Wikisource:Collaborazioni/SBM/testi/Duomo di Milano all Esposizione internazionale del 1906

Da Wikisource.

Il Duomo di Milano all'Esposizione Internazionale del 1906

COMPARTO SPECIALE DELLE BELLE ARTI - SEZIONE DI ARCHITETTURA -

Catalogo

Milano Maggio-Settembre 1906. Il Duomo di Milano Il Duomo di Milano all'Esposizione Internazionale del 1906

COMPARTO SPECIALE DELLE BELLE ARTI - SEZIONE DI ARCHITETTURA -

Catalogo

Milano Maggio-Settembre 1906. Nella esposizione di Milano vi era un angolo tranquillo che chiudeva, come artistico suggello, le due gallerie dell'Architettura e dell'Arte decorativa; entrando là dentro, il visitatore si sentiva come avvolto da una grande serenità e da una grande pace. Era l'angolo che il Duomo di Milano aveva riserbato per sè e dove aveva esposto alcuni dei documenti della sua gloria antica e moderna. Le volte ad arco acuto, i pilastroni sporgenti dalle pareti, i vetri colorati, i marmi rosati che erano trasparenti alla luce come fossero alabastri, i disegni, i grandiosi modelli, la copia in legno del monumento, opera di un bravo intagliatore di Lecco, i libri, le pergamene e le bolle, tutto concorreva a trattenere come a luogo di sosta e di riposo per il corpo, di piacevole lavoro per lo spirito che spaziava tra le forme e le idee, fra le bellezze dell'arte e i ricordi della storia. I visitatori ammiravano quella Esposizione così origiginale e caratteristica: e i giornali tutti lodavano il pensiero che l'aveva fatta sorgere. Alle 3.30 antimeridiane del giorno 3 agosto le fiamme divampate all'improvviso nell'attigua sezione di Arte Decorativa, si sono propugnate con tanta veemenza da rendere vane le non poche cautele adottate dalla Fabbrica a salvaguardia delle cose esposte. Non valsero le spaciali cure usate per

Pianta della Esposizione del Duomo tra le gallerie dell'Arte Decorativa e dell'Architettura Veduta prospettica dell'Esposizione del Duomo. - (Il modello e il disegno al naturale della falconatura studiata per il nuovo coronamento della facciata). proteggere la struttura lignea del padiglione, non valsero le varie installazioni idriche predisposte per ogni necessità di estinguimento, non valse la ubicazione di propositi voluti per agevolare in caso di pericolo un opportuno isolamento. Bastarono pochi minuti - mezz'ora forse al più - perché di tante cose preziose, riunite come in museo, non rimassero che calce e carboni, frantumi sui quali cadeva l'inutile acqua dalle canne e dai soffioni, mentre il sole canicolare illuminava la lugubre scena. Lugubre, perché si era davanti alla cenere delle cose morte.

In quei giorni era stato terminato questo catalogo degli oggetti esposti - che oggi rappresenta un mesto ricordo. Il catalogo, che pubblichiamo più innanzi, descrive 153 numeri, che comprendevano la storia, l'arte e il lavoro. L'architetto Gaetano Moretti aveva presieduto alla costruzione del padiglione e all'ordinamento della Mostra. Nell'entrare si vedevano i massi di marmo della cava di Candoglia, lavorati in varia guisa per mostrare le speciali qualità del materiale. La loro scomparsa non ha importanza perché le viscere del monte, dalle quali quei massi erano usciti, sono feconde di consimili marmi. Vi erano due falconature: una tolta dal coronamento dell'attuale facciata del Duomo, l'altra tutta nuova, egregiamente lavorata; ma non è questo il danno irreparabile come non lo è la perdita delle fotografie della Cava e della statuaria, che furono già in questo frattempo riprodotte. Anche i diegni per il nuovo coronamento si stanno rifacendo. Una perdita dolorosa invece è quella del disegno origi- Altra veduta prospettica dell'Esposizione del Duomo con modelli vecchi e un saggio di pavimento. nale della facciata dell'architetto Carlo BUzzi del 7 aprile 1653, colle firme dell'autore e del Capitolo della Fabbrica del Duomo d'allora. Questo disegno servì di base per la facciata presente; però abbiamo la riproduzione esatta in eguali proporzioni. Perì pure tra le fiamme il disegno originale della facciata dell'architetto Amati e dell'abate Zanoja del 1806: ci rimangono oggi le fotografie. Una serie di fotografie in quattro quadri presentava la storia dei progetti della facciata dall'origine ai giorni nostri: qui non vi è danno perché la Fabbrica possiede tutte le negative fotografiche. Fu perduto il disegno originale e premiato della facciata Brentano e quello della torre campanaria del Beltrami; della torre di Beltrami abbiamo la riproduzione, e il disegno della facciata Brentano si sta rifacendo perchè esistono presso la Fabbrica tutti i disegni di dettaglio, le piante e tutti gli studi del progetto. Non parliamo del bozzetto di gesso delle porte di bronzo del Pogliaghi, che ora sono collocate nella loro sede, del saggio di pavimento e delle propsettive dei progetti premiati del Concorso mondiale per la facciata. Anche queste propsettiva saranno rifatte coll'aiuto degli autori e colla scorta delle fotografie che la Fabbrica possiede. Andò distrutta anche la l'opera paziente di riproduzione in legno del Duomo, del Mattarelli di Lecco, che la Fabbrica aveva ospittao nel suo padiglione.

Erano stati esposti due antichi libri dove si registravano i doni, le entrate e le spese del Duomo: il Liber ecclesiae majoris Mediolanensis continens totum datum et receptum (1387-1388), e il Liber rubeus et super quo describenduntur Altra prospettiva dell'Esposizione del Duomo col modello intagliato dal Mattarelli di Lecco. diversi debitores debentes et quaecumque dona et legata mobilia facta cathedrali. Però questi volumi sono pubblicati negli Annali della Fabbrica e per buona sorte non erano stati esposti i volumi cartacei che contengono la cronaca dei primi anni della Fabbrica del Duomo sui quali studiano il senatore Beltrami e l'architetto Cesa Bianchi. Inoltre, fra le rovine, si è già trovato il volume delle prime ordinazioni del Capitolo della Fabbrica, protetto forse dalla robusta rilegatura: e questo, coll'aiuto di reagenti chimici, sarà restituito agli studiosi. I documenti bruciati sono trascritti e pubblicati, cosicché la storia non risentirà alcun danno dalla catastrofe. In una vetrina vi erano delle musiche antiche: fra queste il librone della Cappella colle quattro parti, contenente composizioni diverse a pure voci, scritte dal famoso Franchino Gaffurio (1484). Del quale però la Fabbrica conserva altri libroni di parti musicali. V'erano messe autografe dei maestri di musica G.A. TUrati (1640), G.A. Grossi (1669), Fiorono (1700), Zingarelli (1798), Neri (1840), Bucheron (1870) e Gallotti, attuale maestro di cappella del Duomo. Si potranno rifare in parte le musiche perdute colle parti che si possiedono. Furono consunti dalle fiamme tre piccoli vetri istoriati del secolo XV della scuola di Stefano da Pandino, che si vedevano prima dnella sagrestia meridionale, colle figure di Ambrogio, Gervasio e Protasio, di cui si hanno le fotografie: e un altro del 1481, attribuito a Cristoforo de Mottis, raffigurante il Cristo dell'Apocalisse colla spada in bocca: del Mottis però vi sono altri esemplari nei finestroni del Duomo, e il vetro perduto era già fedelmente riprodotto. La perdita maggiore è quella di tre arazzi eseguiti su Disegno di Giulio Romano a inspirazione di Raffaello, stati donati da Guglielmo Gonzaga, duca di Mantova, a san Carlo, e da questi ceduti al Duomo in cambio di alcuni casini canonicali. Erano intessuti di lana e seta, commisti a fili d'oro e d'argento, e rappresentavano la scena degli Ebrei che raccolgono la manna, quella del prodigio dei serpenti operato da Mosè davanti a Faraone e la Cena coll'agnello che fecero gli Ebrei prima di affrontare l'ignoto per la libertà. Rimangono però alla Fabrbica altri quattro arazzi della stessa provenienza e della medesima serie e sono: Mosè sul Sinai, il passaggio del Mar Rosso, il serpente di bronzo e una magnifica danza di putti. Questi però non possono consolare dei tre perduti, allo stesso modo che un padre non può confortarsi cogli altri figli di quelli che non ha più. Questi arazzi erano già stati altre volte esposti in Milano alle mostre di arte antica. La Fabbrica possiede di tutti e sette gli arazzi le finissime incisioni in rame eseguite da Le Poer nel 1761 e le fotografie fatte in questi ultimi anni: e i quattro conservati rimangono esempio del processo di ordinatura del secolo d'oro di qeusat industria artistica. Con questi elementi, se la Fabbrica credesse di farli riprodurre da abili arazzieri, lo potrebbe coi danari avuti dalla Compagnia di assicurazione.

La catastrofe avvenuta è una grande lezione per tutti: di non affidare più alcun cimelio storico alle esposizioni passeggere e delle quali una fatalità affretta talora la fine. Ma tutti devono riconoscere però che la Fabbrica del Duomo era stata mossa a presentarsi a questa mostra da un lato senso d'amore per la città che ha creato il grande monumento: ed aveva voluto concorrere, colle sue forze, al decoro della nobile impresa iniziata nel nome d'Italia. Il Consiglio della Fabbrica del Duomo, nella risorta galleria di Architettura ha rinnovato l'Esposizione distrutta colle fotografíe, coi disegni, colle stampe e colle pubblicazioni. CATALOGO CAVE DI CANDOGLIA - SEGHERIA - OFFICINA PER LA LAVORAZIONE DEI MARMI N.1 . Pezzo dell' attuale coronamento della facciata del Duomo, rimosso per ragioni di stabilità perche minacciante rovina.

N.2. Due fotografie dell' atto col quale si è proceduto alla rimozione del pezzo precedcnte (24 settembre 1904). Il coronamento della facciata. eseguito in gran fretta dal 1807 al 1813, con materiali scadenti e malamente connesso, trovasi in deplorevoli condizioni di stabilità: l'ufficio del Genio Civile intervenuto in seguito alle sollecitazioni del corpo tecnico della fabbrica, invito nel 1804 la Fabbrica a rimuovere i pezzi pericolanti e a provvedere al rifacimento generale. N.3 Guglietta di falconatura eseguita in marmo per cura dell' Ufficio tecnico della fabbrica per il coronamento della nuova facciata Brentano. N. 4. Parte di falconatura completa (N. 5 pezzi) in marmo come sopra. N.5. Traforo di falconatura eseguito per il nuovo coronamento approvato dal Consiglio della fabbrica del Duomo e in corso di lavoro. N.6, 7, 8, 9, ro. Quattro blocchi di marmo della cava di Candoglia (della quale uscì il materiale del Duomo) variamente lavorati e una grande lastra dello stesso marmo. N.11, 12 Due quadri racchiudenti quattro grandi vedute fotografiche della cava di Candoglia (posta sulla linea ferroviaria del Sempione tra Mergozzo e Cuzzago, rimpetto ad Ornavasso). N.13. Mappa generale della cava stessa di C andoglia nel rapporto di 1 : 750. N.14, 15, 16. Lastre sottili di marmo di Candoglia rosato esposte per mostrarne la trasparenza. PAVIMENTO DEL DUOMO. N.17 Saggio in marmo della già avviata rinnovazione del pavimento del tempio. I marmi della Cava di Candoglia. N.18, 19. Due cornici contenenti vari disegni, rilievi, studi relativi al pavimento del Duomo, nonché fotografie di altri lavori analoghi per stabilire la derivazione del tipo di pavimento adottato.

STUDI DELLA COMMISSIONE PER IL NUOVO CORONAMENTO DELLA FACCIATA DEL DUOMO E LORO TRADUZIONE PRATICA DA PARTE DELL'UFFICIO D'ARTE DELLA FABBRICA.

N.20. Grande modello in gesso al naturale di un falcone della campata mediana. N.21 Disegno al naturale di un tratto di falconatura della campata mediana, comprendente anche la parte figurativa inferiore. N. 22, 23, 24, 25, 26. Cinque quadri di disegni rappresentanti nell'insieme complessivo e nei particolari il progetto della Commissione. N.27. Grande veduta fotografica della facciata attuale. N. 28. Veduta fotografica della fronte del Duomo secondo il progetto della Commissione. N. 29. Veduta fotografica della fronte del Prospettiva d'una parte dell'Esposizione del Duomo. Duomo col nuovo coronamento deliberato dal Consiglio della Fabbrica. N. 30. Disegno d'assieme in scala 1/10 del vero, del nuovo coronamento in esecuzione. STUDI PER LA STABILITA' DELLA GUGLIA MAGGIORE. N.31. Grande modello in legno dimostrante il sistema costruttivo del tiburio del Duomo. N.32, 33. Due quadri contenenti studi della Commissione tecnica nominata per esaminare la stabilità della costruzione per restaurarla e per migliorare gli accessi alla guglia maggiore. ANTICHI STUDI E PROGETTI PER LA FACCIATA DEL DUOMO. N. 34. Disegno originale della facciata ideata dall'architetto Carlo Buzzi. Questo disegno è il più antico che sia stato firmato dai deputati della Fabbrica: la data è del 7 aprile 1653. Il Buzzi fece progredire con alacrità i lavori della facciata nella parte inferiore sul disegno del famoso Tibaldi Pellegrino, modificato dall'architetto Richino e da lui stesso: rispettava il concetto pellegrinesco di stile romano e lo completava collo stile archiacuto. Il suo disegno fu base a parecchi progetti fra cui a quello che venne eseguito sul principio del secolo XIX. Esistono le riproduzioni in disegno (proporzioni eguali) e in fotografica. Veduta della facciata attuale del Duomo. (N. 27 del Catalogo.) - (Da fotografia del defunto Arch. Prof. G.B. Borsani membro della Commissione per lo studio del Nuovo coronamento.) N. 35. Disegno originale della facciata attuale colle firme degli autori architetto Amati e abate Zanoja (18o6). N.36, 37, 38, 39. Quattro quadri contenenti N. 28 fotografie di antichi studi e progetti per la facciata del Duomo. Questa serie di fotografie comincia con quella della facciata di Santa Maria Maggiore demolita nel 1683 mentre davanti ad essa si edificava la facciata nuova. - I visitatori possono vedere i diversi progetti di Tibaldi Pellegrino (l'architetto prediletto di san Carlo), colle torri e senza torri - quello del suo rivale Martino Bassi che voleva ridurre il Duomo a un porticato greco - uno bizzarro colle colonne contorte di F. M. Richino e un altro dello stesso corretto sul Pellegrino - un progetto del Buzzi, già nominato, coi campanili, fatto prima di quello al N. 31: - lo strambo fantastico progetto dell'architetto Castelli, rivale del Buzzi e che provocò una disputa in tutta Italia, finita colla vittoria del Buzzi - il gruppo dei progetti bizzarri, senza indirizzo d'arte, preparati nella seconda meta del secolo XVIII: - e infine quello dell'architetto Soave del 1790 che inspirò il progetto Zanoja e Amati definitivamente eseguito (N. 35).

NUOVE IMPOSTE IN BRONZO PER LA PORTA MAGGIORE DEL TEMPIO. n.40. Bozzetto premiato e prescelto per l'esecuzione nel concorso nazionale indetto dall'amministrazione della Fabbrica nel 1894, opera del Prof. Lodovico Pogliaghi. Il conte Giacomo Mellerio morto ai 10 dicembre 1847, lascio 100 mila lire austriache per fare le imposte di bronzo della porta maggiore del Duomo : prescrisse per soggetto i fasti della vita di Maria.

N.41. Disposizione delle imposte Pogliaghi secondo la porta bifora ideata nel Veduta fotografica della facciata del Duomo secondo il progetto della Commissione incaricata di studiare il nuovo coronamento. (N. 28 del Catalogo.) progetto della nuova facciata dall'architetto Giuseppe Brentano. N. 42, 43, 44, 45 Disegni e bozzetti riguardanti il definitivo adattamento delle imposte di bronzo all'attuale porta del Pellegrini e studi tecnici riguardanti le opere di collocamento.

CONCORSI INTERNAZIONALI PER LA NUOVA FACCIATA. N.46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53. Otto quadri contenenti, in N. 31 fotografie, i principali progetti presentati al concorso internazionale di primo grado del 1887. 54, 55. Due quadri contenenti i progetti premiati al concorso internazionale di secondo grado nel 1888.

ICONOGRAFIA SCULTORIA DEL DUOMO. N.56, 57, 58, 59, 6o, 61, 62. Sette quadri contenenti parte delle fotografie, eseguite a cura della Fabbrica, illustranti le più notevoli opere e particolari di scoltura e decorazione del tempio e Veduta fotografica della fronte del Duomo col nuovo coronamento deliberato dal Consiglio della Fabbrica ed approvato dalla Giunta Superiore di Belle Arti e del Ministero della P.I.(N. 29 del Catalogo.) predisposte per un'apposita pubblicazione sulla Statuaria in Duomo attualmente in corso di stampa.

RIPRODUZIONE IN LEGNO DEL DUOMO. N. 63. Copia in legno dell' intiero edificio in tutti i suoi particolari interni ed esterni. Lavoro eseguito sul rapporto 1 : 5o dal vero, tra gli anni 1840 e 1862 dall' intagliatore Giacomo Mattarelli di Lecco e di proprietà dei di lui eredi.

VEDUTE PROPSETTICHE DEI PROGETTI PREMIATI AL CONCORSO INTERNAZIONALE DI SECONDO GRADO. » 64. Becker Lodovico di Magonza. » 65. Edoardo Deperthes di Parigi. » 66. Sebastiano Gius., Locati di Milano. » 67. Carlo Ferrario di Milano. » 68. Gaetano Moretti di Milano. » 69. Enrico Nordio di Trieste. » 7o. Giuseppe Brentano di Milano. » 71. » » » » 72. Luca Beltrami di Milano. N. 73 Tito Azzolini di Bologna. » 74. Hartel e Nechelmann di Lipsia. » 75. Antonio Weber di Vienna. » 76. Rodolfo Dick di Vienna. » 77. Daniele Brade di Kendal (Inghilter.). » 78. Paolo Cesa Bianchi di Milano. » 79. Disegno della facciata attuale del Duomo nel rapporto di 1/100. » 80. Disegno originale nel rapporto di 1/50 dal vero, presentato dall' architetto Giuseppe Brentano al concorso internazionale e prescelto per l'esecuzione. » 81. Disegno nel rapporto di eseguito dall' ufficio tecnico della Fabbrica e rappresentante il progetto Brentano con le modificazioni suggerite dalla Giuria di premiazione. » 82. Torre campanaria ideata dall' architetto Luca Beltrami allo scopo di provvedere alla sistemazione della piazza del Duomo e a un degno collocamento di quelle parti inferiori dell'attuale facciata, che l'esecuzione di una nuova fronte avrebbe sacrificato. - Lavoro presentato al concorso di secondo grado e segnalato per l' esecuzione dal Giurì internazionale. PUBBLICAZIONI DIVERSE INTORNO AL DUOMO DI MILANO. N. 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90, 91. Studi, monografie, volumi diversi di C. Boito, L. Beltrami, C. Mongeri, C. Romussi, F. Salveralio, ecc., ecc. N. 92, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 100. Annali della Fabbrica del Duomo con prefazione di Cesare Cantù. N. 101. Relazione sui restauri della Guglia maggiore (1844).

DOCUMENTI DELL'ARCHIVIO DEL DUOMO (NEGLI SCAFFALI CORRISPONDENTI ALLE TRE FINESTRE GOTICHE CENTRALI). Scomparto A N. 102. Catalogo generale dell' archivio della Fabbrica. N. 103. Registro di Istromenti (testamenti e donazioni) dal 1212 al 1562. Trascrizione del secolo XVII. N. 104. Liber ecclesiae majoris Mediolanensis continens totum datum et receptum (1386-1387). Questo volume in parte pubblicato negli Annali, era deposto sull'altare ove si recavano uomini e donne d'ogni condizione a portare denari e doni svariatissimi per erigere la chiesa SComparto B N. 105. Liber rubeus et super quo describuntur diversi debitores debitores debentes et quaecumque dona et legata mobilia facta cathedrali. Volume cartaceo coll' indice in pergamena (1387). N. 106. Primo volume delle ordinazioni del Capitolo dei Deputati della Fabbrica (1390-1446). Scomparti C N. 107. Atti riferentisi a compere di schiavi (sette documenti provenienti dall'eredità Carelli) 1367-1378. Marco Carelli fu uno dei primi e più munifici donatori che abbia avuto il Duomo. Egli aveva dato i suoi beni alla Fabbrica mentr'era ancor vivente : esercitava il commercio e manteneva traffici coi maggiori porti d' Europa: quando morì nel 1394 a Venezia, la Fabbrica che ereditava tutto il suo patrimonio, mandò a prendere la salma, la trasportò nella tomba in Duomo e gli fece solenni funerali. Nel recente ordinamento dell'Archivio del tempio, si rinvenne un fascio di carte relative all'eredità Carelli : e fra i contratti di bombace, di lana. di buoi, v'erano dei contratti di compera di schiave, fatti a Venezia. Le schiave si vendevano a più caro prezzo quanto erano più giovani: per 32 ducati una schiava tartara di 18 anni (22 maggio 1377), per 23 ducati un'altra di 28 anni (I dicembre 1367) per 29 una di 22 anni (25 maggio 1373). Nei contratti si legge che erano vendute « sane di corpo, garantite contro il mal caduco e ogni segreta malattia. » I contratti si facevano tutti a Venezia: pare che il Careni le conducesse a Milano, le emancipasse e le collocasse a marito. Questi documenti furono studiati in pubblicazioni di C. Romussi e E. Verga. N. 108. Indulgenza concessa dall'arcivescovo Antonio da Saluzzo, con grande sigillo in ceralacca (1386). Sigillo dell'arcivescovo Antonio da Saluzzo. (N. 108 del Catalogo.) N. 109. Altra lettera d' indulgenza di Antonio da Saluzzo (1387). I due suaccennati documenti sono i piu antichi che riguardano l'origine del Duomo. L'arcivescovo Antonio da Saluzzo eccitava ai 12 maggio 1386 il popolo a riedificare la vecchia chiesa logora e cadente. Poi agli 11 settembre 1387 dava l' indulgenza di 40 giorni a chi dava aiuto al sorgere del tempio che si riedificava più sontuoso. Notevole il sigillo pochissimo conosciuto dagli studiosi. Da una parte ha l'imagine di Sant'Ambrogio tra Gervaso e Protaso, che hanno le palme del martirio nelle mani, un'altra figura, forse quella dell'arcivescovo, si vede al basso. Intorno corre l'epigrafe: S(igillum) Antonii Dei et apostolice sedis gratia Sancta Mediolanensis ecolesie archiepiscopus. L'indicazione apostolice sedis gratia era allora relativamente recente, perchè prima l'arcivescovo riconosceva la sua elezione da Dio e dal popolo. Parecchi esemplari di questi sigilli esistono nell'Archivio dei Canonici del Duomo. Scomarto D. N. 110. Bolla di Bonifacio IX con sigillo in piombo (1396). La pergamena ha le iniziali ornate di disegni in nero. Contiene le norme per il giubileo a favore della Fabbrica. Nel sigillo in piombo vi sono le teste degli apostoli Pietro e Paolo impresse con ingenuità artistica. Sigillo di G. G. Visconti. (N. 111 del Catalogo.) N. 111. Lettera Ducale con sigillo di cera bianca (1399). Gian Galeazzo Visconti, primo duca di Milano, ordina in questo documento che coloro i quali avevano controvversie colla Fabbrica del Duomo, dovessero giurare che le ragioni che esponevano in iscritto erano vere e non finte. Notevole il sigillo in cera bianca collo scudo della biscia sormontato dall'aquila e sostenuto da due altre aquile rampanti. N. 112. Pubblicazione dell' indulgenza di Bonifacio IX fatta da Antonio da Saluzzo (1400).

Iniziale della patente di Francesco Sforza del 1450.( N. 113 del Catalogo.) N. 113. Patente di Francesco Sforza — pergamena miniata (1450). Con questo decreto 16 marzo 1450 il duca Francesco Sforza rimette in vigore l'oblazione obbligatoria di un decimo dello stipendio per tutti i salariati del ducato a favore della Fabbrica. Degno d'osservazione che il capitano di ventura Francesco Sforza per assumere una parvenza di legittimità del conquistato dominio adottò per stemma la biscia dei Visconti nell' iniziale F. Iniziale miniata del privilegio di Bianca Maria e Galeazzo Maria Sforza. (N. 115 del Catalogo.)

N. 114. Bolla di Pio II con sigillo di piombo (1459).


Custodia in bronzo del sigillo di Bianca Maria e G. M. Sforza. (N. 115 del Catalogo.) N.115. Privilegio di Pianca Maria e Galeazzo Maria Sforza, con custodia di sigillo fatto in forma di scatola (1466). E' la conferma del decreto che porta il N. 112, fatta da Bianca Maria, vedova del duca Francesco, anche in nome del figlio Galeazzo Maria (3 luglio 1466). Nell'iniziale si vedono le due imprese sforzesche : il piccione bianco in campo azzurro col motto : a bon droit, e i tre monticuli d'oro o pigne colle pianticelle e le parole : Mit Zait (zeit) cioè « col tempo », abbreviazione dei proverbi tedeschi : « col tempo e la pazienza si fa tutto. » oppure: « col tempo viene il consiglio. » Nella custodia in bronzo del sigillo, che non c'è più, si vedono riprodotti gli stemmi e il motto : questa custodia èunita con un cordoncino bianco-rosso e verde alla pergamena.

Custodia convessa del sigillo di Bianca Maria G.M. Sforza coi disegni eseguiti in punteggiatura. (N. 115 del Catalogo. )

N.116. Privilegio di Bona e G. Galeazzo, con custodia di sigillo (1477). Con questo documento Bona di Savoia e il figlio Gian Galeazzo donano alla Fabbrica la piazza dell'Arengo (Aringo o Parlamento) che era davanti al tempio (24 febbraio 1477). Merita attenzione la custodia di bronzo alquanto diversa dalla antecedente. Anche questa ha il cordoncino di seta bianco, rosso e verde, ch'erano i colori del Comune e che nel 1796 il generale Bonaparte in Milano dava come bandiera alla Repubblica Cisalpina, e più tardi divennero i colori d' Italia. N. 117. Privilegio di G. Galeazzo - originale miniato (1485). Il duca Gian Galeazzo Sforza concedeva con questo diploma 21 novembre 1485, l'erezione di una confraternita di San Rocco nella chiesa di Santa Tecla. Distrutta la chiesa, la Confraternita passò in Duomo, all'altare detto allora di Sant'Agnese, dove si concentrarono le confraternite di San Rocco, di San Vittorello c della Madonna della Neve.

Faccia della custodia del sigillo. (N. 115 del Catalogo.)

Scomparto E. N. 118. Parere di bramante intorno alla costruzione del tiburio (autografo?) anno 1490. N. 119. Donazione della Conca di Viarena - pergamena miniata colla firma di Lodovico il Moro (1497). Miniatura finissima, copiata a colori nelle scuole. Nell'iniziale L è posta la Vergine col Bambino: segue lo stemma ducale coi tizzoni ardenti e le secchie, per ardere ed estinguere: e intorno l' iscrizione abbreviata che si traduce : « Lodovico Maria Sforza Angelo, Beatrice d' Este, duchi di Milano, coniugi. » Con questo diploma il 31 agosto 1497 il duca dona alla Fabbrica del Duomo la Conca (sice cataracta) di Viarena. N. 120. Bolla di scomunica di Alessandro VI (Borgia) Con sigillo in piombo (1502).

Custodia convessa del sigillo di Bona di Savoia e Gian Galeazzo. (N. 116 di Catalogo.)

N. 121. Diploma di LodoVico XII con sigillo, e ordine del magistrato delle entrate di Milano perchè le disposizioni in esso contenute abbiano esecuzione (1505). Il documento 28 febbraio 1505 conferma alla Fabbrica tutti i privilegi, indulti, concessioni, immunità ed esenzioni che al Duomo erano stati concessi dai duchi di Milano. Lodovico XII re di Francia voleva cosi ingraziarsi il popolo. Nel mezzo del grande sigillo in cera verde, si vede il re a cavallo, vestito d'una completa armatura ma col viso scoperto: la gualdrappa del cavallo è intessuta di gigli e di biscioni : Intorno si legge: Sigium - Ludovici - Duodecimi - Francorum - Sicilieque - Regis - Mediolani - Domini - Astan. Quest'ultima parola richiama di Asti, città, data in dote a Valentina Visconti, avola di Luigi XII.

Faccia della custodia del sigillo collo stemma di Milano sormontato del drago, di Bona di Savoia e Gian Galeazzo. (N. 116 del Catalogo.)

N. 122. Lettera del cardinale Antonio Pucci

Miniature del diploma di Lodovico il Moro. (N. 119 del Catalogo.) con sigillo di ceralacca, entro custodia (1532). Antonio Pucci, cardinale del titolo dei Quattro Santi Coronati (ch'erano scultori secondo la leggenda), concedeva col diploma 19 marzo 1532, indulgenza a chi si confessava in Duomo nel giorno dell'Annunciazione. Il sigillo in cera rossa reca al sommo il Padre Eterno colla croce sostenuta dagli angeli: più sotto tre nicchie colla Vergine e col bambino nella mediana, e i santi Stefano e Sebastiano nelle laterali: al basso lo stemma del cardinale.

Sigillo in cera verde di Lodovico XII re di Francia e signore di Milano. (N. 121 del Catalogo.)

Scomparto F. N. 123. Bolla di Giulio III con sigillo in piombo (1549). N. 124. Transunto dell'anzidetta bolla fatta dal pubblico notaio Giovan Pietro Bernardisio. N. 125. Diploma di Carlo V confermante la concessione fatta al Duomo da Ferrante Gonzaga, della piazza del Verzaro. Originale con frammento di sigillo imperiale (1551).


Sigillo del cardinale Antonio Pucci (N. 122 di Catalogo.) Davanti al Duomo sorgeva la chiesa di Santa Tecla colla piazza dell'Arengo e ch'era stata concessa alla Fabbrica del Duomo. Atterrata la chiesa di Santa Tecla nel 1548, per formare una grande piazza pubblica, il governatore spagnuolo don Ferrante Gonzaga, donò alla Fabbrica (20 agosto 1549), in compenso, il Verzaro. oggi piazza Fontana. L' imperatore Carlo V, con questo diploma, conferma la donazione. Il sigillo è infranto, rimane solamente lo stemma centrale sormontato dall' aquila bicipite. N. 126. Carlo Emanuele I di Savoia. Attestato di grazia ricevuta per intercessione di san Carlo Borromeo. - Lettera autografa in pergamena entro custodia di pelle (1601). In questa lettera, 12 gennaio 1601, si narra che lo scrivente Carlo Emanuele era ammalato di febbre nel 1583 a Vercelli, che l'arcivescovo Carlo Emanuele andò a trovarlo e lo guarì : che l'anno seguente 1584 tornò a visitarlo a Torino e che egli lo pregò di fermarsi per benedire le sue nozze con Caterina figlia del re di Spagna, ma che Carlo vi si rifiutò aggiungendo che non gli era piu permesso di ritardare il suo ritorno

Sigillo di Carlo V. (N. 125 del Catalogo.) e che non l'avrebbe più riveduto : ed essendo l'arcivescovo poco dopo morto, il duca crede che fosse, per le parole dette, dotato di spirito profetico. Infine che avendo il figlio Filippo Emanuele principe di Piemonte gravemente infermo, egli fece voto a San Carlo, se guariva, di andare al santuario di Montereale e di regalare una lampada d'argento al sepolcro del Borromeo; il fanciullo guarì ed il duca attribuisce ciò al voto e a San Carlo. Di questa lettera esistono parecchie stampe.

N. 127. "Per la facciata del Duomo di Milano" opuscolo (1654). In queste pagine si trova esposta la questione della facciata colla gara fra il Buzzi e il Castelli, desunta dai documenti pubblicati negli Annali.

Scomparto G.

IN QUESTO SCOMPARTO E NEI DUE SEGUENTI SONO RACCOLTI I CIMELI MUSICALI.

N. 128. Librone della Cappella colle quattro parti contenente composizioni diVerse a pure voci scritte da Franchino Gaffurio (1484). Il libro è aperto alla prima pagina dove è musicata la Lauda della Natività sulle parole: Faccian festa e giulleria Che ghè nato el bon Messia. Colui chè padron del cielo Incomenza a patir gelo Per levarci el mortal velo Che Adam posto ci avea. Faccian festa... ecc., (come sopra) Franchino Gaffurio, nato in Lodi nel 1451, fu colui che diede maggior lustro alla Cappella del Duomo, ove però la musica era coltivata con amore fino dalla fondazione. Dopo aver vagato per l' Italia ed essersi soffermato a Venezia e a Genova, si stabilì definitivamente in Milano nel 1484 quale maestro di Cappella, nello stesso tempo che frequentava la Corte di Lodovico il Moro. La Fabbrica possiede parecchi volumi del Gaffurio. N. 129. Giovanni Antonio Turati, maestro di Cappella tra il 1640 e il 1650. Messa a 8 a a 16 parti in quattro cori. » 130. Grossi Giovanni Antonio (1669), Credo a 16 Darti in quattro cori con basso numerato.

Scomparto H.

» 131. Giovanni Andrea Fioroni (1700), Gloria a otto voci in due cori. » 132. Nicolà Zingarelli (1798), Messa a otto voci con due Organi. » 133. Benedetto Neri (1823-1841), Gloria a otto parti con accompagnamento d'organo. » 134. Raimondo Bucheron (1847-1876), Messa da Requiem. » 135. Salvatore Gallotti, attuale maestro. Ingressa in festo Sancti Ambrosii.

Scomparto I.

» 136, 137, 138. Autografi diversi di Giuseppe Sarti, Nicolò Zingarelli, Agostino Quaglia, Musicisti della Cappella del Duomo. N. 139. Catalogo delle opere esistenti nell' archivio musicale della Fabbrica del Duomo.

VETRATE DEL DUOMO. N. 140. Il Cristo colla spada in bocca - dalla vetrata Apocalisse - penultimo finestrone (Cristoforo de Mottis 1481?) N. 141. La Trasfigurazione - idem. N. 142, 143, 144. Tre vetri con i Santi Ambrogio, Gervasio Protasio, dalle Vetrate della Sagrestia Settentrionale. Seconda metà del XV secolo (scuola di Stefano da Pandino). 145, 146. La morte di Santa Tecla. Vetrata del XIX secolo, opera del pittore Guido Bertini. N. 147, 148, 149, 150. Quattro piccole Vetrate Composte con frammenti antichi.

ARAZZI DI PROPRIETA' DELLA FABBRICA.

Tre arazzi eseguiti su disegno di Giulio Romano a ispirazione di Raf- faello, donati dal Duca di Mantova Guglielmo Gonzaga a San Carlo Borromeo e da questi ceduti al Duomo nel 1569. - Sono tessuti in seta e lana commiste a fili d' oro e d'argento.

Arazzo rappresentante la scena della manna che scende nel deserto. (N. 151 del Catalogo) Arazzo: Mosè opera il prodigio de' serpenti davanti a Faraone (N. 152 del Catalogo) N. 151. La manna del deserto. N. 152. Mosè opera il prodigio dei serpenti. N. 153. la cena dell'agnello. Altri arazzi della stessa serie e pure di proprietà del I Duomo, trovansi esposti, a titolo di semplice deposito, nel salone detto della Palla in Castello. ora Galleria di Arte moderna: un altro di grandiose proporzioni (metri 6 di lunghezza per 3) si trova in Duomo, nel cui Tesoro si conserva un arazzo eseguito su disegno di Gaudenzio Ferrari rappresentante l'omangio dei Re Magi, uno di scuola fiamminga convertito in pala d'altare colle scene della passione di Cristo, e un altro colla Deposizione che si attribuisce al Mantegna. STUDI DI DECORAZIONE DELLE VOLTE.

Saggi di decorazione per le volte del tempio eseguiti a graffito nel padiglione della Fabbrica all' Esposizione dal pittore Ernesto Rusca. Le volte del Duomo sono ora dipinte a grandi rosoni in istile archiacuto, trattate a chiaroscuro con buon effetto di prospettiva perché danno l' illusione di un soffitto sforato di marmo : e la Fabbrica, lodando il presente saggio e quelli già prima eseguiti in Duomo. continua i restauri delle volte secondo l'antico disegno che ha per sè l'appoggio della tradizione per l'armonia dell' insieme. Edito a cura dell' Amministrazione della Fabbrica del Duomo