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LA CUCINA MILANESE DI FELICE CUNSOLO LA CUCINA MILANESE Estratto da LA CUCINA LOMBARDA Printed in Italy stampato a Milano dall'Istituto Grafico Vanzetti e Vanoletti

Proprietà letteraria riservata © copyright by Novedit Milano Edizione speciale per l'Assessorato al Turismo del Comune di Milano In copertina : Massimiliano Sforza fanciullo a tavola. Miniatura d'ignoto della fine del secolo decimoquinto tratta dalla « Grammatica » del Donato custodita nella Biblioteca Trivulziana di Milano.

FELICE CÙNSOLO LA CUCINA MILANESE Estratto da LA CUCINA LOMBARDA NOVEDIT MILANO COMUNE DI MILANO RIPARTIZIONE SPORT - TURISMO - GIARDINI L'ASSESSORE

Nel quadro di diverse iniziative recentemente avviate per sostenere la rinascita della cucina tipica milanese, che ha non poche qualità per imporsi all'attenzione dei buongustai italiani e stranieri, l'Assessorato al Turismo del Comune di Milano ha voluto questa semplice ma gustosa selezione di ricette, tratte dal libro "La cucina lombarda" di Felice Cùnsolo. Se è vero che la gastronomia è un fattore fondamentale del turismo, non si disdegni questo volumetto che consente di ritrovare il filone di alcuni fra i fondamentali piatti " nostri", salvatisi attraverso i secoli dalle ripetute ondate d'assalto di cucine frettolose e, troppo spesso, qualificate solo da indicazioni d'origine assai superficiali. Nonostante tutto a Milano si mangia ancora bene, e non mi resta che auspicare, che anche questo libricino contribuisca alla migliore conoscenza, diffusione e rispetto dei piatti più tipicamente ambrosiani. (Gian Franco Crespi) primi piatti

BUSECCA ALLA MILANESE Dal ricettario del ristorante Savini di Milano. Un chilo di trippa di vitello, lavala, mettila in pentola, coprila d'acqua, falla appena bollire, scolala e riducila a strisce. Con mezzo etto di olio e altrettanto burro, soffriggi una cipolla affettata e poi aggiungi la trippa rosolandola. AI termine di questa operazione, unisci due etti di fagioli detti di Spagna, un po' di sedano tritato minuto, mezzo chilo di carota ridotta come il sedano, due etti di pomodori, noce moscata, pepe, sale, foglie di salvia. Copri tutto d'acqua e tira a cottura con la casseruola incoperchiata e a fuoco basso. Quando la busecca è pronta, sgrassala portando via col cucchiaio l'unto che viene in superficie e servila con un'ampia spolverata di formaggio grattugiato.

BUSECCHINA Zuppa popolare del Milanese a base di castagne, vino e latte. Prendi delle castagne secche e sbucciate, i cosiddetti « ciucchitt », lessale a casseruola coperta insieme a un mazzetto di erbe odorose; una volta cotte e sgrondate, liberale dagli eventuali residui di quella pellicina interna che ha sapore amarognolo, rimettile nuovamente in tegame senza mazzetto di odori ma con un buon vino bianco dolce. Aspetta che le castagne assorbano il vino e versale nella zuppiera di portata coprendole con latte freddo oppure panna.

CAZZOEULA ALLA MILANESE Ricetta in uso presso l'antica Trattoria della Pesa di Milano, il ben noto locale di viale Pasubio quasi centenario e di stretta osservanza ambrosiana. Prendi due piedini di maiale, spaccali per il lungo, rompili a metà e mettili a bollire un quarto d'ora per sgrassarli. Indi fai rosolare in poco olio e burro una cipolla di media grossezza affettata sottile con un chilo di puntine, qualche « salamin de verz », alcuni rocchi di salsiccia, un paio d'etti di cotenne, i piedini a cui hai dato la breve bollitura. Ben rosolata questa roba, mescolavi un chilo tra carote e sedano tagliati fini. Lascia che prendano calore e aggiungi pomodori passati alla mezzaluna oppure salsa diluita in acqua calda. Una volta assorbito il succo dei pomodori o l'acqua della salsa, bagna con brodo, regola sale e pepe, abbassa la fiamma e incoperchia il recipiente. Lessa a parte un paio di chili di verze, strizzale e incorporale al maiale appena questo sta per raggiungere il punto di cottura. Mantieni poi la « cazzoeula » al caldo e col cucchiaio asporta l'unto che viene in superficie. Alla Pesa non si serve con polenta. Di solito con la polenta la mangiano i brianzoli.

CECI CON LA TEMPIA DI MAIALE Nell'antica liturgia gastronomica ambrosiana, come si è accennato precedentemente, i ceci erano cibo natalizio, poi passarono al ruolo di mangiare di penitenza in omaggio ai morti. Perchè e quando sia avvenuta la metamorfosi non si sa. L'unico cenno che testimoni l'avvenuto passaggio si trova in una commedia di Carlo Maria Maggi: pressato ad accettare un impegno, Meneghino rifiuta dicendo per scusa che deve mangiare un piatto di ceci in memoria di suo padre. I ceci con la tempia di maiale costituitiscono ancora oggi a Milano piatto di ricorrenza nel giorno della commemorazione dei de-funti. Vengono preparati così, Già ammollati, si mettono in una pentola, possibilmente di coccio, con olio, pancetta di maiale e cipolla tritate. Dopo una buona rosolatura, si coprono d'acqua: per un chilo di ceci tre litri. Al primo bollore bisogna aggiungere prezzemolo e carote a fette, abbassare la fiamma, incoperchiare la pentola. La testa del maiale, ridotta in pezzi e ben netta di ossicini, si mette dopo la prima ora di cottura. E' meglio regolare sale e pepe sulla fine. Un profumo di foglioline di salvia ci sta bene. Come fondo per la zuppa usare fette di pane tostato in gratella.

LENTICCHIE E COTECHINO Passando da una provincia all'altra, le lenticchie cambiano di significato. Nel Vogherese la zuppa di lenti costituisce un piatto rituale del giovedì santo perchè dicono che di questo cibo si nutrì Nostro Signore nell'ultima cena. A Milano le lenticchie vogliono dire denaro, molto denaro e perciò gli ambrosiani di stretta osservanza le mangiano nel pranzo di capodanno come contorno del cotechino. Preparano questi legumi in condimento ristretto con la medesima tecnica di cottura del risotto; prima tostano nel burro cipolla affettata, sedano e carota, poi aggiungono le lenti e infine addizionano l'acqua. Il cotechino si cuoce a parte a fiamma dolce.

MINESTRONE ALLA MILANESE Pesta con la mezzaluna un etto di lardo e due spicchi d'aglio e quando il battuto sta per diventare una manteca, aggiungi un pugno di prezzemolo e del sedano. Finisci di pestare e versa il composto in una pentola insieme a carote, patate, zucchine, fagiolini verdi, i « cornitt », tutto tagliato a pezzi. Sgrana ora tre etti di fagioli del tipo « borlotto » e mischiali con l'altra verdura, aggiungendo un paio di pomodori pelati, spezzettati e privi di semi. Non dimenticare qualche listerella di cotenna fresca oppure di quella ricavata dal lardo. Colma la pentola d'acqua e mandala a fuoco vivo; appena bolle, abbassa il gas e lascia cuocere a fuoco lento per almeno tre ore. Prima del riso, metti le verze tagliate, come dicono a Milano, un tanto al tocco. Il minestrone è buono caldo, ma diventa buonissimo freddo e per questa ragione viene considerato come la minestra estiva per eccellenza.

POLENTA PASTICCIATA Piatto di cucina milanese ricco, molto gustoso, fine. Prepara la polenta al solito modo, deponila sul tagliere a freddare. Allestisci prima un ragù opulento con carne trita e funghi, poi una besciamella con latte, panna, formaggio, burro, amalgamati in parti uguali e al caldo. Taglia la polenta a fette e sistemala in una tortiera imburrata a strati alternati col ragù e formaggio grattugiato, versa sopra l'ultimo strato la besciamella. In forno moderato per mezz'ora. Ti riuscirà ancora più deliziosa se la servirai con un tartufo bianco affettato sottile.

RISO E CORATELLA Impropriamente a Milano il polmone di vitello è chiamato coratella. Prendi dunque un pezzo di polmone di vitello, lavalo bene, tienilo a bagno in acqua e aceto, dagli un bollore, taglialo a pezzetti, mettilo in brodo di carne e fanne col riso una minestra. In sulla fine incorpora una manciata di prezzemolo tritato. Il formaggio gli si dà nei piatti.

RISOTTO In Lombardia sono in uso tre maniere, tra di loro diversissime, per cuocere il risotto. Alla milanese, previa rosolatura in burro e cipolla, aggiungendo in seguito brodo a piccole dosi. Alla pavese, che è poi il modo piemontese, mettendo a bollire il riso in pari quantità d'acqua o brodo e lasciando andare a fiamma viva. Alla mantovana, versandolo in acqua bollente pari in volume e mantenendolo a fuoco moderato sulla piastra della cucina. Con questo sistema di cottura lenta e a basso fuoco i chicchi difficilmente si spappolano. Se usi le prime due maniere, ricordati che i risi fini e superfini cuociono in diciassette, al massimo in diciotto minuti, l'ordinario in quindici e hanno una tolleranza media di soli tre minuti, quindi comincia a preparare il risotto appena un quarto d'ora prima che i tuoi commensali si siedano a tavola. Il riso, dicono nel Novarese e in qualche posto della Bassa Pavese, è come il treno: si fa aspettare ma non aspetta.

RISOTTO ALLA MILANESE In un soffritto di burro e cipolla metti a tostare per qualche minuto del riso ben pulito, aggiungi poi del brodo caldo ma a piccole dosi, una spruzzatina di vino bianco e una punta di coltello di zafferano. Ricordati che lo zafferano è in grado di colorare una massa cinquecento volte maggiore della sua. In fine di cottura unisci un pezzo di burro crudo e una manciata di formaggio grattugiato. Ritira il risotto al dente e lascialo riposare qualche minuto al caldo e ben coperto. secondi piatti

ARROSTO DI VITELLO COL LATTE Da « La cucina degli stomachi deboli »: Fai friggere un pezzo di burro con un cucchiaio di farina bianca e una fetta di prosciutto ridotta in strisce sottili. Quando il tutto acquista il color dell'oro, collocavi una libbra di fesa e lasciala rosolare. Regola il sale e addolcisci il fuoco. Indi bagna la carne con un bicchiere di latte e, asciugatosi questo, versane un secondo, poi un terzo, un quarto e un quinto, mantenendo sempre la casseruola coperta. Consumatosi il quinto bicchiere di latte, l'arrosto è bell'è fatto. Lo troverai saporitissimo.

ASPARAGI AL BURRO Questa è la ricetta degli asparagi che furono serviti a Giulio Cesare in casa di Valerio Leonte. Nettali, legali a mazzo, ponili all'impiedi in una pentola con acqua che ne ricopra solo i gambi, mandali a fuoco forte e a recipiente bene incoperchiato. Servili asciutti con burro fuso e grana grattugiato. Il piatto è tuttora presente nella cucina milanese; alcuni lo preparano all'antica maniera, altri usano arricchirlo con un paio d'uova per commensale, fritte in « cereghin », cioè col rosso che si staglia sul bianco, proprio come una chierica.

BRASATO DELLA SCIORA GILDA Piatto ben noto a Milano, specialmente ai pittori, scrittori e giornalisti «habitués» della trattoria La Parete di via Borromei. E' detto della « sciora Gilda» perchè è stata appunto la signora Gilda Abiami a scoprirne tra vecchie carte la ricetta e a riportarla in onore. La data di nascita di questo brasato è difficile da stabilire, ma non si sbaglia collocandola ai primi dell'Ottocento quando il celebre vino di Gattinara dominava incontrastato sulla mensa degli ambrosiani danarosi. Arrivava dal paese piemontese di cui porta il nome in piccole botticelle a bordo di carri trainati da cavalli ed era ricercatissimo, quantunque costasse caro, per la sua nobile stoffa, il gusto raro e squisito, la naturale predisposizione a un lungo invecchiamento. Per il brasato della signora Gilda ci vuole del Gattinara autentico e di buona annata. Si uniscono a freddo in casseruola un culaccio di manzo di quattro chili, mezzo chilo di carote, tre etti di sedano, una cipolla, cinque o sei spicchi d'aglio, un ciuffo di prezzemolo, tre patate di media grossezza, una scatola di pomodori pelati, cinque o sei foglioline di salvia, uno stecchetto di rosmarino, due foglie di alloro, una fetta di un etto di pancetta rotonda o quadra, due bicchieri di Gattinara, olio, burro sale. Tutta la verdura va tagliata a tocchi e la pancetta a pezzetti. La casseruola bene incoperchiata deve andare a fuoco lento per quattro ore poi, estratta la carne, si passa il fondo al setaccio. Un poco di calore per condensare il sugo ci vuole.

BUSECCA ALLA PANNA Da « Il nuovo e bravo cuoco ». Fai cuocere la busecca, pulita e tagliata a strisce, nel suo brodo con le verdure d' accompagnamento. Cotta, la tirerai fuori e la passerai in una salsa preparata come quella per le uova alla panna. Aspetta che salsa e busecca prendano qualche bollore e sarà fatta.

BUSECCA DI MAGRO Immaginatevi se poteva mancare nella cucina dei « busecconi » una busecca di magro! Tolgo la ricet- ta da « La cucina degli stomachi deboli ». Fai prendere il tosto nel burro a una cipolletta, tagliata in croce, con alcune fette di carote e dei pezzetti di sedano, indi mettivi a sfriggolare delle rane piccole. Preso che abbiano il color d'oro, spolverizzale di farina bianca, salale e allunga il guazzetto con acqua bollente, buttando via la cipolla. Ottenuto così un brodo denso e saporito, passalo al setaccio, conservando intatte le cosce delle rane, e riponilo al fuoco. Appronta a parte una frittata sottile, estraila, piegala in quattro e tagliala in listerelle strette getterai, insieme alle cosce di rana, nel guazzetto.Un solo bollore ancora e servi. Risulta squisita.

CAPPONE CON RIPIENO DI NOCI Una volta costituiva piatto di rigore nel menù natalizio di molte famiglie milanesi. Acciacca e sguscia una ventina di noci, pestane i gherigli nel mortaio, passali in una terrina e mescolali con mezzo bicchiere di panna aggiunto a poco a poco, una manciata di pane grattugiato, due once di burro, sale, spezie, tre tuorli d'uovo, due mostaccini e un cucchiaio di zucchero. Se non ami il dolce, sostituisci mostaccini e zucchero con formaggio trito. Con detto ripieno rimpinza un cappone che ricucito e ben legato manderai allesso. Allo stesso modo potrai farcire la punta di vitello dopo averla aperta col coltello. Nel brodo che ti rimane lessa i ravioli o le mericonde: mangerai una cosa squisita.


COSTOLETTA ALLA MILANESE Per anni e anni alcuni esterofili impenitenti si sono affannati ad attribuire l'invenzione della famosa costoletta a cuochi viennesi. Chi cercava di difendere il merito ambrosiano, non disponendo di prove, sciupava fiato e parole. Una fortuita scoperta fatta da studiosi austriaci è venuta di recente a riconoscere in modo lampante la priorità meneghina. Il « Wiener Schnitzel» non è padre ma figlio della « cotoletta ». Nell'archivio di Stato di Vienna è stato infatti ritrovato un documento redatto dal conte Attems, aiutante di campo di Francesco Giuseppe, in cui si cita un lungo e dettagliato rapporto del Maresciallo Radetzky sulla situazione politico-militare della Lombardia. Marginalmente questo rapporto informava l'imperial governo che i milanesi sapevano cucinare qualcosa di veramente straordinario, la costoletta di vitello intrisa nell'uovo, impanata e fritta nel burro. Il particolare dovette restare bene impresso nella memoria dell'imperatore se Radetsky, una volta tornato a Vienna, fu chiamato a palazzo e pregato di dettare al capo dei cuochi dell'aulica cucina la precisa ricetta della tanto decantata vivanda. L'autentica costoletta alla milanese è fatta di carne, tratta dal quadrello, col gambo osseo attaccato. Battuta, bagnata nell'uovo, impanata e fritta nel burro — perciò niente olio e nemmeno strutto — va presentata in tavola con l'osso sporgente, detto comunemente manico, avvolto in un riccio di carta bianca, guarnita di patatine fritte e con uno spicchio di limone. Se desideri aggiungere alla preparazione descrittati un tocco antico, appena battute le costolette, dalle un odore di noce moscata e bagnale prima nel burro fuso, passale poi nel pane grattugiato, immergile nell'uovo sbattuto e infine nuovamente nel pane. Ti riusciranno più squisite e potrai dire di averle preparate come si faceva ai tempi di Radetzky.

FARAONA DELLA SCIORA ANGIOLETTA Dal ricettario del Gavirati. Involgi una faraona sventrata e pulita in un etto di pancetta tagliata a strisce, legala con refe, falla rosolare nel burro, bagnala con un bicchiere di marsala e tirala a cottura con fuoco lento e a recipiente coperto umettandola di tanto in tanto con latte.

FESA ALLA MILANESE IN GELATINA Ricetta di cucina signorile, tratta da « La cucina degli stomachi deboli ». Prendi un chilo di fesa in un sol pezzo, battila bene per renderla più tenera, insteccala con filetti di lardo, carota e prosciutto, spolverizzala di spezie, pepe e sale, collocala in casseruola con un pezzo di burro, due piedini di vitello rotti a pezzi, sedano e carota affettati. Falla rosolare a fiamma allegra fino a darle un bel colore bronzino, sommergila d'acqua calda e tienila a calore leggero e a recipiente coperto per due ore. Lascia raffreddare la carne nel suo brodo e infine toglila. Dai piedini potrai ricavare nervetti. E' il brodo che dovrai ora curare. Sgrassalo, passalo al setaccio, rimestavi una chiara d'uovo sbattuta a fiocca, ponilo al fuoco e quando bolle coprilo per qualche minuto con un testo arroventato. Ridotta che sia la chiara alla superficie, schiuma la gelatina e chiudila in frigorifero. Servirai la fesa fredda tagliata a fette e la gelatina a tocchi. Piatto estivo.

FOIOLO IN UMIDO Ricetta popolare milanese. Per un chilo di foiolo, un etto e mezzo di burro, mezza cipolla affettata, aglio e prezzemolo battuti, mezz'etto di funghi ammollati. Soffriggi nel burro verdure e foiolo, bagna con un bicchiere di vino bianco, colora con una punta di conserva di pomodoro diluita, abbassa la fiamma e tira a cottura a fuoco stanco per quattro ore, inumidendo di tanto in tanto con qualche cucchiaiata di brodo caldo. Prima di toglierlo dal fuoco, dagli una bella manciata di grana grattugiato.

LACCETT IN AGRODOLCE Ricetta milanese anteriore al Settecento. Fai imbianchire in acqua bollente i « laccett » — le animelle di vitello — mondali e mettili in casseruola con poco burro, fettine di lardo, prosciutto, sedano, carota, cipolla, sale. Preso il color dell'oro, getta via la cipolla, bagna con buon brodo e lascia cuocere con fuoco sotto e sopra o a forno leggero. Cotti i « laccett », tagliali a fette, deponili nel piatto e irrorali con una salsa amalgamata a parte osservando le seguenti proporzioni : per quindici grammi di capperi, quaranta di zucchero, altrettanto di olio fine d'oliva, il succo d'un limone o l'eguale d'aceto.

LUMACHE ALLA MILANESE Da « Il nuovo e bravo cuoco ». Prepara una concia stemperando in olio e burro un paio di acciughe, pulite, diliscate e tritate, mettivi un cucchiaio di farina bianca e dopo una breve tostatura un poco di prezzemolo, semi di finocchio, aglio, cipolla, ben passati alla mezzaluna. Allora puoi versarvi una libbra di lumache sgusciate, ben nette e già imbianchite. Lascia che cuociano a fuoco lento per almeno due ore, ma bada che il sugo non si restringa troppo e perciò allungalo di tanto in tanto con piccole dosi di brodo. Rimetti le lumache cotte nei loro gusci che avrai ben lavati e asciugati e sopra ognuna farai cadere qualche goccia del sugo di cottura. Le servirai riscaldate nell'apposito padellotto.

MESSICANI Dal ricettario del ristorante Tantalo di Milano. Taglia un chilo di fesa a fettine, battile, tienile sul tagliere. Componi una farcia con tre etti di salsiccia sbriciolata, i ritagli avanzati nell'affettare la fesa passati al tritatutto, due uova crude, due cucchiai di formaggio, prezzemolo e uno spicchio d'aglio tritati, sale, pepe, noce moscata e una spruzzata di vino bianco magro; distribuiscila sulle fettine che vanno arrotolate, infarinate, infilzate a tre a tre in spiedini lunghi con tramezzi di pancetta e foglioline di salvia, cucinate a calore moderato nel burro aiutandone la cottura con spruzzatine di Marsala. Si possono accompagnare con un risottino.

OCA ARROSTO SENZA CONDIMENTO Sala bene di dentro e di fuori un'oca, collocala in casseruola con due bicchieri d'acqua, mandala coperta in forno leggero per quattro ore, in ultimo dalle una rosolata a fuoco vivo per farle prendere il colore bronzino dell'arrosto.

OSSIBUCHI Se vuoi prepararli all'antica maniera, infarinali, falli indorare in padella d'ambo le parti con burro abbondante, spruzzali di vino bianco magro, dagli pepe, sale e noce moscata, bagnali con brodo caldo aggiunto a piccole quantità, tirali a cottura a fuoco lento. Quando vedi che la carne comincia a staccarsi dall'osso, allestisci la « gremolada », cioè un battuto di giallo di limone, aglio, prezzemolo e rosmarino, e versagliela sopra. Ancora un paio di minuti di fuoco e sono pronti. Nessun editto vecchio o nuovo vieta di cucinare gli « oss bus » col pomodoro. Quindi se li vuoi in una edizione rossa, aggiungi, dopo la spruzzata del vino bianco, pomodori pelati e tritati insieme a sedano e carota. Il resto del procedimento è uguale. Il bello dell'osso buco sta nel midollo che colma il buco dell'osso. Sappialo perciò tirar fuori aiutandoti con quell'arnese di tavola chiamato « agente delle tasse ».

PANCETTA RIPIENA Antica ricetta di cucina popolare milanese. Prepara un ripieno con carne arrosto, mortadella di fegato, prosciutto cotto, salsiccia saltata in padella, aglio, prezzemolo, qualche noce, amaretti, ogni cosa ben tritata, formaggio grattugiato, uova. Distendilo sulla pancetta di vitello che arrotolerai e legherai come un salame dopo averne cucito i bordi con refe. Metterai questa pancetta a bollire da sola o in compagnia di un bel cappone. Nel brodo potrai cucinare gli agnolotti.

RANE IN GUAZZETTO Da « La cusinna de Milan » del Fontana. Accomoda, a freddo in padella, dopo aver loro incrociate le cosce sui fianchi, le rane con vino bianco magro e un pezzo di burro, quindi mandale al fuoco, lascia asciugare il vino, unisci un cucchiaio di farina bianca. Tostatasi la farina, aggiungi un mestolo, o più a seconda della quantità delle rane, d'acqua calda e prezzemolo tritato, regola il sale, incoperchia. Per ultimo mettivi succo di limone e un secondo pezzo di burro. La bagnetta ha da risultare cremosa. Le rane in guazzetto sono una delle più antiche invenzioni della cucina milanese; alcuni le fanno risalire addirittura all'anno Mille. Si racconta inoltre che Federico Barbarossa, so- stando un giorno dove ora sorge Precotto, ordinò per sè e il suo seguito a un oste locale una mangiata di rane in guazzetto: ne occorsero diecimila.

STUFATO ALLA MILANESE Al Manzoni doveva piacere moltissimo lo stufato, ha arguito qualcuno, se nel passo dei « Promessi sposi » dove si descrive la sosta di Renzo all'Osteria della Luna Piena ne ripete il nome due volte, nell'offerta dell'oste e nella conferma dell'avventore. « Cosa mi date da mangiare » chiede Renzo. « Ho dello stufato, vi piace? » risponde l'oste. « Sì, bravo, dello stufato ». Ora mi pare che una semplice ripetizione, probabilmente dettata da ragioni di stile, sia troppo poca per rivelare un gusto; certamente allo scrittore sarà piaciuta assai la vivanda in parola, ma il passo, più che una predilezione, rivela la grande cura del Manzoni nel documentarsi prima di scrivere. Della medesima opinione è un noto studioso manzoniano, il professore Claudio Cesare Secchi. « El stuaa » era il piatto che una volta gli osti di Milano avevano sempre pronto. Nelle famiglie private questa pietanza costituì, fino ai primi del Novecento, un mangiare domenicale quasi di rigore del periodo autunno-inverno, cioè a dire dei mesi in cui si teneva accesa la stufa o il camino. Si cominciava a prepararlo nel pomeriggio di sabato; quale taglio di carne generalmente usavasi il culaccio di bue e tra i condimenti indispensabile era il grasso dello stesso animale. Per chi volesse riportare all'onore della mensa l'antica specialità meneghina riproduco la ricetta che ne dà « La cucina degli stomachi deboli ». Batti un bel culaccio di manzo, insteccalo con pezzetti di prosciutto o di lardo aspersi di pepe e cannella, infarinalo. In un tegame soffriggi grasso di manzo tritato, burro e una cipolla spaccata in croce. Quando la cipolla è dorata, buttala via e prendi a far rosolare la carne da tutte le parti. Rosolata che tu l'abbia, coprila ben bene con brodo e vino rosso, metà e metà, incoperchia il recipiente e tienilo a fuoco leggerissimo. Cotto il brasato, vedi se è regolato di sale e lascialo riposare in luogo freddo fino al mezzodì del giorno appresso. Prima di riscaldarlo, togli col cucchiaio il grasso rappreso in superficie.

UOVA ALLA PANNA Antica ricetta di cucina milanese. Dimena a fuoco non troppo vivo un'oncia di burro con un cucchiaio di farina, sale, noce moscata e un pizzico di prezzemolo trito, aggiungi un bicchiere di panna, alza la fiamma. Lascia addensare un poco. In questa crema getterai sei uova sode affettate e le servirai.

VITELLO TONNATO Non tutti riconoscono al vitello tonnato origine milanese forse per quella sua intitolazione corrente, «vitell tonné », che molti prendono per francese e che invece è meneghina della più bell'acqua. Una volta costituiva pietanza d'estate e piatto di ricorrenza nel pranzo di ferragosto. Marina un chilo di fesa per dodici ore con due bicchieri di vino bianco magro, carota e cipolla tritata, due chiodi di garofano, sale e pepe. Avvolgila poi in una tela, acciocchè non si sformi cuocendo, e mandala a fuoco lento insieme alla marinata. Fredda, liberala dal panno. Sgrassa ora il fondo di cottura, passalo al setaccio con due etti di pancetta di tonno, tre acciughe diliscate, due rossi d'uovo sodi, unisci il succo d'un limone, un cucchiaio d'aceto, mezzo bicchiere di olio d'oliva, un pizzico di zucchero e qualche cappero. Sbatti bene questa salsetta e con essa irrora la fesa tagliata a fettine e accomodata nel piatto di portata. Il vitello tonnato si prepara la sera e si serve freddo nel pranzo dell'indomani.

ZUCCHINE RIPIENE E' un piatto subito fatto, leggero, d'amici, scrive dei « zucchet con el pien » Giuseppe Fontana. Levata la scorza a otto, dieci zucchine, tutte della stessa misura, dritte, dure e piccoline, tagliale a metà per il lungo e lasciale bollire per un quarto d'ora in acqua regolata di sale. Asporta con un cucchiaio il midollo che hanno all'interno, spremilo per fargli perdere l'acqua, tritalo e ponilo da parte. In un pentolino friggi tre cucchiai di burro insieme a una piccola cipolla spaccata in quattro. Appena questa prende colore, buttala via e unisci al burro quattro cucchiai di farina bianca, rimesta e dopo una leggera tostatura incorpora due bicchieri di latte caldo. Fanne una crema consistente alla quale sommerai il midollo delle zucchine, formaggio grattugiato, prezzemolo trito, sale, noce moscata e quattro amaretti pesti. Ritira il pentolino dal fuoco e aggiungi due rossi d'uovo. Mescola bene il composto e con esso colma le mezze zucchine già sistemate con l'incavo in su in una teglia unta di burro. Copri il ripieno con altri amaretti frantumati e qualche pinolo, dagli una pennellata di bianco d'uovo. In forno a calore moderato per mezz'oretta.


dolci tradizionali

CREMA ALLA MILANESE Da « Il nuovo e bravo cuoco ». Sbatti diciotto rossi d'uovo con nove once di zucchero e un boccale di panna, dagli un gusto a piacere, manda la crema al fuoco mescolando di continuo e badando che non prenda il bollore, passala al setaccio e servitene come guarnizione al pan di Spagna o altro dolce.

CROSTATE DI PANETTONE Avrai certamente del panettone raffermo; affettalo, congiungi le fettine a due a due con uno strato di crema pasticciera o marmellata o meglio ancora con zabaglione fatto spesso col vino di Malaga, passa le coppiette nell'uovo sbattuto insieme al latte — per ogni tre uova intere un quintino di latte — e friggile nel burro sfriggolante dopo averle infarinate. A mangiarle calde risultano molto buone.

FAVE DEI MORTI Dolci di ricorrenza usati in tutta la Lombardia nel giorno della commemorazione dei defunti. Sono foggiati a forma di fava e colorati in verde. Evidentemente in tempi molto antichi, al posto dell'odierna di ceci, il dì dei morti si mangiava una zuppa di fave. Se vuoi preparare questi dolci in casa, macina tre etti di mandorle grezze, cioè solo sgusciate, e due di pinoli, impastali insieme a mezzo chilo di zucchero con qualche chiara d'uovo, fagli assorbire un etto di farina, colorali in verde chiaro. L'aggiunta di un pizzico di ammoniaca giova. Fai la pasta piuttosto dura, stirala a bastoncini, tagliala a pezzetti a cui darai la forma di fave, disponi i pezzetti su placche imburrate e cuocili a forno basso. LACCIADITT Dal ricettario del Gavirati. Intridi mezzo chilo di farina bianca con latte e acqua, due uova, un pizzico di sale. Tieni la pasta piuttosto molle e incorporavi mele sbucciate e tagliate a fettine. Lasciala riposare in luogo per due ore e poi friggila a cucchiaiate in tanto strutto in modo che questi bocconi di pasta, i « lacciaditt », vi possano nuotare. Estratti con la ramina a mano che si indorano, li riporrai su carta paglia affinchè perdano una parte del loro unto, indi li servirai caldi spolverizzati di zucchero. I buongustai di stretta osservanza ambrosiana li mangiavano il giovedì grasso.

MASCARPONE AL LIQUORE Dall'antico comasco « mascarpa », ricotta, deriva mascarpone; però non è ricotta, bensì un finissimo latticino ricavato dal fior di latte. Lavorato per mezzo di una spatola di legno con liquore — cognac o rum — e zucchero, diventa un genere da « dessert » assai prelibato. Questo modo di condire il mascarpone è molto antico tanto che lo ricorda il Cherubini nel suo dizionario. « Comunemente si suole mangiare — egli scrive — meramente inzuccherato, i ghiottoni però se lo pappano anche stemperato col rosolio o col rum oppure mascherato in tante altre maniere ».

PAN DE MEI Un feroce brigante, certo Vione Squilletti, batteva la campagna milanese a capo di una banda di malfattori della peggiore specie rapinando i viandanti e taglieggiando i contadini. Stanco di sopportarlo, Luchino Visconti mandava contro il bandito uno squadrone di armigeri. Malfattori e soldati si scontrarono nel luogo ora chiamato Morivione — qui morì Vione — e la battaglia cruenta si concluse con l'uccisione del temuto brigante. I contadini festeggiarono i soldati liberatori offrendo loro panna e « pan de mei ». Era quel giorno la festa di San Giorgio e da allora è rimasta la consuetudine di questo mangiare nella ricorrenza della festività del santo che cade il 24 aprile. Il « pan de mei » d'oggidì non è il rozzo pane di miglio dei tempi viscontei, ma un dolce. Il Ciocca, nel suo « Il pasticciere e confettiere moderno », ne dà la seguente ricetta. Impasta un etto di farina gialla, uno di semola, uno di burro, uno di zucchero, uno di lievito con tre uova crude. Fanne tante pagnottine assai schiacciate, adagiale su placche unte di burro e mandale a forno moderato. Appena sfornate, lucidane la superficie con acqua zuccherata e cospargila di fiori di sambuco. Il « pan de mei » sposato alla panna è veramente delizioso, ma un po' duro da digerire. El mangià e bev in santa libertaa in mezz ai galantomen, aj amis in temp d'inverna al cold, al fresch d'estaa, diga chi voeur, l'è on gust cont i barbis. CARLO PORTA


LA CUCINA LOMBARDA di Felice Cùnsolo presenta la storia del costume gastronomico e le migliori ricette di cucina delle nove province di Lombardia, dalla più antica, gli asparagi al vapore serviti da Valerio Leonte a Giulio Cesare, alla più recente, il baccalà alla Cristoforo Colombo. La pubblicazione è realizzata in veste elegante, stampata a due colori su carta di Fabriano appositamente fabbricata, vignettata all'antica, rilegata in imitlin e munita di sopracoperta a quattro colori. Formato 12x20, pagine 240, costa lire 2.800 la copia. Può essere richiesta nelle migliori librerie oppure direttamente alla Novedit Milano, Via Spartaco 26.