douglas D' Adda. - Ritratto ad olio; testa, dimensioni naturali. Esp. 1830. Prop. - Nob. signore Carlo d'Adda senatore del Regno, ecc., ecc., di Milano. 41. Signore Càrolina Grassi e Bianca Bignami , sorelle Gabrini. - Ritratti uniti ad olio; mezza figura ; dimensioni naturali. Eseg. 1835. Prop. - Signora Carolina Gabrini Plezza, di Milano. 42. Principessa Cristina di Belgiojoso n. Trivulzio. Ritratto ad olio; due terzi della persona, quanto il naturale. Eseg. 1832, circa. Prop. - Signora marchesa Maria Trotti Belgiojoso. 43. Testa. - Studio di testa dipinta a fresco su mattone; ripetuta poi nel quadro della Sete. Giammai esposta - eseg. circa 1835. Prop.- Nob. signora Giuseppina Cavezzali, sudd. 44. Vecchio mendicante. - Testa, studio ad olio ; dimensioni del vero. Eseg. 1838, circa. Prop. - Comm. prof. Luigi Bisi, presidente della R. Accademia, ecc., di Milano. 45. Nobile signora Luigia Vigoni ved. Mylius. - Ritratto ad olio, due terzi della persona; dimensioni naturali. Esp. 1839. Prop. - La stessa signora raffigurata, di Milano. 46. Principe Emilio di Belgiojoso. - Ritratto ad olio di persona intera, nelle dimensioni del vero. Eseg. 1840 ; circa. Prop. - Signora marcii. Giulia Trivulzio Belgiojoso, di Milano. 47. Testa di vecchio. Eseg. circa, 1840. - Non consta esposto. Prop. - Nob. Don Paolo Litta Modignani , di Milano. 48. Ecce Homo. - Studio di dimensione naturale; testa ad olio ; fatto a Roma. Eseg. 1843, circa. Prop. - Signora Angelina Hayez Rossi, sudd. 49. Conte Carlo Cicogna. - Ritratto ad olio; mezza figura; dimensioni naturali. Eseg. 1838, circa. Prop.-Conte cav. Gian Pietro Cicogna, sudd. 50. Contessa Antonietta Tarsis n. Basilico. - Ritratto ad olio; due terzi della persona; dimensioni naturali. Eseg. 1851. Prop. - La medesima contessa rappresentata. 51. Signora Matilde Juva n. Branca. - Ritratto ad olio; due terzi della persona, al naturale. Esp. 1851. Prop. - Sig. Luigia Weber, Milano. 52. Conte Ambrogio Nava, già presidente della R. Accademia dal 1850 al 1854. - Ritratto ad olio; mezza persona, grandezza naturale. Esp. 1852. Prop. - R. Accademia di belle arti, sudd. 53. Marchesa Maddalena Patrizj di Roma n. della Soma-glia. - Ritratto ad olio, al naturale. Esp. 1852. Prop. - Conte Gian Luca Della Somaglia , sudd. 54. Signora Selene Taccioli. - Ritratto ad olio; due terzi della persona ; dimensioni naturali. Esp. 1852. Prop. - Marchese Gian Francesco Litta-Modignani, sudd. 55. Nob. sig. Giuseppe Cagnola. - Ritratto ad olio; due terzi di figura, al naturale. Eseg. 1853. Prop. - Nob. sig. Giovanni Battista Cagnola, di Milano. 56. Nob. signora Mariquita D'Adda n. Falcò. - Ritratto ad olio ; due terzi della persona; dimensioni naturali. Eseg. 1855. Mai esposto. Prop. - Nobile sig. Carlo D'Adda, senatore del Regno, ecc., ecc., sudd. 57. Sig. Giuseppe Puricelli-Guerra. - Ritratto ad olio, mezza figura. Eseg. 1856. Prop. - Sig. Giuseppe Puricelli-Guerra, figlio 58. Nob. sig. Giovanni Morosini. - Ritratto ad olio; due terzi della persona, dimensioni del vero. Eseg. 1856. Prop. - D. Giuseppina Negroni Prato Morosini, sudd. 59. Marchese Lorenzo Litta Modignani. - Ritratto ad olio, due terzi della persona, dimensioni naturali. Eseg. 1852. Prop. - Conte Clemente Veradis di Castiglione, di Torino. 60. Donna Antonietta Negroni. - Ritratto di fanciulla, figura intera; dimensione naturale, con fiori. Eseg. 1858. Prop. - D. Giuseppina Negroni Prato-Moro sini, sudd. 61. Conte Camillo di Cavour. - Ritratto ad olio, mezza persona ; dimensioni naturali; condotto sulla maschera in gesso. Eseg. 1864. Prop. - R. Accademia di belle arti, sudd. 62. Dott. Ferdinando Ranci. - Ritratto ad olio; testa, quasi dimensioni naturali, entro forma ovale. Eseg. 1865 (?). Prop. - Il medesimo rappresentato. 63. Gioachimo Rossini. - Ritratto ad olio ; due terzi della persona, misura naturale. Eseg. 1870. Prop. - R. Accademia di belle arti, sudd., per dono dell'autore. 64. Nob. sig. Giovanni Morosini. - Ritratto ad olio testa al naturale. Esp. 1872. Prop. - March. Cristina Stampa Soncino Morosini, di Milano. 65. Alessandro Manzoni. - Ritratto ad olio ; due terzi della persona, dimensioni naturali. Eseg. 1874 da altro di lui del 1840, circa. Prop. - R. Accademia di belle arti, sudd. per dono dell'autore. 66. Conte Carlo Belgiojoso, senatore del regno, presidente dell'Accademia di Milano. - Ritratto ad olio; busto, dimensioni naturali. Eseg. 1875. Prop. - Conte Emilio Belgiojoso, sudd. 67. Sig. Angelina Hayez Rossi. - Ritratto ad olio; mezza figura; dimensioni del naturale. Eseg. 1875, circa. Prop. - Della medesima sig. Hayez. 68. Monaca. - Testa ; studio dal vero ad olio. Giammai esposto. - Si tiene per uno degli ultimi suoi lavori del naturale. Prop. - Donna Giuseppina Negroni Prato-Morosini, sudd. 69. Il gran cancelliere Francesco Taverna (1530). - Ritratto ad olio ; mezza figura ; dimensioni del naturale. Mai esp. : e non seg. Prop. - Conte Lodovico Taverna, sudd. 70. Luigi Tizzerio, ispettore-economo della R. Acca- demia di belle arti. - Ritratto ad olio ; busto al vero, segnato del nome. Eseg. 1879. Prop. - Sig. Luigi Tizzerio, suddetto. 7i. Nob. D. Alfonso Casati. - Ritratto ad olio. Eseg. Aprile 1879, mai esposto. Prop. - Lo stesso nobile signore, sudd. 72. Francesco Hayez. - Ritratto ad olio; abbozzo della sola testa nelle dimensioni naturali. Una delle ultime sue opere. Prop. - Nob. signora donna Giuseppina Negroni Prato Morosini, sudd. Fiori. 73. Vaso con fiori sciolti. - Dipinto ad olio ; dimensioni naturali. Eseg. 1834. Prop. - Nob. signora Bianca Gualdo Taccioli, sudd. Dipinti all'acquerello e disegni diversi. 74. Apelle che ritrae Campaspe alla presenza d'Alessandro il Macedone: storia greca. - Piccolo disegno finito a chiaroscuro su carta tinta. Segnato del nome e data 1828. Prop. - Comm. ab. Michele Sorre, di Milano. 75. Il bacio di Giulietta e Romeo; reminiscenze del proprio dipinto. - Schizzo a penna delle due teste, a inchiostro di China, su carta tinta. Col nome, senza data. Prop. - Signori Fratelli Grandi, di Milano. 76. Scena della difesa di Patrasso, tratta da un quadro proprio. - Disegno ad inchiostro di China ; piccola dimensione. Eseg. 1838, circa. Prop. - Signori Fratelli Grandi, sudd. 77. Gli amori degli angeli di Moore. - Piccolo schizzo a penna, ritocco di biacca. Senza nome o data. Prop. - Cav. avv. Emilio Seletti, di Milano. 78. Leone giacente. - Piccolo studio all' acquerello di colori. Senza nome o data. Prop. - Sig. Angelina Hayez Rossi, sudd. 79. Tamar : dalla Bibbia. - Disegno finito ad inchiostro di China e lapis. Senza data o altro segno. Prop. - Sig. Angelina Hayez Rossi, sudd. 80. Il levita d'Efraim, quando, nel riposo del cammino, è invitato ad entrare colla consorte nel villaggio per trovarvi ricovero: dalla Bibbia. Da un suo dipinto storico spedito a Napoli. Disegno finito ad inchiostro di China. Eseg. 1844, circa. Prop. - Sig. Angelina Hayez Rossi, sudd. 81. Il levita d'Efraim, quando scopre il delitto, di cui fu vittima la consorte: dalla Bibbia. Da un suo dipinto spedito a Napoli. - Disegno finito ad inchiostro di China. Eseg. 1844, circa. Prop. - Sig. Angelina Hayez Rossi, sudd. 82. Ritratto dell' artista. - Disegno all' inchiostro di China, preparazione del ritratto suo principale esistente nel suo studio. Senza data. Prop. - Sig. Angelina Hayez Rossi, sudd. 83. Soggetto storico del XVI secolo. - Schizzo a penna. Segnato col nome, senza data. Prop. - Dott. Giuseppe Caglio, di Milano. 84. Il bacio. - Piccolo disegno all'acquerello di colori: lavoro degli ultimi anni dell'artista. Col nome, ma senza data. Prop. - Nob. sig. Giuseppina Prato Negroni Morosini, sudd. 85. Il ritorno di Cristoforo Colombo dall' America , nel momento che, a Barcellona, ne presenta i nativi e gli oggetti tratti seco a Ferdinando d' Aragona ed Isabella di Castiglia: da un dipinto di Pelagio Palagi. - Disegno litografico di grande dimensione, impresso dalla già litografia Gujoni di Milano. Eseg. ed esp. 1829. Prop. - Sig. Francesco Valaperta , pittore , di Milano. 86. Romolo e Tazio sul campo di battaglia: Storia di Roma. - Cartone per la pittura a fresco nella sala della Lanterna del palazzo di Corte in Milano. Eseg. 1823. Prop. - Comm. ab. Michele Sorre, sudd. 87. La gara della corsa. - Cartone, come sopra. Eseg. 1823. Prop. - Comm. ab. Sorre, sudd. NELLA CAMERA già studio dell'Artista (lungo le pareti). Francesco Hayez. - Ritratto proprio dell' artista; dipinto ad olio ; due terzi della persona ; dimensioni del vero. Eseg. 1850 circa; esposto a Parigi 1867. Bagnante. - Figura di donna dipinta ad olio; persona quasi intera; dimensioni del naturale. Eseg. 1859. Donna nuda in piedi veduta da tergo. - Studio ad olio, poco meno del terzo del naturale; lavoro non finito ed uno degli ultimi suoi lavori. Senza nome, nè data. Sansone che tiene lo sguardo sul leone da lui ucciso. Cartone a carbone e lapis preparato pel dipinto esposto 1842. Senza nome, nè data. Testa di tigre. - Studio ad olio; dimensioni naturali. Senza data. Alberico da Romano colla famiglia che si dà prigione al March. d'Este. - Disegno finito ad inchiostro di China, dal quadro del 1850, pel duca Giulio Litta. Senza data. Dormiente, veduta da tergo. - Studio dal nudo ; figura intera ; piccole dimensioni. Senza nome , nè data. Pietro Rossi di Parma nell' atto che sta per istaccarsi dalla famiglia nel castello di Pontremoli, chiamato dalla Repubblica di Venezia. - Abbozzo ad olio del quadro pel banchiere Reali di Venezia. Eseg. 1850. Vaso di fiori sulla finestra d'un harem. - Dipinto ad olio ; dimensioni del naturale. Esp. 1881. La sete dei Crociati sotto Gerusalemme. - Grande disegno, finito ad inchiostro di China, condotto durante l'opera maggiore, ora esposta N. 14. Eseg. 1846-50. Composizione allegorica alla coronazione in Milano dell' imperatore Ferdinando I. - Dalla medaglia a fresco (m. 12 x 8 circa, forma ovale) nella vòlta della sala delle Cariatidi del palazzo di Corte in Milano. Eseg. 1837-38. (sopra un cavalletto). S. Ambrogio che respinge l'imperatore Teodosio sull' ingresso del tempio.- Dipinto ad olio appena abbozzato: lavoro degli ultimi anni. Senza data. (sopra altro cavalletto). Francesco Hayez. - Altro ritratto proprio; dipinto ad olio nel 1882, d'anni 91, e rimasto incompiuto. Senza nome. Nella medesima camera si trovano parecchi disegni fotografici tolti dai propri lavori ad olio, la maschera in gesso del conte di Cavour, ed altri oggetti, colori, vesti, panni, libri, mobili, ecc., che tutti hanno appartenuto all' artista , e rimangono qui annessi a perpetuità (*). (*) Quanto si trova nella camera suddetta, opere ed oggetti, com'è noto, è dono della Signora Hayez, figlia del Professore defunto. Elenco dei Signori Proprietari Espositori: Accademia di Belle Arti, Milano. N. 2, 22, 31, 52, 61, 63, 65. Adda (d') nob. sig. Carlo, Milano. N. 40, 56. Basilico Tarsie cont. Antonietta, Milano. N. 50 Bassi nob. cav. Carlo, Milano. N. 37. Bazzoni dott. Carlo, Milano. N. 39. Belgiojoso conte Emilio, Milano. N. 25, 29, 30, 66. Besana cav. Antonio, Milano N. 3, 8. Bisi comm. Luigi, Milano. N. 44. Bonomi avv. G. Maria, Bergamo. N. 1. Borgia conte Cesare, Milano. N. 35. Caglio dott. Giuseppe, Milano. N. 83. Cagnola nob. Giov. Battista, Milano. N. 55. Camperio Ciani sig. Francesca, Milano. N. 38. Casa di S. M. il Re d'Italia, Torino. N. 14. Casati nob. Alfonso, Milano. N. 26, 71. Casati nob. Giorgio, Milano. N. 27. Castagna sig. Giuseppe, Milano. N. 5. Cavezzali nob. sig. Giuseppina, Milano. N. 10, 43. Cicogna conte cav. Gian Pietro, Milano. N. 4, 49. Crivelli Mesmer nob. Teresa. N. 28. Frizzoni nob. sig. Amalia, Bergamo. N. 13. Gabrini Plezza sig. Carolina, Milano. N. 41. Galiarati Scotti march. Tommaso, Milano. N. 20. Gargantini Piatti sig. Giuseppe, Milano. N. 6, 33. Grandi Fratelli, Milano. N. 75, 76. Gualdo Taccioli nob. sig. Bianca, Milano. N. 11, 73. Hayez Rossi sig. Angela, Milano. N. 12,19,23,24,48,67,78,79,80,81,82. Isimbardi march. Luigi, Milano. N. 18. Litta Modignani march. Gian Francesco, Milano. N. 9, 16, 54. Lilla Modignani nob. sig. Paolo, Milano. N. 47. Litta Visconti Areni duca Giulio, Milano. N. 15. Mainoni noh. Massimiliano, Milano. N. 34. Mylius Vigoni nob. sig. Luigia, Milano. N. 45. Begroni Prato noh. sig. Giusepp., Milano. N. 17, 21, 58,80,68,72, 84. Puricelli Guerra sig. Giuseppe, Milano. N. 57. Ranci dott. Ferdinando, Milano. N. 62. Seletti avv. cav. Emilio. Milano. N. 77. Seufferbeld (De) nob. sig. Carolina, Milano. N. 7. Somaglia (Della) conte Gian Luca, Milano. N. 36, 53. Sorre comm. ab. Michele, Milano. N. 74, 86, 87. Stampa Soncino march. Cristina, Milano. N. M. Taverna conte Lodovico, Milano. N. 32, 69. Tizzerio Luigi, Milano. N. 70. Trivulzio Belgiojoso march. Giulia, Milano. N. 46. Trotti Belgiojoso march. Maria, Milano. N. 42. Valaperta Francesco, Milano. N. 85. Veradis, di Castiglione, conte Clemente, Torino. N. 59. Weber Lugia, Milano. N. 51. Prezzo Cent. 25.