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Biblioteca dei giovani lavoratori - Volume I -

AURELIO MOLINARI Dalla miniera al Sempione Giorgio Stephenson

Milano COOPERATIVA EDITRICE LIBRARIA 1906 Aurelio Molinari Dalla miniera al Sempione Giorgio Stephenson

MILANO COOPERATIVA EDITRICE LIBRARIA 1906 Tipografia L. Marinoni - Lodi, via Marsala, 20 GIORGIO STEPHENSON DALLA MINIERA AL SEMPIONE "Se si eccettui l'alfabeto e la stampa, non vi sono invenzioni umane che maggiormente contribuiscano al progresso dell'incivilimento di quelle che hanno " per fine lo accorciare delle distanze" MACAULAY.

Influenza delle comunicazioni ferroviarie sulla civiltà. Le Alpi gigantesche, superbe, magnifiche; le Alpi le quali non valsero però ad impedire che popoli audaci e arditi condottieri d'eserciti - da Annibale a Napoleone — scendessero a sfruttare le multiformi energie fisiche, politiche, artistiche della nostra Italia, o a rinvigorirla di altre energie, suscitatrici alla lor volta di nuove idealità ; le Alpi immense, ostacolo all'espansione delle industrie e dei commerci d'Italia e dell' estero furono vinte e dome per la terza volta. Dopo le imprese titaniche dei trafori del Cenisio e del Gottardo, la storia annovera ormai anche quella del Sempione. Nelle viscere del colosso alpino la vaporiera sibilante percorre più volte al dì la lunghissima rettilinea galleria che congiunge Briga con Iselle, e una nuova importantissima comunicazione è così stabilita fra l'Italia e l'Europa Centrale ed Occidentale, un nuovo vincolo di solidarietà, un nuovo pegno di pace e d'amore affratella i popoli. Oramai si può dire davvero che nessun ostacolo insuperabile si oppone agli scambi d' ogni sorta fra le nazioni. Le ferrovie e il telegrafo, col ridurre e quasi annullare le due grandezze della Natura che solamente un secolo fa si sarebbero dette irriducibili e invincibili — lo Spazio e il Tempo — hanno cambiato completamente l'assetto economico della Società, e prodotto la grande Industria, il Commercio Internazionale, il Giornalismo. Inoltre, rendendo immensamente più agevole lo scambio delle cose, delle idee, dei sentimenti, delle attività, vanno continuamente compiendo un benefico avvicinamento intellettuale e morale fra i popoli; e insieme con altre cause prepareranno certamente al mondo civile un avvenire di pace e di prosperità. Onde ben a ragione l' illustre storico inglese Macaulay, contemporaneo di Watt e di Stephenson, scrisse: « Ogni perfezionamento nei mezzi di trasporto è un fattore di perfezionamento intellettuale, morale e materiale della società : esso, non solamente agevola lo scambio dei prodotti del- l'arte e della natura, ma tende ancora a distruggere le antipatie nazionali e a restringere i legami che debbono riunire la grande famiglia umana ».

A chi principalmente dobbiamo le ferrovie?

Ma gl'immensi vantaggi degli attuali rapidissimi mezzi di trasporto e di comunicazione non sarebbero stati possibili, se uomini di sommo ingegno e di fortissima volontà non avessero dapprima ricercata, studiata, domata, regolata la forza di espansione del vapore e l'energia elettrica, e poi applicate al trasporto delle merci, dei viaggiatori, delle lettere, dei giornali, ecc., col concorso di apposite vie munite di guide di ferro, e di apparecchi accessorii. Ora, chi crederebbe che il più grande di questi uomini, colui che inventò la locomotiva e perfezionò le vie ferrate, colui che costruì e di-resse le prime grandi linee ferroviarie di Europa fu in origine un umilissimo minatore, più umile dell'ultimo dei nostri operai ; che a diciotto anni guadagnava (in Inghilterra, dove i salari erano anche or fa un secolo più elevati che da noi) appena una lira e mezza al giorno, e non sapeva nemmeno scrivere il proprio nome? Eppure tuttociò fu possibile a quell'uomo ec- cezionale, a Giorgio Stephenson (I) perchè egli ebbe, insieme con una intelligenza aperta, una volontà di ferro, 1' amore al lavoro, la tenacia dei propositi, la perseveranza nell' operare, il desiderio costante di migliorare, di istruirsi, di progredire sempre nella sua arte e di perfezionarla; perchè — conscio che la vita non è piacere e godimento, ma lotta e travaglio pel compimento del dovere a vantaggio proprio e altrui — lavorò, faticò, lottò, vinse difficoltà che sembravano insuperabili, e riuscì ad acquistare fama e ricchezza, e la gloria di aver dotato il mondo d'un'invenzione che fece fare alla civiltà passi da gigante. Tuttavia, mentre si conoscono le particolarità più minute, gli episodi anche insignificanti della vita di condottieri di eserciti, i quali, se diffusero la civiltà (non avrebbe essa progredito ugualmente senza le stragi di Alessandro, di Cesare, di Annibale, di Attila, di Carlo Magno, di Napoleone ?) lo fecero seminando la distruzione, la desolazione, l' incendio e la morte ; mentre è nota anche a persone poco colte la biografia dei grandi artisti e degli uomini di Stato anche mediocri ; mentre si conosce il nome e la storia di uomini vissuti migliaia di anni or sono e che poco o punto influirono sulle nostre condizioni, sul nostro benessere, sulla ci-

(I) Pronunciate Stivenson. — 9 —

viltà nostra, — la vita di Giorgio Stephenson, come quella di tanti e tanti altri inventori e scienziati, il suo nome stesso, sono quasi universalmente ignorati. La biografia di Giorgio Stephenson dovrebbe essere invece conosciuta, diffusa e meditata, perchè egli non fu solamente un grande inventore, ma fu anche un modello di virtù domestiche e civili, ed uomo di rara modestia. Leggete dunque attentamente, o giovani lavoratori, le vicende della vita di lui, e traetene tutti gli ammaestramenti dei quali è feconda. Utilità della miniera. Si potrebbe proprio dire che l' invenzione della locomotiva fu creata dal bisogno che si aveva di essa ; che avvenne cioè quando era necessario, indispensabile avvenisse. Essa infatti fu opera di un forte lavoratore vissuto in Inghilterra appunto nell'epoca in cui lo sviluppo delle industrie estrattive e tessili richiedeva facili, rapidi ed economici mezzi dí trasporto e di comunicazione. Giorgio Stephenson passò il primo e più importante periodo della sua vita nelle miniere, in queste città sotterranee in miniatura, dove un popolo di lavoratori travaglia e suda e si espone a mille rischi per procurarci la luce, il calore e la materia prima con la quale foggiamo ogni sorta di strumenti. Nella miniera furono impiegate, prima che altrove, le macchine a vapore fisse e le pompe ; nella miniera s' incominciarono ad applicare le guide per i carri, la trazione per mezzo di funi metalliche, gli ascensori e tante altre utili innovazioni meccaniche ; nella miniera si educarono e temprarono, oltre al più grande inventore del secolo XIX, moltissimi altri illustri meccanici, che perfezionarono gli strumenti e i metodi di lavorazione. Per meglio apprezzare quanto verrò narrando, vediamo pertanto brevemente come funziona una miniera di carbon fossile.

Il pozzo e le gallerie.

Nel maggior locale a terreno di un apposito edificio s'apre un pozzo profondo parecchie centinaia di metri, nel quale possiamo discendere su di una comoda piattaforma munita di para- petto ; mentre un ascensore porta alla superficie parecchie casse sovrapposte ricolme del minerale estratto, il quale viene tosto mondato dai sassi e caricato su carri o vagoni, che lo trasportano fin nei più lontani paesi. Arrivati ad una certa profondità, dove si trova il primo filone (I) di minerale, dal pozzo si prolungano orizzontalmente a destra e a sinistra due lunghe gallerie spaziose, lastricate, murate ai lati e sulla volta, nelle quali vanno innanzi e Indietro uomini, cavalli trascinanti dei carri, e piccoli vagoni pel trasporto del carbone. Da queste due gallerie principali se ne dipartono altre, dove ferve il lavoro di scavo per mezzo di picconi, di scalpelli e di mine. In tutte le gallerie scorrono i canaletti per l'acqua di scolo, la quale, per mezzo di pompe a vapore e di un intricato insieme di tubi, viene aspirata e portata fuori della miniera a mettere in moto altri meccanismi.

La dura vita dei minatori.

Quante difficoltà s' incontrano nello scavo delle gallerie di una miniera !

(I) Strato o vena di carbone o d'altro minerale interposto fra le rocce. Esse talvolta sono scavate nel carbone stesso, che si screpola e cede facilmente, si polverizza, rende l'aria quasi irrespirabile, oppure provoca incendi disastrosi ; altre volte invece vengono aperte nella dura roccia, che bisogna squarciare a forza di scalpelli, di mine e di dinamite; oppure attraversano strati di terreno sabbiosi e umidi, che franano con facilità estrema, e che bisogna sostenere per mezzo di travature, o fiancheggiare da solidi muri o da tubi metallici. Dopo la prima galleria il pozzo continua ad approfondirsi nel sottosuolo : arriva ad un secondo, poi ad un terzo filone, nei quali altre gallerie principali e secondarie si diramano a centinaia, per offrire altrettanti punti di scavo. Un esercito di lavoratori, divisi in squadre che si alternano senza interruzione notte e giorno, popola e riempie di rumori e di rinbombi questa vasta rete di vie e viuzze sotterranee. Chi attende allo scavo, chi ad allargare le gallerie, chi allo sgombro di esse, chi al trasporto, chi alla muratura, o alla impalcatura di sostegno, o al governo delle pompe e delle macchine. Ecco un minatore coperto di un rozzo mantello impermeabile, cogli stivaloni alti e ferrati, un cappello di tela o di cuoio, e una lampada in mano. Vicino a lui un altro, — adibito allo scavo in una galleria stretta e bassissima, dove bisogna lavorare stando carponi, — è seminudo e nero: unico suo vestimento è un paio di calzoncini. Il loro aspetto pallido e serio, i tratti rudi ed energici, le poche parole dicono la lotta ostinata contro la materia ribelle che essi combattono senza tregua, e i continui pericoli a cui sono esposti.

I pericoli nelle miniere. - L'unione crea la forza.

Infatti le frane, i macigni, le sorgenti d' acqua impreviste e copiosissime, i gas irrespiraoili e velenosi di carbonio e di idrogeno che si sviluppano dal carbon fossile, gli scoppi di questi gas, gli incendi facili e terribili minacciano quotidianamente la vita del minatore, la tranquillità della sua famiglia, e trasformano troppo di frequente le miniere in cimiteri, dove non sempre i lavori possono essere ripresi. (I) I lavoratori della miniera furono perciò i primi ad unirsi in società di mutuo soccorso e in leghe di resistenza, pagando una lieve quota settimanale, per soccorrere i feriti e le loro famiglie, gli ammalati e i disoccupati; oppure per ottenere dal governo leggi protettive del loro

(I) E' recente il disastro (marzo 1906) avvenuto nelle miniere di Courrières. nella Francia settentrionale, causato da un incendio, e che costò la vita a circa 800 lavoratori. duro lavoro (I) e migliori condizioni dagli imprenditori, non sempre umani. Si può dire che nessun lavoro come quello della miniera affina l'intelligenza, tempera l'animo, rende l'uomo previdente, industrioso, ardito o prudente a seconda dei casi. Nessun altro lavoro meglio di questo lo educa alla perseveranza nei propositi e nelle opere, alla solidarietà coi compagni di fatica, alla pietà verso chi soffre, al coraggio che può strapparlo alla morte.

Infanzia di Giorgio Stephenson. - Suoi primi lavor .

Fu appunto la regione più carbonifera dell'Inghilterra, il Northumberland, che diede i natali al grande inventore di cui incominciamo a narrare la vita umile e gloriosa nel medesimo tempo ; fu appunto in quella regione, dove il perfezionamento delle vie e dei mezzi di trasporto era indispensabile allo sviluppo delle fiorenti industrie locali — principalissime quelle del co-

(I) In Australia. negli Stati Uniti, in Inghilterra, nel Belgio i minatori, oltre al diritto a pénsione e ad adeguate indennità in caso di infortunio, hanno ottenuto anche la giornata di lavoro di 8 ore, senza diminuzione, s' intende, del loro salario giornaliero, che è giustamente elevato. tone e la mineraria —, che si fecero i primi tentativi e i primi esperimenti di strade ferrate. Giorgio Stephenson nacque in una misera casupula del villaggio Wilam, presso Newcastle (I) il 9 giugno 1781. Suo padre era fuochista in una delle miniere vicine, ed a stento guadagnava di che mantenere la moglie e sei figliuoli. Il piccolo Giorgio, come tutti i bambini poveri di quei tempi, crebbe ruzzando nel cortile di casa, nutrendosi di cibi grossolani, ascoltando con ingenua meraviglia le avventure di Robison Crosuè e le fole delle fate, portando a mezzogiorno — appena potè camminare con sicurezza — la minestra al babbo. Per cui, appena Giorgio ebbe raggiunta l' età di otto anni, fu mandato nei campi a custodire le mucche di una vicina, la quale lo compensava con due pence (2) al giorno. Dopo pochi mesi però gli si affidarono altri lavori campestri, come portar erba, guidar l'aratro e simili, e gli si accrebbe la paga. Il buon Giorgetto cominciò dunque molto presto a guadagnarsi il pane.

(I) Vedere la cartina a pag. 50. (2) Il penny è la 240° parte della lira sterlina, ed equivale a dieci centesimi circa. Al plurale si dice pence. II minuscolo lavoratore della miniera.

Ma egli non si sentiva inclinato ai lavori dei. campi. Il suo vivissimo desiderio, il suo sogno sospirato era di scendere nelle miniere e governar le macchine; tanto che i trastulli suoi nei momenti di riposo consistevano nel fare piccoli modelli di semplici meccanismi col legno e colla creta. Egli però era ancora troppo giovane per essere sottoposto ai pesanti e malsani lavori del minatore. Tuttavia, dopo molte insistenti preghiere, suo padre lo accontentò e lo condusse con sè alla miniera, dove il ragazzetto fu impiegato a separare e ripulire dai sassi il carbone. Ma Giorgetto era sì piccino che quando l' ispettore andava a visitare la miniera, egli si nascondeva dietro alle carriuole per non essere visto. Temeva di essere trovato troppo giovane per guadagnare il suo salario di dodici soldi al giorno ! Essendosi esaurito il filone della miniera nella quale lavoravano, padre e figlio si allogarono in un'altra miniera molto lontana dal loro villaggio; per cui il buon Giorgio, che faticava già dodici ore nella miniera, doveva tutte le mattine alzarsi all'alba per trovarsi là in tempo, e alla sera non rincasava che molto tardi. Ma egli era contento di fare questi sacrifici per rendersi utile ai suoi poveri genitori ed ai fratelli minori. Era il tempo delle guerre Napoleoniche, (I) e le ingenti spese richieste alla guerra avevano rincarato enormemente i viveri e gli affitti, tanto che una famiglia numerosa come quella degli Stephenson, il cui capo guadagnava la discreta somma di 35 a 40 scellini la settimana (da 40 a 50 lire italiane), doveva alloggiare in una sola stanzaccia.

Progressi del piccolo Giorgio. Ma s'accorge di essere ignorante.

Il nostro Giorgetto si mostrò così laborioso, così attento, così volonteroso e zelante, che man mano che avanzava in età gli affidavano lavori sempre più difficili e meglio rinumerati. A diciasette anni ebbe l'incarico di regolare il foco-


(1) Com' è noto, Napoleone per sottomettere l'Inghilterra ordinò il Blocco Continentale, cioè il divieto ai porti Enropei di accogliere navi e merci provenienti dalla Gran Brettagua, sperando eli rovinare il prospero commercio della sua potente o indomita: nemica. Ma invano. lare della macchina a vapore, colla paga di 12 scellini (15 lire) la settimana. La prima volta che percepì quel salario — che a lui pareva lautissimo — esclamò : « Ora sono un uomo per tutta la vita! » Giorgio aveva una passione particolare per le macchine: alla miniera si accorsero presto che quelle affidate a lui erano sempre in buono stato, e di rado avevano bisogno di riparazioni, che obbligavano a interrompere il lavoro. Invece di eseguire il suo faticoso lavoro con l'indifferenza di un animale da soma, egli osservava il complicato congegno della macchina a vapore che gli era stata affidata, allo scopo di comprenderne l'ingegnoso meccanismo e meglio regolarne i movimenti. Disgraziatamente Giorgio, il quale era ormai diciottenne, non sapeva nè leggere nè scrivere: i suoi genitori non avevano potuto mandarlo a scuola, perchè le scuole pubbliche in quei tempi erano poco numerose, nè i Comuni davano gli aiuti e i sussidi che si distribuiscono ora quasi dovunque per far sì che anche i fanciulli più poveri possano fruire dei benefici dell'istruzione e dell'educazione. In qual modo si istruisce da sè.

Giorgio comprese ben tosto che quelle macchine che amava tanto sarebbero sempre state per lui degli enigmi fino a quando egli avesse pensato a divenire meno ignorante. Quando poí giunse fino a lui la fama dei progressi che Giacomo Watt (nato nel 1736, morto nel 1816) andava introducendo nella macchina a vapore da lui inventata, sentì più acuto il desiderio di leggere nei libri, e comperò un sillabario. La sera egli si recava dal maestro del villaggio (un certo Cowns) per prendere delle lezioni, che egli pagava (I) co' suoi risparmi, coi risparmi che molti suoi compagni di lavoro impiegavano nel tabacco, nei liquori o in abiti meno rozzi. E poiché la sua giornata di lavoro era lunghissima, egli per istudiare approfittava delle ore dei pasti. Non appena aveva un istante di riposo egli levava di tasca il suo libro di lettura e un pezzo di ardesia, sulla quale si esercitava a scrivere e a far calcoli. Ma per imparare l'aritmetica egli dovette andare da un altro maestro, perchè il primo maestro non gliela sapeva insegnare !

(I) Pagava 8 soldi per settimana ! Ma forse non era poco, data l'abilità del maestro. Allo scopo di guadagnare il danaro necessario per istruirsi, egli, terminata la sua lunga giornata, ricominciava a lavorare la notte, rattoppando le sue vecchie scarpe e quelle dei suoi compagni! Solamente a diciannove anni egli potè riuscire a scrivere il suo nome. Vedete quali e quanti sacrifici, sacrifici di sonno e di riposo, di svaghi e di danari, costava al povero fuochista quel po' di istruzione !

Si sposa. - Rifiuta di metter piede nelle osterie.

Nel 1811 Stephenson abbandonò la casa paterna per recarsi a Black Callerton a lavorare in un'altra miniera, dove, avendo imparato da sè a manovrare il freno per fermare la macchina, ed avendogli anzi portato un perfezionamento' pel quale i carichi di carbone si fermavano automaticamente proprio all'imboccatura del pozzo, ebbe un sensibile aumento di paga. Nella casa dove egli erasi collocato in pensione conobbe una giovane, Fanny Henderson, la quale attendeva alle faccende domestiche in qualità di servente: presto se ne innamorò, e benchè avesse solamente ventun anno, la fece sua sposa. Per sovvenire ai bisogni della sua famiglia dovette lavorare più che mai. La dome- nica impiegava il suo tempo ad istruirsi, leggendo e calcolando incessantemente, studiando la geometria per poter capire il disegno di tutte le macchine nuove, e così perfezionarsi nella sua professione. E difatti presto da fuochista divenne macchinista. Era tanto sobrio, che non fu mai visto all'osteria, quantunque tutti i suoi compagni di lavoro vi si recassero ogni mattina e ogni sera. Egli scontentò perfino il capo della miniera dove lavorava, al quale doveva il posto di macchinista, per non aver voluto mai acconsentire ad accompagnarlo in una taverna a bevere un bicchiere d'acquavite.

Industriosità di Giorgio. - Ripara orologi e scarpe.

Un giorno al camino della casa di Giorgio, durante la sua assenza, s' appiccò il fuoco. La moglie e i vicini per spegnere l'incendio versarono tanta acqua dal camino che allagarono tutta la cucina e rovinarono così molte masserizie, tra la quali un pendolo di legno, di quelli detti comunemente « cucù » dal suono col quale preavvertono il batter delle ore. Mancandogli i danari per darlo da riparare all'orologiaio, Giorgio fece pel suo pendolo ciò che faceva per le macchine: lo smontò e lo scompose con cau- tela, poi lo ricompose con tanta diligenza che in seguito servì meglio di prima. « Bene! » esclamò allora l'industrioso lavoratore, « ecco ormai un'altra fonte di guadagno; invece di riparare soltanto le scarpe, alla sera, vi aggiungerò la riparazione degli orologi. L'incendio mi avrà almeno giovato a qualche cosa ». E difatti, da quel giorno tutti i suoi compagni di lavoro e i suoi compaesani gli affidarono la cura dei loro pendoli e dei loro orologi. Nascita di Roberto.

Prove d'affetto e di gratitudine verso il vecchio padre.

Nel 1813 la sua casa fu allietata dalla nascita di un bambino, al quale Giorgio diede il nome del suo vecchio padre, Roberto. Egli fece tutto quanto gli fu possibile, non badando nè a disagi nè a spese, per dargli una buona educazione. Ma disgraziatamente l' anno seguente sua moglie, la buona Fanny, morì di consunzione. In quell'epoca la reputazione dello Stephenson come meccanico si diffondeva, tanto che venne chiamato in un paese della Scozia per riparare una macchina. Avrebbe potuto fare il viaggio in vettura, poichè era sicuro che avrebbe poi ricevuta una bella ricompensa : invece, affidato il bambino alle cure di una buona donna, preferì fare il lungo percorso a piedi con un bastone in mano: « Tanto di risparmiato » pensò « ciò mi permetterà di pagare i mesi di scuola di mio figlio ». La macchina riparata da Stephenson, grazie alle sue cure diligenti, potè tornare a funzionare perfettamente, ed egli fu compensato con la bella somma di settecento franchi. « Eccomi quasi ricco I » disse egli « Ma non importa: sono venuto qui a piedi ; ritornerò nello stesso modo per conservare il mio tesoro ». (I) Strada facendo volle passare per il villaggio del suo vecchio padre, e quando vi arrivò sfinito dalla fatica apprese una triste notizia. Il vecchio Stephenson, per l'imprudenza di un operaio, era stato colpito alla faccia da un getto di vapore, ed aveva completamente perduta la vista, e con la vista il suo posto di fuochista, ed era perciò caduto nella più profonda miseria. Giorgio, che aveva fatto un lungo viaggio a piedi per non toccare i settecento franchi, ne spese tosto trecentosettantacinque (15 sterline) per pagare i debiti che suo padre aveva dovuto fare. Poi gli fece lasciare la misera casupola nella quale lan-

(I) Oggidì però il viaggiare in ferrovia costa così poco, che un operaio che si recasse anche solamente da MIlano a Como a piedi perr risparmiare la spesa del viaggio non farebbe certamente economia. guiva, e lo allogò in una bella casetta poco lontana dalla sua, dove il povero vecchio visse contento per molti anni, circondato dalle cure e dall'affetto del figlio e dai vezzi del nipotino. Stephenson deve pagare una grossa somma per essere esonerato dal serzizio militare. Ma un'altra disgrazia doveva toccargli. In quell'epoca l'Inghilterra, ingaggiata in una guerra ad oltranza colla Francia, chiamava sotto le armi tutti gli uomini validi, perfino gli operai che erano l' unico sostegno della famiglia. I ricchi e i benestanti però potevano sottrarsi all'obbligo del servizio militare pagando una certa somma a un altro che fosse disposto a sostituirli nel servizio. Giorgio per non partire, per poter continuare a guadagnare il pane per il suo vecchio padre e per il piccolo Roberto, dovette spendere i suoi risparmi, accumulati penosamente a furia di privazioni, e pagarsi un sostituente. Così di tanto lavoro, di tante notti vegliate non restava più nulla a Stephenson. Ne fu tanto scoraggiato, che gli venne persino l'idea di cambiar vita, di emigrare in America ; idea che fortunatamente per lui e per il progresso non attuò, perchè gli mancavano i denari necessari pel viaggio, e per non abbandonare il vecchio padre cieco. « Voi conoscete la strada che da casa mia conduce a West Moor » scriveva parecchi anni dopo a un amico, ricordandogli quella trista epoca della sua vita « Io 1' ho percorsa molte volte piangendo come un bambino, chè non sapevo dove dar di capo ».

Stephenson ingegnere de!ia miniera.

Tuttavia lo scoraggiamento di Stephenson durò poco: egli si rimise al lavoro con maggior ardore di prima, e il lavoro e lo studio lo consolarono. A Hellingworth, in una miniera poco lontana da quella dove egli lavorava, si era guastata la macchina che serviva ad estrarre l' acqua. Provetti meccanici e valenti ingegneri tentarono di ripararla, ma invano: da molti mesi la macchina non funzionava più, con grave danno del principale della miniera e degli operai, perchè l'acqua aveva obbligato ad interrompere i lavori. Un sabato sera Giorgio, tornando dal lavoro (in Inghilterra al sabato si smetteva di lavorare fino d'allora alle quattro del pomeriggio) s'avvicinò alla macchina ostinatamente ribelle, la osservò lungamente in ogni sua parte per sco- prire l'ostacolo che si opponeva al suo funzionamento, e se ne allontanò con aria soddisfatta esclamando: « Io sarei capace di rimetterla in movimento ! » Questa osservazione giunse agli orecchi del direttore della miniera, il quale, quantunque esitante, volle provare ad affidargli la difficile riparazione. Stephenson chiese il permesso di scegliere dei bravi operai di sua fiducia, dai quali si fece aiutare, e dopo tre giorni aveva riparata la macchina tanto bene che in breve tempo 1' acqua che ostruiva la miniera fu asportata tutta quanta, e gli operai poterono riprendere il lavoro. Meravigliato e soddisfattissimo, il direttore gli ottenne dalla Società delle Grandes lliès l'ufficio di ingegnere in una miniera, con lo stipendio annuo di duemilacinquecento franchi ; e i suoi compagni di lavoro lo dissero il me-dico delle macchine ».

Perfezionamenti introdotti nella miniera. Amor paterno e amore alla scienza.

Oramai la fortuna cominciava ad arridergli. Stephenson tuttavia, invece di approfittarne per riposare o per darsi ai godimenti, pensò subito a riprendere i suoi studi di meccanica pratica con raddoppiata lena. Il carbone estratto dalla miniera veniva trasportato al non lontano magazzino per mezzo di piccoli carri trascinati da cavalli. Stephenson pensò invece di costruire una strada inclinata e di sostituire ai cavalli la forza stessa dei carri carichi, che scendendo per forza d' inerzia, obbligavano quelli vuoti — ai quali erano uniti per mezzo di funi — a risalire verso il pozzo. Con questa e con altre ingegnose innovazioni nelle macchine e negli utensili, potè conseguire una rilevante economia e meritarsi la fiducia illimitata dei principali. Intanto suo figlio Roberto — giunto all'età di dodici anni — aveva compiute tutte le classi di scuola del suo villaggio, e poichè era sua intenzione continuare gli studi, doveva recarsi nella vicina Newcastle. A Giorgio dispiaceva separarsi dal figlio completamente; e siccome il percorso dal villaggio alla città era troppo lungo per le forze di un ragazzo, l'ottimo padre trovò opportuno di comperargli un asinello. Roberto all' alba partiva sulla sua modesta cavalcatura, con la cartella dei libri e il paniere della colazione, e non ritornava che alla sera. Finito di desinare, padre e figlio eseguivano i compiti insieme: Roberto ripeteva le lezioni de' suoi professori al padre, il quale completava così la sua istruzione. Da questo mirabile esempio il giovinetto comprendeva molto meglio che da ripetuti consigli come la scienza sia preziosa, ed a quali sacrifici è d'uopo sapersi piegare pur di conquistarla. E' naturale perciò che Roberto, il quale studiava in modo speciale le matematiche e la meccanica, si appassionasse sempre più allo studio ed al lavoro, e venerasse suo padre che gl' insegnava in maniera sì efficace il valore del sapere.

Il grisù. - Coraggio e sangue freddo di Stephenson.

Stephenson aveva in casa un piccolo laboratorio, dove costruiva modelli di macchine e passava lunghe ore a studiare i diversi meccanismi. Tra gli altri esperimenti s'occupò per qualche anno anche del moto perpetuo; (I) ma — come molti che l'avevano preceduto e che lo seguirono poi nella vana prova - si dovette persuadere che il voler ottenere un lavoro costante senza l'impiego di una corrispondente e rinnovantesi energia era una vera chimera. Il giovane ingegnere lavorò adunque invano ; ma i

(I) Movimento che dovrebbe avere in sè il principio della sua riproduzione, cosicché una volta cominciato non cesserebbe più. suoi tentativi non gli tornarono del tutto inutili, perchè in tal modo si sveltì non poco nel risolvere praticamente le ardue questioni della meccanica. Un giorno si sviluppò il fuoco in uno dei condotti che servono a immettere l'aria respira-bile nelle gallerie della miniera da lui diretta. Causa dell' incendio era stata un' accensione di grisù. (I) La terribile notizia fu comunicata a Stephenson mentre stava lavorando in casa sua. Immediatamente egli si reca alla miniera, dove molte donne e molti fanciulli sgomentati facevano ressa, e, quantunque vi fosse grave pericolo di vita, si fa calare nel pozzo, in fondo al quale stavano i minatori atterriti. I disgraziati si sentivano già perduti, perchè l'incendio avrebbe potuto da un istante all'altro comunicarsi a tutta la miniera, e non potevano risalire che in picciol numero per volta. Stephenson con voce risoluta ma calma li rianima, e quindi dice loro : « Se tra voi vi sono quattro uomini coraggiosi disposti a seguirmi, io vi assicuro che riusciremo a domare il fuoco ». Tosto parecchi minatori, incoraggiati dalle sue parole e più ancora dal suo esempio, si fanno innanzi e seguono Stephenson. Il quale,

(I) Gas composto di idrogeno e di carbonio, il quale avvicinato da una fiamma produce esplosioni micidiali. avvicinatosi per primo alla galleria infiammata, fece elevare con pietre e calce un muro all'imboccatura di essa. L'espediente riuscì efficacissimo, perchò, essendogli venuta meno l'aria ossigenata, il fuoco in breve tempo si estinse. Gli altri minatori furono salvi, ma purtroppo alcuni erano già morti asfissiati o abbruciati. Mentre si estraevano i loro cadaveri fra le scene di disperazione di coloro che riconosce-vano in essi i loro cari, i minatori piangenti circondavano Stephenson, che ormai ai loro occhi era una specie di mago onnipotente nel quale riponevano una fiducia sconfinata, e gli dicevano : « Ah, se voi trovaste il modo di impedire simili disgrazie ! » « Lo cerco da molto tempo » rispose Stephenson. « Vedete — soggiunsero essi mostrando le salme dei compagni caduti — il carbone si estrae a prezzo del sangue dei minatori, del lutto e della miseria delle loro infelici famiglie ! »

Invenzione della lampada per minatori.

Stephenson, commosso da quel tristissimo avvenimento, si accinse con lena e ardore alla ricerca di una foggia di lampada, la fiamma della quale non potesse comunicare coll'aria e coi gas esterni. Dopo numerose prove e riprove nel suo piccolo laboratorio, discendeva sovente nelle gallerie, s'avvicinava anche ai luoghi pericolosi colle sue lampade, ed a chi lo pregava di essere più prudente, di evitare almeno i maggiori pericoli, rispondeva: « Lasciatemi fare ! Io cerco il mezzo di proteggere la vita di migliaia e migliaia di lavoratori. Ciò val bene la pena che esponga la mia ! » Finalmente, dopo lunghi studi, dopo ripetute esperienze, dopo infinite modificazioni, la lampada fu terminata. Non rimaneva che di farne la prova, la quale era pericolosissima. Stephenson senza titubanza alcuna si fece calare nella miniera insieme col capo e con un operaio fidato, e tosto s' avviarono verso una galleria che si era dovuta abbandonare per la grande quantità di gas che vi era contenuta. Il capo s' internò nella galleria, ma senza lume, escludendo così ogni pericolo, e potè sentire distintamente il sibilo del gas che emanava da numerose fessure. Ne uscì dopo un istante, e avvertì Giorgio che il fare l'esperienza in quella galleria era soverchiamente pericoloso: la più piccola fiamma avrebbe prodotta un'esplosione formidabile, con la morte certa del portatore della lampada. Ma Stephenson, fidente nelle diligenti precauzioni prese e nelle prove già fatte in laboratorio, volle assolutamente tentare, mentre il capo e 1' operaio si allontanarono, tremando per la vita dell'ottimo ingegnere, del quale ammiravano il coraggio e l'abnegazione. Giorgio colla lampada accesa, procedendo con cautela, non tardò a sparire nella galleria pro-fonda: e con suo stupore osservò che la fiamma dapprima improvvisamente si allungò e s' ingrandì, e poi gradatamente diminuì, finchè finì per estinguersi. Ritornato verso i suoi due compagni, che attendevano ansiosi, spiegò loro in qual modo il suo esperimento fosse fallito, e quali perfezionamenti occorresse apportare alla lampada. Si rimise con novello ardore al lavoro, ed ebbe la gioia di riuscire perfettamente nel suo intento: il 4 novembre 1815 la lampada per minatori era compiuta; ed esperimentata parecchie volte nella miniera, la sua fiamma non si spense mai, nè si comunicò all'aria circostante. I minatori furono da quel giorno più tranquilli sulla loro sorte, e per manifestare al generoso inventore la loro riconoscenza e gratitudine chiamarono quella lampada « giorgetto » e raccolsero per sottoscrizione una bella somma colla quale gli offrirono un vaso d'argento da bere, su cui erano incise queste semplici ma sentite e veridiche parole : « In segno di grati- tudine pei vantaggi che colla invenzione della lampada da minatori avete reso all'umanità ». E difatti, se anche Stephenson non avesse al-tra gloria, basterebbe questa sua invenzione per poter annoverare il nome suo fra quelli dei benefattori dell'umanità. Ma « mala cosa nascer poveri » diceva Perpetua a Renzo. Volle il caso che cinque giorni dopo la prova della lampada di Stephenson, cioè il 9 novembre, un ricco e nobile scienziato, Sir Humphry Davy, esperimentasse e facesse brevettare dall'Accademia di scienze a Londra un'altra lampada di sicurezza. E poichè Davy era uno scienziato illustre, e Stephenson un modesto lavoratore conosciuto e apprezzato solamente dai suoi compagni e compaesani, la lampada Davy ottenne subito la rinomanza, mentre il « giorgetto » dei minatori di Newcastle non rimase noto al di là dei villaggi circonvicini. Chissà quanti si sarebbero scoraggiati per questo scacco della fortuna! Giorgio Stephenson no : egli anzi si meravigliò e si rallegrò d'essersi incontrato, in un'invenzione utilissima, con uno scienziato di fama mondiale, e si rimise al lavoro e allo studio per arrivare a compiere opere ancor più egrege. Primi tentativi di carrozze a vapore e di strade ferrate.

Il bravo ingegnere, giunto ormai all'età di quarant'anni, si era conquistata colla sua attività, con lo studio e la costante applicazione la stima e la considerazione di quanti avevano modo di conoscerlo, ed insieme anche una certa agiatezza. Suo figlio s'era fatto un robusto giovanotto, aveva ottenuta la laurea d'ingegnere e seguiva le orme paterne, lavorando con assiduità, con amore, diligenza e perseveranza, ed aiutava il padre, quando a lui faceva d'uopo qualche cognizione teorica. Giorgio Stephenson, libero ormai dalle accascianti preoccupazioni della lotta per il tozzo di pane, riprese allora i suoi studi, le sue esperienze dirette a perfezionare la locomotiva e a costruire delle strade sulle quali essa potesse utilmente venir adoperata come mezzo di trasporto. Già parecchi ingegneri, costruttori e meccanici avevano tentato di risolvere praticamente l'arduo problema: le macchine a vapore fisse — dovute al genio di Giacomo Watt - funzionavano bene da molti anni e, come vedemmo, venivano impiegate per estrar l'acqua dai pozzi di miniera, per sollevare pesi, per mettere in moto ordigni e macchine. Ma enormi difficoltà, che noi ora a stento riusciamo a concepire, si opponevano alla applicazione della macchina a vapore al trasporto delle merci. A servirsi delle strade ferrate come mezzo rapido e comodo per viaggiare nessuno allora, tranne Stephenson, osava pensare. E furono appunto tali difficoltà che avevano fatto fallire molti e molti tentativi, e screditato ormai quell'importantissimo problema. Stephenson cominciò a sostituire alle rotaie di legno o di ghisa, le quali offrivano gravissimi inconvenienti, delle guide di ferro. 11 primo pratico tentativo colla locomotiva lo fece per incarico del Duca di Portland il 18 novembre 1822 su di un percorso di chilometri 4,827 (I). Ma la locomotiva veniva impiegata sui soli tratti di strada piani: per le pendenze applicò il sistema di carri vuoti risalenti per la forza dei carri carichi scendenti, il quale aveva già usato con esito felice nei lavori per le miniere. Fu quello uno spettacolo curiosissimo e meraviglioso per migliaia di persone d' ogni età e

(I) Quella locomotiva trascinava 17 carri, portanti tante merci pel peso di 61 tonellate. Ora si possono trascinare con la velocità di 60 chilometri all'ora decine e decine di vagoni carichi in peso di migliaia di tonellate! d'ogni condizione sociale, che accorsero dai dintorni per vedere ammirare il « cavallo di ferro, che percorreva quatíro miglia all'ora ». Ma anche quella locomotiva aveva gravissime imperfezioni : quando era in moto produceva un fracasso enorme, sì che pareva si fossero scatenati cento diavoli di ferro, un fumo abbondante, denso, persistente, quasi asfissiante ; e poi la tratta da percorrere era breve, e non c'era garanzia alcuna che la locomotiva avrebbe fatto buona prova anche su lunghi percorsi. Stephenson, insieme con suo figlio, si diede alacremente a introdurvi innovazioni, a renderla più leggera, più agevole, più pratica insomma. Ebbe anche la fortuna d'incontrarsi in un ricco proprietario, Edoardo Pease, uomo di idee moderne, di larghe vedute, ardente fautore, e non solo a ciance, del progresso nelle arti e nelle industrie. Costui intuì che i progetti di Stephenson non erano punto utopie irrealizzabili, riconobbe in quell' uomo meravigliosamente attivo e tenace di volontà le migliori attitudini di un grande inventore e costruttore, e generosamente e disinteressatamente lo sovvenne dei mezzi pecuniari indispensabili a simili imprese. In società col Pease Stephenson iniziò a Newcastle 1' impianto di una officina per la costruzione di locomotive che divenne molti anni di poi rinomatissima, e fornì macchine e ingegneri a tutto il mondo. Fu appunto in quel tempo, mentre ancora stava lottando per sottomettere e dominare una delle più potenti forze della natura, nonchè l'ignoranza, il misoneismo (I) e l' inerzia intellettuale de' suoi contemporanei, che ad un banchetto pronunciò questo profetico brindisi: « Giovani, io credo che voi vivrete abbastanza per vedere le strade ferrate superare tutti i metodi di trasporto adottati finora. Credo che vivrete abbastanza per vedere le strade ferrate divenire la sola via percorsa dai re e dai loro sudditi; per vedere che sarà più economico per un operaio andare in ferrovia che a piedi. Non so se vivrò tanto io, ma desidero solo di vivere fino a quel giorno che la locomotiva avrà vinto tutti gli ostacoli che il tardo progresso umano le oppone ». E mentre così parlava, Stephenson doveva ricordare dentro di se il suo viaggio a piedi nella Scozia. Il 27 settembre 1825 un' altra ferrovia, per sole merci, fu aperta al pubblico, e questa non più come semplice esperimento, bensì come vera impresa di trasporto. Essa congiungeva Darlington a Stockton: la locomotiva — battezzata col nome di « Locomozione » - poteva raggiungere la velocità massima di dodici miglia all'ora. Quella ferrovia cominciò ad esser messa in azione in mezzo alla incredulità del pubblico,

(I) Piccineria di mente. per il quale non era che un oggetto di curiosità, quasi un divertimento: anzi un impresario intelligente pensò di stabilire un servizio di trasporto per passeggeri e curiosi sulla strada fiancheggiante la ferrovia, per mezzo di un gran carrozzone (detto « Esperimento ») e fece ottimi affari.

L'industria del cotone. Le vie ferrate erano una necessità.

Liverpool, come ognuno sa, è uno dei più grandi emporii mondiali dell' industria del cotone, la quale dall'invenzione della macchina per filare fatta da Arkwright (pronunciate Arcrèit) (I) e dall' applicazione della macchina a vapore di Watt come forza motrice aveva appunto in quegli anni ricevuto grandissimo incremento. L'immensa quantità di cotone greggio che arrivava dall'America valicando l'Oceano, si scaricava nel porto di Liverpool, donde su canali veniva trasportata per la manifattura a Manchester. Ma il trasporto per mezzo di barche a vela o

(I) Arkwright fu un altro nomo di condizione umilissima — cominciò la sua vita di lavoro facendo il garzone di barbiere — che dal nulla seppe elevarsi ad un alto grado sociale. a remi era oramai troppo lento e insufficiente allo sviluppo dell'industria cotoniera, la quale ne rimaneva incagliata e danneggiata non poco. Basti dire che mentre da New-York a Liverpool, circa 4000 chilometri, il trasporto su bastimenti a vapore si faceva fin d'allora in quindici giorni, per arrivare a Manchester, (che dista solo una cinquantina di chilometri dal porto principale dell'Inghilterra) le « balle » di cotone impiegavano ben trenta giorni. S'aggiunga a questa impacciante lentezza ordinaria, che, durante la stagione rigida, per intere settimane il servizio fra le due città rimaneva interrotto completamente, perchè l'acqua gelava nei canali e nei fiumi. La necessità di un mezzo più rapido di comunicazione era dunque sentita da tutti gl'industriali e i commercianti della regione, specialmente dai cotonieri e dai negozianti di carboni e di cereali. Sorta l'idea di una strada ferrata, il Signor Sandars, un ricco negoziante di grano di Liverpool, ebbe da un gruppo di industriali l' incarico di recarsi a visitare 1' impianto di Darlington, ed essendone rimasto soddisfatto, fu decisa la costruzione della ferrovia. Si riunì un capitale sufficiente per l' impresa, e si affidarono i lavori preparatori a Giorgio Stephenson. Ma, sparsasi la nuova dell'ideata costituzione, ben presto sorse un' opposizione formidabile. L'ardita idea ebbe anzitutto per avversari potenti e terribili i proprietari dei terreni sui quali doveva passare la ferrovia, i Lords, (I) che dovevano vedersi occupata parte dei loro aviti parchi e poderi, protetti fin d'allora da privative per la caccia, la pesca, per il passaggio, e da tutti gli altri privilegi medioevali sopravviventi in Inghilterra più che altrove. Ebbe contrari per ragioni diverse, ma non meno gravi, mille e mille persone che vedevano nella via ferrata la rovina economica dei barcaiuoli che prestavano servi-zio sui canali, dei carrettieri, dei mediatori, dei piccoli impresari, di una infinità di piccoli interessi insomma. Si diceva che le locomotive avrebbero avvelenata l'aria; che i cavalli sarebbero fuggiti al rumore di essa; che non si sarebbero potute più allevare le galline; che i cavalli e i buoi si sarebbero rifiutati di pascere nei prati lungo la strada infernale; che le scintille di fuoco uscenti dal camino della macchina a vapore avrebbero suscitati frequentissimi incendi nelle case e nelle messi; che gli alberi sarebbero seccati; gli uccelli scomparsi; gli albergatori rovinati per l'esodo dei forastieri. Insomma era un coro di odii e di imprecazioni. Per tracciare i piani, fare le livellazioni e

(I) Così si chiamano in Inghilterra i nobili, che sono Senatori per diritto di nascita. studiare i terreni sui quali si dovevano poi posare le guide, Stephenson dovette sopportare fatiche immani, superare le mille difficoltà, che tutti gli opponevano, vincere la ostinatissima resistenza dei proprietari e dei contadini. Parecchie volte venne minacciato da persone incoscienti o prezzolate, e dovette perfino farsi accompagnare dalle guardie, o farsi citare davanti ai Tribunali per rivendicare il suo diritto di compiere i lavori inerenti all'incarico avuto. Gli impiegati del vicino canale — i quali furono i più feroci contro di lui — per impedire di levare i tracciati nei possessi del Duca di Bridgewater — nobile dalle idee antiquate e avverso alle innovazioni — facevano continui appostamenti. Per eludere la loro sorveglianza Stephenson dovette lavorare di notte, al chiaro di luna, e talvolta ricorse all'espediente di incaricare alcuni uomini di fare delle scariche di moschetteria in una località discosta da quella nella quale si trovava a lavorare: l' attenzione delle guardie era così sviata, ed egli poteva lavorare alcune ore tranquillamente. Qualcuno potrebbe pensare che gl' Inglesi di quel tempo erano molto ignoranti e nemici del progresso. L' ignoranza — per dire il vero — era allora diffusa dovunque, ma in Inghilterra non era certamente maggiore che in Italia, in Francia. e nelle altre nazioni d'Europa. Tale avversione, tanto accanimento verso un' impresa che alla fine avrebbe recato vantaggio a tutti, derivavano dal fatto che gl'ignoranti (e tutti coloro che da una savia e pratica educazione non furono abituati ad osservare, a riflettere, a giudicare obbiettivamente) sono quasi per istinto nemici delle novità, qualunque esse siano. La loro mente poco evoluta non permette loro di concepire un succedersi di fatti fisici o sociali diverso da quello al quale furono avvezzi dall' esperienza: essi si spaventano di tuttociò che non riescono a comprendere, perchè temono che nasconda tranelli o inganni a loro danno o a danno altrui ; ed il progresso — che pure apporterà anche ad essi agevolezze e godimenti — avviene sempre loro malgrado. Ecco perchè anche ai tempi nostri è urgentemente necessario diffondere l'istruzione nel popolo; se essa non rende che pochi capaci di inventare, impedisce almeno che una massa di ignoranti ed incoscienti porti degli ostacoli al progresso.

Nuove difficoltà. La legge riguardante la strada ferrata alla Camera dei Comuni.

Tracciati i piani bisognò chiedere al Parlamento l'autorizzazione di eseguire i lavori. Ma anche la Camera dei Comuni, (I) nella quale pure erano uomini preclari per ingegno, coltura e virtù civili, sorse un'opposizione accanitissima, incoraggiata e favorita da non pochi giornali. Il povero Stephenson fu trattato da ignorante, da pazzo, da maniaco, ed umiliato e perfino insultato in ogni guisa. La legge non venne approvata per un solo voto, avendone riportato 26 favorevoli e 27 sfavorevoli. Stephenson, scoraggiato, si ritirò, ed altri ingegneri di grido s' accinsero all' impresa della nuova strada, modificando il progetto. Alcuni di essi volevano applicare la trazione a cavalli, altri invece proponevano l'impiego di una serie di ventun macchine a vapore fisse, ripartite di distanza in distanza su tutta la lunghezza della via, colla quale mediante una fune metallica (come adoperasi ora nelle funicolari) si sarebbero rimorchiati i carri da una stazione all' altra. Quest'ultimo progetto ottenne le generali approvazioni; ma Stephenson — scoraggiato momentaneamente, ma non vinto — sorse a combatterlo con argomenti seri e positivi, sia dal lato tecnico, sia dal lato economico. Dopo nuove insistenze e infinite pratiche che sarebbe troppo lungo narrare, riuscì a trovare ancora qualche sostenitore del suo antico progetto

(I) Corrisponde alla nostra Camera dei Deputati. di applicare la locomotiva: la legge relativa fu ripresentata alla Camera dei Comuni, caldeggiata da autorevoli deputati, e finalmente approvata con 88 voti, contro 41 contrari. (I) Ottenuto il voto favorevole anche dalla Camera dei Lordi, (2) Stephenson ebbe di nuovo la direzione dei lavori, con mille sterline all'anno di stipendio (25000 lire italiane). I lavori per la costruzione della via ferrata durarono tre anni e mezzo, e proseguirono sempre fra difficoltà immense. Per darne un esempio accenneremo a quella opposta dalla palude di Chat-Moss, avente la superficie di venti chilometri quadrati, la quale doveva essere attraversata dai binari. Il terreno era tanto cedevole che vi sarebbe affondato un uomo. Stephenson dovette rassodare il terreno facendovi traspor-tare seicentomila metri cubi di terra e di ghiaia! Poi dovette provvedere alle mille necessità d'ordine secondario che richiede 1' impianto e il regolare funzionamento d'una ferrovia; le piattaforme, gli scambi, i ponti, le stazioni, i passaggi a livello delle strade, la forma dei vagoni, il modo di agganciarli, i segnali per il giorno e per la notte; e l'attività meravigliosa di Stephenson tutto previde, tutto preordinò, a tutto provvide.

(I) Le spese parlamentari per questa legge ammontarono a lire italiane 675000. (2) Corrisponde al nostro Senato. Il concorso del 1829. La vittoria del "Rochet" di Stephenson.

Tuttavia mancava ancora una locomotiva a vapore che offrisse serie garanzie di funzionare in modo regolare e costante. La Società di capitalisti che si era arditamente assunta l'impresa del nuovo mezzo di comunicazione fra Manchester e Liverpool decise di indire per ciò un concorso fra gl'ingegneri e i meccanici dell'Inghil- terra. Si assegnava il premio di cinquecento sterline (lire italiane 12500) a chi, entro un li-mite di tempo fissato, avesse presentato una locomotiva che avesse soddisfatto a determinate condizioni di forza e di economia; colla quale cioè si fossero potuto trascinare venti tonellate colla velocità di dieci miglia all' ora, senza oltrepassare il peso di sei tonellate. Giorgio Stephenson col figlio Roberto si diedero alacremente, febbrilmente a modificare e perfezionare la loro locomotiva. Dopo parecchi mesi la terminarono in modo da esserne soddisfatti, la battezzarono col nome di "Rochet" e si presentarono al concorso, al quale parteciparono altri tre meccanici. La prova decisiva si fece il 10 ottobre 1829, in presenza di una folla immensa accorsa come ad una festa solenne. Si diede il segnale: le quattro locomotive partirono. Il Rochet superò più volte la distanza prefissa colla velocità di ventiquattro chilometri all'ora, trascinando il peso di tredici tonnellate ; le altre due si dovettero arrestare ben presto per guasti verificatisi, o perchè non rispondenti alle condizioni richieste dal concorso. La vittoria del Rochet assicurò la gloria e la ricchezza a Giorgio Stephenson, e la prosperità e il primato industriale per lungo tempo all'Inghilterra. Gli oppositori della locomotiva, coloro che a- vevano tacciato Stephenson di ignoranza presentuosa e di follia, si ricredettero, e si unirono anzi agli altri nell'acclamarlo : l'antico minatore divenne l'orgoglio dell'Inghilterra. La Società per la ferrovia Liverpool-Manchester in pochi giorni aumentò il suo capitale di lire sterline 6 000 (pari a 1625000 lire italiane) e le sue azioni ebbero un immediato rialzo del 10%.

Inaugurazione della prima ferrovia.

Mentre, come già dicemmo, dapprima si era pensato d'impiegare la locomotiva soltanto pel trasporto delle merci, Stephenson tradusse in realtà, il suo sogno di tanti anni, ed ottenne il permesso di trasportare anche i viaggiatori. Il 15 settembre I830 la prima ferrovia del mondo fu inaugurata alla presenza del re, del duca di Wellington (I), dei più illustri uomini di Stato e di scienza della nazione, quali Roberto Peel, lord Hudsckisson, ed altri molti. Fra la folla immensa radunata dal solenne avvenimento non furono pochi coloro che si arrischiarono a farsi trasportare sui carrozzoni,

(I) Illustre uomo di Stato e generale, vincitore di Napoleone I a Waterloo. ben lontani dall'offrire le comodità e l'eleganza degli attuali. Fin dal primo giorno ben milleduecento persone, fra le quali anche molte signore, vollero fare la prova. Quale meraviglia parve allora lo spettacolo di signore eleganti che conversavano tranquillamente in una carrozza come se fossero in un salotto, in una carrozza trascinata senza scosse dal vapore, colla velocità di trenta chilometri all'ora E dire che prima di quell' esperienza moltissimi ritenevano che si sarebbe soffocati per mancanza di respiro colla sola velocità di 12 chilometri ! Ma una grave sventura funestò quella grandiosa festa del lavoro e della civiltà. Lord Hudsckisson, il quale era stato uno dei primi e più autorevoli fautori della locomotiva, e che tanti incoraggiamenti ed aiuti aveva dati a Giorgio Stephenson, per un disgraziatissimo accidente fu travolto dal c Rochet » e schiacciato miseramente ! Questo luttuoso avvenimento non impedì però la immediata prosperità della ferrovia Liverpool-Manchester. Queste due fortunate città divennero i primi centri industriali dell' Inghilterra e dell'Europa intera: l'industria del cotone, quella dei carboni fossili e molte altre fecero in conseguenza dei facilitati e celeri scambi passi giganteschi. Diffusione delle vie ferrate in Inghilterra e in Europa.

Dopo l'ottima riuscita della prima, altre linee ferroviarie sorsero rapidamente: Londra, l' immensa metropoli, in pochi anni fu allacciata con Liverpool, Manchester, Bristol, Southampon, Clocester, Birmingham, ecc. Il povero minatore di trent' anni prima diventò intraprenditore di strade ferrate. Fu poi chiamato in Francia a studiare il progetto di una vastissima rete ferroviaria, della quale diresse poi i lavori principali; quindi portò la sua preziosa e prodigiosa attività nel Belgio, in Prussia, in Spagna, nell'America. Nel 1845 il suo ufficio a Londra era vasto come un Ministero, nel quale egli dettava lettere dodici ore al giorno, e vi lavoravano centinaia di impiegati, ragionieri, contabili, traduttori, ingegneri, ecc. Ora tutti i continenti, l'Europa e l'America in special modo, sono rigati da una fittissima rete di rilucenti guide abbinate, sulle quali mostri di ferro e di acciaio divorano lo spazio, valicano fertili pianure, ridenti vallate, paludi insalubri, uniscono le rive dei fiumi e dei laghi, li attraversano entro enormi tubi subacquei, si nascondono nelle viscere dei monti, s'arrestano presso le popolose città, volano sospesi sopra le case, i giardini, i parchi, portando dovunque, col benessere economico, luce di coltura, di civiltà, di moralità. Operoso e benefico riposo del grande lavoratore.

Giunto a sessantacinque anni, stanco di tanto lavoro, divenuto ormai ricchissimo, (I) decise di ritirarsi dagli affari — che furono poi degnamente proseguiti dal figlio — e passò gli ultimi anni della sua feconda esistenza a Tampton. Ma anche colà non istette in ozio; non fece che mutare occupazioni. Rivolse la sua attività alla agricoltura, alla beneficenza, alla diffusione del sapere fra le classi meno favorite dalla fortuna. Fece egli stesso parecchie interessanti esperienze sui diversi metodi di coltura dei terreni, sull'allevamento degli uccelli, del bestiame, delle api, e riportò per tali studi ed esperimenti dei premi a parecchie esposizioni. Fece costruire a sue spese delle scuole gratuite per la classe lavoratrice dalla quale era uscito; istituì biblioteche popolari, sale di lettura, fondò casse di risparmio, di mutuo soccorso, e altre simili provvide istituzioni. La sua fama come inventore, come intraprenditore, come uomo benefico si diffuse tanto che i più illustri suoi contemporanei d'ogni nazione reputavano ad onore il visitarlo, il rendergli onore. Ma Stephenson non desiderava tali onori,

(I) Morendo lasciò un patrimonio di più di 20 milioni. e cercava di sottrarvisi in ogni maniera. « Io non ambisco mischiarmi coi grandi — diceva — e mi sento spostato in sì sfarzosa compagnia ». La sua modestia era tale che lo determinò a rifiutare tutte le onorificenze che principi e ministri d' ogni paese facevano a gara ad offrirgli, perfino il titolo di baronetto che Roberto Peel lo pregò ripetutamente di accettare, perfino l'incarico di legislatore alla Camera dei Comuni che molti collegi elettorali avrebbero voluto procurarsi l'onore di affidargli. Anche gli studi continuò a coltivare nella sua laboriosa vecchiaia. Un giorno, trovandosi nella villa del ministro Roberto Pee1, i due illustri uomini videro dalla finestra passare un treno nella sottostante campagna. Il discorso cadde naturalmente sull' invenzione di Stephenson, il quale chiese al famoso statista: « Quale forza fa muovere quel treno? » « Una delle vostre locomotive » — rispose Peel. — « E chi manda la locomotiva? » « Un macchinista » « No, il calore del sole. E il calore del sole, rinchiuso da migliaia e migliaia di anni nella terra, assorbito da piante e vegetali trasformati così in carbone, che rilasciando di nuovo, nel focolare della macchina, il calore acquistato, fa procedere la locomotiva! » Giorgio Stephenson divinò così in modo mirabile la teoria meccanica del calore che fisici eminenti determinarono e fissarono scientificamente solo una trentina d'anni dopo. L'illustre uomo morì per trabocco di sangue il 12 agosto 1848, e le sue spoglie sono sepolte nella Chiesa della Trinità a Chesterfield. Per merito suo l'umanità ebbe un mezzo potentissimo di progresso e di incivilimento. Dove prima non erano che sterili pianure, sorsero città nuove e fiorenti, officine e villaggi ; la popolazione delle principali città, coll'accentrarsi e l'evolversi della grande industria, aumentò in misura vertiginosa; (I) le distanze furono abbreviate a tal punto che in poche ore la madre può correre al letto del figliuolo morente a centinaia di chilometri di distanza, e riceverne l' ultimo bacio, e dargli l'ultima benedizione. E la posta, i giornali, le riviste e i libri portano con sempre crescente rapidità l'istruzione, l' educazione delle menti e dei cuori là dove regnavano le tenebre dell'ignoranza, il cieco atavismo, la superstizione e l'errore.

Il motto di Stephenson : " Perseverate ! " E tuttociò più che al genio di Giorgio Stephenson si deve alla sua forte tempra di lavo-

(I) Questo accentramento di centinaia di migliaia di persone nelle grandi città non è però un vantaggio ; anzi è un danno per l'igiene, per la moralità, per l'economia generale della nazione. ratore, al suo costante desiderio di migliorarsi, alla sua perseveranza nel perseguire lo scopo prefisso, pur fra mezzo alle più gravi difficoltà. « La perseveranza — diceva egli un giorno in una grande adunanza di operai, fra i quali egli amava spesso trovarsi, — la perseveranza è sempre stata la mia divisa: senza di essa io non sarei mai riuscito a far nulla. « Io, umile meccanico, ho cominciato la mia carriera dal basso più di tutti voi: il più meschino fra voi si trova certo in condizioni migliori di quelle nelle quali mi trovavo io quando cominciai la mia vita di lavoro. Ma nonostante la povertà e . le difficoltà che essa mi creava, io ho perseverato ad istruirmi. Malgrado i cattivi consigli e i cattivi esempi io ho perseverato a non voler mai metter piede nelle osterie. Malgrado i rovesci di fortuna che mi hanno oppresso sì di sovente io ho sempre perseverato, ed ho trionfato di tutte le miserie. L'operaio deve contrastare con molte difficoltà; ma se vuole innalzarsi al sommo della professione, non deve mai vedere innanzi a sè delle difficoltà. Dico ciò per incuorare voi, miei giovani amici, a fare come ho fatto io : a perseverare. « Se adotterete la mia divisa, essa farà per voi ciò che ha fatto per me: essa vi renderà felici ». La strada Napoleonica attraverso il Sempione.

Dall'invenzione della locomotiva, dalla costruzione delle prime ferrovie non è scorso ancora un secolo: e tuttavia quale prodigioso sviluppo acquistarono, quali profondi mutamenti apportarono nella vita economica, intellettuale e morale dei popoli civili ! Non pochi e non lievi ostacoli si opposero allo estendersi delle vie ferrate : il più grave però, quello che in molti casi e per molto tempo apparve invincibile, fu costituito dalle catene di montagne, le quali, come immense barriere, dividono regione da regione, popolo da popolo e impediscono o rendono soverchiamente lenti e difficili gli scambi. L'uomo fu costretto a superare le catene di monti a poco a poco, per vie lunghe e tortuose, a far salire faticosamente e dispendiosamente i treni sbuffanti ai valichi più accessibili; (I) e

(I) In tal modo, cioè raggiungendo la sommità del colle o passo e passandolo a livello, si attraversano in ferrovia le Alpi Orientali al Brennero, alla Pontebba, al Colle di Toblacco e di Adelsberg. quando l'eccessiva altezza e ripidità resero impossibile anche tale mezzo, l' audacia umana pensò di forare i monti da parte a parte con gallerie o tunnels. Questi ostacoli riuscirono e riescono tuttora di maggior danno alla nostra Italia, la quale — rappresentando per fortuna sua come un'immensa banchina, un ponte gigantesco avanzantesi nel Mediterraneo, in facile comunicazione pertanto con l' Europa Occidentale e la Orientale, e con le regioni più prospere dell'Asia e dell'Africa — è però separata dal continente europeo dal sistema di monti più alto e più difficilmente valicabile, e viene perciò a trovarsi in condizioni di inferiorità nella lotta commerciale ed industriale colle altre nazioni. Per conseguenza di queste condizioni geografiche e fisiche, il problema dei mezzi di comunicazione e di trasporto è per la prosperità della nostra patria di importanza capitale. E infatti il secolo XIX -- il secolo nel quale le scienze, le arti e le industrie fecero i maggiori progressi, e l'Italia si riunì in nazione libera e indipendente -- si apre colla costruzione della grande strada attraverso al Sempione ordinata da Napoleone I per scopi principalmente militari, per chiudersi con lo scavo nelle viscere del medesimo colosso alpino del più grandioso tunnel del mondo, per scopi essenzialmente commerciali e civili. Nel 1805, dopo che un esercito di 30000 ope- rai ebbe travagliato per ben otto anni, si inaugurò la strada napoleonica del Sempione, costata 18 milioni di lire, per la quale gli eserciti potevano passare agevolmente dal bacino del Lago di Ginevra a quello del Lago Maggiore. Quella strada, lunga 62 chilometri, larga m. 8,30 con 613 ponti e 8 gallerie — la maggiore delle quali di m. 182 — parve opera straordinaria, e i nostri bisnonni ebbero parole di meraviglia e di ammirazione per tanto ardimento, e quasi non sembrava loro possibile che il valico che prima richiedeva giornate e giornate di faticosissima e pericolosa marcia su alpestri sentieri si potesse percorrere in una comoda carrozza in poco più di dieci ore.

Il grande traforo.

Che dire ora dell' impresa veramente titanica di ideare a attuare una via lunga quasi venti chilometri (I) attraverso le viscere di uno dei nodi di montagne più elevati delle Alpi, per farvi passare una ferrovia che permettesse di recarsi da un versante ali' altro del colosso alpino in poco più di venti minuti, e di andare da Milano a Losanna in sei ore, e da Milano a

(I) La sua lunghezza precisa è; di m. 19769,35. Parigi in quindici ore, senza nessuno dei pericoli e degl' incomodi che accompagnano quasi sempre i viaggi alpini in diligenza ? Solo chi ha seguito anno per anno, giorno per giorno le vicende del Valico del Sempione ; che s'interessò agli studi di natura geografica, geologica, tecnica, commerciale, idraulica e finanziaria che esso richiese ; che seguì col pensiero il durissimo travaglio di perforare la roccia con macchine potenti appositamente ideate e costruite, con la dinamite e il piccone ; solo chi condivise le ansie e gli sconforti dei forti lavoratori quando difficoltà imprevedute ed enormi parevano opporsi inesorabilmente al compimento dell'opera; solo chi sussultò di gioia e di entusiasmo quando il I°aprile 1905 il telegrafo e il telefono annunciarono che l' Uomo aveva finalmente vinta la Natura, che l' ultima roccia era caduta nella galleria, può comprendere la grandiosità dell'impresa, e sentire l'orgoglio di appartenere ad una razza nella quale il Genio, unito alla Perseveranza, alla Scienza, alla Concordia poterono condurla a termine. Ma poche notizie, poche cifre basteranno a darne un'idea sommaria. Gli studi preparatori, fatti da ingegneri e da tecnici italiani, francesi e svizzeri, non furono definitivamente terminati e approvati che nel 1895; occorsero poi tre anni per gli accordi diplomatici tra gli Stati messi in comunicazione dalla progettata ferrovia, e per raccogliere l'ingente capitale di circa roo milioni occorrenti per il traforo e l' impianto della ferrovia e dei servizi accessori. I lavori, iniziati nell' autunno del 1898, non terminarono che nel giugno 1906. E i 4000 operai minatori, scalpellini, fabbri, muratori, carpentieri, meccanici, falegnami, idraulici, braccianti, elettricisti, ecc. guidati da una trentina di ingegneri, poterono compiere, malgrado le enormi difficoltà incontrate, quell'immane lavoro in poco più di sette anni, solamente perchè la tecnica negli ultimi anni, dopo l'esperienza dei trafori precedenti, aveva fatti grandi progressi, e perchè a capo dell'impresa erano uomini che alla competenza tecnica univano una tempra ferrea, come gli ingegneri Brant, Brandau e Pressei. Infatti per la galleria del Gottardo, lunga 15 chilometri circa, occorsero più di ro anni di lavoro, con un avanzamento medio giornaliero di m. 5,5o ; per quella del Cenisio (di 12 chilometri circa) furono necessari più di 14 anni, con una media di avanzamento giornaliero di m. 2,50; questo nel Sempione, dove la galleria è doppia, molto più lunga, e dove per cause imprevedute e imprevedibili si dovettero sospendere per lunghi mesi i lavori, fu invece di metri 8,60 al giorno. Si considerino le difficoltà di forare, squar- ciare, regolare e murare 20 chilometri di rocce compatte e durissime, interrotte qua e là da bacini, da sorgenti, da cascate impetuosissime di acqua ora gelida, ora calda ; di sgombrare il materiale di scavo, l'acqua di scolo; di vincere con quadri formati da spranghe d' acciaio l'enorme pressione delle rocce soprastanti ; di abbassare la temperatura troppo elevata dell'aria, di ventilare, illuminare l'oscura via, e munirla di guide pel trasporto delle macchine perforatrici e dei vagoni necessari allo scarico dei materiali di scavo. Si consideri che vennero estratti 1.070.000 metri cubi di materiale (I), per il quale occorsero 3.600.000 fori per le mine, e si usarono 13.420 quintali di dinamite con 4 milioni di cartucce e 53 quintali di miccia, e che durante gli scavi si dovette provvedere anche all'incanalamento di una enorme massa di acqua sorgente (circa 16400 metri cubi al giorno) e ci sentiremo commossi, esaltati e fieri che l'uomo sia riuscito a sottomettere e piegare al suo vantaggio tante forze di natura a lui per tanti secoli avverse.

(I) Parte di quello rocce, portate nei cantieri di Iselle, furono ridotte meccanicamente in polvere e impiegate a preparare la malta per murare le pareti della galleria. La ferrovia del Sempione.

Basta dare un'occhiata allo schizzo che rappresenta le comunicazioni ferroviarie tra l'Italia, la Francia e la Svizzera per intuire l'utilità del traforo del Sempione per parecchie regioni dell'Europa Centrale e Occidentale, e specialmente per l'Alta Italia. Mentre la ferrovia Milano-Parigi attraversante il Moncenisio percorre 994 chilometri, quella che passerà pel Sempione (quando sarà eseguito il raccordo Frasne-Vallorbe) ne percorrerà solamente 813. Sono dunque, o saranno ben presto, 181 chilometri di meno, e perciò si avrà un trasporto di merci più celere e con minor spesa : ma non basta. I trasporti ferroviari attraverso le Alpi si fecero finora a tariffe molto elevate in causa delle forti pendenze che si devono superare per raggiungere l' altezza alla quale si trova la galleria principale, pendenze che obbligano a diminuire di molto la velocità dei treni e il numero dei vagoni, e ad aumentare invece il consumo del combustibile. (I) Ora,

(I) Così p. es.: se in pianura una locomotiva può trascinare 10 vagoni, alla pendenza del 16 per 1000 — come avviene per la linea Novi-Genova che passa ai Giovi — saranno necessarie 2 locomotive per 25 vagoni; e alla pendenza del 35 per 1000 — come sulla linea di Basilea — ne occorreranno 3 per 15 o 16 vagoni. mentre la galleria del Frejus si trova all'altezza di 1295 metri sul livello del mare, e quella del Gottardo a metri 1154, al Sempione si potè scavare una galleria lunga solamente 20 chilometri senza elevarsi al disopra di 700 metri sul livello del mare: per conseguenza i treni non devono superare grandi pendenze, e le spese di esercizio saranno press'a poco quelle che si incontrano nelle ferrovie costruite in pianura. La minor spesa del viaggio e dei trasporti, — derivante, come abbiamo visto, sia da un più breve percorso, sia da leggere pendenze — farà sì che la linea del Sempione sarà preferita a quelle del Cenisio e del Gottardo nelle relazioni commerciali dell' Italia con parecchie regioni della Francia e della Svizzera francese, coll'Inghilterra e col Belgio. Anzi, poichè Milano coll'esercizio della linea del Sempione viene a trovarsi sul percorso ferroviario più breve e più celere tra l' Inghilterra e l' Oriente, la grande impresa di navigazione e di trasporti detta Valigia delle Indie la quale provvede allo scambio della corrispondenza e dei prodotti industriali dell' Inghilterra con quelli agricoli della maggiore delle sue colonie, l' India, passa (o passerà presto) anche per Milano, diretta a Brindisi, e di là, pel Canale di Suez e il Mar Rosso, nell'Asia Meridionale. Anche il traffico del porto di Genova avrà un grande incremento dalla nuova linea ferroviaria. Ora che tra il Cenisio e il Gottardo v'è un valico intermedio basso ed agevole, Genova potrà richiamare a sè gran parte delle merci destinate all'Europa Centrale che ora vengono scaricate dai bastimenti a Marsiglia o negli scali del Mare del Nord, e diventare da porto italiano, com'è attualmente, (I) uno dei principali scali europei. Insomma, con Milano e Genova tutta l' Italia Settentrionale — come accadde dopo il traforo del Gottardo, anzi in misura molto maggiore, — vedrà presto estendersi e intensificarsi i suoi commerci, rifiorire le sue industrie ed aumentare perciò la ricchezza e la prosperità per effetto del nuovo valico. Onde ben a ragione la metropoli lombarda festeggia il grande avvenimento con una Esposizione la quale, mentre mette in evidenza l'alto grado di sviluppo raggiunto dall'Italia nell'ultimo ventennio nelle industrie, nelle arti e in tutti i rami dell' attività umana, segnerà, non ne dubitiamo, il punto di partenza per prossimi maggiori progressi, per altre civili e gloriose conquiste.

Per cosciente e potente azione individuale di pochissimi, per evoluzione inconscia e fatale dei

(I) Solo il 10 per 100 delle merci che si scaricano a Genova sono dirette all'esterro. più, la civiltà avanza or più, or meno rapidamente, ma senza tregua, e diffonde ovunque i suoi benefici. E nostro dovere però non dimenticare il nome e gli esempi de' suoi più forti propulsori, specialmente se umili furono le loro origini e i loro principii, se modesta e travagliata, ma feconda di bene la loro esistenza. Ecco perchè la civile solennità dell'inaugurazione della ferrovia attraverso il Sempione ci ha fatto rievocare la nobile figura di Giorgio Stephenson. Onore e gloria a Lui!

Milano, aprile 1906. Comunicazioni ferroviarie tra l' Italia, la Francia e la Svizzera

Il traforo del Mon Cenisio fu inaugurato il 17 settembre 1871. Da Bardonocchia (Italia) a Modane (Francia) la galleria misura 12.236 metri. Il traforo del S. Gottardo è lungo m. 11.912 dall'imbocco di Airolo (Italia) a quello di Goschenen (Svizzera) e fu inaugurato il 1° gennaio 1882. Cooperativa Editrice Libraria MILANO Via Felice Cavallotti, 12

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