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LE CONFERENZE pel SEMPIONE

Estratto dal Giornale Il Diritto N. 205, 206 e 207, Luglio 1889


ROMA STABILIMENTO GIUSEPPE CIVELLI Via Incurabili al Corso, 5 A, 5 B 1889. LE CONFERENZE PEL SEMPIONE

Estratto dal Giornale Il Diritto N. 205, 200 e 207, Luglio 1889

ROMA STABILIMENTO GIUSEPPE CIVELLI Via Incurabili al Corso, 5 A, 5 B; 1889. I.

Non è da ieri che è sorta l'idea di una ferrovia attraverso il Sempione, sulla grande strada che il genio di Napoleone fececostruire per porre in comunicazione diretta Parigi con Milano. L'idea è vecchia di molti anni, e i progetti per convertirla in una realtà si contano a decine. Parve anzi sempre cosi vicino il momento di vedere attuato uno o l'altro di questi progetti, che la Svizzera spinse la ferrovia del Vallese fino ai piedi del monte che aspetta di essere forato, e l'Italia fin dal 1879 decretò la costruzione di una linea detta,nella legge, d'accesso ai Sempione, che doveva, per il momento, fermarsi a Domodossola. Questa linea, aperta all'esercizio l'anno scorso, riduce a soli 40 chilometri la distanza da superare per congiungere attraverso al Sempione i punti estremi delle ferrovie svizzere e italiane. Già nel 1876 il governo svizzero chiese d'entrare in trattative col governo nostro, prendendo per base il progetto di un tunnel di circa 20 chilometri, dei quali una metà sul territorio nazionale. Il gabinetto Depretis, dopo un anno di studi, fece rispondere dal Melegari che esso « non si rifiuterebbe di disporre la linea d'accesso alla galleria per l'epoca in cui quella sarebbe compiuta, » e siccome non veniva chiesta una sovvenzione, ma solo una tariffa speciale, il Melegari aggiungeva che il Governo del Re non si rifiuta neppure ad accordarsi a suo tempo per una tariffa che risponda nei suoi effetti alla domanda della Compagnia. Gli svizzeri facevano allora assegnamento su una sovvenzione della Francia, la quale vedeva nel Sempione il mezzo di riavere quello che il Gottardo stava per toglierle nei suoi scambi con l'Italia a tutto vantaggio della Germania. Fu questo concetto che spinse oltre cento deputati della Camera francese, con alla testa il Gambetta, a deporre un progetto di legge pel quale venivano accordati cinquanta milioni di sovvenzione alla ferrovia attra- verso il Sempione. Questo progetto, sulle istanze dei marsigliesi e dei savojardi, fu rimandato ad una Commissione e cadde con la legislatura. La morte di Gambetta lo seppellì per sempre. I marsigliesi e i savoiardi, come i piemontesi da noi, vi si opponevano col pretesto che prima di pronunciarsi per un nuovo valico alpino bisognava studiarli tutti, e soprattutto bisognava studiare se fra il Sempione e il Monte Bianco non fosse da preferirsi il Monte Bianco. È una tattica che non manca di produrre effetto sugli animi indecisi e sulle menti semplici e ingenue. Vedremo un' altra volta che pazzia bell' e buona sia quésto famoso progetto del traforo del Monte Bianco. Del Sempione parve non si parlasse più per alcuni anni, ma intanto i progetti crescevano di numero e la questione era tutt'altro che messa a dormire. Lo scopo che si prefissero i Cantoni svizzeri interessati e la Compagnia concessionaria (è la Compagnie des chemins de fer de la Suisse occidentale et du Simplon) fu quello di avere un progetto che risolvesse il problema con la minor spesa possibile. Una Commissione di tecnici autorevolissimi fu incaricata di eseguire gli studi necessari. Il 17 novembre 1886 essa presentò il suo rapporto, il quale concluse per un tunnel di 16,070 metri di lunghezza, a 820 metri sul mare, con entrambi gli sbocchi sul territorio svizzero. In base a questo progetto fu calcolato che la spesa, compresi gli interessi durante la costruzione, sarebbe di 96 milioni, dei quali 66 verrebbero forniti dalla Compagnia. I rimanenti 30 milioni fu deciso di chiederli metà alla Svizzera e metà all'Italia. La Svizzera fu pronta all'appello e i 15 milioni a lei chiesti furono subito votati dalla Con federazione e dai Cantoni e città interessate, meno una piccola frazione che non tarderà ad esserlo. Per i 15 milioni mancanti, e per la costruzione del tronco di ferrovia da Domodossola in su, il Consiglio federale cominciò le trattative con il governo nostro. Queste trattative furono condotte, da parte dell'Italia, con assai cattiva grazia. L'onorevole Saracco non aveva ancora studiato la questione e vi si prestò di malavoglia. Incaricò due ingegneri, di cui uno è deputato al Parlamento, di recarsi ufficiosamente sul luogo per vedere di che si trattava, raccomandando solo di chiedere che uno degli sbocchi del tunnel fosse sul ter- ritorio italiano. Uno dei due delegati, il deputato, non volle o non potè andare. Ci andò solo l'altro. Questo si trovò in una posizione delicatissima fra i delegati svizzeri ve ne era uno sotto il quale era stato tempo addietro impiegato e dal quale era stato, piuttosto vivamente, licenziato. Poi questo signor delegato, credendosi forse un ambasciatore, aveva sollevato delle questioni di etichetta molto ridicole, in Isvizzera specialmente. Il Saracco non aveva avuto la mano felice nello sceglierlo. È vero che l'altro, per colmo; gli fece un processo per avere dieci mila lire, quale compenso della sua missione, e le ebbe. Tornando alle conferenze, il delegato italiano reclamò lo sbocco sul territorio italiano, ed egli stesso propose una variante al progetto per giungere a questo scopo. Tale variante consisteva in un puerile ripiego, del quale l' onorevole Finali fece già giustizia alla Camera, ma che, come era ben naturale, gli svizzeri si affrettarono di accettare. Il Saracco non si dette per inteso del rapporto del delegato e fece studiare seriamente la questione da un ispettore superiore del suo ministero, il comm. Ferrucci. Il Saracco fu persuaso della bontà della causa e mentre nel 1887 rispondendo all'onorevole Cucchi aveva dichiarato che non era il caso di occuparsene, nel luglio dell'anno scorso rispondendo all'onor. Ricci dichiarò che era obbligo del governo italiano di interessarsi al Sempione o di contribuirvi finanziariamente. Quindi non sappiamo proprio come l'onor. Chiala, quando qualche settimana fa ricordò alla Camera le parole pronunziate dal Saracco nel 1887, potesse equamente passar sotto silenzio quelle dette dallo stesso ministro nel 1888,dopo un esame approfondito di tutti gli atti. II.

Le conferenze aperte a Berna il 2 luglio, assieme a quelle pel contrabbando, furono ottenute dal Consiglio federale dopo più di un anno di pratiche insistenti. Il Governo italiano - il quale abbiamo visto in che modo indegno vi si condusse - non vi si decise che dietro le premure di Milano, di Genova e di Novara, e ancora quasi come un atto di cortesia verso un paese amico,anziché come un obbligo impostogli dagli interessi dell'Italia e dall'articolo 15 del trattato di commercio fra l'Italia e la Svizzera. Questo articolo dice che i due governi si impegneranno a favorire le imprese aventi per iscopo le ferrovie attraverso le Alpi. L'importanza di tale impegno non può sfuggire a nessuno, e non sfuggi al Depretis, che nel 1883 voleva si togliesse. La Svizzera rispose allora al Depretis che, se si fosse tolto quell'articolo,essa non avrebbe firmato il trattato. Dunque l'impegno c'è chiaro, preciso, formale, non solo pel Sempione, ma per qualunque valico alpino che si presenti in condizioni serie, pratiche, ragionevoli. Ma, anche senza l'articolo 15, l'Italia può disinteressarsi in questa faccenda del Sempione ? Ce lo dice il grido d'allarme di Marsiglia. Il signor Therry, incaricato dal governo francese di redigere un rapporto sull'influenza del Sempione per la Francia, provò con grande ricchezza di cifre che il Sempione leverebbe a Marsiglia tutta l'alimentazione della Svizzera francese, restituendola al porto più vicino, Genova. La distanza fra Genova e Ginevra essendo più breve di quella tra Marsiglia e Ginevra, spetterebbe a Genova di essere il porto delle località che fanno capo a Ginevra. Ma la Compagnia Paris-Lion-Me- diterranée, che tiene in sue mani il Moncenisio, ne ha chiuse le porte, impedendo il transito da Genova per Modane alle merci dirette nella Svizzera francese, mediante una tariffa proibitiva sul tratto Modane-Ginevra. Si vuol sapere a quanto ascende ciò che il Sempione torrà a Marsiglia e restituirà a Genova ? Secondo le statistiche stesse della Paris-Lion-Mediterranée, si tratta di circa ottanta mila tonnellate all'anno. Una bella cifra, come si vede, che giustificherebbe da sola un largo contributo dell'Italia al nuovo valico. Ma vi è di più. Non si ode ogni giorno lagnarsi delle delusioni prodotte dal Gottardo ? Si sperava molto da esso, e se ne ebbe poco frutto. La colpa è dei nostri governanti che, dopo aver dato a quell'opera il contributo maggiore, permisero che passasse interamente in mani tedesche e venisse sfruttata dai tedeschi a tutto vantaggio loro e danno nostro. Il Sempione al contrario ci viene offerto con poco sacrificio, e con l'impegno d'un accordo che tuteli gli interessi italiani. Ma,anche senza un accordo speciale, non è evidente che farà concorrenza al Gottardo e lo obbligherà a moderare le sue pretese ? Il Sempione non solo diminuirà, in confronto del Gottardo, di 60 chilometri la distanza fra Parigi da una parte e tutta l'Italia orientale dall'altra, ma sarà in realtà un valico italiano, e al servizio d' interessi italiani e non tedeschi. Il Governo ha chiesto - ed ha fatto be- ne - che uno degli sbocchi della galleria sia sul nostro territorio. Vi sono molte ragioni che c'impongono di vincolare a questa condizione il concorso dell'Italia al traforo del Sempione. Per le stesse ragioni la Svizzera non vorrebbe accordarcela, ma è sperabile che finirà con l'accettare, non senza suo sacrificio, il progetto di galleria di 19 chilometri, dei quali ben 11 sul territorio italiano. Ne consegue che accordandosi i due paesi su tale progetto, noi avremo di diritto e di fatto un' ingerenza effettiva e predominante nelle questioni di tariffe e di orario. Di quale altro valico si può dire altrettanto ? Le conferenze di Berna sono state rinviate all'autunno, dopo una dichiarazione dei nostri rappresentanti che il Governo italiano poteva solo accettare di discutere sul progetto di 19 chilometri (detto del 1882), e dopo aver deciso che gl'ingegneri dei due paesi avrebbero compilato il preventivo della spesa. Il progetto preferito costerà di più di quello che era stato studiato nel 1886 per ragioni di economia, ma l'Italia non potrebbe esitare a scegliere il primo anche se dovesse tirar fuori qualche milione di più. Non potrebbe esitare, diciamo, di fronte al vantaggio di aver oltre a mezza galleria sul proprio territorio, e di avere un passaggio alpino a soli 600 metri d'altezza, che ne permetterebbe l'esercizio in condizioni assolutamente superiori a quelle di tutti gli altri valichi alpini esistenti e non esistenti. Ma scegliendo il progetto del 1882, la spesa per l' Italia non sarà maggiore di quella che sosterrebbe accettando l'altro progetto più economico. Questo fu preventivato 96 milioni, l'altro 104. La differenza è di otto milioni. Orbene, siccome col progetto del 1882 la linea d'accesso oltre Domodossola sarebbe di 7 chilometri più breve di quella che si dovrebbe costruire secondo il progetto del 1886, gli otto milioni di maggior costo del tunnel sono appunto quelli che si economizzerebbero sulla linea d'accesso. L'argomento solito che si sente ripetere è che in fatto di ferrovie i preventivi contano poco, anzi niente, e a proposito di valichi si cita il Gottardo che è costato di più del preventivato. Qui c'è un errore. La galleria del Gottardo non costò un soldo di più di quanto si era calcolato; furono le linee d'accesso che richiesero nuovi sacrifici. Al Sempione, di linee d'accesso non mancano da costruire che 15 chilometri dalla parte italiana e 1 - diciamo uno - dalla parte svizzera. Vedremo più avanti quale serietà abbiano i progetti del Monte Bianco e del San Bernardo. III.

Torino che, con tutte le sue forze, cerca di opporsi al Sempione - perchè, mentre sarebbe di vantaggio a tutto il resto d'Italia, non lo sarebbe per lei - è divisa in due grandi partiti quando si discorre di traforare in qualche punto le Alpi. Gli uni domandano che si tocchi il Monte Bianco, gli altri che si dia la preferenza al Gran San Bernardo. Contro il Monte Bianco si è energicamente pronunciata la Camera di Commercio di Torino. Essa ha sostenuta una vera campagna contro quel progetto, che sarebbe infatti l'ultima rovina di Torino. Bisogna prima di tutto notare che una ferrovia pel Monte Bianco farebbe capo a Chivasso e taglierebbe quindi fuori completamente la capitale del Piemonte. Ma non è questo il danno maggiore. Il nuovo valico andrebbe a innestarsi al di là delle Alpi, alla rete della Compagnia Paris-Lyon-Mediterranée , la quale tiene in sua mano il Cenisio. Ora, dovrebbe inevitabilmente verificarsi una di queste due ipotesi : o la Paris-Lyon-Méditerranée, per non diminuire il movimento sulle proprie linee, che fanno capo a Marsiglia, tratterebbe il Monte Bianco come il Cenisio, cioè lo chiuderebbe al transito per e da Genova, e il Monte Bianco diventerebbe inutile; o la Paris-Lyon-Médi- terranée vorrebbe trarne il massimo profitto, e abbandonerebbe del tutto il Cenisio. Ecco che cosa Torino ne avrebbe guadagnato. Intendiamoci bene. Noi non ci opporremmo nemmeno al traforo del Monte Bianco, se ci fosse presentato un progetto richiedente da parte dell'Italia una spesa modesta, come ci viene domandata pel Sempione. L'Italia ha bisogno di avere molti sbocchi al di là delle montagne che la separano dal resto d'Europa, e ben vengano i trafori del Monte Bianco, dello Spluga e di quanti altri fosse mai possibile. Ma chi è, all' infuori di una parte - si noti anche, non tutta - di Torino che vuole il traforo del Monte Bianco ? E dove sono le Società ferroviarie, i capitalisti disposti a metterci i milioni che occorrerebbero ? Parliamo un po' della spesa. Supponiamo che si scegliesse il progetto di una galleria a 1075 metri sul mare, cioè 500 metri più alta di quella del Sempione, e lunga, come questa, 19 chilometri. Sarebbero già un centinaio di milioni. Ma siccome la galleria senza le linee di accesso non si può immaginare, bisognerebbe costruire circa 35 chilometri di ferrovia da Aosta a Prè S. Didier per andar a trovare 1' imbocco del tunnel, e qualche cosa come 85 chilometri da Chamounix a Ginevra, ossia in tutto 120 chilometri di strada ferrata, vale a dire 50 milioni a dir poco, che, aggiunti ai 100 della galleria, danno un totale di 250 milioni. Chi li dà ? Né la Francia nè la Paris-Lyon-Mediterranée ci pensano nem- meno L'italia ? Il municipio di Torino ? Meno tantastico è il progetto per il traforo del San Bernardo, il quale allaccierebbe le linee della Mediterranea con quelle della Compagnia Suisse - Occidentale, che domanda appunto il Sempione. Discuteremmo volentieri anche questo progetto, se non ci fosse un fatto, una specie di pregiudiziale, da rendere inutile ogni discussione. Il fatto è il seguente. Qualche anno fa fu chiesta al Consiglio federale la concessione di una ferrovia appunto per il San Bernardo, ed il Consiglio federale la rifiutò per ragioni militari. - Dopo ciò, con che serietà si domanda al Governo italiano che, prima di pronunciarsi pel Sempione, abbia a fare uno studio comparativodi questi tre valichi ? Gli studi sono fatti da un pezzo, e chiederne degli altri è nulla più di una volgare manovra di chi non ha altre armi per opporsi al Sempione. Ma, fosse anche vero che altri studi abbisognassero, perché non vi pensa chi vi può avere interesse ? Vogliono forse che ci pensi il Governo ? Che cosa ha fatto il Governo pel Sempione? Niente, anzi meno di niente, perché ha cercato di ostacolarlo ; eppure il Sempione ha fatto la sua strada e oramai, vogliasi o no, si impone. Che Torino trovi dei banchieri e delle Compagnie ferroviarie che si vogliano assumere i tre quarti della spesa pel traforo del Monte Bianco, e li aiuteremo ad avere dal Governo l'altro quarto. « Se verranno proposte serie e concrete, non può il Governo rifiutarsi d prenderle in seria considerazione. Peggio per quelli che sieno rimasti inoperosi e fac- ciano troppo a fidanza sulla iniziativa del « Governo » diceva, il 5 luglio 1888, il Saracco alla Camera. Per il Sempione le proposte serie e concrete vi sono da molto tempo, e chi le ha fatte è il governo della Confederazione svizzera. Che cosa esso domanda ? Sono due le domande : 1a Che l'Italia costruisca la linea d'accesso da Domodossola al tunnel, come la legge del 1879 gliene fa obbligo; 2a Che l' Italia concorra nella spesa della grande galleria con 15 milioni a fondo perduto. Si può dubitare che il procurare all'Italia il mercato della Svizzera francese, lo stabilire più dirette comunicazioni con il mare del Nord, l'obbligare il Gottardo a ricordarsi che siamo stati noi a pagarne la massima parte, l'avere un passaggio alpino del quale turremo una delle porte, l'assicurarci una ingerenza seria in tutte le questioni di tariffe, valga meno di 15 milioni ? Ma basteranno quindici milioni - dicono taluni - e non succederà poi di doverne dar degli altri, come è accaduto pel Gottardo? Il pericolo non può esistere, dal momento che gli svizzeri acconsentono a non riceverli che a lavoro compiuto. Vi può essere migliore garanzia di questa? Noi non sappiamo su quali dati l'onor. Finali abbia detto in Senato che il Sempione costerà all'Italia dai 70 agli 80 milioni. Anche supponendo che, oltre alla linea d'accesso propriamente detta, il governo volesse costruire le due direttissime su Milano e Torino, cioè la Arona-Gravellona e la Santhià-Borgomanero, non si arriverebbe, tutto compreso, a superare i 60 milioni. D'altra parte la Mediterranea ave- va già dichiarato all'onor. Saracco che la linea d'accesso da Domodossola al tunnel era disposta a costruirla lei assolutamente gratis, tanto era sicura di far una buona speculazione. E per la Arona-Gravellona la provincia di Milano chiederebbe la concessione di costruirla col solo sussidio di 3 mila lire al chilometro. Inoltre, dei 15 milioni di concorso a fondo perduto, li darebbero Genova e Milano. Non esageriamoci pertanto le difficoltà, e, quando in autunno le conferenze pel Sempione saranno riprese, il Governo nostro vi apporti un esame maturo della questione e la buona volontà di venire ad un accordo.