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MILANO MCMXXVI MILANO STORIA - ARTE - SCIENZA - ECONOMIA IGIENE - SERVIZI PUBBLICI - STATISTICA AMMINISTRAZIONE (In appendice : GUIDA PRATICA)

MONOGRAFIA COMPILATA A CURA DEL COMUNE DI MILANO UFFICIO STUDI


MCMXXVI La redazione della Monografia fu affidata ai Signori: PROF. DOTT. ALESSANDRO VISCONTI DOTT. ALESSANDRO MOLINARI dell' Ufficio Studi (Rip. XI) del Comune di Milano

STABILIM. GRAFICO RIPALTA - MILANO PREFAZIONE

Questa Monografia, voluta dall'Amministrazione comunale di Milano, sia un titolo d'orgoglio per il cittadino ambrosiano, che vi troverà la rassegna delle forze vive della sua città; per l'ospite sia un segno di ciò che la Metropoli rappresenta nella vita italiana. Sorta in una posizione fortunata, presso i grandi fiumi, ai piedi dei valichi più facili dell'Alpe, a quasi ugual distanza dai due mari d'Italic, Milano è destinata ad essere il centro naturale di quella valle padana, che è sede di una delle più notevoli civiltà industriali del XX secolo. Dopo il risorgimento nazionale essa ha avuto un mirabile sviluppo industriale e commerciale, e si generò quella caratteristica ricchezza cmbrosiana, la quale non è mai nè vistosa nè insolente, ma si traduce in nuove opere attive e benefiche. Io penso che anche maggiore sia per essere il destino che attende Milano nell'avvenire prossimo; le stesse difficoltà, che si manifestano nella sua vita nei dieci anni seguenti la guerra, sono l'indizio sicuro di un prodigioso sviluppo in atto, così come nel corpo umano inevitabili squilibri fisici accompagnano una crescita improvvisa. Bisogna osservare attentamente le notizie e i dati che sono in questa Monografia, completandoli con quelli che sono nell'Annuario statistico, recentemente pubblicato, per comprendere chiaramente tutto ciò. Chi teme che le difficoltà rappresentino un arresto nell'incremento, è in errore. Vi sono dati sicuri ed infallibili, che lasciano presagire la verità di quanto affermo. Certo non basta aver fede nella grandezza della Metropoli, ma bisogna di questa fede nutrire l'opera incessante e tenace per vedere, nel più vicino avvenire, - forse tra cinque o sei anni, - la città, superato il milione di abitanti, fiorire di nuove industrie; sorgere nuovi quartieri tra S. Siro e la Bovisa, tra Loreto e Lambrate, tra Rogoredo e Vigentino, divenuti rumorosi e formicolanti sobborghi; le ferrovie sotterranee correre dal cuore alla periferia come arterie del gran corpo vive del migliore suo sangue; le strade rinnovate e le tranvie trasportate lontano dal centro; la grande Università completata; le case degli artieri e degli operai insonni e infaticabili della grandezza e della ricchezza cittadina, sorgere accanto alle officine per opera illuminata degli stessi datori d'opera; il Naviglio coperto offrire lo sfogo naturale alla sua circolazione congestionata; il Corso rifatto a portici monumentali; i quartieri del Bocchetto, della Vetra e del Verziere sventrati e risanati; la luce sfolgorante farne il faro delle notti padane; il motore - questo dio fremente e onnipotente del secolo - invadere e assordare le sue vie ed i suoi cieli. Mi auguro che questa Monografia sia presto da rifondere e da rinnovare, per quanto chi l'ha voluta, l'ha voluta moderna e completa, così da rappresentare più che una rassegna del passato, una visione del presente e una promessa dell'avvenire. Milano, opera della tenace volontà dei milanesi di nascita e di adozione, orgogliosa d'essere il crogiuolo, in cui si fondono anime e dialetti della Patria, è alle porte di questa con una missione a cui non può e non vuol mancare: dare al forastiero l'esempio della ospitalità italiana, gentile e fiera ad un tempo, perchè offerto nella pausa di una fatica che non sí chiude se non con la vita dell'individuo, ma che si continua nel palpito multanime della Città e della Nazione. Al concittadino dunque si aprono queste pagine innanzi perchè egli conosca appieno le forze sane della sua città; all'ospite, perchè il ricordo dei giorni, passati tra la poesia divina del Cenacolo e il canto sonoro delle officine, non abbia a disperdersi. Milano li saluta senza interrompere l'immane sua opera, fiera di mostrare i segni della sua civiltà, profondamente romana e italiana.

LEO POLLINI. PARTE PRIMA CAP. I. - SOMMARIO STORICO.

Poichè nello scrivere la istoria di quei grandi agglomerati di abitazioni, di uomini e di interessi che sono le città - orgoglio delle civiltà mediterranee - se ne sogliono ricercare le prime origini, vere o favoleggiate che siano, quasi che il profondare lo sguardo nelle tenebre della preistoria e trarne qualche frammentaria notizia 'accresca la nobiltà della città che si vuoi celebrare, così noi pure ci rifaremo dai primi principii di questa terra insubra per non esser da meno di quelli infiniti storici - grandi, mediocri e piccoli - che di questo argomento trattarono, trovando, a seconda del valore, o la fama o l'oblio.

MILANO GALLICA E ROMANA. Quale fosse il villaggio gallico capitale dei Celti insubri non ci è dato di sapere. Lo stesso nome è comune ad altre località della Gallia: Midland, ossia in mezzo alla terra. E qui la leggenda colora la realtà dei suoi voli poetici. E giacchè la verità non si lascia svelare in tanta oscurità da tempi, perchè non lasciare libero il volo all'irreale? E narra dunque Tito Livio che circa sei secoli avanti Cristo, durante il regno di Tarquinio Prisco. Ambigato, capo del popolo gallico dei Biturgi, inviò i nipoti Belloveso e Segoveso in cerca di nuove sedi. Cosa comune a quei tempi le migrazioni in massa di popoli interi. Grande era allora l'Europa con le sue fiumane travolgenti, con le sue foreste immense, con le paludi che attendevano la fertilità dalla mano industre dell'uomo. Grande era l'Europa, piccoli i popoli, e audace il cuore dei conquistatori. Belloveso prese la via d'Italia e fissò le tende nella pianura padana nel cuore profondo dove, come arterie di un gran corpo, confluiscono i fiumi, le vie del commercio primitivo. La borgata rustica, circondata da mura di biancospino, fu chiamata Midland, latinizzata più tardi dai sopraggiunti romani in Mediolanum. Così, alle origini favoleggiate, s'aggiunse un ancor più favoloso diploma di nobiltà. Poichè gli etimologisti costruirono la leggenda della scrofa semilanuta che pare sia stata - forse nel IV secolo - lo stemma della città. Leggiamo nelle Origini di Isidoro (XV, I) " e si chiamò Milano giacchè, dicesi, vi fu trovata una scrofa a metà lanuta ". Lo sviluppo della nostra città si delinea dopo la conquista che Roma fece della Gallia Cisalpina. Ma difficile è ricostruire la storia di un municipio romano in quanto che l'amministrazione forte e accentratrice dello stato non. lasciava campo allo sviluppo d'autonomie e ad atteggiamenti particolari, di cui fu fertile invece il medio evo, dove lo Stato debole e l'autorità imperiale lontana consentivano una immensa fioritura di autonomie e atteggiamenti svariati di pensiero, per potevansi ben dire d'allora che e l'Italia tutta era un maggio e il popolo tutto era "cavaliere" . Si sa che nella seconda metà del II secolo a. C. tutto si vendeva a buon mercato a Milano. Sulla testimonianza di Polibio possiamo sapere che un me-

le colonne di San Lorenzo (vedi foto) dimmo di grano, ossia 52 litri e mezzo, costava 4 oboli, ossia 52 centesimi: che negli alberghi un viaggiatore pagava un tanto fisso che bastava a tutto e raramente passava la somma di un semisse, ossia un quarto d'obolo. E Strabone un secolo e mezzo dopo, maraviglia dell'abbondanza di vino attestata da botti di legno più grandi di case ! Paese ricco dunque, abitanti numerosi e belli. E possiamo anche dire che Milano era centro di commerci e d'industrie fin d'allora; e anche centro di studi, se è vero che Virgilio, « l'amoroso, il religioso Virgilio, l'uomo della campagna, l'amico delle ombre, dei placidi manzi, delle api dorate », abbia attinto alle fonti milanesi il suo sapere e la sua cultura. Plinio parla pure di Milano come luogo di studi superiori a cui giungevano attratti i giovani della provincia. E nel tardo impero, non venne forse l'africano Agostino, che fu poi un padre della Chiesa, a portare nella scuola milanese i frutti del suo forte ingegno? Leggete l'encomio che di Milano fu Ausonio in piena epoca imperiale e vedrete qual mirabile città fosse, ornata di monumenti insigni, cospicua di ricchezze, splendida di vividi ingegni. Milano era un municipium. Questo nome era antichissimo in Italia per indicare la città col circostante territorio, e municipes erano quelli che avevano eguali diritti ed erano sottoposti ai medesimi pesi. Tutti i municipi però, godendo amministrativamente di una certa autonomia con magistrati di propria elezione (duumviri e decuriones), erano soggetti a una legge generale dello Stato che conciliasse il diritto locale col diritto romano e definisse il numero e le attribuzioni dei magistrati. Fra queste leggi la più celebre, la vera legge comunale era la Lex lulia Municipalis, data da Giulio Cesare nel 45 a. C. La vita municipale milanese era tuttavia intensa : traccie ancora vive troviamo di una attività industriale e commerciale: anche la tarda testimonianza di Ausonio attesta - sebbene un po' vagamente - l'esistenza di un grande benessere con le parole « copia rerum ». Ma altre fonti ci assicurano che fiorivano a Milano le industrie tessili, le metallurgiche, e specialmente le fabbriche d'armi e le forniture militari. È pure ricordata la potenza del Corpus mercatorum o negotiatorum, primo ad essere aspramente colpito negli averi e nelle persone quando, nel 385 d. C., il popolo insorse contro l'imposizione di Valentiniano II, imperatore, per la consegna di una chiesa agli ariani. E accanto a questo sviluppo di industrie e commerci s' aggiungeva una febbre di godimenti, una smania d'accumular patrimoni a cui contrapponevansi le violente Invettive dei predicatori. A dimostrare come il traffico del denaro fosse attivo e lucroso, basta ricordare l'esistenza di una colonia israelita abbastanza numerosa, la cui presenza fu segnalata ai funerali di S. Ambrogio. Sfoggiavasi a Milano grande lusso, specialmente nel periodo decadente - anzi a cagione della decadenza e indice dei godimenti era la fama che circondava comici e mimi, a cui dedicavansi monumenti solenni. « Lo stesso fenomeno del movimento economico, industriale e bancario - scrive il Gabotto - e della ricchezza di cui era ad un tempo l'esponente ed il fattore, racchiudeva in sè il germe e lo spunto della dissoluzione. Lasciamo stare che a rendere più facili e più frequenti le invasioni non sarà quel fenomeno senza efficacia, giacchè se anche di esse siano più remote le cause, il miraggio della floridezza ligure dovette servire di incentivo e di stimolo acuendo le brame degli invasori, mentre è noto che le classi più elevate e le più basse sono in genere le meno capaci di sforzi generosi per la salvezza della patria, salvezza che generalmente è commessa allo spirito di sacrificio delle classi medie ». La fama di Milano si forma nel periodo imperiale e specialmente nell'ultima fase dell'Impero. Mentre i municipi curvavano sotto il peso di una crisi economica che inaridiva le fonti di ogni prosperità, d'ogni benessere; e i municipi decadevano all'ufficio di esattore del fisco, riducendo la curia (Consiglio comunale) all'ufficio - coatto - di garantire coi beni dei propri membri la riscossione delle imposte; mentre questa crisi distruggeva dalle radici l'organizzazione dello Stato romano, Milano prosperava, e anzi tra Roma e Milano si determina un vivo contrasto per il primato. Dopo la morte di Teodosio, la Corte Imperiale si ferma a Milano. Incominciano allora i tripudi e le feste che si accompagnavano sempre alle Corti. In mancanza di gazzettieri, Milano riboccava fin allora di legulei. Alla morte di Teodosio I, l'Italia occidentale formava, ad un dipresso, una sola provincia, rispondente più o meno all'antico paese dei Liguri, dalle Alpi Lepontine al mare. Centro era Mediolanum sede del Vicarius Italiae e di un Praepositus thesaurorum e di altri funzionari di Stato. Residenza di Massimiliano Erculio e capitale di fatto dell'Impero d'Occidente. La sua posizione le dava una potente egemonia sull'Italia occidentale e questa fortuna di Milano fu, forse, mal giudicata dal Gabotto, il quale ne fece la sfruttatrice dell'Italia superiore che tendeva ad assorbire con la sua forza espansiva. Infatti lo spopolamento delle campagne nel IV secolo si volgeva a tutto suo vantaggio, in quanto assumeva la forma dell'inurbamento dei superstiti delle invasioni; .mentre la diminuzione del traffico inflitta dalle piraterie vandaliche a Genova, a Marsiglia, a tutti i porti della costiera Gallo-Italiaca del Mediterraneo, aumentava a sua volta il commercio e la fortuna di Milano. Gli scambi fra Oriente e le Gallie seguivano le vie terrestri e fluviali dell'Italia superiore. La grande ricchezza di Milano si palesa specialmente negli avvenimenti di cui è pieno il V secolo. Molto presero i Goti, ma gli Unni, giunti dopo, trovarono tanta preda che, soddisfatti, risparmiarono le persone e non guastarono neppure gli edifici. Anzi si racconta che nel Palazzo imperiale vi fosse un dipinto raffigurante dei re barbari in atto di offrire all'Imperatore tributi e omaggi. Attila fece chiamare un pittore che... invertì le parti. Tuttavia, alla vigilia della fine dell'Impero, Milano risorge: il barbaro Ricimero - che faceva e disfaceva Imperatori nel nome augusto di Roma - viene accolto dai milanesi con simpatia: vent'anni di pace, dopo l'invasione degli Unni, avevano ridato alla nostra città il suo splendore. Ma erano gli ultimi sprazzi di una civiltà al suo tramonto: le classi politiche erano esaurite: la ricchezza in poche mani aveva distrutto la classe media, cemento della società, ed era rimasta una plebe anonima rinchiusa a forza nei Collegia accanto a un'aristocrazia di plutocrati. L'energia più sana e più forte, l'energia che aveva in sè i veri elementi ricostruttori fra mezzo alla sfacelo della società, era il cristianesimo. Mentre nelle gravi contingenze l'autorità politica era impotente o vigliaccamente fuggiva, i vescovi rimanevano al loro posto, confortavano le plebi, le difendevano coi mezzi di cui disponevano. Il cristianesimo insomma, per quanto lacerato da profondi dissidi ed eresie, era pur sempre una forza sociale di primo ordine: Milano - la sede di S. Ambrogio - fu sempre profondamente religiosa. Nel torbido Medio Evo, saranno i vescovi che salveranno la città e favoriranno, consapevolmente o inconsapevolmente, le prime libertà comunali. Che cosa ci rimase di Milano romana, tanto celebrata dalle fonti storiche? Dei monumenti restano le colonne di S. Lorenzo, enigma archeologico forse insolubile: la torre al Monastero Maggiore di dubbia e incerta origine, l'arco che mette nel vicolo S. Giovanni sul Muro (antica Porta Giovia). Qualche incerta memoria rivive nella toponomastica: S. Giovani sul Muro. S. Maria alla Porta, S. Giorgio al Palazzo, S. Vittore al Teatro. Incertissimi S. Maria al Circo, via Arena, via Moneta (forse presso la Zecca?). Dei templi riviveva memoria in antiche denominazioni di strade, ora purtroppo scomparse per smania di modernità. La via S. Giovanni alle quattro facce ricordava forse l'esistenza di un tempio di Giano: S. Paolo in Compito richiamava l'esistenza di un tempietto (compitum) dedicato ai Lari. Frammenti di architettura e di scultura vennero in luce qua e là negli scavi eseguiti, massime nel centro della città, al tempo dei rinnovamenti edilizi, e li possiamo vedere raccolti con amore nel Museo archeologico in Castello. Ecco tutto quel che rimane della nostra città nell'epoca romana. La sua storia vera incomincia col Medio Evo.

MILANO PRIMA DELLA COSTITUZIONE COMUNALE.

Del fosco periodo barbarico, poche memorie della nostra città sopravvivono. Tuttavia, benchè rimasta in seconda linea durante il Regno di Teodorico, di Amalasunta e di Teodato, era venuta riparando le immense jatture sofferte, e riprendeva, sotto il Regno di Vitige, il suo posto di prima città dell'Occidente dopo Roma. Ma quando Belisario sbarcò in Italia, i milanesi accolsero festosi una schiera di greci giunti come liberatori. La vendetta di Vitige fu terribile. Uraia, nipote del Re, assediava con ausiliari franchi la città, e presala nel 539, dopo valido assedio e ancor più eroica difesa, la metteva a sacco e a fuoco. La memoria della strage si conservò a lungo nelle tradizioni e nelle fonti locali. Col dominio bizantino, lentamente Milano risorse; ma non fu più la superba e splendida città imperiale. Qui appare per la prima volta l'alto grado di autorità e di potenza a cui eran giunti i vescovi. Essi sono partecipi all'elezione dei maggiori magistrati: ad essi è deferito il controllo delle rendite e delle spese municipali: ad essi medesimi qualche volta è affidato l'ufficio e l'autorità di « difensore »; così da sembrare - come scrive A. Ratti, ora Beatissimo Pontefice - quasi il punto di passaggio dalla costituzione romano-municipale a quella del Medio-Evo. Già da tempo i vescovi si erano rivelati una forza sociale di primo ordine. Nel periodo di crisi che l'Impero traversava, nei primi anni del V secolo, i vescovi migliori, mentre compivano opera degna di ogni encomio rinvigorendo il sentimento civico nelle ore più angosciose, rattenendo le fughe vigliacche e demoralizzatrici, proteggendo i deboli, svergognando i tristi, venivano per forza di cose ad assumere un posto asso- lutamente nuovo nella vita locale, e ponevano, in quest'autorità morale, in. questa azione civile, ben prima dell'ultima età carolingica e berengariana, le basi di un vero potere pubblico nelle rispettive città. Quest'osservazione del Gabotto bene si applica anche ai vescovi della nostra città, che nei momenti in cui l'autorità dello Stato era impotente a frenare i disordini interni e le rovine apportate da guerre e da barbari, assumevano, sovente armati unicamente della loro potenza morale, le difese delle atterrite popolazioni e nella incertezza del diritto e nella malfida giustizia, ai vescovi ricorrevasi, quasi ad arbitri scelti dalla fiducia delle parti. E la nobile funzione del vescovo appare in tutta la sua grandezza e pietà, quando - come dice Dante - « il dente longobardo morse » queste nostre contrade e quando, specialmente durante l'interregno dei 36 duchi, veri tiranni, tra la morte di Alboino e l'assunzione al trono di Clefi, una violenta bufera di stragi si scatenò sulla povera patria nostra. Pare che a Milano sedesse nn Duca - somma autorità civile e militare - e permane ancora il ricordo di questo magistrato longobardo nella denominazione Cordusio, ossia Curia Ducis. Erano scomparse le magistrature romane, le Corporazioni industriali forse non sopravvivevano più : la città, spoglia dei suoi superbi templi e palazzi dagli alti fastigi, rabbrividiva al contatto barbarico rinserrandosi spaurita attorno alla cattedrale la cui piazza, serbando il nome fastoso di forum, diventava il luogo del mercato minuto e piccolo dove vendevansi le derrate e gli oggetti più comuni alla vita. Triste doveva essere la vita milanese néi secoli ferrei del Medio Evo, per quanto la leggenda romantica abbia abbellito quei tempi d'un colore cavalleresco. Ricordiamo che l'immortale Manzoni chiamava il popolo italico « la plebe che nome non ha » con felice immagine poetica, mentre gravava su di noi pesante il giogo della ...rea progenie degli oppressor... ...cui fu prodezza il numero, cui fu ragion l'offesa e dritto il sangue e gloria il non aver pietà... Chi sa dire qualche cosa del pianto di queste oscure plebi? La storia aulica e togata, che è sempre dalla parte dei più forti, parla dei fieri arimanni longobardi, dei conti franchi: il notaro registra i contratti di compra-vendita, le donazioni per l'anima a monasteri e a chiese: ma sono atti di magnati, di grandi possessori, di persone in alto nella scala sociale. Ma nessuno sa dirci qualche cosa di preciso sulle condizioni della plebe senza nome. A Milano si sa che nel secolo VIII la pietà e la carità erano molto in onore. Si sa che un ricco chierico: Dateo (arciprete della Chiesa Maggiore) fondò un ospizio per raccogliere i poveri bambini esposti : si sa di fondazioni di Opere pie istituite a vantaggio dei miseri. Ma la città doveva essere squallida : le mura diroccate; vaste piazze erbose, dove prima erano cospicui monumenti, prendono il nome di pasquee (pasquari), brere, brolii. Pascolavano animali domestici là dove un tempo risuonavano le dispute di rétori, le ciarle di avvocati, e dove il mondo raffinato e gaudente celebrava i suoi fasti. La città agonizzava sotto il ferreo regime feudale. Ma tuttavia il popolo disperso solleva la testa. La città - questa mirabile organizzazione della civiltà mediterranea - non muore: trova in sè le energie per risorgere: lo Stato è debole e lontano, ma i cittadini, questa gente che non ha un signore, che non è vassallo di nessuno, e per questo ignobile, borghese o plebea; i cittadini si ridestano, e poichè l'autorità legale o è assente o è in contrasto con gli interessi della popolazione, ecco' che si ricorre a una autorità extra-legale, rivoluzionaria direi quasi : si ricorre al vescovo. E Milano deve la sua risurrezione nel Medio Evo agli arcivescovi. Spiccano nelle tenebre dei tempi le figure di Angilberto II (824-860), il quale a Ludovico il Pio che gli diceva : « Ti diporti come se tu fossi S. Ambrogio », rispondeva : « Nè io sono S. Ambrogio, nè tu sei Dio! »; Ansperto da Biassono (868-881) che preparò la prevalenza politica degli arcivescovi milanesi; prevalenza che avrebbe più tardi culminato con Ariberto d'Intimiano. Ansperto presiede l'Assemblea di Pavia che riconosce Carlo i1 Calvo re d'Italia; Ansperto restaura le mura di Milano: « qui al capo politico di Milano non manca che il titolo », commenta giustamente Achille Ratti (Pio XI). L'autorità del Conte - il rappresentante della potestà dello Stato - si riduce continuamente, mentre avanza contemporaneamente quella vescovile. La città è divisa in porte e nel secolo IX circa, in parrocchie a cui presiederanno i capitanei; ma anche i cittadini hanno voce. Quando Adalberto re d'Italia nel 959 vuol dimorare a Milano, la cittadinanza insorge protestando ed allegando il privilegio di non ospitare sovrani dentro le mura. Superba affermazione di autonomia e avviamento verso le rivoluzioni che nel secolo successivo ci daranno la formulazione giuridica del « Comune ». Un primo accenno tra i più significativi troviamo nella lotta avvenuta intorno al 983 fra l'arcivescovo Landolfo da Cercano che si appoggiava ai nobili o militi maggiori contro i cittadini. Ma costoro, consapevoli dei loro diritti, si impegnarono con giuramento a difendersi. I potenti allora scesero a patti. La rivoluzione incominciava. Con Ariberto d'Intimano il potere politico del metropolita milanese tocca l'apogeo. La vita politica di Milano si fa densa di avvenimenti: la compagine feudale si sfascia : i nobili minori o valvassori si levano contro i nobili maggiori e contro Ariberto: poi lo stesso arcivescovo, impensierito dal prepotere de; nobili alleati con l'Imperatore, si butta dalla parte del popolo, lo organizza, gli dà il Carroccio. Ariberto diventa pel popolo un nuovo S. Ambrogio. Corrado il Salico, Imperatore, pone l'assedio a Milano; il popolo si difende giurando di morire piuttosto che cedere e l'Imperatore è costretto a levare il campo. Era il 1026. La coscienza della propria forza politica assunta dal popolo, coscienza che si misura sempre dopo le guerre, in cui naturalmente il popolo paga di persona, si manifesta nella lotta che il popolo solo sostiene contro la prepotenza dei nobili a cui si uniscono i valvassori divenuti anch'essi elemento d'ordine dopo che l'imperatore riconobbe a loro l'ereditarietà dei feudi. Conviene subito notare questo fatto caratteristico della vita sociale italiana nel Medio Evo. La nobiltà d'origine feudale e germanica, ben presto comparve in mezzo alla tempestosa convivenza cittadina. Abita in città e acquista tosto un carattere ben diverso dalla nobiltà francese e tedesca, con cui ha forse comune il nascimento. La città attrae e affascina i rudi guerrieri, e lentamente li trasforma nel contatto continuo con le intelligenti e attive plebi cittadine. Il nobile Lanzone generosamente sposa la causa del popolo. Segue un periodo torbido di violenze. Il vescovo - il fiero Ariberto - ,già è messo in disparte;

La torre di Palazzo Corani (tipo di casa signorile) poichè i cittadini fanno da sè. Avvenuta la pace nel 1405, gli ordini cittadini appaiono formati nelle tre classi di clero, nobili maggiori e minori, e « cives e. Ma non è ancora il Comune, sebbene il Comune, di fatto, nelle sue linee generali si venga formando. Questo uscirà dalle lotte religiose che travaglieranno ben presto Milano; e specialmente da tre fatti scaturirà il Comune. e cioè la lotta contro il concubinato del clero, la lotta contro la simonia e la lotta per le investiture. Il primitivo contrasto tra nobili e plebe - e con questo nome non dovevasi intendere un'accozzaglia di cenciosi, ma il nucleo di quella borghesia ricca, attiva e intelligente che più tardi doveva formare il patriziato cittadino - il primitivo contrasto fra le classi sociali si acuì poi per ragioni politico-religiose. I feudatari sostennero il clero simoniaco e concubinario, cioè l'alto clero; mentre la parte popolana, detta la a pataria », sosteneva il clero onesto e povero non insozzato dai vizi tremendi dell'alta società. Si venne ad atrocissime lotte a cui immischiaronsi arcivescovi e Papi e l'Imperatore Arrigo IV. Eccellono le figure intere e meravigliose di Arialdo ed Erlembaldo: caratteri integri e d'acciaio di cui era fecondo il Medio Evo, età essenzialmente ricostruttrice, in cui non scarseggiavano uomini di carattere. Nel 1098 la contesa era finita: un altro avvenimento storico era in quegli anni maturato; la prima Crociata aveva rivolto verso l'Oriente l'attività lombarda e lo spirito d'avventura dei suoi nobili guerrieri. Il feudalesimo tramontava coi suoi vincoli sulla terra e sugli uomini, la città aveva ormai scosso il giogo e anche in campagna incominciavano gli albori della resurrezione delle plebi. Nel 1117 i vescovi e le città della Lombardia sono convocati in Concilio generale. Qui appare per la prima volta il nome di Console. Con questa denominazione il Comune di Milano appare giuridicamente formato e il dominio dell'arcivescovo tramonta definitivamente per lasciare il campo alla Assemblea che decide e ai Consoli che sono investiti della autorità governativa.

II. COMUNE. Questa parola italica schiettamente rivoluzionaria, che segna veramente un trapasso storico dal regime feudale, militare e autoritario, a quello legale dei cittadini riuniti in assemblea deliberante, è una creazione del genio latino. Mentre tutta l'Europa gemeva sotto la ferrea e guerresca bardatura feudale con le sue gerarchie rigide gravanti tutte sul popolo lavoratore, l'Italia superiore si emancipava per virtù dei suoi burgenses o borghesi; gente che non dipendeva da nessuno, ma che, lavorando, era giunta a possedere ricchezze immense, molto superiori a quelle dei feudatari del contado. Costoro, cioè i cittadini, avendo ottenuta l'autonomia economica, rivendicarono anche quella politica. Non fu, come si volle far credere, una rivoluzione di popolo minuto, ma una rivoluzione borghese: ma essa pure aveva dei caratteri aristocratici. Il popolo minuto apparirà più tardi in una successiva rivoluzione contro il Comune aristocratico o Comune majus: ma questo avverrà sullo scorcio del secolo XII e nei primi tempi del XIII secolo, quasi alla vigilia del governo signorile. La prima costituzione comunale milanese fu consolare. I consoli avevano la rappresentanza del Comune; condottieri in guerra, giudici in pace e amministratori della cosa pubblica, il Comune. Ottone di Frisinga, nel descrivere l'ordinamento della Lombardia nel secolo XII, dopo aver detto che gli abitatori ritenevano ancora l'eleganza della lingua latina e l'urbanità dei costumi degli antichi romani, e nel governo della loro città e nella conservazione della repubblica imitavano pure la prudenza di quei romani, passa a dire che tra loro v'erano tre ordini di cittadini: capitani, valvassori e plebe, e per combattere la superbia dei prepotenti, venavano scelti i consoli, non da uno solo o da due, ma da tutti e tre gli ordini, e !i cambiavano ogni anno perchè nessuno si arrogasse troppa autorità. Se nel precedente periodo barbarico e feudale l'associazione, questa potente arma sociale, era dalle leggi vietata e punita (chi non ricorda i conventus e i concilia rusticanorum, cioè le associazioni di contadini, distrutte sistematicamente da leggi inesorabili?) ora assistiamo al suo completo trionfo. Era, come dice lo Schupfer, il diritto del più forte che trionfava del diritto del più debole. Ma non potevano unirsi questi deboli e cercare nella unione quella forza che li avrebbe preservati dagli arbitrii e tutelato il loro buon diritto e garantita la loro personalità? Sì, certo, e lo tentarono, ma la legge non mancò di condannare quelle loro associazioni, o congiurazioni; ora invece assistiamo a un vivace movimento associativo e corporativo svoltosi contro la legge stessa e le classi sociali si organizzano nel Comune come grandi associazioni. Abbiamo così ne. governo comunale rappresentate le tre classi dei capilanei o nobili maggiori, inurbati ormai e ammansiti, i valvassori o nobili minori e i cives, cioè i borghesi, composti di mercanti, di capi d'arte. I consoli son tratti da queste classi, le milizie, pure formate dai tre ceti e divise fra le sei porte, provengono da tutti i cittadini godenti dei diritti civili e politici. Incomincia allora l'espansione di Milano, che tende a riacquistare l'egemonia perduta, che amplia la sua sfera di giurisdizione nella campagna, mirando a riconquistare i confini dell'antico municipium romano e della diocesi ecclesiastica. Ne nascono guerre lunghe con le vicine città ; lo spirito guerriero, che va di pari passo con la politica di espansionismo, si rafforza nei pericoli : ma produce un lievito d'odio insanabile. Un imperatore tedesco di casa Hohenstaufen, Federico, detto il Barbarossa, vuol ristaurare la maestà dell'Impero decaduta, e poichè il movimento comunale, con il suo audace spirito di autonomia, si presenta come illegale di fronte all'unità dell'Impero, egli, appoggiato in ciò dalla giovane scuola di diritto romano fiorente in Bologna, scende in Italia restauratore dei diritti dell'Impero (1152). Milano gli è subito contro : ma altre città, per odio a Milano, aprono le porte al tedesco che debellò per la prima volta la nostra città (1158). Ma se la Dieta di Roncaglia diede ragione all'Imperatore, non furono per questo fiaccate le libertà comunali. Milano nuovamente assediata (1162) fu presa e messa a sacco più dai Comuni alleati col Barbarossa che dalle armi germaniche. Ma qui appare nella sua grandezza il contenuto ideale del Comune italico. Milano vinta ma non domata, si fa centro di una riscossa memoranda e trama la Lega Lombarda, a cui parteciperà il Papa Alessandro III. Le carte, le cronache, non parlano abbastanza dell'entusiasmo che deve aver suscitato nelle* città lombarde il progetto della Lega : ma la leggenda romantica del giuramento di Pontida attesta il vigore della nuova idea. Il Barbarossa è vinto in Legnano (1176). Per citare solo un documento solenne di questa vittoria, ricorderemo la lettera che, dopo la giornata di Legnano, i consoli inviano a Bologna. E' un vero comunicato di guerra. Ne diamo la versione italiana traducendola dal ferreo latino medioevale. « Sia noto a voi, che noi riportammo sui nostri nemici un glorioso trionfo. Innumerevoli gli uccisi, i dispersi, i prigioneri. Lo scudo imperiale, la bandiera, la croce e la lancia sono in nostra mano. Molto oro e argento rinvenimmo nel te-

La pusterla dei fabrì soro e prendemmo un bottino che non può essere ancora stimato. Tutto ciò non reputiamo che sia nostro, ma desideriamo sia comune col Papa e con gli Italiani. « Fu preso in combattimento il Duca Bertoldo e il nipote dell'Imperatrice, e il fratello del vescovo di Colonia : e la immensa caterva di prigionieri concentrati a Milano non ha numero ». L'Impero tratterà ora coi Comuni da pari a pari e il risultato ne sarà la pace di Costanza (1183). Ma la lotta fra Comuni e l'Impero, non è una lotta fra principii politici incontrastati. Nessun Comune pensava a discutere la legittimità dell'Imperatore « del divo Giulio erede, successor di Traiano » : ma combatteva per la difesa della sua autonomia, combatteva per il riconoscimento dei suoi sacrosanti diritti, per il possesso delle regalie che l'Imperatore voleva per sè, del diritto di rendere giustizia, respingendo il Podestà imperiale che si voleva imporre, del diritto insomma alla vita. Con la pace di Costanza sono riconosciuti i diritti di autonomia e di governo politicamente conquistati. Ben poteva G. Mazzini dire che i sedici anni che corsero dalla prima riunione della Lega Lombarda alla pace di Costanza, valgono due secoli interi di Roma. L'esistenza dei Comuni ha ormai il pieno riconoscimento giuridico : e anche il linguaggio dei giureconsulti bolognesi non è più altezzoso verso i Comuni, nei quali vedono una fonte non disprezzabile di denaro, specialmente quando saranno chiamati a riordinare la confusa legislazione statutaria. Milano ebbe una cinta di mura più vasta, circondata dalle acque del Naviglio; Navigli o canali navigabili furono scavati per opera di ingegneri del Comune nella campagna per congiungere la città alle grandi vie fluviali. Insomma, in pochi anni il Comune era risorto a nuova vita. Ma dopo il grande sforzo per la vittoria, incominciarono nuovi guai d'ordine interno. La concordia fra le classi sociali ottenuta quando il nemico era alle porte, si sfalda. I potenti tornarono tracotanti, ma la plebe che, combattendo il nemico comune aveva acquistata la coscienza della propria forza, non fu di questo parere ed essa pure, dopo una sua rivoluzione, formò uno Stato nello Stato, che prese il nome di Credenza di S. Ambrogio (1198). Questo Corpo aveva la sala per le sue radunanze in un palazzo turrito per difendersi dalle aggressioni dei nobili, e creava i giudici che decidessero le controversie del popolo e percepiva una parte delle rendite della Repubblica: I nobili maggiori formavano il Comune Maius o Credenza dei Consoli: i nobili minori formavano la Motta. Così in Milano esistevano tre Consigli, uno di quattrocento consiglieri, uno di trecento e il terzo di cento. Siccome la sovranità risiedeva realmente nella riunione di questi tre Consigli, gelosi e rivali l'un dell'altro, è facile comprendere qual dovesse essere l'incertezza del diritto pubblico alla fine di quel fortunoso secolo XII. Il Comune era giunto a una svolta della sua storia. Esso ci appare come un continuo incessante innalzamento di classi che uscivano dalla oscurità in forza di nuovi acquisti economici e man mano che otte-

S. Maria di Brera nevano la potenza e la indipendenza economica esautoravano la classe dominante; essi appaiono nei placiti, appaiono nelle assemblee; le dominano e prevalgono nella vita amministrativa e politica. Intanto al governo tumultuario dei consoli, era successo un governo più organico con la magistratura del Podestà. Ma più tardi, sotto la pressione delle classi popolari organizzate nelle arti e nei Consigli popolari, il governo politico passò ne! capitano del popolo, mentre al Podestà e agli altri organi (consoli di giustizia) non rimase che l'amministrazione della giustizia ordinaria e le funzioni di polizia. In quegli anni (1216) a Milano si codificarono le consuetudini, cioè il diritto privato in uso nel Comune. E ancora si intrapresero opere pubbliche di grande valore, quale quella iniziata nel 1220 essendo podestà Amizone Carentano da Lodi, e cioè lo scavo di un canale che da Cassano a Castiglione Lodigiano deriva le acque dell'Adda: fu chiamato Adda nuova e più tardi la Muzza, nome che gli rimane. « E' cosa maravigliosa - nota P. Verri - che fra i torbidi interni ed esterni, tin mezzo all'ignoranza di quel secolo, si ardisse di pensare a così grandi cose ed utili opere pubbliche, e si eseguissero domando le acque e guidando dei fiumi artificiali per lunghi tratti di paese ». E ancora - tanto per ricordare il bene e il male di quei tempi - il podestà Oldrado da Tresseno, pure lodigiano, costrusse quel gioiello che è il Palazzo del Comune (prima radunavasi presso la Curia arcivescovile al Brolo) detto ora Palazzo della Ragione; ma fece purtroppo bruciare alcuni eretici della setta dei Catari, primo esempio d'intolleranza religiosa. Ma a Milano, dove pure fu sempre forte il sentimento religioso, l'eresia si diffondeva. Quasi non bastassero i tumulti politico-sociali, si aggiunsero anche tumulti provocati dalla intollerenza religiosa, e in uno di questi rimase ucciso l'inquisitore

La rocchetta di Porta Romana Pietro da Verona, Domenicano, zelantissimo persecutore d'eretici, che fu poi venerato col nome di S. Pietro Martire. E così si chiude il convulso periodo comunale.

LA SIGNORIA - TORRIANI E VISCONTI.

Fu la Signoria la fatale conseguenza degli incerti ordinamenti repubblicani e delle aspre lotte fra classi e partiti. A Milano vi si giunse con un procedimento storico analogo a quello verificatosi in altre città. In fondo erano le stesse classi popolari che volevano un più stabile ordine pubblico per potere in pace occuparsi dei loro lavori e dei loro traffici. A poco a poco cessarono anche di valersi del diritto di armarsi per difendere la libertà, preferendo affidare tale compito a milizie di mestiere: di cui giovaronsi i signori per assidere su queste la loro potenza. La nobiltà se ne avvide e fu sempre ostile ai Signori, preferendo l'oligarchia repubblicana che permetteva ai nobili di tenere in loro possesso lo Stato: ma il popolo prosperava perchè ebbero finalmente tregua le lotte violente di parte. Con la Signoria, infatti, vediamo consolidarsi l'amministrazione dello Stato; le leggi si fissano e si raccolgono in testi definitivi. Gli statuti di Milano trovano la loro formulazione precisa durante il periodo visconteo. Nel periodo signorile si distinguono due fasi. " Nella prima fase del periodo signorile - scrive il Solmi - i vari organi dell'autonomia comunale sussistono ancora, almeno formalmente, e limitano più o meno il potere del signore, sicchè il governo poggia su di una specie di diarchia che è formata dal potere straordinario e personale del signore da un lato, e dagli organi dell'autonomia comunale (Consiglio generale, Parlamento) dall'altro. Nella seconda, il sistema della autonomia è superato e vinto da una forza centrale dominante, da cui muovono direttamente tutte le attività del governo. Nel 1330 ebbe termine la legislazione frammentaria autonoma per via di statuti, poichè si provvide alle necessità giuridiche con decreti di principi e con le ordinanze dei magistrati che dai Visconti traevano l'autorità loro. Decreti e ordini che si copiavano nei volumina statutorum ed in piccola parte si trascrivevano nelle successive compilazioni e riforme degli statuti. Sorge così una nuova fonte di diritto: i decreti dei signori di Milano. Le compilazioni di statuti risalgono ad Azone Visconti (1330), all'arcivescovo Giovanni (1351) e infine a Gian Galeazzo (1396). qiiest'ultima è la raccolta che fu tramandata a noi: le altre, fuse in questa, andarono disperse. In questo periodo di progressivo benessere e ricchezza, si sviluppano le Corporazioni d'arti e di mestieri, che tanto influirono nella vita sociale, economica e giuridica dell'ultimo medio evo e dell'evo moderno. Il lavoro, specialmente nell'Italia superiore e media, divenne il fulcro delle attività cittadine. La ricchezza non derivò più da concessioni feudali, frutto di spogliazioni e di rapine, ma dalla produzione intensa e dal commercio. Si formò così una potente aristocrazia borghese, che presto travolse e assorbì quella feudale. La Signoria si prestava mirabilmente allo sviluppo della economia industriale e mercantile, ed era terreno favorevole a una coalizione di forti interessi economici.

Piazza della Vetra Gli avvenimenti politici che inquadrano tutto il vasto movimento economico e sociale, si raccolgono dapprima attorno all'antagonismo di due grandi famiglie alla testa del movimento, Torriani e Visconti. Capi del popolo i primi e guelfi; capi dell'aristocrazia i secondi e ghibellini. Martino della Torre fu anziano del popolo, carica che celava una signoria di fatto (1241); Filippo fu podestà perpetuo del popolo; ma nel 1277 Ottone Visconti, arcivescovo di Milano dal 1262, con l'appoggi:' di nobili della città e del contado, riesce ad aver ragione degli avversari nella famosa battaglia di Desio, dove Napo Torriano, preso prigioniero, finisce i suoi giorni in una gabbia del Castello Baradello di Como. Il nipote di Ottone Visconti, Matteo, succede a Ottone, col grado di capitano del popolo (1287). Ma il ritorno dei Torriani con Guido (1302) fece crollare le fortune viscontee: fidando in Arrigo VII - speranza di Dante e dei ghibellini d'Italia - Matteo riebbe il potere nel 1311. L'esaurimento dello Stato repubblicano - assiso su basi costituzionali malsicure - non permise altri ritorni offensivi e i successori di Matteo Visconti regnarono assoluti signori della città e dello Stato. Azone, nel 1330 si fece conferire solennemente la signoria, col titolo di Dominus Generalis. Da quello storico avvenimento, il Comune cessa e si costituisce il governo di un solo: del Signore. Al Comune subentra un organismo statale che si avvia a formare lo stato moderno. Milano diventa la capitale d'un esteso dominio, assai, incerto nei confini, ma che giunge fino a Verona a est, al Monferrato a ovest, e a sud si spinge fino a Perugia, minacciando la stessa democratica e gelosa Firenze. L'angusta e particolare vita municipale s'allarga; lusso e godimenti nella città che prospera; e qui pure può ripetersi l'invettiva dantesca contro la godereccia Firenze. Ormai anche a Milano vediam «. ..gente costumata alla francesca « danzar, cantar alla provenzalesca con istromenti nuovi della Magna ».

Il più grande dei dodici Visconti fu Gian Galeazzo, che, impadronitosi del potere a danno dello zio Bernabò, ottenne dall'Imperatore il titolo di Duca di Milano (1395), trasformato nel 1397 in Duca di Lombaídia, che comprendeva allora 30 città e andava dalle Alpi centrali a Bologna, da Alessandria a Belluno. Fu il periodo aureo del Ducato: Sorsero allora i due più superbi monumenti del periodo glorioso della Signoria: il Duomo di Milano (1386) e la Certosa di Pavia (1396). La dinastia prosperava: imparentata con le Corti d'Europa era fra le prime d'Italia. G. Galeazzo, l'uomo dalle cento fila, come lo chiamava il Capponi, morì nel 1402 di peste, prima di cinger l'ambita corona reale a cui tendeva la sua politica; e allora le sorti d'Italia sarebbero certamente mutate. Successero d'un Maria (1412) e Filippo Maria (1447); il primo cadde ucciso dalla mano dun congiunto; il secondo, astuto e sagace, riacquistò molte città perdute dal suo predecessore, e sposando l'infelice Beatrice di Tenda, vedova del condottiero Facino Cane, riebbe, come dote della sposa, molte città del Piemonte. Ma col suo ca-

Una pagina del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci rattere chiuso e sospettoso, s'alienò l'animo del conte di Carmagnola, suo generale, che passò in servizio dei. Veneziani, i quali in quei tempi ampliavano i loro possessi di terraferma a danno dei Visconti; si macchiò d'un atroce delitto facendo uccidere Beatrice di Tenda nel tetro castello di Binasco. Le guerre erano continue e costosissime: perchè combattute da milizie di ventura. Eccellevano allora valorosi condottieri che spesso a prezzo di intrighi potevano, come Francesco Sforza, salire alla gloria ducale, o come il Carmagnola, lasciare la testa sul palco. Il popolo, ormai dato alla mercatura e ai negozi, alle arti e ai godimenti raffinati, si era con gioia liberato dal servizio militare di cui tanto erasi gloriato nel periodo. comunale, e pagava volentieri le costose compagnie di ventura pur di non combattere più; e ne è prova il fatto che due soli mercanti poterono offrire al Duca Filippo Maria, in un momento difficile, l'armamento di 1000 soldati. Moriva Filippo Maria nel Castello di Porta Giovia, senza legittimi eredi. Ma il partito contrario ai Visconti profittò del momento per proclamare la Repubblica ambrosiana. La Casa d'Orleans, quella di Savoia e Francesco Sforza, marito di Bianca Maria, figlia naturale del Visconti, che si disputavano la successione nel Ducato, rimasero delusi. La Repubblica ambrosiana fu una misera cosa. Inetti gli uomini giunti al governo, sfrenate le ambizioni di potere, insidiata la Repubblica all'interno, minacciata all'esterno da Venezia, non poteva durare. Lo Sforza fu chiamato a difenderla. Questi battè i Veneziani a Casalmaggiore; ma i capitani e difensori della libertà, così chiamavansi i capi della Repubblica, che erano 24, si ingelosirono del valordto condottiero, che, infine ribellatosi, pose l'assedio a Milano. Questa per fame e per debolezza politica si arrese.

GLI SFORZA. Lo Sforza fu moderato nella vittoria, e fu gridato Duca nel 1450. Così si instaurò la dinastia Sforzesca. incominciò per Milano un periodo di inusitata prosperità. Il Rinascimento italiano vi raccolse i suoi più splendidi fiori. Risorto il Castello, fu la reggia più imponente fra le magnifiche reggie d'Italia. A cominciare da Francesco Sforza fiorirono le industrie a Milano; l'arte sorrise, come se le grazie elleniche fossero risorte a nuova bellezza sotto il cielo lombardo. Prosperava l'agricoltura grazie all'irrigazione diffusa. Le vie d'acqua erano agevoli al percorso per gli uomini d'affari e pei pittoreschi corteggi signorili. La cultura umanistica splendeva nel quattrocento milanese. Con Pier Candido Decembrio, che si può dire il primo umanista milanese, appare l'anima avida e l'ingegno vivissimo del marchigiano Francesco Filelfio, letterato, al punto da credere a sè lecita ogni mala azione, purchè nobilitata da un verso sonoro o da una magniloquente orazione latina. Cola Montano è un altro dotto dall'anima torbida, complessa, incompresa. E pittori come il Borgognone e il Luini, e architetti come il Bramante, il Gadio, i Solari, e scultori come Bambaia, e musicisti come Franchino Gaffurio e tipografi come Antonio Zaratto, e poeti come Gaspare Visconti e il plebeo Bellincione, e storici come Bernardino Conio e Tristano Calco; infine, fra tutti, alto come aquila che fissa avidamente il sole, Leonardo da Vinci. Milano s'adornava di palazzi e di chiese (le Grazie), gioielli d'arte. L'abbondanza regnava, ma la politica era turbolenta, doppia; tradimenti, inganni, frodi. La politica dei principi italiani del Rinascimento infamò il nostro nome all'estero, tanto è che non ci s'amo ancora del tutto purgati della gratuita accusa di machiavellismo. Morto nel 1460 Francesco Sforza, che consolidò lo Stato, successe Galeazzo Maria, che morì sotto il pugnale di nobili congiurati repubblicani nel 1476. Successe un periodo di interregno, per la minorità del figlio Gian Galeazzo, rotto l'energica direzione della madre Duchessa Bona di Savoia, secondata dalla fermezza ed intelligenza di Cicco Simonetta, che seppe riordinare l'amministra- zione dello Stato. Ma Ludovico il Moro, zio del minore Gian. Galeazzo, montando abilmente l'opinione pubblica contro il Simonetta, cancelliere forestiero (era calabrese) potè impadronirsi del Ducato nel 1479, atteggiandosi a tutore del giovane Duca. Cicco Simonetta fu decapitato, e Ludovico il Moro fu padrone effettivo di Milano. Col Moro e con Isabella d'Este, sua moglie, lo splendore della Corte Sforzesca raggiunse il colmo. Fu accusato di avere avvelenato il nipote Gian Galeazzo, che morì infatti nel 1495, lasciando lui Duca effettivo; e d'aver chiamato lo straniero in Italia. La venuta dei francesi in Italia nel 1494 con Carlo VIII, fu un errore politico dello Sforza, che temette di perdere la signoria di Milano in un eventuale conflitto col Re di Napoli che sosteneva Gian Galeazzo, vero Duca, e marito d'Isabella d'Aragona. La stella Sforzesca tramontava; milizie forestiere calpestarono l'Italia. Milano fu preda di francesi, tedeschi e spagnoli. Lodovico XII di Francia, successo a Carlo VIII, venne a conquistare Milano. Lodovico il Moro fuggì in Germania (1499). L'anno appresso tentò riprendere lo Stato, ma tradito dagli Svizzeri fu battuto a Novara e finì miseramente la sua vita prigione dei francesi, nel tetro castello di Loche. Così finiva uno dei più splendidi principi della rinascenza italiana. Ma poco durarono i Francesi a Milano, dove commisero ogni sorta di prepotenze. Papa Giulio II si levò contro i barbari e questi dovettero lasciare il Ducato (1513), a reggere il quale fu messo Massimiliano Sforza, figlio del Moro. Qui rifulge ancora la saggezza politica dell'ultimo cancelliere del Ducato, Gerolamo Morone, e qui gli avvenimenti del Milanese s'inquadrano nello sfondo della politica europea. Ma nel 1515 Francesco I di Francia, successo a Luigi XII, riacquistava Milano con la famosa battaglia di Marignano (1515). Milano, sotto il governo del Lautrec, subì odiosità e violenze inaudite. Ma incalzato dall'esercito della Lega guidata da Carlo V e da Leone X suo alleato, il Lautrec perdette il Ducato, che fu ridato a Francesco II, ultimo degli Sforza. In questi tempi Girolamo Morone tramò quella famosa congiura che va sotto il suo nome, e che aveva per iscopo la costituzione di una Lega Italiana per cacciare lo straniero. impersonato dal potentissimo Carlo V. Ormai Milano, dopo la sconfitta di Pavia toccata alla Francia, soggiace sotto la potenza spagnuola, nonostante le alternative della guerra che travagliò il povero territorio milanese, già così pingue e fertile. La pace del 1529 ridette al Ducato la quiete, e Francesco II Sforza, tentennante fra la Lega e l'Impero, fu l'ultimo Duca di nome; ma in realtà fu una pallida larva decadente, nelle mani sagaci di Carlo V. La morte improvvisa del Duca, nel 1535, fece cadere Io Stato milanese nelle unghie adunche e rapaci della Spagna. Il periodo Sforzesco fu splendido per tante opere d'arte, ma non va dimenticata la grande opera di beneficenza svolta dai Duchi, specialmente nella beneficenza ospitaliera . Il sorger degli spedali milanesi, coincide quasi con l'albeggiare del Comune. Moltissimi ospedali per poveri vantava Milano sempre benefica; ma verso la metà del secolo XV avvenne la concentrazione degli ospedali in un unico istituto, detto l'Ospedal grande, fondato da Francesco Sforza e da Bianca Maria Visconti. Il Monte di Pietà sorse nel 1483, per iniziativa privata. Ma Ludovico il Moro, nel 1483 istituiva ufficialmente il Monte, aggiungendovi l'aiuto del proprio erario. La sede fu donata da Tomaso Grasso in S. Maria Segreta. Altri antichi istituti di beneficenza troviamo in pro dei poveri e dei derelitti, quale l'Istituto della Misericordia, delle quattro Marie e simili, ora concentrati nella Congregazione di Carità.

LE PREPONDERANZE STRANIERE. La splendida meteora del Rinascimento italiano si spegneva nel sangue e nel pianto, e una nuova barbarie scatenatasi dall'acuirsi degli appetiti dell'Europa barbarica sulla magnifica civiltà italica, gettava Milano, così festosa e pingue, nel più grave dei lutti e in una miseria senza nome. S. Carlo, energico riformatore dei costumi e del clero, già troppo paganeggiante nel Rinascimento, imprende con zelo la riforma secondo i principii del Concilio di Trento e qualche volta eccede; ma a suo favore rimane la lotta ardita contro lo stesso governatore spagnuolo: l'arcivescovo fu ancora l'unica autorità locale e nazionale che osasse, sia pure in nome della religione, contrastare la tirannide straniera personificata dai governatori dilapidatori d'ogni nostra ricchezza, distruttori delle nostre industrie e dei nostri commerci. Morto nel 1535 Francesco II Sforza, larva di Sovrano, il governo passò direttamente alla Spagna, che la governò come feudo imperiale. Nel 1541 venne pubblicato un codice di leggi, detto Nuove Costituzioni, che metteva un po' d'ordine nella complessa e farragginosa legislazione, raccogliendo il buono dei decreti ducali del precedente periodo signorile. Ma questa non fu opera spagnuola, perchè fu ordinata da Ludovico il Moro e poi più tardi preparata per virtù di una Commissione di giureconsulti milanesi. Nulla avemmo dalla Spagna; altro che intollerabili balzelli, odiose requisizioni, prepotenze di soldati. Quel poco che si potè salvare della organizzazione politica e sociale dello Stato, si dovette alle autorità locali (Vicario e dodici di provvisione a Milano) e a Magistrature supreme, come il $enato, che contesero aspramente la loro autonomia di fronte alle enormi pretese spagnuole. Nessuna opera d'interesse pubblico, se ne eccettuiamo le mura di Ferrante Gonzaga, sulla fine del XVI secolo, venne costruita. Molti invece i progetti che rimasero purtroppo sulla carta. E tra le opere d'edilità pubblica non possiamo registrare che il Palazzo del capitano di Giustizia (ora Tribunale), l'apertura di via Restelli verso via Larga, l'apertura della via Alciato, l'ampliamento di via Velasca, un tentativo non riuscito d'aprire il canale navigabile Milano-Pavia, e un progetto d'ornare con quattro fontane, quattro piazze maggiori della città (1611). Palazzi privati sorgono qua e là, ad attestare, per lo più, ricchezze di malo acquisto, come il Palazzo Marino, opera dell'Atessi, il Palazzo di Brera del Richini, il Palazzo Annoni in Porta Romana, quello dei chierici elvetici, del Mengoni, quello Durini. Fra le chiese monumentali, S. Fedele, S. Paolo e S. Alessandro, fastoso capolavoro d'arte secentesca.

La Chiesa di S. Bartolomeo presso gli archi di P. Nuova al tempo della sua demolizione Ma nello scadimento della cultura, se qualche cosa si salva, è dovuto alla privata energia: spicca fra tutti Federico Borromeo, nipote di S. Carlo, a cui si deve la Biblioteca Ambrosiana, che ideò con sì animosa lautezza ed eresse con tanto dispendio dai fondamenti, e riuscì a radunarvi trentamila volumi stampati e quattordicimila manoscritti, oltre a notevoli collezioni d'arte. Carlo Maria Maggi, segretario del Senato, poeta in vernacolo e in lingua italiana, dottissimo professore nelle scuole palatine, è la figura più simpatica e più geniale di Milano nel XVII secolo. Fra gli scienziati non possiamo dimenticare Bonaventura Cavalieri, astronomo e matematico, che col suo libro Dalla geometria degli indivisibili pose le basi del calcolo infinitesimale. Il resto della cultura milanese è sterile accademia, se pur se ne eccettuino le cattedre di filosofia istituite da un altro cittadino milanese: Paolo da Cannobio. Le arti raggiungono una maturità autunnale, Che pur non è priva di maestosa bellezza: rispecchiano il crepuscolo della vita politica italiana, che non so se definire crepuscolo di sera o crepuscolo d'alba. Il Crespi, il Cerano, Morazzone e i Procaccini, nelle loro composizioni sacre e profane un po' drammatiche, tengono alto l'onore della scuola lombarda. Il Pellegrini, il Richino, l'Alessi abbelliscono di chiese e palazzi la città. È della metà del XVI secolo il famoso palazzo ora sede del Comune, fatto edificare da Tomaso Marino, vero parvena del suo tempo: quasi contemporaneamente sorgeva il palazzo di un altro pescecane, lo Spinola, ora sede della Società del Giardino. Si arricchiva allora appaltando le entrate dello Stato, cioè taglieggiando i propri cittadini; mentre nel precedente periodo le ricchezze provenivano dall'industria e dal lavoro. « I poveri sudditi -dice una relazione del 1690 - non hanno che il solo respiro esente dagli aggravi, calcolandosi che nei dazi accresciuti per ogni cosa al vitto umano, questa città, paghi fino alla somma di L. 65 in un anno per il Milano è giunto al fine totale della sua distruzione ». Guerre e pestilenze (1630) completano l'esaurimento di questo paese infelice, e nessuna penna descriverà con maggior efficacia questo stato di cose, come ne scrisse Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. Diceva M. Gioia che prima dell'epoca del censimento milanese, avvenuto sotto il governo austriaco, le imposte erano gravose al punto che, tutta la cavata non bastando per pagare la metà delle gravezze pubbliche, furono i popoli costretti ad emigrare: è questa la principale origine di tanti fondi incolti, chiamati brughiere. Avvenne lo stesso per le industrie manifatturiere. Dopo l'imposizione della tassa sul mercimonio, a Milano, le fabbriche diminuirono da 70 a 15, e fuggirono dai setifici 24.000 operai ! La Congregazione di Stato fu un istituto composto di rappresentanti della città e campagna, per correggere l'odioso sistema nel riparto delle imposte: ma ben poco se ne ottenne. Di quali avvenimenti fu in quei secoli testimonio Milano? Essa fu una lontana provincia della Spagna, terra di conquista, oggetto e non soggetto di diritti. Le guerre d'Europa e d'Italia esaurivano il paese con alloggiamenti e requisizioni. L'Italia superiore fu allora il campo di battaglia in cui si decidevano le competizioni delle Potenze d'Europa. Milano imbarbariva con la sua nobiltà spavalda e piena di spagnolesca boria, tanto diversa dalla nobiltà del Rinascimento, spal-

Milano vista dai bastioni nei primi del sec. XIX. leggiata nelle soperchierie da sgherri detti « bravi », che si opponevano, con fortuna, alla ancora debole polizia di Stato. Le campagne erano corse da bande brigantesche, composte di gente esasperata dalla miseria, dalla fame e da una legislazione penale draconiana, che inaspriva e rendeva disperati i delinquenti invece di avviarli verso la correzione. Lo Stato milanese portava nel nome il segno della sua autonomia, ma in pratica era una colonia spagnuola di sfruttamento. Un governatore possedeva la suprema autorità militare e civile: un gran cancelliere spagnuolo, circondato da o soggetti » nobili, anche milanesi, coadiuvava il governo: un Senato milanese era suprema autorità giusdicente, con qualche prerogativa costituzionale. Questo consesso, geloso dei suoi diritti e aristocraticissimo, ebbe momenti belli, quando, nella tutela della autonomia locale, osava opporre resistenza al Governo: ma si macchiò pure di colpe gravissime come quando assassinò legalmente, nel 1630, Gian Giacomo Mora e il Piazza, come untori, vittime della superstizione popolare. Un Magistrato Camerale aveva attribuzioni finanziarie, un Capitano di Giustizia aveva competenza nella giurisdizione penale ed eccezionalmente civile e attribuzioni di polizia. Tranne queste e altre minori cariche, nulla più rimaneva alle autonomie cittadine; per modo che la vita milanese si restrinse nelle mani di una nobiltà che per aver fatto la serrata, come in tutti gli Stati italiani nella seconda metà del secolo XVI, fu chiusa ai più brillanti ingegni e alle forze sane, economiche e politiche.. Milano decadeva; tuttavia erano tali e tante le sue risorse, che non si poteva dir morta del tutto. Un colto e spregiudicato patrizio milanese, diceva a Filippo

La Piazza del Duomo alla fine del secolo XVIII Mazza, spirito bizzarro fiorentino, che per farsi un'idea della ricchezza naturale' di questo paese, basti riflettere che son più di duecent'anni - eravamo nel 1766 - che la Casa d'Austria (è noto che la Spagna fu governata fino al 1700 da un ramo degli Asburgo) fa tutto il possibile per rovinarlo, e non le è ancora riuscito. Un curioso componimento poetico, edito nel 1634, detto il Cheribizo, di un anonimo secentista, è un documento interessante, che dimostra quante fossero ancora le ricchezze della città : Se volì ben mangià, corì a Milan, Se volì anch vestif, trovè Milan, Al fiì chi vol de tut, cor a Milan.

Sia detto a onore della nostra città, che se la Milano spagnuola - come ben dimostrò Ettore Verga in molti suoi pregevoli scritti - risulta meno ricca, meno abbondante d'ogni dovizia di quanto fosse stata la Sforzesca, c'è fu il portato di molte e varie cagioni che già vedemmo sopra, contro le quali la popolazione milanese cercò di reagire con vigoria, che non venne mai interamente a mancare. Così si riparò ai danni della peste del 1576, tremenda pestilenza che prese il nome di peste di S. Carlo, per l'opera zelante spesa da Carlo Borromeo. L'altro avvenimento che travagliò queste misere terre, fu la seconda pestilenza del 1630. Le autorità dello Stato abbandonarono il paese a sè stesso, che sarebbe caduto nella più miseranda anarchia, se le autorità locali, mettendosi coraggiosamente alla testa della cosa pubblica, non avessero fatto quello che lo Stato si rifiutava di fare. La lotta sfortunata ma coraggiosa contro il terribile flagello, l'organizzazione della difesa fu tutta opera dei Decurioni di Milano (specie di Consiglio comunale aristocratico), del Magistrato di Sanità, e specialmente dei medici Ludovico Settala e Alessandro Tadino, e di quel mirabile frate Felice Casati, a cui si deve tutta l'assistenza materiale e spirituale degli appestati nel Lazzaretto. A questo punto del racconto mi sovvengono le parole del continuatore della Storia di Milano di Pietro Verri, che scriveva: « Nel progredire in questa storia,la materia che devo trattare, quasi mi scoraggisce. Sterile e ingrata necessariamente per la condizione del paese dopo l'estinzione dei , principi sforzeschi, lo diviene ancora maggiormente, giacchè alla mancanza di fatti storici, va succedendo quella dei grandi caratteri, rimarchevoli per sublimi virtù o per vizi illustri . Però il seicento fu un'epoca assai più ricostruttiva di quanto non sia sembrata finora. Il particolarismo municipale si attenua, si forma nella penisola, proprio in quel secolo, l'unità spirituale d'Italia : si forma la pittura italiana, come si forma la letteratura italiana, come si costituisce, pur attraverso a particolarismi locali, una unità di giurisprudenza. Nel 1635 incominciò una lunga e dispendiosa guerra tra Francia e Spagna : ne andò di mezzo, come sempre, lo Stato di Milano. La milizia civica fu armata e diede 6000 cittadini atti alla difesa. Tanto poteva ancora l'amor della patria ! S'immagini l'impoverimento delle popolazioni taglieggiate da eserciti in campo !

La Chiesa di S. Maria dei Servi Nel 1649 vi fu la solenne entrata in Milano dell'Arciduchessa Marianna d'Austria, sposa a Filippo V. Così fra feste e pompe il popolo milanese obliava la sua miseria. Nel 1670 le feste si rinnovarono al passaggio di Margherita d'Austria, che dalla Spagna andava a Vienna per sposare l'Imperatore Rodolfo. Ma con la morte di Carlo II scoppiò la gran guerra europea, detta di successione di Spagna. Si combatteva dovunque: il 24 settembre del 1706 Eugenio di Savoia fu alle porte di Milano: l'ultimo governatore spagnuolo, il gaudente principe di Vaudemont, abbandonò precipitosamente il Governo lasciando - come sempre nei momenti gravi - lo Stato nelle mani delle autorità locali : Senato e Vicario e XII di provvisione. Eugenio di Savoia fu il primo governatore austriaco. Seguì il Lowenstein, che per prima cosa ricostruì il teatro di Corte, distrutto da un incendio del 1708. Dopo una parentesi di tre anni,, in cui Milano passò al Re di Sardegna (1733-36), con un mite governo, l'Austria si affermò sovrana nel Milanese, diminuito però della Lomellina, Valsesia, Novara e Tortona, che passarono al Re di Sardegna, e aumentato de! Ducato di Mantova. Parve che il nuovo dominio apportasse un miglioramento nelle condizioni generali della nostra città e dello Stato Milanese. Il movimento riformatore attivo in tutti gli Stati della penisola - non fu meno forte da noi. Ma l'attuazione delle riforme tolse ogni autonomia allo Stato Milanese. Mentre una corrente di avanguardia applaudiva alle riforme, la vecchia aristocrazia, che da secoli sedeva alle cariche pubbliche, lottava invano per conservare, oltre che se stessa, l'ultimo brandello di indipendenza : l'autonomia amministrativa dello Stato.

la Piazza del Duomo nel secolo XIX L'Austria tentò, però invano, di snazionalizzare la Lombardia per farne una provincia dell'Impero. Risorge anche a Milano la storiografia, con metodi rigorosi di ricerca, instaurati da Ludovico Antonio Muratori, che dovette a una Società di Cavalieri milanesi il mezzo di poter pubblicare la gigantesca sua opera. Giorgio Giuliani è lo storico milanese più insigne : studiosi della forza del Sassi, Fumagalli, Argelati, gli fan degna corona. Tra le riforme utili ricorderemo la revisione dell'estimo, incominciata nel 1719 e ripresa nel 1750, e la istituzione del Supremo Consiglio d'economia, istituito nel 1765, presieduto dal conte Carli. Si disgregava così l'antico Senato, a cui si sottrassero a poco a poco altre attribuzioni, come l'istruzione superiore, gli affari ecclesiastici (1767). Nel 1770 si creò la Camera dei Conti. Ma nel 1786 il movimento riformatore, sotto l'impulso di Giuseppe II, successo nel 1780 a Maria Teresa, divenne vertiginoso, e ben si poteva dire di lui che

a mezzo novembre non giunge quel che tu d'ottobre fili.

Magistrato camerale, Commissione ecclesiastica, Tribunale di Sanità e Congregazione di Stato scomparvero per far posto al Consiglio di Governo, diviso in Dipartimenti, di cui celebre è il III, presieduto da C. Beccaria, con attribuzioni economiche e - ora si direbbe - sociali. Tutte le storiche magistrature antichissime, a cominciare dal Senato e venendo giù al Capitano di Giustizia, Giudici del gallo, del cavallo, delle monete furono aboliti, formandosi una magistratura divisa in tre istanze. L'istruzione pubblica ricevette nuovo impulso con l'istituzione di scuole elementari del popolo. Lo studio dell'economia pubblica permise che si affrontassero nuovi quesiti sulla produzione e circolazione delle ricchezze, sulla base del trionfante liberismo economico : i grani poterono liberamente circolare senza i divieti del periodo precedente; si assunsero lavori pubblici nell'interesse generale; si proclamò la libertà delle professioni, abolendosi le vecchie Corporazioni d'arti e di mestieri (1773-1787) e riformandosi la Camera Mercantile da cui derivò la Camera di Commercio. Liberi dal vincolo delle insopportabili Corporazioni, le industrie prosperarono : sorgeva il moderno stabilimento, « la grande impresa industriale che, con l'impiego di grossi capitali, con la copiosa e celere produzione e col minor prezzo, spostava ed accentuava la clientela prima sparpagliata e dispersa in molti e minuscoli centri di lavoro ». La Società patriottica, favorita da Maria Teresa, ebbe per iscopo lo studio dei problemi economici e agricoli; i migliori ingegni, insomma, operavano una pacifica rivoluzione. Rifulgono i nomi di Pietro Verri, di Cesare Beccaria, di Paolo Frisi, e attorno a costoro una infinita serie di uomini intellettuali, che poi accetteranno i postulati francesi della Rivoluzione e appariranno fra i dirigenti della Cisalpina e più tardi del Regno tlalico. La città perde rapidamente l'aspetto medioevale, dalle vie attorte, strette, rosse nei laterizi lombardi delle sue case, delle sue chiese e dei suoi conventi. « L'attività edilizia della nostra Milano nel secolo XVIII- scrive il Verga che ebbe un insigne interprete in G. D. Richini, e quella che nel secolo XVIII fu dominata dal Piermarini, avevano fatto sorgere qua e là edifici monumentali, alterate le linee armoniche e severe di quasi tutte le antiche chiese lombarde, per ridurle, con urta stucchevole uniformità, allo stile allora prediletto ». Il Piermarini, il Pollack, il Cantoni, danno una aspetto nuovo alla città, con le costruzioni classicheggianti del Palazzo Belgioioso, del Palazzo Reale, del Teatro alla Scala (1778), della Villa Reale e del Palazzo Serbelloni. La cultura milanese, in quei tempi fiorì in un modo inusitato, e mentre Panini frustava gli imbelli ari- stocratici, altri giovani rampolli di nóbile sangue si rivolgevano allo studio dei nuovi problemi di economia, di filosofia, di scienze. Le Scuole palatine diventano un centro vivace di cultura. Accanto a Cesare Beccaria splende il Longo, economista, e Pietro Moscati, scienziato e medico insigne. Così si preparavano i tempi nuovi.

DOMINIO NAPOLEONICO. La brillante campagna d'Italia, incominciata nell'aprile del 1796 sugli Appennini del Genovesato, costrinse il pacifico Arciduca Ferdinando a lasciare Milano il 9 maggio, mentre i decurioni armavano in fretta l'antiquata milizia civica. Appaiono allora sulla scena altri uomini. Il conte Gaetano Porro, il duca Serbelloni, gli avvocati Sopransi e Sommariva, il conte Francesco Melzi d'Eril. L'ingresso dell'esercito repubblicano nel 15 maggio, così tipico nei suoi cenci e nella sua gloria, suscita un delirio d'entusiasmo. Incomincia il periodo della follìa giacobina, con una municipalità di cialtroni urlanti, mentre i cittadini seri attendevano in disparte tempi migliori. La prepotenza francese fece sorgere qua e là torbidi e repressioni violente. Un po' d'ordine si rimise con la costituzione della Cisalpina (1797): ma fu poca cosa, perchè partito Napoleone per altre imprese, si tornò alla baldoria giacobina. Intanto il ritorno degli austro-russi nel 1799 fece provare ai milanesi le delizie della reazione cieca e violenta; così che il ritorno di Napoleone, primo console, aureolato dalla vittoria di Marengo, diede luogo a nuovi scoppi di entusiasmo (1800). Ricostituita la Cisalpina, questa cedette a una nuova Costituzione repubblicana, nel 1802 (Repubblica italiana), che ebbe a vice-presidente Francesco Melzi (il presidente era Bonaparte), futuro Duca di Lodi, e persone moderate e colte come Carlo Verri, Pietro Moscati, Giuseppe Prina. Nel 1805, con la proclamazione di Napoleone Imperatore, Milano diventa la capitale del Regno Italico. Un vero risveglio appare nelle coscienze dei cittadini; il movimento era già segnato dagli spiriti imbevuti d'idee francesi, sulla fine del secolo XVIII, ma il regime naploeonico dando, sia pure in apparenza, istituzioni, esercito, finanze proprie al Regno talico, ridestò le addormentate coscienze in un fervore di vita nuova. L'esercito italiano, guidato dal generale Pino, e sotto la bandiera tricolore, bagna del suo sangue i campi d'Europa, e si fa una tradizione sua. Si riordinano gli studi superiori: brillano inegni vivaci e profondi, come Monti, Foscolo, Porta, Romagnosi, Volta, Moscati, Scarpa, Oriani. Vengono promulgati i codici legislativi: si istituisce a Milano una scuola d'alta legislazione, al posto delle Palatine abolite: si fonda l'Istituto Lombardo di scienze, lettere e arti, che nel periodo dell'oppressione straniera avrà momenti veramente gloriosi. Milano si trasforma sotto l'impulso di un rinnovamento edilizio: si aprono ampie vie, come S. Vittore e Porta Tosa (ora Vittoria), si costruiscono palazzi in

La via che fronteggiava il teatro alla Scala stile neo classico: si progetta la trasformazione del Castello e della Piazza in un grandioso Foro detto Bonaparte: si costruisce l'Arena e l'Arco del Sempione. Andrea Appiani appare il rinnovatore della pittura, Canova quello della scultura e Canonica quello dell'architettura,. Da questa triade deriva il neo classicismo, contro il quale reagirà l'arte romantica. I francesi, però, non furono ben visti mai a Milano: è per questo che il ritorno degli austriaci, nel 1814 - cantato anche in versi da Vincenzo Monti - fu quasi visto con benevolenza, perchè si sperava ingenuamente che la Santa Alleanza avrebbe mantenuto il Reno Italico. Ma dopo i tumulti del 20 aprile 1814, in cui l'innocente Giuseppe Prina, ministro delle finanze, fu trucidato dalla plebaglia inferocita, che lo rese responsabile della oppressione fiscale di cui invece aveva colpa la Francia, il generale Bellegarde, austriaco, intervenne con le sue truppe a Milano a ristabilire l'ordine. Fu la fine del Regno Italico. Nel 1814 la Francia - dice Carlo Cattaneo - era solamente vinta: l'Italia rimase invece conquistata. La fazione retrograda, sopravvissuta a tutte le glorie di Napoleone, vedendo i battaglioni austriaci invadare le sue città, plaudiva dicendo: a Ecco i nostri soldati: essi ci salveranno dalla rivoluzione ». Codesta fazione pagò prodigamente l'onore di essere protetta dall'esercito imperiale. Abbandonò senza riserva all'Austria il pubblico patrimonio; non patteggiò misura alcuna all'esorbitanza delle imposte. Prima cura degli austriaci, nel 1814, era stata quella di isolare e disarmare la nostra milizia. « L'esercito del Regno - continua il Cattaneo - erasi fatto compagno di gloria all'esercito francese; ma l' assidua asprezza delle guerre vi aveva reso ben rari i veterani; tuttavia le reliquie, raccolte in Mantova nel 1814, nulla avevano dimesso dell'usato valore ».

Entrata di Napoleone Bonaparte a Milano il 13 maggio 1796 Governò Milano una reggenza di austriacanti, presieduta dal Bellegarde. A Parigi, una deputazione d'Italia che avrebbe dovuto rappresentare il Regno al Congresso della pace, offrì la corona d'Italia a Francesco I: a Milano si abolirono senza proteste i ministeri. Poche tasse soppresse o ridotte, bastarono per contenere dapprima ogni velleità di opposizione: indice che la crisi era sopratutto economica. Ma l'Austria fece sentire ben presto il tremendo peso della sua potenza militare e sfruttatrice.

IL RISORGIMENTO.

Il Governo austriaco divenne presto intollerabile. Esorbitanti le gravezze, oppressiva e tirannica la polizia, tutta l'amministrazione assunse - come dice il Cattaneo - un'indole di colonia. « Il sistema continentale (protezionismo) fu stabilito a sussidio delle tardigrade industrie della Boemia e della Moravia. Spinto il prezzo della ferrarecce al doppio di quello a cui le forniva l'Inghilterra, ci fu resa quasi impossibile la costruzione delle vie ferrate. Divenne necessità avvilire la stampa, interdire le discussioni politiche e amministrative, angustiare l'insegnamento . A Milano, con 200.000 abitanti, esisteva un'unica Gazzetta privilegiata, in cui traducevasi rue per ruota e huissier per ussaro. I moti del '21 trovano Milano preparata ad accogliere il fermento rivoluzionario. Dalle congiure dei Carbonari e dei Federati si scatena una possente reazione austriaca: Silvio Pellico, Pietro Maroncelli, Federico Confalonieri, Giorgio Pallavicino, Pietro Borsieri sono processati e mandati allo Spielberg. Nel 1833 altri moti provocati dalla Giovane Italia preparano l'alba del 1848. Gli occhi si rivolgono al Piemonte, divenuto improvvisamente liberale. Mentre l'Italia nel 47-48 è percossa da un fremito di riforme e di rivoluzione, l'Austria raddoppia i sospetti e la oppressione. Scoppia il meraviglioso, entusiastico moto di popolo che porta alla fuga vergognosa dell'invitto esercito austriaco. Milano, dopo cinque giorni di battaglia, si libera da sola, mentre Carlo Alberto varca il Ticino inalberando il tricolore della rivoluzione. Ma l'episodio ha breve durata. L'Austria, rafforzatasi nell'interno, dedica le sue forze alla ripresa della Lombardia. Il 6 agosto '48, Radetzky è a Milano. L'esercito piemontese, in piena ritirata, accampa sul Ticino in seguito all'armistizio. La ripresa delle armi nella primavera del '49, è un altro disastro. Milano ricade sotto il pesante giogo militare austriaco. Proprio a Milano, il 6 agosto 1849, i plenipotenziari piemontesi-firmano la pace con l'Austria. Ma quanta esperienza in questi tempi hanno fatto i milanesi! Ormai l'Austria sente d'accampare in territorio nemico. Non valgono le blandizie, non vale la severità nel punire i ribelli (moti dei 6 febbraio del 1853): lo stesso Arciduca Massimiliano, mite e buono, è schivato da ognuno. Nè hanno più presa le promesse di riforme. La gioventù emigra in Piemonte e si arruola in quell'esercito. Anni d'ansia e di fremiti ! E quando l'esercito franco-piemontese passa il Ticino nel 1859 e Garibaldi ridesta le popolazioni delle prealpi, Milano è pronta: il suo cuore è una cosa sola col cuore dell'Italia. Dall'8 giugno 1859 incomincia la nuova éra della città. La nostra piccola e lontana Milano, raccolta fra i Navigli e il Duomo e la Scala, malamente illuminta, angusta, pettegola, dove si disfrenava saporita la risata popolaresca, la grassa facezia attorno all'arguta bosinada, l'audace frizzo contro il tronfio dominatore, cambia ben presto aspetto. Il rinnovamento edilizio di Milano incomincia verso il 1860 e prosegue vertiginosamente fino al 1914. Il grosso villaggio o borgata lombarda scompare. La piazza del Duomo, la piazza della Scala e il Cordusio sono tre monumenti più belli della storia edilizia di Milano. Si aggiungano a questi aspetti esteriori della città, i servizi più utili, quali l'acqua potabile, la fognatura e l'illuminazione elettrica: una rete tramviaria magnifica, lo sviluppo ín estensione della città sulla ubertosa pianura, l'ampliamento delle vie, la scomparsa dei romantici bastioni che tanto amava nelle sue passeggiate lo Stendhal, e noi avremo un quadro sintetico di Milano nel cinquantennio dopo la sua liberazione. Palazzi artistici sorgono nel posto d'umili casette, segni d'altri tempi, ed i restauri del Castello, delle Grazie, di S. Pietro in Gessate, di S. Babila, ci compensano in parte delle demolizioni inopinate e improvvide di tante e tante opere d arte travolte dal delirio di rinnovamento. Dopo la Restaurazione, scomparse le più tipiche figure di letterati dell'Impero napoleonico, come Monti e Foscolo, scomparso nel 1821 Carlo Porta, la vita letteraria si raccoglie attorno alla figura veneranda e signorile di Alessandro Manzoni, mentre nel salotto della contessa Maffei s'adunano in conversazioni letterarie insigni patriotti a preparare la riscossa; la musica trova accenti vibranti di libertà in Giuseppe Verdi; la scienza si rannoda attorno all'Istituto Lombardo, dove spiccano figure di scienziati e di uomini d'alta dottrina, come Pompeo Litta, Carlo Cattaneo, Luigi de Cristoforis, Cabrio Piola, Francesco Restelli. È questo il romanticismo. E quando l'industria muove i primi passi, ecco uomini della tempra di Andrea Ponti e di Ernesto De Angelis spiccare nel mondo industriale che ferve nelle sue officine, coronanti - novelli baluardi - la città. Intanto la questione sociale, che fu rimandata perchè più assillante il problema dell'unità nazionale, si fa imponente dopo il 1890, e Milano diventa ben presto centro di intenso lavoro e di lotte di masse. Le Esposizioni del 1881 e del 1906, sono le due tappe che dimostrano l'energia di lavoro dei milanesi.

La porta Orientale(ora Venezia) Nel 1915 scoppia l'ultima guerra contro l'Austria, che si può raggruppare al ciclo storico delle guerre nazionali nella seconda metà del XIX secolo. Milano, questa volta lontana dal teatro delle operazioni, intensificò il lavoro delle sue officine e diede ai suoi uomini più validi ai due eserciti; quello combattente e quello del lavoro. Ma lo sforzo per contribuire alla Vittoria le ha lasciate intatte le sue energie, e, ritrovata la sua pace interna, si appresta ora a nuove conquiste nel campo pacifico del lavoro e della scienza, per raggiungere quell'assetto di pace e di giustizia sociale che tutti gli onesti si aspettano, dopo tante calamità.

APPENDICE. IL DIALETTO E LE TRADIZIONI MILANESI.

La parlata milanese suona assai diversa dall'italiano letterario o fiorentino. Essa concorre insieme con gli altri dialetti lombardi, - divisi dall'Adda in orientali e occidentali, con Bergamo e Milano a capo, - a costituire una più ampia famiglia di dialetti, che, per tramezzare essi tra i dialetti italiani veri e propri e quelli di Francia, vengono chiamati gallo-italici. Son questi, oltre al lombardo, i parlari del Piemonte, della Liguria e dell'Emilia. Le loro attinenze coi linguaggi neolatini della Gallia non sono fortuite, nè d'altra parte dipendono da un diretto influsso che in età più o meno recente quelli abbiano esercitato su questi. Esse traggono origine invece e precipuamente da ciò che il latino trapiantato nella Cisalpina e nella Transalpina s'è abbattuto nello stesso sostrato linguistico ed etnico, cioè in popolazioni di lingua celtica. Se del francese s'è potuto asserire, non senza qualche fondamento di vero, che sia il latino parlato da Parisii, Sequani, Biturigi, ecc., con ugual diritto potremo noi affermare che i dialetti gallo-italici rappresentino il latino parlato dalle genti, galliche pur esse, degli Insubri, Boji, ecc. I più salienti tratti, e nello stesso tempo i più opportuni a esser qui ricordati, per cui i dialetti gallo-italici s'accostano al francese, staccandosi insieme dall'italiano, sono: le vocali ü e ü (mil. mür franc. mur it. muro, mil. cör franc. coeur, it. cuore, ecc.); l'ammutolire delle vocali disaccentate finali ad eccezione di a (mil. franc. mur e murs it. muro e muri, mil. cros franc. croix it. croce e croci, ecc.; mil. pòrta it. porta franc. porte, ecc.); il ridursi a sonore delle consonanti sorde intervocaliche (mil. savè franc. savoir it. sapere; mil. cantada antico franc. chantede it. cantata, ecc.; il passaggio a s sonoro del c delle formole latine intervocaliche ce e ci (mil. vesìna franc. voisine it. vicina, mil. piasé franc. plaisir it. piacere, ecc.); il passaggio di n riuscito finale e susseguente a vocale accentata, in n gutturale, onde poi, a Milano e in Francia, la nasalizzazione della vocale colla scomparsa della consonante nasale; la indissolubile unione del pronome enclitico soggetto colla voce verbale (mil. el canta, franc. il chante it. canta, ecc.); l'uso, nell'enfasi, della forma del pronome oggetto per quella del soggetto (mil. ti te cantet franc. toi tu chantes it. tu canti, ecc., ecc.). All'incontrario, i nostri dialetti vanno tra altro coll'italiano, dissentendo dal francese nel trattamento de' nessi latini pl fl, ecc. (mil. piana it. piana franc. plaine, mil. fiur it. fiore franc. fleur, ecc.), e nel ripudio del s finale latino (mil. te cante) lt. canti franc. tu chantes; mil. mèj it. meglio franc. mieux; mil. temp it. tempo franc. temps, ecc.); al quale importantissimo fenomeno si riannoda, in tutta Italia, il trionfo del nominativo sull'accusativo nel plurale della declinazione (mil. miir it. muri = lat. m u r i, franc. murs = lat. muro s). Imprescindibili necessità di spazio ci tolgono di insistere su d'altre peculiarità del gallo-italico e del comune dialetto lombardo (è di questo p. es., l'uscita per i della la persona singolare dell'indicativo presente: mi a canti it. io canto, ecc.), ma non potremmo passar sopra a due caratteri del lombardo occidentale, che sono: il tacere dell'a finale pur nel plurale dei nomi femminili uscenti al singolare per a, e l'articolo femminile plurale nella forma di i; grazie ai quali fatti vengono insieme e parzialmente a coincidere, ma solo esteriormente, il plurale mascolino e il femminile (mil i vec = it. i vecchi e le vecchie). Specificamente milanesi o quantomeno poco diffusi oltre la cerchia cittadina, sono poi il fenomeno fonetico delle vocali nasali, di pronuncia assai strascicata, e quello sintattico per cui la particella negativa viene posposta al verbo (el sa nò non sa). Il milanese è il latino parlato dell'Insubria, di Mediolanum, quale, senza intermittenze e senza notevoli urti, s'è venuto svolgendo dall'età romana insino a noi; precisamente come il dialetto toscano ci rappresenta l'evoluzione, compiutasi in uguali condizioni, del latino dell'Etruria. La piena luce non si fa che molto più tardi, nella seconda metà del secolo XIII, colle poesie di Pietro da Bescapé e di Bonvesin da Riva. Il milanese di cui si servon questi verseggiatori è però assai diverso da quello che più tardi adopreranno, attingendo all'uso vivo, il Lomazzo, il Maggi, il Balestrieri, il Porta. Ed è appunto un milanese letterario, artificioso e convenzionale come ogni lingua letteraria, un milanese che sa di lampada e di tavolino, quello onde si valsero il Bescapé e il Bonvesin, Essi scrissero milanese con quegli intenti con cui prima si scrisse latino e in séguito italiano. In condizioni più propizie, - e fu una gran fortuna per l'Italia che tali condizioni mancassero, - quel milanese, che l'uso degli scrittori avrebbe poi raffinato e i grammatici codificato, sarebbe divenuto una delle lingue letterarie della penisola, sarebbe divenuto il volgare illustre di Lombardia. - Nel secolo XV già fanno capolino le scritture di più genuina intonazione. Ma è solo nel secolo XVI che, per opera di persone colte e in correlazione a un moto letterario che si rivelò quasi in ogni parte d'Italia, il dialetto cominciò a scriversi francamente come tale, però solo per celia e colla piena consapevolezza della sua subordinazione e contrapposizione a un'altra lingua, la lingua letteraria venutaci da Firenze. Ma una volta preso l'aíre e pur contentandosi di un tanto modesto posto, il dialetto nostro percorse gloriosamente la sua via letteraria, e giunse a tali fastigi da dare all'Italia, nel Porta, uno de' Più grandi poeti satirici, e insieme il maggiore degli scrittori dialettali.

Anche la città di Milano, nonostante il suo continuo trasformarsi, nonostante il suo ingoiar gente d'ogni razza e d'ogni paese, conserva ancora caratteri e usi suoi propri. Costumi e usanze della campagna lombarda sono in genere spiccatamente diversi da quelli della città milanese, in quanto i primi conservano i loro secolari caratteri e la trasformazione segue più lenta; mentre i secondi rapidamente si trasformano per la natura stessa della vita cittadina. La storia della vita intima del popolo milanese - e in generale delle più grosse città - è ancora in gran parte da fare. E si farà quando avremo elaborato molti dati economici e demografici fin qui trascurati. Guardiamo solamente a una descrizione di Milano popolaresca di una quarantina d'anni fa per comprendere quale progresso si sia fatto in pochi anni. Accostiamoci al 'primo strato ove si annida il vero popolo ambrosiano. « Esso è distribuito in tre grandi gruppi, ed i suoi abitanti dimorano nei tre Popolosi quartieri di P. Tosa, ora detta di P. Vittoria; di P. Comasina, ora P. Garibaldi, e di P. Ticinese. « Il popolo di P. Comasina è più accampato che stabilmente stanziato. È composto in buona parte di braccianti che vengono dal contado e qui si recano a lavori manuali. In alcun mesi dell'anno si staccano talvolta da Milano per tornare ai patri nidi. Il popolo ambrosiano li chiama col nome di bosini, quasi gente venuta dal di fuori. « La popolazione di P. Tosa che ha per centro il verziere (l'antico viridarium vescovile), è tutta dedita alla vita del comprare e del rivendere le cose mangerecce. Essa attende al mercato omnigeno di ogni grazia di Dio, e vive tutto il dì sulle piazze, si ciba alle taverne, e solo di notte si ritira ai suoi abitacoli che chiama essa stessa i suoi pollai. «La vita intima del popolo è di preferenza concentrata nel vecchio quartiere di P. Ticinese. Tutta questa parte della città che si distende dal sud al sud-ovest, e si allarga a modo di un ventaglio dal Ponte di S. Ambrogio per S. Vittore sino al Ponte di P. Romana e fa centro a S. Giorgio in Palazzo, raccoglie quasi un terzo della popolazione di Milano. « Qui dimora da secoli la vecchia razza tetto-latina, che costituisce il vero popolo milanese. Essa assunse il nobilissimo ufficio di custodire le patrie anticaglie, di tramandare le vecchie consuetudini, e di serbare incolume il vecchio dialetto. « Il suolo su cui si annida ora cela ed ora svela le nostre antiche memorie. Qui si alzano ancora le colossali colonne delle terme di Massimiano Erculeo; qui le fondamenta sepolte del circo romano; qui il primo lavacro battesimale di S. Barnaba al fonte; qui le antiche basiliche d'i S. Ambrogio, di S. Vincenzo al Prato e di S. Vittore al Corpo; qui i vecchi templi di S. Nazzaro Grande e di S. Calimero; qui la monumentale Basilica di S. Lorenzo, due volte distrutta e per tre volte costruita; qui lo splendido Santuario della Vergine a S. Celso; qui tutte le reliquie della vita romana che il popolo milanese conserva coi nomi latini, di vetera, vellere, vetraschi e di vettabia, dato all'acqua del Seveso che quí passa e qui cangia persino il nome ». Il Tanzi ci ha lasciato una interminabile filastrocca in ottonari, o bosinata, dove si dimostra efficacemente come i proverbi e le frasi più comuni e usitate del parlare milanese sono tolte dal mangiare. Gli stessi sentimenti e moti dell'animo sono espressi con termini mangerecci. ...i buseccon No derven bocca per parlà Se no ghe mesc'cen el mangià.

E del resto, se prendiamo ad esempio gli stessi Signori di Milano, i Visconti, noi li vediamo ricordati come « magni comestores », secondo la testimonianza di Galvano Fiamma. Basta vedere il « menu » che lo storico Bernardino Cono dà de! banchetto offerto da Galeazzo II nel 1368 per le nozze di Violante Visconti con Lionello, figlio del re d'Inghilterra. Tutti i cibi erano dorati ! E venendo a tempi a noi più vicini, ricorderemo il delizioso libretto di un fine umorista milanese, il Raiberti, quando narra i conviti dei fittaioli milanesi « In campagna da grossi fittabili, che celebrano contratti di formaggi, io ho assistito a uno di quei pranzi dove le ore non si contano più perchè trattasi di porsi a tavola a sole meridiano, e trovarsi ancora là a notte fitta. E per numerosi che fossimo, c'era da mangiare per 'dieci volte tanti. Oh, quanto vino grosso, quanti capponi, quante anitre, quanti tacchini, e che catasta di mascarponi, e che lago di fior di latte densissimo! Infine poi, per coronare l'opera, un boccale per testa di un così detto caffè levante bollito in una grande caldaia. Desinari d'indole ciclopica, che risentono di epoche anteriori a qualunque tradizione storica, che opprimono come l'incubo solamente a rammentarli ». Busecconi chiamavansi i milanesi di un tempo perchè qui è la sede della famosa « busecca », come è la sede della « panera », del « risotto », del « panettone ». Ugo Foscolo chiamava Milano « Paneropoli » e con questo nome intestava le lettere che spediva da Milano. Quello spirito bizzarro del musicista Berlioz racconta che, avendo assistito una sera a uno spettacolo alla Canobbiana, celebre teatro milanese - sentisse solo l'acciottolìo dei tondi e il profumo dei capponi arrosto, che si mangiavano nei palchi e in platea. L'uso di mangiare a teatro era antico: ora non si oserebbe più neppure nel più popolare dei teatri. Ancora nel 1848 e nel 1881 alla Scala si faceva lo stesso durante l'opera e il ballo. Ma per ammirare Milano gastronomica bisognava vederla alla vigilia delle solennità. Ora questa caratteristica si è alquanto attenuata per il carattere cosmopolita che dai primi del nuovo secolo ha assunto. Ma i vecchi scrittori, vecchi di un quarantennio, dicono che chi non ha visto Milano la vigilia di Natale, non ha visto nulla di più gastronomicamente curioso. Milano è una mostra di ghiottonerie. Il favoleggiato e celebratissimo « panettone » gode di una fama mondiale. Si raccontano sulla sua origine leggende più varie. La tradizione più comune ne lo fa di origine aulica : sarebbe il frutto di un fortunatissimo errore di un cuoco sforzesco, che avendo confuso insieme vari ingredienti destinati a dolci diversi, ne sfornò invece una pasta deliziosa, che, dopo di aver solleticato i palati delicati della corte, scese democraticamente in piazza e decorò con la sua dorata crosta le umili mense popolane. Ma il panettone aveva anche effetti taumaturgici infatti ua pezzetto di panettone natalizio conservato per la festa di S. Biagio del 3 febbrario, serviva a « benedir la gola » ed era pretesto di qualche scorpacciata.

El dì de S. Bias se usa benedì La gola e nas.

Ma dove si lascia il famoso carnevalone ambrosiano? Già Milano ha la prerogativa d'avere un carnevale più lungo che non nel resto della cristianità. S. Ambrogio fu generoso coi milanesi regalando loro quattro giorni carnascialeschi in più. Ed erano celebri queste giornate di saturnali dove, col pretesto della maschera, erano permesse cose che in tempi normali avrebbero mandato l'autore difilato nelle carceri del Capitano di Giustizia e più tardi in quelle di Santa Margherita. Mascherate si facevano in onore di principi e di re. Il maresciallo Trivulzio diede una festa in onore di Luigi XII dove erano « assai mascheri travestiti a più « belle fogge se poteano; beato chi meglio sapeva fare » : così rozzamente s'esprimeva Ambrogio da Paullo che dimostra quanto interesse pigliasse il popolo per questo genere di divertimenti che adesso non diverte più. Anche nel 1574 in onore di Don Giovanni d'Austria si fece una mascherata tutta simbolica. Forse questo genere di feste si può paragonare ai moderni cortei storici. Le corporazioni, le accademie, specialmente la Badia dei facchini, composta di letterati e artisti, tutti concorrevano alla riuscita del carnevale che si svolgeva all'aperto in completa intimità, popolani e nobili, letterati e analfabeti. Era una fantasmagoria di cose bizzarre : ci limiteremo a dire, col Rovani, che a gettare tutti i colori dell'iride, con tutte le loro infinite gradazioni, su quelle ottanta o centomila figure allora stivate lungo il corso di P. Romana e a raddoppiare il frastuono come se quelle centomila persone avessero due gole enfiate per ciascuna; e a lasciare alle carrozze, ai padovanelli, ai calessi, ai birbini, ai carri, convertiti in forma di barche e di vascelli, il permesso di muoversi a loro beneplacito, e di produrre per conseguenza un disordine molto simile a quello di un corpo di truppe che sia piuttosto in fuga che in ritirata; e a portare a un tre quarti buonamente della popolazione colà affollata il numero delle maschere d'ogni forma, d'ogni foggia, di ogni paese, di ogni colore; a far insomma con la mente tutte queste operazioni, ne può uscire, chiudendo gli occhi e lavorando di immaginazione, lo spettacolo di un corso carnevalesco. Ma in tempi assai meno leggiadri diventava pericoloso il carnevale a Milano, se alcune numerose « gride e del secolo XVII dovevano scrivere sanzioni come queste : « Et se alcuno mascherato havrà l'ardire di portar archibuggi da ruota, La Porta Ticinese La Porta Comasina (ora P. Garibaldi)

(vedi foto) La Porta Romana La Porta Nuova


(vedi foto) incorrerà la pena di mille scudi, e della galera perpetua et ancor maggiore fino alla morte inclusiva, all'arbitrio di Sua Eccellenza ». È per questo che Carlo Maria Maggi canta:

Comenzarô dal cors, dou'ogni pass pensen de trovà rös e tröven spin.

Ma poi veniva la quaresima coi digiuni e le feste primaverili : Milano si riversava verso i campi a riempire le osterie suburbane rallegrate dalle canzoni satiriche dei cantori di « bosinate », componimento poetico specialissimo di Milano. È la stagione del celebre « mascarpone », come il carnevale è l'epoca del « lattemiele », ossia panna montata. Il mascarpone, un prodotto del latte, è una « soave ghiottoneria ». Il Rossini ne andava matto, come Dumas padre era ghiotto del formaggio gorgonzola, « le superbe Gorgonzola ». Il piatto nazionale era pur sempre la classica « busecca ». E così ripieni i milanesi andavano a seguire le cerimonie religiose della settimana santa e forse anticamente si saranno celebrati i misteri della Passione, andati però ormai in disuso e malamente sostituiti da quella bizzarra usanza di adornare il sepolcro del Redentore con figure o ritagliate nel carbone o anche di gesso, rappresentanti i custodi del sepolcro con relativa luna di carta oleata illuminata da una fiammella fra nubi temporalesche. Sono i così detti « giùdée » (giudei); meglio i legionari romani concessi al Sinedrio per la guardia. Ora anche questo costume, avanzo di teatralità, scompare a poco a poco dalle nostre chiese. E la festa di S. Cristoforo? Nel secolo XV vi conveniva popolo e magnati. Ricordate la filastrocca

Din, don, dan San Cristofen l'è posdoman.

Ora è una festa rionale: ma i magnati non vi convengon più. E per la festa di S. Ambrogio non si vede più l'urna di porfido piena di vino a cui il popolo attingeva : non rimane che la fiera degli oh bei! oh bei !, ridotta anch'essa in fin di vita. Una festa di primavera che un tempo aveva grande seguito era quella di S. Angelo o del Lunedì di Pasqua. Anche qui v'era annesso un solenne Perdono nella chiesa dedicata all'Angelo in P. Nuova.. Però a tal festa si connettevano baraonde e schiamazzi poco sacri, che sembravano feste pagane. Una festa di indubbia origine cristiana è quella del tredesin de marz, con una fiera di fiori; prima manifestazione della nuova stagione che si ridesta dopo i rigori invernali. L'origine di tal festa si riconnette alla venuta, vera o leggendaria, di S. Barnaba che fondò la prima comunità cristiana a Milano. E se le pubbliche feste tradizionali sono quasi tutte scomparse, se alla domenica delle Palme, al Carrobbio, l'Arcivescovo, ritornando dalla Basilica di San. Lorenzo, non lava più il lebbroso, perchè di lebbrosi non ce n'è più, rimane ancora in vigore un'altra festa del perdono, che si alterna ogni anno, il 25 marzo, fra il Duomo e la Chiesa dell'Ospedale Maggiore con preci e indulgenze e seguito di fedeli : ma specialmente è ammirata l'esposizione dei quadri dell'Ospedale Maggiore, che si fa ogni anno dispari. Anche questa è una consuetudine schietta milanese. Quando Francesco Sforza fondò l'Ospedale Maggiore, fu messa nelle tavole di fondazione la disposizione che i benefattori avrebbero avuto diritto al ritratto dipinto da un pittore di fama, a persona intera, o a metà, secondo l'entità del lascito. In questi secoli la raccolta di ritratti è venuta man mano aumentando di importanza e ora l'Ospedale vanta una delle pinacoteche speciali - perchè costituita di soli ritratti - delle più importanti se non unica, documento splendido per la storia del costume. Ma a volerci perdere nel mare magno del folk-lore milanese, ci sarebbe da scrivere un volume. I modi di dire milanesi dal settecentesco grido: guarda la veggia , che ha una storia tutta sua, così che contro di lui interviene nel 1748 perfino l'autorità del governatore Pallavicino, fino al celebre falla tajà, che ci deliziava vent'anni or sono, è tutto uno scoppiettìo di arguzia popolana che si esercitava spesso contro l'occhiuta polizia austriaca, la quale non riusciva ad afferrare gli autori e subiva fremendo l'oltraggio satirico. E i giochi fanciulleschi? L'Ara bell'ara, il Pin pin cavalin hanno tutti una leggenda sull'origine loro fondata, più o meno, su di un fatto di cronaca locale. Ma la città si trasforma, vive della vita stessa nazionale e se usanze meneghine tramontano, nuove e più vive rinascono e se a Natale i bambini non mettono più fuori la scarpetta per ricevere i doni, l'Albero di Natale si diffonde come una nuova consuetudine più adatta al termosifone, che sostituì il zocco natalizio sul focolare dove arde fra nembi di scoppiettanti faville. Tutto passa e si trasforma; ma è tuttavia epico, come il pianto d'Ecuba, il nostalgico rimpianto dei vecchi milanesi per la loro provinciale Milano che diventa metropoli (I).


(I) La parte di questo capitolo che riguarda le tradizioni ed i costumi di Milano è tolta dal volume I Lombardi di ALESSANDRO VISCONTI - Milano, 1926 - Edit. Trevisini. CAP. II. - ARTE - MUSEI - MONUMENTI. Le turbinose vicende che si susseguirono ininterrotte dal IV alI'VIII secolo, le incursioni barbariche, i saccheggi e i frequenti incendi portarono alla quasi completa distruzione degli edifici pubblici e privati dell'età romana.

CHIESE E MONUMENTI MEDIOEVALI.

Niuna meraviglia quindi se il solo ricordo architettonico di notevole importanza miracolosamente alla ruina di quella città che Ausonio aveva definito « Roma secunda », è costituito dal superbo filare delle Colonne di S. Lorenzo, che si presume siano un avanzo di un grandioso edificio pubblico, costruito ai tempi di Massimiliano Erculeo in area adiacente a quella oggi occupata dalla chiesa di S. Lorenzo. La basilica di S. Lorenzo nel suo complesso, pur presentandosi come un edificio della seconda metà del cinquecento, rinserrato fra quattro grosse torri del IX secolo ( ?), con facciata della fine del secolo scorso, racchiude nella sua struttura tre edicole del V secolo. Nella piazzetta antica a destra e sinistra le abitazioni del clero, due costruzioni incompiute del Richino. Nel muro di cinta interno a sinistra frammenti di scultura decorativa ed architettonica romani, carolingi, romanici. Ai lati estremi della chiesa due torri carolingie ( ?) di contrafforte. La facciata è dell'architetto Cesare Nava (1894): al disopra emerge l'alto tamburo ottagonale e la cupola di Martino Bassi (1574-1588), il quale diede l'attuale conformazione al tempio, conservandone però l'organismo originale, che ricorda l'interno di S. Vitale a Ravenna. A destra la cappella di S. Aquilino, a pianta ottagonale; con nicchie alternate rettangolari e semicircolari, del V secolo, con galleria esterna a pilastrini, nella sua parte superiore, del XIV secolo. Notevoli gli stipiti marmorei del portale, del basso impero; nelle nicchie Gesù fra gli apostoli e la Annunciazione ai pastori, mosaici del V-VI secolo; sarcofago cristiano che la leggenda dice di Galla Placidia. Nella cappella

Il Portale di casa Corio in via S. Agnese di S. Ippolito, a croce greca con colonne di marmo africano, del V secolo, monumento tombale di Giovanni Conte, attribuito a Marco d'Agrate. La cappella di S. Sisto, pure del V secolo, a livello più basso della chiesa, ha la stessa struttura di quella di S. Aquilino, e ha anzi l'antica cupola. Scendendo nel sottosuolo della cappella di S. Aquilino si può vedere uno dei più notevoli resti di Milano antica (scavi 1910-1911), e cioè l'enorme platea su cui è sorta la chiesa, costituita da grandi massi lavorati, tratti da un grandioso edificio romano. Numerosissime vestigia di costruzioni dell'epoca romana furono rinvenute nell'ultimo ventennio, in occasione di demolizioni e di rifabbriche; numerose traccie del Teatro, avanzi di colonnati, di trabeazioni, un capitello corinzio, il cui stile richiama quello del tempio di Vesta, a Tivoli, mosaici, e, ritrovamento degno di nota, i frammenti di una Venere, nello stesso atteggiamento della Capitolina. Il primo edificio col quale s'inaugura la serie degli esemplari di una vera architettura milanese, è la basilica di S. Ambrogio : altri pregevoli esempi di tale architettura poterono sfuggire alla legge delle successive trasformazioni edilizie, e, tra questi, degne di particolare menzione, le basiliche di S. Eustorgio, S. Simpliciano, S. Satiro e S. Babila. L'odierna basilica di S. Ambrogio sorge sull'area della primitiva, fatta costruire da Ambrogio vescovo nell'anno 386 e nella cui cripta la spoglia mortale del Santo ancor oggi riposa. La forma originaria di basilica costantiniana ebbe a subire vicissitudini e rifacimenti che la trasformarono in una basilica lombardo-romanica a volte, e il dislivello sensibile tra la piazza, l'atrio e la chiesa sta a provare appunto le diverse epoche dello sviluppo del tempio. Oltrepassato l'atrio, il cui portico è un vero museo di cimeli bassorilievi romani dei bassi tempi, lapidi tombali figurate, capitelli romani e carolingi, monumenti sepolcrali del Rinascimento, si penetra nell'interno della basilica lombarda a volte a crocera con coronature piatte sorrete da pilastri a fascio : la basilica, giunta a forma definitiva tra la

La Basilica di S. Lorenzo vista da P. Vetra fine del 1000 e il principio del 1100, è terminata da tre absidi, le navate sono tre e le due laterali a due piani, con tribune. La luce entra da tre grandi aperture di un loggiato, situato simmediatamente sopra il pronao, nel fronte della basilica simmetricamente dominata dalle sagome dei due campanili; quello di destra del IX e l'altro, in pretto stile romanico, del XII secolo. Fra le cose notevoli di questa basilica citiamo : il pergamo, il sarcofago cristiano del VI secolo, il grande mosaico dell'abside della prima metà del IX secolo, il ciborio a colonnati di porfido rosso, con figurazioni in bassorilievo e il paliotto che circonda i quattro lati dell'altare, pregiatissimo lavoro dell'orafo Volvinio, in lamine d'oro e d'argento sbalzate a bassorilievo con filigrane d'oro, fascie con smalti bizantini incastonati e gemme greche e romane. La cripta è divisa in due ambienti : i corpi dei SS. Ambrogio, Gervaso e Protaso, racchiusi in una pregevole urna di fattura moderna, si trovano nel secondo e altri avelli corrono lungo le pareti. Nelle cappelle laterali e nelle sacrestie, oltre ad alcuni cimeli di inestimabile pregio (due ostensori d'oro, un messale miniato, ecc.), è dato ammirare dipinti del Borgognone, del Luini, del Tiepolo e di altri sommi. Attraverso una lunga cappella si giunge al sarcello satiriano, già Ecclesia Sancii Victoris in cado aureo, i cui stupendi mosaici risalgono al primo quarto del V secolo. La costruzione della canonica venne iniziata nel 1492 ed è opera del Bramante, il quale però non ne costrusse che il lato aderente alla basilica, di architettura nobile e grandiosa. Nella seconda metà del secolo scorso la basilica di S. Ambrogio ebbe a subire molti ed importanti restauri, amorosamente curati dall'architetto Landriani. Non tutte però le opere eseguite meritano incondizionato elogio : così lo spostamento del ciborio e la riforma del sacello di S. Ambrogio, nonchè le decorazioni pittoriche con cui si volle inopportunamente supplire alla inavvertita scomparsa delle decorazioni originarie, verificatasi nella fase iniziale dei restauri. Le altre quattro chiese di stile lombardo più sopra citate, sono ben lungi dal possedere l'importanza della basilica ambrosiana, la quale, oltre a costituire pregevole e caratteristico esempio di architettura romanico-lombarda, nelle vicende storiche che travagliarono la bella città

Chiesa di S.Ambrogio ne! corso dei secoli, costituì, per concorde volere del popolo, il palladio sacro della libertà milanese. La basilica di S. Eustorgio, fondata nel IV e nell'VIII secolo rinnovata, dopo d'aver subìto deformazioni ininterrotte dal cinquecento al primo ottocento, fu nel secolo scorso organicamente restaurata. Fra le cose degne di menzione notiamo innanzitutto la cappella detta di Pigello Portinari, costruita e decorata dallo scultore Michelozzo Michelozzi nel periodo tra il 1462 e il 1468; dove è anche l'Arca di S. Pietro Martire, opera di Giovanni di Balduccio da Pisa (1338); la tavola marmorea dell'altare maggiore in nove scomparti con la rappresentazione della passione di Cristo, opera di artista lombardo della fine del XIV secolo; la cappella Brivio con l'elegante monumento funerario di cotesta famiglia, opera di Tomaso Cazzaniga, e le tavole di una grande ancona del Bergognone. La basilica di S. Simpliciano, corrotta da numerosi restauri, offre un interesse archeologico limitatissimo : notevoli ad ogni modo la porta centrale colle arcature laterali del IX secolo; stupendo l'affresco della conca dell'abside, La Coronazione della Vergine, dovuto al pennello del Bergognone e restaurato di recente.

Il Paliotto di Volvinio sull'altare maggiore di S.Ambrogio INTERNO DI CHIESE MILANESI S. Maurizio (Monastero Maggiore) Battistero di S. Satiro Il Ciborio di S. Ambrogio Interno del Duomo

(vedi fotografie) Ma non si può trascurare la basilica di S. Vincenzo in Prato, la cui costruzione a forma basilicale, caratteristica del IV e V secolo, costituisce uno dei più interessanti cimeli di una architettura ormai rarissima. È divisa in tre navate terminanti in tre absidi semicircolari. Le navi son divise da colonne impostate su archi a sesto tondo, come nelle costruzioni romane e tanto le colonne quanto i capitelli provengono da frammenti romani, così che spesso le colonne non corrispondono ai capitelli trattandosi di materiale ricuperato da demolizioni di antecedenti costruzioni: di qui il nome di frammentaria dato a questa forma di architettura. Un altro, e forse unico esempio in Lombardia, è dato dalla basilica pievana di Agliate (Brianza), che è ancora più rustica di questa di S. Vincenzo. Anche la basilica di S. Satiro, fondata dal Vescovo Ansperto nell'anno 870, o, come la conformazione prettamente bizantina induce a credere, in epoca anteriore, dell'antico tempio conserva soltanto la torre campanaria e l'antico battistero di Ansperto, rimaneggiato. I dipinti sotto la cupola sono del Suardi, detto il Bramantino, il battistero e la finta prospettiva dell'abside sono del Bramante e le decorazioni in cotto, certo su modelli dello stesso Bramante, di Agostino De Fondutis. La basilica di S. Babila, eretta nel IX secolo sull'area di un tempio del Sole, si chiamava anticamente Concilium Sanctorum, non si sa tenevano i primi fedeli, o per esservi state sepolte le spoglie di molti martiri. Nel XVII secolo fu svisata con l'aggiunta di un pronao alla facciata e riducendo tutto nello stile dell'epoca, ma nel principio del nostro secolo venne restituita alla forma primitiva. Altre basiliche interessanti per la loro antichità sono : S. Calimero, eretta nei primi secoli del cristianesimo, in onore del quarto Vescovo di Milano, Calimero, ivi sepolto; S. Giorgio in Palazzo, fondata nel-secolo da S. Natale, adorna di pregevoli dipinti di Bernardino

L'arca di S. Pietro martire in S. Eurtorgio Luini e di Gaudenzio Ferrari; S. Nazaro, alla quale il suo fondatore, S. Ambrogio, diede, nel 382, nome di Basilica degli Apostoli; S. Sepolcro, fondata nel 1030 e più volte trasformata. Gli esemplari di architettura milanese sin qui considerati costituiscono i primi anelli di una catena senza interruzioni, che da una parte si allaccia alla prima architettura lombarda e dall'altra, dopo essere passata attraverso le fasi dello stile archiacuto, del Rinascimento e del cinquecento fastoso, alle molteplici forme del seicento e del settecento. Uno dei pochi luoghi di Milano che conservano intatto il decoro di edifici vetusti è senza dubbio l'antica Piazza dei Mercanti, costituita dalle attuali via e piazza Mercanti, che, nel medioevo, assurse a dignità di foro milanese, colla forma di un quadrato chiuso, col selciato sopraelevato rispetto a quello delle vie circostanti e con quattro porte che la congiungevano alle quattro principali arterie della città. Torno torno alla piazza sorsero la casa del Podestà, le prigioni, le residenze degli argentari (cambiavalute), la torre del Comune e il Palazzo della Ragione, fatto costruire nel 1228 dal Podestà Oldrado da Tresseno, composto di un porticato terreno e di un piano superiore, in cui si apri-

S.Simpliciano vano le finestre trifore - da le colonnine arieggianti quelle francesi dell'Abbazia di Chiaravalle - ad illuminare un ampio salone. L'aggiunta di un secondo piano, che svisa completamente il carattere dell'edificio, è del 1770. Nella sua forma primitiva il palazzo era coronato da merlatura, con tetto a due pioventi. Di faccia al Palazzo della Ragione sorge la Loggia degli Osii; fatta erigere nel 1316 da Matteo Visconti: a mezzo dell'edificio sorge il pulpito detto parléra, dall'alto del quale il Podestà parlava al popolo raccolto nella piazza. Alcune statue di santi, collocati nella loggia superiore, ricordano rozzamente lo stile statuario del duomo di Bamberga : le targhe del poggiuolo e del parapetto si fregiano dello stemma visconteo e delle insegne dei quartieri di Milano. La Loggia degli Osii venne restaurata nel 1904. A destra della Loggia degli Osii trovasi il Palazzo delle Scuole Palatine, rinnovato nel 1650 ed ornato con statue del Lasagna, il più caratteristico degli scultori barocchi milanesi. Sotto al portico un prege-


S.Vincenzo in Prato vole busto del poeta Carlo Maria Maggi, opera dello scultore Luigi Secchi (1921). Notevoli il porticato e gli archivolti di terracotta in cui prevale il carattere del tardo trecento; invece la bella finestra verso l'angolo è in puro stile quattrocentesco. Posteriore di qualche lustro alla Loggia degli Osii è la chiesa di S. Gottardo, con la bellissima abside e lo stupendo campanile del cremonese Francesco Pecorari, fatti innalzare da Azzone Visconti (1330-1336), la cui tomba si conserva nel palazzo Trivulzio. Il campanile termina in alto con una elegante galleria di colonne di stile pisano ed è incoronato dal solito cono céstile, sormontató da un angelo in metallo dorato. Nell'interno della chiesa, sulla cui soglia Giovanni Maria Visconti cadde, il 16 maggio 1412, sotto il pugnale dei congiurati, non resta traccia alcuna dell'antico splendore, anche per le demolizioni operatevi a partire dal 1770, allorquando fu data opera dal Piermarini alla restaurazione del Palazzo ducale. La porta principale della facciata è attualmente ospitata nel museo del Castello Sforzesco. Altro pregevole esempio di costruzione laterizia del XIV è la ALCUNI CARATTERISTICI MONUMENTI MILANESI I portoni di P. Nuova - secolo XIV Interno delle Grazie - secolo XV La loggia degli 0sti - secolo XIII chiesa di S. Marco, le cui fondamenta risalgono al 1254. Le parti più antiche sono le braccia della croce e il fianco verso il chiostro. Fra le cose notevoli ricordiamo: il monumento del fondatore, Frate Lanfranco da Settala, e tre statuette trecentesche attribuite al pisano Balduccio; il bel portale, pure del trecento; alcuni quadri sparsi del Campi, del Crespi, del Procaccini, e una Madonna di Palma il Giovane. La chiesa fu restaurata di recente dall'architetto Maciachini. A pochi passi da S. Gottardo, sorge il Palazzo Arcivescovile, il quale, già esistente fin dal IX secolo vicino al Palazzo del Comune, sulla cui area sorge l'odierno Palazzo Reale, ebbe a subire numerose ricostruzioni parziali e, quantunque l'edificio rechi traccie non dubbie di epoche e di restauratori diversi, le due parti predominanti della costruzione son dovute, quella verso il Verziere (1493) all'arcivescovo Arcimboldi, col cortile bramantesco, recentemente restaurato, e l'altra, verso il Duomo (1570), al cardinale Carlo Borromeo, coi grandiosi portali e col severo cortile a bugnato rustico, che può essere annoverato fra


La Chiesa di S.Cristoforo sul Naviglio (sec.XIV) le migliori opere del Pellegrini, adorno di due statue colossali : Mosè del Tantardini e Aronne dello Strazza. Accanto al Palazzo Arcivescovile si sviluppa la grandiosa mole del Palazzo Reale, che fu già sede dei Consoli e in seguito dimora viscontea e sforzesca, e, infine, dei Governatori spagnuoli e tedeschi, del Vicerè d'Italia e degli Arciduchi austriaci, fino al 1859 in cui assume rinnovata dignità. Rifabbricato qua e là, più volte riattato e trasformato, Palazzo Reale ha oggi quasi completamente smarrita l'originaria impronta viscontea. Nei due ultimi secoli vi lavorarono il Piermarini - che vi compì la più vasta trasformazione -, il Canonica e il Tazzini : la fronte verso piazza del Duomo forma un vasto piazzale irregolare in stile neo-classico, di ordine ionico. Lo scalone è decorato con un pregevole medaglione del pittore Traballesi : Il Giorno che fuga la Notte. Mirabili gli stucchi decorativi degli Albertolli e gli arazzi con la storia di Giasone, su cartoni del-

Una sala del Palazzo Reale l'Audran e quelli, pure della fabbrica dei Gobelins, che riproducono gli arazzi di Raffaello, già proprietà del cardinale Mazzarino; pregevolissimi i dipinti dell'Appiani, del Palagi, dell'Hayez e gli affreschi del Traballesi. La Sala delle Cariatidi, così chiamata per le quaranta gigantesche figure che sostengono il ballatoio, è, fra tutte, la più spaziosa e la più solenne: le cariatidi sono del parmigiano Callani, le ventun composizioni - a chiaroscuro - del ballatoio sono dell'Appiani e ricordano episodi napoleonici; la valta, affrescata dall'Hayez, rappresenta un'allegoria allusiva alla venuta di Ferdinando I d'Austria. Un raro esempio di edificio privato lombardo della prima metà del quattrocento ci offre la Casa dei Borromei, ancor oggi residenza della antica famiglia che tanta parte ebbe nelle vicende di Milano : la porta a sesto acuto, i porticati ed il cortile interno, la sala terrena frescata nella prima metà del secolo XV, credesi da Michelino da Besozzo, con le rappresentazioni dei giuochi di società di quel tempo, ravvivano ancora il geniale ricordo di un'epoca, nella quale l'arte medioevale già cominciava a rivestirsi della grazia del Rinascimento. Un gioiello d'arte venne testè ripristinato in via Lanzone. Si tratta dell'oratorio di San Bernardino alle Monache. Siamo ai timidi bagliori antelucani del Rinascimento. Una fredda primavera già percorsa dai brividi dolcissimi dell'aprile che viene. È dell'architettura dell'epoca dei Solari ed è circondata da un grazioso giardino all'inglese, che fa spiccare di più la semplice bellezza dell'architettura del secolo XV.

IL Duomo. «EI principio del Domo di Milano fu nell' anno 1386 ». Così reca inciso una lapide inserta nella parete a destra di chi entra nel tempio. Sembra però che tale data, più che all'inizio, si riferisca ad una ripresa di lavori. Certo si è che le opere di costruzione, dopo che Gian Galeazzo ne ebbe posto la prima pietra il 15 maggio 1386, dovettero procedere con molta speditezza, se nel 1418, il papa Martino V, passando da Milano, reduce dal Concilio di Costanza, poteva benedire l'altare maggiore. La stessa incertezza che regna circa la epoca in cui furono iniziati i lavori si estende anche all'origine dell'insigne monu-

Un portale quattrocentesco (Via Filodrammatici) mento, sia nei riguardi dell'iniziativa, sia nei riguardi dell'architetto che la tradusse in atto. La circostanza che Gian Galeazzo Visconti assegnò alla fabbrica del Duomo le cave di marmo bianco di Candoglia, potè ingenerare l'opinione che il Visconti abbia per primo accarezzato l'ambizioso progetto di innalzare nel cuore della città di Milano una cattedrale degna di rivaleggiare coi più famosi templi d'Italia e d'oltr'Alpe; e tale versione sarebbe suffragata dalla larga partecipazione di artisti francesi e tedeschi. Di fatto il monumento grandioso è frutto di generosa iniziativa popolare, come provano le oblazioni cospicue volonterosamente e incessantemente offerte da ogni classe di cittadini; e la donazione della cava di Candoglia va considerata soltanto come un segno della munificenza ducale. La direzione dei lavori venne affidata ad una numerosa deputazione costituita colle rappresentanze di ognuna delle porte della città e l'esecuzione materiale a una maestranza di artisti campionesi, tenaci custodi della tradizione locale, i quali vennero ben presto a contesa, prima colle maestranze veneziane e toscane e poi cogli artefici che il Visconti aveva fatto venire di Germania e di Francia. Da questo urto di opposte tendenze, da questo sovrapporsi di scuole gotiche d'oltr'Alpe alle locali tradizioni costruttive, dalla larga parte fatta alla decorazione scultoria condotta da stranieri, da veneziani, da toscani e da lombardi derivò lo stile molteplice del Duomo. Oscuri come abbiamo detto gli inizi; dal 1387, in poi i registri ci consentono di seguire, giorno per giorno, il graduale sviluppo della costruzione. Mercè le spontanee elargizioni dei cittadini e malgrado che gli elementi stranieri, sbaragliati una volta, cercassero costantemente di intromettersi, la fabbrica proseguì con celerità febbrile, tanto che nel 1481 la costruzione del tiburio era già avviata : la morte del Solari, che ne era stato l'ideatore, rallentò il ritmo dei lavori, ma per poco, chè, dopo un concorso ed una discussione alla quale presero parte, con modelli, disegni e pareri, gli artisti più stimati del tempo, Bramante, Leonardo, il Battaggio da Lodi, l'Amadeo, quest'ultimo potè ricevere l'incarico dell'opera, compiuta nel 1500. Con la demolizione di quell'ala di fabbricato che chiudeva il cortile dell'Arengo, l'odierno Palazzo Reale, e ostacolava lo svolgimento della cattedrale in costruzione, secondo la planimetria originaria, s'impone, ma per poco, un ardito progetto di Vincenzo Seregni. Però l'indirizzo dell'architettura è mutato e al progetto del Seregni, armonizzante col carattere dell'edificio, altri succedono, in pieno disaccordo coll'organismo del tempio, fra cui quello del Pellegrini, che doveva cancellare dalla fronte perfino lo scomparto delle cinque navi. Fortuna volle che le difficoltà incontrate per provvedere gli eccezionali monoliti per il colonnato classico, dessero modo di affermarsi a un energico movimento di reazione, culminante in un progetto del Buzio, che, pur subendo e adattandosi a disposizioni già compromesse dal Pellegrini, immagina una fronte in cui si riafferma il sopravvento dell'organismo gotico. Ma le difficoltà dei tempi - guerre, pestilenze, decadimento del senso estetico - contribuirono a rallentare e infine a interrompere la riforma avviata dal Buzio: è soltanto dopo il compimento del tiburio, attuato dall'architetto Croce (1765) che gli studi e le discussioni per il completamento della fronte si ravvivano. Mercè la volontà di Napoleone, dalle parole si passa ben presto ai fatti; nel 1809, la fronte, conforme ad uno schema dovuto specialmente all'abate Zanoia, è compiuta, ma il disaccordo delle sue parti e l'affrettata e fredda esecuzione della zona superiore riaccendono la questione nel secolo XIX, che offre una ripresa di studi e di progetti, per la maggior parte accademici. È soltanto con la morte di un munifico cittadino, Aristide De Togni (1884), che la Fabbrica, disponendo di una cospicua somma per la riforma della facciata, bandisce un concorso internazionale e la scelta cade sul progetto del giovane architetto milanese Giuseppe Brentano. Ma siccome il progetto del Brentano comportava la rimozione di tutta la fronte esistente, si determinò una corrente avversa ad ogni modifica della fronte attuale, che, pur scostandosi dall'organismo del tempio e dalle caratteristiche dello stile, rappresenta un'affermazione d'arte degna della più alta considerazione. Dalle incertezze seguite alla prematura scomparsa del Brentano sul modo di assolvere al grave compito, prese partito la corrente contraria, ma poichè una riforma parziale s'imponeva, ad una apposita Commissione, composta dei più bei nomi dell'arte costruttiva italiana venne affidata la compilazione di un progetto che conciliasse col rispetto delle parti pregevoli dell'attuale fronte il rinnovamento della parte superiore. La forma del tempio, costruito, come abbiamo detto, in marmo di Candoglia, è quella di una croce latina con braccia. Cinquantadue grandi piloni quasi ottagoni sostengono le cinque navate e le vòlte ad archi acuti, sulle quali sorge una selva di guglie adorne di statue, di balaustrate a trafori, di scale, di acquedotti con gotici arabeschi : tutto uno stupendo lavoro che presenta la storia ed il progresso della scultura sino ai tempi nostri. Meravigliosi i capitelli dei piloni interni, disegnati da Filippino di Modena. Le porte del Duomo sono cinque : quella centrale a due battenti, di bronzo, è opera di Lodovico Pogliaghi (1906); è decorata con figurazioni allusive ai misteri della Vergine, alla quale appunto è dedicato il tempio. I finestroni del coro, della chiesa e specialmente delle due cappelle maggiori, hanno vetriate a colori rappresentanti episodi del Vecchio e Nuovo Testamento; mirabili le vetriere dei tre grandi finestroni del coro, dipinte dai Bertini, padre e figlio. L'altar maggiore è di bronzo dorato, dono di Pio IV : i pulpiti sono di rame dorato sostenuti da cariatidi di bronzo; un candelabro, prezioso per arte, a foggia d'albero con sette braccia, sta innanzi all'altare della Madonna, chiamata appunto dell'albero. Tale candelabro fu donato al tempio da un arciprete Trivulzio nel 1562, ma è lavoro assai più antico, e probabilmente francese, del XIII secolo. Il ciborio dell'altar maggiore, a forma di tempietto con otto colonne, è tutto in bronzo. Sulla cornice siedono otto angeli dell'istesso metallo, portanti gli istrumenti della Passione. Andrea Pelizzone ne fu l'esecutore (1581-90), su disegno del Pellegrini. A sinistra, entrando, si trova il battistero, notevole per la vasca battesimale di porfido, che vuolsi sia un'urna tolta dalle terme di Massimiano Erculeo. Degni di non minore attenzione gli organi colla cassa in legno dorato: sono sormontati da un cupolino ricco di statue che li rende imponenti. Originariamente uno fu costruito nel 1552 dall'organario Gian Giacomo Antignato, l'altro da Cristoforo Valvasori nel 1588. Nel 1907 furono interamente restaurati. La cripta, nella quale si discende dal poscoro, è opera del Pellegrini : è tutta decorata di stucchi secondo il gusto del tempo. Sotto l'altar maggiore vi ha la cappella sotterranea ove conservasi il corpo di S. Carlo Borromeo entro una teca di cristallo di rocca, d'oro e d'argento, donata

Il Duomo - Particolare da Filippo IV Re di Spagna, con attorno doni preziosi. La decorazione artistica appartiene io gran parte al Pestagalli (1817). Il disegno del pavimento della nostra cattedrale, del Pellegrini, è composto di marmi a vari colori e venne incominciato nel 1585 sotto la direzione di Martino Bassi. La cattedrale, oltre all'Archivio proprio nel quale si conservano gli antichi Registri della fabbrica, tutte le ordinazioni pei lavori della medesima, e una ricca collezione di musica sacra, formatasi colla antica Cappella musicale del Duomo, possiede un Tesoro, che può esser visitato nella Sagrestia di mezzogiorno, con avori medioevali, tavole dipinte dei secoli XIV e XV, bronzi ed oreficerie dei secoli seguenti, ecc. Impossibile, per ragioni di spazio, un cenno adeguato all'importanza dei lavori d'arte sculturale e pittorica, onde il Duomo si adorna; basti dire che tutti i più grandi artisti, dal Rinascimento fino ai nostri giorni, vi lasciarono l'incancellabile impronta del loro spirito creatore. Concludiamo con le parole del Burkhardt, che ha definito la nostra celebre cattedrale « un esempio unico della magnificenza e della vita che il tardo Rinascimento seppe imprimere al marmo ». Convien però ricordare che solo poca parte delle decorazioni delle guglie appartiene al periodo fulgido dell'arte, e che il maggior fervore d'opere s'ebbe nella prima metà del secolo XIX, quando fu portato a compimento il meraviglioso monumento. Per rendersi conto delle caratteristiche del Duomo, e per godere, oltre che uno spettacolo d'arte, uno spettacolo di natura, si consiglia la salita sul tetto e sulla guglia maggiore. Ivi si domina tutta la pianura lombarda e i colli della Brianza e le Alpi e si ammira la bellezza e il fine lavoro delle guglie, delle statue e delle marmoree decorazioni.

IL RINASCIMENTO.

Il Castello di Milano è l'antico Castrum porte Jovis, eretto da Galeazzo II verso la metà del secolo XIV per difendere la parte occidentale della città a lui toccata nella divisione avvenuta alla morte di Matteo Visconti. Fu demolito in parte dal Governo della Repubblica Ambrosiana dopo la morte di Filippo Maria Visconti (1447) e ne venne iniziata la ricostruzione nel 1450 da Francesco Sforza, sotto la direzione di Giovanni da Milano e successivamente, per lunghi anni, da Bartolomeo Gadio, mentre le decorazioni architettoniche e pittoriche vennero avviate soltanto più tardi, con l'intervento dell'architetto Benedetto Ferrini da Firenze e dei pittori Bonifacio Bembo, Vincenzo Foppa, Montorfano e vari altri. Più tardi, superato nella famiglia ducale il periodo delle discordie, durante il quale ogni lavoro di abbellimento cedette alla ferrea necessità di nuove opere di difesa, fra cui l'aggiunta della torre di Bona di Savoia, all'angolo interno della Rocchetta, le sale del Castello furono sfarzosamente arricchite da Lodovico il Moro, che si giovò dell'opera di Leonardo e di Bramante e in seguito furono teatro di festeggiamenti e di cerimonie memorabili. Alla fuga di Lodovico il Moro (1499) il Castello rimase fortezza dei Francesi: dal 1536 fu caserma spagnuola, austriaca, francese e poi ancora austriaca; ridotto in uno stato così miserevole che avrebbe attenuato assai il rimpianto di una scomparsa definitiva. Dopo la caduta di Napoleone, che aveva ordinato la demolizione definitiva del Castello, questo ridiventava caserma austriaca e tale rimase attraverso varie vicende, fino all'indomani della battaglia di Magenta, in cui furono rase al suolo fortificazioni aggiunte dagli Austriaci, tornati a Milano dopo lo scacco delle Cinque giornate. Dopo una serie di progetti ideati all'intento di estendere lo svi-

Le torri del Castello luppo edilizio sulle vaste aree della piazza d'Armi e piazza Castello, e richiedenti la demolizione, dapprima totale, poscia parziale del Castello, si venne nel 1884 a concretare il piano regolatore dei nuovi quartieri, rispettando tutta la parte corrispondente al grande quadrato sforzesco, col relativo fossato. Il Comune rilevava il Castello e le aree di piazza d'Armi e piazza Castello, impegnandosi a sistemare una nuova piazza d'armi, e far le spese per le nuove caserme, ed a ripristinare il Castello, col proposito di insediarvi i Musei e gli Archivi di proprietà comunale. Le opere di restauro del Castello vennero avviate soltanto nel 1893, dopo che il vasto edificio cessò di servire come caserma. e, secondo il piano generale tracciato fin dal 1885 dall'architetto Luca Beltrami. Nel 1894 venne ripristinata la Torre di Bona di Savoia, e il Torrione rotondo est : successivamente si restaurarono la Corte Ducale e la Rocchetta. Fra i benemeriti che diedero opera ai lavori di restauro ricordiamo particolarmente l'architetto Luca Beltrami, che li volle e li attuò, e l'ingegnere comunale Angelo Pavia. Una lapide ricorda i nomi dei cittadini munifici che maggiormente contribuirono alle spese di restauro.


il cortile pricipale del castello La costruzione dell'Ospedale Maggiore venne avviata con singolare ardimento da Francesco Sforza, nei primi anni del suo dominio (1450-1466) e i lavori furono iniziati nel 1456 su disegno del Filarete, il quale, in seguito a divergenza di vedute cogli architetti locali, aveva lasciato in tronco i lavori del Castello Sforzesco, dove la sua attività non pare s'esplicasse più in là dell'opera di decorazione della torre quadrata verso città. Ma anche nella costruzione dell'Ospedale non mancarono i conflitti tra l'artista fiorentino, che voleva bandita ogni tradizione dell'arte medioevale, e gli altri architetti, che, come dimostra la ricomparsa delle finestre a sesto acuto nel piano superiore della fronte, cercavano di compenetrare e di fondere le vecchie forme medioevali nelle nuove tendenze del Rinascimento. La parte più antica dell'edificio che, secondo il progetto originario, avrebbe dovuto comprendere un vasto cortile centrale e otto minori, è quella a destra, che risale appunto al tempo degli Sforza, ed è decorata da magnifiche terrecotte. Il grande cortile centrale, opera del 1621, conserva tuttora degli ornati scolpiti pregevolissimi; in giro stanno molti monumenti di illustri medici. L'Ospedale pos-


Castello sforzesco - Il cortile della Rocchetta siede anche una ricca raccolta di ritratti dei benefattori, dipinti da artisti di grido a partire dalla metà del secolo XVI: basti citare: il Figino, il Cerano, l'Adler, il Galgario, il Biondi, il Biondi, il Palagi, l'Hayez, il Pezzi, il Bertini, il Segantini, Mosè Bianchi, ecc., nonchè una serie di ritratti, opera degli artisti viventi più in fama, ogni anno crescenti. Ha pure una Biblioteca e un Archivio di molta importanza, dove si conservano gli atti dei Luoghi Pii Ospitalieri, dal 1487 ad oggi, compresi quelli degli antichi Ospedali soppressi. Gli atti in pergamena sono circa 15.000 e degli antichi diplomi, alcuni sono riccamente miniati, fregiati di firme illustri e di sigilli principeschi.


Castello sforzesco - La porta verso il palco Notevole fra i manoscritti il codice degli Statuti di Milano, cartaceo del secolo XV, uno dei più completi esemplari che si conoscano. Il Convento dei Domenicani e l'annessa chiesa di S. Maria delle Grazie sorsero, l'uno nel 1463 e l'altra nel 1465, presso la cappelletta di un'immagine della Madonna delle Grazie, su terreno concesso ai Domenicani dal conte Gasparo Vimercati, comandante in capo delle truppe ducali. Ligi all'austera disciplina dell'Ordine, i Domenicani intendevano dapprima erigere una chiesa nuda e senza ornamenti, ma poi, premuti dalle insistenze del Vimercati, consentirono che le navate, anzichè con semplice tetto, fossero coperte con valte in muratura, come già qualche anno prima era stato fatto dai Benedettini, per la loro chiesa di S. Pietro in Gessate. La costruzione della chiesa rispetto a quella dell'attiguo chiostro procedette a rilento, sicchè nel 1482 soltanto si addivenne alla sistemazione del pavimento e del tetto. Instaurato, se non di nome, di fatto il dominio di Lodovico il Moro, la parte absidale venne completamente demolita e nel 1497, in attesa che fosse compiuto il mausoleo commesso a Cristoforo Solari, in fondo al coro parzialmente ricostruito ebbe temporaneo ricetto la spoglia di Beatrice d'Este. La mancanza di notizie circa l'architetto che ideò e diresse l'ardita costruzione della cupola, impostata sui quattro arconi dell'ordine inferiore e la presenza a Milano del Bramante negli anni in cui fu costrutta, indussero ad ammettere l'intervento del grande architetto, al quale sembra succedesse nei lavori Guiniforte Solari. Nel secolo XVI vennero eseguite alcune opere di rinforzo in corrispondenza al tamburo sottostante la cupola e alla stessa epoca risale il deturpamento della zona inferiore alla quale furono addossate delle case. Tali dolorose condizioni si aggravarono sul finire del secolo XVIII, quando il convento fu soppresso e trasformato in caserma. Verso la metà dello scorso secolo si potè procedere ad un primo lavoro di isolamento della parte absidale : più tardi, coi redditi delle tasse d'ingresso al Cenacolo, fu avviato il restauro generale, cominciato col sopprimere le antiestetiche opere di rinforzo della cupola ed esteso man mano alle altre parti della costruzione. Quantunque l'inclita gemma delle Grazie, l'Incoronazione di Spine del Tiziano, asportata nel 1796 dai Francesi, si trovi oggi al Louvre, la chiesa è pur sempre adorna di cose pregevoli fra cui notiamo: una decorazione a fresco di Gaudenzio Ferrari, alcune stele funerarie del XV secolo, un bel cancelletto in bronzo dei seicento e il coro co' suoi stalli di legno intarsiato e intagliato, parte della vecchia scuola lombarda e parte del nuovo stile del tempo del Moro. Nel chiostrino bramantesco, affreschi del Bramantino. Nella sacrestia una bella pala di Marco d'Oggiono, degli armadi del XV secolo intarsiati e dipinti e un orologio del 1680: la volta è a fondo azzurro stellato, circondata da intrecci di cordami leonardeschi. Attiguo alla facciata della chiesa trovasi l'antico refettorio, la cui parete di fondo è interamente occupata dal Cenacolo di Leonardo da Vinci. Come è noto, già pochi anni dopo la morte dell'Artista, la celebre composizione era notevolmente deperita ; inoltre l'ingiuria del tempo e le varie prove di restauro ne hanno aggravato le già tristi condizioni, ma ciò non ostante il capolavoro leonardesco esercita ancora un suo fàscino singolarissimo. Opera di tutela della parete e di consolidamento della crosta dipinta, dovute a Luigi Cavenaghi prima ed a Oreste Silvestri poi, sembra possano arrestare o ritardare, almeno, il deperimento progressivo. Alla stessa epoca delle Grazie fu fondata la chiesa di S. M. Incoronata, composta di due chiese, una accosto all'altra. La prima eretta per gli Agostiniani nel 1445 e la seconda dedicata da Francesco Sforza a Nicolò da Tolentino. Interessanti il fianco destro esterno con le tre


Castello sforzesco - La torre del Filarete cappelle sporgenti, il campanile a cono céstile e l'esterno dell'abside poligonale. Nell'interno, pietre tombali di personaggi illustri, interessanti la storia della scultura lombarda del Rinascimento. La chiesa di S. Maurizio (Monastero Maggiore), e per la struttura architettonica, e per la disposizione interna, presenta un interesse notevole. Ideata dall'architetto Dolcebuono (1503), che a quei tempi lavorava anche alla Cattedrale, reca un evidente riflesso dello stile del Duomo nella decorazione dipinta a trafori gotici che era stata adottata per la valta del tiburio, condotto a termine in quel torno di tempo. Altra particolarità di questa chiesa è data dal muro trasversale che separa la parte accessibile al popolo da quella riservata alle monache dell'attiguo monastero. Però la chiesa di S. Maurizio deve sopratutto la sua celebrità agli affreschi che Bernardino Luini vi profuse, e sul muro divisorio e nella cappella di sinistra dedicata a S. Caterina, nella cui effigie la tradizione vuol ravvisare quella della contessa di Challant, decapitata nell'anno 1526. Impossibile per ragioni di spazio un elenco dei magnifici affreschi onde la chiesa è tutta adorna : nel loggiato superiore, al quale si accede


Castello Sforzesco - Particolare del cortile Castello sforzesco . La corte d' onore

dal coro con una scaletta, ventisei medaglie a fresco di scuola leonardesca, raffiguranti mezze figure di sante vergini, soavemente serene. Accanto alla chiesa due antiche torri: una grande e quadrata di spiccato carattere romano e l'altra cilindrica, innalzata dall'arcivescovo Ansperto nel IX secolo.

IL SEICENTO.

Giova a questo punto far cenno di tre chiese le quali, quantunque debbano a rigor di classifica esser noverate fra le primitive basiliche di stile lombardo, si presentano nel loro complesso con le caratteristiche peculiari dell'architettura cinquecentesca. Oltre San Lorenzo che, pur essendo l'edificio dove sono conglobate le strutture romane più organiche sopravissute alle molteplici distruzioni, si mostra con impostazione cinquecentesca, altra basilica antichissima, ricostruita nel IX secolo, e poi ancora di sana pianta nel 1560 dall'architetto perugino Galeazzo Alessi, è la chiesa di S. Vittore al Corpo, che con quella di S. Paolo sta a rappresentare l'architettura religiosa della seconda metà del cinquecento svolta in Milano per opera di artisti quasi tutti venuti dal di fuori. La ricca decorazione interna è omogenea, senza modificazioni e aggiunte successive, mentre la facciata, mai terminata, è guastata nella parte superiore da goffi cherubini. Nell'interno alcuni pregevoli affreschi di Daniele Crespi: nella Grande Sacrestia tele del Procaccini e grandiosi armadi seicenteschi. La chiesetta dal campanile duecentesco e l'antistante giardino sono tutto quello che rimane dell'antica basilica di S. Celso, la cui costruzione venne iniziata fra il 992 e il 998 e a fianco della quale, su progetto dell'architetto Dolcebuono, furono gettate le fondamenta di un grandioso Santuario, consacrato a S. Maria. Morto il Dolcebuono nel 1506, altri architetti subentrarono nella direzione dei lavori, finchè dal 1570 al 1572 l'architetto Galeazzo Alessi ne innalzò la facciata, che si volle di straordinaria ricchezza, in relazione ai mezzi apportati dalla devozione popolare. L'Alessi potè liberamente sfoggiare il suo ingegno poderoso, e pur staccandosi dal carattere originario della chiesa, seppe armonizzare e fondere la sua creazione colla struttura delle navate, imprimendo la nota sua personale anche in varie parti dell'interno, rimarchevole per la ricchezza di marmi, bronzi e stucchi, affréschi e pale d'altare. Nel 1854 furono abbattute le prime due campate pericolanti e la facciata, retrocessa al punto ove oggi si trova, venne, su1 finire del secolo scorso, restaurata nelle deteriorate sue parti marmoree. Altra bellissima chiesa cinquecentesca è quella di S. Paolo, che conserva nella facciata e nel fianco esterno la nobiltà pittorica dello stile di Galeazzo Alessi. La decorazione plastica della facciata fu però eseguita su disegno del Cerano, dagli scultori Lasagna, Vismara ed altri del seicento: in alto, nella nicchia di mezzo, una riproduzione in rame della Madonna di Loreto. Nell'interno, la decorazione pittorica a fresco è dovuta quasi tutta ai pittori cremonesi Campi, e più particolarmente a Vincenzo e ad Antonio. Vi è qualche dipinto del Cerano, e una bella Sacra Famiglia di Giulio Campi. Pregevole la cancellata settecentesca in marmo e ferro battuto.

La Chiesa delle Grazie Il palazzo che, nel 1561, il Pontefice Pio IV commise all'architetto Seregni, destinato a sede del Collegio dei Giureconsulti, donde il nome rimastogli di Palazzo dei Giureconsulti, è costruito attorno ad una torre che nel suo nucleo è ancora quella eretta da Napo Torriani nel 1272, ma che fu completamente trasformata attraverso i tempi. Una statua collocata al suo piede, prima rappresentava Filippo II di Spagna, poi Bruto : scomparve nel 1799 e venne sostituita con quella di S Ambrogio dello Scorzini (1833). Un esempio singolare di architettura della seconda metà del XVI secolo ci offre l'abitazione che il celebre scultore Leone Leoni volle costruirsi a Milano. La casa Leoni o degli Omenoni, così battezzata per le numerose figure decorative che adornano la facciata in corrispondenza del pian terreno, diede anche ricetto ad un museo d'arte nel quale figurava, oltre al Codice Atlantico, ora all'Ambrosiana, anche l'altro volume che passò in Inghilterra e che si conserva a Windsor. Il Palazzo di Brera, deriva il suo nome dal vecchio vocabolo brayda che servì a designare quel tratto di agro incolto extramurano, sul quale sorse nel secolo XI la prima casa degli Umiliati in Lombardia. Alla

La sacrestia della Chiesa delle Grazie stessa epoca si fa risalire la costruzione della chiesa di S. Maria in Brera della cui fronte, opera del pisano Giovanni di Balduccio si salvarono soltanto pochi frammenti, che sono esposti nel Castello Sforzesco. L'idea di erigere il Palazzo di Brera, destinandolo a Collegio di pubblico insegnamento sotto la direzione dei Gesuiti, appartiene al cardinale Carlo Borromeo, che ne affidò l'esecuzione al Richino, il quale ne fece una delle sue opere più pregiate. Dopo la morte di Fr. M. Richino l'opera fu continuata, attraverso non lievi difficoltà, prima dal figlio Giov. Domenico e poi dal Quadrio. Soppressi i Gesuiti (1773), rimasero nel palazzo assieme alle scuole, la Biblioteca e l'Osservatorio astronomico, cui si aggiunsero la Accademia di Belle Arti (1776), e più tardi un inizio di museo di modelli di statuaria, la Pinacoteca, l'Istituto Lombardo, e infine il Museo patrio di Archeologia, il quale, fusosi nel 1900 col Museo Artistico Municipale, è attualmente ospitato nel Castello Sforzesco. Il cortile d'onore e lo scalone che oggi conduce alla Pinacoteca, costituiscono la parte più pregevole della costruzione. I porticati ed i loggiati superiori

Chiesa dell'Incoronata si prestarono ad accogliere i ricordi onorari di letterati, scienziati ed artisti : mentre nel mezzo del cortile venne nel 1859 innalzata la statua di Napoleone, modellata dal Canova, la quale, dopo il disastro del 1814, era stata occultata nei sotterranei del palazzo. Per le varie istituzioni che hanno sede a Brera, si vedano le relative notizie nei corrispondenti argomenti del presente volume. Pure del Richino è la facciata del Palazzo del Senato, che l'architetto Fabio Mangone costruì per incarico del cardinale Federico Borromeo. Il palazzo servì da Seminario Elvetico sino al 1786, poi fu palazzo del Governo di Milano e, nel regno Napoleonico, palazzo del Senato. Ancora al Richino appartengono il portale del Palazzo del Seminario e la ricostruzione della chiesa quattrocentesca di S. Antonio Abate, di cui ci rimane soltanto l'elegante campanile in terracotta, di recente restaurato. Il Richino profuse nella ricostruzione, straordinaria dovizia di stucchi e di decorazioni pittoriche. Del XVII secolo sono i palazzi Annoni in corso Roma, Erba-Odelscalchi in via Unione, Visconti in via Lanzone, e tanti altri quasi ignoti e pur tanto caratteristici.

IL SETTECENTO E L'OTTOCENTO.

Anche l'arte del settecento è a Milano degnamente rappresentata. Come esempio tipico dell'architettura di questo secolo ricordiamo il Palazzo Cusani, che, nonostante le alterazioni e gli adattamenti, mostra ancora le caratteristiche del progetto generale, svolto con rara maestrìa e sobrietà dell'architetto Ruggeri : la facciata verso il giardino, più semplice, venne condotta a termine più tardi dal Piermarini. Più interessante invece dal punto di vista della decorazione interna più che in linea architettonica, è il Palazzo Clerici, che serba ancora nella sala principale, gli stucchi, gli arazzi, gli intagli ed i bronzi della epoca e la vòlta, stupendamente affrescata dal Tiepolo. Un esempio tipico del ritorno al gusto classico - con cui si anticipò da noi, verso la fine del settecento, il neoclassicismo - ci è offerto dalla Villa Reale e dall'annesso giardino. La Villa Reale fu eretta nel 1790 su disegno dell'architetto Leopoldo Pollak, allievo del Pier-marini e per conto del generale Lodovico Barbiano di Belgioioso : i soggetti delle decorazioni scultorie delle varie fronti vennero suggeriti dal Parini e l'Appiani attese a decorazioni interne. La facciata verso il giardino interno è la più pregevole per disegno e decorazioni. Il giardino è opera del Villoresi; ha boschetti, ponti, alture, statue ed un ameno laghetto. Nell'interno del palazzo è degna di rimarco una medaglia a fresco dell'Appiani rappresentante il Parnaso. Nel 1802 la Villa venne acquistata dal Governo Nazionale per fame omaggio a Napoleone Bonaparte, e divenne successivamente dotazione della Corona. Recentemente però la Villa Reale, retrocessa allo Stato con molti altri palazzi e ville dal Re Vittorio Emanuele III, venne ceduta al Comune, ed attualmente ospita la Galleria d'Arte Moderna, già nel Castello Sforzesco. La serie dei monumenti milanesi degni di nota si chiude con l'Arco della Pace, mirabile esempio di rievocazione dello stile romano, da non confondersi con le fredde imitazioni che contrassegnarono il periodo napoleonico. L'Arco della Pace è un superbo monumento in marmo bianco delle cave di Crevola, a tre porte arcuate, decorate da colonne corinzie e ricco di ornati e bassorilievi. Sull'attico si adergono la sestiga in bronzo colla statua della Pace e le quattro Fame a cavallo. La prima pietra di questo monumento fu posta nell'ottobre 1807; i lavori vennero più tardi sospesi e quindi ripigliati nel 1826, continuandoli fino al 1837, anno in cui l'Arco fu inaugurato, ma riceveva la sua


Chiesa della Pace definitiva consacrazione nel 1859, coll'ingresso di Napoleone III e di Vittorio Emanuele II, dopo la vittoria di Magenta. La parte architettonica è di Luigi Cagnola; la sestiga venne modellata da Abbondio Sangiorgio; le quattro Fame sobo di Giovanni Putti, mentre i bassorilievi richiesero il concorso di numerosi artisti. Se per esigenze edilizie - anni fa - molti antichi monumenti milanesi sono scomparsi, la prudenza degli edili moderni tende a rispettarli preoccupandosi di salvarne e restaurarne quanti più può. Una Commissione per lo studio del più grande piano regolatore della nuova città risultante dalle aggregazioni degli undici Comuni limitrofi, ha fatto, presso gli Enti di cultura milanesi, pratiche perchè venissero segnalati, oltre alle memorie storiche od artistiche della città e territori


L'Oratorio di S.Bernardino alle Monache aggregati, punti di vista caratteristici, piante o giardini o corsi d'acqua che diano alla zona in cui si trovano una particolare impronta di bellezza, in modo che nello studio del nuovo grande piano regolatore si possa tener conto di tali aspetti particolari di paesaggio. E' così che si raccolsero oltre 100 edifici sacri, profani ed angoli pittoreschi, i quali, bene ed opportunamente messi in valore, accresceranno la bellezza della nuova città.

MUSEI E GALLERIE.

Le origini della Pinacateca Nazionale di Brera sono singolarmente modeste e risalgono al 1776, anno in cui, istituita nel palazzo di Brera l'Accademia di Belle Arti, l'abate Bianconi, segretario della nascente Accademia, ebbe l'idea di raccogliere, ad istruzione degli allievi, varie opere di scuola italiana e francese, provenienti da chiese, allora di fresco soppresse. Più tardi altre soppressioni e concentramenti di corporazioni ecclesiastiche, confraternite, mense vescovili, abbazie, ecc., contribuirono efficacemente e rapidamente ad arricchire la raccolta Braidense. Fra i beni ecclesiastici « interamente devoluti alla Nazione » si trovarono anche le numerosissime opere d'arte, che, levate dalle chiese, dagli oratori, dai chiostri, furono ammucchiate nei magazzini demaniali dove si trovarono esposte per più anni a guasti, a irrimediabili deperimenti e a sottrazioni impunite. Finalmente, nel 1806, un provvido editto del Vicerè Eugenio Beauharnais giunse in buon punto a decretare che delle opere d'arte provenienti dalle istituzioni religiose soppresse, si costituissero delle raccolte regionali. Per Milano l'incarico di tale ordinamento venne affidato al pittore Andrea Appiani, in sostituzione del pittore G. Bossi, al quale, oltre al merito dell'iniziativa, spetta quello di aver aperto al pubblico otto sale nel palazzo di Brera, decorate in stile classico e sistemate come galleria per dipinti e cartoni. La gemma della collezione era la celebre tavola dello Sposalizio di Raffaello e la sala si fregiava appunto del nome dell'Urbinate : un'altra sala era dedicata al Luini, un'altra ancora al Bramante. Dal 1808 al 1811, 772 opere di varia scuola affluirono da ogni regione d'Italia alla Galleria di Brera, che il Vicerè inaugurò nel 1810, quando la consegna non era per anco ultimata. Il considerevole materiale artistico fornito dalle soppressioni religiose impose subito lo scarto delle opere scadenti o di secondario interesse : a tale procedimento sommario si accompagnarono sviste, errori ed inconvenienti di ogni genere, ai quali dobbiamo la perdita di opere insigni date in cambio di altre mediocri. Meno disastroso fu il cambio col Louvre, ordinato da Napoleone nel 1812, per il quale la celebre Madonna Casio del Boltraffio, assieme ad altre pitture di Marco d'Oggiono, del Moretto, del Carpaccio, venne permutata con opere di Rembrandt, Rubens, Van Dyck, Jordaens. Molti affreschi del Rinascimento arrivarono a Brera nel 1821, fra cui una parte di quelli eseguiti dal Luini alla Villa Pelucca, presso Monza, e nel 1835, con la serie dei quadri del lascito Oggioni, la grande ancona di Carlo Crivelli. Nel 1860 Vittorio Emanuele II, col dono di tre preziosi ritratti di Lorenzo Lotto, inaugurò la Pinacoteca, come Galleria nazionale. Dal 1877, anno in cui si provvide a migliorare le condizioni di luce nelle sale maggiori, al 1898, la Pinacoteca attraversò un periodo di assestamento durante il quale, ad imitazione della Tribuna negli Uffizi di Firenze, venne istituita una nuova sala destinata alle opere di maggior pregio, in cui trovarono posto, oltre allo Sposalizio e al Cristo di Leonardo, le opere più significative del Mantegna, di Cesare da Sesto, del Giambellino e di altri sommi. Lasciti e doni importantissimi, fra cui quello del marchese Massimiliano Stampa Soncino, che a favore della Pinacoteca rinunciò al patronato sui quadri della Galleria Monti, nonchè alcuni acquisti convenienti arricchirono durante il ventennio 1877-1897 la Pinacoteca di un prezioso gruppo di opere; mentre si provve-

faccita della Chiesa di S.Marco deva al ricupero dei dipinti di riconosciuto valore dati in deposito alle chiese. Questa continua affluenza di tesori artistici rese ben presto evidente come fosse limitato lo spazio concesso alla Pinacoteca Nazionale e chi sa per quanto tempo la vexata quaestio sarebbe rimasta sul tappeto se non fossero concorse a risolverla eccezionali circostanze di favore. La determinazione di restaurare il Castello Sforzesco, cedute nel 1893 dall'autorità militare al Comu- ne di Milano, per farne la sede dei Musei cittadini e del Museo Archeologico, diedero l'occasione di sfollare molte delle sale del piano nobile del Palazzo di Brera, nelle quali stavano raccolte e confuse, senza alcun criterio d'arte, varie tele della Pinacoteca, i saggi accademici, i gessi dall'antico e varie opere di scultura moderna : buona parte di questo materiale potè essere, assieme alle raccolte del Museo Archeologico, trasferito al Castello Sforzesco, mentre quattordici nuove sale si aggiunsero alla Galleria, concedendo un più razionale ordinamento e migliori condizioni di spazio e di luce. Fra gli acquisti dell'ultimo ventennio vanno ricordati i ritratti di Maestri d'armi e poeti, affrescati dal Bramante, negli ultimi anni del quattrocento in una sala della Casa Panigarola in Milano, e ricuperati quasi integralmente, mentre non va dimenticata, tra le riforme, la trasformazione di una delle sale minori compiuta per modo da riprodurre il vano della Cappella affrescata dal Luini nella soppressa chiesa della Pace, onde ricomporre i frammenti

Palazzo Litta - particolare La porta del Seminario arcivescovile dell'opera pittorica nell'ordinamento e, fin dove fosse possibile, nelle originarie condizioni di luce. Ma i lavori di sistemazione più audaci e più grandiosi sono appunto quelli - maturati dal 1915 ad oggi, fra le difficoltà più gravi -compiuti dal direttore Modigliani, dando sopratutto luce e decoro al vecchio ambiente, in tal modo da renderlo veramente degno delle sue importantissime raccolte. Alla Pinacoteca, oltre ad una raccolta di disegni originali di artisti, è annesso un ricco Archivio Fotografico, istituito allo scopo di raccogliere fotografie di monumenti, opere ed oggetti d'arte, di località, persone ed avvenimenti, ecc., che possano interessare all'archeologo, al critico, all'artista e all'artefice nei loro vari compiti. La R. Accademia di Belle Arti, la Biblioteca Nazionale, il Reale Istituto Lombardo e l'Osservatorio Astronomico condividono la ospitalità del severo palazzo secentesco.

DESCRIZIONE DELLE SALE DELLA PINACOTECA DI BRERA.

I. - Galleria degli affreschi di antica scuola lombarda, fra i quali di Vincenzo Foppa: 19 Madonna fra due Santi (1485), 20 Martirio di S. Sebastiano; Ambrogio Borgognone: 25 Madonna col Bimbo e Angeli; Bramantino: 15 Madonna col Bimbo e Angeli; Gaudenzio Ferrari: 26-38 Storie della Vergine; Bernardino Luini: 66 Madonna col Bimbo e due Santi (1521). II.- Sala della Pelucca con affreschi del Luini già nella Villa della Pelucca presso Sesto S. Giovanni con Storie del Vecchio Testamento, soggetti mitologici, profani e religiosi, fra i quali Santa Caterina portata in Cielo dagli Angeli. III.- Scuole Venete, pittori bresciani e bergamaschi. - Paris Bordone, 108 Discesa dello Spirito Santo; I. Bassano: 136 S. Rocco e gli appestati; Palma il Vecchio e Cariani: 119 Adorazione dei Magi; Romanino: 98 Madonna, Presentazione al Tempio; Savoldo: 114 Madonna e Santi; Moretto: 91 Madonna e Santi; Moroni: 100 Ritratto del Navagerio. IV. - Scuole Venete del XVI secolo. - Paolo Veronese: 139 Sacra Conversazione, 140 Cristo in casa del Fariseo; Tintoretto: 142 Rinvenimento del corpo di S. Marco; Bonifazio: 144- 145 L'Adultera e Mosè salvato dalle acque. V. Scuole Venete dei secoli XV e XVI. - Alvise Vivarini: 155 Il Redentore; Michele da Verona: 160 La Crocifissione; Maniera del Mantegna: 163 S. Bernardino fra due Angeli; Gentili e Giovanni Bellini: 164 La Predica di S. Marco; Bartolomeo Montagna: 165 Madonna col Bambino e Santi; Vittorio Carpaccio: 169-10-171 Sposalizio della Vergine, Disputa di Santo Stefano e Presentazione della Vergine al Tempio; Cima da Conegliano: 176 San Pietro Martire ire due Santi; Francesco Morone: Madonna fra due Santi. VI.- Scuole Venete. - Lorenzo Veneziano: 227 Incoronazione della Vergine; Stefano da Verona: 223 Adorazione dei Magi; Antonio Vivarini e Giovanni d'Alemagna: 228 Madonna e Santi; Leonbruno: 792 La Calunnia; Lazzaro Bastiani: Predella. VII. - Scuole Venete del secolo XVIII. - Francesco Guardi: 242-243 Due vedute del Canalgrande; Bellotto: 235-236 La Gazzada presso Varese; Tiepolo: 230 Battaglia; Sebastiano Ricci: Il moribondo; Pietro Longhi: 780-781 II Cavadenti, Concerto famigliare; Pittoni: Sacrificio; Zuccarelli: 237 Paesaggio con la Predica di San Giovanni Battista; Piazzetta: Rebecca ed Eliazaro. VIII.- Veneti del XV e XVI secolo.- Jacopo Bellini: Madonna; Giovanni Bellini: 214 Pietà; 215-216 Madonne; Mantegna: 198 Madonna, 199 Cristo deposto TESORI D'ARTE A MILANO PINACOTECA DI BRERA

Leonardo da Vinci - Cristo Mantegna - Cristo deposto B. Luini - S. Caterina 200 Polittico proveniente da Santa Giustina in Padova con San Luca e Santi; Carlo Crivelli : 201 Madonna della Candeletta, 206 Crocifissione, 202 Incoronazione della Vergine e Pietà; Liberale da Verona : 177 S. Sebastiano; Bartolomeo Montagna : S. Gerolamo; Cima da Conegliano : Madonna e Santi. IX.- Lorenzo Lotto : 183-184-185 Ritrattit; X. Tiziano : 209 Ritratto del Conte Porcia, 182 S. Girolamo; Paris Bordone : 105 Gli Amanti veneziani. XI-XII. - Scuole Lombarde del XV e XVI secolo. - Butinobe : 249 Trittico; Civerchio : 164 Madonna; Borgognone : 259-785 Madonne; Defendente Ferrari : 718-719 Santi; Boccaccio Boccaccino : Madonna col Bimbo; Bramantino : 279 Sacra Famiglia. XIII-XIV. Lombardi Leonardeschi.- Ambrogio De Predis : 790 Ritratto; Andrea Solario : 282 Ritratto; Boltraffio Devoti : 281 Oranti; Cesare da Sesto : 754 S. Gerolamo; Sodoma (?) : 286 Madonna; Gaudenzio Ferrari : 277 Madonna; Bernardino Luiffi : 289 Madonna del Rosato; Cesare Magni : 275 Sacra Famiglia; Giampietrino : 263 La Maddalena; Cesare da Sesto : 276 Madonna col Bambino; Scuola Leonardesca : 280 Testa del Redentore. XV. - Opere di Bernardino Luini : 287 L'ebbrezza di Noè, 293 Madonna e due Santi. XVI. - Cappella di S. Giuseppe ricomposta con gli affreschi del Lumi provenienti da Santa Maria della Pace in Milano. XVII. - Scuole Lombarde dei secoli XV e XVI. - Vincenzo Foppa . 307 Madonna e Santi; Borgognone : 308 Assunzione della Vergine; Anonimo lombardo: 310 La Pala Sforzesca con la Vergine e i quattro Dottori adorata da Ludovico il Moro, da Beatrice d'Este e dai loro figli; Bramantino : 309 Crocifissione;

Pinacoteca di Brera - Il seicento lombardo Gaudenzio Ferrari: 321 Martirio di Santa Caterina; Giulio Campi: 329-330 Madonna e Santi e donatori; Calisto Piazza: 339 Madonna e Santi; Marco d'Oggiono: 313 I tre Arcangeli. XVIII-XIX. - Scuole Lombarde dei secoli XVII e XVIII. -Dipinti di Giulio Cesare, Camillo Procaccino, Daniele Crespi, Giovan Battista Crespi detto il Cerano, Pier Francesco Mazzuchelli, Francesco Nuvoloni, Vittore Ghislandi, Evaristo Baschenis, Tanzio da Varallo, Londonio. XX. - Correggio: 788 Natività, 427 Adorazione dei Magi; Lorenzo Costa: 429 Adorazione dei Magi; Francesco del Cossa: 449 Due Santi; dipinti di Filippo e Francesco Mazzola, Girolamo Mazzola, Bedoli, Sghedoni, Mazzolino e Garofalo. XXI-XII.- Scuole dell'Emilia e della Romagna. - Ercole de Roberti: 428 La Pala Portuense, Madonna con Santi; dipinti di Dosso Dossi, Francesco Francia, Ortolano, Palmezzano, Rondinelli, Zaganelli, Marchesi da Cotignola. XXIII. - Raffello Sanzio: 514 Lo Sposalizio; Signorelli: 476-477 Flagellazione e Madonna, 505 Madonna e Santi; Piero della Francesca: 510 Madonna e Santi con Federico di Monlefeltro; Benozzo Gozzoli: 475 Miracolo di San Domenico; Giovanni Santi: 503 Annunciazione; Timoteo Viti: 507 Concezione e Santi. XXIV. - Affreschi di Bramante provenienti da casa Panigarola, poi Prinetti, in Milano; Bramante: Il Cristo di Chiaravalle. XXV. - Scuole Umbro-Marchigiane. - Gentile da Fabriano: 497 Grande polittico; Nicolò da Foligno: 504 Polittico; Gerolamo di Giovanni da Camerino: Polittico; dipinti di Vittore Crivelli, Pietro Alamanno e Gerolamo Genga. XXVI-XXVII. - Scuole Bolognesi del '600 e del '700. -Albania 513

pinacoteca di Brera - Le scuole venete Danza degli Amori; Guado Reni : 538 San Pietro e San Paolo; Guercino : 556 La cacciata di Agar; Giuseppe Maria Crespi : 793 Crocifissione; dipinti di Agostino, Annibale e Lodovico Carracci, Tiriani, Domenichino, Simone da Pesaro e Gessi. XXVIII-XXIX. - Scuole di Roma, Genova, Napoli e Toscana. - Dipinti di Bronzino, Gentileschi, Pietro da Cortona, Sassofferrato, Castiglione, Ribera, Battistello, Luca Giordano, Mattia Preti, Salvator Rosa e Solimeno. XXX. - Scuole italiane varie e straniere. - Rubens : 679 Ultima Cena; A.Van Dyck : Ritratto della Principessa d'Oranges, Madonna col Bambino e Sant' Antonio; Rembrandt : 614 Ritratto di sua sorella; dipinti di lordaens, Fyt. Su bleyras, Menges, Brueghel, Brill, Tempesta, N. De Largilliere, Proudhon, Alessandro Magnasco, G. M. Crespi, Bibb iena, ecc. XXXI-XXII. - Scuole italiane del '800. - Dipinti di Andrea Appiani, Francesco Hayez, Domenico e Gerolamo Induno, Mosè Bianchi, Fontanési. Favretto, Fattori, Dall'Orto, ecc.

Il Castello Sforzesco incominciò dal 1896 ad essere sede di Musei d'arte e di raccolte di memorie e cimeli d'interesse patriottico e cittadino, fra cui degni di particolare rilievo : l'antica Pusterla dei Fabbri, già inclusa nel tracciato delle mura di Azzone Visconti e ricomposta nel 1907: un tratto di cortile d'una casa signorile della rinascenza, con decorazioni policrome ; le parti di una gru o falcone che era sulla sponda del Laghetto - interrato nel 1853 - ove serviva allo scarico dei marmi

Pinacoteca di Brera - Sala dei Politici per la fabbrica del Duomo; la porta con ponte levatoio dei Carmini; la porta di S. Spirito ed altri avanzi di costruzioni demolite o scomparse da vari punti della città. Nella distribuzione la Corte Ducale venne assegnata al Museo Artistico ed Archeologico; la Rocchetta, al Museo del Risorgimento Nazionale, all'Archivio Storico del Comune, alla Galleria d'Arte Moderna, e alla Raccolta Vinciana istituita nel 1905.

Palazzo Annoni (vedi foto)

DESCRIZIONE DEI MUSEI DEL CASTELLO SFORZESCO.

Il Museo Artistico ed Archeologico si può considerare come la fusione, avvenuta nel 1900, del Museo Archeologico di Brera, fondato dal pittore G. Bossi. segretario dell'Accademia di Belle Arti al principio del secolo scorso, ma regolarmente costituito solo nel principio del 1863, e del Museo Artistico Municipale, inaugurato nel 1878 e incessantemente alimentato dai lasciti cospicui e dalle donazioni munifiche pervenute al Comune. Il Museo Artistico ed Archeologico ha sede, come si è detto, nelle sale terrene e in quelle superiori della Corte Ducale, nonchè in alcune sale terrene della Rocchetta. Impossibile un elenco dettagliato dei tesori d'arte conservati nel Museo. Ci limiteremo pertanto ad un cenno sommario, sufficiente però ad invogliare gli appassionati e i cultori amorosi del bello. TESORI D'ARTE A MILANO

MUSEO DEL CASTELLO

Ritratto di Gentiluomo Antonello da Messina - Ritratto di Poeta Statua di Venere (Epoca romana) A piano terreno: Antichità preromane e romane; antichità lombarde; sculture lombarde e campionesi (monumento equestre di Bernabò Visconti); sculture dal XV al XVII secolo (Cristo del Solari, monumento del vescovo Bagaroto, statua giacente di Gastone di Foix, del Bambaja); terre cotte lombarde, ceramiche a stecco. Da notare la Sala delle Asse, con la volta che si ritiene decorata da Leonardo da Vinci, la Cappella Ducale e la Salata colla serie dei ritratti Sforzeschi dipinti dal Bernardino Luini; e il soffitto riproducente quello della Casa degli Atellani, donde le lunette stesse provengono. Al piano superiore: a) Majoliche di Milano, di Lodi, di Pavia; majoliche d'Urbino, di Pesaro, di Faenza, di Cafaggiolo, majoliche d'Abruzzo; vasi ispano-moreschi; vasi di

La Chiesa di S.Fedele Sèvres; ceramiche di fabbriche diverse italiane e straniere; vetri di Murano e cristalli di fabbriche tedesche. b) Sale dei mobili dal XV al XVIII secolo con arazzi bruxellesi del 500 e francesi del 600. La sala contenente i mobili della prima metà del 700 è dedicata alla memoria del conte Galeazzo Visconti (morto nel 1906) in memoria del lascito disposto a favore dei Musei dalla contessa Morelli ved. Visconti. c) Sala delle stoffe, dei costumi, dei pizzi. E' l'antica stanza nuziale di Ludovico il Moro e di Beatrice d'Este. d) Sala dei bronzi: testa-ritratto di Michelangelo, Cristo fra i ladroni, di scuola michelangiolesca; testa di capitano del 1500, la scuola fiorentina; busto di Costanza Bonarelli, del Bernino (?); cospicua serie di piccoli bronzi del Rinascimento: oreficerie varie dal 1400 ai primi del 1800, dall'Oriente classico al romano, al medioevale fino ai primi anni del secolo XIX; smalti di Limoges e niell i avori romani, bizantini, medioevali, ecc.: ferri battuti, battenti, ecc. Alle pareti quaftro arazzi mantovani della fabbrica del Duomo di Milano, e un arazzo bruxellese del 500. e) Antisale e sale della Cancelleria: Pinacoteca. Vi sono più di 200 quadri. Si notino: un superbo ritratto di Antonello da Messina; una Madonna col bambino del Coreggio; un ritratto di Senatore veneziano del Tintoretto; la pala d'altare col Martirio di S. Sebastiano del Foppa; un ritratto di donna del Beltraffio; tre dipinti del Borgognone; dipinti di Marco d'Oggiono, del Giampietrino, di Palma il Vecchio, del Lotto, del Morone, del Pordenone, di Giacomo da Ponte, dello Strozzi, del Magnasco, del Ghislandi, dipinti del Procaccioni, del Panfilo, del Crespi, del Morazzone, ecc. Fra i quadri di scuole straniere si notano: un ritratto di Maria Enrichetta d'Inghilterra di Van Dyck; delle battaglie di Palamedes Stevaerts; due scrofe del Potter; un ritratto di bimba col cane del Greuze, ecc. Degli affreschi - radunati in una Galleria della Rocchetta - sono notevoli: frammenti di decorazioni della Sala Abbaziale del Convento di S. Antonio, di Cesare da Sesto (?). Sono stati collocati nella Cappella Sforzesca il Noli me tangere del Bramantino; dei Santi del Foppa e figure e frammenti del Luini.

Il Museo del Risorgimento Nazionale occupa varie sale al primo piano della Rocchetta nel Castello Sforzesco ed è una preziosa ed interessante raccolta di documenti, di memorie e di cimeli. Nella parte destinata a Museo sono disposti cronologicamente, nel salone centrale, i cimeli, le stampe ed i ricordi delle cospirazioni e delle guerre, attraverso le quali si è venuta compiendo l'opera del nostro riscatto, dalle

Un portale barocco in Via Lupetta guerre di Bonaparte in Italia alla spedizione dei Mille, dalle vicende della Repubblica Cisalpina alla campagna del '66.

Nelle sale laterali sono invece largamente ricordate le vicende più fortunose, quali le Cinque Giornate di Milano, la guerra del '59 e la spedizione dei Mille, i cui ricordi sono collocati nelle salette del lato orientale della Rocchetta, dove è raccolta, notevolissima, la collezione garibaldina Curatulo acquistata dal Comune. Ma laparte più importante del Museo è quella destinata ad Archivio ed a Biblioteca. Qui sono adunati numerosi manoscritti dei principali uomini del nostro Risorgimento: precipui i documenti del Governo provvisorio (Archivio Bertani), quelli di Carlo Cattaneo, le carte di Casa Dandolo (da Vincenzo a Emilio Dandolo,

Chiesa di San Raffaele le carte Ferrari. La Biblioteca, poi, conta più di 30.000 pubblicazioni, tutte relative alla storia del Risorgimento e, con l'aggiunta della raccolta Bertarelli di 17.300 pezzi, non è esagerazione l'affermare che essa è la più ragguardevole che esista in Italia.

Nell'Archivio Storico del Comune sono conservati, come già si disse, gli atti dell'Amministrazione del Comune di Milano e della sua antica Provincia e Ducato, dal 1385 al 1802, e quelli della Camera di Commercio (e antica Università dei Mercanti) di Milano dal 1299 al 1860, nonchè una Biblioteca di Storia Lombarda : collezioni speciali di opere ed opuscoli dedicate ad illustrazione del Castello Sforzesco, alla topografia della Provincia di Milano e alla biografia di cittadini milanesi, ecc.

All'Archivio è annessa una Sezione Cartografica e Topografica, dove, ordinate cronologicamente sono esposte le piante topografiche, manoscritte e stampate di Milano, le carte del territorio dal secolo XV al XIX, e una raccolta di disegni e di stampe con vedute di antiche località ed edifici milanesi. Appartengono pure all'Archivio la Raccolta Vinciana, fondata nel 1905 dal senatore Luca Beltrami, e la Raccolta Portiana, che, oltre ai manoscritti originali di Carlo Porta, comprende ricordi e cimeli vari concernenti il grande poeta milanese. La Raccolta Vinciana, sorta per radunare, non solo tutte le pubblicazioni che trattano della vita e delle opere di Leonardo, ma altresì fotografie di quadri e disegni del maestro e della sua scuola, ecc., pubblica un bollettino periodico, la Raccolta Vinciana, che tratta argomenti vincianí e dà notizia dei contributi che vengono ad arricchire la Raccolta. Il Medagliere milanese consta della unione - avvenuta nel 1916 - del Regio Gabinetto Numismatico di Brera con le raccolte numismatiche e medaglistiche del Comune. Il Gabinetto di Brera, di fondazione Napoleonica, è particolarmente ricco e si va incrementando nella parte di numismatica classica greca e romana e nelle sezioni straniere, pur vantando cospicui esemplari in ogni campo, non esclusa la medaglistica. Le collezioni municipali, cresciute attorno ad un legato del conte Carlo Ottavio Castiglioni, sono particolarmente preziose per le raccolte barbariche e dell'alto medio evo italiane, per la collezione della zecca di Milano e delle zecche italiane in genere, oltre che per le medaglie provenienti da un legato del conte Taverna. Il Medagliere consta di più di centomila pezzi. Vi è inoltre una sezione di gipsoteca numismatica, il cui maggior nucleo è formato dai calchi del Corpus Nummorum ltalicorum, donati da S. M. il Re e dal Corpus dei medaglioni romani donati da Francesco Gnecchi, una Biblioteca numismatica importantissima e un Archivio. La Galleria d'Arte Moderna, che occupava sino a poco tempo fa alcune sale terrene della Rocchetta, la gran Sala della Balla ed altre salette adiacenti, è stata traslocata nella Villa Reale. Istituita nel 1902 col proposito di adunare e di esporre le molte opere d'arte moderna tolte dal Palazzo di Brera per consentire l'ampliamento della Pinacoteca Nazionale, la Galleria d'Arte Moderna TESORI D'ARTE A MILANO

CONGREGAZIONE DI CARITÀ Un affresco del Tiepolo venne insediata parte nell'antica sala del Consiglio Ducale segreto ed in un'attigua sala terrena, e parte nella Sala della Balla, al piano superiore. Esigenze di spazio hanno ancora riempito di quadri e di sculture la Sala della Balla, in attesa che alla Villa Reale, sede più confacente al suo rigoglioso sviluppo, sia creato il complesso d'ambienti necessari allo sviluppo e alla migliore esposizione delle raccolte. Le quali comprendono opere di artisti del secolo scorso, in prevalenza lombardi, fra cui Appiani, Hayez, Induno, Bertini, Cremona, Mosè Bianchi, Pagliano, Bouvier, De Albertis, Bazzaro, Conconi, Cornienti, Ripari, Ferraguti Visconti, Tito, Gola.

Palazzo Visconti in Via Lanzone Fra le opere di scuola straniera van ricordate quelle di Proudhon, Turner, Lawrence, Vernet, ecc. Fra gli scultori: Canova, Vela, Barzaghi, Troubetzkoi, Rosa, Calandra, Minerbi, Quadrelli, Danielli, Bezzola, Bistolfi, Carminati ed altri. Dopo di aver solennemente inaugurata la Biblioteca Ambrosiana e di averne assicurato il funzionamento con la istituzione di un Collegio di dottori e di un Collegio di conservatori, Federico Borromeo volse il pensiero ad attuare la seconda parte del vasto programma di rigenerazione artistica : l'istituzione di un'Accademia di Belle Arti. Così nacque l'attuale Pinacoteca Ambrosiana. Federico Borromeo cominciò con l'istituire nel Palazzo Arcivescovile una scuola di pittura, scultura ed architettura, affidando gli insegnamenti ai più insigni artisti del tempo e fece acquisto di opere di Leonardo, Luini, Tiziano, Barrocci, ecc., nonchè delle forme delle statue più celebrate, come l'Ercole, il Farnese, l'Arrotino, la Venere Medicea, il Laocoonte, il Gladiatore morente, la Pietà e le statue delle tombe medicee del Buonarroti : l'inclita gemma era costituita dal cartone che servì a Raffaello Sanzio per la scuola di Atene, affrescata nelle stanze del Vaticano. L'Accademia che ebbe fra i suoi componenti il Cerano, gli architetti Fabio Mangone e Carlo Buzio, e tra gli scolari il Nuvolone e Daniele Crespi, in seguito alla morte del fondatore restò chiusa dal 1631 al 1669. In seguito, dopo un secolo di vita, venne sostituita, nel 1775, dalla Accademia di Belle Arti, fondata dal Governo Austriaco nel Palazzo di Brera, conservando però il nome e la consuetudine di nominare alcuni accademici.

DESCRIZIONE DELLA PINACOTECA AMBROSIANA. Le prime tre sale della Pinacoteca Ambrosiana sono occupate in prevalenza da opere di scuole olandesi e fiamminghe, fra cui, degnissimi di nota, i dipinti che Giovanni Beughel inviava al cardinale Federico Borromeo, col quale era in diretta corrispondenza. Nella sala successiva sono particolarmente meritevoli di

Il portale della Chiesa di S. Sepolcro ora a Brera considerazione: una Adorazione del Botticelli, due tavole del Bramantino e la pala di Ambrogio Borgognone, già esistente nella basilica di S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia. La grande sala accoglie altre opere della scuola lombarda e della veneta, fra le quali le più preziose sono: la tavola che nell'atto di donazione del cardinal Federico Borromeo del 1618 è indicata come ritratto di Duchessa di Milano, di mano di Leonardo e che si conviene di riconoscere come ritratto di Beatrice d'Este l'altra tavola pervenuta più tardi alla Pinacoteca col nome di ritratto di Duca di Milano, e che recentemente si potè identificare per il ritratto di un Musicista, altra opera da assegnare a Leonardo; una Sacra Famiglia ed altre tavole minori del Luini; l'Adorazione dei Magi, dipinta dal Tiziano per commissione del cardinale Ippolito d'Este, che intendeva farne dono al Re Francesco I, acquistata invece da S. Carlo Borromeo che la legava all'Ospedale Maggiore, donde fu da Federico Borromeo riscattata per la Biblioteca; un meraviglioso quadro del Bassano; dipinti del Palma, Bartolomeo Veneto, Tiepolo, Guardi. Lungo la parete maggiore della sala sta il celebre cartone disegnato da Raffaello per l'affresco della Scuola d'Atene, nella sala della Segnatura in Vaticano: il prezioso cimelio è pure dovuto alla munificenza del Borromeo, e fu fra le opere portate a Parigi nel 1796, restituite nel 1815. Di fianco al cartone si vede lo studio originale della testa di Bramante, che nella Scuola d'Atene è raffigurato sotto le sembianze di Archimede. Un gabinetto è particolarmente destinato ai disegni della Scuola Lombarda di Leonardo Boltraffio, Andrea Solari, Cesare da Sesto, De Predis, Bramantino, Melzi, Luini, Gaudenzio Ferrari, ecc. In apposita vetrina sono esposti alcuni fogli del Codice Atlantico, e la legatura di questo volume.

il palazzo serbelloni Busca DESCRIZIONE DEL MUSEO POLDI-PEZZOLI E D'ALTRI MUSEI.

Il Museo Poldi Pezzoli (via Morone) è lo stupendo appartamento di un amatore d'arte della seconda metà del secolo scorso, G. G. Poldi Pezzoli, legato per testamento alla città come Museo pubblico. Una visita a questo Museo suscita un'impressione gradevolissima, per l'associazione dell'elemento artistico e del decorativo e per la suprema distinzione del complesso. Ogni più minuto particolare dell'appartamento, dai pavimenti alle pareti, dai soffitti ai mobili, è ispirato ad un senso d'arte veramente squisito. Alla decorazione delle sale lavorarono vari artisti milanesi, fra cui il Bertini, lo Scrosati e il Pogliaghi. Le collezioni d'arte comprendono bronzi, avori, vetri, tappeti, stoffe, intagli in legno, oreficerie, smalti, ceramiche. Nelle sale della Pinacoteca vi sono opere del Botticelli, Pier Della Francesca, Perugino, Francia, Palma il Vecchio, Borgognone, Moretto, Palmezzano Vivarini, Carpaccio, Bellini, Mantegna, Crivelli, Lotto, lo Spagnoletto, Luini, Cesare da Sesto, De Predis, Marco d'Oggiono, Foppa, Bernardino De Conti Cima da Conegliano, ecc. Una sala è riservata agli artefici lombardi; un'altra, il Grande Salone della Armeria, ospita una raccolta di armi ed armature antiche, ricca di 1138 pezzi, fra cui, pregevolissime, le armature del cinquecento, le prime armi da fuoco, gli esemplari dell'epoca greca e romana e la spada dell'età del bronzo. Nella sala decorata in ebano ed avorio, si trova la statua del Bartolini La fiducia in Dio, che fornì il tema per una poesia di Giuseppe Giusti : dello stesso scultore è il gruppo in marmo TESORI D'ARTE A MILANO

MUSEO POLDI-PEZZOLI E AMBROSIANA

Museo Poldi-Pezzoli Pallio Sforzesco - Museo Poldi-Pezzoli

Ritratto di Gentildonna

Pier della Francesca - Poldi-Pezzoli

La Beatrice d' Este di Leonardo Ambrosiana di Ulisse ed Astianatie, esposto in una delle sale terrene, e riprodotto in bronzo. per servire di decorazione al terrazzo verso il giardino. Dopo la morte del prof. G. Bertini - che per designazione del testatore fu il primo direttore del Museo così come vi era stato il vero creatore - il Consiglio. direttivo di questo provvide ad un parziale riordinamento delle collezioni, per modo da assegnare ai dipinti una suddivisione per scuola meglio rispondente alla importanza loro. Al Museo è annessa una Biblioteca che contiene la miglior parte delle opere della libreria Poldi Pezzoli, fra cui: notevoli incunaboli, manoscritti, edizioni aldine e bodoniane, legature, ecc.

Non vogliamo dimenticare in questa rassegna di Musei cittadini il Museo Verdi che occupa, quattro sale terrene della Casa di Riposo per Musicisti e contiene interessantissimi cimeli verdiani, fra cui la famosa spinetta, sulla quale il Maestro cominciò a studiare nel 1821, il pianoforte Frard, sul quale il Maestro compose l'Otello a Genova, nel Palazzo Doria, e la riproduzione della camera dell'Hatel Milan in cui il Maestro spirò il 27 gennaio 1901, il busto del Maestro dello scultore Gemito e il bel ritratto dipinto dal Boldini. Oltre ai Musei e alle pubbliche Gallerie, Milano conta numerose collezioni artistiche e private - tanto di antica, quanto di recente formazione - alcune delle quali, per cortese accondiscendenza dei proprietari, sono accessibili agli studiosi. La collezione del Principe Luigi Alberico Trivulzio, da tempo formatasi per iniziativa e cura dei vari membri di questa storica famiglia, è certamente la più preziosa fra tutte, sia per opere di pittura, fra le quali basterà menzionare la grande composizione del Mantegna, sia per bronzi, avori, sculture, ecc., e per ia serie degli arazzi, tessuti a Vigevano nel secolo XV, su disegno del Bramantino, per incarico del Maresciallo G. G. Trivulzio. Alla collezione d'arte va unita una ricca Biblioteca che annovera molti cimeli, fra i quali: un Codice di Leonardo da Vinci; una parte del Libro d'Ore del Duca di Berry, di cui' andò distrutta nell'incendio della Biblioteca di Torino l'altra parte, che ne costituiva il principale ornamento; una ricca collezione di incunaboli ed edizioni dantesche, miniature, manoscritti, ecc. Ha pure notevole importanza la collezione artistica della famiglia patrizia milanese dei Borromeo, colle tavole del Luini, del Borgognone, del Mazzola, della Scuola leonardesca, di Gaudenzio Ferrari, ecc., autografi, disegni, incisioni e la Galleria Durini, contenente opere dell'illustre pittore Alessandro Durini e corredata da altre opere di autori antichi e moderni, nonchè da un ricco mobilio artistico. Opere pittoriche di singolare pregio si conservano pure nei palazzi Melzi d'Eril, Gallarati Scotti e dei conti Sormani Andreani, del marchese Crivelli, del conte Cicogna. Fra le collezioni più caratteristiche primeggiano quelle del barone Giuseppe

Portale di casa privata Bagatti Valsecchi : una casa arredata con oggetti d'arte e oggetti d'uso del Rinascimento, raccolti per tutta Italia. In questi ultimi anni si sono andate formando varie collezioni particolarmente di quadri di cui non ancora è concessa la visita per consuetudine.

MONUMENTI E STATUE.

Milano, che fino alla seconda metà dello scorso secolo era una delle città meno ricca di statue di uomini grandi, nel volger di pochi lustri ha seminato le sue piazze di monumenti onorari. Peccato che, molte volte, alla quantità non corrisponda la qualità. Fra i monumenti milanesi degni di nota citiamo, anzitutto, quello commemorativo delle Cinque giornate, altissima espressione della scultura italiana dopo l'epoca canoviana, opera di Giuseppe Grandi (morto nel 1894); quello a Napoleone III, capolavoro dello scultore Francesco Barzaghi; collocato in forma provvisoria nel cortile del Palazzo del Senato e che dovrà essere trasportato, entro i primi del 1926, sull'altura di M. Tordo al Parco. Degno inoltre di speciale menzione è il monumento a Vittorio Emanuele II, opera egregia dello scultore Ercole Rosa che morì prima di vederlo compiuto, come pure quello a Cavour, vigorosamente modellato dallo scultore Odoardo Tabacchi, mentre il monumento a Garibaldi, dello scultore Ximenes, è opera non così espressiva come si sarebbe desiderato.

Monumento delle "Cinque giornate" Monumento A Napoleone III Monumento a Vittorio Emanuele II.

Monumento a Garibaldi

Monumento a Cavour

Monumento a Felice Cavallotti

Fra gli altri monumenti onorari meritevoli di particolare menzione sono : quello al Cardinale Federico Borromeo, opera egregia di Costantino Corti, di ispirazione manzoniana ; quello di Leonardo da Vinci, dello scultore Pietro Magni ; quello ad Agostino Bertani, modellato da Vincenzo Vela : quello a Felice Cavallotti, dello scultore Ernesto Bazzaro, e infine quello a Francesco Brioschi, dello scultore Luigi Secchi, al quale si deve altresì un busto a Cesare Correnti e un ispirato monumento a Giuseppe Parini. Non dimentichiamo neppure un pregevole monumento al generale garibaldino Giuseppe Dezza, opera dello scultore Enrico Cassi, monumento che sorge sul limite dei Boschetti verso via Palestro, e rappresenta l'eroe di Maddaloni e di Custoza in divisa di generale e in bell'atteggiamento. Il monumento ad Alessandro Monumento a Giuseppe Parini Manzoni, inaugurato dai Milanesi con sollecitudine, in tutto degna dell'uomo onorando, nel decimo anniversario della morte, non corrisponde all'alta fama conseguita dall'autore dei Promessi Sposi, quantunque non sia privo di pregi, specie per quanto riflette la modellazione della statua di bronzo, opera di Francecesco Barzaghi. Non possiamo chiudere questa parte senza un cenno sommario della Torre Umberto I, ricostruita in base alle memorie della torre originaria, crollata nel 1521, dall'architetto Luca Beltrami e destinata ad onorare la memoria del Re buono, barbaramente trucidato in Monza, il 29 luglio 1900. Più degno omaggio non si sarebbe potuto immaginare, come quello che ha conciliato il desiderio di affrettare un tributo di giusta onoranza all'amato e sventurato Sovrano, coll'auspicato compimento di un restauro, destinato a far rivivere nella nostra città un insigne monumento storico, esempio di architettura militare del secolo XV.

Monumento a Giuseppe Parini Portali di case private - Via Olmetto 3 Il bassorilievo in marmo sopra la porta principale, rappresentante Re Umberto a cavallo, è opera del Secchi: non è all'altezza di altre sue opere.

ARCHITETTURA MODERNA.

È confortante constatare che le case costruite in Milano nell'ultimo trentennio non sono soverchiamente alte e rispondono, in linea di massima, alle esigenze dell'igiene pubblica e privata. Di tali edifici monumentali il più notevole gruppo è senza dubbio offerto dalla Galleria Vittorio Emanuele II e dai Palazzi di Piazza del Duomo, costruiti su progetto dell'archit. bolognese Giuseppe Mengoni dalla Società inglese City of Milan Improuements Company Limited che assunse l'esecuzione dei lavori. La prima pietra venne posta il 7 marzo 1865 ed i lavori furono condotti con tanta prestezza che due anni e mezzo dopo, alla presenza del Re Vittorio Emanuele III, che aveva presieduto alla posa della prima pietra, la Galleria veniva inaugurata solennemente, - quantunque incompiuta - ed aperta al pubblico. Soltanto ai primi di gennaio del 1878 l'arco monumentale prospiciente la piazza del Duomo potè essere interamente scoperto, ma l'autore non ebbe la soddisfazione di assistere al compimento dell'opera sua. Il 30 dicembre 1877, mentre si accingeva a porre un ultimo ornamento al cornicione del grande arco, il Mengoni precipitava da rilevante altezza morendo sul colpo. Una iscrizione alla base dell'arco ricorda l'evento luttuoso, al quale seguiva poco dopo la repentina morte del Sovrano sotto i cui auspici l'opera era sorta e progredita. La Galleria Vittorio Emanuele è formata dall'incontro di due vie ad angolo retto, le quali al quadrivio formano un ottagono coperto da una bellissima cupola in ferro, forse la migliore che a quell'epoca fosse stata costrutta. La lunghezza della Galleria è di metri 195,62 sull'asse maggiore è di metri 105,10 sull'asse minore, fra le vie Silvio Pellico e Berchet, colla larghezza normale di metri 14,50: alla sommità, del lucernario mediano della cupola centrale, l'altezza è di metri 42,08. La decorazione delle pareti, architet-

Portali di case private Arco della Pace tonicamente non molto commendevole, rappresenta un accorgimento finissimo per mascherare opportunamente la suddivisione in vari piani degli edifici che vi prospettano, ciò che costituiva per l'architetto un problema di eccezionale difficoltà. Merita speciale menzione il pavimento elegante e solidissimo della Galleria Vittorio Emanuele costituito da un mosaico a grossi pezzi di marmo di varie qualità, inframmezzati con smalti colorati ; visto dall'alto l'effetto è veramente ottimo. Alle lampade elettriche ad arco, sospese in alto, come in uno stabilimento industriale, sta per essere sostituito il sistema originale: bracci e globi d'illuminazione lungo le pareti ad ogni lesena. I Palazzi, Settentrionale e Meridionale fiancheggianti la piazza del Duomo, vennero pure eseguiti su disegno dell'architetto Mengoni e gli eleganti porticati a piano terreno, in un colla Galleria Vittorio Emanuele, costituiscono un punto di gradito ritrovo e passeggio dei milanesi. La decorazione così dei Palazzi, come dei Portici,è sobria e corretta, e specialmente commendevole nelle testate: il rivestimento delle fronti verso la piazza del Duomo e strade adiacenti è completamente eseguita in pietra da taglio, essendosi usato il Breno pei contorni di finestra, le fasce, le gronde, le membrature a rilievo ed il marmo rosso di Verona per le faccie piane. Degni di nota fra gli edifici costruiti prima del 1889 appaiono: il Palazzo della Cassa di Risparmio, dell'architetto Balzaretto; il Palazzo dei conti Francesco ed Ercole Turati, rispettivamente dell'archietto Combi e dell'architetto Pirovano;

Palazzo Saporiti íl Palazzo per l'Esposizione Permanente di Belle arti, in stile rinascimento, dell'architetto Luca Beltrami. Un pregevole esempio di stile del 1500 ci offre il Palazzo Bagatti Valsecchi che, tanto nella ricca e geniale decorazione delle fronti, come in quella degli ambienti, porge una fedelissima riproduzione dello stile prescelto, mentre l'altro riuscitissimo edificio che sorge dirimpetto è in stile lombardo del Rinascimento, colla facciata a mattoni a vista e decorazioni in terra cotta. Le due finestre del piano terreno, laterali alla porta principale d'ingresso, portano due ricche ed eleganti inferriate, fedelmente riprodotte da quelle del Palazzo Besta in Teglio. L'atrio ed alcune sale hanno bellissimi soffitti in legno a cassettoni, in parte originali, in parte riprodotti; il cortile è assai finemente decorato con grafiti di ottima esecuzione. Venendo ora a parlare degli edifici sorti in seguito all'attuazione del Piano Regolatore citiamo brevemente: il Palazzo del Credito Italiano e quello dell'Assicurazione Italiana dell'architetto Broggi, il Palazzo delle Assicurazioni Generali di Venezia dell'architetto Luca Beltrami, il Palazzo delle Ferrovie Mediterranee dell'architetto Combi e numerose palazzine private costruite nei pressi del Parco. Esempio notevole di applicazione di stile lombardo alle abitazioni civili ci dà il Palazzo Principe Gonzaga dell'architettto Arpesani, mentre nel Palazzo Chiesa gli architetti Borsani e Savoldi, valenti restauratori del Palazzo dei Giureconsulti, han saputo contemperare con le più moderne esigenze la classica architettura del Seregni e dell'Alessi. Di fronte al Palazzo Chiesa sorge il Palazzo Castiglioni dell'architetto Sommaruga,

La casa rossa - Architettura del secolo XIX seconda metà improntato ad una nota molto individuale di modernità che si riscontra assai più spiccata nella casa d'angolo fra via Vivaio e via Cappuccini, opera vigorosa e personalissima dell'architetto Arata. Senza soffermarci sulle numerose chiese costruite nei nuovi quartieri (Madonna di Lourdes, Sacra Famiglia, SS. Sacramento, Corpus Domini, S. Gregorio, Redentore, S. Antonio, S. Andrea, ecc.), ci sembra che tra le chiese acattoliche meriti di esser segnalato il Tempio Israelitico di via Guastalla, costruito secondo i disegni dell'architetto Luca Beltrami che ebbe a collaboratore l'ingegnere Luigi Tenenti. Nella facciata è notevole l'armonia della decorazione, ispirata a sobria policromia, ottenuta con mosaici e dorature; l'interno è semplice, ma di squisita concezione; l'abside è separata dalla chiesa mediante balaustrata in ferro battuto. Naturalmente, l'elenco di costruzioni edilizie di una città come Milano, dove numerosi e valenti ingegneri ed architetti hanno avuto largo campo di esercitare l'arte loro, non può riescire che manchevole, dati i confini assai ristretti della nostra pubblicazione. Fortunatamente la città è un libro aperto, di modo che una passeggiata per le vie e le piazze potrà offrire, a coloro che si interessano alla edilizia, un campo vasto e non infruttuoso di osservazioni e rilievi.

La Galleria Attualmente Milano si sta trasformando non solo nel senso dell'ampiezza e del numero delle sue case, ma anche della qualità. Negli anni immediatamente successi alla guerra, l'arresto quasi assoluto della attività edilizia a Milano aveva fatto disperare quasi che la nostra città dovesse aspirare al primato per la bellezza e la grazia dei suoi edifici; ma la fortunata ripresa edilizia ha invece dato una smentita a questa fallace profezia. Già nel '20 e '21 qualche segno qua e là si manifestava : è del 1921 il felice restauro della Casa degli Atellani, di proprietà del senatore Conti, per opera dell'architetto Portaluppi; degli stessi anni il palazzetto - geniale interpretazione libera dello stile settecentesco - della Società Cascami di Seta in via S. Valeria. Ma non mancano anche esempi di originalità eccessive : basterebbe ricordare la casa di via S. Maria alla Porta, angolo via delle Orsole, che rispecchia bene le convulsioni e la frenetica ricerca dell'originale che caratterizza il dopo guerra. All'architettura da incubo corrisponde anche quello strano colossale palazzo sorto al posto del grazioso villino Borghi, che col suo giardino tranquillo dava una gradevole impressione a chi, scendendo lungo via Principe Umberto, dalla Stazione ferroviaria muoveva verso il centro cittadino. E che dire d'interi quartieri sorti con pretese d'arte in varie zone della città ? Fra il caduco e il brutto, noi troviamo talvolta la linea graziosa, l'arte e la ricerca del bello, che ci fa sperare bene dell'avvenire. Per il miglioramento estetico delle nuove costruzioni, l'Amministrazione ha creduto stimolare l'opera dei costruttori con speciali premi. Ha pure promosso la sistemazione di quell'angolo caratteristico della città che è il quartiere di via Arena e via Giocati mediante un concorso fra architetti urbanisti, perchè venisse convenientemente sfruttata questa che è fra le più tipiche zone della città nostra in cui la presenza del Naviglio costituisce una delle più caratteristiche note d'ambiente. Ma dell'edilizia cittadina dal lato tecnico e in rapporto con l'estetica urbana diremo meglio in apposito capitolo. tuttavia sommamente confortante il constatare un miglioramento nell'architettura cittadina nel senso della sincerità e sobrietà edile, d'una

Un tipico portale settecentesco in Corso Venezia più accurata ricerca degli effetti naturali tra gli stessi materiali impiegati e le loro tonalità coloristiche, di un più sviluppato senso del chiaroscuro schiettamente ottenuto dalle movenze dell'edificio e di una più armonica disposizione di gruppi d'edifici. C'è insomma nella moderna architettura una preoccupazione d'insieme, di una estetica, cioè, che ha riguardo al decoro collettivo della città e del particolare quartiere : ben diverso dall'egoistico individualismo delle epoche precedenti dove il palazzo superbo degli avi troneggiava indifferente fra le catapecchie cadenti della povera gente, e faceva la figura del manzoniano « lapazio » nel famoso campo mai coltivato. CAP. III. - ISTRUZIONE - COLTURA - STAMPA.

Che Milano sia nota come città di industrie e commerci è un luogo comune ormai da togliere dal repertorio delle frasi fatte. Milano è centro di coltura di primissimo ordine. Milano ebbe sempre scuole di coltura superiore. Dal tentativo del 1447 di aver l'Università completa, dalle scuole Canobbiane di filosofia e alle Palatine del XVI secolo al riordinamento delle Palatine stesse in tre facoltà: teologica, legale e filosofica nel 1773 e alle scuole di alta legislazione dell'epoca napoleonica, è tutta una serie di tentativi, di sforzi per avere nella nostra città un centro degli studi che ne coordini le energie intellettuali. E questo avvenne proprio nel 1924. L'opinione pubblica manifestò in modo vivo il desiderio di avere la propria Università mediante voti di Istituzioni, Corpi professionali, Enti pubblici. Una sottoscrizione aperta sui primi del 1924 diede oltre 16 milioni, la Provincia L. 110.000 all'anno per dieci anni, la Camera di Commercio L. 175.000 annue per dieci anni; gli Istituti clinici di perfezionamento, l'Istituto sieroterapico, gli ospedali, il Collegio degli Avvocati, ecc., davano denari, mettevano a disposizione l'importante complesso dei riparti ospitalieri, gabinetti ed altre istituzioni di ricerca scientifica. Ma il Comune di Milano si impegnava per circa un milione di lire all'anno. Il 28 agosto 1924 si stipulava in Prefettura la Convenzione per la costituzione e il mantenimento dell'Università di Milano. L'atto storico rimarrà nei secoli il documento primo - l'atto di nascita - dell'Ateneo Milanese.

L'UNIVERSITÀ.

L'Università di Milano è costituita su quattro facoltà: Giurisprudenza, Medicina, Lettere e Filosofia, Scienze. Gli insegnamenti vengono impartiti sotto forma di lezioni cattedratiche e di esercitazioni pratiche. In aggiunta ai corsi ufficiali vi sono corsi a titolo privato tenuti da liberi docenti. Al termine della frequenza ai corsi si sostengono gli esami di profitto per gruppi di materie. L'esame dr laurea o di diploma consiste nella discussione di una dissertazione scritta su

L' Università di Milano. Il rettorato, le facoltà di giurisprudenza e lettere. argomento concordato fra lo studente e un professore della facoltà, e di tre tesi orali in materie diverse fra loro e da quella della dissertazione scritta. Il Rettorato, gli uffici amministrativi e la Facoltà di Giurisprudenza, con la annessa biblioteca, sono collocati nel nuovo palazzo in viale S. Michele del Carso. La Facoltà di Lettere e Filosofia resta per l'anno 1924-1925 nella sua antica sede, in via Borgonuovo, 25. Gli Istituti della Facoltà di Medicina e quelli della Facoltà di Scienze sono in diverse località, per la natura stessa degli insegnamenti. Le Cliniche e gli Istituti di Perfezionamento in Medicina sono quasi tutti raccolti negli Istituti Clinici in via Commenda, 12, nell'Ospedale Maggiore, nell'Ospedale Fatebenefratelli (Clinica medica generale) in via Fatebenefratelli, 9, nell'ospedale Fatebenesorelle (Patologie speciali medica e chirurgica) in corse Porta Nuova, 23, nel Pio Istituto dei Rachitici (Clinica ortopedica e traumatologica) in via Gaetano Pini, 31, nel Pio Istituto Oftalmico in via Castelfidardo, 15; nei quali Ospedali si sono fatti gli opportuni adattamenti, affinchè possano corrispondere ai fini didattici e scientifici degli Istituti Universitari. Gli Istituti di Igiene e di Anatomia Patologica sono collocati, provvisoriamente, nell'Ospedale Maggiore e negli Istituti Clinici. Gli Istituti di Anatomia umana normale, di Patologia generale e di Fisiologia trovano sede nei nuovi edifici nella Città degli Studi. Gli altri insegnamenti della Facoltà di Medicina si tengono presso le sedi suindicate e presso altri Istituti della Facoltà di Scienze. La Facoltà di scienze ha la sua sede in un nuovo edificio in via Sacchini, ma molti dei suoi insegnamenti e dei suoi laboratorii sono presso il Civico Museo di Storia Naturale (Giardini Pubblici), l'Acquario (via Gadio. 2), il R. Politecnico (piazza Cavour, 4), la Scuola Superiore di Agricoltura (via Marsala, 8), il R. Osservatorio Astronomico di Brera (Palazzo di Brera). Gli Istituti di Chimica industriale e di Chimica fisica. sono nei locali della Società d'Incoraggiamento in via S. Marta. La futura sede dell'Università sarà nella Città degli studi, che sorge nel quartiere orientale di Milano e sarà il centro dell'alta cultura milanase. E' un imponente nucleo di edifici che comprenderà tutti o quasi tutti gli istituti universitari propriamente detti, anche il Politecnico, la Scuola Superiore di agricoltura e medicina veterinaria, la Facoltà di lettere e molte Cliniche mediche e chirurgiche.

ISTITUTI DI ALTA COLTURA. Il R. Istituto Tecnico Superiore o, come generalmente viene chiamato, il Politecnico di Milano, sorto nel 1863 con 45 allievi, ne ha contati fino a 2900, frequentato da studenti di ogni provincia italiana, e di varie nazioni estere: con cinque anni di studio guida al conseguimento del diploma di ingegnere civile, industriale, od architetto, oppure a quello di abilitazione all'insegnamento delle scienze positive negli istituti tecnici. Mercè le munificenti elargizioni di benerieriti cittadini, e il sussidio del Comune, della Provincia, della locale Cassa di Risparmio e della Istituzione Umanitaria Loria, il Politecnico potè estendere e specializzare alcuni insegnamenti fondando le nuove sezioni di Elettro-tecnica « Carlo Erba » e di Elettro-chimica « Principessa Jolanda ». Fece inoltre l'impianto di un Laboratorio per le esercitazioni sperimentali di Meccanica Applicata, di un Laboratorio, con macchinario completo, moderno, per le esperienze sulla Resistenza dei materiali; sviluppò e riordinò i Laboratorii di Chimica analitica, di Chimica tecnologica, e i Gabinetti dei materiali da costruzione, di Metallurgia e di Geodesia. Annesse al Politecnico sono pure: la Stazione Sperimentale di meccanica agraria, quella per l'industria della carta e studio delle fibre tessili, infine quella per l'industria degli olii e dei grassi. La R. Scuola Superiore di Agricoltura, che mira a dare ai giovani quelle cognizioni scientifiche e pratiche di agronomia e delle industrie agricole, che corrispondono allo stato attuale della scienza e dell'esperienza e tende a promuovere il progresso dell'agricoltura per mezzo di ricerche sperimentali; possiede quattro laboratorii per la chimica organica, analitica agraria, tecnologica; ha un deposito di macchine agricole, un campo ed una stalla sperimentale. Alla Scuola, che comprende anche un corso speciale di Magistero, sono annesse la fondazione dott. Andrea Ponti e la Borsa Armeno, destinate a favorire, con studi economici ed esperienze agrarie, l'incremento della proprietà fondiaria, ed il miglioramento delle popolazioni campagnuole della regione lombarda, nonchè la Stazione Sperimentale per la industria del freddo. La R. Scuola Superiore di Medicina e Veterinaria - fondata nel 1772, sistemata con intendimenti scientifici nel 1834 - abilita all'esercizio della professione di medico-veterinario, e conferisce il diploma in zooiatria. La Università Commerciale « Luigi Bocconi », fondata nel 1902 per munificenza del senatore Ferdinando Bocconi, che volle così onorata la memoria del figlio Luigi, disperso nella battaglia di Adua, si propone di condurre gli allievi ben addentro nella conoscenza del mondo economico, così da renderli atti a risolvere i complessi problemi economici e commerciali. Il nucleo degli insegnamenti che porta i giovani a conseguire il titolo di dottore in scienze commerciali, è costituito dalle scienze economiche, accanto alle quali larga parte viene data alle discipline tecniche, matematica finanziaria contabilità e banco modello. A complemento di questi studi vengono svolti poi corsi sui vari rami del diritto pubblico e privato, nonchè altri corsi speciali che indirizzano l'allievo in quelle discipline che gli debbono essere di più immediato sussidio nella vita dei commerci. L'Università Cattolica del Sacro Cuore, fondata per private iniziative di personalità ed enti del mondo cattolico nel 1921, fu riconosciuta come libera Università con R. D. 2 ottobre 1924. Essa è costituita di due Facoltà: giurisprudenza e lettere e filosofia; conferisce lauree in giurisprudenza ed in scienze economiche, sociali e politiche; in lettere e filosofia. Ha lo scopo di contribuire allo sviluppo degli studi e di preparare i giovani alle ricerche scientifiche, agli uffici pubblici e alle professioni liberali con una istruzione superiore adeguata e una educazione morale informata ai principii del cattolicesimo. È in studio la Facoltà medica. La Scuola di Paleografia e Diplomatica, presso l'Archivio di Stato. Tale Scuola fu istituita nel 1843 - prima si insegnava paleografia presso i Benedettini e presso

L' Università di Milano - Istituto di biochimica. i dottori dell'Ambrosiana, poi vi furono altre scuole al tempo delle riforme austriache trasformate durante il regno italico, ma colla restaurazione austriaca caddero travolte - con lo scopo di addestrare nella lettura delle antiche carte coloro che si dedicavano agli studi storici o alla carriera archivistica. Nel campo scientifico gode rinomanza mondiale l'Osservatorio astroncrnico di Brera, il quale, dalla sua origine (1760), conta fra i suoi direttori astronomi insigni fra i quali Lagrange, Boscovich, Oriani e Schiaparelli. L'equatoriale di cui è munito l'Osservatorio, è il massimo che esista in Italia: è collocato in una gran sala circolare del diametro interno di 11 metri, coperto da una cupola metellica mobile, del peso di 40 tonnellate, e costruita da una ditta di Milano. La Specola di Merate è diventata ora una succursale dell'Osservatorio di Brera. Ivi è installato un potente telescopio proveniente dalla Germania in conto riparazioni. Nello stesso Palazzo di Brera ha sede la R. Accademia di Belle Arti fondata dall'Imperatrice Maria Teresa nel 1776, comprendente le scuole di scultura, pittura, ornato, architettura e le scuole serali per gli artefici.

SCUOLE ELEMENTARI E MEDIE.

Le condizioni dell'insegnamento medio ed elementare sono a Milano ottime. Nel 1860 - appena formata l'Unità italiana - Milano contava un liceo-ginnasio, una scuola elementare maggiore e sette minori, diciotto scuole in tutto, oltre il liceo-ginnasio. Conviene però notare che nel 1845 i ginnasi erano due : Brera e S. Alessandro, con rispettivamente 406 e 426 scolari. A questi aggiungevasi un ginnasio comunale in piazza S. Marta, che nel 1843 contava 382 studenti, e due ginnasi privati : Longone, con 120 allievi, e Calchi-Taeggi, con 180 convittori. L'istruzione elementare nel 1845 era così ordinata : una I. R. Scuola elementare maggiore maschile divisa in quattro classi, detta normale, con 900 alunni. Il direttore doveva tenere un corso semestrale di metodica per abilitare i giovani aspiranti alla carriera di maestro elementare : tale corso aveva 55 frequentatori. Due scuole elementari maggiori maschili con quattro classi e 865 scolari erano a carico del Comune ; delle due femminili, una era a spese dello Stato e una a spese del Comune, con 631 alunne la prima e 355 la seconda. Le scuole elementari minori della durata di tre anni erano tredici : sette per i maschi e sei per le femmine, con 1892 alunni e 1299 alunne. Nel 1860 gli alunni frequentanti le scuole elementari erano 22.000 circa : ma da questi bisognava detrarre 2800 iscritti in istituti come orfanotrofi, sordomuti, discoli, ecc.; 13.600 iscritti a 308 scuole private e solo 5900 appartenevano alle diciotto scuole comunali. Allora c'era tutto da fare : mancavano aule scolastiche, mancavano maestri. Una splendida relazione del Consiglio Comunale 4 maggio 1860 diceva : « Usciti appena da un'éra di schiavitù, non v'ha chi ci possa incolpare se il nostro paese non vanta le istituzioni supreme della città... un raggio di cultura che emancipi e rischiari la vita popolare, è per noi, in questo caso, la maggior tutela che possa invocare la società ». Il Bilancio d'allora era di sole L. 180.000 per l'istruzione pubblica : e la relazione concludeva che bisognava far di più e nominava una Commissione, di cui era parte cospicua Cesare Correnti. Da allora ad oggi le cose son cambiate. Nel 1924 gli scolari delle scuole elementari erano 27.749 maschi e 27.157 femmine con 411 maestri e 1525 maestre; novanta scuole con 1440 aule. Di queste scuole, 29 hanno l'impianto per le docce, 13 l'impianto per le proiezioni luminose. A queste si aggiungano 29 scuole serali con 155 aule, 17 festive, frequentate da 2574 alunni. Fu sempre preoccupazione del Comune la cura e lo sviluppo delle scuole speciali. Alle scuole per anormali psichici, per tracomatosi, per tignosi, ecc., si aggiunse la scuola per anormali della parola

Una scuola elementare del Comune e dell'udito, la scuola all'aperto di Niguarda; infine la scuola rinnovata della Ghisolfa che costituisce un modello di scuola con moderni intenti pedagogici. Un altro lodevole e notevole segno dell'interesse che il Comune e i cittadini prestano all'educazione popolare è lo sviluppo degli asili d'infanzia. Tale istituzione, dovuta alla pietà cristiana, sorse in Lombardia per la prima volta, con intendimenti veramente pedagogici, a Cremona il 15 novembre 1826 (ora fa un secolo) per iniziativa di un sommo pedagogista : Ferrante Aporti. Aveva questo primo asilo lo scopo di raccogliere e proteggere e nutrire i figli del popolo, ma ancora di educarli. L'Aporti infatti fece dell'asilo una cosa nuova associandolo all'ammaestramento primario con criteri didattici che, raccólti in un libro, sono tuttavia assai pregiati. A Milano, per opera del Parroco Zezi, sorse un Comitato promotore degli asili, appoggiato dall' autorità di Giuseppe Sacchi e di G. D. Romagnosi. Nel 1836 sorsero anche a Milano gli asili e nel 1838 furono eretti in Opera pia. Si raccoglievano i bambini dai due anni e mezzo fino a sei anni compiuti ed ammettevansi fanciulli delle classi indigenti e di preferenza gli orfani e i derelitti, i cui genitori dovevano abbandonare la prole per un mestiere fuori di casa. E allora per i poveri le giornate lavorative erano lunghe e oltrepassavano le 12 ore ! Nel 1844 gli asili erano sette e ospitavano 1094 bambini. Attualmente gli asili comunali sono 18: a cui si deve aggiungerne due altri a Greco e a Morsenchio (Linate), provenienti dai Comuni aggregati. Gli altri asili sono dell'Opera pia Asili raggruppati, l'Opera pia Asili suburbani e altri ancora spettano alla iniziativa privata di benefattori, come quelli istituiti da grandi aziende industriali nei quartieri operai.

All'istruzione media pensa lo Stato. Però il Comune mantiene a sue spese la Civica Scuola « Giovanni Schiaparelli » complementare pareggiata, con un Istituto Tecnico inferiore frequentato da 372 alunni e annessa Scuola Commerciale con 119 scolari. La Scuola Superiore femminile « Alessandro Manzoni », con insegnamenti sceltissimi dalla letteratura all'arte, alla storia, dalle scienze alla pedagogia, al latino e con un corso di perfezionamento dove insegnano professori universitari. Essa è frequentata da 291 giovinette appartenenti alla élite di Milano. Seguono 13 scuole serali superiori con 3585 alunni, e 15 scuole festive superiori con 4247 alunni. Il Comune pensa anche all'istruzione musicale con una


La sede dell'archivio notarile in Piazza Mercanti Scuola di musica frequentata da 256 alunni d'ambo i sessi e una sezione assai apprezzata per l'insegnamento degli istrumenti a fiato con 52 alunni. L'istruzione media statale è impartita a Milano con grande larghezza. A capo dell'Istruzione sta il R. Provveditorato agli studi, che sovrintende alle scuole della Lombardia; seguono quattro licei-ginnasi per l'istruzione classica; Alessandro Manzoni, Giuseppe Panni, Cesare Beccaria, Giovanni Berchet, con una popolazione scolastica di 3732 alunni circa. Segue il Liceo Scientifico « Vittorio Veneto » e due Istituti Tecnici « Carlo Cattaneo » e « Pietro Verri » e una Scuola periti costruttori edili. A Milano non manca un R.Istituto di studi commerciali con 350 alunni. E' stata pure istituita, in consorzio col Comune, la Provincia e la Camera di Commercio, una Scuola Commerciale, con lo scopo di fornire cognizioni teorico-pratiche per la formazione di impiegati di commercio e la preparazione di coloro che intendono proseguire gli studi nel R. Istituto di studi commerciali. Per la cultura delle fanciulle di agiata condizione è istituito il Liceo femminile, dove gli insegnamenti culturali e umanistici sono alternati con il canto, la danza, ecc. Seguono nove scuole complementari, che nella recente riforma degli studi sostituiscono la vecchia Scuola tecnica. La Scuola normale, che in passato aveva a Milano tre istituti, due femminili e uno maschile, venne trasformata in un unico Istituto Magistrale, misto. Si può dire che approssimativamente gli alunni delle scuole medie siano in Milano oltre a 15.000. Tra le istituzioni che fiancheggiano la scuola ricordiamo le benemerenze dei Patronati scolastici: l' Associazione per la scuola, sorta dalla libera iniziativa di filantropi con lo scopo di rafforzare la funzione sociale della scuola italiana e di

L'Università di Milano - Facoltà di scienze agitarle intorno i problemi più vitali, riguardino essi il corpo, lo spirito, la mente o il carattere degli alunni, e infine il benemerito Gruppo d'Azione per le scuole del popolo, che diffonde la sua opera benefica mediante libri per la cultura del maestro, libri scolastici, suppellettili scolastiche, carte, bibliotechine per quelle scuole rurali che ne son prive.

ISTITUZIONI SCIENTIFICHE - BIBLIOTECHE E ARCHIVI.

Il più grande istituto di scienza pura ed applicata è il Reale Istituto Lombardo di scienze e lettere. Ebbe vita per volere di Napoleone I nel 1802, che ne fece un'istituzione analoga all'Institut de France. Fu composto di 60 membri distinti in tre sezioni dedicate alle scienze fisiche e matematiche, alle scienze morali e politiche, alla letteratura ed alle belle arti. Visse dal 1814 al 1838 stentatamente per l'ostilità dell'Austria, ma da quell'anno risorse a nuova vita. Esso ha per iscopo di promuovere tutti gli studi che possono esercitare una immediata influenza sulla prosperità e sulla cultura generale della Lombardia. Contò fra i suoi membri Barnaba Oriani, Alessandro Volta, Antonio Scarpa. Nel 1847-48 si fece promotore di una ardita iniziativa della riforma generale degli studi nella Lombardia e fu relatore Carlo Cattaneo. Fra i suoi membri onorari contò Massimo d'Azeglio, Pietro Paleocapa, Terenzio Mamiani, Alessandro Manzoni, che nel 1859 fu acclamato Presidente perpetuo, ma Don Alessandro rifiutò e si accontentò del titolo di Presidente onorario. Attualmente membro onorario è Pio XI, che, quando era semplicemente mons. Achille Ratti, era attivo membro effettivo della classe di scienze morali. Attualmente l'Istituto conta 48 membri effettivi italiani e stranieri e 211 soci corrispondenti, che appartengono ai più distinti cultori della scienza e delle lettere. L'Istituto tiene regolari adunanze con letture e discussioni scientifiche nella propria sede in Palazzo Brera ; pubblica memorie e rendiconti e indìce numerosi concorsi a premi istituiti dallo stesso e da fondazioni private per lavori scientifici e letterari, su temi prescritti; o per chi abbia inventato o introdotto in Lombardia nuove macchine o nuovi processi industriali con vantaggio reale e provato. Una delle forme colturali che Milano, città essenzialmente pratica, predilige e di cui può menare legittimo vanto, è la coltura professionale : nè l'opera svolta in questo campo è stata sterile di frutti e ne son prova le numerose scuole di preparazione, d'avviamento e di perfezionamento, sorte, e non tutte in epoca recente, con lo scopo preciso di trarre il miglior partito dalle energie giovanili indirizzandole verso quei rami di attività che rispondono meglio alle attitudini dei singoli individui. Tra le altre istituzioni di carattere professionale è degna di particolare menzione la Società d'Incoraggiamento di Arti e Mestieri, fondata nel 1838 da un gruppo di negozianti milanesi, per promuovere la coltura tecnica e quindi le industrie locali. Tra ouesti è il corso di chimica industriale istituito nel 1843 da E. Mylius. La Società dispone di ricchi laboratori con una sede centrale, e varie suc- cursali. Oltre i corsi regolari, in cui sono inscritti circa 800 allievi, tiene pubbliche conferenze di chimica, fisica ed elettro-tecnica. Anche il Circolo di Pubblico Insegnamento e il Circolo Filologico del quale, oltre alle scuole per le lingue viventi, ricordiamo la ricca biblioteca (oltre 50.000 volumi) contribuiscono largamente alla diffusione della cultura. Nel 1901 venne anche istituita l'Università Popolare, destinata ad istruire le classi popolari mediante corsi e conferenze sui più svariati argomenti scientifici, letterari, artistici e commerciali. E nel 1920, con indirizzo spiccatamente socialista, l'Università Proletaria e un Gruppo Amici dell'Arte, con lo scopo di favorire un movimento intellettuale ed estetico fra le classi popolari. Nel 1924 sorse l'Istituto di coltura fascista, che si propose scopi di coltura popolare nell'ambito nazionale. Altra manifestazione culturale con intendimenti religiosi è la Pro Cultura, che svolge una attiva opera nel campo degli studi scientifici. Nell'impossibilità di accennare convenientemente a tutte le scuole speciali fiorenti in Milano e volendo ad ogni modo farne rilevare l'esistenza e l'utilità, citiamo fra le molte: le Scuole popolari per gli adulti, le Scuole professionali muraria e tipografica, la Scuola superiore di Arte applicata all'Industria, l'Istituto Industriale Milanese « Giacomo Feltrinelli », la Scuola professionale femminile, la Scuola tecnico-letteraria femminile « Adele Martignoni », con oltre mezzo secolo di vita fiorente, e le Scuole professionali dell'Umanitaria. Insieme con queste scuole, cooperano efficacemente al progresso dell'alta cultura, e delle applicazioni delle scienze, numerose associazioni, quali la Società di Scienze Naturali, la Società d'Igiene, la Società di Chimica, il Collegio degli Ingegneri e specialmente gli Istituti Clinici di Perfezionamento. Fra le istituzioni atte a promuovere le libere manifestazioni della cultura segnaliamo pure: la Società dei Giuristi e degli Economisti, fondata nel 1900, con lo scopo di favorire l'incremento degli studi giuridici ed economici mediante lavori, collettivi, pubblicazioni, letture, discussioni, concorsi, ecc., e di stabilire relazioni amichevoli fra giuristi ed economisti italiani delle varie scuole e regioni mediante conferenze, riunioni e congressi: il recente Circolo giuridico, Atene e Roma, società italiana per la diffusione e l'incoraggiamento degli studi classici; la Letteraria, fondata nel 1901 allo scopo d'avvicinare e raccogliere tutti gli studiosi, l'opera dei quali miri alla diffusione del buon gusto e della letteratura moderna; la Leonardo,Associazione di cultura e arte; il Lyceum, per, incoraggiare la donna agli studi e alle opere letterarie, artistiche, scientifiche; il Circolo Amici dell'Arte e il Primo Istituto d'Arte e Alta Cultura, nobilissima istituzione che ha lo scopo di promuovere le più alte manifestazioni dell'arte e della scienza con esposizioni, conferenze, concerti, sale di lettura, accademia libera di cultura e d'arte, scuole professionali superiori d'arte, cattedra Dantesca. La Società Storica Lombarda, fondata nel 1873 da un gruppo di patrie memorie, tra cui Cantù, Ermes Visconti, Jacini, Massarani, Porro-Lambertenghi, è un'istituzione delle più notevoli nel campo della cultura milanese. Pubblica l'« Archivio Storico Lombardo », la « Bibliotheca Historica Italica », i regesti Viscontei, il carteggio di Pietro e Alessandro Verri. La Società Nazionale per la storia del Risorgimento ha a Milano un Comitato regionale lombardo che pubblica la rivista la « Lombardia nel Risorgimento ». La Società Italiana per gli studi religiosi e filosofici con lo scopo di promuoverne lo studio. Il Circolo Filologico è una istituzione milanese delle più cospicue: oltre ai corsi di varia coltura e di lingue straniere, vi si tengono conferenze a cui sono chiamate cospicue personalità delle lettere e delle scienze. Queste iniziative culturali di Milano sono le principali e le più notevoli: infinite altre sorgono per iniziative private, locali, rionali e tutto porta all'elevazione intellettuale della nostra città, che ha perduto così il suo famoso primato di città godereccia e mangiona. A Milano le biblioteche pubbliche e private, le biblioteche specializzate di particolari Enti e Istituti sono numerosissime. Altro indice dell'elevata condizione della cultura milanese. Vogliamo prima dire della Nazionale Braidense. Nel 1763 la Congregazione di Stato acquistò per L. 240.000 la libreria di 24.000 volumi del conte Carlo Per-lessati, presidente del Senato, offrendola a Maria Teresa per privato uso dell'Arciduca Ferdinando, che qui ci veniva a governare. Ma l'Imperatrice, assai più generosa dei suoi servitori, la restituì all'uso pubblico, unendovi anche quella dei gesuiti, soppressi nel 1773. Essa poi si accrebbe della collezione del conte di Firmian e delle raccolte di libri delle soppresse congregazioni religiose. Si trovano preziosissimi incunabili, manoscritti e libri rari. Essa contiene ora 286.000 volumi, 187.000 opuscoli, 2000 manoscritti, codici miniati, corali, 3800 autografi e la Biblioteca Manzoniana, unica del genere. La Biblioteca Ambrosiana. Fondata dalla munificenza del Cardinale Federico Borromeo, su disegno degli architetti Richini e Buzzi nei primi anni del secolo XVII. Fu la prima biblioteca aperta al pubblico. Conta preziosissimi manoscritti, fra cui il « Codice Atlantico » di Leonardo da Vinci e il « Virgilio », già appartenente al Petrarca. Nel 1823 si inaugurò la grande sala di lettura dedicata a Pio XI, costruita nell'a-


La sede della Biblioteca civica nel Castello Sforzesco rea dell'antico cortile del palazzo, con oblazioni e offerte di cospicui cittadini ed Enti di Milano. Ma una biblioteca nuova si è assisa fra queste antiche e note: la Biblioteca civica. Esisteva già da molti anni e in questi tempi si era arricchita di cospicui lasciti : Pagani, Ascoli, Vismara, Conio, Seletti, ecc. Ma ultimamente ebbe nuovi incrementi, specialmente con la recentissima donazione del comm. Achille Bertarelli, che arricchisce la Biblioteca di una raccolta, o gabinetto delle stampe, da far invidia a vecchi e noti gabinetti esteri di stampe popolari. Consta, la Biblioteca, di 135.000 volumi e opuscoli.

Una biblioteca specializzata in questioni di economia, statistica e urbanistica offre l' Ufficio della statistica e studi del Comune di Milano, con altre 10.000 volumi e un servizio bibliografico e consultazioni per gli studiosi in queste materie. La Biblioteca del Circolo Filologico dispone di 50.000 volumi e seguono poi le biblioteche del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, del Collegio degli Avvocati, del Collegio degli Ingegneri, del Conservatorio di musica, ed infine fra quelle private non possiamo non ricordare la Trivulziana, immensa miniera di documenti storici, con 100.000 volumi ed opuscoli e 3000 codici. E per la cultura popolare non possiamo tacere del Consorzio per le Biblioteche popolari. Esisteva fin dal 1867 una Società promotrice delle Biblioteche popolari : ma essa viveva una vita stentata senza raggiungere lo scopo. Fu merito dell'Umanitaria e del professore Cesare Saldini se si potè promuovere il Consorzio, a cui parteciparono Enti pubblici e ricchi filantropi, nel 1903. Le prime quattro biblioteche si aprivano nel 1904. Al momento dell'apertura le biblioteche contavano 17.653 volumi; nel 1915, erano 58.000; nel 1924 erano 100.000. Ora le Biblioteche sono divise in 15 sezioni e nel solo 1921 si sono distribuiti in sede o a domicilio 370.903 libri. Nè va dimenticata la Biblioteca dell'Ospedale Maggiore, ricca di opere di medicina antiche e moderne, così da formare una biblioteca veramente rara. Lo studioso che ami rievocare la vita del passato e studiare le origini della nostra moderna e complessa vita politica, economica e sociale, ha in Milano numerosi archivi pubblici, senza contare quelli privati di famiglie antiche o di collezionisti. Il R. Archivio di Stato: è questo un istituto dei più noti nel campo degli studi storici per la massa imponente di documenti che vi si conservano. Vi sono affluiti oltre 7000 mazzi di pergamene e documenti dei conventi soppressi che risalgono al secolo VIII, formando la quasi totalità di quanto in Lombardia si è conservato in materia documentaria anteriore al 1100. Vi sono inoltre 80.000 pergamene anteriori al secolo XVII, forse la massa maggiore che esista in Italia per tale epoca. Eppure questa è appena una piccola parte delle dovizie di codesto Archivio, perchè vi si conservano 280.000 mazzi e volumi di carte e documenti in una scaffalatura lineare di oltre 40 chilometri. Questo Archivio oltre che importante sussidio agli studiosi, è il deposito di tutti gli atti degli uffici statali. E qui si rivolge anche un pubblico di persone d'affari, che cercano copie autentiche di atti, specialmente giudiziari. Un'aula di studio è aperta ogni giorno non festivo dalle 9.30 alle 12 e dalle 13.30 alle 16. Attualmente funziona anche un Ufficio di consulenza in materia araldica, assai frequentato in conseguenza dei recenti provvedimenti legislativi sull'uso dei titoli nobiliari e sull'aggiornamento dell'elenco ufficiale dei nobili. L'Archivio notarile distrettuale di Milano. L'Archivio notarile fu istituito intorno al 1770 dal Governo austriaco. Un tentativo fatto prima dal marchese di Leganes sulla fine del secolo XVII e un altro fatto nel 1709, naufragò per l'ostilità dei notari. Sono raccolti e concentrati in quest'Archivio gli atti che si poterono raccogliere dopo le inevitabili dispersioni di archivi privati, atti che giungono alla cifra rispettabile di 40.000.000. Però gli atti più antichi appartengono al notaio Meda dal 1290 al 1294. Nell'Archivio Storico civico, o Archivio del Comune, si conservano gli atti dell'amministrazione del Comune di Milano e della sua Provincia o Ducato, dal 1385 al 1802 (parte antica) e dal 1802 al 1860 (parte moderna), non che i documenti della Camera di Commercio e antica Università dei mercanti di Milano dal 1299 al 1860. All'Archivio è annessa una sezione iconografica milanese, dove sono esposte, ordinate cronologicamente, piante topografiche di Milano e una cospicua raccolta di disegni e di stampe con vedute di antiche località milanesi, feste, cerimonie, ecc. A quest'Istituto appartiene pure la raccolta vinciana fondata nel 1905. Oltre all'Archivio Storico esiste un museo ed archivio, pure municipale, dedicato al Risorgimento. La parte più importante di tale museo è forse quella destinata ad Archivio e a biblioteca. Qui sono radunati numerosi manoscritti dei principali uomini del nostro Risorgimento; qui si conservano gli archivi Cattaneo, Dandolo, Vaccani, Ferrari e il prezioso archivio garibaldino di recente acquisto. La Biblioteca conta 65.000 tra volumi e opuscoli rarissimi del Risorgimento e si è testè arricchita anche della raccolta Bertarelli d'opuscoli e opere del Risorgimento di 65.000 unità. Una raccolta iconografica comprende ora ben 12.000 pezzi. S'è

Il Palazzo dell'Archivio di Stato recentemente istituito l'Archivio della guerra, con lo scopo di raccogliere da ogni parte d'Italia, da ogni cittadino, da ogni Ente pubblico o privato, da ogni ex-combattente, le memorie, i diarii, le corrispondenze, e, in generale, tutti i documenti scritti o stampati, comunque interessanti il periodo della guerra, sia al fronte che nel paese e la partecipazione dei reduci alla guerra del 1915-18. Ma non possiamo passar sotto silenzio l'Archivio dell'Ospedale Maggiore, aperto con larga ospitalità agli studiosi. Esso conserva gli archivi degli antichi ospedali milanesi e di altre località lombarde, di Enti soppressi, di famiglie di benefattori. Ha documenti che vanno dal secolo XI fino ai giorni nostri. L'Archivio della Fabbrica del Duomo, che comprende nella parte storica circa 600 cartelle di documenti e 1500 registri, dove è tutta la storia dell'insigne tempio. L'Archivio Arcivescovile, organizzato nel secolo XVI da S. Carlo Borromeo, contiene un buon numero di pergamene del secolo XIII in avanti; e sopra tutto importante è la parte detta "Archivio spirituale", che conserva memorie della vita delle Parrocchie della Diocesi e specialmente sono notevoli gli Stati d'anime (status animarum), che sono veri e propri censimenti, Parrocchia per Parrocchia, di tutta la Diocesi. La storia demografica appare nettamente definita dall'esame di quegli atti. Interessanti pure le relazioni delle visite pastorali risalenti al secolo XII. Archivi privati: Sola-Busca-Serbelloni; Verri (presso la famiglia Sormani-Andreani); Melzi; Greppi; Dal Verme, e Castelbarco-Visconti, ora deposito all'Archivio di Stato e altri ancora.

LA STAMPA CITTADINA.

L'introduzione della tipografia a Milano è generalmente assegnata all'anno 1469. Nel 1473, con atto del notaio Zunico, si istituisce a Milano un'altra tipografia, a cui partecipa Cola Montano, l'irrequieto umanista, e il celebre tipografo Antonio Zarotto. Le tipografie a Milano diventano ben presto numerose e rinomate : tra i tipografi celebri del secolo XV ricordiamo Alessandro Minuziano, umanista, a cui si deve la stampa della « Storia di Milano » di Bernardino Corio. L'arte della stampa divenne presto un ramo del commercio. Alla metà del XIX secolo, nel periodo massimo della compressione austriaca, esistevano a Milano 40 tipografie con 200 torchi. Oltre a una discreta produzione di opere originali e una abbondantissima di traduzioni, si facevano strenne ed almanacchi, tra cui il famoso Vesta Verde, a cui collaboravano uomini come Correnti, Cattaneo e altri patriotti. Undici giornali contava Milano nel 1844 e altrettante riviste. Quarant'anni dopo, nel 1880, le riviste e i giornali giungevano a 140 e nel 1879 si erano stampati a Milano circa 1000 libri d'ogni genere, dallo scolastico al libro scientifico e letterario. Nel 1925, giornali e riviste a Milano erano 922 e le opere pubblicate salivano a circa 2000. Il giornalismo milanese ha una grande tradizione. Esso sorge, ben si può dire, con l'Unità italiana. Prima i giornali non erano se non notiziari ispirati dal governo. Che cosa potevano valere quei pochi e screditati scrittori di gazzette ? La stampa sotto l'Austria non lottava nè bene nè male : la stampa politica propriamente detta non doveva, nè poteva esistere. Difatti, eccettuato il Crepuscolo, al quale, del resto, un ordine governativo aveva vietato di occuparsi di politica, questa, nelle gazzette del tempo, trovava scarso posto fra un'appendice letteraria e una cronaca teatrale. Ma subito nel 1860 il giornalismo lombardo si presenta con una nobiltà di propositi e una larghezza di idee veramente nuove, come lo comportavano i tempi novelli: e la ragione sta nel fatto che passò subito in mano a uomini d'élite, a spirti magni come un Cesare Correnti, un Ruggero Bonghi, che doveva dirigere la Perseveranza dal 1866 al 1874, Silvio Spaventa, Giuseppe Massari. Con la fondazione della nobile Perseveranza scomparve il glorioso Crepuscolo. Un mondo finiva : l'epopea nazionale si concludeva nella fase eroica; e, come nelle grandi epoche mitiche della storia, al periodo degli eroi sussegue il periodo degli uomini. Il giornalismo rispecchia i grandi problemi che la giovine Italia affronta : quello economico e quello sociale. Lo sviluppo di Milano in tutti i sensi è riflesso nel giornale. Molti eroici e veterani giornali sono morti, altri vivono ancora e prosperano. Nel 1881 i giornali quotidiani erano nove, ora sono undici. Allora si chiamavano : il Corriere della Sera, il Journal d'Italie, la Lombardia, l'Osservatore Cattolico, la Perseveranza, il Pungolo, la Ragione, il Secolo, lo Spettatore, e stampavano fra tutti 70.000 copie. I giornali oggi sono dodici : il Corriere della Sera, il Secolo, il Popolo d'Italia, l'Avanti!, l'Unità, la Sera, l'Ambrosiano, l'Italia, il Sole, il Progresso, la Borsa, la Gazzetta dello Sport, e stampano fra tutti, milioni di copie!

I giornali e riviste che si pubblicano a Milano si possono raggruppare così: Quotidiani. 12 Politici non quotidiani 84 Bibliografia - Atti accademici 13 Periodici scientifici, letterari, varietà ed ameni 94 Filosofia. 2 Istruzione - Educazione - Assistenza 30 Religione 67 Scienze storiche. 6 Belle Arti - Musica - Archeologia 25 Giurisprudenza 19 Scienze politico - sociali 25 Economia, finanza e amministrazione 45 Interessi professionali e difesa di classe 81. Associazioni non professionali (militari,cavalieri, ecc.) 7 Scienze fisico-naturali e matematiche. 8 Medicina e igiene. 51 Tecnologia (ingegneria, meccanica, ferrovie, lavori pubblici, edilizia) 43 Agricoltura 16 Industria e Commercio 113 Economia domestica,approvvigionamento, consumi 9 Sport, turismo,giuochi,ecc. 60 Teatri - cinematografi 39 Mode . . . 33 Satirici umoristici 20 Diversi 20 Totale 922

LA MUSICA.

Al primato musicale, almeno in Italia, Milano ha sempre accampato titoli dei quali mal si rassegnerebbe a veder contesa la validità, sebbene non tutti possano aspirare a regnare indiscussi. Certo sarebbe stato difficile per il passato, a chi non è affetto da campanilismo, giustificare pienamente l'orgogliosa pretesa. Troppe erano le lacune e le deficienze della cultura musicale cittadina e delle sue manifestazioni; nè può dirsi che la stessa Scala - per una coalizione d'interessi e di pregiudizi - avesse sempre recato un efficace contributo all'incremento del gusto e della educazione paesana. Da qualche lustro le cose hanno mutato assai: la nostra città non è ormai seconda agi alcun'altra in Italia nel culto dell'arte e della cultura musicale, il cui massimo tempio in Milano è il Conservatorio « Giuseppe Verdi », che, restaurato di recente, si è arricchito di un nuovo salone per concerti che misura 43 m. di lunghezza, 26 di larghezza e 16 di altezza. La platea può contenere 1000 persone e altrettante la galleria. Un locale sotterraneo, ampio quanto il sovrastante salone, è destinato alla guardaroba, al fumoir, al buffet. Il salone comunica per ampie porte e con pochi gradini, colla antica sala che rimane riservata ai piccoli concerti. Il R. Conservatorio conta circa 600 alunni d'ambo i sessi, parte gratuiti e parte paganti; vi sono educati in ogni ramo delle discipline musicali. Benemerita fra tutte le istituzioni che hanno alacremente favorito questo movimento di rinascita musicale è la Società del Quartetto. Sorta in tempi nei quali la musica classica non era da noi coltivata che da pochissimi buongustai, seppe allargare a poco a poco la cerchia degli amatori dell'ars severa, che secondo il celebre motto è magnum gaudium. Tutti i grandi virtuosi che hanno segnato un solco indimenticabile nella storia dell'arte contemporanea sfilarono nei concerti del Quar- tetto, che continua, fedele alle tradizioni, il suo cammino; e se i tempi epici, i tempi delle lotte assidue pugnate in nome dell'arte vera, sono lontani, il compito suo, reso agevole ormai e fruttuoso, non ha perduto nulla della sua importanza. Fra le istituzioni musicali più cospicue, va ricordata la Società dei Concerti Sinfonici, Gli Amici della Musica e alcune manifestazioni del Circolo d'Arte e Alta Cultura, con audizioni musicali opportunamente scelte e magistralmente eseguite. Fra le istituzioni destinate alla istruzione musicale delle classi lavoratrici, vanno ricordate le Civiche scuole popolari di Musica, come già si disse, con le seguenti due sezioni: di istrumenti a fiato e di canto, dove i figli del nostro popolo trovano alla sera, dopo lavoro delle officine e dei negozi, non solo lo svago ed il conforto della sublime elevazione morale che la musica può dare, ma anche il mezzo per altri guadagni. Recentemente si è impiantata una stazione radiotelefonica dalla quale partono per le vie del mondo, quotidianamente, svariati concerti di musica italiana. Attorno ad un centro artistico di tale importanza, interessi d'ogni genere, da quelli dei fabbricanti di istrumenti musicali a quelli degli impresari, degli agenti teatrali e dei giornalisti d'occasione, percorrono la loro orbita vorticosa. Della falange canora che, attratta dal miraggio di lucrose scritture giunge nella nostra città, elegge domicilio sotto la tettoia vetrata della nostra Galleria e non se ne può staccare come il moscerino notturno invischiato nell'alone abbagliante della lampada accesa, gran parte conosce la strada dei tristi ritorni. E' vero però che la medaglia ha il suo splendente rovescio: Sonzogno e Ricordi, le due grandi Case Editrici, si contendono in gara generosa, in Italia e all'estero, il primato delle scene ed il monopolio delle produzioni del genio, mentre i musicisti ricoverati nella Casa di Riposo, fondata per loro da Giuseppe Verdi, benedicono al Grande che nelle tormentose bufere che travagliano l'esistenza del genio, seppe conservare intatta la nobiltà del suo cuore di uomo. CAP. IV. - LE INDUSTRIE E IL COMMERCIO.

NOTIZIE STORICO - ECONOMICHE.

Milano era assurta nel medio evo, come è accennato nel riassunto storico, a grandezza e potenza per virtù dell'attività economica dei suoi abitanti. Ruinata dalle lotte che accompagnarono le invasioni barbariche, discesa a tale condizione che il suo nome appare quasi scomparso, si riebbe lentamente ne! periodo longobardo prima, nel franco poi per affermarsi piena di vitalità nel periodo comunale. La miseria delle devastazioni barbariche non fu abbrutimento ma stimolo alla tenacia lombarda. Il lavoro si manifestò in Milano gagliardo ed audace. Migliorata l'agricoltura del contado coll'irrigazione e coi prosciugamenti, Milano si dedicò presto alle industrie e divenne emula pacifica della ricca Firenze. L'arte della lana, dei fustagni, delle armi, e più tardi quella della seta, resero Milano celebre nei più remoti paesi europei. Un traffico attivo si incamminò e si svolse fra i mercati d'oltralpe e l'Italia, accentrandosi nella metropoli lombarda, e grandi ricchezze s'accumularono tra i cittadini spingendo i Milanesi alle operazioni finanziarie, prestiti e commercio bancario. La rinomanza in questo genere d'affari fu pari a quella industriale. Ancora oggi la prima Borsa del mondo, quella di Londra, ripete il nome dei finanzieri lombardi che si stabilirono in Londra esercitandovi in una strada speciale la professione di cambiavalute e di banchieri. La strada fu chiamata « Lombard street e nome che conserva tutt'ora e che per antonomasia è dato alla Borsa Londinese. Ancora oggi le diciture dei banchieri esteri e specialmente tedeschi risentono della grande influenza esercitata dai banchieri lombardi nel mercato del denaro: Lombardiren, interesse lombardo ecc., stanno a significare le operazioni di anticipazione su pegno che i nostri insegnarono. Nonostante le pessime condizioni d'Italia nel secolo XVII, Milano non si potè dir del tutto economicamente morta. Numerose testimonianze contemporanee lo dimostrano, venendosi così a smentire quanto si soleva fin qui sostenere da storici ed economisti di grido, non escluso il grande Melchiorre Gioia. Proprio uno straniero, dopo la famosa pestilenza del 1630, diceva che Milano, per la sua fortunata situazione, non manca mai di essere una grande città e sempre si conserva grande; così che se anche venisse desolata risorge prestamente più grande. Meravigliava infatti il conte Castelli da Terni della rapida ripresa di attività di Milano dopo la peste del 1630. In quattro anni da « città quasi spopolata è ritornata a segno di farsi riconoscere per Milano, e senza editti per allettare i forestieri (come altrove si è fatto) ». Un poeta dialettale del secolo XVII enumerava le ricchezze della città, citando specialmente le industrie e i commerci più attivi e la varietà di persone che nella città convenivano. E oltre ai Francesi, Tedeschi e Spagnuoli, cita popoli dell'Europa Centrale e della Balcania e Transilvani, Ungari e Polachi Svizeri e Borgognoni, ecc. Nel 1767 a Milano si contavano 114 telai di lana, 32 filatoi di seta con 72 molini; 685 telai di drappi con oro, argento e seta con 1285 operai; 433 telai per veli e garze di seta con 672 operai; 217 telai per calze di seta e cascami con 258 operai; 82 telai di galloni con 91 operai; 372 telai di manifatture di lino e cotone con 487 operai. Il più rinomato industriale di lana era in quel tempo il milanese Felice Clerici con 56 telai a Milano e 6 a Monza. Egli aveva altresì la nuova arte della tessitura dei peli di capra e di cammello ed era considerato come uno dei pochi industriali milanesi che si sollevasse al disopra della condizione di semplice mercante. Milano si ridesta economicamente nella seconda metà del XVIII secolo, quando la vecchia corporazione artigiana viene a poco a poco sconfitta dalla libera industria manifatturiera. Infatti, tra il 1750 e il 1767, si impiantano a Milano 5 nuove manifatture: quelle dei signori Rhò, Clerici, Pensa, Pavarino e Venino. Il Rhò aveva uno stabilimento di tele e stoffe di cotone stampato; il Venino aveva un opificio per la imbiancatura delle tele. Questa industria era stata attivata non solo nell'intento di creare nuovo lavoro e ricchezza in paese; ma altresì per riattivare i transiti delle merci attraverso il Milanese. Le tele tedesche infatti, che dirigevansi a Genova e di là in Ispagna ed America, arrivavano greggie in Italia ed avevano bisogno di essere imbiancate. Il Re di Sardegna aveva pertanto promosso ad Intra (Lago Maggiore) un opificio speciale per l'imbiancatura di queste tele; allora, per ricondurle sulla vecchia via del transito naturale da Milano a Genova, si impiantò a Milano l'opificio per la imbiancatura. Il Lalande nel suo viaggio in Italia così descrive la manifattura della Ditta Pensa: « Casa Pensa è pure una considerevole Ditta commerciale. Vi sono più di cento telai di ogni sorta di stoffe in oro e in seta e si stimano principalmente i velluti che mi si assicurano superiori a quelli di Francia. Secondo una statistica del 1787, gli operai impiegati nelle diverse industrie in Lombardia ascendevano a 17.785, di cui la maggior parte era di milanesi » . Nella stessa epoca, il giro di affari commerciali era per Milano di L. 30 milioni. I banchieri - numerosi e potenti - avevano un giro di cambiali per 80 milioni e non servivano soltanto al commercio lombardo, ma a quello di gran parte d'Italia, dove mancavano dirette corrispondenze con le piazze estere. Milano aveva progredito anche per abbondanza di capitali dopo il 1760; poichè, anche nelle critiche circostanze della guerra francese, potè colle proprie forze sopperire alle incessanti domande di credito che le faceva il Governo. La diffusione all'estero delle case lombarde di commercio e di banca era in numero forse superiore che ai nostri giorni. Carli e Brentano a Vienna; Brentano ad Amburgo; Guaita ad Amsterdam; Majnoni a Strasburgo; Caccia a Parigi; Marliani e Greppi a Cadice, avevano flo- ridissime ditte legate con le milanesi delle stesse famiglie, tendenti a formare di Milano un grande centro economico. Ma durante il dominio francese dal 1796 al 1814, Milano ebbe un rapido sviluppo economico, demografico ed edilizio, che si protrasse anche nel successivo periodo austriaco dal 1815 al 1859, per quanto il Governo d'allora cercasse in ogni modo di ostacolare lo sviluppo della città. Nella prima metà dell'800, infatti, si verificò un notevole rinnovamento edilizio. Quasi metà delle case private in Milano vennero riedificate decorosamente dal 1814 in poi; nel solo decennio 1843-54 furono demolite 56 case e 800 riedificate. Nè il Comune fu inferiore ai privati, poichè, per adattamento di stabili ad uso del Comune, furono spese dal 1818 al 1840 austriache L. 1.105.000. Anche i servizi pubblici migliorano, ai fiacres introdotti cfurante la dominazione francese, si aggiunse nel 1841 il servizio di omnibus; alle vecchie lampade a olio istituite da Giuseppe II per illuminare le vie cittadine, si sostituirono nel 1820 quelle ad Argand e nel 1843 si inaugurarono le prime lampade a gas. Nel 1845 si progettò l'istituzione del servizio d'acqua potabile. Mà tutte queste iniziative e lo stabilirsi in Milano delle prime officine meccaniche - sono del 1840 i primi stabilimenti meccanici per la costruzione di vetture da strada ferrata, del 1854 i 17 stabilimenti produttori di torchi e di motori idraulici - erano ostacolate dall'Austria, che vedeva con diffidenza il progredire economico della Lombardia ed istituiva una specie di protezionismo volto a beneficio dei manifattori tedeschi : così che i produttori lombardi erano preoccupati dall'angustia del mercato interno e dalle difficoltà di raggiungere i mercati esteri, e questa fu una delle principali cause economiche del Risorgimento e della Indipendenza italiana. Dopo l'unità d'Italia, lo sviluppo industriale di Milano andò crescendo. Le


Il Palazzo della Posta tipografie da 35 con 190 torchi, saltano nel 1881 a 62 con 144 macchine e 117 torchi. Per la fabbrica della carta, il grandioso - per allora -stabilimento Binda con 700 operai. L'industria della carrozzeria contava nel 1881 - anno storico per la vita industriale milanese - 20 fabbriche primarie e 500 secondarie e circa 200 piccole officine con 3200 operai impiegati. Notevole l'industria dei tessuti di lana; mentre sorgeva, attorno al 1880, la nuova industria dei prodotti chimici con tre fabbriche e quella della gomma che - unica in Italia - impiegava 200 operai. Milano è risorta, per vigore di lavoro, a vita prospera, dopo qualche secolo di decadenza economica dovuta a fattori esterni, e acquista ogni giorno importanza sempre maggiore per la attività agricola, commerciale, industriale e finanziaria dei cittadini e della regione che fa centro di essa. L'inizio della vera nuova éra industriale si ha quando anche in Lombardia si può ricorrere alla energia elettrica: le industrie aumentano rapidamente rinnovandosi. Malgrado gli ostacoli frapposti da una pressione tributaria diretta ed indiretta, pressione che è il risultato degli enormi oneri che il Paese ebbe ed ha a sopportare per il suo risorgimento politico ed economico, Milano si accinse fidente al lavoro, vi perseverò pertinace e conquistò in brevi anni la posizione di primato assoluto nell'economia nazionale ed una notevolisisma nel mercato mordiate tendendo sempre a più alti successi. Si è detto che Milano ha preso posizione anche nell'economia mondiale e l'affermazione potrebbe apparire anticipazione orgogliosa se non fosse appoggiata a dati di fatto. La Provincia di Milano e la regione Lombarda devono il primato economico che tengono indiscutibilmente da tempo sulle altre regioni, alla privilegiata posizione geografica che la rendono il centro principale di lavorazione, e di emporio e di deposito della maggior parte dei prodotti che l'Europa Centrale e settentrionale manda in Italia.

Milano è al centro di una vasta pianura equidistante dal Po e dalle Alpi, sull'asse che sbocca da un lato nell'Adriatico e dall'altro nel Mediterraneo. Essa diviene così il naturale punto in cui convergono le grandi correnti del traffico internazionale, fondendosi ed armonizzandosi con le maggiori correnti del traffico interno, che nella metropoli lombarda fanno capo, per irradiarsi in ogni direzione. A guisa di un largo ventaglio, si aprono su Milano i grandi valichi alpini, le vie naturali attraverso i quali si svolgono le comunicazioni fra l'Italia e tutti i paesi d'Europa. Ad occidente, per il valico del Frejus, e per il transito di Venti-miglia si comunica con la Francia ; a nord, per i passi del Sempione, del Gottardo, della Bernina, del Brennero e San Candido, si diramano le comunicazioni con la Svizzera, la Francia, la Germania e l'Austria ; verso oriente, per Tarvisio, Piedicolle, Postumia e Fiume corrono le comunicazioni con l'Austria, l'Ungheria, la Jugoslavia e i paesi della Penisola Balcanica. Il capitale investito in Società Anonime con oltre un milione di capitale sociale in Milano al 31 dicembre 1924 era di sei miliardi, come mostra il prospetto seguente, che indica anche alcuni altri dati interessanti : Anni N. Capitale Impianti Debiti neo 1918 312 1.413.980.734 998.807.615 2.437.628.273 162.300.600 1919 373 1.871.012.000 1.378.329.738 1.806.992.595 217.401.262 1920 483 2.930.454.181 2.072.074.916 3.515.432.874 296.291.377 1921 605 3.555.935.312 2.922.436.241 4.327.972.389 166.042.191 1922 693 4.187.163.434 3.347.629.006 4.734.304.662 286.121.329 1923 795 4.848.293.977 3.909.953.410 5.334.567.386 388.393.068 1924 894 5.989.554.505 4.175.428.046 6.322.678.440 575.126.158

Considerando nel complesso anche le società con meno di 1 milione di capitale si sorpassano i 6 miliardi e mezzo. E poichè in Italia, al 31 dicembre 1924, il capitale investito in Società anonime ammontava a oltre 28 miliardi, si vede che solo a Milano è accentrato quasi un quarto di tutto il capitale investito in Italia in Società anonime. Nell'anno 1925, su di un aumento di capitale decretato dalle Società anonime del Regno, pari a oltre 8 miliardi, spettano alla sola città di Milano 2.7 miliardi : oltre il 30 per cento! Si può dire che nella Città di Milano e specialmente nei suoi dintorni tutte le industrie siano più o meno largamente rappresentate : la grande industria ha in questa zona la sua più alta potenza, ma accanto ad essa anche la media e la piccola industria, sono in notevole misura rappresentate, principalmente nel territorio comunale. Per avere subito un'impressione sintetica sull'importanza industriale di questa regione, basti rammentare che la provincia di Milano la quale, rappresenta in quanto a superficie solo l'uno per cento del Regno, teneva occupati nei suoi grandi opifici (all'epoca del censimento industriale eseguito nel 1911) circa il 20 per cento degli operai delle grandi imprese industriali d'Italia e circa il 38 per cento secondo un'inchiesta del 1924 condotta dal Ministero del Lavoro. Anche le aziende di media e piccola importanza, come si è avvertito dianzi, sono abbastanza numerose nella nostra regione : dal censimento industriale si rileva, infatti, che nella provincia di Milano gli operai occupati in piccoli opifici (che impiegano meno di 10 persone) costituiscono il 7 per cento del totale maestranza -impiegata nell'intero Regno in tale ordine di imprese. Nella grande industria sono specialmente da notare, in Lombardia, le aziende che lavorano il cotone, le quali rappresentano in quanto a maestranza impiegata, il 55 per cento di tutto il Regno, le fabbriche che producono tessuti speciali (34 per cento del totale del Regno), quelle che si dedicano all'industria del vestiario (46 per cento), la grande industria poligrafica, che occupa il 33 per cento degli operai impiegati in tale ramo nel complesso del Regno, l'industria della lavorazione dei metalli, l'industria del mobilio, delle pelli, delle costruzioni meccaniche, quelle edili, quelle per la produzione di forze motrici, quelle alimentari, ecc. La maggior parte di queste industrie è tutta addensata nella Provincia di Milano. Nelle medie e piccole industrie primeggiano le industrie alimentari, quelle della carta, delle lavorazioni di metalli, delle costruzioni meccaniche, delle costruzioni stradali ed idrauliche, del cotone, ecc., nonchè le industrie artigiane in cui è prevalente l'elemento individuale. L'importanza che l'attività industriale ha raggiunto in Milano e nelle sue vicinanze, è tale che è necessario dare uno sguardo alle industrie più notevoli, per i principali rami d'industria e commercio. Nell'esame delle singole branche comprenderemo una zona che si estenderà talvolta a tutta la provincia o alla intera regione di Lombardia, trattandosi di aziende che hanno a Milano, non solo la loro sede principale, ma il campo più vasto del commercio. Nel 1924 si calcolano esistere nella provincia di Milano 300.000 operai in industrie occupanti più di 10 operai e nella sola città di Milano circa 200.000. Le donne occupate nell'industria rappresentano circa il 43 del totale complessivo in Milano e quasi il 50 % nella provincia. Circa la proporzione delle maestranze distribuite nelle diverse industrie abbiamo le seguenti percentuali :

(vedi tabella in originale)

INDUSTRIE TESSILI. Prima di esaminare le più importanti diamo qui di seguito i dati relativi ai capitali investiti in società anonime di industrie tessili e del vestiario aventi sede in Milano.

Anno n. Capitale Impianti Debiti Utile netto

(vedi tabella in originale) Industria e commercio della seta.- La produzione della seta è la più importante delle industrie manifatturiere d'Italia. Sparsa un po' in tutte le provincie del Regno, essa ha però intensità rilevante più che altrove nell'Alta Italia ed in ispecie in Lombardia.

Se Milano non figura tra le città che per le prime iniziarono l'arte del tessere la seta, non fu però delle ultime e la si può annoverare fra quelle che raggiunsero perfezione di lavoro ed ebbero rinomanza e conservarono per lungo tempo l'esercizio dell'industria, la quale ancora oggi, con un discreto numero di telai trasferitisi in provincia, completa - unitamente a Torino - la tessitura comasca. Il Frattini ricorda le parole di Bonvesin de la Riva, il quale afferma che « in Milano si fanno panni di lana nobili et de sirico », affermazione che si riferisce al XIII secolo. Ricorda pure che il Fiamma scriveva : « in Milano si tessono panni di seta e d'oro con sottile artificio... ». con riferimento al XIV secolo. Notizia ufficiale di una manifattura di seta stabilita in Milano nel secolo XV l'abbiamo dal Verga, il quale documenta e illustra la concessione fatta da Filippo Maria Visconti ad un tessitore fiorentino, Pietro di Bartolo, con decreto del 1° gennaio 1442. Il Verga ricorda un Bartolomeo Comezzani di Cremona, al quale venne conferita la cittadinanza milanese nel 1449, nella speranza che tale distinzione lo inducesse a dare incremento al suo esercizio. Nel 1459 i tessitori di velluti, di damaschi e di drappi auroserici presentano istanza al Duca, onde poter usufruire di quei privilegi che egli concedeva di volta in volta ad individui o società e gli espongono il desiderio di formare una organizzazione propria. Domandano quindi tutte quelle concessioni che i loro confratelli di Firenze, Venezia e Lucca già da tempo avevano ottenute. II Duca, dichiarando che l'incremento dell'industria di Milano era al sommo dei suoi pensieri, accorda, sotto alcune riserve, parecchi privilegi. Sull'esempio delle città consorelle, la nuova corporazione si diede a formare i propri statuti, i quali vennero approvati dal Duca il 10 giugno 1461. L'industria serica aveva fatto grandi progressi ed era assurta ad importanza notevole, se, come annotano il Verga ed il Malaguzzi Valeri, essa teneva occupate « quindicimila persone » (1474), cifra che sembra fors'anche un po' esagerata, ma che risulta da una dichiarazione del Magistrato ordinario ed è quindi notizia ufficiale. È da notare che Milano pretendeva, contrastando le aspirazioni delle altre città dello Stato, di tenere da sè sola il monopolio della industria serica, non permettendo alle altre città l'esercizio dell'arte; erano del resto i sistemi di Venezia, Firenze, Ferrara. Continua in grande prosperità la industria sérica durante il XVI secolo. Dalle prescrizioni che fissavano il peso per braccio di ogni qualità di drappi serici possiamo rilevare i tessuti di produzione milanese intorno al 1535: velluti neri e damaschi, rasi e ormesini, tanto in nero che in colorato. Sul principio del secolo XVII le industrie erano in decadenza, anche a causa dell'esodo degli operai. Vennero perciò emanati decreti, ma non si poteva con essi pretendere di trattenere in patria gli operai se non avevano lavoro. Il Comune cercò di incoraggiare la introduzione di nuove fabbriche concedendo speciali facilitazioni; e così abbiamo un Boisset che nel 1682 impianta un opificio per la lustratura dei drappi e dei broccati; e cede poi, causa una stolta ostilità da parte dei fabbricanti di stoffe, segreto e macchine ad un certo Barzacchini, milanese. Anche un Gatti, in compagnia di un Trezzi, introdusse in Milano, nel 1787, la fabbricazione delle « felpe di seta ad uso di Messina ». Abbiamo poche notizie sul numero dei telai attivi nel secolo XVIII; il Bo- gnetti indica a 509 le piccole fabbriche di tessuti nel 1595 e fa ascendere i telai a 809 nel 1697. Dalla seguente statistica, fatta in base ai dati forniti dal Bognetti e dal Pugliese, appare evidente lo stentato andamento della tessitura durante la prima metà del XVIII secolo : Anno 1700 .telai 200 1785 . » 1384 1787 . » 1542 1790 . » I335 1795 . » 1447

A questa statistica facciamo seguire alcuni dettagli ricavati da documenti dell'Archivio di Stato di Milano : 1728 - Giugno 30 - telai battenti : stoffe soglio 331, stoffe operate 198, velluti sogli 15, velluti operati 31. 1751 - Gennaio 16 - damasco 126, raso 228, velluto 66. 1784 - Gennaio 18 - telai battenti 547, dei quali 31 con velluto operato. 1787 - Luglio 20 - statistica generale delle manifatture di seta : Drappi di seta telai 904 Veli e garze » 324 Calzette . » 196 Galoni e lavorini » 118 Totale . telai 1542

Milano seppe dalla fine del XVIII secolo risollevare la sua tessitura, e per buona parte del XIX secolo mantenne un numero ragguardevole di telai, specialmente adibiti a tessere stoffe di pregio; le vicende naturali imposero poi il trasferimento dei telai in campagna. Il centro principale di raccolta e di distribuzione della seta è Milano il quale è diventato da alcuni anni, il primo mercato non solo italiano, ma europeo e forse mondiale della seta, superando a grandi passi Lione, che già teneva il primato e sorpassando per varietà e disponibilità di tipi, se non sempre per quantità di transazioni mercantili, i grandi mercati asiatici di Yokohama, Shangai e Canton. Abbiamo detto centro di raccolta e distribuzione, ma non di produzione, poichè i centri maggiori, sebbene finanziariamente dipendenti da Milano hanno una ubicazione fuori dalla stretta cinta del Comune. E ciò è ben comprensibile non solo per ragioni tecniche, ma anche economiche e sopratutto per l'uso di mano d'opera abbondante e a buon mercato. Nella provincia di Milano, secondo un censimento del 1923 si riscontrarono 74 filande con 7032 bacinelle; tutte le filande sono a vapore e sono installate in prossimità di Milano. Numerosissimi sono i comuni che nella provincia hanno qualche filanda ma i centri più importanti della trattura della seta sono Boffalora, Carnate, Barlassina, Vittuone, Corbetta, Veduggio, Cernusco, Vimercate, Gorgonzola, Cornate, Sulbiate, Carugate, Bellusco, Giussano, Carate Brianza e Cislago. In quanto a numero di filande, la provincia di Milano rappresenta un decimo del Regno, nel quale si annoverano complessivamente 785 filande, ma in quanto a numero di bacinelle la proporzione rappresentata dalla nostra Provincia sale a un settimo del Regno, ove le bacinelle in ésercizio ammontano complessivamente a 47.993 (censimento 30 Giugno 1923). Durante la campagna 1922-23 le filande attive furono in media 72, nella provincia di Milano, con 6726 bacinelle, 13.458 furono gli operai occupati. La torcitura conta, nella provincia di Milano, 67 stabilimenti, sempre secondo il censimento del 30 Giugno 1923, con impianti di incannaggio, stracannaggio, linatura e torcitura, in confronto a 463 stabilimenti in esercizio in tutte le provincie del regno. Fra tutti i numerosi comuni che nelle vicinanze di Milano esercitano la filatura della seta, si possono specialmnete ricordare Boffalora, Vimercate, Cernusco, Desio, Giussano, Magenta, Cornate, Sulbiate, Mezzano, Basiano, Sesto Calende, Motta Visconti, Bellusco, Cislago e Sormano. Le industrie di filatura e torcitura della seta, man mano che i centri di provvigione si andavano industrializzando, si sono spostati verso i centri agricoli. Non esistono perciò in Milano città tali industrie. Importanza pure grande, ma ancora assai minore, ha l'industria della tessitura della seta la quale ha il suo maggior centro manifatturiero nella vicina e ridente Como gravitando però commercialmente su Milano. Malgrado difficoltà di diverso ordine esterno e interno, date quest'ultime dalle elevate barriere doganali di altri stati, la tessitura della seta s'avanza sulla via del progresso e lavora già una parte notevole della seta filata, addoppiata e torta prodotta in Italia. Sete e seterie vengono largamente esportate, le prime, in fortissima quantità in tutti i paesi del mondo. Essendo poi Milano il primo mercato della seta vi è anche un'elevata importazione di sete estere in massima parte asiatiche (dei grandi paesi produttori : China e Giappone) che qui vengono stagionate e manipolate (ritorte, ecc.) per essere poi in buona parte riesportate. La tessitura è rappresentata in provincia di Milano da 24 stabilimenti e 4.256 telai dei quali 4.004 meccanici e 252 a mano, in confronto a 193 stabilimenti esistenti in tutta Italia con 20.168 telai. La nostra provincia fornisce, quindi un decimo degli stabilimenti e un quinto dei telai del Regno. I principali centri della tessitura sono, oltre che Milano, i comuni di Arcisate, Desio, Melzo, Cucciago, Gerenzano, Cavenago, Caponago, Cerro Maggiore, Cantù, Seregno e Giussano. Tutti i tipi di tessuti vengono fabbricati nella nostra pro- vincia: le stoffe per abiti da signora; le stoffe per mobili e tappezzerie, le calze, le maglie, le cravatte, i guanti, i fazzoletti, le telerie, i foderami, ecc.. Importantissima è da noi la fabbricazione dei nastri; infatti delle 40 fabbriche di nastri censite in tutta Italia al 30 giugno 1923, circa un trentina hanno sede in Milano o nei Comuni limitrofi. Anche le passamanerie hanno, in Milano, il centro maggiore di produzione, con una cinquantina di stabilimenti. L'industria dei cascami è rappresentata in Milano da una grande Società, che vanta più di 50 anni di vita, ed ha un capitale di 60 milioni di lire; conta 125.000 fusi da filato. Completando i dati raccolti da un'inchiesta condotta nel 1924 dal Ministero del Lavoro sulle industrie con più di dieci operai, riferentesi al 70-80 % degli stabilimenti, possiamo calcolare che in quell'anno in Lombardia si avevano circa 800 stabilimenti per la industria della seta occupanti circa 120.000 operai ; di questi circa 30.000 nella sola Provincia di Milano (e 1500 a Milano). Sebbene Milano non sia uno dei maggiori centri dell'industria della confezione del semi bachi, pure non va dimenticato che tale industria è esercitata in misura considerevole anche nella nostra città e nei Comuni limitrofi, per mezzo di una quindicina di ditte. La Cassa di Risparmio e le Banche tutte porgono forte ed apprezzato ausilio al commercio ed all'industria serica ed importanza notevolissima ha assunto il Magazzeno generale delle sete presso la Cassa di Risparmio, che accentra una parte notevolissima e sempre crescente del commercio delle sete; altri magazzeni generali per le sete sono condotti dalla Società Anonima per la stagionatura e l'assaggio delle sete, che ha un modernissimo laboratorio d'assaggio, e da altri istituti. Per avere un'idea della seta disponibile a Milano si leggano le seguenti cifre relative allo stock al 31 dicembre 1925:

Sete gregge Kg. 285.872 lavorate e doppio greggio » 85.264 Totale Kg. 371.136

Per raffronto si tenga presente che al 31 dicembre 1925 esistevano a New York 50.000 quintali ed a Yokohama 37.000 balle, pari a quintali 22.200, e a Kobe quintali 3169. Negli anni successivi alla guerra europea si sono però manifestate nella filatura indici di crisi impressionanti, con una diminuzione del numero delle bacinelle attive. Segue per importanza la industria della lavorazione del cotone, la quale ha preso nella provincia di Milano uno sviluppo grandissimo. L'industria del cotone ebbe in Lombardia le sue origini e ancora vi tiene la sua più importante sede. Le più recenti statistiche registrano per tale regione 2.654 mila fusi di filatura sui 4.514 di tutt'Italia; i fusi di torcitura censiti in Lombardia ammontano a 380.000 sui 751.500 di tutt'Italia; i telai meccanici installati nella regione lombarda sommano a 95.340 in confronto a 139.000 installati in tutta Italia. Infine possiamo ricordare che l'industria lombarda del cotone impiega 116.286 HP in confronto ai 195.276 HP che si attribuiscono complessivamente all'industria cotoniera nazionale. Gli operai ammontano a oltre 170.000, di cui 80.000 nella Provincia di Milano (e 2000 nel Comune). In Lombardia esistono, quindi, secondo le più recenti statistiche, oltre il 59 % dei fusi e oltre il 70 % dei telai di tutta Italia. A Milano sono accentrati gli uffici dei numerosissimi opifici sparsi nella Regione. I centri cotonieri più importanti nella nostra regione sono Milano, Gallarate, Busto Arsizio e Monza, Legnano e dintorni, Saronno; ma si può dire che in nessuno dei 300 Comuni - anche i più piccoli - compresi nella Lombardia non sorga un opificio ove l'industria cotoniera svolga qualcuna delle sue varie lavorazioni. Citiamo ad esempio, fra tali Comuni, Rho, Carate Brianza, Casorate Sempione, Cassano Magnango, Fagnano Olona, Castellanza, Binasco, Borsano, Parabiago, Cedrate, Bellusco, Sovico Brianza, Legnano, Busto Garolfo, Inveruno, Niguarda, Cardano, Giussano, Jerago, Sacconago, Cajello, Besana, Robecco sul Naviglio. Primeggia fra questi Comuni Busto Arsizio ove si producono tessuti candidi e colorati in quantità enormi. A Legnano sono installati 160.000 fusi, 8,500 telai e 10.000 operai per tessuti tinti in pezza, tessuti stampati, tovaglierie, tessuti fantasia, ecc. Circa un decimo di tutti i telai di tutta Italia è installato nel Gallaratese, con una produzione di circa 70-80 milioni di metri di tessuti di cotone. A Gallarate e dintorni esistono oltre 130.000 fusi (ripartiti in 120 ditte), 13.000 tela e 15.000 operai. Vi si fabbricano tessuti di fantasia, stampati, fazzoletti, piqués, velluti, satins, rasi, damaschi, ecc. Le femmine occupate in quest'industria sono in prevalenza : in Lombardia circa 120.000 femmine e 40.000 maschi e il resto fanciulli a meno di 15 anni. La mano d'opera maschile predomina solo nell'industria dei damascati, tappeti e tessuti per mobili. Gli stabilimenti per tintoria, candeggio e mercerizzazione, sono per oltre la metà (155 su 282 in Italia) installati in Lombardia. Pochi stabilimenti si svolgono entro le mura cittadine, nessuno stabilimento di filatura e solo due di tessitura. Si svolgono invece in Mi- lano le industrie della tintoria e stamperia, della mercerizzazione e del candeggio. Dalle numerose fabbriche che sorgono in Milano e nei dintorni escono, per essere destinate ai mille e mille Comuni d'Italia e all'estero (specialmente ai paesi della Penisola Balcanica, dell'Oriente, Estremo Oriente, Malesia e dell'America del Sud) tessuti di ogni tipo; dalle telerie alle stoffe per abiti e impermeabili, al foderame, alle ovatte, alle passamanerie, agli arazzi e tappeti, ai berretti, alle maglie, ai pizzi, ai ricami, alle calze, tende guipure, tele da imballaggio, per materassi, ecc. Notevole pure la fabbricazione di tessuti elastici, bretelle giarrettiere, che esercita una notevole esportazione. Vicino alle società forti di capitale una folla di singole ditte, di esportatori diretti concorrono tutte ad intensificare il commercio esterno e con esso la produzione. Dopo la guerra, nonostante la perdita di alcuni dei migliori mercati e il rincaro della materia prima, l'industria che fu colpita duramente dalla conflagrazione Europea, potè riprendere in pieno, aumentando il numero dei fusi, consumando tutti gli imponenti stocks accumulati. Nel dopo guerra per il solo esercizio della filatura e tessitura del cotone si costituirono circa 70 società anonime nuove con un capitale di circa 250 milioni. Nel dopo guerra è anche riapparso, dopo decenni, il fenomeno delle piccole industrie e su vasta scala : sono in genere operai che, appreso il mestiere in qualche grossa industria, impiantano a casa qualche telaio.

Maglierie e calzifici. - La produzione delle maglierie, che costituisce un ramo speciale dell'industria cotoniera, conta in Lombardia 33 dei 65 opifici censiti in Italia e possiede 1838 macchine delle 4846 esistenti in Italia. Un altro ramo dell'industria cotoniera è quello dei calzifici il cui centro è nel Bresciano, i quali sono in numero di 32 in Lombardia (55 in Italia) e posseggono 560 macchine (7880 in Italia). Gli stabilimenti di ricami e pizzi sono circa una novantina nella nostra zona e sono tutti raccolti nel Gallaratese con circa 2000 operai. Si contano fra Milano e Monza anche 30 stabilimenti per la produzione di passamanerie sui 44 di tutt'Italia. Nelle industrie tessili il lavoro a domicilio e la piccola industria si riscontrano in prevalenza nella produzione delle maglie e delle calze, delle confezioni, della biancheria. Per quanto riguarda la fabbricazione a macchina di maglie e di calze, il prezzo relativamente mite delle macchine, le agevolezze accordate con il pagamento a rate, la facilità dell'uso di queste macchine, la redditività del lavoro, hanno contribuito a diffondere la lavorazione in casa - per conto di terzi - di maglie e di calze, cosicchè in alcune regioni - come nelle Puglie - pur essendovi larga produzione, mancano addirittura stabilimenti : sembra anzi potersi affermare che in Italia, dalla Toscana in giù, la lavorazione delle maglie e delle calze è tutta fatta con macchine a domicilio. Nelle fabbriche di maglie, calze, guanti a maglia, viene usata molto anche la lana, ma anche forti quantità di cotone, seta, seta artificiale per fabbricare quantitativi sempre più forti di indumenti, come sottovesti, maglie, mutande e calze, golfs, panciotti, berretti a grandi varietà di colori e disegni. Anche nella nostra città, dove pure l'industria specialmente delle maglierie è organizzata in stabilimenti - una quindicina circa, di cui uno solo appartenente ad una società anonima - è esteso il lavoro a domicilio e non si è forse lontani dal vero calcolando ad un migliaio il numero di lavoranti per conto proprio o di terzi. Potrà sembrare strano che in un centro così importante per l'arte teatrale, quale Milano, non si sia specializzato l'esercizio dell'industria in grande della maglieria per teatro: ma se ne comprende subito la ragione quando si pensi che per l'esercizio dell'industria in grande della maglieria occorre un'ingente produzione giornaliera. Vi sono fabbriche di calze con una produzione giornaliera di 1000 dozzine di paia di calze; il consumo invece per articoli di maglieria per teatro è minimo e la categoria speciale dei consumatori ha tali esigenze particolari che possono soddisfarsi solo con singole produzioni. L'industria delle maglierie - e quella delle calze in ispecie- era riuscita prima della guerra ad arrestare la concorrenza tedesca e nel dopo guerra questa è limitata alle calze a buon mercato, mentre noi esportiamo con successo in Francia, Austria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, e in Oriente che fa richiesta di articoli correnti.

Industria della lana. - Quest'industria, pur non essendo fra le più importanti della Provincia, annovera una quindicina fra stabilimenti, sedi amministrative ed agenzie. Centri lanieri più notevoli sono quelli di Milano, Desio, Affori, Greco Milanese, Giussano, Rho, Saranno, Paderno Dugnano, Seregno, Monza, Somma Lombardo, Verano. Tutta la gamma delle lavorazioni è rappresentata; dalla filatura alla torcitura. Particolarmente numerosi sono gli opifici per la manifattura degli scialli e delle maglierie. A Milano città vi è una sola filatura di lana pettinata e cardata per sciallerie e maglierie. Hanno però sede sociale a Milano le più importanti società anonime (una decina) con stabilimenti nelle provincie di Como, Pavia, Torino e Vicenza. In Lombardia sono circa 50 gli opifici che occupano circa 12.000 operai, di cui circa 6000 nella Provincia. Industrie del lino, canape, juta e crine animale. - Queste industrie, oltre ad essere esercitate da alcune decine di piccoli e medi stabilimenti (in Lombardia oltre 80 con circa 20.000 operai), sono rappresentate in grande potenza e contemporaneamente da una fra le più antiche e solide aziende di Milano, che in questa città tiene le sede centrale per la direzione e l'organizzazione dei suoi venti opifici, situati nei dintorni di Milano e nelle varie regioni d'Italia. In questi opifici si producono complessivamente ogni giorno quasi 100.000 chilogrammi di filati di lino e canapa, 7000 chilogrammi di refe, 25.000 chilogrammi di cordette e cordami vari, 40.000 chilogrammi di tele, 6000 metri quadrati di tessuto impermeabile. Dell'industria del crine, a Milano non si svolgono che le opere di confezionamento del manufatto, alla cui lavorazione - cernita, filatura, torcitura - si provvede invece nell'attigua Provincia di Pavia dando lavoro ad un migliaio di operai, mentre nei laboratori di confezionamento di Milano è addetta solamente una quarantina di operai. L'industria del crine animale esporta per circa due terzi della sua produzione.

Anche l'industria della biancheria si svolge in gran parte o in forma di piccOla industria o a domicilio; peraltro - a differenza della industria delle confezioni per signora - numerosi sono gli stabilimenti : nella nostra città se ne contano una ventina circa (ditte in nome proprio, società collettive o in accomandita semplice) che impiegano complessivamente 10.000 operaie, perchè la maestranza è, si può dire, completamente femminile; uomini sono eccezionalmente impiegati per il taglio della biancheria. I numerosi negozianti di biancheria della nostra città alimentano il lavoro a domicilio in piccoli locali in cui riuniscono poche lavoranti, a disposizione delle quali mettono alcune macchine da cucire; è in ge-, nerale però la confezione delle camicie che ad esse affidano; i colletti, per il lavoro di apprettatura e dí stiratura e per la maggiore precisione di esecuzione che richieggono sono ordinati quasi sempre negli stabilimenti. Confezioni di ogni genere ne escono e non solo per il mercato interno, chè colli, polsini, altra biancheria e busti da donna vengono esportati in sempre maggior quantità e anche sui mercati dell'America ed in Oriente. Una specialità tutta milanese è al riguardo quella dei vestiari da teatro, con tutto quanto altro ha relazione con l'industria teatrale. Come è noto Milano è il centro teatrale lirico mondiale per eccellenza. Qui si accentra tutto il movimento dei professionisti del teatro lirico ed anche di quello di prosa, limitatamente all'Italia questo, però. Si calcola che per l'industria del teatro siano impiegate a Milano oltre 5000 persone, che forniscono gran parte dei teatri del mondo intero. I tessuti elastici, legacci, bretelle, ecc., si sono elevati al punto da emulare Nottingham e le marche italiane, milanesi anzi, entrano sui mercati stranieri in lotta coi produttori esteri.

Industria della seta artificiale. - Sebbene questa industria venga considerata sovente fra quelle chimiche, tenuto conto dei caratteri peculiari della materia prima che impiega e dei sistemi di lavorazione che adotta, ciò non di meno noi la comprendiamo fra le industrie tessili, avuto riguardo all'uso che della seta artificiale si fa commercialmente. Questa modernissima industria, che in pochi anni ha saputo conseguire progressi notevolissimi e si è ora affermata fra le più importanti e promettenti industrie del Paese, è rappresentata largamente nella nostra Provincia, dove si trovano alcuni importanti opifici, e ove tutte le più importanti aziende del genere hanno stabilita la loro sede. Il capitale delle società anonime con sede in Milano supera i due miliardi! Nella Provincia di Milano si producono giornalmente circa 10.000 chilogrammi di filato, che rappresentano circa un quinto della produzione giornaliera nazionale. I filati prodotti dalle nostre fabbriche sono quelli di tipo corrente e sono particolarmente impiegati per la lavorazione delle maglierie, calze, cravatte, scialli, ecc. Il commercio d'esportazione ha il suo centro di diramazione in Milano, ove tutto il filato prodotto nelle altre regioni d'Italia viene raccolto per essere inoltrato nella Svizzera, Austria, Polonia, Paesi della Penisola Balcanica, India, Cina e Giappone, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Francia, Olanda, Ungheria. Gli stabilimenti principali si trovano a Pavia, Cesano Maderno, Ceriano, Magenta, Cusano Milanino.

INDUSTRIA DEL VESTIARIO E ABBIGLIAMENTO.

Per la imperfezione del sistema doganale (che protegge più i capi meno fini di quelli ordinari), per la mancanza di grandi aziende commerciali di vendita all'ingrosso dei tessuti, la quale costringe l'industriale in confezioni ad immobilizzare forti capitali in ingenti stocks di merce, per la deficienza di organizzazione nella vendita delle confezioni al dettaglio, per la riluttanza anche nelle classi meno abbienti ad acquistare confezioni anche da poco tempo scadute di moda, mentre i grandi magazzini di confezioni stranieri riescono con molto maggiore facilità a smaltire gli articoli fuori di moda, per la concorrenza che le grandi case di confezioni, specialmente francesi, fanno con il sistema di vendita per corrispondenza (a mezzo di pacchi postali), l'industria delle confezioni in Italia è ancora in prevalenza allo stadio di piccola industria e d'industria a domicilio. A Milano solo il ramo delle confezioni per signora è organizzato in forma di grande industria; ma anche gli operai fissi dei due soli stabilimenti in forma sociale nei quali la lavorazione delle confezioni assumerebbe il carattere d'industria esercita in grande, costituirebbero una minoranza in confronto al numero degli operai che lavorano a domicilio per conto di quelle società e la loro stabilità rappresenterebbe più che altro una condizione necessaria per assicurarsi il personale permanente e fidato per la preparazione dei campionari nei mesi di settembre ed ottobre per il campionario di estate, nei mesi di aprile e maggio per il campionario d'inverno. Secondo le risultanze dell'inchiesta ministeriale più volte citata, risulterebbero a Milano città occupate in ditte aventi più di 10 operai oltre 10.000 persone nell'industria del vestiario e dell'abbigliamento e oltre 20.000 nella Provincia di Milano. La mano d'opera femminile ha la prevalenza assoluta. Comprendendo anche le industrie domestiche o a domicilio, si troverebbero occupati in queste professioni a Milano città circa 50.000 persone.

Una industria che è arrivata alla maggior altezza e che pure è ancora insufficientemente conosciuta nello stesso nostro Paese, ha il suo centro nella Provincia di Milano e precisamente a Monza, ed è l'industria dei cappelli, di cui è necessario parlare a proposito delle industrie del vestiario e dell'abbigliamento. Industria che vi occupa quasi 10.000 operai, che è riuscita a conquistare i paesi esteri così da esportare oltre sei milioni di cappelli (rappresentata in tale cifra la produzione generale d'Italia) e che forma ormai una vera specialità italiana nei cappelli di feltro d'uso corrente e di genere fino e finissimo. Alcune marche d'Alessandria in ispecie, ma anche di Monza, hanno fama universale e le ditte monzesi hanno portato i loro opifici succursali - a vincere l'elevatezza di barriere doganali straniere - in Ispagna, in Romania, in America. Nella Lombardia si contano attualmente circa 60 opifici con oltre 7000 operai.

L'industria dei bottoni è sviluppata nella nostra città: se ne fabbricano di metallo, di celluloide, di bakelite, di stoffa, di galalite, di corozo, di osso, di frutta; vi è pure una fabbrica di bottoni di cartone macerato e compresso. La forma sociale prevale nell'organizzazione di questa industria in Milano : di sei stabilimenti, cinque sono retti da società, delle quali due anonime. La moda, continuando a sostituire il bottone alle vecchie guarni- zioni, favorisce l'industria dei bottoni che, sorta da pochi anni, è in pieno sviluppo. Nel complesso, in Lombardia, le industrie del vestiario e dell'abbigliamento medie e grandi sono oltre trecento con circa 15.000 operai, senza contare il fortissimo numero di piccoli laboratori.

Industrie dei pellami, delle calzature e del cuoio. - Nella nostra regione i calzaturifiici sono abbastanza numerosi; la sola città di Milano ne conta una quarantina, fra i quali una decina di media importanza, e due che si possono considerare fra i maggiori d'Italia. A Busto Arsizio abbiamo altri due calzaturifici importanti. Così Legnano, Parabiago e Gallarate sono pure essi centri notevoli. La materia prima è fornita in gran parte dalle concerie italiane; i mercati di consumo sono quelli nazionali, ma da qualche anno la produzione delle nostre scarpe ha trovato uno sbocco in Francia e nei Paesi della Penisola Balcanica. La produzione giornaliera dei calzaturifici della città si valuta, all'incirca, in 15-20 mila paia di scarpe di vario tipo. Nella regione si annoverano anche varie fabbriche di cinghie, articoli per selleria, valigeria, da viaggio, ecc. La produzione di guanti è pur essa esercitata con notevole ampiezza.

I pellami sono lavorati nella nostra città in tutti i loro stadi : dal prodotto conciato a quello finito. Si hanno stabilimenti modernamente attrezzati per la lavorazione al cromo di pelli di vitello, concerie di pelli, di cuoio, di tomaie; prevalgono in quest'ultimo ramo le piccole aziende, numerosissime e che, prese nel loro complesso, esplicano un lavoro importantissimo : nè manca la lavorazione dei prodotti conciati per la fabbricazione di guanti, di calzature, di articoli da viaggio e da selleria. Nell'industria delle pelli in ogni suo stadio abbonda la forma individuale o di società semplice; la società per azioni è relativamente recente : difatti nello nostra città nel 1914 aveva sede e stabilimento una sola società anonima rispettivamente per le concerie di pellami, per la lavorazione di articoli da viaggio e di calzature. Recentemente però, con il cospicuo sviluppo preso dalle società anonime, anche questa forma è andata estendendosi. Ecco i dati dal 1918 al 1924, relativi sempre alle sole società anonime con più di un milione di capitale :

(vedi tabella in originale) Là dove la lavorazione si compie a mano od a macchina da cucire, è diffuso l'artigianato ed il lavoro a domicilio; il lavoro, in opifici si riscontra là dove la lavorazione si compie con macchine mosse da forze meccaniche. L'industria della conceria del cuoio e delle tomaie era ancora soggetta nei primi mesi del 1914 alla crisi dovuta alla sfrenata concorrenza interna; ma si riprese durante la guerra e superata la crisi generale del 1921 si avvia a grande floridezza. In Lombardia le concerie, fabbriche di calzature e tomaie si calcolavano nel 1924 a circa 250 con circa 15.000 operai. A Milano città si contano oltre 10.000 operai.

INDUSTRIE METALLURGICHE, MECCANICHE ED ELETTRICHE. Innazitutto i soliti dati circa il capitale impiegato in sole società anonime (con più di un milione di capitale):

(vedi tabella in originale) (vedi tabella in originale)

Nella Provincia di Milano l'estrazione dei metalli si può dire che manchi del tutto. Per contro la lavorazione dei metalli in questa Provincia ha notevole importanza : fonderie di acciaio, di ghisa, di ottone, di bronzo, di rame, di campane, di caratteri di stampa, sorgono, alcune importantissime, in Milano e nei centri limitrofi di Rogoredo, Sesto S. Giovanni, Legnano, Monza, Gallarate, Busto Arsizio, ecc. Si contano nella Provincia di Milano 14 forni Martin Siemens, da 25 a 40 tonnellate ciascuno e 47 forni elettrici da 2 a 15 tonnellate ciascuno. Nei nostri opifici si producono lingotti d'acciaio, getti d'acciaio, lamiere, vergella, laminati vari, tubi di ferro con e senza saldatura, ecc. Si calcola che la produzione d'acciaio nella Provincia di Milano dia da un terzo ad un quarto del prodotto totale d'Italia. Da un'inchiesta del Ministero riferentesi al settembre 1924 e relativa al 70 % circa di tutti gli opifici esistenti con più di dieci operai, possiamo ricostruire la maestranza occupata in Lombardia in industrie metallurgiche, che alla data suddetta ammonterebbe a oltre 25.000 (di cui 4000 a Milano città e 7000 in Provincia di Milano). Si contano inoltre 90 fonderie con 6500 operai. A Milano la produzione dell'acciaio è fatta con forni Martin Siemens, con convertitori Bessemer e con forni elettrici, questi ultimi recentemente adottati per la produzione di pezzi di speciale resistenza richiesti nella costruzione di automobili, aeroplani, ecc. Le fonderie di ghisa più importanti costituiscono riparti delle grandi officine di costruzione del materiale ferroviario; ma a lato di queste esistono in città, fonderie di ghisa le quali producono materiali diversi per le più svariate industrie locali e per i cantieri navali, ecc. Queste fonderie risentono però sempre più viva la concorrenza delle fonderie dei paesi e delle città limitrofe. Accanto a numerosissime piccole e quasi casalinghe fonderie di bronzo e ottone, si hanno grandi fonderie industriali e artistiche di bronzo e ottone, la cui produzione è in gran parte destinata ai cantieri navali della Liguria ed agli arsenali marittimi. La produzione dei forni locali trova il suo collocamento nelle industrie meccaniche del luogo, ma fornisce anche le altre provincie del Regno, nonchè le Amministrazioni dello Stato. Vanno ricordate le fabbriche di mobili in ferro che hanno avuto un florido sviluppo. Al settembre 1924 si contavano in Lombardia e specie nel Gallaratese, una trentina di fabbriche con oltre 15.000 operai.

È abbastanza diffusa in Milano l'industria dei metalli preziosi, sia per uso delle oreficerie, sia per l'industria chimica, per quella degli specchi, per le decorazioni sui metalli, legno, stoffe, pelli, ecc. L'esercizio di questa industria, già praticata in Milano nei tempi antichi (ancora ricordata nella via Orefici), viene praticata in piccoli laboratori, che ammontano a varie decine. La preparazione dei metalli preziosi ad uso industriale - l'affinazione del materiale greggio - non si fa a Milano come non si fa in altre città (anche le zecche da tempo l'abbandonarono) per la mancanza in paese di materia prima che dia lavorazione sufficiente a compensare le forti spese d'impianto di uno stabilimento di affinazione di metalli preziosi. Per il metallo affinato o già foggiato in lastre od in fili sottilissimi si ricorre alla Francia, alla Svizzera e specialmente alla Germania. Per una parte del consumo locale l'industria si vale, come materia prima, delle oreficerie già usate e delle valute fuori corso e per la fusione di questi rottami e di queste monete ai titoli necessari alla fabbricazione delle oreficerie e delle argenterie non sono necessari impianti speciali : bastano piccole fucine che si riscontrano numerosissime nella nostra città. Altro modo di lavorare i metalli preziosi per le industrie è il trattamento delle ceneri e dei cascami di ceneri delle fabbriche e dei laboratori di oreficeria e di argenteria e ditte che trattano queste ceneri e questi cascami esistono in Milano. La fusione di leghe fornisce alla parte facoltosa della città articoli di ogni genere di argenteria. È venuta inoltre costituendosi una schiera di valenti orefici assai ricercati. Nella nostra città è abbastanza estesa finche la preparazione dei metalli preziosi, anzichè ad esclusivo uso dell'industria orafa, per altre industrie (per quella chimica, per la fabbricazione degli specchi) e la riduzione dell'oro e dell'argento in fogli sottilissimi per le decorazioni su legno, su metallo, su ceramiche, su fodere e marocchini di cappelli. Dieci risulterebbero le ditte di Milano che preparano l'oro per tali usi industriali e di queste una in forma cooperativa ; ma di gran lunga maggiore è il numero dei piccoli laboratori. L'esercizio in piccolo di quest'industria nella nostra città è tradizionale ed è stato, si può dire, favorito dall'introduzione del sistema di doratura ed argentatura galvanica, la quale, escludendo la necessità di larghi impianti, permette al piccolo laboratorio di provvedersi della materia prima necessaria a seconda del più limitato fabbisogno. Le fabbriche di oreficeria e argenteria con più di 10 operai sarebbero al settembre 1924 - in Lombardia - circa una cinquantina occupanti circa 1800 operai.

Industria meccanica.- Quest'industria, importantissima e caratteristica per la regione lombarda, novera parecchie centinaia d'imprese, alcune delle quali si presentano in forma di organizzazioni potentissime e occupano parecchie migliaia di operai; altre invece sono di dimensioni medie e infine moltissime si mantengono in proporzioni modeste, occupando meno di dieci operai. Questo numero cospicuo di aziende piccole, come abbiamo visto, ha una caratteristica comune ad altri rami d'industria nella nostra regione. Secondo i dati raccolti nell'inchiesta citata potremmo calcolare esistere, alla fine del 1924, in Lombardia 900 aziende (con più di dieci operai) appartenenti alla industria meccanica, di precisione, autoveicoli e materiale ferroviario, minuterie metalliche, con oltre 90.000 operai. Nella sola provincia si raccolgono oltre 400 aziende con circa 45.000 operai. A Milano città si avrebbero circa 350 aziende con oltre 50.000 operai. Anche volendo limitarci alle sole produzioni più importanti della nostra industria meccanica, dovremmo compilare un elenco lunghissimo; ci limitiamo perciò ad un elenco sommario: Officine di costruzione in ferro, costruzioni meccaniche, apparecchi sanitari, di riscaldamento, di illuminazione, mobili in ferro ed ottone, casse forti, motori termici, idraulici, costruzione di trasmissioni ordinarie, di rubinetterie, di catene, bollonerie, fabbriche di macchine da cucire, di macchine operatrici (ascensori, montacarichi, grues, funicolari, macchine utensili per la lavorazione dei metalli, macchine tipografiche, macchine per pastifici), di motori elettrici e materiale per centrali elettriche (ventilatori, piccoli motori elettrici, accessori per centrali elettriche), di automobili, di biciclette, di fari e fanali, di materiale mobile e fisso ferroviario, tramviario, da trasporto in genere, di motori e turbine per navi, di macchine agricole, di smalterie di ghisa e di ferro, di posaterie e oggetti di metallo in genere, di articoli casalinghi, di apparecchi di ottica e di precisione, di apparecchi ed istrumenti di misura e controllo per uso industriale (caricatori di acqua, di gas, di misura e controllo per energia elettrica, di gasometri, di manometri), di sveglie e di orologi, di apparecchi e di accessori elettrici (apparecchi telegrafici, telefonici, per radio, suonerie elettriche, accessori per condutture elettriche). Una esposizione dettagliata del genere di lavorazione di ognuno di questi rami singoli dell'industria meccanica esorbiterebbe dai limiti della presente monografia; così pure non si può che accennare all'esistenza in Milano accanto a queste officine, alcune delle quali con impianti colossali, dei numerosi e piccoli laboratori di ramiere, lattoniere, di fabbro ferraio e di armaiolo, che per alcune lavorazioni hanno una potenzialità di produzione per l'entità e la specializzazione loro tutt'altro che trascurabile, nonchè dei piccoli opifici - essi pure numerosi per la fabbricazione di pesi e di misure. Più conforme allo scopo di questi cenni sulle industrie di Milano è l'accenno a quelle di maggiore rilievo. Nel gruppo delle produzioni del materiale ferroviario e autoveicoli possiamo ricordare le grandi costruzioni di locomotive a vapore, locomotori elettrici, automotrici con motore Diesel, vetture ferroviarie, vetture tramviarie, ferrovie aeree, ascensori, montacarichi, rotaie, piattaforme, scambi, tettoie, apparecchi di sollevamento, ecc. L'industria dell'automobilismo, motociclismo e ciclismo ha assunto anche a Milano un'importanza assai notevole. Passando al gruppo del materiale elettrico, troviamo i motori, i trasformatori e gli alternatori elettrici dai più potenti ai più modesti, le apparecchiature per quadri di distribuzione, per centrali elettriche, gli equipaggiamenti di veicoli elettrici. Pure estesa è l'utilizzazione della energia elettrica in impieghi di uso domestico come per ferri da stiro, le. cucine, le stufe, ecc., e di uso industriale, con le saldatrici elettriche, i trapani, le macchine operatrici, ecc. Si calcolano a circa 2500 gli operai occupati nella città di Milano in questo ramo d'industria. Nel procedere all'elencazione dei prodotti dell'industria meccanica, dobbiamo ricordare le macchine motrici, specialmente quelle di grande potenza, come turbine a vapore, motori Diesel ed altri. Pure importantissima è la fabbricazione di macchine operatrici, fra le quali sono principalmente da ricordare i macchinari per l'industria tessile, l'industria conciaria, i calzaturifici, il materiale edilizio, le costruzioni stradali, l'industria alimentare. Appartengono a quest'ultimo gruppo le macchine per pastifici, per la fabbricazione di cioccolato e di confetti e le macchine enologiche. Infine abbiamo una vasta produzione di macchine e utensili per la lavorazione dei metalli e del legno. Un altro gruppo di notevole importanza è fornito dalle macchine agricole, fra le quali vanno specialmente ricordate le falciatrici, le trebbiatrici, le pressaforaggi e gli aratri. La fabbricazione nella nostra città degli istrumenti di geodesia, di astronomia, di meteorologia, di macchine ed apparecchi per le prove dei materiali da costruzioni, di canocchiali, di binoccolí, di obbiettivi per apparecchi fotografici, di proiettori a specchi parabolici che raggiungono fino a 2 m. di diametro, di fari elettrici, ha avuto origine da una scuola-officina. Il prof. Ignazio Porro, già direttore dell'Institut technomatique di Parigi, si propose di impiantare in Italia la fabbricazione degli istrumenti di calcolo e di ottica : associatosi con valenti meccanici ed ottici di quel tempo che lavoravano nei propri laboratori in modeste proporzioni, impiantò, poco prima del 1870, una officina che ebbe peraltro breve durata. Il prof. Porro tuttavia ritentò la prova fondando con piccolo capitale una scuola-officina, per la costruzione degli istrumenti di geodesia e di astronomia. Un'altra industria, che era fino ad una ventina di anni fa una specializzazione esclusiva dell'industria straniera e che s'iniziò a Milano, è la fabbricazione degli orologi e delle sveglie. In questi ultimi anni ha preso uno sviluppo rapidissimo la fabbricazione parti staccate per radiofonia. È pure diffusa, specialmente in forma d'industria media e piccola, la produzione delle minuterie metalliche, che comprende svariati prodotti, dalle spille ai bottoni, alle viti, alle chincaglierie. Nè si dimentichi la fabbricazione di contatori per energia elettrica, per gas ed acqua potabile. Di considerevole importanza è pure l'industria degli impianti di riscaldamento e di ventilazione. A questo proposito si deve avvertire che la nostra industria non si limita alle semplici operazioni di installazione, ma produce altresì caldaie, radiatori, ventilatori, ecc. Anche la fabbricazione degli istrumenti per misure elettriche rappresenta un'emancipazione dall'estero ed ora si producono nella nostra città svariati tipi di amperometri, voltometri, wattmetri, frequenziomefri, fasometri, serie complete di trasformatori. I primi tentativi d'impiantare quest'industria furono fatti nel 1876 da una ditta d'Ivrea e le difficoltà tecniche da superare non furono poche : prima, fra tutte, di produrre economicamente. Una produzione, anch'essa alquanto diffusa, è quella che si rivolge agli articoli per uso domestico, come stoviglie e simili, in ferro smaltato ed alluminio. Tutta questa svariatissima fabbricazione delle nostre industrie meccaniche costituisce il principale assorbimento alla produzione delle numerose fonderie di acciaio, ghisa, alluminio, bronzo, che nell'ultimo decennio hanno preso un largo sviluppo. Nel 1923 e nel 1924 la produzione meccanica si è notevolmente intensificata ed ora lavora, si può dire, in pieno, superando sensibilmente, per qualità, quantità e varietà di tipi, la produzione del periodo prebellico. Oltre ai dati citati, secondo le notizie desunte dall'inchiesta ministeriale si calcolerebbero occupati in Lombardia 5500 operai nelle industrie di costruzione e riparazione di autoveicoli, 15.000 nelle industrie per la riparazione del materiale ferroviario e 12.000 nelle industrie meccaniche di precisione (di cui 7000 nella Provincia di Milano e 6000 in Milano città). I prodotti della nostra industria meccanica, oltre a trovare un largo smercio in tutte le provincie del Regno, vengono esportati in misura cospicua; l'esportazione comprende specialmente materiale ferroviario, le automobili, gli ascensori, le sveglie e le macchine operatrici.

INDUSTRIA CHIMICA E FARMACEUTICA.

Un'altra industria importantissima, che si esercita sul territorio di Milano e dei suoi dintorni, è quella chimica. La produzione massima è rivolta alle specialità medicinali, ai prodotti farmaceutici, ai concimi artificiali, alle materie coloranti, alle vernici, agli inchiostri, ai prodotti fotografici, alla fabbricazione degli acidi, degli olii minerali e lubrificanti, delle colle, degli amidi, dei profumi, delle materie tartariche, degli esplosivi, dei gas compressi, dei saponi. Basta questa sommaria ed incompleta elencazione per dare un'idea di quanto sia complesso e vario e importante questo ramo d'industria, che in Milano ha il suo centro più cospicuo di tutt'Italia. Accenniamo brevemente alle industrie più importanti . L'industria delle materie coloranti si è di recente molto sviluppata, giovandosi di una larga protezione doganale accordata dal Governo in vista dell'utilità che simile industria potrebbe rappresentare in caso di guerra per la produzione di gas tossici e di esplosivi. Le grandi fabbriche di colori si trovano a Milano, a Rho ed a Cesano. Le industrie di prodotti farmaceutici e specialità medicinali che hanno sede a Milano e a Dergano hanno una fama internazionale di primissimo ordine. Le industrie tartariche hanno in Milano un centro di produzione importantissimo : a Linate ha sede il più grande stabilimento del mondo. Secondo l'inchiesta del 1924 si possono calcolare in 26.000 gli operai occupati nelle industrie chimiche in Lombardia (80.000 solo nell'industria della gomma), dí cui oltre 20.000 nella Provincia di Milano e 14.000 nella sola città. I vari rami dell'industria del vetro trovano applicazione nella nostra città; vi si lavora il vetro bianco e colorato per l'industria farmaceutica, chimica, delle profumerie, per tubi da lampada, per servizi da tavola, per lastre da finestre, per tegole di vetro e dalles da sotterranei, per lampadine elettriche, quanto il vetro nero per bottiglie, fiaschi e damigiane; non mancano le altre lavorazioni, come la decorazione, la molatura e la confezionatura del vetro per altri numerosi oggetti; la curvatura per fanali e vetrine, la piegatura di fialette per medicinali e per siringhe. Ma mentre la lavorazione del vetro bianco e nero si fa solo in grandi stabilimenti (quattro nella nostra città), per la decorazione e la molatura, accanto a grandi opifici, si hanno. numerosi piccoli laboratori; ancor più sviluppata si riscontra la piccola industria nelle operazioni - data la semplicità di queste - di confezionatura del vetro, come la curvatura per fanali e la soffiatura di fialette medicinali. Diamo alcuni dati sul capitale delle società anonime (con più di un milione di capitale) esercenti l'industria del vetro:

(vedi tabella in originale)

L'esercizio dell'industria in grande, dal punto di vista degli operai, della entità del capitale, della potenzialità di produzione ha, nei riguardi dell'industria della gomma, piena applicazione in Milano : ad eccezione delle soprascarpe di gomma, la cui produzione in paese non potrebbe vincere la concorrenza dell'America e della Russia, dalla ditta che introdusse nel 1873 in Italia l'industria della gomma elastica, questa è lavorata in tutti i suoi prodotti : pneumatici, gomme piene,articoli tecnici (parti di macchine, tubi, articoli sanitari), mercerie (anelli elastici, palle), tessuti gommati (impermeabili, tessuti per dirigibili, salvagente) conduttori di elettricità, dai piccoli cordoni per campanelli e lampade elettriche ai grossi cavi per le comunicazioni sotterranee e subacquee. La grande Società milanese Pirelli, che produce gli articoli di gomma, ha un capitale azionario sottoscritto di 120 milioni di lire; tiene occupati 16.000, fra operai ed impiegati. Oltre alle officine di Milano e della Bicocca, ha stabilimenti a Vercurago, Spezia, Saronno, in Inghilterra, Spagna, Buenos Ayres, Villanueva, Southampton, Giava. Essa ha dedicato la sua attività alla lavorazione della gomma elastica, della guttaperca, dell'amianto; alla produzione di fili e cavi isolanti per tutte le applicazioni dell'elettricità, pneumatici e gomme piene. La ditta produce pure in proporzioni notevolissime oggetti di ebanite per le più svariate applicazioni, specialmente elettriche (cassette per accumulatori, bobine per dinamo e trasformatori, articoli per suonerie, telefoni, ecc.), come pure tubi di fulacsite (specie di ebanite molto flessibile) impiegati per isolare i conduttori attraverso i muri, senza contare l'infinita varietà degli oggetti di gomma elastica, da quelli di uso comune e per giochi e sports a quelli inerenti alle più diverse applicazioni industriali. Iniziò nel 1886 la costruzione dei cavi telegrafici sottomarini, dando vita, a S. Bartolomeo di Spezia, ad un apposito stabilimento per la fabbricazione dei cavi e ordinando la costruzione di un vapore « Città di Milano » per l'immersione e la riparazione degli stessi, capace di ben 1300 km. di cavo telegrafico di media grossezza. Anche in questo campo la ditta seppe conquistare rapidamente un primato mondiale, fin allora monopolio esclusivo di grandi società inglesi. Nel marzo del 1897 la Società si assunse l'impresa di collegare Massaua ed Assab alla rete telegrafica mondiale e inoltre di formare altre 13 linee per unire al continente 18 isole italiane del Mediterraneo dell'Adriatico. Consegnate le linee alla fine di giugno del 1888, la Società volse lo sguardo ad altre imprese, fra cui notiamo l'immersione di un cavo per mettere Napoli in diretta comunicazione con Palermo e una rete di 7 linee telegrafiche sottomarine allacciante la Spagna. Un'altra importante industria è quella che attende alla produzione della fibra vulcanizzata rappresentata da una Società anonima di 12 milioni e mezzo di capitale e che possiede quattro grandi stabilimenti a Milano, Precotto, Monza e Goda. Numerose sono pure le piccole officine, installate specialmente presso garages, che attendono alla vulcanizzazione della gomma per riparazioni di pneumatici. Una fra le più cospicue società di Milano, che ha 50 milioni di capitale e tiene occupati circa 2000 fra operai e impiegati, produce in media 150.000 ettanidri di alcool all'anno. Anche la fabbricazione di liquori e sciroppi è esercitata nella nostra circoscrizione da un centinaio di distillerie fra le quali una decina d'importanza notevole. La fabbricazione di birra è assai considerevole : le tre ditte più importanti tengono occupati, esse sole, circa 1000 operai. Ecco i dati relativi alle Società anonime esercenti industrie chimiche aventi sede in Milano (escluse le industrie della gomma che nel 1924 avevano un capitale di 133.020.000): (Vedi tabella in originale) Nel 1922 si contavano a Milano (nuovo Comune) i seguenti operai addetti Alle industrie chimiche più importanti. (Vedi tabella in originale )

INDUSTRIE ALIMENTARI. Popolazione numerosa e ricchezza, i due elementi propulsori della industrializzazione dei prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento non mancano nella nostra città; è quindi facile intuire come a Milano si abbiano numerosi rami d'industrie alimentari in rispondenza agli svariati bisogni, gusti e tendenze dell'alimentazione cittadina. Alcuni rami d'industrie alimentari, come la produzione dello zucchero, della birra, la macinazione, la fabbricazione delle paste alimentari, la distillazione degli spiriti, la fabbricazione delle conserve, fabbricazione di cioccolata, si svolgono esclusivamente o in modo notevole come grande industria: altri tendono sempre più alla forma della grande industria, come la fabbricazione dei biscotti, del ghiaccio, o assumono un indirizzo industriale vero e proprio, come le industrie dei liquori, dei vini, degli olii alimentari, di cernita, d'imballaggio di frutta e verdura; ma la maggior parte delle industrie alimentari si svolge ancora in piccole aziende personali. Ecco i soliti dati sulle società anonime di industrie alimentari aventi più di 1 milione di capitale con sede in Milano:

(vedi tabella in originale) Nel 1924, le aziende esercitanti industrie alimentari ed occupanti più di 10 operai, si calcolavano a 320 in Lombardia con circa 8000 operai di cui 4000 circa nella sola provincia di Milano e 3000 nella sola città di Milano.

Pastifici. - La produzione media giornaliera di paste alimentari nella nostra città sembra si possa calcolare approssimativamente a circa un migliaio di quintali. Poco più di una decina di piccoli pastifici fabbricano pasta fresca, mentre quelli per la produzione in grande producono pasta secca. Tanto gli uni quanto gli altri impiegano forza motrice elettrica. Il consumo medio giornaliero di pasta alimentare della nostra città sembra aggirarsi sui 400 Q.li circa ; l'eccesso di produzione - specialmente dei due maggiori stabilimenti - è in parte destinato alla provincia di Milano ed alle provincie limitrofe ed in, parte maggiore ai mercati dell'America del Nord, dell'Inghilterra, dell'Egitto, delle Indie, della Cina, delle colonie italiane ; fra queste l'Eritrea assorbe prevalentemente le paste alimentari delle fabbriche milanesi : si manifesta qui il fenomeno píù volte riscontrato - a proposito specialmente delle esportazioni di derrate di consumo - del prodotto che segue le correnti di emigrazione : vi sarebbe difatti nell'Eritrea un nucleo abbastanza rilevante di lombardi: Certamente la più importante fra le nostre industrie alimentari è quella che attende alla macinazione dei cereali. Abbiamo in provincia di Milano una quarantina di mulini che macinano giornalmente circa 10.000 quintali di grano e 900 quintali di granoturco; .di questi 40 mulini, tre macinano ciascuno circa 1000 Q.li di grano al giorno, 27 lavorano giornalmente da 100 a 600 quintali e soltanto una decina sono quelli di importanza minore (sotto dei 100 quintali di grano giornalmente macinato).

Industria della panificazione. - Il consumo medio approssimativo giornaliero della popolazione di Milano si può calcolare in 1500 Q.li di pane. Alla produzione del pane di lusso provvedono quasi totalmente tre società. La produzione del pane comune - è frazionata fra le centinaia di forni - se ne calcolano 800 - sparsi per tutta la città. Pochi quelli che raggiungono una produzione di 4 o 5 Q.li (la Società del pane di lusso che fa anche 12 Q.li circa al giorno di pane comune è un'eccezione); circa 200 forni lavorano da 1 a 2 Q.li di pane ; 290 forni da 2 a 3,5 Q.li. Il numero dei piccoli forni è aumentato con la legge abolitrice del lavoro notturno per i fornai, perchè ha resa più conveniente la pro- duzione in piccolo : il proprietario fornaio ottiene dalla farina un rendimento di pane maggiore ed abolita la spesa della mano d'opera, ridotte al minimo le altre spese generali, trova nel quintale di pane che produce, di cui - data la piccola quantità - ha sicuro lo smercio, rimunerazione sufficiente. Si deve inoltre ricordare la costituzione di forni cooperativi in numero di 8, che hanno ognuno la potenzialità di produzione giornaliera che va da Q.li 6 a 100 (Azienda Consorziale dei Consumi). Questi forni ebbero un'importanza notevole per la funzione calmierante sui prezzi, che riuscì ottimamente specie durante i periodi di grande rialzo. Notevole è stata l'opera svolta dall'Azienda Consorziale dei Consumi, che produce dai 120 ai 180 Q.li giornalieri di pane di ottima qualità, grazie agli 'impianti modernissimi dei suoi forni. Per la prima in Italia ha introdotto i forni automatici, che permetteranno di aumentare notevolmente la produzione, arrivando fino ai 400 Q.li giornalieri, ed a diminuire il prezzo del pane. A proposito del frazionamento dell'industria locale di panificazione, da anni ed anni è oggetto di studi e di discussioni se sia possibile l'esercizio della panificazione in grande, l'obbiezione che sempre si oppone è la molteplicità delle forme che il consumo cittadino richiede: sono in vendita nella nostra città una cinquantina di forme di pane. Non si è mancato di portare la discussione su un terreno pratico con tentativi di panificazione a produzione allargata, ma non tutte ebbero esito felice. L'iniziò il marchese Rescagli nel 1862 facendo lavorare una diecina di forni; dieci anni dopo sorse il Panificio milanese che esercì in proprio anche un mulino, ma visse tre anni soli; nel 1879 si ebbe il Panificio operaio Zunini che ebbe vita ancor più breve : sei o sette mesi; altro tentativo fu quello del Borletti nel 1882 con la Massaia, che cinque anni dopo fu rilevata dall'Unione Cooperativa. Un industriale, Carlo Rossi, che in materia di panificazione aveva competenza, volle esperimentare esso pure l'esercizio di panificazione in grande, adibendo all'uopo 5 forni, ma dovette rinunziare all'impresa. Un'altro tentativo da parte di operai fu fatto nel 1885 dalla Cooperativa operaia in Via della Pace, ma non funzionò che pochi mesi e dopo varie vicende fu rilevata dall'Amministrazione dell'Ospedale Maggiore per l' approvvigionamento di pane ai malati ad essa affidati. Più che in ragioni tecniche la mancata riuscita di questi esperimenti va forse - ricercata nella deficenza da parte degl' iniziatori di capitale sufficiente a superare le difficoltà - e gravi - che all'esercizio della panificazione in grande si oppongono nei suoi primi anni per vincere abitudini che imprenditore e consumatore si trovano concordi a ritenere d'impossibile modificazione. L'esperienza dell'Azienda Consorziale dei Consumi ha però dimostrato le vie ed i mezzi pei quali è possibile esercire vantaggiosamente la produzione su vasta scala. A Milano città i lavoranti panettieri, pastai e fornai si calcolano a circa 2500.

Pasticcerie. - Migliore sorte ha invece avuto la iniziativa di accordo fra pasticcieri per la produzione in comune : non si tratta di produzione in grande, che per ora appare impossibile, ma se davvero ragioni tecniche non si opporranno all'esercizio in grande della pasticceria, l'iniziativa potrebbe essere un avviamento ad esso. E'- come si accennava - una produzione in comune : una decina di pasticcerie locali hanno costituito una specie di Società cooperativa con un laboratorio unico dotato di forni modello e nel quale si fa la prima preparazione del dolce : il lavoro di rifinitura si compie poi nei singoli laboratori di ogni pasticceria. Salvo questa eccezione, l'industria della pasticceria in Milano si svolge in circa duecento piccoli laboratori. Lo stato di guerra influì nel 1914 anche su l'industria locale della pasticceria : i prezzi degli ingredienti necessari per i dolci - burro, uova, farina, zucchero, aumentarono, ed il consumo cominciò a diminuire fortemente. Anche la produzione del tradizionale panettone ne soffrì; difficoltà alla importazione dell'uva sultanina, la preferita nella fabbricazione del panettone per l'assenza di acini e che proviene in genere da Smirne; forte diminuzione nella domanda all'epoca delle feste natalizie tanto da far scendere la produzione ad un terzo di quella normale. Dopo la guerra riprese però uno sviluppo rigoglioso. Una gran parte - si calcola ad un quarto - della produzione natalizia è destinata all'estero, poichè è consuetudine delle aziende commerciali di mandare alle case estere loro clienti, in occasione delle feste, il panettone. Lavorazione del riso. - A Milano si ha solamente la pilatura del riso. La brillatura del riso, che consiste nel togliere le cariossidi esterne che contengono il grasso e nel dare, mediante glucosio, al riso il cristallino, serve a rendere il riso conservabile per più lungo tempo e durante il trasporto; il riso brillato è quindi prodotto destinato esclusivamente all'esportazione e poichè la lavorazione del riso in Milano è destinata al consumo locale, si spiega come le poche ditte che lavorano in Milano il riso - tutte aziende individuali - con una produzione media approssimativa di 150 quintali al giorno, si limitino alle operazioni di scorzatura e di pilatura. In Milano ha invece la sede amministrativa una forte società anonima con tre stabilimenti in altre provincie; essa, facendo una larga esportazione, attende anche alla brillatura. Le pilerie locali se non esportano il riso, esportano - nel Nord d'Europa - i cascami della pilatura che servono per l'alimentazione del bestiame e che trovano in paese una scarsa domanda perchè da noi, data la disponibilità di foraggi, si preferiscono questi come mezzo d'alimentazione del bestiame. L'andamento quindi dell'industria della pilatura che era buono prima dello scoppio della guerra internazionale, migliorò in seguito per la maggiore domanda di cascami dall'estero e per la continuità nell'esportazione.

Produzione di latticini. - La produzione locale dei latticini ha carattere prettamente agricolo : quasi ogni fondo ha la sua cascina, dove si porta dalla stalla, appena munto il latte, che serve alla fabbricazione del burro - sia di affioramento, sia centrifugato (1) - e del formaggio di pasta dura (lodigiano e parmigiano) (2), e queste cascine sono ben lungi dall'essere organizzate industrialmente. Le ditte quindi locali di burro e di formaggio più che produrre, raccolgono dalle cascine il burro ed il formaggio; quest'ultimo lo tengono a stagionare ed una volta stagionato, ne fanno commercio prevalentemente all'interno (le provincie di Roma, della Toscana e del Veneto ne sono fortissime consumatrici) perchè non è rilevante l'esportazione dei formaggi lodigiani e parmigiani. I prezzi del latte e del burro si fissano a Milano per un'intera annata da un San Giorgio (24 aprile) all'altro. t naturale quindi che il mercato dei latticini sia continuamente aleatorio; un arresto nel consumo di latticini, un eccesso - anche minimo - nelle produzioni durante l'anno così detto burraiuolo, rende eccesivamente onerosi i contratti stipulati; per contrario, una forte domanda di latticini che ne rialzi i prezzi, può dare guadagni inattesi: Il burro trova uno sbocco di circa 6-8 milioni di chilogrammi all'estero dove le marche di burro «pastorizzato » espressamente pre-


l) Il burro di affioramento si ottiene lasciando depositare il latte e levandone poi la panna da un ettolitro di latte si ottiene approssimativamente 3 kg. di burro. Il burro centrifugato si ottiene centrifugando immediatamente il latte fin che è caldo, e si ottiene un rendimento in burro maggiore: circa kg. 4.400 di burro per ogni ettolitro. (2) Nella fabbricazione del formaggio delle cascine attorno a Milano si hanno due periodi distinti: dal 24 aprile (San Giorgio) al 3 settembre e si ha allora il formaggio maggengo più grasso e migliore; dal 1.° ottobre al 24 aprile e si ha allora il formaggio oernengo. parato per la clientela estera e specie inglese hanno quotazioni e credito pari ai migliori burri danesi. Il formaggio lombardo nelle sue diverse varietà: il « grana » o « parmigiano », lo « stracchino di Gorgonzola » ha conoscitori dovunque. Milano è il centro del suo commercio. Il latte condensato, la farina lattea, lo zucchero di latte, e la cioccolata al latte si lavorano pure in larga misura da importanti stabilimenti.

Industria delle conserve alimentari.- La fabbricazione locale di conserve alimentari, alla quale nelle relazioni statistiche di venti anni or sono si accennava appena di sfuggita come a lavorazione senza importanza industriale nella nostra città, si è in questo periodo di tempo assai sviluppata ; allora si avevano tre piccoli opifici che si limitavano alla preparazione dei legumi sott'olio o sotto aceto e di frutta nello spirito. Ora si contano cinque aziende, di cui una in forma sociale e con stabilimenti a Milano e a Napoli. Due opifici attendono solamente alla lavorazione di carni in scatole con una produzione media di seimila scatole ciascuna; le altre oltre alle carni, confezionano ortaggi all'aceto, al naturale, frutta al sciroppo, conserve di pomidori, mostarde. La produzione locale di frutta allo sciroppo sta diminuendo di fronte alla concorrenza delle fabbriche di zucchero che hanno iniziato analoga lavorazione e che si trovano in condizioni più favorevoli, potendo utilizzare i cascami dello zucchero. Si calcolano che a Milano città siano occupati circa 3500 operai in questo ramo d'industria. L'industria delle conserve alimentari è prevalentemente esportatrice : i due terzi della produzione infatti si possono considerare destinati ai mercati esteri : l'Inghilterra per gli ortaggi al naturale che vengono poi là confezionati, per la conserva di pomodoro, i pomodori pelati; l'America del Nord per i piselli, i fagliolini al naturale, le salse di pomodoro ed i pomodori pelati; l'America centrale per gli antipasti e le carni; l'America del Sud per tutti i prodotti in genere.

Industria del ghiaccio artificiale e del freddo. - La produzione giornaliera di ghiaccio artificiale in Milano si aggira sui 6000 Q.li circa; più di due terzi sono prodotti da due soli stabilimenti organizzati sotto la forma di Società anonima e che gestiscono anche celle refrigeranti; l'altro terzo da cinque ditte. A proposito della organizzazione delle industrie alimentari, si è già accennato che l'industria del ghiaccio artificiale tende all'esercizio in grande : essa esige difatti forti capitali per gl'impianti costosi, il cui ammortamento non può essere rapido e per la manutenzione che importa essa pure spese rilevanti; di più la produzione in grande permette eco- nomie in certe spese generali che sono assolutamente indispensabili, mentre d'altra parte gravano enormemente sul costo di produzione : la spesa, per esempio, del recapito del ghiaccio ai clienti rappresenta quasi un terzo del prezzo di vendita. Importanza notevolisima ha assunto a Milano anche l'industria del freddo che ha dotato la nostra città di imponenti impianti frigoriferi usati per la conservazione di pollame, uova, carni, ecc.

Nei salumi, forte è la produzione e forte la esportazione. Una sola casa produttrice milanese esporta all'estero il quindicesimo circa di tutta la esportazione italiana (32.000 quintali) in puri prosciutti. Ma poi vi sono i « salami » di Milano fabbricati da altre Case che devono però lottare contro le forti difficoltà opposte, in nome dell'igiene, da alcuni Stati all'introduzione delle carni insaccate nei rispettivi territori.

È pure molto estesa la fabbricazione di cioccolato, di caramelle, confetture, surrogati di caffè. Quest'industrie sono esercitate da qualche centinaia di ditte in proprio e da piccoli laboratori ma anche da tre grandi società anonime che producono tutte cioccolato burro e polvere di cacao (circa da 250 a 300 quintali al giorno di produzione in Milano); una delle tre società si dedica anche alla produzione su vasta scala di caramelle e confetture. A Milano città si trovano occupati in questo ramo d'industria circa 1500 operai (di cui 900 donne).

INDUSTRIE DEL MOBILIO.

Tra le più antiche e caratteristiche industrie del Milanese è certamente da ricordare quella del mobilio, che si svolge in forma di piccola e media impresa. Un peculiare carattere dell'organizzazione di quest'industria consiste nel fatto che alcune importanti ditte fanno eseguire lavori da numerosi piccoli artigiani, fornendo a questi il materiale, i disegni, ecc., e poi raccolgono i mobili fabbricati e li esportano per proprio conto; è ciò che avviene specialmente nella Brianza : Lissone, Meda, Cesano Maderno, ecc., e nella zona a nord di Milano. La produzione locale è volta specialmente ai mobili comuni, ed è assai apprezzata anche per i lavori artistici e di lusso, su stili italiani e francesi. Il lavoro di scolpitura artistica, a cui si dedica prevalentemente l'artigianato della Brianza, è conosciuto ed apprezzato per il suo giusto valore in tutto il mondo. I nostri mobili di lusso ed artistici vengono esportati principalmente in Francia, nell'America del Sud, negli Stati Uniti e nel Canadà. Le industrie dei mobili e affini occupanti più di 10 operai si calcolano ammontare in Lombardia a oltre 150 con circa 7000 operai oc- cupati (di cui 10.000 circa nella Provincia di Milano e 2500 in Milano città). Si notano 10 società anonime (con più di un milione di capitale), con un capitale di circa 33 milioni.

INDUSTRIA DEI LATERIZI, DELLE PIETRE, CALCE, CEMENTI, MAIOLICHE E DELLE COSTRUZIONI EDILIZIE E STRADALI.

La ripresa delle costruzioni nel 1921-25 ha dato notevole impulso a questa industria esercitata nella nostra Provincia da un numero considerevole di società e di ditte di varia importanza. Tra le più importanti fabbriche ne segnaliamo due, una che produce circa cinque milioni di pezzi all'anno, un'altra che ne produce circa 130.000 al giorno. L'industria delle costruzioni è esercitata da un numero considerevole di ditte in nome proprio e società anonime; oltre alla costruzione di case si deve considerare anche quella di stabilimenti, forni, strade, ponti, pozzi, laghi artificiali, linee ferroviarie, ecc. In quanto alla costruzione di case civili, ricordiamo che nel 1925 si allestirono in Milano oltre 35.000 locali. Dalla solita inchiesta ministeriale si può calcolare che esistono in Lombardia oltre 1200 opifici occupanti oltre 80.000 operai (20.000 operai in Milano città). Ricordiamo ancora l'industria delle ceramiche che in Milano è rappresentata oltre che da numerose ditte di media importanza, da una grande società, che produce su vasta scala terraglie, porcellane, maioliche, isolatori e mole da smeriglio e tiene occupati circa 1300 persone. Le 10 società anonime esistenti in Milano hanno un capitale azionario di L. 40.750.000

GAS ED ENERGIA ELETTRICA, FORZA MOTRICE, ECC.

Anteguerra (1906) si calcolava che il gas prodotto ascendesse in Milano e Provincia a 60 milioni di metri cubi; attualmente si consumano oltre 60 milioni, tenendo presente che l'uso del gas per illuminazione pubblica (che saliva anteguerra a circa tre milioni di mc.) è cessato completamente nel 1924. L'energia elettrica consumata a Milano si aggira sui 400 milioni di kilowattora. Il gas è prodotto esclusivamente dall'Union des Gaz e l'energia elettrica dall'Azienda Elettrica Municipale e dalla Società Edison. In Lombardia nel 1925 si calcolavano esistere in questo gruppo 65 opifici occupanti circa 4000 operai (di cui 2500 nella sola provincia e 1800 in Milano). INDUSTRIE DIVERSE. L'industria della carta.- Nella città di Milano sorgono quattro importantissime fabbriche di carta, dalle più fini alle carte da stampa e da giornali, cartoni e carte da involgere. Accanto alla industria della carta propriamente detta si devono ricordare la industria dei cartonaggi (scatolifici), della cartotecnica (produzione di buste, carte da lettera, notes, ecc.), della patinatura e coloritura della carta, delle carte da parati, delle carte sensibilizzate per fotografie, delle carte eliografiche e cianografiche. Milano, oltre ad avere le suddette importanti cartiere nel territorio del suo comune, è la sede amministrativa di una ventina di cartiere che hanno in altre regioni d'Italia gli opifici. Due importantissime fabbriche per la patinatura e coloritura hanno pure sede in Milano (circa 600 operai). Si calcolano esistere in Lombardia 200 opifici occupanti circa 13.000 operai (di cui 700 nella sola Provincia di Milano e 2.500 in Milano città). Intimamente connessa con l'industria della carta è l'attività editoriale e giornalistica, e le numerose case editrici rappresentano la parte più cospicua della produzione libraria italiana. Anche le due maggiori case editrici musicali d'Italia Ricordi e Sonzogno, già citate in altra parte del presente volume, hanno qui le loro officine e la loro sede centrale. La ditta Ricordi era già famosa un secolo fa circa e fin d'allora dicevasi che non avesse eguali in Italia. Alle industrie grafiche si collega la produzione inchiostri da stampa. Questa industria è giovane, perchè durante la prima metà del XIX secolo si tentò più volte, ma invano, di impiantar fabbriche le quali facessero concorrenza con quelle estere. Fu dopo il 1870 circa che comparve la prima fabbrica del genere e nel 1880 comprendeva una motrice a vapore e una ventina di macchine operatrici con 14 operai. Attualmente l'industria è in fiore, come quella per la produzione di clichés, che perfezionò un'arte sorta a Milano nei primordi del XIX secolo quando i fratelli Vassalli introdussero nel 1827 l'arte litografica e che occupava, nel 1847, 45 operai e aveva 12 torchi.E' di quei tempi la introduzione della cromolitografia.

L'industria poligrafica si esercita in Milano in circa 200 stabilimenti con circa 12.000 operai. Editori attivi ed intelligenti hanno dato al commercio librario uno sviluppo grandissimo. Una casa editrice di musica, nota in tutto il mondo, divulga in ogni parte la conoscenza dei lavori usciti dal genio italiano e d'altri paesi ed anche cura l'arte dei cartelli réclame. Escono una dozzina di giornali quotidiani, di cui due superano le centomila copie al giorno e sono in sei ed otto pagine ed hanno diffusione in tutta Italia ed anche all'estero. Un migliaio circa di periodici vi si aggiunge, che trattano tutti gli argomenti dello scibile umano. Nel 1924 si contavano a Milano 33 società anonime (con più di un milione di capitale) di cartiere e arti grafiche con un capitale di 97 milioni. Gli operai addetti all'industria tipo-litografica sono circa 7000 e quelli adetti alla fabbricazione di oggetti di carta (legatori, ecc.) circa 5000 (di cui 3000 donne). Incisori medaglieri, coniatori -notevolissimo un grande stabilimento nel genere - disegnatori, fonditori di bronzo, ecc., elevano il gusto artistico generale, occupando un gran numero di persone. E l'industria fotografica entra per non poco in questo movimento d'elevazione.

Ritrovi, alberghi, reslaurants, ecc. - Una vera e propria industria locale, giustificata dalla massa di gente immigrata nella nostra città è quella dei ritrovi e dei teatri. Molti dei principali ristoranti cittadini, in vista della necessità di organizzare i servizi, si sono uniti in forti società. L' industria alberghiera è pure fiorentissima. Si notano 34 società anonime di alberghi, terme, teatri e cinematografi, con quasi 70 milioni di capitale. I salariati addetti a questa industria sono circa 6500 (di cui un migliaio di donne) nella sola città di Milano.

Nella categoria - svariatissima fino all'infinito - delle mercerie è impossibile addentrarsi. Di tutto si fabbrica a Milano : dai ventagli di lusso ai fiori finti, dalle posaterie a tutti gli articoli per la cucina, dai bottoni e pettini alle reticelle per incandescenza, dai balocchi d'ogni genere alle penne metalliche per scrivere. Ma d'un articolo speciale è debito far menzione : degli istrumenti musicali, cioè, che dànno luogo ad una florida ed antica industria e che sono apprezzati anche fuori confine. A tanto fervore di produzione corrisponde altrettanto vigore di commercio. Le case commerciali sono innumerevoli e ricche di relazioni e di merci, così i rappresentanti di case nazionali ed estere. I magazzeni di vendita sono ad ogni passo ed alcuni particolarmente grandiosi, situati in monumentali palazzi di loro proprietà. Imprese private di trasporto, qualcuna fortissima ed estendente la sua rete di agenzie per tutta l'Europa, aiutano l'intenso movimento cittadino di merci, caricano e scaricano, portano a domicilio, asportano. Nel 1918 esistevano 25 società anonime esercenti l'industria dei trasporti ed avevano un capitale azionario complessivo di 188 milioni e con un valore di 300 milioni di impianti. Nel 1924 esse salgono a 35 con un capitale azionario di 245 milioni e con impianti pel valore di oltre 500 milioni. Gli addetti ai trasporti a Milano (compresi i lavori di facchinaggio, di corrispondenza e di manutenzione stradale) sono circa 25.000. Tutta questa produzione, tutto questo commercio crea ricchezza e Milano è diventata non solo un centro di attrazione di popolazione, ma anche di accentramento e distribuzione della ricchezza. Ecco alcuni dati su società anonime per i rami d'industria e commercio non citati.

(vedi tabella in originale) (vedi Tabella in originale)

Con lo sviluppo delle organizzazioni operaie, sorsero e si svilupparono le Associazioni industriali, ora in gran parte dipendenti dalla Confederazione Generale fascista dell'Industria (talune anche dalla Confederazione delle Corporazioni fasciste) e fra queste ricordiamo il Consorzio metallurgico e meccanico, le Associazioni industriali chimici, cartai, elettrotecnici, serici, cotonieri, ecc., orefici e argentieri, proprietari sarti e sarte, droghieri, industriali e negozianti pelliccerie, fabbricanti di guanti, lavandai, albergatori, parrucchieri, proprietari forno, proprietari di case, agrari (Società Agraria di Lombardia). Anche "gli esercenti e commercianti hanno una sede propria di una fiorente loro organizzazione in piazza S. Sepolcro. Si può dire che a Milano tutte le branche appena un po' importanti dell'industria e del commercio facciano tutte capo ad Associazioni, Unioni, Leghe, ecc. : se ne contano in totale circa 150, a cui sono legati interessi notevolissimi. Allo sviluppo di queste Associazioni operaie ed industriali è connesso il recente diffondersi dei concordati di lavoro, aventi spesso carattere nazionale e regionale.

A tutto il movimento commerciale, industriale e bancario cittadino presiede la locale Camera di Commercio, che ha per scopo di regolare tutti gli scambi, sorvegliare i vari mercati, quello della Borsa in ispecie, servire di ente di consulenza e di informazione su tutti i problemi del commercio e dell'industria, ecc. Essa pubblica un amplissimo Bollettino settimanale dei prezzi riferentesi ad oltre 1500 merci e anche un indice di prezzi all'ingrosso, di grande valore statistico e pratico. La statistica dei fallimenti in Italia e a Milano è pure pregevole opera della locale Camera di Commercio. Nel 1888 la Camera istituiva anche un Museo Commerciale per contribuire allo sviluppo di commerci italiani ed ha l'ufficio speciale di procurare informazioni sui mercati esteri e sui prodotti da questi ricercati, notizie sulle tariffe doganali e contestazioni, sui trasporti, sulla possibilità di sviluppare commerci ed industrie, ecc. Le società per azioni sono anche associate in una Associazione fra le società italiane per azioni, avente sede a Roma e a Milano. Essa comprende 625 società con 15 miliardi e 800 milioni di capitale, e rappresenta quasi il 50 % del capitale investito in società anonime. Essa ha principalmente scopi di studio nel campo economico, finanziario, legislazione doganale, trattati trasporti, informazioni e propaganda. A Milano hanno sede, oltre la citata Confederazione Generale dell'Industria, tutte le più importanti associazioni nazionali, quelle di industriali chimici, dei meccanici e metallurgici, elettrotecnici, industrie elettriche, industrie della gomma e conduttori elettrici, industriali del vetro, ceramisti, industriali del legno, bottonieri, profumieri, serici, ecc.

LA RICCHEZZA DI MILANO. Ogni giorno nuove imprese si fondano, nuovi « finanziamenti » hanno luogo sia per aziende locali che per altre di fuori, sia per industrie, commerci, produzioni agricole o imprese edilizie che esplicano a Milano e vicinanze la loro attività, sia di quelle che questa estendono su tutta Italia. Nel 1925 si investirono in societa anonime quasi tre miliardi di nuovi capitali. A quanto si può valutare la ricchezza di Milano ? Nella insufficienza di dati precisi od anche attendibili, è ardua ogni conclusione al riguardo. Si può però venire ad una cifra di una certa larghezza approssimativa basandosi sui redditi colpiti dalle tre imposte dirette principali: terreni, fabbricati e ricchezza mobile ; sui depositi presso

Palazzo della Camera di commercio (vedi foto) i vari Istituti di credito, sul movimento della stanza di compensazione, sul valore di alcuni titoli locali che si possono presumere in mano ai cittadini, sugli interessi pagati per fondi di Stato alla tesoreria locale, il tutto però conglobando in modo da non incorrere : da una parte in duplicati di stima e dall'altra in una eccessiva fiducia nelle cifre ufficiali, poichè si sa come certi redditi privati debbono subire ben più forti maggiorazioni sui redditi dei così detti enti collettivi, i cui bilanci sono sottoposti al Fisco e che, all'infuori di abilità di compilazione, non possono ricorrere a troppe diminuzioni di « registrazioni » attive. Dai calcoli istituiti in tal modo potrebbe desumersi che la ricchezza pubblica e privata di Milano si aggira sui 50-60 miliardi, di cui circa 10 miliardi di ricchezza fondiaria ed il resto di ricchezza mobiliare (opifici, commerci, mutui, titoli, ecc.). E questa ricchezza mobiliare è la gran forza di Milano, è quella che la spinge sempre a nuovi investimenti produttivi nella città e nel Paese intero, tentando anche le vie dell'estero. Molti titoli esteri giacciono già nei forzieri milanesi e più ve ne entrano ogni dì con fenomeno inavvertibile dai più, ma noto a chi ha pratica di borsa e di banca. In molte imprese straniere il capitale milanese va partecipandovi sempre più anche con investimenti diretti non rappresentati da titoli. Milano sembra felicemente avviarsi alla potenza finanziaria. Lo spirito di iniziativa, l'amore al lavoro ed al risparmio dei suoi cittadini, fanno presagire non lontano il tempo in cui Milano assurgerà a mercato internazionale di capitali, accrescendo vieppiù la sua importanza e riacquistando, colle mutate proporzioni dei tempi moderni, la fama di città del lavoro e della finanza che godeva nella gloriosa epoca del Comune e della Signoria dei Torriani, dei Visconti e del Ducato Sforzesco.

MERCATO BANCARIO ED EMPORI! COMMERCIALI - MERCATI E FIERE.

Già dedita sin dal medio evo al più attivo commercio bancario, anche in questo ramo Milano occupa un posto eminente nella vita economica del Paese. Milano è il centro maggiore di credito bancario. A lato delle sedi dei maggiori Istituti torreggia e s'impone - con il ciclopico palazzo di via Monte di Pietà e di via Andegari, dove ha sede - la Cassa di Risparmio, l'istituzione principe di cui Milano veramente superba. La Cassa di Risparmio ebbe la sua origine nel 1823 per opera della Commissione Centrale di Beneficenza, stata istituita nel 1816 per provvedere ai bisogni delle classi indigenti di Lombardia, Commissione che, riformata nel modo di sua composizione, tenne di poi la amministrazione dell' Istituto. Fu aperta al pubblico il 1° luglio 1823, col preciso scopo dei libretti di deposito per le piccole economie: a garanzia dei depositanti furono assegnate L. 300 mila sul fondo di beneficenza, costituitosi nel 1817 (in occasione della memorabile carestia che desolò tutta Europa) colla sovrimposta di un centesimo per ogni scudo d'estimo fondiario sulla proprietà fondiaria. Superata felicemente una crisi dovuta agli avvenimenti politici degli anni 1830 e 1831, la Cassa continuò da allora a godere una grande fiducia ed una grande popolarità e, per conseguenza, ad allargare a mano a mano il campo della propria azione. Come primi modi d'impiego la Cassa aveva fatto acquisto di fondi pubblici ed accordati prestiti ai Corpi Morali e a privati contro ipoteca; nel 1850 introdusse le anticipazioni contro pegno; nel 1858 lo sconto cambiario; nel 1859 cominciò ad acquistare buoni del Tesoro; nel 1862 attuò i prestiti ipotecari a sistema di graduale ammortizzazione; nel 1867 il credito fondiario; nel 1870 le sovvenzioni sopra pegno di sete colla istituzione dell'apposito magazzino generale; nel 1874 il servizio dei depositi di carte di pubblico credito, sia per la semplice custodia, sia in amministrazione; nel 1886 i riporti di titoli di pubblico credito; nel 1887 allargò grandemente le operazioni di sconto cambiario agli industriali e ai commercianti, nonchè alle Banche Popolari e Cooperative; nel 1897 aggiunse

La Cassa di Risparmio (vedi foto) agli altri modi d'impiego i conti correnti contro pegno di titoli emessi o garantiti dallo Stato e i conti correnti garantiti con cambiali. Nel decennio prebellico concesse anche cospicui, ma prudenti finanziamenti industriali per fronteggiare crisi industriali. Sono queste tante mète corrispondenti ad altrettanti punti di una linea ascensionale prodigiosa. Ma non solo dal lato bancario va considerato questo grande Istituto; esso è ancora il centro di illuminata e cospicua beneficenza : si ricorda che nel 1904 erogò oltre dieci milioni e mezzo in sussidi agli ospedali, istituti di assistenza e di previdenza, scuole professionali, borse di studio, ecc.; di 14 milioni nel 1914; 20 milioni nel 1921. Dal 1817 al 1924 furono erogati circa 180 milioni, di cui 50 a favore dei poveri e per provvedimenti sociali e 30 a favore dell'assistenza all'infanzia ed adolescenza. La Banca d'Italia, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia, i tre Istituti di emissione, hanno la filiale a Milano e completano la serie degli Istituti pubblici, fra cui va compreso anche il Monte di Pietà che, oltre a quella espressamente indicata come ragione della sua esistenza, compie pure notevoli operazioni di credito.

Il Palazzo della Banca d'Italia (vedi foto) Il Monte di Pietà ha origine da una cassa di sovvenzione per i poveri, fondata da alcuni cittadini nel 1483, quando i Monti di Pietà cominciavano, per opera dei francescani, a diffondersi in Italia e già ne erano sorti 37. La Cassa funzionò per la prima in Lombardia. Il movimento di depositi e dei pegni del Monte di Pietà di Milano è assai cospicuo e rappresenta oltre un terzo del movimento di tutti i Monti d'Italia. A fianco degli Istituti pubblici si contendono il terreno i maggiori Istituti privati, fra cui importantissimo è la Banca Commerciale Italiana, che ha sede nei suoi magnifici palazzi espressamente costruiti in piazza della Scala e che in questi ultimi anni ha notevolmente allargato il suo giro d'affari, con la fondazione di numerose filiali all'estero : Londra, New York, Buenos Ayres, Lione, ecc., e di opportune succursali nel Mezzogiorno d'Italia. Degna di menzione è stata, nel dopo guerra, l'opera compiuta dalla Banca Commerciale nei riguardi dell'Oriente, e che ha culminato nella costituzione della filiale di Costantinopoli e della Banca

Il Monte di Pietà Commerciale Italo-Bulgara con sede a Sofia, e senza tener conto delle numerose Agenzie aperte in Albania e nel Montenegro.

Alla Banca Commerciale Italiana contende il primato il Credito Italiano, sia per l'imponenza degli affari che per l'importanza dell'organizzazione all'Italia ed all'estero. Seguono per importanza fra gli Istituti ordinari di credito, il Banco di Roma, la Banca Nazionale di Credito e la Banca Agricola Italiana, entrambe di recente costituzione. Il capitale sociale di questi Istituti al 31 dicembre 1924 era (in milioni): 500, Banca Commerciale; 400, Credito Italiano; 300, Banca Nazionale di Credito e 200, Banco di Roma. Complessivamente i depositi di questi cinque Istituti ammontavano a circa 3000 milioni. Ricordiamo fra le banche minori: la Banca Popolare, creazione di Luigi Luzzatti; la Banca Lombarda; la Società Finanziaria di Liquidazione; il Banco Ambrosiano; la Banca Cooperativa Milanese; la Banca Esercenti; la Banca Bergamasca; la Banca Agricola Milanese; la Banca Federale delle Cooperative di Credito; il Banco Jarach e C.; Vonwiller e C.; Pisa Zaccaria; Weiss; Ponti e molte altre.

La sede della Banca Commerciale Intimamente legata alla vita delle Banche è la Borsa, che da ventun anni a questa parte ha sede nel grande palazzo espressamente costruito, su disegno dell'architetto Broggi, al Cordusio. Il salone per la trattazione degli affari di Borsa è lungo m. 30 e largo 25. Intorno v'ha un porticato sorretto da 18 colonne in marmo di Carrara, con capitelli e zoccoli di bronzo. In alto, all ingiro della vetrata centrale, ammiransi alcuni affreschi del Comolli. Pure del Comolli sono gli affreschi del vestibolo, mentre le due grandi statue simboliche dell'esterno sono dello scultore Achille Alberti. Prima le riunioni di Borsa si tenevano nel salone a terreno dello storico palazzo dei Giureconsulti, dove ha sede la Camera di Commercio, da cui la Borsa dipende. Il numero degli agenti di cambio attualmente è di 150, oltre 10 società autorizzate. Fra pochi anni la Borsa dovrà lasciare la sua vecchia sede per passare in via Meravigli, nel palazzo ceduto dall'Unione Cooperativa. Tutte o la grandissima parte delle contrattazioni, avvenute entro o fuori della Borsa, fra le Banche, i banchieri, gli agenti di cambio, i

Il Palazzo della Borsa commissionari in Banca, i cambia-valute, gli operatori privati, trovano il loro compimento nella Stanza di Compensazione, un Istituto poco conosciuto dal pubblico che non vive in mezzo agli affari e che è invece il naturale corollario delle Banche e della Borsa. La Stanza di Compensazione deriva dalla Clearing-house inglese; essa provvede alla liquidazione fra gli associati dei loro reciproci debiti e crediti, liquidazione la quale si fa tanto giorno per giorno (liquidazione giornaliera), quanto alla fine di ogni mese (liquidazione mensile); quest'ultima per le contrattazioni a termine sui fondi pubblici dello Stato e su tutti i valori privati ammessi alla quotazione in Borsa. Per dire le cose più chiaramente, la Stanza è come un grande e comune ufficio di Cassa, dove i singoli associati vanno a pagare i debiti che hanno verso gli altri associati e ad esigere i crediti che vantano dagli stessi.

Le operazioni della Stanza di Compensazione di Milano (che fra Banche, banchieri, agenti, cambio-valute, industriali, commercianti ed operatori raggiunge i 211 associati) raggiungono cifre che lasciano a lunga distanza quelle delle altre Stanze di Compensazione. Per avere un'idea dell'enorme importanza di queste operazioni, riproduciamo le cifre relative all'anno 1925 di tutte le Stanze di Compensazione d'Italia :

STANZA Liquidazioni giornaliere , Liquidazioni di borsa Somme Differenze saldate in denaro Somme Differenze saldate n denaro compensate compensate (in milioni) Milano 556.319,4 23.608,6 54.856,3 22,4 Genova 238.968,6 1.908,9 17.938,3 166,6 Roma 109.690,5 1.664,9 21.025,1 194,4 Torino 6.729,6 3.073,2 24.080,8 2.178,4 Venezia 46.900,6 928,4 Firenze 28.579,9 1.039,6 3.295,4 28,9 Trieste 22.695,7 1.542,2 2.486,2 16,4 Napoli 2 646,3 639,6 14 999,8 538,3 1.012.080,6 34.405,4 138.681,9 3.145,4 (vedi anche tabella in originale)

Oltre il 50 % delle liquidazioni spetta a Milano. Il servizio della Stanza è regolato in modo da consentire a questa importantissima istituzione la maggior larghezza e libertà di movimento. ASSICURAZIONI.

L'esercizio delle assicurazioni è rappresentato in Milano da una trentina di Società Anonime, che complessivamente contano 80 milioni di capitale azionario. Il ramo vita, sino allo scorso anno monopolio dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, non è, per ora, molto importante per le nostre Società, ma sono invece importantissimi il ramo incendi, quello grandine e quello delle riassicurazioni. Varie Società delle trenta esistenti in Milano sono di nazionalità straniera e si occupano specialmente di riassicurazioni.

EMPORII COMMERCIALI.

Quantunque Milano non possa gareggiare con le metropoli dell'estero, nell'arringo dei Grandi Magazzini per la vendita al minuto, tipo Louvres e Galeries Lafayette, è però doveroso riconoscere che, anche in questo campo, qualche cosa si è cercato di fare e soprattutto in momenti in cui nè le condizioni del cambio, nè la situazione politica interna sembravano propizie al nascere e allo sviluppo di grandiose intraprese commerciali. Ad ogni modo la « Rinascente », venuta a sostituire con ben altra ampiezza di signorile veduta i vecchi Magazzini Bocconi, deve restare come un chiaro esempio di quanto può la nostra tradizionale tenacia. Gravemente danneggiato da un incendio scoppiato improvviso la notte di Natale del 1919, mercè una febbrile alacrità di opere, il Palazzo di piazza Duomo nel giro di pochi mesi potè essere riattato e i saloni di vendita riaperti all'affluenza del pubblico. I Magazzini de « La Rinascente » hanno la loro sede centrale (altre filiali sono sparse nei principali centri del Regno) nell'ex-Palazzo Bocconi, al quale venne su per giù conservata la fisionomia esterna impressa dall'ideatore architetto Giachi. Modifiche radicali vennero apportate invece all'interno: il vecchio salone centrale che occupava in altezza tutta l'altezza dell'edificio e riceveva luce dal lucernario superiore fu abolito e diviso, mediante opportuni tramezzi, in quattro piani distinti messi in celere comunicazione tra loro e col pianterreno da quattro ascensori. Ad ognuno di questi saloni,copiosamente rischiarati, oltre che da numerose aperture laterali, dai finestroni della facciata, che presenta per questo un minimo di masse piene, corrisponde un riparto di vendita. Al quarto piano, sottostante al lucernario, si trova, ad imitazione dei succitati Grandi Emporii parigini, un lussuoso tea-rom, che costi- tuisce luogo di gradito ritrovo pomeridiano; al quinto, nelle costruzioni elevate sopra la terrazza e nelle cupole che s'innalzano sulla fronte principale, in corrispondenza delle testate, i Laboratorii di confezione, gli Uffici di direzione, di amministrazione, ecc. È doveroso a questo punto ricordare una istituzione che se si presenta con apparenze meno fastose di certi Emporii Commerciali che devono ad un'azione pubblicitaria inadeguata la loro voga e il loro effimero splendore, è costruita in compenso su basi organizzative e amministrative di saldezza granitica. L'Unione Cooperativa, fondata nel 1886 dalla tenacia operosa di Luigi Buffoli con 158 soci e 1738 lire di capitale, ha oggi 17.000 soci, un capitale che supera i 10.000.000 e le sue vendite annue si aggirano intorno ai 100.000.000. L'Unione Cooperativa, che è in Italia la più potente Società di Consumo, si ispira direttamente ai principi della cooperazione. Vende a tutti, soci e non soci, e a tutti, in proporzione degli acquisti, restituisce, a fine anno, sotto forma di risparmi, gli eventuali profitti dell'Azienda residuanti dopo rimunerato il capitale con non oltre il 5 % d'interesse. Sul mercato esercita una notevolissima influenza nella formazione dei prezzi e nella probità del commercio, influenza della quale si giovano tutti i consumatori.

Dopo la liberazione dei paesi invasi ha riaperto la Succursale di Udine. Possiede un Enopolio capace di oltre 40.000 ettolitri, Biscottificio, Pastificio, Casera e Stabilimento Tipografico propri e due Ristoranti centralissimi. Si è fatta iniziatrice di molte opere di alto interesse morale e sociale, prima fra tutte dell'Albergo Popolare, che costituisce la prima riproduzione nel continente europeo delle celebrate Rowton Houses inglesi, ed il Dormitorio Popolare. Da ultimo ha tentato la risoluzione d'uno dei maggiori problemi igienici e finanziari, quello delle abitazioni, fondando, alle porte della città, il villaggio-giardino « Milanino » a 8 km. circa da Milano. Ha istituito una Cassa Depositi fruttiferi pei soci e pel pubblico, i cui risparmi superano gli 8 milioni. Mensilmente pubblica « Idea Cooperativa », rivista illustrata che si occupa di cooperazione, di economia e di problemi sociali di attualità: la tiratura si aggira sulle 30.000 copie. Ai succitati Emporii bisogna aggiungere i numerosissimi negozi di vendita al minuto di proporzioni più modeste, le gioiellerie lussuose, le profumerie cosmopolite, i magazzini di confezioni, i negozi d'antiquari, oggetti artistici di ogni genere, che fanno di Milano una città in cui la intensità dei traffici si adegua al fervore della attività produttiva. FIERE E MERCATI. La Fiera Campionaria. - Non si può trascurare di parlare di questa importantissima istituzione milanese che col 1926 si ripete ormai con pieno successo da 7 anni : la fiera campionaria. Mutano i tempi, mutano le condizioni della economia europea; ma ritornano a galla antichi e gloriosi istituti commerciali che furono il vanto della economia medievale. Le grandi e pittoresche fiere di Lione, della Champagne e le nostre di Bologna, Ferrara, Sinigaglia parevano travolte dal rapido incremento dei mezzi di trasporto, dalla rapidità, sicurezza dei viaggi per terra e per mare. Ma invece in questo travagliatissimo dopo guerra le fiere risorgono con altri scopi economici: esse sono puramente campionarie, cioè hanno lo scopo di far conoscere gli ultimi progressi dell'industria e servono per stringere contratti, dar incremento agli affari, far conoscere insomma l'esistenza e la bontà di prodotti nazionali e stranieri al grande commercio internazionale. La fiera campionaria risponde pertanto alla necessità di dare il massimo incremento all'esportazione che è una necessità vitale per tutte le nazioni. L'idea prima di una fiera campionaria sorse quando durava la guerra. Nel 1916 notabilità del mondo economico si riunirono numerosissime presso la Camera di Commercio per approvare un primo progetto di massima. Venne costituito un Comitato promotore presieduto dal Senatore Luigi Mangiagalli. Ma il momento difficile che riuniva tutte le energie a soddisfare i bisogni dell'esercito operante, dovette imporre una proroga necessaria alla iniziativa. Nell'immediato dopo guerra, nel 1919, la mostra fu decisa per la primavera dell'anno successivo. La fiera, dopo i successi del 1920-21-22 fu - con D. R. 2 luglio 1922 - costituita ente autonomo con lo scopo di provvedere alla attuazione di mostre campionarie e temporanee.

Tutti coloro che hanno visitato la Fiera Campionaria Internazionale di Milano nelle sue grandiose manifestazioni, non possono non avere pensato ad un vero e grande risveglio di tutte le forze produttive variamente operanti in ogni campo dell'organismo economico e commerciale italiano.

La Fiera Campionaria - Veduta Generale Essa si svolse sul giro degli antichi bastioni tra porta Nuova e porta Vittoria nel 1920, 21 e '22. Ma dal 1923 sorse nella Piazza d'Armi con splendidi padiglioni, alcuni dei quali permanenti (come il Palazzo dello sport dall'enorme sala centrale, che è unica del genere). Gli affari fatti nel 1924 ammontano a L. 818.000.000 e vi parteciparono 4785 ditte, distribuite in 1164 stands e negli edifici permanenti. Le maggiori cifre di affari furono raggiunte dalle industrie dei trasporti con 194 milioni, dall'agricoltura con 94 milioni e dalla meccanica con 74 milioni. Le ditte espositrici rappresentavano nel 1924 ben 27 nazionalità. E anche il pubblico visitò con simpatia la Fiera. Si vendettero 575.000 biglietti. La Fiera si svolge ormai entro una data diventata consuetudinaria : dal 12 al 27 aprile. L'area occupata dalla Fiera comprende 200.00 metri quadrati di superficie, cioè a dire i due terzi dello spazio disponibile di Piazza d'Armi. Il gruppo delle industrie che occupò la maggior quantità di spazio fu quello dell'agricoltura : seguivano quello dei trasporti con mq. 6248 e quello della meccanica con mq. 5140. Fra le attrattive della Mostra vanno notati i palazzi delle regioni italiane che riportano tutte le caratteristiche architettoniche regionali, il palazzo della moda, dalle linee arieggianti un raffinato settecento aggraziato e civettuolo, a cui si contrappone il palazzo degli orafi, aristocratico e solenne nel suo dignitoso e fastoso stile cinquecentesco.

I1 mercato serico. - Il mercato più importante, e che è tradizionale della nostra città, è quello delle sete, signorilmente trattato da una numerosa schiera di commercianti e mediatori, che hanno ereditato dai padri e dagli avi questo commercio. Si può dire che tutta la produzione di seta italiana affluisca sul mercato di Milano: buona parte del prodotto viene assorbito dalle fabbriche locali e dalle altre regioni d'Italia e il rimanente viene esportato nell'America del Nord, in Francia, in Svizzera, in Germania, e in Inghilterra. Anche la produzione dei bozzoli, che è sparsa un po' in tutte le regioni d'Italia e specialmente in quelle dell'Italia settentrionale, viene ammassata in Milano, che costituisce il grande emporio, al quale attingono le filande di tutt'Italia. E poichè la produzione italiana di bozzoli è insufficiente ad alimentare tutte le bacinelle in azione nel regno, si ricorre all'importazione di bozzoli del Levante, la quale affluisce anche essa sul mercato serico di Milano; che è il più importante d'Europa avendo superato Lione ed è certamente fra i primissimi del mondo.

Fiera Campionaria - Padiglione della Lombardia Anche i cascami delle filande vengono nella quasi totalità contrattati sul mercato milanese. Annualmente si caricano e scaricano alla « Stagionatura » da due a tre milioni di chilogrammi di cascami, il che importa un movimento d'affari complessivo che supera alquanto il miliardo di lire.

Il mercato dei cereali. - Basta accennare che il cumulo complessivo delle transazioni che si svolgono annualmente su questo mercato si valutano a circa tre miliardi di lire, che in questo mercato intervengono industriali, commercianti e mediatori di tutte le parti d'Italia e delle principali piazze estere, che qui si trattano annualmente circa otto milioni di quintali di grano (per un valore di un miliardo di lire), quattro milioni di quintali di granoturco, oltre a ingenti quantitativi di risone, riso, semi, olii, cereali minori e cascami, per comprendere quale eccezionale importanza abbia questo grande emporio internazionale. A questo mercato attingono tutti i mulini della plaga lombarda e delle altre regioni dell'Italia settentrionale, e si provvedono i pastifici, i panifici, i biscottifici di una vasta zona. Altri prodotti importantissimi trattati largamente sulla piazza sono il risone e il riso: qui le riserie si approvvigionano delle materie prime e trovano lo smercio ai loro prodotti, che in buona parte vengono esportati specialmente verso la Francia, paesi della Penisola Balcanica e del Mediterraneo meridionale. Col 1926 si è creata una apposita Borsa dei cereali, organizzata sul modello delle più importanti Borse estere, con agenti ufficiali e minute regolamentazioni per tute le operazioni commerciali. Il primo lavoro del mercato a termine si presume possa svolgersi sulla base di circa una cinquantina di lotti di 1000 quintali ciascuno. Assai ragguardevole è sul nostro mercato anche il commercio dei semi oleosi; in parte provenienti dalle Puglie, da Catania, Siracusa, e Trapani e la massima quantità importata dalle Indie, dal Plata, dal Marocco e dall'Eritrea. Gli oleifici si provvedono su questa piazza della materia prima, e trovano sulla piazza medesima lo smercio degli olii e dei sottoprodotti, molto ricercati sia per l'alimentazione del bestiame sia per concime. Altri mercati. - Sono pure importanti il mercato dei foraggi, che raccoglie la produzione delle regioni dell'Italia settentrionale; approvvigiona il consumo locale e mantiene un'attiva esportazione, specialmente con la Svizzera; quello dei latticini, quello dei suini e quello dei vini (per il mercato dei polli vedasi la parte seconda : capitolo Annona). È facile avere un'idea dell'importanza di ognuno di questi mercati, quando si ponga mente: 1.°) ch'essi provvedono al consumo di una popolazione di un milione di abitanti (comprendendovi anche la popolazione di passaggio); 2.°) che ai mercati stessi attingono per il loro consumo anche le regioni limitrofe; 3.°) che i nostri mercati sono solitamente in comunicazione con le principali piazze estere, verso le quali inviano i prodotti nazionali o dai quali richiamano i prodotti esteri che ci mancano; 4.°) che su questi mercati le case più importanti di tutt'Italia e delle principali piazze estere sono sempre rappresentate onde i mercati della nostra città, non sono mai di carattere locale, ma assurgono sempre a importanza nazionale e internazionale. Fra i mercati milanesi di secondaria importanza devesi ricordare quello dei mobili in Piazza Mentana. Al sabato e domenica in via Procaccini e piazza Garibaldi ha luogo il cosidetto mercato dei produttori a cui adiscono dai paesi vicini un centinaio di venditori. Vi è infine anche un piccolo mercato delle scale a Porta Garibaldi. Fiere.- Le periodiche fiere che si tenevano a Milano nel Medio evo avevano grande importanza per lo scambio dei prodotti lavorati: e non erano da confondere col mercato settimanale. È sempre davanti alle chiese che si tengono nel Medio evo i mercati secondari. Le fiere si tenevano a lunga scadenza. Ricordiamo quelle istituite nel 1105 a S. Maria alla Porta e nel 1100 a S. Sepolcro. Quelle che sopravvivono a Milano non sono altro che ricordi storici - quasi un folklore locale - senza nessuna importanza economica. Caratteristica la fiera di S. Ambrogio detta degli « ob bei! oh bei! », che prima si teneva in piazza Mercanti e che da mezzo secolo circa si tiene in piazza di S. Ambrogio. Quella di S. Angelo, quella di S. Giorgio, del « tredesin de marz », tutte davanti alle chiese come nel passato. Kermesse, più che fiera, quella carnevalesca di P. Genova, quella di P. Vittoria e quella di S. Carlo a P. Venezia. Caratteristica è la « fiera di Sinigaglia », frequentata da 50-70 straccivendoli, venditori di ferravecchia, antichità, ecc., che si tiene al sabato in via Calatafimi. CAP. V. - LAVORO, PREVIDENZA, ASSISTENZA E BENEFICENZA.

LAVORO.

Organizzazioni operaie. - La più antica organizzazione operaia esistente in Milano era, fino al 1925, la Camera del Lavoro, che dipendeva dall'organizzazione nazionale della Confederazione Generale del Lavoro, pure avente sede a Milano. Essa fu costituita nel 1891 sull'esempio della « Bourse du Travail » di Marsiglia. Già prima esistevano in Milano Associazioni di lavoratori; principali fra queste, per la solidità dell'organizzazione e pel numero dei soci, la Federazione dei tipografi e quella dei muratori. Furono queste due Associazioni che gettarono le basi della Camera del Lavoro. Anche il Comune nel 1891 stanziava ìn bilancio un sussidio di L. 15.000 (in seguito portato a 20.000) a favore della nuova Associazione. All'atto della costituzione si contavano 10.000 soci; nel 1901, 33.000 e nel 1914, 22.600; 160.436 nel 1920 e 107.575 nel 1921. A questi soci si devono però aggiungere quelli delle succursali aventi sede fuori della Camera ed ancora la Federazione Provinciale di contadini, avente sede presso la Camera del Lavoro, che nel 1921 contava 61.168 soci nell'Alto e Basso Milanese, ma che si ridussero nel 1924 solo a poco più di 15.000. Adiacente ai locali della Camera del Lavoro è il Teatro del Popolo, di cui si parlò in altro capitolo. Per oltre un anno ebbe sede presso la Camera del Lavoro la Università Proletaria, che tenne conferenze domenicali e lezioni serali. Tutti i mestieri principali hanno organizzazione presso la Camera del Lavoro. Le organizzazioni più numerose sono quelle dei grafici e cartai e metallurgici. Pure annessi alla Camera del Lavoro e da questa dipendenti o consorziati con questa, esisteva un Ufficio di assistenza legale per i poveri e un Istituto medico-legale per l'Alta Italia per l'assistenza agli infortunati sul lavoro. Col dicembre 1925 tutti questi organismi sono stati assorbiti dalle Corporazioni sindacali fasciste, che hanno stabilito presso la Camera del Lavoro la sede di tutte le vecchie e nuove organizzazioni operaie. Parallela alla Camera del Lavoro, ma ispirata a principii diversi, funzionò alcuni anni dopo la cattolica Lega del Lavoro, di carattere cristiano- sociale, ma occupantesi parimenti di problemi interessanti le classi lavoratrici. Anche questa dipende da una Confederazione nazionale del Lavoro e pure essa provvede alla organizzazione di corsi culturali e all'assistenza degli associati. Prima della guerra aveva anche assunto importanza notevole la Unione Sindacale Italiana, ispirantesi ai principii sindacalisti soreliani, che anche nel 1920 e 1921 contava numerosi soci. Nel 1921 sorse e si sviluppò poi rapidamente il movimento sindacale fascista, ispirantesi ai principii della collaborazione di classe, che dopo quattro anni assorbì completamente le vecchio organizzazioni classiste. Esso sviluppò anche le organizzazioni delle classi medie e dei professionisti. Tutti i concordati di lavoro nella industria e tutti quelli agricoli sono attualmente compiuti a mezzo delle organizzazioni fasciste, pure dipendenti dalla Confederazione delle Corporazioni fasciste, che hanno nel loro seno anche organizzazioni industriali. Col 1923 anche queste organizzazioni hanno fatto funzionare un Patronato nazionale medico-legale per gli infortunati del lavoro, con un vastissimo programma di lavoro tendente ad accentrare in sè tutte le istituzioni di assistenza e di previdenza operaie, prima esistenti. Esso è eretto in Ente morale. Fra le associazioni non operaie dobbiamo ricordare il Collegio dei Ragionieri, dei Dottori ín scienze economiche e commerciali, dei Laureati chimici, degli Ingegneri; Associazione laureati in agraria, dei Giornalisti, ecc., e le Confederazioni dell'impiego privato autonome o aderenti ad organismi nazionali.

Le Società di mutuo soccorso, che in un certo senso precorsero l'istituzione delle Associazioni operaie, sono sempre rimaste fiorenti e si sono sviluppate nonostante l'importanza assunta dalle organizzazioni operaie. Ne esistono a centinaia a Milano, non solo fra le più importanti categorie operaie, fattorini, commessi, impiegati, ma anche fra esercenti,professionisti, artisti, funzionari comunali e di associazioni pubbliche.

In Milano ha sede il Collegio dei Probiviri per la risoluzione delle vertenze operaie, istituito in applicazione della legge 1893, con grande beneficio delle classi lavoratrici, che trovarono in questo tribunale speciale un presidio nelle loro questioni. Tutte le categorie più importanti hanno ormai un proprio Collegio di Probiviri, che giudica in una prima fase in sede di conciliazione, e, quando questa non sia possibile, in sede di dizio. Annualmente circa 1000 conciliazioni ed altrettante sentenze vengono emesse dai Probiviri. Colla emanazione della legge sull'impiego privato, recentemente migliorata (1924) trovò sede a Milano anche la Commissione arbitrale dell'impiego privato. Pure a Milano ha sede il Circolo di Ispezione del Lavoro, dipendente dal Ministero del Lavoro, avente funzioni di controllo e vigilanza - a mezzo di un Corpo d'ispettori e d'ispettrici - sulla applicazione delle numerose leggi sociali e del lavoro, inchieste nel campo industriale, lavoro, ecc. Con la recente legge sulle otto ore nuove ed importanti funzioni.

Deve anche essere ricordata l'Assocazione degli Industriali d'Italia per prevenire gli infortuni sul lavoro, fondata nel 1894, con sede in piazza Cavour, 4, che si propone la prevenzione degli infortuni sottoponendo a controllo macchinari ed attrezzi (scale aree, ponti mobili, ascensori, idroestrattori, ecc.), per impedire che difetti di costruzione possano provocare infortuni e per fare applicare ai propri associati i più moderni mezzi di protezione delle macchine operative, e ripari a Enee e condutture elettriche, ecc. Esercita poi una vasta e quanto mai proficua e benefica opera di consulenza e di propaganda e di studio tenendosi a contatto con le similari organizzazioni estere. Pubblica anche una apposita rivista. All'epoca della fondazione contava 90 stabilimenti e 33.000 operai iscritti al solo servizio di prevenzione. Dopo 30 anni conta iscritti per il solo servizio di prevenzione 6200 stabilimenti e 700.000 operai. Per il servizio elettrico 2000 im-

Il Lavoro (Stabil. De Angeli) pianti. Per il servizio speciale degli idroestrattori 800 apparecchi e per altri servizi oltre 1000 apparecchi. Va ricordato che annualmente sono colpiti da infortuni a Milano dai 20 ai 25.000 operai (di cui da 500 a 1000 donne). Devesi infine ricordare, a proposito degli infortuni sul lavoro, la Cassa Nazionale per gli infortuni sul lavoro ed un benemerito Patronato per l'assicurazione e soccorso per gli infortuni sul lavoro.-

Il collocamento in origine veniva esercitato a fianco della organizzazione operaia, con autonomia di funzioni e di lavoro. Dopo la guerra la importante materia del collocamento venne avocata dallo Stato, che emise un apposito decreto per regolarne l'attività e lo sviluppo e sopratutto per evitare duplicazioni di funzioni. Venne anzi stabilita una specie di riconoscimento giuridico degli Uffici, che sorsero numerosi nel dopo guería in gran parte con carattere di Uffici misti, padronali ed operai. A Milano l'attività degli Uffici fin dal 1906 venne regolata da un apposito Consorzio degli Uffici che dirigeva l'amministrazione e la parte tecnica dei servizii, esplicando un'opera di grande valore nel campo del collocamento. Nel 1922 gli Uffici di collocamento riconosciuti erano 17, di cui 10 consorziati (operai ed operaie, industrie metallurgiche, industria edilizia, panettieri, pasticcieri, magliaie, passamanerie, calzifici, nastraie, sarti e sarte, parrucchieri, lavoranti in legno, cravattaie) e 7 autonomi (impiegati, contadini, arti grafiche, albergo e mensa, personale femminile di servizio, viaggiatori e rappresentanti, Società orchestrale milanese). Dal 1906 al 1921 il Consorzio accettò 304.525 domande di lavoro e collocò 103.156 persone. Col 1923 il vecchio ordinamento del collocamento cessò di funzionare e cessò pure il Consorzio, mentre venivano moltiplicandosi gli Uffici di collocamento facenti capo o alle singole organizzaioni operaie o ad associazioni private (come la Bonomelli » e la « Cardinal Ferrari ») o ad associazioni di speculazione. L'organizzazione del collocamento non venne assunta dallo Stato, che si limitò principalmente alle attribuzioni inerenti al sussidio dei disoccupati. 11 Comune di Milano provvide però a riorganizzare un Consorzio riuscendo a riunire ancora parecchie categorie operaie. Esso, per la imparzialità della sua opera di ente collettivo e per la bontà della sua organizzazione, ebbe ed ha un compito molto importante. La sua sede, è attualmente al Pulvinare dell'Arena.

Il movimento cooperativo ha assunto uno sviluppo imponente negli anni postbellici in tutti i rami, ma specialmente nel ramo delle Cooperative di Consumo (molte limitate ad alcune categorie di operai od impiegati), consorziate in una Associazione apposita. Pure sviluppate furono le Cooperative di lavoro e produzione. Si può dire che i campi più importanti (e non va dimenticato anche il campo agricolo con le affittanze collettive) abbiano avuto il loro esperimento cooperativo. Si contano attualmente a Milano oltre un centinaio di Cooperative con un capitale sociale che si può calcolare in circa 40 milioni (di cui oltre 14 milioni dell'Istituto Case popolari e 6 milioni e mezzo dell'Unione Cooperativa).

PREVIDENZA. Vasta e modernissima è la forma di previdenza sociale intesa a tutelare specialmente le classi lavoratrici troppo esposte ai colpi della fortuna avversa, Non basta il soccorso immediato, occorre la forma collettiva di previdenza, a carattere permanente, forma che rappresenta l'evoluzione ultima della beneficenza antica. Quando scoppiò la peste del 1576, detta di S. Carlo, molte categorie di lavoratori rimasero disoccupate. Il Comune di Milano votò larghi sussidi agli operai senza lavoro e li chiamò « elemosine ». Ora questa parola è stata abolita nel linguaggio ufficiale da quella più moderna di sussidio. Ma non è più una benevola elargizione dall'alto: essa è il prodotto di contributi versati dagli operai e dai datori di lavoro per far fronte alla disoccupazione, all'invalidità e agli infortuni sul lavoro. Dalle modeste società di mutuo soccorso giungiamo ora alle potenti organizzazioni finanziarie con capitali imponenti.

Oggi, oltre la legge obbligatoria per gli infortuni del lavoro (a Carico dei datori di lavoro), che risale al 1904, vi è l'obbligatorietà della assicurazione contro la disoccupazione e contro l'invalidità e vecchiaia, regolate da apposite leggi emanate nel 1919 e successivamente modificate nel 1924. Le quote sono trattenute sui salari e sono corrisposte in parti eguali da operai e datori di lavoro.

Cassa Nazionale per le assicurazioni sociali: Istituto di previdenza sociale per la Provincia di Milano. È organo locale dell'assicurazione contro l'invalidità e la vecchiaia e contro la disoccupazione. Provvede a sorvegliare e curare tutto quanto si attiene all'applicazione delle leggi per l'assicurazione obbligatoria, alla riscossione dei contributi ed al pagamento dei sussidi e delle pensioni; promuove le assicurazioni facoltative; attua mezzi idonei per la prevenzione e la cura della invalidità mediante l'istituzione o contributi ad ospedali, luoghi di cura, di riposo, ecc., e per circoscrivere il fenomeno della disoccupazione.

Cassa Nazionale di maternità. Ha lo scopo di assicurare un sussidio in caso di parto od aborto alle donne occupate in aziende soggette alla legge del lavoro delle donne e dei fanciulli. La Cassa funziona con contributi dei datori di lavoro, degli operai e col concorso dello Stato.

Cassa Nazionale d'assicurazione per gli infortuni sul lavoro. Ha lo scopo di assicurarare determinate indennità per gli infortuni sul lavoro, escludendo ogni obiettivo di lucro. L'assicurazione è obbligatoria per legge ed è a carico del datore di lavoro.

Cassa malattia operai poligrafici di Milano. Corrisponde ai propri inscritti in caso di malattia un'indennità giornaliera e sovviene le famiglie con un assegno in caso di morte.

Cassa di maternità (sezione autonoma del Patronato per gli infortuni sul lavoro). È opera di soccorso e di assistenza per le madri non inscritte alla Cassa Nazionale di maternità.

Federazione italiana delle Società di Mutuo Soccorso e Cassa di previdenza. È un'organizzazione che si occupa della previdenza e delle assicurazioni sociali nell'interesse delle classi lavoratrici.

Società di previdenza fra le operaie. Scuole di lavoro, laboratorio di biancheria, ufficio medico, scuola di economia domestica e di educazione familiare. Istituto italiano per l'assistenza sociale. Prepara le segretarie sociali per la loro introduzione in stabilimenti industriali e l'organizzazione di opere assistenziali.

Unione Femminile Nazionale. Società anonima cooperativa per l'istruzione e l'elevazione morale, economica e giuridica della donna; la difesa dell'infanzia, della maternità e del lavoro; la preparazione delle donne alla vita sociale e politica, con uffici di indicazione, di assistenza, di collocamento, ricreatori, biblioteche, ecc.

Patronato di assicurazione e soccorso per gli infortuni sul lavoro. Ente morale. Facilita ai lavoratori della Provincia di Milano il provvedere, mediante l'assicurazione, alle conseguenze degli infortuni sul lavoro e serve gratuitamente da intermediario fra loro e la Cassa Nazionale infortuni e previdenza.

Numerosissime le opere di assistenza e previdenza sorte a motivo della guerra. Ricordiamo l'Associazione Nazionale fra mutilati e invalidi di guerra; l'Associazione Nazionale dei combattenti; l'Opera Nazionale per gli orfani dei caduti in guerra; il Patronato della colonia agricola Borletti per gli orfani dei contadini in guerra; i1 Patronato Provinciale per gli orfani dei contadini morti in guerra; il Comitato Savoia per le orfane di guerra, e infinite altre che il cuore milanese esprime in forma tangibile e benefica.

ASSISTENZA.

Questo ramo ha in Milano uno sviluppo grandioso. Specialmente negli anni che precedettero immediatamente la guerra, e ancor più nel dopo guerra, a Milano le opere di assistenza e previdenza si sono moltiplicate. Cominciamo con l'accennare alle più antiche. L'Orfanotrofio maschile. Giustamente il Bollettino e Città di Milano , nell'aprile 1915 rilevava che le opere pie sono generalmente poco conosciute. Se fossero più note, esse sarebbero amate ed apprezzate di più; ma le classi agiate le considerano con benevola indifferenza, le povere con diffidenza e sospetto. L'Orfanotrofio fa parte delle opere pie di ricovero per distinguerle da quelle elemosiniere ed ospedaliere. A Milano l'Orfanotrofio maschile, quello femminile e il Pio Albergo Trivulzio sono retti da uno stesso governo amministrativo rappresentato dal Consiglio degli Orfanotrofi e del Pio Albergo Trivulzio. L'Orfanotrofio trae le sue origini lontane da una fondazione di S. Gerolamo Miani, posta nelle vicinanze della chiesa di S. Martino, dalla quale trassero i ricoverati il nome volgare di Martinitt. Ampliato successivamente, ebbe sede nel i772 nell'ex-convento dei frati Cassinesi in S. Pietro in Gessate. Lo scopo dell'opera pia è di raccogliere i fanciulli orfani e poveri per dar loro una educazione morale, civile, religiosa ed istruzione elementare ed artiera, provvedendo inoltre al ricovero dei fanciulli poveri orfani solamente della madre, appartenenti al Comune di Milano, mediante una apposita istituzione « Regina Elena ». Compiuti gli studi elementari, gli orfani vengono avviati alle arti ed ai mestieri, sia con la frequenza alle scuole professionali, sia collocandoli presso private officine.

L'Orfanotrofio femminile. Fin dal 1578 l'Arcivescovo Carlo Borromeo aveva destinato l'antico monastero della Stella a ospedale dei mendicanti, donde venivano ricoverati uomini, donne e fanciulli raccolti sul lastrico, per migliorarne la condizione morale e materiale col lavoro e l'istruzione. Nel 1585 questo ospizio fu ampliato con redditi della città e di altri benefattori. Fu molto più tardi, nel 1756, che l'ospitalità, già limitata agli orfani d'ambo i sessi, venne riservata alle sole femmine. Al tempo di Giuseppe Il, nel 1786, l'Orfanotrofio si accrebbe di nuove rendite provenienti da soppressioni e concentramenti di opere pie. In quel tempo si separarono le più giovani ricoverate dalle più anziane e queste portavansi nel Borgo delle Oche - ora corso porta Magenta -, quelle rimasero alla Stella : donde il nome di ochette alle prime, di stelline alle seconde. Anche le orfane frequentano la scuola elementare e poi vengono avviate al lavoro. Recentemente fu anche istituita una scuola di cucina. I1 Pio Albergo Trioulzio. Esso ci rappresenta quella forma di beneficenza che ha in sè più contenuto di gentilezza filantropica e di solidarietà umana di fronte a quella vecchiaia che, se non rende più, merita però tutto l'omaggio per ciò che ha reso. Antonio Tolomeo Trivulzio destinava tutte le sue sostanze alla erezione di un ospizio in favore dei poveri vecchi, con l'obbligo che gli venisse dato il titolo di Pio Albergo Trivulzio. Morto il Principe Trivulzio nel 1767, si poteva nel 1771 aprire le porte dell'antico palazzo Trivulzio a cento poveri vecchi fra uomini e donne. Maria Gaetana Agnesi vi entrò nel 1771 e vi stette fino al 1799 prodigando ai poveri vecchi il suo alto spirito benefico. Ma la grande Milano benefica non poteva accontentarsi del palazzo severo sul Naviglio, e nel 1910 inaugurava il nuovo ospizio della Baggina fuori di porta Magenta, sopra un'area di 66.000 mq. La bella e moderna costruzione è opera degli ingegneri Formenti e Mazzocchi.

Cortile d'ingresso del Ricovero di Mendicità (vedi foto) Il Brefotrofio Provinciale. Questa forma di previdenza sociale è antichissima : gli esposti a Milano nel secolo VIII furono raccolti dalla pietà del prete Dateo: poi nei secoli successivi si ebbero appositi spedali per raccogliere gli esposti mediante la famosa ruota, rimasta fino al 1868. Ora il Brefotrofio possiede una sede superba fuori porta Monforte, composta di un edificio principale con le sale delle balie, i comparti malattie, un padiglione di isolamento, una camera mortuaria ed apposite sedi per gli uffici amministrativi.

I Riformatori Marchiondi-Spagliardi per i giovinetti corrigendi. Quest'opera pia, riconosciuta con R. D. del 1869, comprendeva per l'addietro tre distinti istituti: il Pio Istituto del Patronato il Pio Istituto dei discoli e l'Istituto pei fanciulli derelitti di Parabiago. I primi due sorsero fra il 1841 e il 1845; il terzo nel 1864. Il concentramento avvenne nel 1887 e lo scopo fu di ricoverare i fanciulli traviati per educarli, istruirli e restituirli alla società soltanto dopo che abbiano appreso un mestiere o una professione e che si possa ritenere raggiunta la loro emenda. Ora gli ospizi si riducono a due: Riformatorio Marchiondi a Milano e Riformatorio Spagliardi a Parabiago, che ricovera i ragazzi al disotto dei 12 anni. Vi sono laboratori per istruire questi giovinetti nella tipografia, legatoria, ebanisteria, fabbricazione di istrumenti musicali, ecc. Questi riformatori danno dei risultati veramente notevoli: si raggiunge perfino 1'80 % degli emendati.

L'Istituto pedagogico forense, per l'educazione razionale dei giovani traviati, segue metodi assolutamente nuovi per impedire che il giovinetto abbandonato, già condannato o anche condannabile, diventi un delinquente. Esso si fonda sulla convinzione che l'idea del rispetto alla persona e alla libertà è il solo principio che può e deve stare a fondamento di ogni teoria educativa, quella compresa che riguarda i traviati e i delinquenti. Questo Istituto restituisce redenti alla società il 90 % dei giovani raccolti nelle sue mura. L'Istituto sorse nel 1906 e fu opera di una paziente Commissione di studiosi del problema della delinquenza minorile, aiutata da filantropiche istituzioni e privati cittadini. A queste grandi istituzioni seguono numerosissime, quasi infinite, istituzioni minori, come istituti pei piccoli derelitti per raccogliere fanciulli privi di assistenza familiare; ma fra queste non va trascurato, anzi va messo in primissima linea il Pio Istituto figli della Provvidenza, fondato da Don Carlo Sanmartino, che raccoglie fanciulli poveri, ma non discoli, che, abbandonati, non possono usufruire di altre opere di beneficenza.

L'Istituto dei derelitti, per raccogliere quei fanciulli che, pur non essendo orfani nel significato pieno della parola, sono assolutamente privi di buona assistenza familiare: esso si propone di educarli alla vita e collocarli convenientemente. Quest'istituto si formò nel 1795, si sviluppò nel 1817 quando molti fanciulli, per effetto della tremenda carestia, venivano abbandonati dai parenti in estrema miseria. Dopo il 1890 l'assistenza ai derelitti divenne competenza della Congregazione di Carità. L'Istituto dei derelitti ha un proprio palazzo in via Settembrini.

L'Asilo Mariuccia è un'altra benefica istituzione sorta nel 1902 a ricordare una fanciulla strappata da violento malore alle speranze e alla passione dei suoi.

Istituto Marchiondi Ha Io scopo di intervenire il più presto possibile - senza pastoie burocratiche a prevenire, a lenire, a togliere la corruzione delle minorenni, ospitando in casa di deposito e di osservazione le innocenti vittime fino al collocamento sicuro. Dal 1902 al 1922 ha accolto 845 fanciulle dai 5 ai 21 anni.

Ma una enumerazione completa di tante nobili iniziative non è possibile in questa sede. Il cuore di Milano è immenso. Accenniamo a Famiglia Materna, fonte, data dal P. E. Chiocchetti, professore di Filosofia alla Università Cattolica, che svolge un magnifico programma umanitario di assistenza alla maternità illegittima. Ha sede a Cornaredo presso Milano: ma la casa centrale è a Rovereto.


Fra le minori ricordiamo: O. P. Scuola e Famiglia « Rosa Cavalli-Porro » - fondata dalla geniale educatrice, ispiratasi alla sacra massima : e prevenire il male è più facile, più sapiente e più utile che reprimerlo » - venne eretta in ente morale nel 1889. Iniziò il suo programma con l'apertura di educatori per gli scolari poveri e privi della assistenza familiare e con la fondazione di scuole di lavoro. Rilevate queste opere dall'Amministrazione comunale, essa concentrò l'attività sua nelle opere seguenti:

La Casa dello scolaro, in via Bellezza, 16, atta attualmente a ricevere, durante il periodo scolastico, fino a 50 alunni che abbiano bisogno urgente di ricovero perchè privi dell'assistenza familiare (orfani, figli d'ignoti, di genitori separati, di padre e madre ricoverati all'ospedale, ecc.)

Istituto Derelitti La Colonia climatica di Vacciago, capace di 100 bambini e bambine, aperta in magnifica posizione sopra il lago d'Orta durante i mesi estivi per i suoi pupilli e per i bambini gracili e poveri delle scuole comunali della città. Dati gli ottimi risultati ottenuti, è volontà del Consiglio di trasformare prossimamente la Colonia estiva in Colonia permanente.

Per i colpiti da infermità speciali notiamo l'Istituto dei ciechi, che ebbe umili origini nel 1840 per opera di un milanese, il cavaliere Barozzi. Incominciò con due ricoverati, poi con dieci. Intanto la istituzione cresceva in simpatie ed il patrimonoi pure cresceva. Dopo il lascito del conte Mondolfo, i ciechi ricoverati poterono salire a 47 nel 1855. Da allora in poi l'istituto prosperò e si ampliò. L'educazione dei ciechi divenne più perfetta. Compiuti otto anni d'istruzione letteraria, musicale o industriale, i giovani ciechi devono ritornare alle loro famiglie, a meno che non vengano accolti nell'Asilo Mondolfo, che aiuta i ciechi a migliorare la loro cultura morale, intellettuale e artistica. I bambini invece vengono accolti nell'Asilo Vitali: alcuni restano come operai nell'Istituto Zirotti, istituito per accogliere i più poveri.

Un'altra grande istituzione di previdenza milanese è l'Istituto dei rachitici. Nel 1874 il dottor Gaetano Pini apriva a Milano la scuola dei rachitici: ma, fin dal 1850, la fondazione di un ospedale ortopedico per la cura dei rachitici fu già voluta dal marchese Alessandro Visconti con un apposito legato di L. 6000. La scuola dei rachitici si perfezionò e si concluse nel Primo Istituto ortopedico ospitaliero, di cui non si aveva ancora esempio. Ora si trova in quell'istituto una sezione chirurgica, una sezione radiografica, una sezione di terapia fisica, una sezione profilattica. Annesso vi è l'Ospizio Scanagatta-Buscati, consistente in una villa a Lezza, in Brianza, destinata a convalescenziario, e un riparto per l'educazione fisica, una Casa di lavoro e il Rifugio Fanny Finzi-Ottolenghi per operai mutilati e invalidi.

Pei sordomuti. A Milano si nota l'Istituto nazionale dei sordomuti per l'educazione e l'istuzione di questi infelici. Ma vi sono annesse speciali fondazioni istituite dalla Provincia, dal Comune, dalla Cassa di Risparmio e da privati. Il , Convitto dell'O. P. sordomuti poveri di campagna pei sordomuti poveri della Provicia di Milano ed eventualmente delle Provincie confinanti comprese nella Diocesi di Milano; la Casa di lavoro dei sordoparlanti e l'Istituto di S. Vincenzo per l'educazione dei deficienti, che ammette quei fanciulli che sono difettosi o di pronuncia o di udito o di intelligenza e che non possono essere accolti o nelle scuole ordinarie o negli istituti dei sordomuti perchè non completamente sordi.

Ricorderemo infine il Ricovero di mendicità e la Pia Casa per gli incurabili di Abbiategrasso.

La Società Umanitaria meriterebbe una larga trattazione essa sola. Il suo scopo è di mettere i diseredati, senza distinzione, in condizione di rilevarsi da se medesimi procurando loro appoggio, lavoro ed istruzione. Esplica la propria opera mediante studi sulle classi operaie, assistenza e scuole pei disoccupati, scuole professionali, istituti per la cultura e la educazione morale ed estetica del popolo, assistenza ai contadini, miglioramento delle condizioni delle famiglie povere, educazione infantile, lotta contro l'analfabetismo, ecc..

L'Opera del Cardinal Ferrari, sorta nel '21 in onore del santo Arcivescovo Milanese, ha lo scopo di porgere aiuto morale a tutti i lavoratori, operai, impiegati, studenti. Sorge sopra un area di 15.000 mq., sulla quale sono costruiti quattro grandi edifici contenenti scuole, dormitori, refettori, uffici di collocamento, ti- pografie, assistenza medica, scuole professionali. Essa ha diramazioni a Monza, Gallarate, Gerusalemme. Le scuole di Milano sono frequentate da 3200 alunni.

L'Opera Bonomelli di assistenza agli italiani emigrati in Europa, si propone di assistere socialmente e moralmente gli operai emigrati con propri uffici detti Segretariati e con tale opera tutela dell'emigrato il patrimonio p:ù prezioso : la sua italianità.

ALBERGHI POPOLARI E DORMITORI PUBBLICI.

Ancora prima che la questione delle abitazioni popolari si acuisse e che conducesse ad un'apposita inchiesta municipale del 1903 e ad un intervento diretto del Comune negli sforzi verso la sua soluzione, aveva richiamato l'attenzione dei filantropi e dei sociologhi il modo miserevole in cui, in locande private di infimo grado, sui fienili, talvolta perfino nelle stalle, alloggiava una classe numerosa di persone che non hanno e non possono avere una stabile abitazione propria, nè procurarsi altrimenti un decente alloggio. Per tale classe, che offre numerose gradazioni, più o meno gravi erano gli inconvenienti da togliere, minori o maggiori i bisogni ai quali soddisfare, diversi mezzi coi quali si cercò di provvedere.

Nel 1918 l'Unione Cooperativa, Società anonima cooperativa di consumo, prese la iniziativa per costituire una associazione che avesse per iscopo di erigere ed esercire alberghi nei quali, alla salubrità, alla pulizia, all'ordine, al decoro, al massimo possibile comforto, si congiungesse la mitezza dei prezzi. Mercè principalmente il cuore e la costanza del presidente dell'Unione, Luigi Buffoli, la nuova Società dal titolo Albergo Popolare venne infatti costituita il 5 febbraio 1899, sotto forma di Società anonima cooperativa a capitale illimitato. Ad essa affluirono numerose adesioni ed anche cospicue donazioni, così che essa ha attualmente un capitale di mezzo milione all'incirca. Per disposizione statutaria il capitale non può percepire più del 5 % all'anno di interesse, nè partecipare sotto altra forma ai lucri della Società. Il primo albergo fu compiuto nel 1901 ed inaugurato il 18 giugno di quell'anno, nel popoloso e popolare quartiere di P. Genova. Una iscrizione posta nell'albergo ne chiarisce gli scopi, dichiarandolo destinato alle persone di modesta condizione - perchè - nella salubrità, nella comodità, nella dignità dell'ambiente - trovino conforto, mezzo, stimolo - ad elevarsi - a comprendere le alte finalità della vita. Si potè in quell'epoca affermare che pari intrapresa non si era avuta che a Londra e a New York e che costituiva un primato di Milano su tutta l'Europa continentale. L'Albergo, costruito su disegni degli ingegneri Magnani e Ronsei piani, oltre il sotterraneo, posto nell' angolo acuto formato dalle due vie M. d'Oggiono e Vallone e occupante un'area di circa 2200 mq. Costò coll'arredamento 423.000 lire. Contiene, a pianterreno, atrii, corridoi, uffici, sala da fumare, dispensa, due sale da pranzo con due cucine economiche pronte e riscaldate per chi vuole apprestarsi il cibo da sè, sala di lettura fornita di giornali e di riviste con annessa biblioteca, guardaroba con seicento armadii per gli indumenti degli ospiti, spogliatoio, locale del barbiere, appartamento del direttore, latrine in un piccolo fabbricato isolato, cortile e giardinetto. Nel sotterraneo, emergente dal suolo e abbondantemente illuminato, trovano posto i locali dei lavabi, dei lavapiedi, dei bagni e delle doccie, i laboratori del calzolaio e del sarto, la lavanderia con idro-estrattore ed essicatoio, la stireria, il depostio dei bagagli degli ospiti, l'apparecchio di disinfezione, la cucina coll'acquaio e colla dispensa, la ghiacciaia, il tinello, i magazzini ed altri locali di servizio e di disimpegno. E' a disposizione, nei locali che per il loro uso lo richiedono, abbondante acqua calda e fredda. Nei piani superiori sono complessivamente cinquecento camerette, disposte ai due lati di lunghi corridoi, arredate semplicemente e del puro necessario, fornite di illuminazione elettrica. Le pareti di divisione di una cameretta dalle contigue e dal corridoio non raggiungono il soffitto, così che le camerette sono comunicanti nella parete superiore. Al quinto piano trovasi la guardaroba. La copertura dell'edificio è costituita da un ampio terrazzo. Nei locali sono sparse numerose inscrizioni murali, destinate a richiamare all'ospite i concetti di onestà e di dignità. Come risulta dalla descrizione, l'Albergo popolare è una riproduzione delle Rowton Houses, che tanto benefico influsso hanno arrecato a New York ed altrove.

L'Albergo è aperto ai soli uomini. Il prezzo dell'alloggio è di 3 lire per notte; di 15 lire pel soggiorno durante un'intera settimana; i cibi sono a prezzi miti; vi sono pure le docce e bagni a pagamento. Questi prezzi che sono per molta gente troppo elevati, le numerose prescrizioni regolamentari, la stessa accuratezza degl'impianti, tengono lontana dall'Albergo la classe più umile della popolazione. I frequentatori infatti non sono in maggioranza operai; ma piccoli commercianti, venditori ambulanti, scritturali, ecc. Non si sono così tolti alle misere locande che i clienti migliori, che vi ricorrevano per necessità. Molte persone si sono insediate nell'Albergo stabilmente. Tutto vi procede regolarmente, con pochi inconvenienti. Il numero degli ospiti fu notevole fin dai primi giorni e andò sempre aumentando. Ma l'Albergo popolare non corrisponde, come abbiamo visto, che ad una parte degli impellenti bisogni. Perciò nel luglio del 1902 lo statuto della Cooperativa Alberghi popolari fu modificato, introducendo fra i suoi scopi la istituzione di più modesti dormitori destinati a coloro che pur non essendo in grado o non volendo spendere quanto si esige per alloggiare all'Albergo popolare, rifuggono per dignità e per esigenze dai dormitori gratuiti. La Società costituì perciò una gestione separata, la quale per adesioni ed elargizioni aveva raccolto un cospicuo patrimonio. Il primo Dormitorio popolare, ideato pure da Luigi Buffoli, sorse, anch'esso su progetto degli ingegneri Magnani e Rondoni, fuori di porta Romana, in via Colletta ; costò coll'arredamento circa L. 300.000 e cominciò a funzionare nel marzo del 1905.

L'area è di circa tremila metri quadrati, ed è quasi interamente occupata da capannoni formanti un pianterreno rialzato. L'edificio è diviso in due riparti : per gli uomini e per le donne. Ognuno dei riparti ha una sala d'aspetto, un locale per i lavabi e un ampio corridoio. I bagni e le doccie possono servire, a seconda del bisogno, a un riparto o all'altro. Ci sono inoltre una lavanderia e un apparecchio di disinfezione. I letti per le donne sono 68, in due cameroni, e quelli per gli uomini 236, in sette cameroni. I sotterranei, eseguiti con cura, servono ad addurre aria ai dormitorii nei quali il riscaldamento a vapore è combinato con la ventilazione. L'illuminazione è elettrica. L'acqua calda e fredda, è messa con abbondanza a disposizione degli ospiti. Al piano superiore trovasi l'alloggio del direttore. Ampie terrazze e lucernari coprono la maggior parte del fabbricato.

La tassa giornaliera per l'alloggio e l'uso dei locali comuni è di una lira; per un bagno si pagano 50 centesimi e per una doccia 30. Recentemente (gennaio 1924) venne inaugurato il sopralzo di questo Dormitorio (sopralzo costato oltre 180.00 lire), che rende così il nuovo edificio capace di altri 100 letti. Ma numerosissime persone non potrebbero neppur spendere la piccola somma di una lira per procurarsi un ricovero durante la notte (20 centesimi anteguerra). Ed è per queste che deve sopperire ed ha in parte sopperito l'assistenza pubblica. Per tale classe di gente si aprirono fin dal 1884 gli Asili notturni Lorenzo e Teresa, appartenenti a un'Opera pia fondata in quell'anno da Edoardo Sonzogno col concorso di oblazioni private e denominati dal nome dei genitori del fondatore. Lo scopo è di dare ricovero gratuito - per tre notti consecutive a chiunque si presenti. In casi eccezionali si consente un soggiorno, più prolungato. I ricoverati sono per la maggior parte convalescenti, vecchi, persone appena arrivate in città, in complesso gente in condizioni meno tristi di quelle dei frequentatori dei Ricoveri notturni gratuiti. Ai disoccupati e ai bisognosi si forniscono informazioni e, nel limite del possibile, aiuti per l'assistenza e per il collocamento. Gli asili possono dare alloggio a 60 uomini e 60 donne. Mercè una munifica largizione del compianto Ermenegildo Castiglioni, essi furono forniti di bagni e doccie, i quali, col concorso del Comune, funzionano anche per il pubblico. Negli Asili furono nel 1924 ospitati 155.037 persone, delle quali 123.831 uomini e 72.715 donne. Gli Asili Sonzogno erano tuttavia insufficienti di fronte alla gravità del bisogno. Nell'inverno 1902-03 il Comune dovette provvedere ad alloggiare gratuitamente i senza tetto; e parecchi cittadini, rappresentanti delle principali istituzioni di beneficenza, si riunivano e deliberavano la fondazione dei Ricoveri notturni gratuiti. La somma raccolta in pochi mesi fu più di 150.000 lire. In attesa del fabbricato definitivo, furono destinati a ricovero provvisorio otto cameroni del già Riformatorio Marchiondi, in via Manfredo Fanti. Il 25 giugno 1905 si inaugurò l'edificio appositamente costruito in via Cesare Balbo, su progetto dell'ing. Luigi Mazzocchi. Consta di un vasto pianterreno rialzato e di pochi locali in primo piano per gli uffici. E' capace di 420 ospiti : 280 uomini e 140 donne e bambini. Gli uomini si stendono su tavolacci individuali, le donne su lettini e brande. « Qui si dorme e si tace », è il motto di questo pio istituto.

Vi sono servizi di disinfezione della biancheria e dei vestiti, di riscaldamento, di bagni e di doccie e di lavapiedi. I ricoverati sono tenuti per turno ai lavracri personali ed alla disinfezione degli indumenti. I quattro cameroni per gli uomini e i due per le donne permettono di stabilire fra i ricoverati una certa distinzione; nel primo camerone si raccolgono gli attempati, che possono tener seco i figli maschi di età superiore agli otto anni; nel secondo, i vigilati dalla P. S. seralmente in numero di una sessantina; nel terzo gli uomini e i minorenni orfani di genitori, appartenenti al Comune di Milano; nel quarto gli individui di altre provincie o nazioni, ai quali il ricovero viene concesso solo per otto notti al massimo. Nel primo camerone femminile stanno le donne e le ragazze minorenni e i ragazzi sotto gli otto anni; nel secondo dormono le adulte. Un altro riparto per bambini sarà fra breve in funzione. L'opera della Istituzione è di previdenza e di assistenza, proponendosi la redenzione morale di molti, quella sociale di tutti, e inoltre lo sfollamento del pauperismo infestante Milano, mediante il rimpatrio o il collocamento dei senza tetto.

RISTORANTI ECONOMICI E. CUCINE POPOLARI.

Il 3 marzo 1917, sotto gli auspiCii del Comune, venne costituita una Società Anonima Cooperativa per cucine popolari e ristoratori economici, con un contributo del Comune e di altri Enti cittadini (Associazioni operaie, Cooperative), con lo scopo di aprire cucine e ristoratori economici al massimo buon mercato, comperando derrate all'ingrosso, riducendo al minimo il servizio, limitando il numero delle pietanze e fornendo vivande sane da consumare in luogo o da asportare. Il vino venne limitato ad un quarto per pasto, con divieto di vendita separata ed esclusa qualsiasi altra bevanda alcoolica. Per quanto riguarda le vivande adottò il sitema del piatto unico di carne (80-100 grammi) e verdura, oltre la minestra, formaggio (40-50 grammi) o frutta, con una lista settimanale, e quella dei « buoni » da acquistarsi alla cassa. Il personale assunto fu in prevalenza femminile. La Società distinse i suoi esercizi in « Ristoranti economici » e « Cucine popolari ». Per primo suo atto, e quasi in via di esperimento, la Società assunse il servizio della Cucina interna della Manifattura Tabacchi, che continua con grande soddisfazione delle maestranze e della Direzione. Alla Cucina Manifattura Tabacchi seguì dappresso l'apertura del Ristorante economico di via Dante, 18, sostituito poi con quello di via Silvio Pellico, di una Cucina popolare in viale Lodovica, 37, e di un'altra cucina in via Bordoni, 8. Venne poi aperta un'altra Cucina interna presso le Robinetterie Milanesi, una in via Bordoni, nelle immediate vicinanze della ditta Pirelli e della Società Breda : quest'ultima è la più vasta delle altre avendo una superficie di circa 400 mq. con un'ampia cucina centrale, magazzini, ecc. Le due predette Società hanno riservato alle proprie maestranze due vasti locali. Nel 1918 vene aperta un'altra Cucina in viale Abruzzi, alla quale contribuì la ditta Edoardo Bianchi, un'altra alla Bicocca per la ditta Pirelli, in corso Lodi nello stabilimento Fonderie d'acciaio, con la capacità di 500 persone. Venne anche aperto un grande Ristorante economico in piazzale Venezia, in una zona densa di popolazione e quindi frequentatissimo, e due Ristoratori vennero aggiunti alle cucine popolari di via Farini e viale Abruzzi. Sono così in esercizio 8 grandi Cucine popolari e 4 Ristoratori economici. Oltre a questa iniziativa relativamente recente deve anche essere ricordata in questo campo l'opera che svolgono le Opere pie e di carità. Ricordiamo in primo luogo l'Opera pia cucine economiche eretta in ente morale il 24 gennaio 1886. Questa Opera pia ha lo scopo di distribuire minestra e cibi sani al puro prezzo di costo, escluso da questo le spese di impianto, fitto locali, capitale fisso. La distribuzione dei pasti è anche fatta con marche emesse dall'Opera pia stessa. Ricordiamo ancora la Società pane quotidiano (distribuzione : bastioni Magenta) che distribuisce gratuitamente 250 gr. per persona a tutti coloro che si presentano; Cucina per ammalati poveri: Legato conte Bartolomeo Arese per la distribuzione di pane e riso ai poveri. Distribuiscono pane e minestra ai poveri i padri cappuccini di viale Monforte, di Strada Vercellese, le suore di carità di via S. Sofia, 13, le dame di carità di S. Vincenzo, i padri Barnabiti (via Commenda), l'Istituto suore di carità di via Kramer, i padri Carmelitani (Sempione), ecc. BENEFICENZA.

Amiamo incominciare questo capitolo con le parole che sono in principio dello stesso capo nel volume Milano e il suo territorio, stampato nel 1844 in occasione del Congresso degli scienziati : « Gli istituti di beneficenza in Milano, sia per numero che per importanza fanno splendida fede a quel detto : essere questa la città del buon cuore. Qui se ne contano che hanno dieci secoli di vita; qui altri appena sorti, eppure già ricchi di buone opere e di buone rendite. Nella loro molteplice varietà posono ripartirsi in tre ordini : quelli che redimono il povero con la carità educatrice ; che soccorrono la miseria con ogni maniera di sussidi e di conforti, e che raccolgono, i risparmi di chi lavora, per ridonarli nei giorni della sventura ». Ma nella monografia di Milano del 1881, la famosa e insuperata Mediolanum, i due argomenti della beneficenza e della previdenza, che quarant'anni prima vediamo confusi in un solo concetto di beneficenza, appaiono invece ben distinti e individuati nelle loro caratteristiche essenziali. Noi possiamo poi aggiungere una enorme quantità di forme di previdenza sociale, alcune statali, come le assicurazioni operaie, casse di maternità, infortuni, ecc., ecc. Questa forma della carità - antica concezione cristiana quasi estranea al mondo romano, almeno nella significazione odierna - che mira a soccorrere direttamene chi cade nel bisogno, è largamente sviluppata a Milano. Per quanto riguarda la beneficenza elemosiniera, notiamo fra gli istituti di carità legale la Congregazione di Carità. Essa concede elemosine e sussidi temporanei ai poveri che hanno a Milano il domicilio di soccorso. Numerosi legati pii, con particolari scopi, sono concentrati in quell'istituto. Sussidi a inabili al lavoro concede il Comune di Milano, la Fondazione Kramer. Sussidi straordinari eroga il Comune in casi eccezionali, come pure sussidi per affitto. Per non enumerare tutte le istituzioni benefiche, ricorderemo fra le più attive la Società delle Dame di Carità di S. Vincenzo de' Paoli, la Società contro l'accattonaggio, oltre numerose opere benefiche confessionali, laiche ed ecclesiastiche.

ASSISTENZA OSPITALIERA. Entriamo ora a dare uno sguardo rapidissimo a questa illuminata forma di assistenza degli ammalati poveri. Milano medievale era piena di ospedali; e sono ben note le vicende loro fino a quando Francesco Sforza ne concentrò una ventina nel grahde Ospedale che fu detto per antonomasia dai milanesi la Ca granda. Si sa che all'Ospedale di Milano incombeva l'onere della cura gratuita dei poveri dei Comuni dell'ex-Ducato per consuetudine : tale onere aveva determinato un grave dissesto finanziario negli istituti ospitalieri. E per ciò, con R. D. 6 novembre 1924, N. 2086, il Governo abrogava le disposizioni statutarie degli istituti ospitalieri in quanto facesse obbligo pio luogo di accogliere a cura gratuita infermi poveri che appartengono a Comuni dell'antico Ducato di Milano. Questi Comuni sono ripartiti in circoli, e per ciascuno di tali circoli è designato un ospedale tra quelli già esistenti, ovvero da istituirsi appositamente, che deve esercitare l'assistenza agli infermi poveri della località. Così fu rapidamente risolta la vecchissima questione ospitaliera.

Gli Istituti Ospitalieri assistono gli infermi nelle ormai vecchie ed inadatte infermerie, che si vanno a poco a poco abbandonando, dell'antico edificio Sforzesco (anno 1456), ampliato coi fabbricati Carcano (1626-1649) e Macchio (1797-1804) ed in una quantità d'altri edifici di recente costruzione, come i1 padiglione Litta (1896); i padiglioni Ponti per la chirurgia e la meccanoterapia (1898); i due padiglioni Beretta per le malattie mediche e chirurgiche dei bambini (1903-1904); il padiglione della chirurgia femminile (1905); i sette padiglioni per la

Ingresso dell'Ospedal maggiore (vedi foto) dermosifilopatia (1905-1907); il padiglione Cesarina Riva per le malattie delle vie urinarie (1911); il padiglione Antonio Biffi per la medicina con la sezione neuropatologica Serafino Biffi (1912); il padiglione Zonda per le forme chirurgiche di natura acuta (1915); la sezione fotoradioterapica Ambrogio Bertarelli, dotata di tutti gli impianti più moderni, compresa la cura del radium. Alle forme tubercolari serve un ospedale in via S. Vittore, N. 24, ed un altro in Cernusco sul Naviglio. Nel 1914 fu apprestato il nuovo Ufficio di Guardia e di accettazione dei malati, con tutti i servizi annessi, ed un Padiglione d'isolamento. Nel 1910 fu apprestata una grandiosa Lavanderia nell'antico fabbricato della Rotonda a P. Vittoria, con macchine lavatrici ed idroestrattrici ed apparecchi per la disinfezione e sterilizzazione. Nel 1912 fu costruito l'Istituto anatomo-patologico. Gli Istituti Ospitalieri amministrano anche l'istituto antirabbico per la cura Pasteur. È stato avanzato un grande progetto per trasportare gli istituti ospitalieri verso la periferia, liberando l'antico palazzo, che potrà essere destinato a istituzioni di coltura. Un Ospedale dei cronici è a Cernusco; l'ospedale fatebenefratelli e quello fatebenesorelle sono destinati specialmente ai poveri di civile condizione. L'ospedale dei Sovrano Militare Ordine di Malta per i bambini maschi legittimi, l'Ospedale dei bambini, la Clinica pediatrica, l'Ospedale Jolanda e De Marchi, quello dei contagiosi a Dergano e infiniti altri istituti per malattie speciali, chirurgia, malattie del lavoro, completano il quadro dell'assistenza ospitaliera. Meritano di essere menzionali: il Pio Istituto dei rachitici (via Vigentina, 10); il Pio Istituto oftalmico (via Castelfidardo, 15); il Pio Istituto ototerapico (via Casale, 8); l'Istituto Bassini per gli erniosi poveri (via Ricordi, 1). Una parola va dedicata all'Ente degli Istituti clinici di perfezionamento, che comprendono specialmente gli istituti: ostetrico ginecologico, la Clinica pediatrica, la Clinica delle malattie del lavoro. In questi Istituti trovasi quanto di meglio la scienza possa aver mai fino ad oggi ritrovato per alleviare le sofferenze dell'umanità infelice, e sono anche parte della Facoltà di Medicina. Queste fuggevoli note sono ben lungi dal dare una pallida idea del come si studi e si risolva a Milano il problema della cura dei malati poveri. A questo si aggiunga l'assistenza agli ammalati degenti negli ospedali esercitata da pie istituzioni di visitatori e visitatrici, l'assistenza ai poveri dimessi dal Manicomio. L'assistenza si estende pure agli ammalati a domicilio per opera di associazioni laiche e confessionali. Legati benefici, opere pie, istituzioni di previdenza apposite provvedono all'invio di ammalati in luoghi di cura e i bambini alle cure climatiche. Questa forma di previdenza ha assunto uno sviluppo e una diffusione grandissima e qui non possiamo non parlare dei sanatori popolari istituiti per la lotta contro la tubercolosi : il Sanatorio Umberto I di Prasomaso in Valtellina, che ospita annualmente oltre 600 ammalati. Fu inaugurato nel 1910 e nello stesso anno si aprì quello di Ornago in Brianza. Essi sono rispettivamente capaci di 165 e di 60 letti. Nel 1924 fu inaugurato il grande Tubercolosario di Garbagnate, istituito dal Comune di Milano per accogliervi i tubercolosi gravi che prima avevano rifugio nelle crociere dell'Ospedale Maggiore. Il Tubercolosario sorge in una splendida località tutta circondata dalle pinete delle Groane al nord della città e distante solo una ventina di chilometri da Milano. (Vedi avanti parte II). Il Comune di Milano assiste i tubercolotici mediante l'azione efficacissima di cinque dispensari antitubercolari, che visitano annualmente circa 30.000 ammalati. Esistono anche quattro dispensari celtici comunali, che visitano annualmente oltre 10.000 persone. Aggiungasi a questo - e il quadro è ben lungi dall'essere completo - l'acquisto fatto dal Comune delle Terme di Tabiano per crearvi una grande stagione di cure termali per i poveri, non solo di Milano, ma anche di Enti pubblici che trovano difficoltà ad inviare malati a Salsomaggiore. Tale gestione è stata affidata all'antica opera pia milanese di Santa Corona. L'assistenza sanitaria, smobilitata la sua splendida organizzazione di guerra, mantenne la sua efficienza in alcuni casi specialissimi, specialmente a favore dei grandi invalidi. Ricordiamo l'Istituto Neurobiologico pro feriti cerebrali " Vittorio Emanuele III ", che ha lo scopo di curare nel miglior modo i disturbi funzionali conseguenti alle ferite cerebrali edi assistere moralmente e materialmente i militari riformati per ferite cerebrali; e l'Istituto pei grandi invalidi nervosi di guerra Casa Anna Borletti (Arosio), con lo scopo di assistere quegli invalidi del sistema nervoso per lesioni di guerra che, per le gravi condizioni speciali in cui si trovano, hanno bisogno di continua asssitenza. La Croce Rossa Italiana, che alle sue benemerenze di guerra aggiunge l'assistenza materiale e morale in caso di pubbliche calamità; l'Associazione dei Cavalieri di Malta per il servizio sanitario in guerra l'Associazione milanese della Croce Verde, ecc., ecc. CAP. VI.- LA GIUSTIZIA. Milano è sede di una R. Corte d'Appello, di un R. Tribunale Civile e Penale, di una Corte d'Assise, di nove Preture mandamentali e di due Preture urbane per i processi penali e di un Ufficio municipale di conciliazione diviso in otto mandamenti. Un grande centro di affari e di popolazione agglomerata importa necessariamente un movimento non indifferente di processi sia civili che penali. Inoltre il concentramento avvenuto nel 1923 di Tribunali e della Sezione autonoma della Corte d'Appello sedente in Brescia, ha fatto sì che il numero degli affari trattati dalle nostri Corti di Giustizia sia notevolmente accresciuto. La Corte d'Appello lombarda esercita ora la sua giurisdizione su di una popolazione di 5.217.000 abitanti, cioè l'ottava parte della popolazione italiana. I Tribunali civili e penali di Lodi e Monza furono concentrati in Milano.

Gli affari civili passano attraverso: Arbitri, Probiviri, Commissioni Arbitrali, Conciliatori, Pretori, Tribunali e Corte d'Appello. Nel 1923 furono 148.483. Circa 52.000 vennero ritirati o transatti. Le domande che ebbero ulteriore sviluppo sono 33.000 circa. Il che fa ritenere che in genere la lite viene promossa con fondamento di fatto e di giustizia. Poco sviluppo ha l'arbitrato nella nostra regione, nonostante le aumentate spese della giustizia ordinaria. L'istituto dei probiviri operato principalmente per le industrie meccaniche e metallurgiche. I1 Tribunale di Milano conta 14 presidenti di sezione e 90 giudici ed emanò al 30 novembre 1924 circa 17.000 sentenze. Si pensi che nel 1880 le sentenze erano 1750

Palazzo del Tribunale (antica sede del Capitano di Giustizia) circa tra civili e commerciali e in queste le commerciali costituivano appena un terzo del totale: le altre erano civili. Ora succede il contrario: 8991 sono civili, le altre commerciali e penali. Effettivamente il lombardo è poco litigioso: e ciò è dovuto in parte al benessere economico e in parte alle condizioni intellettuali e morali sempre il progresso, per cui poca presa hanno i cavilli curialeschi; e con grande facilità si giunge alla transazione delle contestazioni. La Corte d'Appello ha sei presidenti di sezione con 41 consiglieri. Furono pronunciate al 30 dicembre 1924, 2823 sentenze tra commerciali e civili. Nel 1879 erano 587. E per dare ancora qualche cifra della ptologia della vita commerciale - chiamiamo così impropriamente l'attività giudiziaria - notiamo che nel 1925 i fallimenti furono 834, con una passività provvisoria di oltre 181 milioni e una attività di 62 milioni. Però queste cifre colossali vanno messe in rappOrto col numero dei commercianti iscritti, che è di 92.267. Nel 1880 i fallimenti erano 135. Nella parte penale purtroppo le cifre non sono così rosee. Nel 1924 pervennero avanti ai pretori 45.700 imputati e avanti i procuratori del Re 33.700. Al Tribunale furono giudicati, nel 1924, 11.700 imputati. La Corte d'Appello pronunziò 2000 sentenze. Tutte le cifre che si diedero riguardano non il solo Comune di Milano, ma la ciroscrizione giudiziaria più vasta della città. Però Milano assorbe il maggior numero di affari giudiziari. Valorose le curie forensi. I due Collegi degli avvocati e dei procuratori e quello dei notari sono fiorentissimi. Contiamo 172 avvocati; 1837 procuratori e 60 notari. Il carcere giudiziario di Milano (Cellulare) dava nel 1923 il seguente movimento: entrati 11.252, di cui 2135 minorenni e 9117 maggiorenni. Gli usciti furono invece 11.276, di cui 1913 minorenni e 9363 maggiorenni: In virtù del decreto ministeriale 31 agosto 1924, che provvede alla unificazione delle preture di Milano, col l° gennaio 1926 sono cessate le preture mandamentali e le cause e gli affari sono ora trattati, senza distinzione di territorio, da una unica Pretura divisa in sei uffici e otto sezioni. Ogni ufficio tratta determinati affari prestabiliti: così il primo ufficio costituisce la dirigenza; il secondo e il terzo, affari di volontaria giurisdizione; il quarto - composto di sei sezioni - affari contenziosi civili e commerciali; il quinto, istruttorie penali; il sesto - diviso in due sezioni - giudizi penali. CAP. VII.- MILANO RELIGIOSA.

Merita un breve cenno la vita religiosa della nostra città. Secondo una tradizione millennaria, il primo a piantare la Croce e a predicare il Vangelo nella capitale dell'Insubria - così era chiamata la nostra terra nell'epoca romana - sarebbe stato S. Barnaba, compagno di S. Paolo, nei suoi viaggi apostolici. Egli avrebbe amministrato il Battesimo al primo gruppo di fedeli nei pressi di S. Eustorgio, ed ancora oggi si mostra il luogo in cui si sarebbe compiuto il grande avvenimento. Sarebbe questa l'origine apostolica della Chiesa Milanese.


Antica Chiesa di S.Protaso ad monacos a cui nel secolo XVIII fu AGGREGATA LA CORPORAZIONE DEI TIPOGRAFI (lavoranti stampatori de' libro) Ma risponde a verità questa tradizione? Molti eruditi lo negano, perchè mancano documenti seri che la confermino. Altri crede che i primi apostoli della nostra città siano stati i nostri Martiri Nazaro e Celso, mandati qui da S. Pietro ed uccisi nella persecuzione di Nerone. Altri pensa che Nazaro e Celso siano stati preceduti dai figli gemelli dei santi Vitale e Valeria, i nostri Compatroni, Protaso e Gervaso, le cui reliquie furono scoperte da S. Ambrogio e riposano nella stessa urna che raccoglie le sue gloriose spoglie. Il primo Vescovo di Milano di cui si abbia qualche certa notizia è S. Anatolio o Anatalone : ma la storia non dice nè quando, nè come venne. a Milano; solo si sa che morì in un viaggio di predicazione presso Brescia. Il suo corpo è sepolto nel monumentale Duomo di quella città.

La Chiesa milanese divenne subito una delle più importanti del mondo : salì in tale fama e reputazione, che vi fu un momento in cui alcuni, per soverchio amore campanilistico, sognarono di rendersi indipendenti da Roma. Non furono seguiti, perchè Ubi Petrus, ibi Ecclesia Mediolanensis. I Vescovi di Milano da Anatolio al Cardinale Tosi sommano a 138: di essi ben 41 sono adorni dell'aureola della santità. Tre divennero Papi : Umberto Crivelli (Urbano III), Pietro Filargo (Alessandro V), Achille Ratti (Pio XI). Altri si resero illustri per opere benefiche, letterarie, civili. Basti ricordare S. Ambrogio, S. Galdino, S. Carlo, Federico Borromeo, il Cardinale Ferrari. Un tempo la nostra Diocesi fu assai vasta e comprendeva perfino alcune valli della Svizzera : ancora oggi si stende dal Po alle Alpi, dal Ticino all'Adda. La Diocesi milanese conta 796 Parrocchie; quelle di città sono 78, distribuite secondo le sei antiche Porte. Alla prima Porta, detta Orientale, appartengono le Parrocchie delle attuali Porte : Venezia, Monforte, Vittoria. Alla seconda, detta Romana, appartengono le Parrocchie delle attuali Porte Romana, Vigentina, Ludovica. Alla terza, detta Ticinese, appartengono le Parrocchie di Porta Ticinese e Genova. Alla quarta,

Cortile dell'Arcivescovado detta Vercellina, le Parrocchie dell'attuale Porta Magenta. Alla quinta, detta Comasina, le Parrocchie di Porta Sempione, Tenaglia, Volta. Alla sesta, detta Nuova, le Parrocchie di Porta Nuova e Principe Umberto.

Le Parrocchie extraurbane sono distribuite in 6 Regioni : ogni Regione in Pievi, le Pievi in Vicariati, i Vicariati in Parrocchie. Le Pievi sono 63, i Vicariati foranei 84, le parrocchie 718. I proposti Parroci della città, per concessione di Pio XI, hanno ora tutti la cappa paonazza. Oltre al Capitolo Metropolitano e di S. Ambrogio, vi sono i Capitoli di S. Stefano e S. Babila. I Parroci degli undici Comuni aggregati prendono anch'essi il titolo di Prevosti.

Vi sono a Milano le seguenti Comunità religiose: Barnabiti, sorti a Milano nel 1530 per opera di S. Antonio Maria Zaccaria, cremonese, allo scopo di ravvivare nel clero e nel popolo lo spirito evangelico. Si dedicano all'istruzione della gioventù. I Camilliani, fondati da S. Camillo de Lellis, abruzzese, morto nel 1644, e furono chiamati a Milano dal Card. Gaspare Visconti nel 1594. Assistono gli infermi. I Carmelitani Scalzi, venuti a Milano nel 1614, si dedicano a opere missionarie. I Concettini, fondati nel 1857 da Luigi Maria Monti, morto a Saronno nel 1900; con scuole professionali, specialmente tipografiche. I Domenicani, antico ordine che conta fra i suoi un S. Tomaso d'Aquino e il canonista Raimondo di Pennafort. Vennero a Milano nel 1467, alle Grazie. Gli Eremiti camaldolesi, istituiti da S. Romualdo nel 1012. I Fatebenefratelli od ospedalieri di S. Giovanni di Dio, venuti a Milano nel 1586, dove fondarono l'ospedale. I Figli di Maria Immacolata, fondati dal Canonico Pavoni a Brescia nel 1847; si stabilirono a Milano nel 1870, dove dirigono l'Istituto degli artigianelli. I Fratelli delle scuole cristiane, fondati da G. B La Salle nel 1860, attendono alla educazione dei giovani. I Frati minori, istituiti da S. Francesco d'Assisi. Vennero a Milano nel 1212. Soppressi nel 1810, si riebbero tosto; e nel 1922 poterono ritornare a S. Angelo in via Moscova, da dove furono un tempo espulsi. I Gesuiti, fondati da S. Ignazio di Lojoii nel 1551, sono dediti all'istruzione ed educazione della gioventù. I Minori cappuccini sono una riforma dell'ordine francescano introdotta nel 1525 e in Milano diedero, ín epoca di corruzione, esempio di virtù e di carità. I Salesiani, sorti nel 1859 da Don Bosco, attendono all'educazione dei figli del popolo. I Servi della Carità, fondati da Don Luigi Guanella nel 1886. I Somaschi, fondati da S. Gerolamo Miani, patrizio veneto, per l'educazione degli orfanelli. Gli Stimmatini e infine gli Oblati di S. Ambrogio, istituiti da S. Carlo nel 1576; istituzione diocesana : da essi dipende la direzione e l'insegnamento dei Seminari e Collegi arcivescovili, la Biblioteca Ambrosiana e altre istituzioni. Numerosissime le Comunità religiose femminili : tra cui ricordiamo le Agostiniane di S. Prassede, che risalgono al 1256; le Angeliche, parallele ai Barnabiti, fondate nel 1535; le Marcelline; le Orsoline del 1535, le Piccole suore dei poveri, della Provvidenza, le Religiose del Cenacolo, le Suore della Carità, ecc. Completano il quadro di Milano religiosa il Seminario maggiore, istituito da S. Carlo nel 1565 coi corsi teologici che durano 'quattro anni e comprendono lo studio dei dogmi, la morale, la Sacra Scrittura, la storia della Chiesa, eloquenza, diritto canonico, liturgia, arte, canto sacro, scienze sociali, lingue orientali; gli Istituti missionari, Missioni cappuccine, ecc. Notiamo poi le Biblioteche cattoliche, Pro cultura, Università Cattolica, di cui parliamo più ampiamente nella parte « Istruzione e, Pensionati, Associazioni cattoliche, Scuole professionali, Istituti di ricovero, giornali, ed infine l'Opera del Card. Ferrari, sorta nel 1921 come omaggio dei cattolici milanesi al santo Arcivescovo morto in quell'anno, di cui si parlò a pag. 171. CAP. VIII. - TEATRI, SPORT, ASSOCIAZIONI DI SVAGO.

LA SCALA.

Milano ha una gloriosa tradizione teatrale. Il primo teatro stabile si ebbe a Milano nel 1598 nella Regia Ducal Corte; e fu eretto per festeggiare la venuta di Margherita d'Austria che passava a nozze con Filippo II Re di Spagna. Più tardi, nella stessa Ducal Corte, si costruì un teatro più piccolo, il teatrino, e fu questo che salì a tanta celebrità nel secolo XVIII. L'incendio subìto da questo teatro la mattina del 25 febbraio 1776, fu la causa della fondazione del teatro « alla Scala », che si inaugurava il 3 agosto 1778. Esso costò un milione e quattrocentomila lire milanesi. Sorse in poco più di due anni sull'area di un'antica collegiata eretta da Regina della Scala moglie di Bernabò Visconti, e l'iniziativa fu tutta milanese; di una associazione di cavalieri: conte Ercole di Castelbarco, marchese Giacomo Fagnani, marchese Bartolomeo Calderari e marchese Menafoglia principe di Rocca Sinibalda. Il primo spettacolo dato il 3 agosto 1778 fu un melodramma : l'Europa riconosciuta, che il Verri disse non avere « nè capo nè coda ».

La Scala (vedi foto) Incominciarono ben presto pel nostro massimo teatro le preoccupazioni finanziarie, nonostante gli aiuti dei Governi che si succedettero nei primi anni del XIX secolo. Intanto, sopravvenuti i gloriosi avvenimenti che ci diedero l'indipendenza, il Governo italiano cedeva al Comune i suoi diritti sui due teatri della Scala e Canobbiana nel 1870 e quella parte di proprietà che, in forza del rogito Negri 3 agosto 1778, spettava allo Stato sul Teatro alla Scala, con tutti gli annessi e connessi, oltre al Casino Ricordi, ad eccezione di alcuni palchi, detti della Corona. Succedevano complicate questioni di proprietà fra Comune e corpo dei palchettisti, che erano i proprietari del fondo su cui il teatro è stato eretto e dei palchi e dei corridoi dei palchi. Il Comune dava alla Scala una « dote » annua dal 1871 al 1897 che si aggirava su di una media superiore alle L. 200.000 annue. Anche negli anni successivi, attraverso gravi difficoltà, la « dote » fu mantenuta. Ma l'agonia della Scala - specialmente dopo la rinuncia all'appalto del Duca Uberto Visconti Modrone - incominciava. Fu così che sorse l'idea di fare dell'istituto scaligero, ormai mondiale, un Ente autonomo. Con questa soluzione la Scala acquistava piena e assoluta disponibilità di tutte le proprie risorse finanziarie e l'organizzazione tecnica perfetta, messa a servizio di una direzione artistica di indiscussa e indiscutibile autorità. Si potè così rinnovare il palcoscenico nella sua struttura organica, nei suoi meccanismi, negli innumeri locali accessori, nei suoi impianti di illuminazione, di riscaldamento, di aereazione, di sicurezza e si potè avere il grande teatro a repertorio. Si può dire che del vecchio

Interno della Scala edificio non sia sopravvissuta che la sala, la vecchia, gloriosa sala, che vide tanta gloria e tanta bellezza e che per i suoi insuperati pregi acustici nessuno avrebbe osato toccare.

Dire i fasti della Scala non è possibile in breve. La sua fama divenne ben presto non solo europea, ma mondiale. Il battesimo della Scala era per un cantante la gloria. Ben presto cessarono le rappresentazioni drammatiche (si diede anche il Bruto di Vittorio Alfieri nel 1797) e così alla Scala rimase signora assoluta la musica. Sono della Scala i grandi trionfi di Rossini, di Donizetti e di Verdi; le prime rappresentazioni di Otello, di Falstaff e quella indimenticabile, tempestosissima di Mefistofele. Cotali avvenimenti sono sufficienti a classificare il Teatro alla Scala come il massimo tempio dell'arte lirica italiana. La coerografia ebbe nel programma artistico della Scala una parte di rilievo. Ricordiamo nel passato i balli e le ballerine, con le quali il Governo austriaco tentava di addormentare nella gioventù milanese l'amor di patria. Ma anche in tempi più recenti l'amore per la coreografia era diffuso, come risulta dal lussuoso allestimento dei balli Excelsior, Amor, ecc. Oggi, mutati i tempi e i gusti del pubblico, la coreografia limita la sua funzione a rimpolpare con qualche balletto gli spettacoli troppo scarni, oppure si fa della coreografia... psicologica su motivi generalmente slavi. La capacità ordinaria del teatro è di 3600 spettatori, ma disposto a veglione ne può contenere circa 6000. Al piano nobile si trova il ridotto in stile neo-classico, vasto, elegante, capace di oltre 600 persone. Dal ridotto si accede al Museo del Teatro alla Scala, destinato a raccogliere quanti cimeli, ritratti, autrografi, strumenti musicali posson giovare alla migliore conoscenza del teatro. Una ricchissima collezione di oggetti di scavo (statuette di terracotta, bronzo, avorio; tessere d'ingresso a circhi e teatri, pitture vascolari di argomento teatrale, bassorilievi con giuochi circensi) rievocano mirabilmente gli spettacoli dell'antica Grecia e della Roma Imperiale, mentre una raccolta completa di porcellane dipinte, di incisioni e di pitture sta a dimostrare la vita teatrale del XVIII secolo. Di particolare interesse sono la collezione di gemme e di lampade, nonchè la sezione scenografica che comprende parecchie centinaia di schizzi, disegni originali ed autografi dei più reputati scenografi, dal XVII secolo fino ai giorni nostri, un modello ridotto del palcoscenico della Scala, ed altri preziosi cimeli, che sarebbe troppo lungo enumerare.

ALTRI TEATRI.

Escluso il Teatro alla Scala, il Teatro Carcano, amministrato dalla Società Proprietaria Stabili Teatro Carcano, il nuovo Teatro Nazionale e il Teatro del Popolo, alla Società Anonima Suvini-Zerboni è affidato il regolare andamento dei più importanti teatri di Milano : Dal Verme,

Una scena di teatro del secolo XVIII (Teatro Ducale - Teseo che atterra il minotauro) Lirico, Manzoni, Olimpia, Kursaal Diana, Eden, Filodrammatici, Fossati e Politeama Verdi.

II teatro Dal Verme, capace di oltre 2500 persone, è stato costruito su disegno dell'architetto Pestagalli e di recente restaurato: oltre che per spettacoli di opera, ballo e operette, si presta egregiamente per rappresentazioni di circo equestre. Il teatro Lirico Internazionale, costruito sull'area dell'antica a Canobbiana nel 1894 (opera dell'architetto Sfondrini), è destinato a spettacoli d'opera, d'operetta e di commedia. Questo teatro deriva il suo nome dal fatto di essere sorto presso le scuole Canobbiane, fondate nel secolo XVI da Paolo da Canobbio. Al tempo della "Cisalpina ", la Canobbiana era il quartiere generale dei patriotti. Il teatro Manzoni è invece esclusivamente adibito a spettacoli di prosa e nelle occasioni solenni diventa luogo di convegno di critici e di buongustai. Come la Scala è il tempio massimo dell'arte lirica, il Manzoni è il sacrario della drammatica. Qui hanno loro sede le muse della commedia e della tragedia. Presso a poco dove ora sorge il Manzoni, esisteva un tempo il teatro Re, pure dedicato alla prosa : così detto perchè ne fu iniziatore nel 1810 un tal Carlo Re. Ai teatri citati si aggiungono gli altri sei amministrati dalla Suvini-Zerboni e citati più sopra : di questi il Kursaal Diana, il Fossati e il Politeama Verdi si prestano indifferentemente a spettacoli di prosa e di operetta o a cinematografo, mentre l'Olimpia e il Filodrammatici d'ordinario ospitano soltanto delle Compagnie drammatiche; l'Eden invece è quasi esclusivamente adibito a spettacoli di varietà, come il Trianon, il San Martino e l'Apollo. Una particolare menzione merita il teatro del Filodrammatici, la cui origine repubblicana si ricollega con gli avvenimenti politici del 1796. Sorse come teatro di giovani filodrammatici repubblicani e si chiamò Teatro patriottico. Il nuovo nome eli fu dato al tempo del Regno italico. Vi recitarono il Monti, il Porta, Giuditta Pasta. Andrea Appiani dipinse il sipario. Lo sviluppo sempre crescente della città e l'estendersi di questa in determinate direzioni, importano uno spostamento anche dei teatri dal centro verso la periferia. Così in breve tempo è sorto nei quartieri di porta Magenta, in piazza Piemonte, un Teatro Nazionale, con spettacoli vari di prosa e anche di musica. Ne fu architetto l'ing. Borgato. Vi possono entrare 3500 spettatori. Nè possiamo dimenticare il Teatro del Popolo (via Manfredo Fanti), esercitato dalla Società Umanitaria e diretto da Sabatino Lopez. Alcuni tentativi di piccoli teatri d'eccezione con limitato pubblico e spettacoli

L'Arena di Milano da antiche incisioni del principio del XIX sec. di grande raffinatezza non hanno incontrato finora un largo consenso nel pubblico. Sono sforzi che trovano immatura stagione. Citiamo: Sala Azzurra, il teatro del Convegno (entrambi in corso Magenta), che però nel corso del 1925 chiusero i battenti, e il Teatro della Moda (via Arcimboldi), dove ora si danno spettacoli (a sezione) Non possiamo però chiudere questa succinta rassegna dei teatri milanesi, senza ricordare il teatro Gerolamo, sul cui palcoscenico gli attori in carne ed ossa hanno ceduto il luogo alle marionette. Oltre ai teatri già enumerati, la città di Milano possiede un bellissimo anfiteatro, l'Arena, specialmente adibita a spettacoli pirotecnici e sportivi; fu edificata nel 1807, su progetto dell'architetto Luigi Canonica ed è un compromesso fra il circo ed il teatro romano: ha le due porte, trionfale e libitinaria, e il pulvinare in stile neo-classico. Può contenere più di 30.000 persone. Ebbe momenti felicissimi, specialmente al tempo dei nostri padri, quando la gente più semplice di gusti si compiaceva di feste pubbliche, caroselli, kermessen, ecc. E' però in corso un progetto per farne uno stadio per le esercitazioni sportive.

SPORT.

Lo sport attualmente rappresenta una funzione essenziale allo svolgimento dell'attività umana; e ad esso Milano riserba, pur fra il fervore di vita industriale che è caratteristica della grande Metropoli, un posto non trascurabile. La nostra città ha una vasta organizzazione sportiva, che le ha permesso, nel volgere di pochi anni, di assumere un vero primato in ogni campo dello sport : palla al calcio, atletica, nuoto, canottaggio, pugilato, reclutano nel popolo e nella classe media la falange compatta dei loro apostoli e dei loro proseliti, mentre ippica, yachting,automobilismo, scherma e tennis costituiscono ancora il privilegio quasi esclusivo delle classi più elevate. Le Società che hanno per iscopo della loro azione una o l'altra delle forme di educazione sportiva si contano oggi a centinaia. Il maggior numero è sorto nell'immediato dopo guerra, ma non bisogna dimenticare i vecchi sodalizi attorno al cui tronco prosperoso e robusto i nuovi germogli hanno trovato l'humus generoso, propizio al loro sviluppo, specialmente volgarizzando, mercè la collaborazione di potenti Enti, anche quelle manifestazioni che altra volta erano predominio di una casta. Anche l'ippica però, apparsa in questi ultimi anni grazie alla volgarizzazione compiuta da potenti Enti, sta perdendo il predominio di casta. Il pubblico vive dell'entusiasmo che sa dare il più nobile degli animali, accomunando la signorile visione di una corsa in un lussuoso ambiente collo stimolo della scommessa. La Società Lombarda per le Corse dei Cavalli, fondata nel 1883, contemporaneamente alla fiorentissima Società Milanese per la Caccia a Cavallo, ha da qualche anno ceduto il campo e il nome alla Società Incoraggiamento Razze Equine, che ha iniziato la sua attività coll'inaugurazione del nuovo Ippodromo di San Siro, avvenuta nell'aprile del 1920. 11 nuovo Ippodromo, che tecnicamente non ha nulla da invidiare ai sontuosi e completi ippodromi delle grandi metropoli straniere, occupa un'area complessiva di 226.000 mq.

Le piste sono cinque, inaffiate con uno speciale impianto che ne permette la quasi totale irrigazione in meno di 24 ore. La più appariscente è la pista diritta, sulla quale sono stabiliti i tre traguardi regolamentari, lunga 1525 e larga 40 metri, mentre sul rettilineo opposto alle tribune la larghezza della pista è di soli 35 metri e in curva notevolmente minore. La pista grande è chiusa ad anello con due rettilinei non paralleli, riuniti alle testate da due raccordi curvilinei completamente piani, non uguali. La pista piccola è formata ancora dai rettilinei e dalla curva est della pista grande, colla sola limitazione che la curva che entra nella dirittura d'arrivo limita questo rettilineo a 610 metri. Due piste in otto, una dentro l'altra, utilizzano la metà interna delle curve e lungo il loro tracciato sono disseminati gli ostacoli regolamentari. L'accesso ai vari recinti si effettua con servizio affatto moderno, per un ingresso quasi unico, che ha i suoi tre sbocchi sul piazzale, al quale si arriva percorrendo i nuovi viali della larghezza di 30 metri. Le tribune sono due, lunghe 80 m. ciascuna : nella tribuna principale, si tro-

Facciata dell'Ippodromo di S.Siro vano il palco reale e la barcaccia dei soci : notevole il sistema per cui il pubblico popolare raggiunge il recinto del prato, non attraversando, come per l'addietro, la pista, ma percorrendo un comodo sottopassaggio sotterraneo, convenientemente illuminato. La linea architettonica, nobile e grandiosa, abbellita da particolari ornamentali tolti alla scuola francese, conferisce ai fabbricati aspetto ed importanza di opera monumentale. La tribuna del peso può contenere circa 800 persone sedute e 2000 in piedi, senza contare quelle che può ospitare la terrazza superiore, alla quale si accede mediante due comodi scaloni. La tribuna secondaria, costruita sulla falsa riga di quella principale, offre però una linea esterna di maggiore semplicità, in contrasto con la ricchezza ornamentale dell'altra, il cui interno ospita le sale di ritrovo per i soci e per il pubblico, i saloni per il buffet, dei quali uno occupa una superficie di 202 mq. e la Sala Stampa fornita di telegrafo e telefono. In una palazzina attigua alla tribuna ha sede la Direzione e si compiono le delicate operazioni del peso: nello stesso edificio sono installati gli spogliatoi dei fantini e la Segreteria, dalla quale i messaggi telefonici e pneumatici son diramati con la massima celerità alle varie stazioni del totalizzatore, agli starters e agli affossatori dei quadri. Il monumentale Ippodromo è opera dell'architetto Paolo Vietti Violi e del suo collaboratore architetto Hemboldt.

Nel marzo 1925 è stato inaugurato per le corse al trotto il nuovo Ippodromo di Mirabello, costruito (su disegno degli architetti Vietti e Violi), sempre a cura della stessa Società, la S. I. R. E., nel Regio Parco di Monza, nella zona limitata dal corso del Lambro, dal viale di Vedano e da un viale parallelo alla strada provinciale, che è quanto dire alle porte di Milano. Esso permetterà uno svolgimento ininterrotto di manifestazioni ippiche da gennaio a dicembre, così come si pratica a Parigi, Londra e Berlino.

Di tutti gli ippodromi italiani, questo è forse il più grazioso ed il più gaio, quasi tuffato nel verde, recinto di alberi, con dolci declivi di prati, prossimo a un boschetto coronato di pini che sorge a lato della stradetta che conduce al vicino Autodromo. L'allevamento di Mirabello è a ridosso alla storica villa costrutta nella seconda metà del settecento dai conti Durini, che già ospitò il Metastasio, il Parini, i Verri e i Beccaria. Su una collinetta che domina la tribuna popolare, di fronte alla dirittura della pista, è il Mirabellino, la villa che fu ricovero di caccia per Eugenio Beauharnais e di Re Umberto e fu già prediletta dalla principessa Amalia di Baviera che vi convocava familiari e amici a feste meravigliose. Ora il Mirabellino, fatto più lindo e più civettuolo, è un elegante ritrovo moderno, pure rimanendo un monumento nazionale. Come gli ippodromi di Maisons-Laffitte e di Saint-Cloud, quello di Monza è pittorescamente bello e sportivamente buono. Le due piste elittiche, una di 1800 metri e l'altra di 2200 metri, sono perfette nelle ampie curve, nelle diritture, nella larghezza - che è di 45 metri -, nella qualità del terreno. La dirittura d'arrivo è di 1000 metri. Nel pesage furono costruite tre tribune, sul tipo dei cotages normanni. La tribuna centrale è quella dei soci, della Direzione, dei proprietari di scuderia: è più stretta, poichè non è lunga che ventidue metri, mentre quelle laterali misurano ventisei metri, ma è più alta. In queste costruzioni il legno affiora sugli specchi in muratura. Balconi a bow-window e copertura di etemit a colore leggermente azzurro si armonizzano con la leggiadrìa di verde dei boschi circo- stanti. Questi edifici, capaci ciascuno di 1500 spettatori, nel fronte, verso la pista, scendono a gradinata su di un'ampia terrazza lunga tre metri. Nello chalet del pesage, a terreno, sono i servizi di segreteria, le sale dei fantini, il gabinetto fotografico, le camere dei commissari. Al primo piano, sono salotti pei proprietari e pei soci. Altri edifici del pesage, tutti sullo stesso stile, sono riservati ai totalizzatori, al servizio telegrafico e telefonico, al sellaggio per i fantini. Piccoli chioschi che sorgono nelle vicinanze servono da bars e da guardaroba. Il prato, nell'interno della pista, è stato abolito. Il prato è a Mirabello lungo la pista stessa, sulla linea delle tribune; e ha anch'esso una tribuna scoperta, molto semplice a gradinate. Le tabelle di partenza sono costrutte sul sistema inglese, con libere antenne sulle quali salgono e scendono le indicazioni dei partenti e delle monte. Gli ingressi all'Ippodromo sono tre : due per il prato presso Mirabellino, e il terzo presso Vedano per il pesage. Vi sono tre parchi automobilistici. Il tram porta fino all'ingresso del viale che conduce al pesage. Questo nuovo Ippodromo serve per dar riposo alle piste di San Siro, per stabilire una continuità di prove necessaria ai proprietari di scuderia, per dare maggiore incremento all'allevamento di Mirabello, per incoraggiare gli ufficiali ed i gentleman che a Milano non possono appagare tutta la loro passione.

Fra le manifestazioni a grande adunate di pubblico deve essere posto in primo luogo il foot-ball, di origine italiana, malgrado che sia ripreso ed importato dall'Inghilterra sotto altro nome. Essa ha conquistato non solo la gioventù, ma anche gli anziani. Qui, se è bandita la scommessa, l'entusiasmo per i colori portati da questo o da quel team appassiona ed avvince. Ed ecco a una organizzazione tecnico-sportiva, che permette l'avvicendamento delle squadre di ogni regione e nazione, la disputa di campionati o di matches internazionali, inserirsi studiate e riuscite combinazioni commerciali. A Milano le società e i clubs calcistici ormai più non si contano. Per molti la sede di gioco è data da aree nude disponibili, ambìto premio l'applauso del pubblico grazioso che s'affolla sui margini della strada. Ma l'« Internazionale », il « Milan », l'« Unione Sportiva Milanese », le tre più vecchie istituzioni del genere, possiedono propri campi attrezzati coi più moderni sistemi, che permettono la valida cooperazione di un pubblico entusiasta e pagante. Il campo dell'« Internazionale », attualmente fuori Porta Monforte, premuto dal fervore edilizio del quartiere, prossimamente dovrà emigrare; frattanto sta per trasferirsi nel nuovo campo in costruzione fra i due ippodromi di San Siro, il « Milan ». Il campo, che verrà inau-

Palazzo dello Sport gurato a primavera, nella sua grandiosità (accoglierà sulle sue gradinate ben 40.000 spettatori) ci dice della popolarità di questo sport. Il ciclismo ha cultori ovunque. La strada solitamente è il campo sperimentale dello sviluppo fisico in questa branca; ma i velodromi hanno industrializzato anche questo sport, trascinando il pubblico colla emotività di gare definite solo all'arrivo. Il « Velodromo Sempione », grande pista in cemento di 365 metri di sviluppo, un veledromo d'inverno (pista in legno di 200 metri) istallato nel grandoso « Palazzo dello Sport », attiguo alla Fiera Campionaria, permettono, anche allo sport della bicicletta, gare in ogni stagione.

Automobilismo e motociclismo sono sports più giovani, ma hanno fatto progressi da gigante in pochi anni. Anche per essi la sede più comune è la strada opportunamente sistemata in date occasioni e regolata a circuiti; ma per le folli velocità, per la maggior diffusione di questo potente mezzo di comunicazione, si è costruito un Autodromo in quell'incantevole Parco di Monza, che è una vera appendice della Metropoli, meraviglia di tecnica e d'ambiente, che ha risuonato nelle grandi competizioni internazionali degli evviva di decine di migliaia di spettatori accorsi da tutto il mondo a plaudire al genio e all'ardimento italico.

La S. I. A. S. (Società Incoraggiamento Automobilismo e Sport), ente privato costituitosi per la costruzione del Circuito, otteneva nel 1922 (4 aprile) di poter adattare la parte nord del Parco di Monza a Circuito automobilistico, attuando la proposta dell'Automobil Club (fondato nel 1903); il 15 maggio 1922 i lavori avevano inizio effettivo; il 28 luglio, sulla pista, ormai ultimata, Nazzaro e Bordino compivano i primi « galoppi ». Si era così in 110 giorni tracciato e sistemato, con tutte le opere d'arte, un percorso di 10 km. là dove non era che groviglio caotico di sterpi e di piante. Le opere compiute furono: movimenti in terra, scavo mc. 90.000; riporti 68.000 mc.; superfici cilindrate senza e con inghiaiatura metri quadrati 100.000; pavimentazione in macadam mq. 5000; in calcestruzzo metri quadrati 100.000; pietrisco, ghiaia, ghiaietta e sabbione mc. 50.000. La pavimentazione in macadam catramato si ridusse al solo vialone centrale; la restante pavimentazione è tutta in calcestruzzo. In materiale furono impiegati: mc. 55.000 di pietrisco, ghiaia, ghiaietta e sabbione; 45.000 quintali di cemento; 500 q.li di ferro per le armature. Lavorarono da 1500 a 3000 operai sussidiati da 200 carri con cavallo e 1O autocarri; vennero scaricati in media quotidiamente 60 vagoni ferroviari. Per la fisonomia, il Circuito è composto: da una pista e da un circuito. Una immette nell'altro, con attraversamenti a sottopassaggio; la prima lunga 4500 metri, il secondo 5500 con un totale di 10 km. La larghezza della carreggiata a pista è di m. 12, nel tratto stradale di m. 9, con zone di rispetto però che portano la larghezza a m. 16. A questo proposito non sarà inutile ricordare come di fronte ai 4500 metri della pista del Circuito di Milano stiano i m. 4032,18 di sviluppo totale dell'Autodromo di Indianopolis e i m. 4324 di Brooklands.

Sport ad ambiente più ridotto è il canottaggio e il nuoto. I limitati corsi d'acqua milanesi non mancano però di dar sviluppo allo sport del remo. La « Milano » e l'« Olona », aventi a palestra, il modesto Naviglio, nulla hanno da invidiare alle più forti società consorelle italiane ed estere, anche fra quelle che possono fruire di ampi bacini lacuali o signoreggiare sul mare immenso. E fra i mille trofei di vittoria, le società milanesi vantano campionati europei ed italiani, ed il nuoto, corollario del remo, ha offerto in innumerevoli competizioni occasione alla nostra gioventù di imporsi ovunque. Anche di società di nuoto se ne contano parecchie; prima fra tutte la Nari Nantes. La ginnastica è fra gli sports meno appariscenti; ma assai coltivata dalle masse grazie alla importanza che essa ha nel miglioramento fisico della gioventù, e Milano vanta un primato per la organizzazione che la Federazione Ginnastica Nazionale ha saputo dare ad opera del suo fra i più attivi Consigli sezionali. La Forza e Coraggio, la Pro Patria, la Unione Sportiva Milanese, per citare i più antichi sodalizi, cui fanno corona cento altri gruppi sportivi disseminati nei vari rioni cittadini, permettono di constatare di quando in quando nelle grandi adunate, che hanno di solito per campo d'azione l'Arena, la passione dei nostri giovani per le più svariate manifestazioni sportive, fornitrici di campioni alle competizioni olimpionche.

Anche l'alpinismo attrae nella sua orbita numerosi seguaci e intorno alla Sezione Milanese del Club Alpino Italiano (sorto nel 1873), che, forte della sua organizzazione antica e nazionale, costruisce e mantiene rifugi, pubblica memorie e monografie, indìce adunate e congressi, sono sorte altre società con programma più modesto, ma non meno, fattivo ispirato alla propaganda di questo sano sport, quali la Federazione Prealpina, che riunisce in sè 12 società, la Società Escursionisti Milanese, la U. O. E. I. (Unione Operaia Escursionisti Italiani), Io Sky Club, questa per agevolare anche l'alpinismo invernale. Il pattinaggio, che altra volta aveva un sapore esotico, ora è democratizzato dal Palazzo del Ghiaccio, dove un'ampia superficie è mantenuta ghiacciata da frigoriferi, così che al riparo dalle intemperie, permette, senza abbandonare la città, di vivere le emozioni di questo sport anche nella buona stagione. Hanno vita prospera fra noi anche altri giochi sportivi di sapore più aristocratico quali il crickets ed il tennis, quest'ultimo rappresentato dal Lawn Tennis Club. Va intanto dilagando anche da noi la passione per le manifestazioni pugilistiche che sapienti organizzatori sanno sfruttare, ma che non sono certo atte ad ingentilire l'animo. Per quanti prediligono le soddisfazioni del tiro a segno, ecco, sotto l'egida della Società Mandamentale di Tiro a Segno Nazionale, il Gruppo Tiratori e il Gruppo Tiratrici Milanesi, e per chi ama i piaceri cinegetici ecco la Società del Tiro al Piccione, la Società Cacciatori Sant'Uberto e il Kennel Club Italiano. L'AEREODROMO.

L'Aereodromo attuale sorge fuori cinta daziaria in località detta Taliedo, con numerosi hangars in muratura. Si denomina campo Pensuti. Recentemente però ne è stata decretata la soppressione. Un nuovo e grande aereoporto verrà a sostituirlo : si tratta del campo di aviazione della Torretta -. denominato campo Clerici per ricordare un combattente glorioso del cielo. Il campo Torretta fu aperto durante la guerra, ma non ne era molto nota l'esistenza, costituendo allora un segreto di guerra. Esso sorge a lato della linea del tram P. Nuova-Cinisello (già cascina Torretta) e si tratta per ora di venticinque capannoni, e complessivamente quarantatre campate, capaci di ospitare sino a 500 aeroplani di varie proporzioni. L'aereoporto, lungo due chilometri e largo uno e mezzo, è destinato ad assumere proporzioni anche più vistose. Sorgerà, così, un enorme hangar, a base di vetrate, lungo 260 metri, largo 140 e alto 80. Vi arriverà, per via aerea, uno Zeppelin : casa e ospite fanno parte della indennità che la Germania deve all'Italia. E lo Stato tedesco, oltre che cedere l'hangar si è impegnato a fornire - occorrendo - i tecnici e le maestranze specializzate in questi lavori. I competenti assicurano che il capannone destinato a sorgere nell'aereoporto Clerici è il più vasto del mondo. La costruzione, naturalmente, non invaderà il prato finora riservato agli aeroplani. Esso deve la sua prosperità all'assetto escogitato dal Ministero della Guerra, il quale si è proposto di sopprimere i piccoli campi sorti negli anni delle ostilità, conservando e sviluppando, per ogni regione, una o due vaste organizzazioni utili a mantenere in efficienza il minimo indispensabile dell'aviazione militare. Così nei dintorni di Milano rimarrà unicamente il campo Clerici, mentre sta per essere soppresso il campo Pensuti a Taliedo. La Lega Aerea Nazionale nel campo della propaganda e la Società italiana di Aviazione in quello pratico, danno opera assidua a familiarizzare le masse col mezzo aereo.

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Milano vanta poi di aver dato i natali al Touring Club Italiano, che è in testa alle istituzioni benemerite dello sport. Il T. C. I., dalla originaria propaganda della bicicletta è diventato un vigoroso organismo per l'incremento del turismo di ogni specie e con ogni mezzo; sulle strade ferrate e sui sentieri di montagna, sui fiumi, sul mare e nel cielo. Esso svolge quest'opera preziosa di volgarizzazione e di propaganda turistico-sportiva in tutte le classi sociali, sia con pubblicazioni amoro- samente curate, sia con l'organizzazre gite ed escursioni collettive, che raccolgono il più lusinghiero plebiscito di adesioni e contribuisce, col culto assiduo delle bellezze naturali e delle memorie storiche, a tener desto l'incorrotto amore della patria. Conta oltre 350.000 soci ed è la associazione turistica sportiva più numerosa e meglio organizzata d'Italia.

ASSOCIAZIONI E CIRCOLI DI SVAGO. Sono numerosissime in Milano le società a scopo di ritrovo, nè di tutte è il caso di dire. Alcune hanno però una speciale importanza, sia per il rilevante numero dei soci, sia per la lunga sopravvivenza attraverso la storia cittadina; ed in ordine di anzianità va ricordata per la prima la Società del Giardino, di vita più che secolare, perchè vanta la sua fondazione nel 1783. In quell'anno alcuni buoni cittadini milanesi, appartenenti alla borghesia mercantile, presero a pigione un giardino per radunarvisi a giocare alle bocce, gioco assai diffuso allora anche fra le classi benestanti. La prima sede fu in un locale presso l'osteria della Stadera a porta Orientale. Nel 1791-95 ebbe sede in vicolo dei Ponzi, poi nella via dei Due Muri (1795-1802), poi in via Clerici fino ai 1818. Qui imperava la bella figura ambrosiana di Carlo Porta, che celebrò i banchetti sociali e il celebre capo cameriere Akmett « in tocc come la porcellana, magher come el rurali del nost Signor ». Ma dal 1818 la Società del Giardino, diventata una delle più raffinate società milanesi del secolo XIX, acquista il palazzo di via S. Paolo, 10, costruito da Leonardo Spinola, avveduto imprenditore e commerciante del sec. XVI. La Società del Giardino, che aveva assunto volta a volta il nome di Accademia degli Orfei e di Casino dei Negozianti, si fuse con la Società di Scherma. Da allora nelle sale del Palazzo di via S. Paolo passarono i più celebrati schermitori, ed il pubblico milanese assistette ad importanti accademie di scherma. I soci ricordano con compiacenza che il grande poeta Carlo Porta appartenne alla Società dal 1806 al 1819 e che al tempo della dominazione austriaca, pur mantenendo un contegno riserbato, la Società non dimostrò mai tenerezza verso gli ufficiali e i funzionari austriaci; che anzi, per tenerli lontani, dopo il 1849 adottò l'innovazione delle feste di famiglia, in cui non invitavansi che gli stretti parenti dei soci. Il Re Vittorio Emanuele II intervenne alle feste da ballo sociali negli anni 1860-61-62. La Società degli artisti e Patriottica invece sorse allo scopo di favorire gli studi e le ricerche scientifiche e tale rimase il suo indirizzo fino all'anno 1864, epoca in cui avvenne la fusione con la Società del Commercio, che aveva fine puramente ricreativo e con un nucleo di persone associatesi con intenti politici. Nacque così una nuova società intitolata semplicemente Società Patriottica ed avente scopo di studio, di ricreazione e di politica. Finalmente, ultima trasformazone, nel 1874 avvenne la fusione col Club degli Artisti; dagli scopi sociali fu eliminata la politica sostituendovi l'arte, dando origine alla attuale società detta degli Artisti e Patriottica. E la società è fiorente: i soci hanno a loro disposizione una biblioteca di più di 15.000 volumi, sezioni speciali di Pittura, di Fotografia, di Scherma; e le ampie sale della società, in via Giuseppe Verdi, si aprono ad esposizioni artistiche, a balli ed accademie. La Società dell'Unione, con sede in via Romagnosi e con un limitato numero di soci, appartenenti generalmente alla aristocrazia del sangue, a cui si aggiunge, come sempre in tutte le età storiche, quella del denaro, nacque nel 1841 col semplice carattere di circolo di ritrovo, carattere che conserva tuttora. Fu fondata da un gruppo di giovani rimpatriati dopo l'amnistia del 1838. Ne furono promotori Resta, Belgioioso, Ordoño-Rosales, Imperatori, Dolcini, Max Mainoni. Nel febbraio del 1848 gli austriaci, con grande sfoggio di armati invasero i locali e sciolsero la società ritenuta un'accolta di rivoluzionari. Partiti gli austriaci nel '59, alcuni soci dell'antica società si raggrupparono sotto l'antico loro presidente, il conte Giovanni Resta, e richiamarono in vita la Società dell'Unione, alla quale appartennero come soci d'onore e Cavour e Minghetti e Jacini e Bonghi e La Mar-mora e molte e molte altre somme personalità del nostro Risorgimento. La Società dell'Unione, che ha per presidente d'onore S. M. il Re, vede le sue sale frequentate dai principi di Casa Savoia e dai principi stranieri di passaggio. Sono altresì da ricordare : la Famiglia Artistica, dove la scapigliatura dei giovani artisti si sposa ad iniziative coraggiose per la sincerità e la modernità dell'arte, il Circolo degli Ufficiali, la Associazione degli Ufficiali in congedo, che svolge vivaci manifestazioni culturali e mondane in una aristocratica sede, il Circolo degli Impiegati professionisti e Pensionati e altri numerosi circoli professionali. Non possiamo non ricordare i circoli sorti dopo la guerra per opera dei reduci e veterani delle varie armi e specialità. Molte di queste associazioni, come la Mutilati e la Combattenti, hanno scopo di assistenza; ma altre a questo fine aggiungono anche lo scopo di ritrovarsi fra soci, continuando l'unione e lo spirito cameratesco nato dalla vita di guerra. Ricordiamo l'Associazione Nazionale Alpini; l'Associazione del Fante; l'Associazione dell'Arma di Cavalleria; l'Associazione automobilisti in congedo, artiglieri, mitraglieri, ecc., ecc. Sono i veterani della guerra che si associano per affinità elettiva, come i vecchi veterani delle nostre guerre per la indipendenza, di cui ora contiamo i superstiti. PARTE SECONDA

IL COMUNE DI MILANO ED I SUOI SERVIZI

CAP. I. - IL MUNICIPIO.

IL PALAZZO DEL COMUNE E CLI UFFICI.

La sede del Comune di Milano è ormai per tradizione il Palazzo Marino. Ma nell'antico Comune la sede dei Consoli era nel Broletto arcivescovile presso a poco nella sede del Palazzo Reale - anzi nel 1140 si ha conoscenza che i Consoli avevano fatto costruire per loro un apposito palazzetto. Nel 1218 sorge vicino il palazzo del Podestà fin che nel 1228 si cominciò a costruire il Palazzo, che noi chiamiamo della Ragione, in Piazza Mercanti. In quel secolo sorse tutt'all'intorno una serie di uffici pubblici e quella fu la sede del Comune fino a quando nel 1770 gli uffici del Comune si trasferivano nel Broletto nuovo di Porta Comasina (già delle Farine). Ma non appena avvenne la liberazione di Milano nel 1859 si fecero, fra il Comune e lo Stato italiano, pratiche per cedere il Broletto nuovo in cambio di Palazzo Marino. Le trattative riuscirono felicemente e il 19 Settembre 1860 si dava avviso al pubblico che la residenza della Giunta Municipale e degli uffici da essa dipendenti veniva trasferita in Palazzo Marino. Esso era così chiamato perchè il genovese Tomaso Marini, uomo d'affari del secolo XVI, prese tutti gli appalti della Città di Milano e con una serie di speculazioni fortunate, accumulò una sostanza favolosa e nel 1558 diede mano alla elezione di un sontuoso palazzo su disegno di Galeazzo Alessi. La prima pietra fu posta il 4 maggio del 1558 all'angolo verso S. Fedele. Egli aveva acquistato un groviglio di casucce e sull'area di queste aveva costruito il grande edificio.

It Broletto - Vecchia Sede del Comune

(vedi foto) Ma nel 1560 i lavori dovevano essere interrotti per « gravi dissesti finanziari » del proprietario. Tuttavia, per quanto ripreso in seguito, il palazzo non fu finito: esso era completo solo nelle due fronti verso S. Fedele e verso via Case Rotte. Rimase invece incompiuto verso via Marino e in grandissima parte interrotto nell'ultima fronte, quella che attualmente prospetta verso Piazza della Scala e che al tempo della costruzione - guardava su di una stretta viuzza. Travolto il Marini da fallimenti e dalla miserevole fine della sua famiglia, il palazzo passò allo Stato che vi collocò da prima il Gran Cancelliere, poi un marchese Omodei di Castel Rodrigo, mentre un quarto della casa fu ceduta a Don Martino de Leyva e si dice che in una delle sale del primo piano nascesse quella che, col nome di Suor Virginia, fu la Monaca di Monza, immortalata nelle pagine di Alessandro Manzoni. Più tardi nel secolo XVIII il Palazzo Marino fu dato in locazione ai fermieri generali dello Stato, dal 1772 in poi divenne la sede del «  Magistrato camerale e della Camera dei Conti e dopo il 1780 passò alla intendenza generale delle R. Finanze coi rispettivi uffici e agli usi del così detto dazio grande per i reali diritti economicamente amministrati ». Il Palazzo Marino, che allora comunemente si chiamava Palazzo Omodei, fu così la sede di uffici finanziari di Stato. Passato al Comune, come si disse, nel 1860 incominciarono i restauri. Nel 1872 si inaugurava la sala dell'Alessi; nel 1886 per opera dell'Arch. Luca Beltrami coadiuvato dall'Ing. G. Ferrini, si compiva il restauro verso Piazza della Scala e così, dopo oltre 300 anni, il disegno del Marini era compiuto e il Comune di Milano acquistava la sua sede dignitosa, che è un vero gioiello d'arte in una piazza fra le più belle d'Italia. Ma

Facciata di Palazzo Marino prima dei restauri lo sviluppo rapidissimo di Milano rendeva ben presto insufficiente il Palazzo Marino e i continui adattamenti per collocarvi nuovi uffici finivano col deturparne la linea. Si invasero allora i vicini locali di via Case Rotte, poi si occupò il palazzo di piazza Missori, conosciuto col nome di ca di can per esser sorto dove erano i canili di Bernabò Visconti. E non bastò ancora. Finalmente, per una recente convenzione col Governo, il Comune entra in possesso della parte posteriore, non monumentale, del Palazzo Reale verso la via Larga. Questa parte è in corso di demolizione. Una nuova strada limiterà da questo lato il Palazzo Reale vero e proprio, mettendo in luce il fianco di quella gemma dell'arte trecentesca che è San Gottardo. Sull'area residua, al di là dalla nuova strada, verrà costruito il palazzo degli uffici del Comune di Milano. Il Palazzo Marino rimarrà la sede augusta dalla rappresentanza municipale e sarà parimenti uno dei ricordi meglio conservati dell'architettura cinquecentesca milanese.

ARALDICA MUNICIPALE.

Allo stemma della nostra città si attribuiscono dagli scrittori varie origini, di cui una sola pare la più verosimile. C'è chi asserisce che, quando nel 52 dopo Cristo, i Milanesi si convertirono al cristianesimo, questi sostituirono allo stemma primitivo della scrofa semi lanuta la rossa croce. Ma è una fola: basti pensare che gli stemmi, nel senso araldico del termine, non si ebbero che con le Crociate. La città romana aveva però come emblema la scrofa semi lanuta su testimonianza di due poeti della tarda latinità, Claudiano e Sidonio Apollinare. Lasciamo da parte le leggende sull'origine della bandiera crociata offerta da Papa Gelasio I a un mitico Alione Visconti, che genéalogisti piaggiatori e compiacenti avrebbero fatto capostipite o antenato dei Visconti ! Sta in fatto che Arnolfo III, il vecchio Arcivescovo milanese, nella impossibilità di poter seguire l'esercito crociato, affidò a Giovanni da Rho, eletto capitano generale dei Milanesi, lo stendardo crociato e al proprio luogotenente, il vice conte Ottone, un'altra bandiera bianca su cui era riprodotta in azzurro la immagine del miracoloso serpente della Basilica Ambrosiana, perchè fosse come un sacro amuleto nelle

Facciata di Palazzo Marino - Stato attuale Cortile di Palazzo Marino pestilenze e nei pericoli. Dunque, al tempo della prima Crociata, la croce rossa esisteva. E pare che il color bianco fosse stato adottato, al tempo della rivoluzione del secolo XI, dai plebei; e il rosso dalla fazione dei nobili. I due colori vennero accoppiati insieme quale conseguenza della pace o concordia fra i due ordini di cittadini nell'anno 1045.

Gli stemmi che vediamo sulla loggia degli Osii, cominciata nel 1251, portano tutti la croce propriamente detta : (quella dei crociati) come si dice in araldica, pezza onorevole di primo ordine nel blasone, formata dalla combinazione del palo con la fascia, occupante in larghezza due delle sette parti dello scudo e stendente i suoi quattro bracci fino ai bordi di questo. Ben spesso si usò di incurvare questa croce come fosse sulla superficie di uno scudo convesso di forma ovale e questo si vede sugli stemmi dal XVI secolo in poi. Ma anche le sei porte della città ebbero il loro blasone: 1. Porta Orientale: di bianco al leone rampante di nero. 2. Porta Romana : il tutto di vermiglio. 3. Porta Ticinese: di bianco allo scanno di vermiglio. 4. Porta Vercellina : spaccato: nel primo di rosso, nel secondo di bianco. 5. Porta Comasina : staccato di bianco e di rosso. 6. Porta Nuova: inquartato, nel primo e quarto di bianco, nel secondo e terzo di nero. Nel 1816 l'Imperatore Francesco I faceva sostituire al frascame verde che contornava lo stemma e che rappresentava l'abborrito tricolore, un ornamento d'oro: sovrapponendo alla corona l'aquila bicipite. Tutti questi arnesi scomparvero con l'Unità d' Italia. Lo stemma riebbe la corona turrita e subì modificazioni di forma nel 1867 e nel 1899. Il Comune ha anche un famoso stendardo che ha una origine storica interessante. Fu dopo il definitivo stabilimento del Governo spagnuolo che la Magnifica Comunità di Milano (comunità e non più comune, quasi a significare il passaggio dall'ente sovrano all'ente amministrativo) pensò ad avere un gonfalone civico. Nel 1546 Gio. Filippo Candiano, figlio del Magnifico Giovan Giacomo - uno della Commissione appositamente nominata per la « fabbrica e del Gonfalone - raccoglieva denari presso i Paratici, merzaroli, postari de grasso, fruttaroli, pollaroli, beccari, ecc. Ma dal 1546 si deve saltare al 1563 per vedere concretare il progetto. Infatti è di quell'anno un ordine di pagare 100 lire imperiali al pittore Carlo Urbini da Crema « il quale ha preso la carica di fare in pittura in carta et tela, il disegno del nuovo gonfalone di S. Ambrogio, sommo protettore di questa patria ». Fu la prima rata: poi ne furono date altre 100. Nel 1564 i padri celestini eseguirono per L. 265 alcuni quadri rappresentanti la vita di S. Ambrogio che si vedono.

Sala del Consiglio Comunale infatti sul gonfalone. Nel 1563 però il pittore Giuseppe Meda ebbe L. 269: il che significa che oltre all'Urbini anche questo ebbe mano alla ideazione del Gonfalone. Finalmente nel 1565, addì 14 luglio, avanti il cancelliere della Comunità Antonio Spanzotta, si stipulava la convenzione fra il Comune e i ricamatori Scipione Delfinone e Camillo Pusterla che si assunsero di fare il gonfalone conforme al disegno. Il lavoro fu ultimato con piena soddisfazione, « magistralmente » come dice un documento del dicembre del 1566. Esso venne a costare L. 14.549 sol. 15, den. 11. Il prezzo di una casa d'allora! Il Gonfalone fu poi restaurato nel 1624 da G. B. Crespi detto il Cerano, celebre pittore, zio di Daniele Crespi, che ebbe per il suo lavoro un compenso di 100 ducatoni, oltre a una tazza d'argento. Un altro restauro risale al 1847 e si spesero L. 10.800. L'ultimo restauro è del 1867. Si comprende come questo cimelio non compaia più nelle pubbliche feste, ma rimanga esposto - col suo Sant'Ambrogio che fustiga gli Ariani - alla ammirazione dei visitatori nei civici musei d'arte in Castello. Nel 1903, dietro impulso del compianto storico Carlo Romussi, l'Amministrazione d'allora volle donare alla città un nuovo gonfalone e nominò una Commissione per determinarne la forma e gli emblemi. Vi doveva essere lo scudo crociato campeggiante su di un fondo verde; Mentre nel verso doveva essere il busto di S. Ambrogio come si usava al tempo della Repubblica ambrosiana (1447-1450) con gli stemmi delle porte, un particolare del monumento alle cinque giornate, l'aquila napoleonica... e chi più ne ha più ne metta. Per fortuna il Consiglio comunale, respinse il progetto per ragioni di bilancio. Fu nel 1923 che un comitato di dame milanesi si fece iniziatore di una sottoscrizione popolare per dare al Comune il nuovo gonfalone. Fu preparato in sole tre settimane su disegno dell'ing. Giannino Ferrini e con una semplice cerimonia venne dalle dame milanesi solennemente offerto al Comune il 10 aprile 1923.

Coniatone del Comune del sec. XVI CAP. II. - EDILIZIA E PIANI REGOLATORI. INCREMENTO EDILIZIO.

Il risveglio economico che incominciò per Milano dopo il 1859, fu subito accompagnato da una potente attività edilizia che si può dire non ebbe mai posa - esclusi gli anni di guerra e l'immediato dopo guerra - sino ad oggi, nè accenna ad averla in avvenire. La città fu in molte sue parti trasformata, e continuamente andò estendendo oltre l'antica cerchia le sue propaggini, a mano a mano che la sua' popolazione andava aumentando. Questa trasformazione, può dividersi in due periodi : l'uno dal 1860 al 1885, in cui i lavori furono specialmente dedicati alla sistemazione interna : l'altro dal 1886 in avanti, nel quale sorsero, con rapidità meravigliosa, i nuovi e grandi quartieri, e si svolsero le grandi opere della fognatura, gli impianti dell'acqua potabile, la rete tramviaria e gli altri servizi pubblici.

Portici Settentrionali In ordine di tempo la prima opera grandiosa fu la demolizione dei fabbricati che ingombravano l'area fronteggiante il Duomo, per far luogo alla vasta piazza che ora vediamo. L'erezione della Stazione centrale (1857) aveva resa necessaria la più diretta comunicazione della medesima col 'centro, mediante opportuni accessi intorno ai quali si andarono disponendo ordinati sistemi di vie nuove : sorse così l'attuale quartiere di via Principe Umberto, uno dei più ricchi ed eleganti di Milano, che impose moltissime e costose espropriazioni sopra un'area di 126.600 metri quadrati. Su terreni nudi della superficie di 176.525 mq. si costruì la via Solferino e il quartiere adiacente nel 1861 ; e l'anno seguente l'ing. Balzaretti mandava ad esecuzione il progetto dei giardini pubblici e costruiva tutto il giardino nuovo (il giardino vecchio che fronteggia il Corso Venezia era stato costruito dal Piermarini nel 1783, e i Boschetti sono del 1787). Pur sopra un'area nuda di 500.000 mq. sorsero l'esteso quartiere di Porta Genova e quello, più piccolo, intorno alla via Alessandro Volta, destinato a facilitare l'accesso al nuovo Cimitero monumentale.

Edilizia moderna - Quartiere Carducci Semplificata la gestione amministrativa fra i sobborghi, detti Corpi Santi, e l'interno della Città (che formarono dalla fine del secolo XVIII - salva una breve parentesi napoleonica - al 1873 due Comuni separati) col riunirli sotto una sola amministrazione municipale, si creò una relativa reciprocità d'interessi che valse a regolare lo sviluppo edilizio, impedendo che i nuovi quartieri suburbani sorgessero senza nesso fra loro e con la città interna. Così nel 1876 venne approvato un Piano regolatore di massima, che successivamente modificato ed ampliato, disciplinò l'edilizia milanese. Un rapido sviluppo prese subito il quartiere esterno di Porta Genova, dove si formò un grande nucleo di stabilimenti industriali. Presso la Stazione centrale i terreni lateralmente al gran piazzale e viali d'accesso, vennero in breve coperti da fabbricati, distribuiti intorno a nuove strade dalla Stazione fino al Lazzaretto, sopra un'area di 38.867 mq. E anche il Lazzaretto, quel singolare edificio costrutto dal Palazzi dei tempi di Lodovico il Moro, fu sacrificato alle esigenze tiranniche della vita moderna : tutta l'area ch'esso occupava (mq. 112.528) venne coperta da fabbricati (1883), mentre un altro nuovo quartiere sorgeva


Edilizia moderna - Una casa in Corso Principe Umberto a ponente della Stazione fino a Porta Nuova, e un nei pressi di Porta Tenaglia, con l'apertura delle Sarpi (168.800 mq.). Sopra una vasta area gratuitamente ceduta da al Comune (118.826), si formarono le vie Giuseppe d'Azeglio, Enrico Tazzoli, Tito Speri, mentre si il quartiere industriale fuori di Porta Nuova. Tutto questo, fino al 1885,senza contare il grandissimo numero di fabbricati che popolarono la linea della circonvallazione. Nel 1886 si iniziò il nuovo periodo dell'attività edilizia milanese, quando il Consiglio Comunale deliberò la costruzione di due nuovi grandiosi quartieri, l'uno sulle aree di proprietà della Società fondiaria (mq. 300.000) a ponente della Ferrovia Nord-Milano, l'altro sulla vecchia Piazza d'armi e sui fianchi della medesima, la quale, nella sua parte centrale, veniva destinata a Parco; nello stesso anno si decretò l'apertura della bella strada fra il Cordusio e il Foro Bonaparte (via Dante), e si votarono i dieci milioni e mezzo che occorrevano per le espropriazioni, sopra un'area fabbricata di 31.711 mq.

Edilizia moderna - Piazza Cordusio Approvate nel 1892 le espropriazioni per l'apertura della via Vincenzo Monti, questa lunga strada divenne il centro d'un terzo quartiere tra la ferrovia Nord e la Porta Magenta, connesso cogli altri due. E' sorta così da quelle parti un'altra città, dove, nei sontuosi edifici e nelle eleganti palazzine, si è andata raccogliendo la ricca borghesia industriale, e l'architettura è andata sfoggiando tutte le risorse degli stili moderni. Le case della graziosa via Boccaccio e delle sue adiacenze sono esempi interessanti, se non in tutto e sempre lodevoli, di queste artistiche gare. Nel centro di questa nuova Milano, s'erge maestoso il Castello Sforzesco, del quale non solo il mirabile restauro è dovuto all'architetto Luca Beltrami, ma pur anche l'esistenza; giacchè durante l'agitarsi dei progetti pei nuovi quartieri, il Castello ha corso più volte il rischio, se non d'essere demolito, d'andar guasto o tagliato in mezzo; ma il Beltrami con la sua ferma costanza è riuscito non solo a indurre la cittadinanza a rispettarlo, ma a dare con frequente munificenza i mezzi per ridurlo nella forma in cui lo vediamo. Nel 1891 si effettuò la copertura del Naviglio di S. Gerolamo, e in breve quel lungo e brutto tratto di strada che correva tra la Ferrovia Nord e il corso di Porta Genova, fiancheggiato dalla Fossa interna, si trasformò in un ampio corso; l'anno seguente si iniziarono le strade ad Est del Corso S. Celso; tra il 1895 e il 1899 sorse il popoloso quartiere tra il Corso Sempione e la Via Luigi Canonica e fu aperta la Via Statuto; nel 1900-1904 fu compiuto lo sventramento delle adiacenze ad est della Piazza del Duomo, tra la Via Orefici e la Via Spadari dove era prima un agglomeramento indecoroso e malsano di vecchie catapecchie. Dopo l'attuazione della nuova Cinta daziaria simbolica, ha preso grande sviluppo il quartiere di Loreto, nel triangolo tra il viale Monza e lo stradone di Crescenzago, composto in gran parte di stabilimenti industriali; e quello a ponente del corso Buenos Ayres; è quest'ultimo un grande quartiere in formazione che verrà a collegarsi e a identificarsi con quello a Nord della Stazione centrale. Dopo la stasi del periodo bellico e postbellico, un'onda imponente di rinnovamento e delle radicali trasformazioni che subisce o subirà la città diamo notizia più avanti. (Vedi avanti : Piani regolatori - Edilizia popolare - Nuovi quartieri).

I PIANI REGOLATORI. Se nella vita moderna il piano regolatore di una città ha assunto una importanza essenziale alla sua esistenza e al suo progressivo sviluppo, non così possiamo dire della città antica. Le città romane sorgevano bensì secondo un piano prestabilito che prendeva generalmente la forma dell'accampamento dell'esercito; ma nel medio evo lo spopolamento delle città, l'usurpazione progressiva e l'espropriazione dei demani pubblici hanno fatto sì che la città, quale noi ereditammo, venisse su con una disposizione che a noi sembra capricciosa e pittoresca, ma in realtà essa risorse seguendo un tracciato prevalentemente dettato dai singoli interessi privati. Fu così che le vie delle nostre città assunsero quell'aspetto così movimentato a rientranti, a salienti, a curve impreviste: aspetti che ora vanno scomparendo con le aumentate esigenze del traffico. Nel rinascimento a Milano vediamo un inusitato splendore edilizio: ma l'autorità pubblica non si è imposta stabilendo norme inderogabili a tale sviluppo: essa si è limitata ad agevolare, mediante apposite leggi, e a incoraggiare l'edilizia privata. Fu così che sorsero splendidi palazzi fra mezzo alle casucce popolane e artigiane di quei tempi. Fu Lodovico il Moro che con decreto 17 luglio 1493 permise ai privati d'espropriare aree per costruire palazzi che dovessero esser di decoro alla città di quel tempo. Fu così che in molti punti Milano fu più bella: fu in base a questo decreto che il Marino potè costruire il suo Palazzo. Solo nel periodo Napoleonico si parlò di veri « sventramenti » e riforme del piano della città. Si dice che, presentata a Napoleone una pianta di Milano su cui era disegnato il Foro Bonaparte affinchè desse il suo parere sugli accessi a questa località che doveva diventare il centro della vita politica e commerciale di Milano, tirasse con mano ferma una linea retta dal Foro al Palazzo Reale. Si conserva nell'Archivio Civico un esemplare della carta di Milano del cartografo Pinchetti (1801) dove si vedono segnati tanti rettifili da costituire un regolare e organico piano regolatore della città. Ma la caduta del despota geniale lasciò sospeso questo progetto.

Dopo l'unità d'Italia, Milano subì notevoli e radicali trasformazioni. Il piano regolatore del 1889 mutava, come abbiamo visto, l'aspetto specialmente al centro della città: ma il più grandioso piano fu quello approvato con la legge 12 luglio del 1912. Esso considera la città divisa in tre zone. La prima comprende la parte interna alla linea determinata dai bastioni, dal viale Venezia, dalla via C. Cesariano, dalla via A. Bertani, dal corso Sempione, dalla via Massena, dalla via G. Pallavicino, dalla via Alberto da Giussano e dal piazzale Magenta. La seconda zona si estende all'esterno della prima fino al limite del Piano regolatore edilizio e di ampliamento approvato con la legge 1889 e delle successive modificazioni approvate con decreti reali il quale limite corrisponde quasi completamente all'andamento della nuova circonvallazione. La terza zona si estende al di là da questo limite spingendosi a nord e a ovest fino al limite territoriale del Comune. Questa zona segna il fatale cammino della città in direzione Nord e ovest verso cioè terreni più salubri. Si riconnette a questa zona il recente piano (1924) del Quartiere nord-ovest limitato fra la piazza d'Armi, l'Ippodromo e Musocco dove sorgerà una moderna città dalle ampie vie, piazze e giardini attraversata dal corso dell'Olona che scorrerà fra verdi giardini e boschetti di un parco moderno, vera oasi verde fra tanta pietra. I piani regolatori interni. - Ma anche nel vecchio centro urbano tutto si trasforma pur rispettando per quanto è possibile le caratteristiche della vecchia città e le sue memorie. Così è in corso d'esecuzione la trasformazione d'un quartiere indecoroso e malsano in uno dei più belli ed eleganti quartieri cittadini. Esso si informa a questi concetti: aprire una nuova arteria larga m. 20 da via Torino all'altezza di piazza S. Giorgio, fino a piazza Vetra; diramare da questa piazza una via larga m. 18 verso piazza S. Eustorgio. Le due vie avranno per sfondo la visione di due dei nostri migliori monumenti : S. Eustorgio e S. Lorenzo. Con questo piano, approvato nel giugno 1923, ed ora in piena attuazione, l'Amministrazione volle anche salvato il vecchio Chiostro di S. Eustorgio, che era sacrificato dal piano regolatore del 1912. Un altro piano dovuto alla privata iniziativa è quello compreso fra le vie Cappuccini, viale Luigi Maino e corso Venezia dove sta sorgendo un grandioso quartiere di abitazioni signorili. Molti quartieri aristocratici abbelliranno Milano, con sacrifizio - purtroppo - di qualche vecchio giardino, che il Comune in parte - pure essendo disarmato dalla legge su questo punto - è andato qua e là salvando.


Edilizia moderna - Corso Italia Così se è scomparsa la vigna di Leonardo verso le Grazie ; e se il Monastero della Vettabbia e quello di S. Gerolamo non sono che ricordi, il giardino Melzi in via Principe Umberto, il giardino d'Arcadia in corso Romana, una parte del giardino Sormani in via Guastalla e del giardino Sola in via Serbelloni, e quello Perego-Venino in via Annunciata poterono esser salvati dalla distruzione. Gruppi superbi di case sorgono come per incanto tra le vie Carducci e Zenale, altre in via Filangieri, dovunque insomma - entro le vecchie mura spagnuole - è un'area libera, la città allinea i suoi nuovi palazzi. Nè possiamo tacere della grande strada che si aprirà tra Piazza Andrea Doria e via Giuseppe Verdi. Sarà un corso che, partendo dalla nuova stazione scenderà fino nel cuore della città a raggiungere l'incrocio di via Verdi, via Orso, sfollando il traffico di tutta la zona ovest e sud-ovest della città, il quale, movendo da via Carducci o Boccaccio, per foro Bonaparte, potrà evitare piazza del Duomo raggiungendo direttamente la nuova stazione. Si formerà una delle più belle prospettive architettoniche con una bella sosta nel piazzale della vecchia stazione dove fra piante verdi e verdi aiuole, sorgerà il monu-

Edilizia moderna - Viale Bianca Maria mento ai Caduti della guerra mondiale. La via acquisterà vivacità dall'incontro sul suo percorso di interessanti giardini privati, fra gli altri quello Perego-Venino che il Comune incluse in questo piano, destinandolo a giardino pubblico per salvarlo dalla distruzione alla quale era votato col piano del 1912. Con esso sarà salvato anche l'antico Chiostro di S. Erasmo. Un altro vasto progetto edilizio, che rimane per ora solo tale, è allo studio e riguarda la sistemazione di alcuni uffici ed enti statali. Esso permetterebbe la valorizzazione di alcune aree centralissime attualmente occupate da tali uffici. Il progetto di sistemazione venne studiato dagli uffici di Finanza in seguito ad un invito pervenuto dal Ministero, il quale indicava anche i criteri generali da seguire. Questi erano : cessione al mercato edilizio dell'area di via Moscova-Manin, occupata dalla Direzione dei lotto, dall'Ufficio tecnico di Finanza, da un Comando di guardie di finanza e da altri piccoli uffici, nonchè dall'area in via Parini, occupata dall'ex-reclusorio, di quella in via Moscova occupata dalla Manifattura Tabacchi, dall'annesso magazzino rivendita e dall'Ufficio pesi e misure, e dall'altra in via Montebello-Piazza Sant'Angelo


Edilizia moderna - Portici settentrionali occupata dal magazzino di Casermaggio, dal Carcere militare e dal Tribunale militare. Gli edifici sorgenti su queste aree dovrebbero essere demoliti per essere ricostruiti con criteri moderni in località periferiche, salvo qualche rara eccezione per uffici a diretto e continuo contatto col pubblico. Ecco le linee generali del progetto :

trasferimento della Manifattura Tabacchi in una zona vicina allo Scalo Romana, e probabilmente in via Brembo;

trasferimento del gruppo di stabili militari (Carcere, Tribunale, Casermaggio) sul terreno dell'ex-bersaglio, al margine della vecchia Piazza d'Armi; cessione dell'area di via Parini, risultante dalla demolizione del vecchio carcere, salvo una parte di circa 2000 metri già impiegata per la costruzione di una centrale telefonica. Le imprese private assuntrici di tutta la complessa opera, o di parziali lotti, consegnerebbero al Demanio le aree nuove con gli edifici statali ricostruiti per venire in possesso delle ricche aree sgombrate. La operazione di vasta mole - i terreni da valorizzare sommano a 62.000 metri quadrati - avrebbe dovuto compiersi per gradi e per anni. In istituto più avanzato sono invece ormai gli accordi stabiliti nel 1925 fra il Demanio ed il Comune per il trasferimento della Questura centrale dallo stabile di Piazza S. Fedele all'attuale Palazzo dei Tribunali in Piazza Beccaria, il quale verrà disponibile non appena sia risolto il problema della generale sistemazione degli uffici giudiziari in un'unica nuova sede decorosa, che secondo il progetto presentato nel 1924 dall'Amministrazione comunale troverebbe posto sull'area di via G. B. Vico, ove ora è il vecchio Macello.

Un accenno merita pure un progetto in corso di attuazione che interessa il vecchio centro storico e che s'innesta in quello, replicatamente studiato e consacrato già in un piano regolatore di vecchia data, per la sistemazione del primo tratto di corso Vittorio Emanuele, partendo da piazza del Duomo. Il progetto in parola interessa inoltre le immediate adiacenze, da via S. Raffaele in prolungamento del braccio minore della Galleria, a tutto il quadrilatero compreso tra le vie S. Radegonda e Agnello, che verrebbe rettificato, arretrato in parte e rinnovato nei fabbricati, così che ne guadagneranno insieme l'estetica e la viabilità. E ciò in attesa che il primo tratto del corso possa venire allargato e sistemato a portici, in continuazione di quelli della Galleria, almeno fino al largo di via S. Paolo,e in attesa della trasversale che, facendo sparire il dedalo di viuzze retaggio della vecchia città, deve dipartirsi da piazza della Scala e giungere diritta fino a S. Babila. I portici Settentrionali potranno prolungarvisi, come una continuazione di quelli della Rinascente, e si otterrà subito in tal modo un allargamento anche dell'imbocco del Corso. L'occasione favorevole per il Comune per l'esecuzione di questo sventramento fu offerta verso la fine del 1923, per l'acquisto da parte di una società privata del grande stabile che mette fronte al primo tratto di via Agnello, entro il quale sorgevano l'officina e gli uffici della Edison, ora trasportati altrove. Là dentro sono già compiute le demolizioni, ed è scomparsa forse l'ultima delle ciminiere industriali della vecchia Milano esistenti entro la cerchia dei Navigli. Gli edifici avranno un piano terreno a colonnato non solo lungo la fronte del Corso - come già sarebbe previsto nel piano regolatore vigente, ma non ancora attuato, per il tratto fra via S. Radegonda e via S. Paolo - ma anche lungo tutta la fronte di via S. Radegonda e sul nuovo risvolto fra la stessa via e via Agnello. I portici, delle medesime dimensioni di quelli attuali, saranno, come questi, soggetti a servitù perpetua di pubblico passo creando così una simpatica comunicazione per i pedoni fra la piazza Camposanto e il centro di via Berchet, piazza S. Fedele, piazza della Scala e via Manzoni. La via Agnello, per parte sua, verrà portata ad una larghezza doppia dell'attuale costituendo un uti- lissimo sfogo, parallelo all'altro, per i veicoli, a sfollamento della piazza del Duomo. (Vedi la prima cartina). Nella stessa piazza della Scala il vecchio palazzo rosso è stato atterrato nel 1922 ed al suo posto sorge ora un nuovo palazzo della Banca Commerciale, disegnato da Luca Beltrami, e che fa riscontro, pur differendone nello stile, al palazzo di fronte. Sul corso Vittorio Emanuele fervono i lavori di costruzione della nuova Galleria che unirà il corso Vittorio Emanuele con piazza Beccaria. Essa occuperà un'area di mq. 5600. La lunghezza è di 102 metri, la larghezza di m. 10.50 e l'altezza di m. 20. A metà trovasi un ottagono di m. 16 di larghezza e a questo punto l'altezza sarà di m. 30.

(vedi le due cartine in originale) Un altro progetto del centro edilizio in corso di esecuzione, è quello delle Cinque vie. Infine accenneremo al progetto, già esso pure ormai in corso di esecuzione, della riforma di Palazzo Reale per la sistemazione dei nuovi uffici pubblici comunali. Mentre la parte anteriore del Palazzo verrà, con opportuni restauri, conservata come Residenza reale, la parte posteriore - ora in demolizione - darà il terreno per la costruzione del nuovo palazzo degli uffici municipali, separato dal Palazzo Reale da una nuova ampia via che verrà aperta sulla prosecuzione dell' asse della via che verrà aperta sulla prosecuzione dell'asse della via Paolo da Cannobio e congiungerà la via Rastrelli colla via Palazzo Reale. Sulla nuova via prospetterà il fianco trecentesco della Chiesa di San Gottardo, convenientemente isolato e restaurato. Verso la P. del Duomo l'estremità dell'ala più bassa fra la via Rastrelli e la piazza del Palazzo Reale (vedi cartina pag. 214) sarà abbattuta, arretrando la fronte di quest'ala con conveniente finimento architettonico. Lo sviluppo della città e il nuovo piano regolatore.- L'aggregazione degli undici Comuni a Milano ha imposto lo studio di un nuovo piano regolatore urbano che si estenda alle zone annesse allacciandosi al piano regolatore vigente, con gli eventuali ritocchi necessari per la saldatura dei due piani. Il piano regolatore è attualmente in, corso di studio presso una Commissione appositamente costituita, che sta fissandone le linee e le direttive generali. Il primo problema che si pone per lo studio dell'estensione del piano regolatore oltre i limiti del 1912 è quello del modo stesso della estensione. Per il passato, Milano, come tutte le città che per sorgere in pianura senza accidenti naturali non incontravano particolari ostacoli al loro sviluppo, seguì un processo di accrescimento che si potrebbe definire « a macchia d'olio », senza soluzioni di continuità in ogni direzione.

(vedi cartina in originale) Ma i risultati di tale sistema di sviluppo sono poco incoraggianti se si pensa che nelle città che oggi raggiungono parecchi milioni di abitanti, questo modo di accrescimento ha portato a mostruosi aggregati senza caratteristiche e senza varietà, con un peggioramento sempre più notevole nei riguardi dell'igiene e della viabilità del centro cittadino soffocato entro i successivi e serrati anelli di sviluppo della periferia. A questa legge « monocentrica » di sviluppo si tende ovunque a sostituire quella « policentrica » nel senso di limitare volutamente lo sviluppo dell'agglomerato principale cittadino per dar vita a villaggi o città « satelliti » opportunamente distribuiti alla periferia, cinti da spazi liberi e convenientemente collegati da poche buone arterie, fra loro e col centro principale. Nelle nuove direttive del piano regolatore si tenta di applicare, nei limiti del possibile, i nuovi concetti, facendo di ognuno dei più notevoli raggruppamenti abitati dei Comuni aggregati il nucleo di un « sobborgo satellite ». Poichè lo sviluppo suburbano è prevalente, ed ormai a contatto coll'aggregato urbano, nel quadrante settentrionale (Crescenzago, Gorla, Precotto, Greco, Niguarda, Affori, Musocco), più scarso e lontano a ponente (Baggio), quasi nullo a mezzodì ed in parte di quello di levante, sarebbe contrario alla stessa naturale situazione di fatto il tracciare un piano di espansione che a somiglianza dei precedenti si estendesse in modo uniforme in ogni direzione. Più opportunamente e con sicura economia può concentrarsi invece intorno ai più importanti nuclei suburbani lo sviluppo delle reti stradali, dei servizi pubblici, e intensificarsi la fabbricazione, in luogo di disper-

Case Popolari di Via B.Marcello dere i mezzi privati e pubblici sopra una troppo vasta maglia di sviluppo periferico cittadino. Una soluzione di questo genere ha anche un attraente lato morale, perchè permette di conservare meglio il ricordo e le caratteristiche dei vecchi villaggi suburbani - tuttora memori della loro passata autonomia - invece di affogarli in un uniforme assorbimento nelle maglie della grande città. Non è difficile prevedere che a questo primo tentativo di decentramento periferico dovrà presto seguire una più completa attuazione del piano di ampliamento, al di là dai limiti attuali del territorio comunale, che tenga in giusta considerazione gli altri, ormai importanti, centri che si sviluppano entro la zona di influenza della città, quali Sesto San Giovanni, Monza, Cusano-Milanino, Rho, Corsico, ecc., pei quali, anche indipendentemente dalla materiale aggregazione amministrativa, non è concepibile un ulteriore sviluppo non disciplinato e coordinato con quello della città di Milano. Si arriverà così inevitabilmente alla attuazione di un « piano regionale » secondo le moderne direttive dell'arte urbanistica. Lo sviluppo cittadino per « nuclei periferici » invece che per espansione monocentrica rende di particolare interesse ed importanza il problema del collegamento di questi nuclei periferici fra di loro e col nucleo principale cittadino. Per quanto si riferisce alle comunicazioni radiali si può fare scarso assegnamento sulle vecchie « strade provinciali » anguste e già vincolate dalla fabbricazione che nel passato si è lasciata sorgere troppo prossima ai loro cigli. Si deve quindi studiare il sistema delle vie di allac-

Case Popolari - Quartiere Tibaldi fra la città ed il contado sussidiarie delle vecchie provinciali e predisposte in modo da permettere il più pronto e comodo accesso alla città anche ai nuovi mezzi più rapidi di comunicazione colla provincia (ferrovie locali, tramvie, linee automobilistiche, ecc.), dei quali è sicuro l'avvenire. Interessante, benchè solo ai suoi inizi di soluzione, è il problema delle « Autostrade ». Per ora è in esercizio il solo tronco che, dipartendosi a nord-ovest della città, porta alle zone di Saronno e Gallarate ed ai laghi di Varese, di Como e Maggiore ed è in corso di esecuzione il tronco Milano-Bergamo. È facile intuire quale nuova sorgente di traffico rappresenteranno ;in un prossimo avvenire queste importanti linee di comunicazioni automobilistiche. L'Amministrazione comunale ha perciò presentato fin dal 1924, con anticipo su ogni altro studio di piano regolatore della zona aggregata, il piano di ampliamento del Quartiere nord-ovest, del quale si è già fatto cenno, per dare facile accesso in città alle correnti di traffico che l'autostrada porta ai suoi margini e per permetterne il più prònto smistamento, a seconda della sua natura, sia verso le zone industriali della periferia, sia verso il quartiere degli sports dell'ovest, sia verso il centro. Per quanto si riferisce agli Impianti portuali, il piano regolatore del 1912 arriva fino ai limiti del progettato Porto commerciale di Rogoredo, ma non tiene conto nè del suo congiungimento con una linea d'acqua al sud della città al Naviglio Grande a San Cristoforo, nè del Porto industriale che distaccandosi dal Porto commerciale contorna a sud-est la città, creando la spina dorsale di un quartiere industriale già in via di formazione, nè dell'eventuale congiungimento ai laghi Maggiore e di Como. Il nuovo piano di ampliamento deve invece prevedere il tracciato di queste eventuali future vie d'acqua che scorreranno ai limiti di mezzodì, di levante e di settentrione del territorio comunale e deve con un tempestivo provvedimento di legge assicurarsene la possibilità di esecuzione in qualsiasi tempo futuro. Il concetto della espansione cittadina, per nuclei perimetrali e per villaggi « satelliti » - nel quale si intravede la soluzione definitiva del problema e quasi la cura dell'elenfatiasi urbana e la fusione della città colla campagna e cioè dei benefici dell'una con quelli dell'altra - può essere effettivamente realizzato solo a patto di conseguire la reale separazione degli aggregati abitati con zone libere rurali, permanentemente 'destinate a questo scopo. Si deve quindi provvedere alla giusta e conveniente distribuzione delle zone libere ed a verde, che dovranno incunearsi fra gli aggregati fabbricati. La « politica delle zone libere » è oggetto di grandi preoccupa- zioni per tutte le maggiori città, non solo allo scopo di formare dei veri e propri parchi e giardini suburbani, ma anche e unicamente per quello di intrammezzare gli aggregati fabbricati con grandi estensioni semplicemente vincolate ad usi agricoli o sportivi. Già un primo notevole tentativo in questo senso venne fatto nello studio di una porzione del piano di ampliamento cittadino, quello della Zona di nord-ovest già citato. In esso tutta la zona costituita dall' Ippodromo di San Siro, dal Trotter e dalle loro adiacenze e dai margini dell'Olona, che scorre immediatamenhe a nord dell'Ippodromo, costituisce un unico complesso di spazi a verde, contornato da quartieri a villini, orientato in senso radiale rispetto alla città, e quindi non di eccessivo intralcio o sbarramento al suo sviluppo. Questi spazi verdi separeranno in modo definitvo l'aggregato di Trenno da quello di Baggio, qualunque ne sia il loro futuro sviluppo. L'esempio potrà essere seguito in altri settori della periferia, per assicurare la conservazione di lembi di campagna penetranti verso l'aggregato urbano. La necessità di zone agricole libere nel suburbio va messa in relazione anche con altri problemi che l'ampliarsi della città fa sorgere, come, ad esempio, quello della estensione della rete di fognatura, per la quale si prevede che possano adottarsi in determinate zone del territorio aggregato reti indipendenti di raccolta con recapito di depurazione ad usi agricoli su determinate zone di terreno coltivato a ciò preventivamente vincolate.

Case Popolari - Quartieri Tiepolo e Pascoli La creazione di zone verdi ai limiti della città fa nascere anche la opportunità di curare l'elemento acqua, che dà vita e impronta di bellezza al paesaggio circostante. E come si è fatto nel citato Piano nord-ovest - in cui l'Olona fu conservata - si dovranno rispettare e valorizzare i corsi di acque e canali, le zone alberate, per farne il centro delle zone verdi. Si pensi alla Vettabbia coronata di platani dietro l'Osteria del Morivione, alla roggia corrente fra magnifici ippocastani nel sagrato della chiesa di Poasco, al pittoresco giardino della villa Dupré a Gorla con alti alberi lungo la Martesana, all'incrocio del Lambro colla Martesana a Crescenzago, interessante per opere d'arte e per fresca vaghezza di paesaggio, agli scherzi del Lambro presso Monluè, dove la chiesa fondata dagli Umiliati nel 1267 da molti anni restaurata e l'adiacente fabbricato dell'antico convento da ripristinare formano un insieme incantevole. Nella zona di Baggio e di Trenno il carattere stesso della vegetazione presenta bellissimi aspetti pittorici con rogge e raggruppamenti e filari di alberi d'alto fusto. Gli antichi canali milanesi - il Naviglio Grande, il Naviglio di Pavia, la Martesana - meritano pure seria considerazione perchè, indipendentemente dalle Conche, opere di evidente interesse storico, essi formano la caratteristica più spiccata delle strade che portano al Ticino ed all'Adda, tratti essenziali del paesaggio dell'agro milanese, documenti storici dei mezzi di sviluppo di una laboriosità ed operosità, che pur sempre distinsero il popolo milanese. E coi Navigli sono da tutelare i grandi viali alberati da platani secolari, segnatamente quello di Monza.

Quartiere Vittoria (vedi foto) In questa cornice naturale, disseminate nel suburbio cascine, ville, chiese, talune ancora suscettibili di essere conservate o restaurate, ci permettono di intravvedere nella più grande Milano di domani rallegrata da queste gemme rimesse in luce, non il monotono intersecarsi di lunghe vie dritte, ma frequenti riposi di oasi verdi, di gruppi di piante vetuste, e un alternarsi di facciate e di scorci pittorici, di porticati, di logge e di cortili. Già entro il vecchio confine il Comune si è fatto cura di recuperare la quattrocentesca Cascina Bolla e lo stesso potrà farsi, anche con l'illuminato concorso di privati proprietari, di parecchi altri cascinali sparsi nella campagna che, liberati dalle soprastrutture che li deturpano, sono ancora suscettibili di apparire nella loro grazia originale. Talora si tratta persino di antiche chiese convertite in case, in cascine od in ripostigli di arnesi agricoli, come la Cascina Monzoro, ad esempio, sulla strada di Cusago, dalla grande navata frescata con riquadri di ogni epoca e fregi del trecento, colle armi scaligere e viscontee e dalle cappelle ridotte a porticati colonici, eppur degna di essere ridonata alla sua primitiva destinazione, come l'unica grande chiesa che varrà a ricordare a Milano i tempi di Barnabò. Vi sono inoltre ville o case o palazzetti, che per il loro stato di conservazione, per il loro uso civile, per la loro situazione meritano particolare rispetto. Per ricordare qualche esempio, menzioneremo la casa già dei Corio a Ronchetto, ora Beltrarni; a Robarello, lungo un tratto pittoresco sul Naviglio, la severa mole del palazzo detto del Cardinal Durini, del

Case Popolari - Quartiere Lombardia secolo XVI; e, ancora, un bel palazzo secentesco a Cimiano; una villa barocca à Prato Centenaro, preceduta da due edifici quadrati del secolo XVI facentisi riscontro; la casa Brambilla a Musocco, edificio notevolissimo del settecento; la villa già Scheibler a Vialba; un palazzetto della prima metà del cinquecento a Lorenteggio; infine, la Senavra, l'antica casa di ritiro dei Gesuiti. E se si saprà frenare la smania demolitrice, la nuova Milano conserverà anche i suoi castelli : quello di Macognago della prima metà del quattrocento; il castello di Triulzo, rimaneggiato nel secolo XVI, ed, a breve distanza dal nuovo confine, il castello visconteo di Cassino Scanasio, antico centro di cacce signorili, ora dei Visconti di Modrone, che lo han fatto restaurare in qualche punto. Sorge poi l'altra grave questione, che ormai si impone a tutte le grandi città, quella della « specializzazione edilizia delle zone » (o, per dirla con termine ormai divenuto di uso comune, dello « zoning ») che il Comune deve affrontare risolutamente Nel piano del Quartiere di nord-ovest - approvato nel luglio 1924 - si è voluto dare applicazione a queste direttive vincolando a fabbricazione di villini una larga parte del terreno ai margini dei giardini pubblici e delle zone a verde segnate nel piano. Occorre però dare ad interi settori una vera e propria « specializzazione edilizia », favorendo la creazione, nell'interesse stesso dei costruttori, di quartieri per l'industria e le officine, ove la possibilità di raccordi ferroviari ed i più facili allacciamenti alle sorgenti di energia lo consigliano, di quartieri delle abitazioni operaie, in prossimità od in collegamento coi centri di lavoro; di quartieri per le case da pigione, di


Case Popolari - Quartiere Ripamonti quelli dei mercati coi loro scali e coi loro servizi accessori, di quelli degli sports, ecc., in modo che ogni forma di attività e di edilizia trovi 1a località più acconcia ed abbia in questa condizioni e norme edilizie più favorevoli al suo sviluppo. Saranno così evitate le caotiche promiscuità, ragione di danno particolare e collettivo, e potranno essere consentite norme edilizie più appropriate in ciascuna zona al particolare tipo di costruzioni peculiari alla zona stessa. La questione è di speciale interesse per le zone destinate ai grandi edifici industriali, che hanno esigenze loro proprie, spesso in contrasto inconciliabile colle norme regolamentari generali. Attualmente la distribuzione delle zone industriali entro i limiti del Comune od ai suoi margini è assai irregolare. Sparse un po' dappertutto alla periferia della città, le officine accennano solo ad un maggiore e più organico raggruppamento in alcuni punti caratteristici. Abbiamo così verso nord una zona industriale fra la Bicocca e Sesto lungo le arterie stradali e ferroviarie per Monza, e un'altra fra via Farini, Dergano, la Bovisa e Musocco intorno allo scalo ferroviario di via Farini ed allo sbocco delle comunicazioni con Lecco, Como, Saronno e Gallarate. Verso sud-ovest, pure prevalentemente industriale, è il quartiere compreso fra la stazione di porta Genova e quello di San Cristoforo, e verso sud-est quello fra la stazione di porta Romana, Taliedo e Rogoredo, col quale confinano appunto le aree destinate alla cosidetta « zona industriale » del futuro Porto.

Case Popolari - Via Bronzetti,35 - Interno Ma oltre a questi,altri raggruppamenti sono sorti spontaneamente intorno a naturali vie di traffico (stazioni o grandi arterie foranee) e perciò meritano di essere sviluppati in avvenire colla medesima specifica destinazione. Pure per altri tipi di edifizi questa selezione per affinità è già avvenuta coi raggruppamenti intorno alla stazione di porta Vittoria del Mercato della frutta e verdura, Mercato del bestiame, del Macello e del Mercato del pollame, formando in un unico settore della città la « Zona degli approvvigionamenti »; colla riunione in un unico centro tutti gli edifici universitari, come avviamento al sorgere di una « Città degli Studi », e coll'aggruppamento dell'Ippodromo di San Siro, della nuova pista del Trotter, delle costruzioni stabili della Fiera Campionaria, del Palazzo dell'automobilismo a formare un vero e proprio « Quartiere dello Sport ». A questo pure si mira colla creazione del nuovo centro del Palazzo di Giustizia. Per quanto riguarda i limiti del piano di ampliamento, che non sono facili a stabilirsi per la difficile previsione del suo sviluppo futuro, deve essere studiato in particolare la vita e le funzioni del suo centro in rapporto alle zone periferiche, in continuo sviluppo. Dal confronto con le grandi città estere, sembra possa affermarsi la opportunità di favorire la tendenza alla creazione di nuclei secondari di vita pubblica - oggi accentrata nell'angusto nucleo centrale sempre più sproporzionato all'incremento periferico - scegliendo per la loro formazione gruppi di edifici pubblici che più si prestano allo scopo. Su queste linee sembra debba avviarsi l'organico e razionale sviluppo della città.

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Per meglio dimostrare la rapidità e l'intensità dello sviluppo edilizio citiamo qualche cifra, sia pur limitandoci all'ultimo trentennio. Nel biennio 1888-1889 si costrussero dall'iniziativa privata 20.000 locali, senza contare quelli degli edifici comunali specialmente destinati alle scuole, ed in seguito regolarmente 6000 locali, in media, all'anno. Nel 1912 se ne costruiscono oltre 12.000; 10.000 nel 1913. Con la guerra si ha l'arresto quasi completo e finalmente una ripresa nel 1922 (8000 locali), nel 1923 con 13.770, nel 1924 con 30.125 e nel 1925 con 35.961 locali. Diamo in altra parte, a pag. 237, i dati più diffusi. Nel 1874 la superficie fabbricata era di mq. 6.614.520. Nel 1884 raggiunse i mq. 7.420.104, nel 1891 mq. 8.127.614, nel 1901 mq. 9.667.559, nel 1911 mq. 14.573.923, nel 1921 mq. 16 milioni 572.307, nel 1925 mq. 17.500.000 circa. Se facciamo uguale a 100 la superficie nel 1887 abbiamo i seguenti numeri indici che ci dicono il rapidissimo incremento decennale :

Anni Area fabbricata Aumento percentuale 1874 100 da un periodo all' altro 1881 108.7 8.7 1891 122.86 13.1 1901 146.10 18.9 1911 220.30 50.7 1921 250.59 14. 1925 264.57 5.6

(vedi anche tabella in originale)

Fino al 1911, non solo ogni decennio vi fu un incremento costante ma questo aumento crebbe ogni decennio in misura notevole. Se non fosse intervenuta la guerra l'andamento poteva presumersi simile a quello di una progressione con la ragione crescente. Dal 1891 al 1921, in trent'anni la superficie fabbricata è raddoppiata ! Una caratteristica delle più moderne direttive edilizie si può riscontrare anche nell'incremento della superficie delle strade, viali e piazze non solo in cifre assolute, ma anche in rapporto alla superficie fabbricata, come mostrano i seguenti dati :

Anni Superficie strade, viali, Superficie delle strade:viali, piazze, ecc. (mq.) ecc. per 100 mq. di superficie fabbricata 1891 1.784.778 21.95 1901 3.893.926 40.27 1911 5.434.005 44.17 1921 8.186.136 49.40

(vedi anche tabella in originale)

Ciò significa che maggior luce ed aria viene concessa alle case ed ai fabbricati costruiti. Naturalmente il massimo sviluppo edilizio si ha dalle mura spagnuole ai confini del Comune, ma per avere un'idea dell'entità di questa variazione possiamo dare le seguenti cifre per zone : Anni Superficie fabbricata Indici di aumento Intero Entro le mura Fuori le mura Intero Entro le mura Fuori le mura Comune spagnuole spagnuole Comune 1881 7.188.000 5.300.000 1.188.000 100 100 100 1891 8.127.614 5.400.000 2.727.614 113 102 229.6 1901 9.667.559 5.500.000 4.167.560 134.5 104 350.8 1911 14.573.923 5.666.239 8.913.689 202.7 107 750.3 1921 16.572.307 5.610.898 10.961.409 230.6 106 922.7 (vedi anche tabella in originale)

Mentre nel 1881 la parte entro le mura spagnuole è quasi quintupla di quella posta fuori, arriva ad essere di poco superiore nel 1901 e nel 1921 è quasi la metà ! Mentre il centro è ormai saturato la parte fuori delle mura spagnuole aumenta di più che otto volte ! Il numero dei locali ad uso abitazione da 236.905 nel 1881 passa a 451.138 nel 1911 e a 543.128 nel 1921 e si avvicina ai 620.000 alla fine del 1925, limitatamente al territorio dell' antico Comune, esclusi cioè i centri fabbricati dei Comuni recentemente aggregati. Che dire dello sviluppo enorme che di un tratto andò prendendo Milano con l'aggregazione degli undici Comuni limitrofi in seguito alla quale la superficie del Comune è aumentata da mq. 75.850.000 a 181.507.625 e la popolazione da 750.000 abitanti a circa 880.000 ed il numero dei locali abitabili portato ad oltre 700.000. E' tutta una immensa trasformazione a cui si è posto mano e che segnerà l'inizio di una nuova era di attività economica ed industriale.

ll servizio delle immondizie private. - Accenniamo brevemente in questa sede a questo servizio. Le spazzature private, che finiscono nelle case in una fossa sotto il livello del cortile, vengono periodicamente raccolte mediante carretti da spazzini privati (detti in milanese rüée) e trasportate in una località apposita alle « Rottole », detta comunemente il « Villaggio degli spazzini ». Questo villaggio degli spazzini sorse circa 15 anni fa quando, per la febbrile espansione edilizia di quel tempo, dovette emigrare dal quartiere delle Vallazze presso a poco dove è ora piazza Aspromonte. Nonostante il metodo primitivo del trasporto delle immondizie mediante carretti a cavallo, si dice che il servizio privato di raccolta dei rifiuti cittadini sia uno dei meglio funzionanti di tutta Italia. Circa 500 di questi spazzini privati trovano pane e lavoro vivendo dei rifiuti della grande metropoli. Alle prime luci dell'alba entrano in città e si recano nelle case loro assegnate ed escono a mattina inoltrata coi carri colmi di immondizie che scaricano nel loro villaggio, dove rovesciano tutto il materiale raccolto sottoponendolo ad una accuratissima selezione. Il ricupero del materiale utilizzabile proveniente dalle spazzature dà risultati incredibili. Se si calcola che sono circa 500 i quintali di spazzature che vengono raccolti giornalmente a Milano e che su ogni quintale vi sono merci utili per un valore di L. 20, si può pensare che sono circa L. 10.000 che la città di Milano butta nei rifiuti; ossia 3 milioni e mezzo all'anno. Ma gli spazzini raccolgono pazientemente queste ricchezze. Circa 300 quintali sono rappresentati dalla carta straccia che vien venduta alle cartiere (tre di queste sono esclusivamente alimentate dalle spazzature); 70 od 80 quintali sono rappresentati dalle ossa ; altri 70 dagli stracci di lana, cotone, juta ; 10 dalle ferraglia minuta; 3 o 4 dall'ottone, dal rame e da altri metalli; 40 dal vetro in pezzi; 3 dal cuoio logoro, senza contare bottiglie intere, pelli, feltri usati, rottami di gomma, celluloide, legno. Tutto quanto rimane dopo questa accurata selezione, viene bruciato o adoperato come concime. Non si contano i rinvenimenti di oggetti i più disparati e anche preziosi, che costituiscono l'imprevisto di questa professione. Attualmente, per elevare materialmente e moralmente questa industria, vivente ai margini della nostra febbrile esistenza, si è costituita fra gli stessi spazzini una Cooperativa. È questa Cooperativa che si è messa in rapporto col Comune per migliorare il servizio dal punto di vista della difesa igienica. I punti essenziali della riforma sarebbero i seguenti : 1.° - Sostituzione della trazione animale con quella meccanica. Nel giro di tre anni dovranno sparire le carrette tirate da ciuchi e da cavalli per far luogo a camioncini a motore. Intanto gli attuali carretti saranno foderati di lamiera e avranno chiusura ermetica, in modo che nell'attraversare la città non si verifichino esalazioni o cadute di residui in conseguenza dei sobbalzi e delle scosse. 2.° Costruzione di capannoni speciali di deposito dove tutte le immondizie saranno sottoposte ad un processo di disinfezione, onde i rifiuti, quando torneranno a percorrere le vie, selezionati e divisi per essere utilizzati industrialmente, non costituiranno un pericolo per la igiene. 3.° Come programma massimo : costruzione da parte della Cooperativa stessa di uno stabilimento per la utilizzazione industriale sul posto dei rifiuti. Il Comune fino ad ora ha dato larghi affidamenti a questa Cooperativa, perchè il villaggio delle Rottole possa presto trasformarsi in un decoroso stabilimento con impianti adeguati.

EDILIZIA POPOLARE Il problema delle case popolari in Milano ha avuto una importanza eccezionale nel periodo successivo alla guerra mondiale, ma non da questa epoca esso interessa Milano, dove il problema edilizio è sempre stato all'ordine del giorno a causa del rapido incremento della popolazione e dei traffici. Fino dal 1861 alcun cittadini si riunirono con lo scopo di promuovere la costruzione di case operaie e fondarono la Società edificatrice di Case operaie, che ottenne la cessione gratuita di un'area di circa 8000 mq. fra le vie S. Marco, Montebello, S. Fermo e Moscova, e le costruzioni servirono a dare alloggio a oltre 400 famiglie in 776 locali. Nel 1875 un'altra Società edificatrice costruì case ad un solo piano, oltre al terreno, in via Conservatorio (60 locali in 20 casette); un altro gruppo venne costruito fuori P. Vittoria. Queste casette con giardinetto erano affittate in parte (307 appartamenti con 894 locali), in modo che l'inquilino con lungo ammortamento potesse divenirne proprietario. Vennero costruiti pel solo affitto 31 appartamenti con 2182 stanze nello stesso quartiere. La stessa Società che costruì il quartiere in via S. Fermo nel 1861, costruì cinque grandi corpi di case a quattro piani (oltre il terreno) in via Benedetto Marcello (fuori P. Venezia) in appartamenti di uno, due, tre locali con giardino. Tutti questi gruppi di case popolari - anche quello del 1861 - esistono tuttora in buone condizioni igieniche ed edilizie. A queste iniziative fece seguito quella della Società Umanitaria, che destinò due milioni alla costruzione di case popolari che furono erette in via Solari, fuori di P. Genova, nel 1906. Le case operaie dell'Umanitaria furono iniziate nel 1905. Il quartiere di via Solari comprende Il case con 480 locali (240 appartamenti). Nel quartiere di viale Lombardia sono compresi 466 locali. In queste case al piano terreno o semi-terreno si installarono i locali per bagni e doccie. La Società Umanitaria costruì anche per i propri impiegati in prossimità alla sua sede 32 eleganti appartamenti (con termosifone e bagno). Anche ditte private diedero poi un contributo sensibile alla costruzione di case popolari (con appartamenti da uno a tre locali) fino dall'anteguerra. Queste iniziative private furono le precorritrici dell'opera più vasta che a partire da quest'epoca compì il Comune di Milano, che non poteva non ingerirsi direttamente nella soluzione di questo vitale problema.

Nel 1904, il Consiglio Comunale, valendosi delle disposizioni della nuova legge sulle case popolari, predispose un vasto programma inteso al miglioramento delle abitazioni delle classi meno abbienti. Dapprima, poiché privata forniva un numero sufficiente di abitazioni, in relazione alla domanda, l'opera del Comune si applicò specialmente a mettere sul mercato tipi di case rispondenti ai migliori concetti dell'igiene, collo scopo di migliorare il gusto del popolo

Case Popolari - Villaggio Gran Sasso e di affinarne i bisogni, sia dal lato estetico che da quello igienico, onde raggiungere un miglioramento generale dell'edilizia. Il Comune destinò intanto cifre cospicue per l'acquisto di aree fabbricabili. Con tale criterio vennero costruiti i quartieri popolari di via Ripamonti, via Mac Mahon, via Tibaldi, via Spaventa (eseguiti fra il 1905 e il 1909 per 2750 locali suddivisi in 1300 alloggi circa) e quelli per 3200 locali suddivisi in 1900 alloggi circa costruiti fra il 1911 e 1912 in pia Lulli, nel viale Lombardia, a Niguarda, in via Cialdini (specialmente costruito per i tramvieri), nei quali, sebbene si sia in massima mantenuto il tipo della casa a più piani, si curarono i più moderni provvedimenti sociali ed igienici, dotandoli di servizi generali, come bagni, lavatoi, biblioteche, campi di gioco,, ecc. I primi quattro gruppi di costruzioni vennero direttamente eseguiti dal Comune a mezzo dei suoi Uffici tecnici, i secondi quattro gruppi vennero invece eseguiti dall'Istituto per le case popolari od economiche di Milano, che il Comune stesso creò nel 1908 conferendogli a titolo di capitale i quartieri già costrutti e numerose aree in varie parti del territorio, per un importo iniziale complessivo di 10.000.000 di lire, integrato da L. 2.300.000 concesse a fondo perduto dalla Cassa di Risparmio e da L. 1.500.000 sottoscritte da altri Enti pubblici. Il capitale dell'Istituto andò poi successivamente accrescendosi come vedremo avanti. Durante la guerra le costruzioni dell'Istituto dovettero, per forza di cose, arrestarsi, ma nel 1919 e 1920, esso assunse l'esecuzione del piano studiato dal Comune, erigendo quattro villaggi a giardino per 2300 locali con casette ad un solo piano (Campo dei Fiori, Baravalle, Tie-

Case Popolari - Quartiere Mac-Mahon polo e Gran Sasso) distribuiti in diversi punti della città e che servirono a fronteggiare, almeno in parte, l'aspra crisi degli alloggi. Nel 1920, l'Istituto ha iniziato la costruzione di tre altri grandi quartieri, a P. Genova, a P. Vittoria e P. Magenta, che sono ora ultimati ed abitati. Altri quartieri sorsero successivamente nelle vie Pascoli, Botticelli, Del Sarto, Monza, Friuli. Come altra forma di attività dell'Istituto, va menzionata la costruzione di villaggi industriali, dei quali due, per la ditta Pirelli alla Bicocca e per la ditta Breda, sono già ultimati. Complessivamente l'Istituto possiede oggi 18.000 locali. Ognuno di questi aggruppamenti di costruzioni, sia che si tratti di villaggi-giardino, sia che si tratti di casamenti a più piani (sempre però ad unità isolate circondate da ampi spazi liberi), costituisce un quartiere caratteristico nell'ambiente cittadino ed una nota interessantissima della Milano moderna che merita di essere conosciuta e visitata. La pianta allegata al presente volume da l'indicazione dei singoli quartieri. I mezzi per la realizzazione dell'importante programma di lavoro svolto nel dopo guerra furono in gran parte dovuti all'intervento del Comune. Già nel 1919-20 i quattro villaggi-giardino (Campo dei Fiori, Baravalle, Tiepolo e Gran Sasso) erano stati eseguiti a totale spesa del Comune per un importo di circa L. 12.500.000. Successivamente - in applicazione della legge 30 novembre 1919 - il Governo concedette i particolari contributi di ammortamento per un ammontare annuo di lire 2.177.500, e ciò permise di dare inizio al programma di lavoro dei

Case Popolari - Quartiere di Via Tibaldi quartieri di porta Genova, porta, Vittoria, porta Magenta, via Pascoli. ecc. A partire dal 1923 lo Stato, per inderogabili ragioni di bilancio, sospese la concessione di contributi, ed allora nuovamente si rese necessario l'intervento del Comune perchè non si arrestasse l'attività dell'Istituto. In un primo tempo (1923) fu stanziato un conferimento di 2 milioni (integrato da un mutuo di 3.000.000 della Cassa di Risparmio) col quale si provvide al finanziamento di 600 locali esclusivamente destinati agli inquilini sfrattati dalle case in demolizione per esecuzioni di Piano regolatore. Nel 1924 il Comune concedeva altri 10.000.000 di lire da pagarsi in cinque annualità (integrate da un altro mutuo di L. 15.000.000 dalla Cassa di Risparmio) per la costruzione di 3000 locali di tipo prettamente popolare e cioè con alloggi di una o due camere, ora in costruzione in via Solari e in via Mac Mahon. . Nella primavera del 1925 il Comune accordava un terzo conferimento di 10 milioni di lire destinandolo alla costruzione di un particolare quartiere di 1500 locali per il ricovero degli sfrattati, ora quasi ultimato in via Polesine. Da ultimo, nell'autunno 1925, avendo l'Istituto per le case popolari ottenuto un mutuo di 50.000.000 di lire ammortizzabili in trenta anni dalla Cassa Nazionale per le Assicurazioni, il Comune deliberava un contributo annuo del 2 % per concorso nell'ammortamento del mutuo stesso. I provvedimenti adottati dal Comune a partire dal 1923 hanno per-

Case Popolari - Quartiere Lulli Porpora messo quindi il finanziamento di circa 10.000 nuovi locali, il cui graduale compimento si effettuerà nel biennio 1926-1927. A quell'epoca l'Istituto potrà contare su quasi 28.000 locali di sua proprietà. Nel 1926 lo Stato concesse all'Istituto Case Popolari un mutuo di altri 10 milioni. Al 31 dicembre 1924 la situazione immobiliare e finanziaria dell'Istituto era la seguente : Si tratta in complesso di 5565 appartamenti, di cui 4671 in case a più piani; 894 (1/6 circa) in villaggi di casette. Ai 12.214 locali di abitazioni sono da aggiungere 2457 locali di servizio (anticamere, cucinette, oltre il gabinetto), 24 fra studi e laboratori, 272 botteghe (con 174 retri), 79 magazzini semiotterranei. Sono, in totale 15.754 locali d'affitto per un valore di costo di oltre 60 milioni di lire (di cui oltre 16 milioni per i quartieri d'anteguerra). Gli appartamenti a piani multipli costruiti anteguerra sono pel 99 % da uno a tre locali (il 31 % di un solo locale), mentre i villini - pure costruiti dal 1908 al 1912 — sono per 1'80 % da uno a tre locali. I quartieri a più piani costruiti nel dopoguerra sono per 1'89 %, da uno a tre locali, mentre nei villini si ha solo il 79 %. Il capitale sociale dell'Istituto salì da 13.623.000 nel 1914-15 a L. 36.571.428 nel 1924. Le riserve ammontano a oltre 3 milioni di lire. Dai diversi Enti che diedero contributi notevoli per la risoluzione del problema delle case (Istituto Nazionale per la Cooperazione, Monte di Pietà, Cassa di Risparmio, Cassa Nazionale Assicurazioni Sociali, Cassa Nazionale Infortuni) vennero mutuate nel dopoguerra circa 60 milioni. Ecco come risultava composto il patrimonio dell'Istituto Case Popolari al 31 dicembre 1924 nei diversi quartieri: QUARTIERI COSTRUITI FRA IL 1905 ED IL 1912 (Fabbricati a più piani e villini).

(Vedi tabella in originale) VILLINI COSTRUITI FRA IL 1919 E IL 1923.

(vedi tabella in originale)

CASE ACQUISTATE. N. 70 appartamenti e 131 locali.

Come emanazione dell'Istituto per le Case popolari venne nel 1924 creato uno speciale Istituto per le Case economiche, collo scopo di costruire case e villini da assegnarsi « in proprietà individuale » ai soci con lungo ammortamento, per favorire anche i risparmiatori dei ceti medi nella risoluzione del problema della casa, dando incremento alla piccola proprietà. L'Istituto ha costruito due stabili per 780 locali in via Cesare Battisti, ed un altro ne sta costruendo nel viale Lombardia, tutti in aree vendute dal Comune. Le recenti disposizioni di legge, che sospendono ogni agevolazione a questo particolare tipo di edilizia, non permettono, per ora di dare prosecuzione al rimanente programma dell'Istituto.

Dobbiamo brevemente accennare, a chiusura di questo capitolo, a qualche altro dei provvedimenti comunali atti a favorire lo sviluppo edilizio cittadino adottati dalla nostra città in questi ultimi anni. Il Comune, oltre a valersi degli organismi sotto il suo più diretto controllo, non ha trascurato di incoraggiare anche l'opera di Enti cooperativi e di privati, col mettere largamente a disposizione dei costruttori i terreni fabbricabili comunali a prezzi di favore, sotto il vincolo della immediata fabbricazione. Le agevolazioni consistono in riduzione del prezzo venale di vendita delle aree comunali (riduzioni che possono variare fra il 35 ed il 10 % del prezzo stesso, a seconda che le dette aree sono dall'acquirente rese fabbricate entro determinate scadenze) e nella rateazione fra venti e trent'anni nel pagamento del prezzo stesso. Per contro il Comune, oltre il vincolo di immediata fabbricazione, secondo particolari norme che assicurano un razionale sfruttamento delle aree, impone anche il divieto di rivendita delle aree stesse prima di un determinato termine, allo scopo di ovviare ad una facile ed immorale speculazione sulle agevolazioni comunali. Le vendite di aree comunali a queste condizioni furono particolarmente numerose nelle annate 1923, 1924 e 1925, cosicchè, astraendo dai terreni ceduti all'Istituto delle Case Popolari ed all'Istituto delle Case Economiche, le sole vendite di terreni comunali a Società cooperative od a privati misero a disposizione dell'edilizia, a condizioni meno gravi di quanto non siano quelle fatte dagli speculatori privati di aree fabbricabili, il terreno sufficente per l'immediata fabbricazione di circa cinquemila locali. Ciò fu consentito al Comune in quanto con politica lungimirante fin dal 1906 l'Amministrazione Comunale aveva provveduto all'accaparramento tempestivo di vaste zone di terreni periferici per circa due milioni di metri quadrati. Da questa ricca dotazione di terreni fu possibile per quasi un ventennio attingere per le necessità dell'edilizia pubblica e privata. Poichè però i larghi conferimenti all'Istituto delle Case Popolari, e le numerose vendite avevano ormai fortemente intaccate le disponibilità, fu cura dell'Amministrazione attuale di ricostituire il suo patrimonio di aree fabbricabili e nel corso del 1924 e del 1925 diede corso ad un vasto piano di acquisti a condizioni vantaggiose per oltre otto milioni di metri quadrati di terreno, sui quali sarà possibile fare assegnamento in avvenire non appena saranno in essi attuate le opere di viabilità, di fognatura e le dotazioni di servizi pubblici che li renderanno utilmente fabbricabili.

Un villaggio industriale Un altro mezzo indiretto del quale l'Amministrazione comunale si è valsa per favorire l'edilizia, fu quello dell'esenzione totale da ogni tassa daziaria per le costruzioni dei tipi prettamente popolari, anche se eseguiti da privati, e di larghe riduzioni a parecchie categorie di costruzioni, non esclusi gli alberghi, i convitti, i dormitori. Si può valutare che la somma annua di tasse daziarie, alla quale il Comune rinuncia in virtù di queste agevolazioni non fu certo minore, per l'anno 1924, ai quattro milioni di lire. Anche l'approvvigionamento dei materiali da costruzione, che nei primi anni del dopoguerra presentò difficoltà per deficienza di materie ed ora ne presenta per l'enorme richiesta dell'intensa attività edilizia, ha richiamato costantemente l'attenzione dell'Amministrazione. Durante gli anni 1920, 1921 e 1922, l'Istituto delle Case Popolari, per sottrarsi alle ristrettezze del mercato, provvide in larga misura all'acquisto diretto ai centri di produzione dei materiali occorrenti alle proprie costruzioni, si approvvigionò dì sabbia e ghiaia da una cava ottenuta in esercizio dal Comune e curò la produzione dei mattoni da una fornace di sua proprietà. L'esercizio della fornace continua tuttora con una produzione annua di circa 18 milioni di pezzi, sufficiente ai bisogni dell'Istituto. Nel 1925 il Comune, per sopperire alle sempre crescenti richieste di ghiaia e sabbia, ha provveduto a concedere ad una società privata l'anticipato escavo del bacino del progettato Porto di navigazione interna di Milano, dal quale sarà possibile ritrarre almeno un quantitativo annuo di circa 120.000 mc, di buon materiale, che l'Impresa si è impegnata a mettere sul mercato a prezzi di calmiere. Anche

Case Popolari - Villaggio di casette in Via Mac-Mahon nel campo dei laterizi, l'Amministrazione aveva curato di estendere la cerchia di approvvigionamento della città, ma il vincolo delle tariffe ferroviarie non consentì di raggiungere subito lo scopo prefisso e tenacemente perseguito. Anche ai costruttori privati era però opportuno che il Comune rivolgesse la sua attenzione e l'Amministrazione cittadina ha seguito negli ultimi anni con costante interessamento tutte le forme di iniziativa privata che concorrevano alla risoluzione del problema edilizio nei suoi molteplici aspetti. Oltre alla estensione data anche a beneficio delle iniziative private di taluni dei provvedimenti di favore in tema di esenzioni fiscali daziarie e di agevolazioni nella vendita delle aree, si fece qualche ritocco al regolamento edilizio, permettendo, senza pregiudizio delle necessità dell'igiene, talune larghezze interpretative che sono tornate di incoraggiamento ai costruttori e facilitando (con maggiore latitudine di quanto non si facesse in passato) l'apertura di strade private di lottizzazione, rendendo così disponibili sul mercato aree fabbricabili private. L'Amministrazione ha inoltre creduto essere venuto il tempo di fare appello a tutte le iniziative non solo per risolvere quantitativamente il problema edilizio, ma anche per affrontarlo qualitativamente. Per il miglioramento estetico delle nuove costruzioni, l'Amministrazione ha creduto di stimolare l'opera degli architetti e dei costruttori con speciali premi biennali ai migliori edifici. Il primo di tali concorsi venne bandito nel 1924. Nel dopo guerra si costruì un certo numero di villaggi da parte di Cooperative private edilizie, generalmente per associazioni professionali, e si ricordano fra le altre, nel quartiere di porta Vittoria, un

Case Popolari - Quartiere Tiepolo (vedi foto) (vedi cartina in originale) piccolo nucleo costruito dai postelegrafonici e dai dipendenti comunali; Cooperativa per combattenti (via Stradella e via Gran Sasso); Cooperativa Edile Postelegrafonica in Villaggio Tiepolo; Cooperativa fra i vigili urbani (via Plinio); Cooperativa reduci di guerra (via Uberti, 41); Cooperativa per gli addetti alle Ferrovie dello Stato (vie Marcona, Monforte, Magenta, Acquabella, Maggiolina); Cooperativa fra giornalisti (via Castel Morrone e Loreto); Cooperativa fra dipendenti della Provincia (via Plebisciti e via Piolti De' Bianchi); Case per gli addetti alla ditta De Angeli. Dal 1921 al 1923 gli Enti privati costruirono in Milano circa 4500 casette che si potevano fare rientrare in regime di case popolari.

Per avere un'idea della crisi edilizia durata fino al 1923 e della successiva ripresa, pubblichiamo la seguente statistica sui locali di abitazione approvati in ciascun anno (e che quindi si rendono in genere abitabili l'anno successivo) :

(vedi tabella in originale)

È anche importante rilevare, come mentre nell'anteguerra gli appartamenti da 1 a 3 locali comprendessero dal 50 al 60 % circa dei locali complessivamente progettati, fino al 1923 tali tipi di alloggi non occupano che una percentuale assai ridotta, nel 1924 invece essa comincia a salire arrivando al 22 % e nel. 1925 al 29

NUOVI QUARTIERI.

Con la costruzione di case popolari in rioni vastissimi, con la ripresa dell'attività edilizia e l'esecuzione del piano regolare sorgono nel dopo guerra a Milano dei veri e propri quartieri nuovi che tendono a dare un nuovo aspetto alla città moderna. Abbiamo già accennato ai raggruppamenti di case popolari costruite dall'Istituto Case popolari. Si tratta di veri e propri quartieri non solo perchè caratteristici ed a sè stanti (come il Villaggio Campo dei Fiori, il Villaggio Tiepolo, Baravalle, ecc.), ma anche per l'area cospicua ricoperta. Le illustrazioni nel testo mettono in evidenza le caratteristiche e le diversità dei nuovi quartieri di case popolari che sono andati creandosi. Interesanti da visitare come caratteristici il Villaggio Campo dei Fiori, il Villaggio Tiepolo e il grande quartiere Vittoria. Oltre a questi quartieri - più modesti - posti in generale fuori la linea di circonvallazione, la ripresa attività edilizia ha permesso il formarsi di altri nuovi quartieri - o meglio di nuovi aggruppamenti nell'interno della città - entro la circonvallazione e di essi abbiamo accennato parlando dei piani regolatori. Un altro quartiere caratteristico, posto pure fuori della circonvallazione, è il quartiere denominato della « Città degli Studi», dove hanno sede il nuovo Politecnico, la Scuola di veterinaria, Istituti biologici e di medicina e un grande Istituto di chimica industriale G. Ronzoni. È questo uno dei nuovi quartieri più originali per il tipo delle costruzioni e la destinazione della sede : attorno a questo nucleo vanno sorgendo case per insegnanti, case per studenti, ecc., e si viene costituendo un vero e proprio rione. Si vanno intanto formando il quartiere degli approvvigionamenti fuori porta Vittoria, dove hanno sede il Mercato frutta e verdura, il Macello, Mercato bestiame e Mercato dei polli. Ed infine un quartiere sportivo nella zona di S. Siro.

EDILIZIA SCOLASTICA.

L'incremento della popolazione scolastica e l'aggregazione dei Comuni finitimi a Milano ha reso necessario mettere al primo piano il problema degli edifici scolastici. Si deve e si dovrà non solo ampliare e costruire, ma adottare per le nuove scuole, ed introdurre nelle già esistenti, quei perfezionamenti e quelle riforme che la scuola moderna richiede nonchè dotare le nuove zone cittadine di edifici scolastici necessari e decorosi. Le scuole attualmente esistenti sono segnate nella pianta allegata a questa seconda parte e tutte sono poste in edifici adatti e igienici. Di particolare interesse dal punto di vista igienico edilizio sono le scuole moderne poste la Parco Sud, in via Lombardia, via Morosini, ecc. Le nuove scuole progettate dovrebbero sorgere : in via Stelvio e Calabria, in via Arzaga, in via Ferrer (progetto già in costruzione), alla Ghisolfa ed a Trenno per Milano città ed a Segnano di Greco ed a Gorla-Precotto pei nuovi territori annessi. La scuola di via Arzaga è specialmente interessante per la sua architettura ed il bel progetto studiato con grande cura. Un piazzale di ottantamila metri quadrati sistemato a giardino, grandiosi viali alberati e fasciati da tappeti verdi formeranno il contorno magnifico dell'area scelta per la costruzione di questa nuova scuola elementare di via Arzaga nel quartiere di porta Magenta. Architettura di grandi masse con forti contrasti di vuoti e pieni - e la notevole mole dell'edificio lo consente - che permette di sfruttare il terreno con una pianta varia e nello stesso tempo organica.

In complesso l'edificio progettato comprende du gruppi, pressochè simmetrici, destinati uno per la sezione maschile, l'altro per la femminile, riuniti da un corpo centrale contenente le aule speciali di uso comune. Per ogni sezione l'accesso avviene dalla piazza attraverso ai portichetti laterali, che servono anche per l'attesa nelle giornate di cattivo tempo, in un altro quadrato di circa undici metri di lato in diretta comunicazione per tutta larghezza 'colla scala principale studiata a forma di tenaglia e di conveniente larghezza per permettere il facile e rapido accesso e sfollamento delle aule. Nei tre piani sono distribuiti, per, ogni sezione, diciotto normali di metri sei per otto disimpegnate da larghi deambulatori serventi anche da spogliatoi studiati con te opportune risvolte per facilitare la ventilazione. Per ogni sezione si è ricavato inoltre : a piano terreno il locale di palestra preceduto da un vestibolo direttamente accessibile dalla strada, e con attiguo locale di deposito degli attrezzi, trasformabile in palcoscenico per le rappresentazioni teatrali; al primo piano i locali di direzione, al secondo piano i locali di abitazione del custode, nel sotterraneo l'impianto di docce e di bagni; a tutti i piani il gruppo di latrine e lavatoi opportunamente isolati dal fabbricato e con ubicazione intermedia rispetto alle aule. Una scala secondaria va dal sotterraneo al sottotetto. Tre aule di grandi dimensioni, situate nel corpo intermedio e destinate ai corsi speciali ed a museo, servono ad entrambe le sezioni. Dalla disposizione generale dei corpi di fabbricati vengono a formarsi quattro cortili aperti, dei quali uno centrale verso la piazza destinata a giardino, due laterali fiancheggiati da portichetti e prospicenti alle palestre destinate alla ricreazione ed alla ginnastica all'aperto, il quarto aperto nella facciata posteriore per il servizio. L'area su cui sorgerà l'edifitio è di circa 6000 metri quadrati, mentre l'area coperta è di 2500 metri quadrati.

Istituto di perfezionamento in chimica industriale "Giuliana Ronzoni"(Città degli studi) Dal punto di vista costruttivo si aggiunge che l'edificio è stato progettato interamente in cemento armato. Le opere di finimento saranno del tipo solito in uso nelle scuole comunali con pavimento di piastrelle di cemento, impianto di riscaldamento a vapore a bassa pressione, impianti sanitari e di acqua potabile. Gli interni saranno bianchi e con piccoli fregi allegorici e floreali, le facciate invece saranno sobriamente decorate con pietre naturali ed artificiali. Diverse fontanelle a muro ed isolate completeranno i servizi, contribuendo efficacemente a rendere allegro e simpatico l'ambiente. La cubatura dell'intero edificio è .di circa 40.000 mc. èd il preventivo di spesa di L. 4.035.000. In via Luigi Bodio, già via Calabria, dovrebbe sorgere un altro grande edificio, il quale, si progetta, coprirà la superficie di circa 10.000 mq. La nuova scuola mostrerà due fronti : uno verso la via Bodio della sviluppo di m. 85 e l'altro verso la via Stelvio di m. 71. Avrà gli ingressi, tanto per le sezioni maschili che le femminili verso la via Bodio perchè essa è più ampia di via Stelvio ed ha il vantaggio di non essere percorsa da linee tramviarie. Questo criterio è stato seguito anche per evitare ai genitori, che abbiano figli di sesso diverso, di percorrere un lungo tragitto per accompagnare a scuola i propri bimbi. Il fabbricato progettato ha una planimetria che ben si adatta alla forma irregolare dell'area assegnata, ed anzi trae profitto dalle irregolarità di questa per sistemare in modo opportuno i vari servizi. Poichè l'area messa a disposizione è assai ampia, il fabbricato progettato occupa solo la parte prospicente la via Bodio, lasciando libera tutta quella prospicente la via Stelvio, di cui con vantaggio ne simmetrizza la forma. Su questa parte di area residua si pensa che potrebbe sorgere un Asilo, creando così un tipo di scuola simile a quello delle Ecoles maternelles » francesi, e nella planimetria generale dell'area nel rapporto di I a 500, si è appunto disegnato, seguendo questo concetto, oltre alla pianta del fabbricato ad uso di scuole elemen-

Sede provvisoria della Università e delle facoltà di giurisprudenza e Lettere anche uno schizzo della planimetria che potrebbe eventualmente avere questo Asilo, dando così un'idea dell'aspetto planimetrico complessivo che assumerebbe il gruppo di fabbricati scolastici che dovrebbe sorgere sull'area assegnata. Il fabbricato progettato ha due ali normali alla via Bodio, con le testate, in cui trovano posto gli ingressi delle due sezioni con i relativi atrii, lungo la via, collegate posteriormente tra di loro da un corpo di fabbricato a pianta poligonale, che, Insieme alle ali, racchiude il gran cortile centrale della superficie di circa mq. 2000. I vari corpi di fabbricato vennero tenuti staccati dai muri divisori che racchiuderanno l'area, e così si verranno a formare ampi cortili secondari che serviranno alla ventilazione dei corridoi e dei servizi che si sono addossati ai divisori. Questi cortili secondari, data la loro ampiezza, potranno eventualmente anche servire per la ricreazione dei bambini in sussidio del cortilone centrale e di quello posteriore. Le aule saranno tutte rivolte verso il cortile centrale, con orientazione assai buona, variante dalla ovest-sud-ovest alla est-sud-est. Il fabbricato è stato progettato a tre piani, fuori terra, ed uno sotterraneo nel quale saranno poste le docce e gli spogliatoi, e i servizi per il riscaldamento centrale dell'edificio. Per ognuna délle due sezioni si sono disposti al piano terreno rialzato: gli spaziosi atri d'ingresso (disposti esattamente col loro asse sull'asse dei corridoi), i locali d'abitazione del custode, la sala per il ricevimento dei parenti, la sala dei maestri, il locale per la visita medica degli alunni, sette aule. La palestra venne disposta in fregio alla via Calabria perchè in tale posizione, oltre che per l'educazione fisica degli alunni, potrà servire assai bene anche per lo svolgimento delle varie cerimonie che si tengono nelle scuole. Essa è collegata con portichetti ai due fabbricati laterali a un sol piano, coperta con terrazzo in modo da permettere dalle vie la visione del cortilone interno e del fabbricato scolastico che lo cinge. In complesso l'edificio comprenderà, oltre i servizi, cinquanta aule, venticinque per ognuna delle due sezioni. Il motivo architettonico della facciata dell'edificio verso la via Calabria sarà assai semplice, in relazione anche alla località ove dovrà sorgere l'edificio. Il costo preventivato per l'esecuzione della progettata scuola è di L. 3.275.000.

Imponente sarà anche l'opera di ampliamento e rinnovamento delle scuole già esistenti. Occorreva, per questo, seguire vari criteri perchè vari erano i tipi da modificare. Le scuole da ampliare o completare, apportandovi quelle riforme che i sistemi moderni e le nuove esigenze vanno dettando per il bisogno di Milano città, sono quelle di via Crocefisso e Campo Lodigiano, e le due scuole speciali della Ghisolfa e del Trotter. Per le prime è stato tracciato un vasto progetto di riforme ed ampia-menti, ricostruendo in gran parte quei vecchi edifici non più rispondenti alle necessità richieste dall'igiene e dall'insegnamento. Le due scuole speciali saranno : quella del Trotter, notevolmente ampliata in vista degli ottimi risultati ottenuti; quella della Ghisolfa, completamente rifatta, in una zona vicina a quella attualmente occupata, zona più comoda anche perchè posta al di qua del binario della ferrovia Nord. La scuola sorgerà in modo da poter davvero rispondere al vastissimo programma moderno. Il nuovo edificio sarà posto presso gli ampi spazi verdi ove i bambini compiono i loro esercizi ginnici, le loro ricreazioni e le loro cure elioterapiche. Per i bisogni dei Comuni annessi saranno eseguite opere varie di ampliamenti alle scuole di Greco (via Libertà), di Crescenzago, di Baggio, di Vigentino-Chiaravalle, ove bisognerà quasi ricostruire ex-novo, essendo le scuole dislocate in baracche e botteghe ed in vecchie case rurali e di Trenno per cui, dato i bisogni della plaga, vasta e poco abitata, si è pensato di costruire gruppi di padiglioni di quattro aule e ciò per diminuire il disagio invernale ai bambini.

GIARDINI E SPAZI VERDI. Il problema del verde nella grande città è diventato uno dei più assillanti per l'Amministrazione. Milano possiede un giardino pubblico e due parchi che ne costituiscono i polmoni.

Il Giardino pubblico, disegnato dall'architetto Balzaretti verso la metà del secolo scorso sullo stile inglese, occupa un'area racchiusa fra il corso Venezia, la via Palestro, la via Manin e i bastioni. La ricchezza degli alberi e la magnifica disposizione loro, ne fanno uno fra i più bei giardini d'Italia, gradito ritrovo dei milanesi. In un piccolo reparto speciale sono a cura del Comune mantenuti alcuni esemplari della fauna italiana ed esotica. Ai confini del Giardino sorgono l'antico Palazzo Dugnani, ora sede della Scuola Superiore Alessandro Manzoni e il Civico Museo di scienze naturali.

Il Parco Il Parco, così chiamato per antonomasia, occupa quasi per intero l'area che già costituiva il parco riservato agli antichi Duchi di Milano, Visconti e Sforza, quale annesso al Castello di loro residenza e che più tardi divenne la Piazza d'Armi, in tempo di dominio straniero. Era questo il « Campo di Marte » del milanesi e la sua importanza, oltre che pei festeggiamenti all'aria aperta che vi si celebravano, è sorta specialmente nel periodo napoleonico, giacchè ivi si svolsero quelle grandi parate militari che avevano dato ai milanesi un novello spirito marziale. Di qui partirono le brillanti divisioni italiane per la campagna di Russia. La Piazza d'Armi rimase fino al 1891, allorchè venne disegnato dall'architetto Alemagna l'attuale Parco, al quale fanno degna corona la mole imponente del Castello Sforzesco, l'Anfiteatro dell'Arena e l'Arco della Pace.

Un terzo parco venne costruito verso il 1906 ed è chiamato Parco Alessandrina Ravizza. Occupa una superficie di 17 ettari a porta Lodovica e già comincia ad offrire ombroso ritrovo alla numerosa popolazione di quei quartieri popolari.

Il Parco visto dal Castello La manutenzione degli spazi verdi della città è eseguita sotto la diretta sorveglianza del Comune e in piccola parte appaltata. I tappeti verdi e le piantagioni sono mantenute prelevando le occorrenti piantagioni dai vivai municipali. Il più importante fra i vivai municipali è quello della Ghisolfa che occupa una superficie di circa mq. 24.000. In detto vivaio si coltivano olmi, platani, ecc., per filari, conifere, per tappeti verdi,e arbusti di essenze diverse. Oltre al suddetto vivaio ne esistono tre altri minori, cioè al parco del Sempione, nell'ex-cimitero di S. Gregorio e nel giardino pubblico a sud della città.

L'Acquario, che sorge presso l'Arena, fu fondato in occasione dell' Esposizione del 1906 dal Comitato dell' Esposizione medesima, e donato in seguito al Comune. Si occupa di ricerche di Idrobiologia soprattuto nei riguardi degli animali utili all'uomo ed a tal uopo possiede una bibliotechina, strumenti ed acquari di esperimento. L'acquario accoglie piante ed animali delle nostre acque dolci e qualche esemplare di altre regioni. I pesci sono distribuiti in 37 vasche, che si trovano tutte in un unico salone. Notevole è la vasca degli Storioni, quella dei pesci rossi a coda lunghissima, quella della salamandra gigantesca del Giappone e qualche altra.


Il nuovo Parco di Porta Ludovica Si è dettoche Milano non ha dovizia di pubblici passeggi. E infatti i pubblici giardini,il parco e gli spazi verdi non hanno che l'estensione di 83 ettari,il che corrisponde a poco più di un metro e un quarto per abitante È ben poca cosa in confronto dei 1300 ettari giardini, i parchi, ì boschi che si trovano nella città di immediate vicinanze. Sono pochi in confronto dei più che 800 ettari dei giardini e dei parchi che si trovano nell'interno della città di Londra. Gli 83 ettari di Milano sono poco più di un sesto di quello splendido gruppo costituito, quasi nel cuore di Londra, dagli Hyde Park, Kensington Garden, Green Park e Jame's Park. Si è imposta quindi la necessità di provvedere la città di nuovi pubblici passeggi, tanto più che i dintorni della città non offrono naturali attrattive, obbligando la popolazione a cercare nelle amene plaghe dei laghi, della Brianza, del Varesotto, un poco di sollievo alle cure cittadine. A questo fine si è intanto progettata (1924) la costruzione di un quarto giardino pubblico nell'importante nuovo quartiere studiato nella zona di S. Siro lungo le rive dell'Olona. Questo parco confinando direttamente coi grandissimi campi dell'Ippodromo di S. Siro e del Trotter, creerà un'amplissima zona verde di oltre 200 ettari.


L'Isba russa ai Giardini pubblici Si vanno pure intensificando i lavori per le nuove sistemazioni di piantagioni nelle diverse vie e piazze della città. Si sono nel 1924 e 25 sistemate a verde la piazzà S. Eustorgio con l'unito cortile dell'antico convento, attualmente sede di uffici mandamentali : la nuova piazza di S. Bernardino alle Monache, ora riaperta al culto, in via Lanzone : il piazzale della Ferrovia Nord; si sono rifatti completamente i tappeti verdi guastati dal pubblico in corso Sempione ed in altri corsi, fu fatto un prato verde in corso Venezia lungo la sede del tram con bellissimo effetto; e sono in via di esecuzione opere in verde in Foro Bonaparte e nel grande spazio isolato che contorna la scuola di via Mac Mahon. Nei giardini pubblici è stato ingrandito e rinnovato il piccolo giardino zoologico, gradito spettacolo e ritrovo di molti che vi sono attratti da una curiosità legittima, e l'Amministrazione si augura di potere in un non lontano avvenire dotare Milano di un giardino zoologico che possa stare a pari con quelli di cui si vantano tutte le grandi città europee. Numerosi e talvolta pittoreschi giardini privati occhieggiano dalle ampie porte cocchiere o straripano pittorescamente con le fronde dei loro alberi annosi al di sopra di alti muri in vie solitarie. Essi occupano circa 25 ettari di superficie.

Giardini chiusi, appena intraveduti, O contemplati a lungo pei cancelli, Che mai nessuna mano al viandante Smarrito aprì come in un sogno! Muti Giardini, cimiteri senz'avelli, Ove erra forse qualche spirito amante Dietro l'ombre dei suoi beni perduti! (G. d'Annunzio).

Quanti giardini chiusi aveva anche Milano, quella Milano del nostro sogno, di cui ancora qualche vecchio parla come di cosa lontana ! Milano appariva nelle passeggiate a cavallo di quell'anima innamorata, che era Stendhal, come plongée dans le vere dominava sui rossi tetti la marmorea massa del Duomo ed i pochi rumori di opere di artigiani giungevano attutiti sui bastioni; e verso l'esterno era la vasta distesa dei campi lombardi bruni d'autunno, fiorenti di verzura nei placidi meriggi del « dilettoso maggio », che portava sulle ali del vento profumi lontani di fieni tagliati, di fiori fioriti in giardini sconosciuti. Poi Milano è diventata grande, le case hanno divorato il verde, le vie si sono rinsaldate fra giganteschi regoli di pietre e il bel verde è scomparso. Rimpianti di cose lontane. Giardini Pubblici Una uccelliera Giardini Pubblici La fontana Ma rimangono ancora giardini privati, che il Comune con grande fatica, ma con successo, tenta di salvare dall'invadente dilagar delle case. E basterà rammentare il giardino Melzi in via Manin; il giardino d'Arcadia, pure Melzi, in corso Roma, celebre per le riunioni degli « Arcadi » nel prezioso settecento ; il giardino Sormani lungo il Naviglio assolato di porta Vittoria; il giardino Sola Busca in corso Venezia, che vide i fasti e le glorie del Regno d'Italia di napoleonica memoria; il giardino Perego-Venino in via Annunciata; e altri ancora meno noti, che appaiono attraverso gli atri aristocratici come oasi di quiete e di pace.

Piazza S.Eustogio sistemata a verde CAP. III. - STRADE - FOGNATURA - ACQUA POTABILE. LE STRADE.

La strada romana selciata a grandi riquadri di pietra s'era andata, nell'abbandono in cui giacque la città nel primo Medio evo, rovinando interamente e i pochi frammenti scoperti attestano il grave stato di deperimento a cui era giunta la strada, orgoglio dell'Impero romano. Il selciato a mattoni posti a spina di pesce è stato collocato nel secolo XIV e si attribuisce ad Azone Visconti. Ma le condizioni delle strade erano cattive: basti vedere, per averne un riflesso, il regolamento del 1784, dove si vietava di esporre vasi di fiori alle finestre, di gettar immondezze, acque di cisterna, di ammonticchiare letame e lasciar aperte le inferriate delle cantine, che allora aprivansi proprio sul piano della strada. Non parliamo delle condizioni del selciato, se pur questa parola non è fuor di luogo. Sul principio del secolo XIX un decreto di Napoleone I ordinava che venissero sistemate le strade principali della città di Milano e stabiliva anche il modo di sistemazione, cioè forma a cunetta centrale, guide di granito, trottatoi, marciapiedi laterali di granito a livello della carreggiata, e ciottolato fra i marciapiedi e le guide e lungo la cunetta. Il sistema era,uno dei migliori dell'epoca e venne imitato non solo dalle vicine città della Lombardia, del Piemonte e di parte del Veneto, ma venne importato anche a Parigi e Londra, dove però fu presto abbandonato. La riforma venne estesa di mano in mano a tutte le strade entro la linea dei bastioni.

giardini pubblici La situazione della rete stradale cittadina al 31 dicembre 1924 era rappresentata dalle seguenti cifre per quanto riguarda i tronchi stradali comunali (escluse cioè le strade private, e le arterie principali verso il Contado in manutenzione alla Provincia): a) Per il territorio del vecchio Comune di Milano : (vedi tabella in originale)

b)Per il territorio dei Comuni aggregati nel 1923 (vedi tabella in originale)

Complessivamente quindi il demanio pubblico stradale sul territorio dell'intero Comune era al 31 dicembre 1923 di mq. 9.667.017 con una media di mq. 11,31 per abitante (sempre escluse le strade private e le provinciali), cifra elevatissima che ha pochissimi riscontri nelle altre grandi città e che dimostra la larghezza di criteri con cui fu aperta la rete stradale cittadina. Le strade sistemate raggiungono una lunghezza di circa 430 km. I tipi di pavimentazionì in Mac Adam prevalgono nella zona periferica e per una buona parte (circa un milione di metri quadrati) sono mantenuti con annuali spalmature di catrame o di composti bituminosi. Nella parte centrale della città prevalgono le strade in asfalto compresso ed in lastre o masselli di granito ed altre pietre. Si sono usate per la lastricatura le più svariate qualità di pietre : l'arenaria di Levante, serpentino di Cogoleto, granito di Alzio e specialmente il granito bianco di San Fedelino ed il porfido quarzifero di Cuasso al Monte. Sopravvive però ancora nel centro il tipo ad acciottolato con trottatoie di granito, che costituisce una pavimentazione tradizionale tipica della nostra città. Scarse applicazioni ebbero invece da noi le pavimentazioni in legno tentate con cattivi risultati fin dal 1885 nella via Torino, nel 1888 nella via Manzoni, nel 1890 nella via Dante ed in via Marino. Ora non ne rimane che un esemplare nella piazza Campo Santo. L'asfalto compresso, su sottofondo di calcestruzzo, le cui prime applicazioni risalgono al 1897 nella via Marino, ha dato invece ottimi risultati e va sempre più estendendosi in tutte le vie del Centro dove non esistono binari. Le applicazioni fatte invece nelle vie percorse da linee tranviarie hanno fatto cattiva prova, malgrado i tentativi di protezione, colla interposizione di blocchette di legno duro od altro. Per la produzione della polvere asfaltica il Comune ha costruito uno speciale interessante impianto di macinazione della roccia asfaltica presso il Parco Sud. La roccia proveniente dagli Abruzzi o dalla Sicilia viene per mezzo del raccordo ferroviario accatastata sotto ampie tettoie, quindi macinata e riscaldata da apposito macchinario capace di manipolare parecchie tonn. di roccia al giorno. La polvere viene caricata calda su appositi carri stufa, che la trasportano ancora a sufficiente temperatura sul posto di impiego. La pratica ormai quasi trentennale acquistata dai

Giardini pubblia - Laghetto tecnici municipali nella esecuzione di questo tipo di pavimentazione permette di conseguire i migliori risultati. Attualmente il Comune sta studiando anche l'applicazione di nuovi tipi di pavimentazione di asfalto colato carreggiabile, di calcestruzzo con strati protettivi superficiali, di conglomerati bituminosi, di massicciate al silicato, verso i quali tende la moderna tecnica stradale. È però troppo presto per dare un giudizio definitivo sulle pavimentazioni di questi tipi eseguite nel biennio 1924-1925. I marciapiedi rialzati dalla strada furono introdotti per la prima volta nel 1885 ed ora (1926) la gran parte delle strade ha marciapiedi rialzati; per circa 1/4 in asfalto colato. È dal 1888 coll'apertura dell'attuale via Dante che si cominciò a dare alle strade l'attuale e più razionale forma a superficie convessa. Il problema delle strade costituì sempre e costituisce una delle massime cure dell'Amministrazione ed una delle questioni più delicate per la pulizia e manutenzione e per la sistemazione del sottosuolo stradale. Nel sottosuolo di ed anche per i profani le tubazioni del gas 1888 -, le tubazioni 1889 -, i cavi della Milano - la cui visita costituisce per i tecnici una delle attrazioni più interessanti - si trovano iniziate nel 1845 - la fognatura - iniziata nel dell'acqua potabile in pressione - iniziate nel energia elettrica per illuminazione, tranvie e di- stribuzione, le condutture sotterranee pei telegrafi e pei telefoni - iniziate nel 1901 - quella per la posta pneumatica, iniziata nel 1923. Da ciò si comprende come possano essere frequenti le manomissioni delle strade e come sia difficile mantenerle sempre in ottimo stato. I servizi sotterranei nella maggior parte furono collocati sotto i marciapiedi per evitare ostacoli troppo frequenti al traffico della strada. Il Comune spende ora annualmente (1925) la cifra di oltre 12 mi- lioni per la sola manutenzione delle strade e piazze e circa altrettanto per il graduale rifacimento e la riforma della loro pavimentazione. Accenneremo per confronto che nel 1900 si spendevano per questo secondo titolo L. 200.000 e nel 1906 L. 800.000 ! Lo stato di abbandono in cui sono state tenute le strade durante la guerra, l'aggregazione degli undici Comuni ove il patrimonio stradale era meno curato, la terribile usura delle strade fatta dalla sempre crescente invadenza delle automobili e degli autocarri, ha richiesto e chiede una particolare intensificazione della manutenzione stradale, e l'Amministrazione segue il criterio di dare una sempre maggiore estensione alle pavimentazioni permanenti (granito ed asfalto compresso).


Pavimentazione stradale A questo scopo venne predisposto nel 1924 dalla Amministrazione Comunale un programma organico di lavori di riforma della pavimentazione stradale che importerà una spesa di una settantina di milioni di Lire da erogarsi in quattro o cinque anni al massimo. La esecuzione di questo programma ebbe inizio nel corso del 1925. Per la direzione e la sorveglianza di lavori stradali il Comune ha diviso la città in zone che fanno capo a speciali uffici e magazzini decentrati e situati nelle vie Cenisio, Settala, Bezzecca, Giovio ed al Parco Sud e modernamente attrezzati. L'Ufficio di via Cenisio è dotato anche di un Laboratorio di prova che rende segnalati servizi. I Magazzini di via Cenisio e del Parco Sud sono raccordati alla Ferrovia. Per dare un'idea delle aggravate condizioni del traffico stradale nella città vedasi la parte III: « Milano in cifre ». La rete stradale della provincia di Milano e la sua pavimentazione. - La rete stradale della provincia di Milano comprende 722 chilometri sui 49.000 di tutta Italia. Il movimento dei veicoli su questa rete può, in qualche modo rilevarsi dal numero di biciclette (237.852), motociclette (4085), motocarrozzette (1.109), automobili (8044) e autocarri (2543) denunciato nel 1924 nel territorio della provincia di Milano. Recentemente è stato inaugurato il primo tronco di una grande autostrada che congiunge Milano con Varese di cui diamo ragguagli e una piantina nella parte pratica. In ottobre del 1925 veniva anche approvato, con apposito decreto, l'inizio della autostrada Milano-Bergamo. Il problema delle strade della Provincia costituisce uno dei problemi principalissimi per le cure urgenti che esse abbisognano specialmente per lo stato d'abbandono in cui furono tenute durante la guerra e per la intensità e pesantezza del nuovo traffico di automobili e auto-trattrici.

La spesa per la manutenzione stradale della provincia è salita da L. 416.000 dell'ultimo esercizio prebellico a L. 12.078.000 del bilancio del 1923. Le spese di manutenzione stradale stanziate nel bilancio della Provincia per il 1923 corrispondono a circa 15 mila lire per chilometro; ma tale cifra, per quanto enorme, deve giudicarsi insufficiente per i bisogni della viabilità. Da ciò se ne trasse la convinzione della necessità di un mutamento radicale di sistema. Gli antichi metodi di manutenzione, anche se applicati con razionali modificazioni, non possono più ormai trovare applicazione sulle strade di grande traffico automobilistico perchè, se è vero che tutti i veicoli deteriorano la strada, siano essi a trazione animale o semoventi, i primi, coi loro cerchioni ferrati, nei periodi degli spargimenti concorrono a formare la massicciata, mentre gli altri, provvisti di cerchioni in gomma, sconvolgono gli spargimenti e li disperdono. E' più necessario costruire le strade in rapporto alla azione distruttiva che sono fatte dai veicoli e sarebbe assurdo pretendere il contrario. I tipi di rivestimenti stradali, vecchi e nuovi, sono assai numerosi, e vanno dal macadam ordinario in pietrisco e ghiaia, non compresso col rullo, alla strada lastricata in pietra dura, a parallelepipedi regolari posati su una fondazione di sabbia e di calcestruzzo e tale da resistere a tutte le circolazioni, anche le più gravose. Tra questi due estremi esiste tutta una serie di soluzioni intermedie: inghiaiamenti migliorati con la compressione o con un intonaco superficiale più o meno coesivo, come catramatura, oliatura, ecc.; rivestimenti formati di materiali agglomerati con sostanze idrocarburate di cui è tipo l'asfalto compresso;

(vedi schema in originale)

Pavimentazione stradale della Provincia di Milano rivestimenti di materiali agglomerati con sostanze idrauliche, come calcestruzzo armato o no, ecc.; pavimentazioni artificiali in blocchi o mattonelle di asfalto compresse, in blocci di legno, ecc. ed infine massicci in pietra dura a piccoli elementi che sono come il ponte di passaggio al lastricato in pietra. Gli intonaci protettori come la catramatura, suppliscono al difetto di coesione dei materiali della strada ordinaria, impedendo la formazione della polvere e proteggendola contro certi effetti della circolazione automobile, per cui convengono sopra tutto per strade percorse da circolazione rapida, ma leggera. I rivestimenti a base asfaltica sul tipo dell'asfalto compresso ed altri rivestimenti bituminosi, sono indicati per le strade che sono soggette ad una circolazione molto intensa di veicoli rapidi e pesanti, specialmente automobili. Le massicciate con materiale di collegamento idraulico, i pavimenti a blocco di asfalto naturale e i pavimenti con blocchi di legno, non presentano soluzioni pratiche per le strade delle nostre provincie. Infine i rivestimenti in blocchi di pietra dura, a forma parallelepipeda, di regolari dimensioni, costituiscono la carreggiata più solida, ma anche la più costosa. La scelta giudiziosa del tipo di rivestimento da adottarsi su di una determinata strada deve essere fatta dai tecnici, in considerazione prima dei bisogni del traffico, poi delle particolari circostanze locali per quanto riguarda la differente facilità di approvvigionamento dei vari materiali. E' evidente però che la applicazione di una pavimentaziane di carattere permanente costa assai di più di una ordinaria massicciata cilindrata. Ma non si deve perdere di vista che l'economia immediata, realizzata nelle costruzioni, può condurre in seguito a spese di manutenzione e di rinnovamento che la rendano illusoria, per cui ogni qualvolta sia possibile, sarà più conveniente adottare una soluzione perfezionata benchè in apparenza più costosa. Questi criteri, applicati alla rete della provincia di Milano, sulla base delle statistiche del carreggio eseguite nell'ante-guerra, ma tenuto conto delle variazioni di traffico da strada a strada avvenute nel dopo-guerra, specialmente per la variazione dei mezzi di trasporto, hanno portato a dividere le strade stesse, in tre gruppi : 1.) con rivestimenti di carattere permanente, Km. 56 (lastricate di ponti, asfalto compresso e calcestruzzo bituminoso); 2.) cilindratura ricorrente almeno tre anni, Km. 175; 3.) sistemazione ordinaria, Km. 190. La cartina che pubblichiamo, chiaramente illustra i tipi di pavimentazione e la estensione della rete.

PULIZIA DELLE VIE.

Il servizio di pulizia stradale è disimpegnato in economia dal Comune; la città è divisa in sette reparti, ciascuno dei quali è formato di un deposito di scarico della spazzatura. Tali magazzini sono situati in bastioni Garibaldi, via Giovio, via Farini, piazzale Genova, via Teulié, bastioni Romana, via B. Marcello. Il numero degli spazzini comunali è di 215, altri 300 spazzini dipendono da ditte private assuntrici, in appalto, della pulizia di zone periferiche della città. I rifiuti vengono portati in carretti a mano nei magazzini suddetti. 1n aiuto al lavoro degli spazzini vengono sei scopatrici trainate da cavalli. In tempo di pioggia funzionano anche i getti d'acqua. Col mese di aprile 1926 anche il servizio di pulizia assunto da ditte private, passerà al Comune che provvederà con personale avventizio guidato da personale comunale. Il servizio d'innaffiamento stradale viene eseguito con botti di ferro a doccia fissa, della capacità di 1300 litri trainate da cavalli, sostituite vantaggiosamente in questi ultimi tempi con numerosi autocarri da innaffiamento. Lo sgombro delle nevi invece viene ceduto per appalto ed eseguito, ordinariamente a cottimo, da personale avventizio, con l'aiuto del personale municipale. La liquidazione della spesa viene compiuta in base all'altezza raggiunta dalla neve, che è misurata da cinque colonnette di granito graduate, poste in ognuna delle cinque zone in cui la città è divisa. La neve accumulata in mucchi viene poi caricata su carri e scaricata in bocche apposite, in numero di 130, oppure gettata nei canali aperti; e nelle zone eccentriche, dove il servizio non è ancora sistemato, occorre limitarsi a fare dei mucchi. La spesa per la spazzatura della neve diviene di anno in anno sempre più onerosa, poichè cresce sempre la superficie stradale ed il prezzo della mano d'opera avventizia mentre nel 1829 per 141 cm. di neve si speso lire italiane 139.000, nel 1923 per soli 45 cm. si spesero L. 1.300.000 e nell'inverno 1925-26 con circa 50 cm. di neve L. 3 milioni. Oltre all'uso dei carri e dei cavalli si usano degli sparti-neve trainati da cavalli e qualcuno anche da trattrici meccaniche. Nel 1923 con cm. 45 di neve vennero occupati circa 6700 uomini e 600 cavalli, oltre a 60 sparti-neve.

LA FOGNATURA.

La nostra città venne dotata di un sistema di fognatura scientificamente prestabilito e rispondente agli odierni concetti della igiene e della tecnica solamente col progetto 1889-1901, approvato dal Consiglio Comunale nel 1893 e nel 1901, redatto dall'Ufficio tecnico municipale sotto la guida del compianto ing. Felice Poggi. Per la fognatura venne adottato il « sistema unico », che raccoglie insieme colle pluviali, le acque luride residue della vita domestica e delle industrie, per convogliarle con collettori ed emissari opportuni alla Vettabbia, collettore d'acque irrigue, che da tempo utilizzava le acque luride di alcuni quartieri cittadini, per la irrigazione concimante di un vasto comprensorio, ottenendone la finale depurazione col metodo naturale dello spandimento su terreno coltivato. La scarsa pendenza generale del suolo cittadino, la natura e la struttura del sottosuolo, la ricca falda d'acqua di cui è dotato, la deficienza di collettori naturali costituivano formidabili difficoltà allo studio della fognatura, ma ciononpertanto venne egregiamente progettata con forme, dimensioni, pendenze sufficienti a garantire tanto il sollecito allontanamento delle materie luride nei tempi asciutti, che il convogliamento dell'ingente volume delle acque meteoriche dei tempi piovosi, senza dar luogo a ristagni o rigurgiti, entrambi pregiudizievoli al normale svolgersi della vita cittadina. Per effetto della fognatura, pressochè completa nell'aggregato urbano, la falda d'acqua venne abbassata e le sue oscillazioni attenuate, raggiungendosi col risanamento del sottosuolo il miglioramento generale della igiene cittadina, scopo precipuo di una perfetta canalizzazione. Con una opportuna convenzione cogli utenti della citata Roggia Vettabbia il Comune si è assicurato, oltre la possibilità di scarico delle acque di una rilevante parte del territorio cittadino, quella del migliore e più economico sistema di depurazione delle acque stesse. Le acque luride della città già nel passato erano raccolte dal Canale Vettabbia e costituivano un elemento essenziale di quella meravigliosa sistemazione idraulica nella quale sta uno dei fattori, e forse il più importante, del florido sviluppo agricolo a coltivazione intensiva del Basso Milanese. Ora accresciute immensamente di copia e meglio regolate e disciplinate portano a quelle terre il loro valore fertilizzante e trovano in esse il più perfetto ed economico sistema di depurazione, ormai confermato da una trentennale esperienza. Esse sono particolarmente l'elemento vitale di quelle praterie irrigue milanesi perfettamente sistemate e mantenute nel loro rigoroso regime idraulico, note in tutto il mondo sotto il nome di « marcite », dove l'agricoltore ricava fino a dodici tagli di erba all'anno.


Fognolo dell'epoca romana Nella Vettabbia immettono a Nosedo le acque luride e meteoriche di tutta la città interna ai bastioni e della zona esterna nei settori posti a settentrione, a oriente ed a mezzodì fino ai limiti del piano regolatore del 1912. Per le parti della città che non possono scaricare nella Vettabbia, provvederà nella zona Ovest la progettata sistemazione del Lambro meridionale, che riceverà i collettori di quella zona, e nella zona settentrionale rintercettatore delle piene del Seveso - ora in corso di costruzione - che girando a nord-est ed a levante della città si scarica nel Redefossi e seguendo questo nel Lambro settentrionale a Melegnano. Il bacino imbrifero servito dalla rete di fognatura prevista dal progetto definitivo del 1901 è di 6385 Ea. La recente aggregazione dei territori di altri Comuni limitrofi, ha ripresentato, ingigantito però, il problema della migliore rete di fognatura per tutto il rimanente territorio di ben 12.000 ettari, sui 18.500 ettari di superficie dell'attuale Comune di Milano. Il carattere prevalentemente rurale del nuovo territorio impone lo studio di direttive diverse, adattate alle diverse circostanze locali. Come dato di confronto ricorderemo che l'« indice di edilità », ossia il rapporto fra la superficie coperta da fabbricati e quella totale è, per la parte di città compresa entro la fossa interna dei navigli del 75,7 %, per la città compresa entro la vecchia cinta daziaria del 1923 era del 32,6 % mentre nella parte del nuovo territorio nelle zone di ponente e mezzodì (Trenno, Baggio, Vigentino, Chiaravalle) non arriva al 2 %. Questa differente condizione consiglia l'adozione di particolari direttive, che già sono allo studio. La canalizzazione esistente della fognatura si compone di piccoli tubi di scarico delle case, delle tubazioni stradali a sezione circolare (con diametri fino a m. 0,80), dei canali stradali praticabili a sezione ovoidale (con dimensioni da m. 0,60 x 0,90 a m. 1,50 x 1,80) costruiti in calcestruzzo con fondo di granito e rivestimenti interni di mattoncini greificati, e dei collettori per la massima parte coperti e con sezioni fino a m. 4,60 x 3,20. (Vedere le illustrazioni).

Scarico di un collettore in un altro Collettore di Nosedo Raccordo di due collettori principali Gli emissari attuali della rete che immettono nella Vettabbia le acque raccolte sono : 1) quello detto Gentilino, per la parte centrale e più alta della città; 2) quello detto Vigentino, per altre zone di nordovest-sud; 3) quello detto Nosedo, per altre zone di nord-est, denominazione derivata dalla località diversa del percorso della Vettabbia nella quale sfociano in questa. I tre collettori essendo posti nei loro tronchi emissari ad altezze diverse permettono lo scarico dell'uno nell'altro inferiore e quindi rendono possibile un aumento di potenzialità di deflusso pei collettori delle plaghe più alte. La rete costrutta al dicembre 1925 misurava uno sviluppo di 448 chilometri circa : 59 chilometri di grandi collettori, 293 chilometri di canali praticabili e 95 chilometri di tubazioni di vario diametro, escluse quelle di allacciamento ai 12.370 stabili utenti della fognatura che da sole misurano circa 150 chilometri. La composizione della rete stradale e le sue tappe di esecuzione risultano le seguenti :

(vedi tabella corrispondente) L'ACQUA POTABILE.

Per dotare Milano di acque potabili ed a pressione sufficiente per raggiungere i piani più elevati, le passate Amministrazioni Comunali di Milano ebbero ad esaminare moltissimi progetti di acquedotti con prese d'acqua da sorgenti, da laghi, da fiumi, ma in seguito a studi fatti nel 1888 sulle acque sotterranee della città ed ai risultati ottenuti colla trivellazione di due pozzi in vicinanza dell'Arena e spinti uno a m. 81,75, l'altro a m. 146,23, e che dimostrarono l'esistenza a diverse profondità di falde di acqua buona sotto ogni riguardo ben protetta contro inquinamenti del soprasuolo, venne deciso di dotare la città di un servizio di distribuzione di acqua potabile con acqua di sottosuolo sollevata meccanicamente. Questa soluzione, oltre al merito della semplicità e della massima economia, presentava il vantaggio di un possibile graduale aumento di potenzialità in relazione ad una sempre crescente richiesta di acqua potabile. Il primo impianto di sollevamento venne eseguito all' Arena nel 1889; comportava due coppie di pompe Gerard ognuna della potenzialità di 70 litri al l ", mosse da motrici a vapore di 60 HP; nel 1896 s'adattò ad impianto di sollevamento per acqua potabile la stazione pompe di via Parini che serviva originariamente perla fontana dei giardini pubblici; in seguito si costruirono man mano altri impianti e precisamente nel altri 1898-99 quello del rondò Cagnola, nel 1901-1902 quello di via Benedetto Marcello, nel 1902-1903 quello dei bastioni Venezia (in sostituzione dell'impianto di via Parini), nel 1904-905 quello di piazza d'Armi, nel 1905-1906 quelli di via Cenisio e di corso Vercelli, nel 1908-1909 quello di strada Comasina e quello in viale Elvezia alparco (in sostituzione del primo impianto all'Arena), nel 1911-1912 quello della Maggiolina, nel 1914-1915 quello di via Anfossi, nel 1917-1918 quello di viale Italia, al parco, nel 1920-1921 quello al Trotter, tanto che si hanno attualmente 12 impianti, più 6 piccoli impianti sussidiari dei bastioni Monforte, Galleria, Silvio Pellico, Giardini pubblici, via Leonardo da Vinci e cimitero a Musocco; potenzialità termica complessiva di questi impianti è di 4230 litri al 1 effettiva circa 3400 litri al l . Funzionano dal mese di maggio 1924 due nuovi impianti di sollevamento, in viale Beatrice d'Este e corso Indipendenza, della portata complessiva teorica di 800 litri al l". Fatta eccezione degli impianti sussidiari di limitata potenzialità e degli impianti di Loreto e dei bastioni Venezia il primo per 200 litri il secondo per 120 litri, la potenzialità di tutti gli altri impianti è di 300 o 400 litri al I". Il sollevamento dell'acqua è ottenuto in tutti gli impianti mediante pompe centrifughe direttamente accoppiate a motori elettrici; negli impianti di piazza d'Armi, strada Comasina e via Anfossi vi sono anche gruppi sussidiari di pompe comandate mediante trasmissioni a cinghia da motori ad olio pesante; i gruppi installati sono in generale per 150 o 200 litri al 1" per una prevalenza massima manometrica di 52 metri; i motori da 150 o 200 HP. Per l'alimentazione degli impianti di sollevamento si hanno complessivamente 272 pozzi; i pozzi sono spinti a profondità variabile fra 30 e 110 metri ; primi vennero trivellati con tubi di ghisa di 800 mm.di diametro, ma in seguito si adottò il sistema più economico di pozzi tubolari di piccolo diametro (150-180-200 mm.). La qualità dell'acqua, pressochè identica per tutte le falde dalle quali si attinge, è costantemente controllata dall'Ufficio Municipale di Igiene; la sua composizione è in media la seguente :

(vedi tabella in originale)

L'acqua fornita dagli impianti di sollevamento è spinta direttamente nelle condutture principali della rete di distribuzione; come riserva servono due serbatoi posti nei torrioni del Castello, uno in ferro di 1200 mc. di capacità, l'altro in cemento armato di 1500 mc. Lo sviluppo attuale della rete di distribuzione è di ml. 454.036, dei quali ml. 51.287 costituiscono le arterie principali con tubi da 600 a 250 mm. di diametro e ml. 402.749 le diramazioni secondarie con tubi da 200 a 60 mm. di diametro. Sulla conduttura sono inserite 4900 valvole a saracineca, 3313 bocche da incendio, 619 bocche d'innaffiamento, 210 fontanelle pubbliche. L'acqua potabile viene adoperata per i vari servizi pubblici come l'innaffiamento e lavatura delle strade, per le fontanelle pubbliche a getto continuo, per le fontane decorative, per smaltitoi, chassés nelle fogne, mercati, ecc. Entro il giugno 1926 entreranno in funzione i nuovi impianti di via Crema e di via Palestro e intanto si stanno costruendo altri impianti in via Solari, a Greco e in altri ex-Comuni aggregati. È inoltre in progetto la costruzione di una rete ausiliaria di grosse tubazioni, destinata ad assicurare la uniformità della distribuzione dell'acqua mediante compensazione fra le varie parti della rete - cosa che non può avvenire attualmente essendo ogni pozzo autonomo. Si potrà così ovviare all'inconveniente di avere zone con eccesso di acqua ed altre deficienti, come pure di non potere fornire l'acqua anche a zone in cui si fossero verificati guasti. Il servizio dell'acqua potabile è fatto direttamente dal Comune; la distribuzione avviene esclusivamente mediante contatore e i contatori installati attualmente sono complessivamente 15.796, dei quali 15.323 presso utenti privati e 473 per uffici e stabili comunali. Le tariffe di vendita dell'acqua potabile ai privati, in vigore al gennaio 1926, sono le seguenti : L. 0.25 al mc. fino a 2000 mc. al trimestre » 0.20 » oltre i 2000 » » e i canoni di presa e noleggio contatori, i seguenti :

(vedi tabella in originale) CAP. IV. - CANALI E NAVIGAZIONE INTERNA.

Compiuto così come oggi lo vediamo, il sistema di canali che, dopo aver fatto irriguo il piano lombardo, cinge e attraversa la nostra città, richiese parecchi secoli e più volte nel corso del tempo, dovette esser sospeso o variato nella sua esecuzione. La rete di canali, le cui acque derivano dal Lago Maggiore e dal Lago di Como, consta del Naviglio Grande e del Naviglio della Martesana, allacciati con la Fossa Interna e con la Darsena di porta Ticinese, che dà vita al Naviglio di Pavia. Il Naviglio Grande, oltre ad essere il più antico dei canali, ancor oggi in piena attività, deve restare nella storia dei canali come il monumento perenne della tenacia concorde e della operosa solidarietà dei nostri avi che non dovettero rimpiangere i sacrifici sostenuti se, come come dice il Settala, « ebbero in pagamento tanta acqua, quanta fecero spesa. » Il Naviglio Grande è canale artificiale derivato sulla sinistra del fiume Ticino presso Tornavento. Su un percorso di circa 50 chilometri porta le acque defluenti del Lago Maggiore alla Darsena di porta Ticinese.


Aspetti pittoreschi del Naviglio interno

(vedi foto) Fu nel 1177 o nel 1179 che si derivò dal Ticino il Tesinello fino ad Abbiategrasso a solo scopo di irrigazione; nel 1257 il cavo venne continuato, dicesi ad iniziativa di Beno dei Gozzadini, verso la terra di Gaggiano, e cioè direttamente su Milano, adattandolo allo scopo della navigabilità. Il nuovo canale era navigabile, ma non è detto che la navigazione entrasse propriamente in Milano come fece, e sul principio per eccezione soltanto, in occasione della fabbrica del Duomo. La Darsena di porta Ticinese, recentemente riformata ed ingrandita, sarà prossimamente attrezzata per metterla in grado di soddisfare alle esigenze portuali della città e costituisce il nodo della navigazione attuale milanese, perchè, oltre che a ricevere le acque del Naviglio Grande, quelle della Fossa Interna e quelle del fiume Olona, dal suo bacino si diparte, col naviglio di Pavia, quella importante via acquea che, allo stato attuale delle cose, unisce i canali milanesi alla massima arteria fluviale d' Italia : il Po. La Fossa Interna che segue la traccia del fossato di difesa circondante la Milano medioevale, misura complessivamente km. 5.253 e congiunge il Tombone di S. Marco alla Darsena di porta Ticinese, superando il dislivello fra i due punti con 5 salti, cui corrispondono altrettante conche di navigazione.

Quantunque in origine, per l'assiduo alimento portato dalle acque freatiche e dalle piene del Seveso (il Naviglio Martesana non era per anco costruito) fosse assai più larga, profonda e ricca di acque di quanto attualmente non sia, la Fossa interna destinata com'era ad altri scopi e separata dal Naviglio Grande che terminava alla distanza di forse 600 metri dal fossato della città, non era navigabile. La prima spinta a renderla tale venne data dal bisogno di trasportare nella immediata prossimità del cantiere di lavoro, il materiale necessario per la fabbrica del Duomo e una darsena scavata sull'area dell'attuale Ospedale Maggiore servì di scalo ai marmi di Candoglia trasportati a Milano per la via del Lago Maggiore, del Ticino, del Tesinello e del Naviglio di Gaggiano. Appartiene a quest'epoca la congiunzione della Fossa col Naviglio Grande, mediante l'apertura del varco di via Arena-

Naviglio in via Otonati In epoca posteriore, sembra al tempo di Filippo Maria Visconti, la Fossa, che chiamavasi Naviglio Ducale, fu resa tutta navigabile e e munita di conche; più tardi, nel secolo XVI, costruito il nuovo circuito che incorporò alla Città l'anello dei sobborghi e servì di difesa al di fuori del Naviglio Ducale, questo assunse nome ed ufficio di Fossa Interna. Il Naviglio della Martesana deriva dall'Adda, in sponda destra, sotto al Castello di Trezzo e, dopo un percorso di km. 38.721, sfocia a Milano nel bacino detto il Tombone di S. Marco dove ha origine la Fossa Interna.


Naviglio in via S.Damiano La costruzione del Naviglio della Martesana ordinata da Francesco Sforza con decreto in data del 1.° luglio 1457, ebbe inizio - con architetto Bertola da Novate - secondo è più probabile, nel 1460 e i lavori dovettero procedere solleciti se un decreto di Bianca Maria già agli 11 di settembre 1465 prescrive il modo di erogare le acque di irrigazione. Le acque della Martesana nei primi anni non entravano nella Fossa di Milano; ma, in vicinanza della città, si scaricavano assieme con le piene del Lambro, nel Seveso, dal Seveso nel Redefosso e dal Redefosso nel Lambro inferiore per mezzo del « Naviglietto », cavo utilizzato per tale scopo in allora, ma esistente, - credesi - fino dal secolo XIII. Fu Lodovico il Moro che eseguì l'unione della Martesana colla Fossa di Milano nel 1496. In seguito, sia che i tempi calamitosi non permettessero una manutenzione accurata, sia che la derivazione delle acque fosse regolata meno dalla legge che dall'arbitrio dagli utenti, il nuovo Naviglio cadde in condizioni tristissime tanto che si dovette sospendere la navigazione per cinque giorni su sette. Però a seguito di un compiuto restauro intrapreso nel 1571, tre anni dopo lo vediamo nuovamente servire al duplice uso dell'irrigazione e della navigazione continua.

Il Naviglio della Martesana è un canale a forte pendenza, con una sola conca presso la Cascina dei Pomi, e il suo corpo d'acqua viene erogato in massima parte a beneficio dell'agricoltura per le irrigazioni ed in parte anche come forza motrice. Il Naviglio di Pavia ha origine alla Darsena di porta Ticinese e sbocca in Ticino, a circa 400 metri a valle dei bastioni della città di Pavia : la sua lunghezza è di circa km. 33, e questo corso d'acque viene nella maggior parte impiegato per l'irrigazione dei campi. Il Naviglio di Pavia, o, forse meglio un naviglio di Pavia su tracciato non corrispondente esattamente a quello del naviglio attuale, ma piuttosto su quello del cosidetto Navigliaccio, fu ordinato da Galeazzo Visconti, sembra nel 1359 e, se dobbiamo prestar fede alla cronaca di Piacenza, nel 1365 l'opera era compiuta.

Venne aperto alla navigazione soltanto più tardi e l'adattamento, decretato nel 1396, procedette con lentezza, perchè nel 1473, dietro ordine di Galeazzo Maria Sforza, Bertola da Novate si accinge a render navigabile l'ultimo tratto, da Binasco a Pavia e ci riesce in meno di tre anni. Però, se giudichiamo dalla serie dei restauri continuamente intrapresi, modificati e lasciati in tronco, le condizioni di navigabilità del canale dovevano essere tutt'altro che buone. Tale serie che s'inaugura nel 1595 coll'opera del Meda, si chiude col definitivo restauro napoleonico, decretato nel 1805 e portato a termine nel 1819, anno in cui fu solennizzata la discesa delle acque in Ticino. Questa rete di canali che poteva sopperire ampiamente a tutte le esigenze del traffico cittadino, nei tempi in cui Milano traeva le sue risorse dall'immediato contado, è fatalmente destinata a rapida decadenza, se non interverranno provvidenze atte a togliere alcuni inconvenienti quali la navigabilità, pel Naviglio Martesana, in sola discesa e la difficoltà degli scarsi fondali in Ticino, cioè nella tratta intercetta fra il Lago Maggiore e l'incile pel Naviglio Grande. L'abbandonare le vecchie ma gloriose vie d'acqua lombarde mantenendo loro solo lo scopo irriguo, sarebbe ingratitudine verso quegli illustri idraulici lombardi, le cui opere non poco contribuirono alla formazione dell'odierno sviluppo dei commerci e delle industrie. Qualunque rete navigabile interna che voglia esser proficua ai traffici, deve trovare il suo sfogo naturale e la sua perenne sorgente nel mare, rappresentandone quasi una penetrazione e un prolungamento. Ed è appunto in omaggio a tale principio e considerando la rete navigabile della valle Padana come il naturale collegamento tra i centri agricoli e industriali dell'interno coi porti dell'Adriatico, che sorse l'idea di creare fra Venezia e Milano una linea di navigazione atta a colmare le esigenze di un traffico intenso.

Per il concretamento dell'opera, il locale Comitato di Navigazione Interna, la Camera di Commercio, predisposero il progetto del Canale Milano-Po - che ristudiato dal Comune di Milano e completato col progetto del grandioso Porto di Milano, era già in via di avanzata esecuzione a mezzo dell'Azienda Portuale di Milano istituita con decreto legge 23 maggio 1918, quando questa venne sciolta colla sospensione di tutte le opere in corso con altro decreto 17 dicembre 1922. E' ben ricordare qualche caratteristica delle due grandiose opere, cui non potrà mancare, colla ripresa dei lavori, il compimento, integrandosi finalmente la linea navigabile della Val Padana da Milano al Po e quindi a Venezia. La sede degli scali, del porto-canale, dell'avamporto, per lo sviluppo delle industrie, per gli edifici, i piazzali, gli specchi d'acqua, la strada interessano una zona della complessiva superficie di metri quadrati 11.776.014. I bacini portuali hanno la superficie di mq. 256.000, con uno sviluppo di banchine accostabili di m. 6150, ed una potenzialità di scarico con tutte le moderne attrezzature di ben più di Tonn. 5.000.000. Il Canale Navigabile Milano-Po ha il tracciato Milano-Lodi- Pizzighettone-Foce Adda-Po per uno sviluppo complessivo di m. 61.903 con un dislivello altimetrico di m. 65,50 fra l'origine al Porto di Milano e lo sbocco in Po. Il dislivello è superato con 11 grandi conche di natanti di 600 tonnellate; conche gemelle con salti variabili da 3,50 e 7,65. La via d'acqua è larga m. 30 con tirante di m. 3 e col piano della strada alzaja a m. 0,70 sul pelo d'acqua strada provvista per l'impianto dell'alloggio. La nuova via d'acqua è completata coi canali navigabili di allacciamento ai laghi lombardi di Como e Maggiore per l'hinterland Svizzero e del Centro d'Europa. Ma contemporaneamente gruppi di interessati studiano l'opportunità di coprire la fossa interna - riprendendo studi iniziati fin dal 1857 - per formare al suo posto un'ampia via anulare adorna di palazzi, con lo scopo di sfollare il centro già congestionato della città. (vedi cartina in originale) CAP. V. - IMPIANTI E SERVIZI ELETTRICI.

A Milano,centro eminentemente industriale, l'energia elettrica ha trovato un vasto campo di applicazione in tutte le manifestazioni della vita cittadina. La potenza massima assorbita dai vari servizi (forza, luce, trasporti e servizi minori) si aggira oggi sugli 85.000 kw. Gli Enti produttori e distributori sono due. L'Azienda Elettrica Municipale che ha le proprie centrali sull'alto corso del fiume in Valtellina. La Società Edison, che utilizza le acque nel corso medio del fiume Adda, a valle del Lago di Lecco. Ciascuno ha, inoltre, in città, proprie centrali termiche di integrazione e di riserva. La distribuzione è regolata da speciali accordi fra le due Società. Il servizio dei trasporti a trazione elettrica comprende : Le tramvie cittadine, esercite dall'Azienda Tramviaria Municipale; le linee intercomunali, esercite dalla Società Trazione Elettrica Lombarda ; la tramvia Milano-Gallarate, esercita dalla Società Trazione e Imprese Elettriche; infine la linea Milano-Varese-PortoCeresio, delle Ferrovie dello Stato.

Azienda Elettrica Municipale - stazione di piazzale Trento Ultimamente è stato inaugurato in città un servizio pubblico di omnibus elettrici ad accumulatori il quale è destinato ad integrare il servizio delle tramvie cittadine svolgendosi lungo i percorsi che non sono direttamente serviti dalle stesse.

L'AZIENDA ELETTRICA MUNICIPALE.

L'impianto elettrico municipale, costituito in Azienda Elettrica Municipale Autonoma, a termini di legge, nel dicembre 1910, ebbe la sua prima origine con la deliberazione del Consiglio Comunale 29 Dicembre 1903 e iniziò il suo regolare funzionamento nel Maggio 1905. Veniva stabilito pertanto di procedere agli studi ed alla costruzione di una centrale a vapore, che avrebbe dovuto servire in appresso come impianto di riserva e di integrazione per un futuro impianto idroelettrico e già nel giugno 1905 tale impianto a vapore cominciava a funzionare con due unità di 1200 kw. ciascuna. Al servizio di illuminazione si aggiunse in seguito quello di distribuzione di energia elettrica ad alcuni degli impianti municipali di sollevamento di acqua potabile, alle officine e stabili comunali e con la fine del 1906 si iniziava la fornitura di energia elettrica ai privati per forza motrice e per luce. Nel giugno 1906 si acquistavano concessioni di derivazioni d'acqua dall'Adda nell'alta Valtellina, per una potenza idraulica complessiva di 40.000 cavalli. Nel dicembre 1907 veniva approvata l'esecuzione

Azienda Elettrica Municipale - Impianto della Boscaccia Nuova dell'impianto idroelettrico di Grossotto e della relativa linea di trasmissione con stazione ricevitrice a Milano e tale impianto funzionava nell'ottobre del 1910. Nel 1910 veniva costituita l'azienda speciale per la gestione generale dell'impianto elettrico. Tale è la storia di questa mirabile iniziativa del Comune.

Gli impianti idroelettrici di Valtellina. - Le prese d'acqua dall'Adda sono quattro : una dal torrente Roasco con una potenza complessiva di kw. utili a Milano 24.500. 11 principale di questi impianti è pur sempre quello di Grossotto. Esso utilizza la derivazione d'acqua che viene fatta alla località di « Le Prese » alla quota di circa 948 metri sul mare, mediante uno sbarramento dell'Adda ed opere di derivazione eseguite sulla sponda sinistra. Si diparte di qui un canale lungo circa 12 km. con pendenza 1,2 per 1000 coperto lungo tutto il percorso e che arriva alle vasche di carico alla quota di m. 933. Da qui l'acqua entra nella condotta forzata costituita da tre tubazioni in lamiera di acciaio. L'officina generatrice, che si intitola a Giuseppe Ponzio e comprende : tre turbine idrauliche ad azione funzionanti a 315 giri al minuto primo: utilizzano un salto di 318 metri con una portata normale di 3200 litri al minuto secondo per ogni macchina, a una potenza di 10.500 cavalli aumentabile a 12.000 con una portata di 1. 3700 al minuto secondo. Completano l'impianto due gruppi turbina-dinamo.

Azienda Elettrica Municipale - Lavori diimpianto fraele L'energia prodotta alla tensione di circa 10.000 volt viene trasformata a circa 70.000 volt e a tale tensione la corrente viene trasportata a Milano. Le acque dei due rami del torrente Roasco formano un serbatoio della capacità di oltre 200.000 mc. La linea di trasmissione dell'energia elettrica parte dalla centrale di Grossotto, sale la falda del monte Resverda, valica il passo del Mortirolo, e seguendo poi la valle Camonica e la valle Cavallina, la pianura Bergamasca, arriva alla stazione ricevente di Milano, annessa alla centrale termica di piazzale Trento. In vari punti della città sono poi distribuite sottostazioni di trasformazione, per la maggior parte in locali facenti parte di edifici già costruiti, per la minima parte tali cabine sono disposte in apposite costruzioni sotterranee ricavate sotto marciapiedi rialzati sulla pubblica via. Le cabine funzionanti alla fine del 1923 erano 335. Da ciascuna cabina di trasformazione partono cavi sotterranei a 160 volt alimentanti la zona di competenza della cabina stessa che è di circa m. 500. Alla fine del 1923 lo sviluppo della rete a 160 volt risultava di m. 340.000 di cavo sotterraneo con oltre 100.000 utenti. L'Azienda provvede energia elettrica per l'illuminazione pubblica della città, per le tramvie elettriChe, pel servizio dell'acqua potabile, per forza motrice e illuminazione agli stabili municipali, e per distribuzione a scopo di forza motrice e illuminazione a industriali privati. Quest'ultimo servizio viene contemporaneamente esercitato a Milano anche

Azienda Elettrica Municipale - Tubazione della centrale G.Ponzio - Grossotto dalla Società Edison; speciali accordi disciplinano la ripartizione dei rispettivi utenti, con eguali tariffe e condizioni stabilite dal Consiglio Comunale. Il capitale impiegato dal Municipio nell'Azienda ettrica è di circa 96 milioni di lire, e gli utili dell'esercizio 1924 hanno dato una somma di L. 6.544.423, pur dopo prudenziali accantonamenti per ammortamenti, deprezzamenti e fondi speciali di riserva. Le entrate industriali sommavano nel 1924 a oltre 42 milioni. La energia complessivamente utilizzata nell'esercizio 1922 ha superato i 110 milioni di kw.-ora. Energia per illuminazione pubblica e tramvie. L' illuminazione pubblica è costituita da oltre 10.000 lampade di potenza luminosa da 1000 a 100 candele con alimentazione in serie (a intensità costante) ottenuta per mezzo di trasformatori auto-regolatori, ognuno dei quali alimenta una data serie di lampade. Questi sono installati nella sottostazione di via Gadio, dalla quale si dipartono quasi tutte le condutture dell'illuminazione pubblica. Milano, fra le prime città italiane ha attuata la completa trasformazione dell'illuminazione cittadina, che è ora tutta compiuta a mezzo dell'energia elettrica. Le ultime lampade a gas sono cessate nel 1925. Si hanno oggi in funzione circa 9000 lampade elettriche, di potenza diversa secondo le località da illuminare, e precisamente da 1000, 400, 200, 100 candele; eccezionalmente da 50 e 40 candele.


Un lampadario artistico in Piazza della Scala Diamo qualche breve notizia sull'illuminazione pubblica. Essa incomincia ad essere esercitata come un vero esercizio nel 1786. Un progetto del conte Cicogna del 1785 prevede 777 lampade con 2073 fiamme nell'interno della città, e 359 lampade con 887 fiamme fuori dei ponti (cioè tra il Naviglio e le mura spagnuole). In totale 1136 lampade con 2960 fiamme. Le spese per l'allestimento e l'impianto erano prevedute in lire milanesi 109.509.14 e le spese annue in L. 230.083.10. Ma auesto fu un progetto troppo grandioso: nel 1787 c'erano 490 lampade con 1351 fiamme; nel 1798 circa le lampade erano tuttavia salite a 1120 con 2513 fiamme e con una spesa di circa L. 115.000. L'illuminazione a gas non fu iniziata che nel 1845 in seguito a contratto stipulato nel 1844 con la ditta Guillard, a cui successe la ditta Roux. La illuminazione

era ridotta alla cista compresa nei navigli e ai corsi principali. Fu dopo il 1858 che, stipulato un contratto fino al 1910 con l'Union des Gaz, si potè estendere la illuminazione a gas a tutta la città e sue adiacenze. Ma se alla vigilia della guerra a Milano si contavano ancora 7000 fiamme gas, se nel 1921 erano ancora 4800, ora non ce ne son più.

Il servizio tramviario - assunto dall'Azienda nel 1917 - funziona a corrente continua, mentre la produzione e distribuzione dell'energia, per tutto l'impianto è a corrente trifase, forma che consente le necessarie trasformazioni ed il trasporto economico sulla lunga linea di trasmissione. Occorre quindi dare all'energia elettrica, necessaria al servizio tramviario, la forma di corrente continua ; ciò si ottiene in due stazioni di trasformazione fornite di gruppi rotativi motori-dinamo ; l'una è disposta nella centrale di piazza Trento; l'altra fa parte della sottostazione di via Gadio. Cosicchè, tutto il vasto impianto ricevitore e distributore, per le svariate esigenze dei diversi servizi, resta servito, a Milano, con unità di direzione, dalle due stazioni di piazzale Trento e di via Gadio.

Azienda Elettrica Municipale - Centrale G. Ponzio - Grossotto LA SOCIETÀ EDISON.

La Società Edison venne fondata nel 1882. Inziava il servizio 1'8 marzo 1883 con la piccola centrale termica a corrente continua di via Santa Radegonda. Nel 1886 iniziava l'illuminazione pubblica con 200 lampade a corrente continua in serie a 2000 volt. Nel 1892 eseguiva il primo esperimento di trazione elettrica. Nel 1898 (28 settembre) iniziava il funzionamento della centrale di Paderno. Nel 1914 metteva in funzione la centrale di Robbiate e nel 1920 quella di Calusco. Attualmente la Società ha N. 5500 utenti di forza motrice, per una potenza complessiva installata di 77.000 kw., N. 105.000 utenti di luce, per una potenza complessiva installata di 45.000 kw. ed una cinquantina di utenti vari (trazione, usi elettrochimici, ecc.), per una potenza complessiva di 17.000 kw. Gli impianti esistenti sono i seguenti: 1.°- Impianto di Paderno (Centrale Bertini). - È detto anche di Porto d'Adda. Iniziato il funzionamento il 28 settembre 1898. Portata mc. 45; salto m. 27,87; HP dinamici 16.724. I1 canale ha la lunghezza di m. 2.268, dei quali 1.686 in galleria. 2.°- Impianto di Robbiate (Centrale Esterle o Resega). Iniziato il funzionamento il 15 maggio 1914. Portata mc. 80; salto

Sede della Società Edison m. 38,90; HP dinamici 41.494. Il canale ha la lunghezza di m. 4.961, dei quali m. 3.395 in galleria. 3.° - impianto di Calusco. - Iniziato il funzionamento il 15 agosto 1920. Portata 85 mc.; salto m. 8,50; HP dinamici 9.633. Sarà installata una terza unità per la quale sono predisposte tutte le opere. 4.° - Centrale di Porta Volta. - La centrale termica di Porta Volta comprende: N. 16 caldaie Babcock da 575 mq. ciascuna, a griglia meccanica, alimentata da apposito silos con convagliatore e concasseur (quattro delle caldaie furono trasformate per bruciare nafta); N. 2 caldaie Babcock tipo marino da 760 mq. ciascuna (in corso d'installazione) con bruciatori a nafta; N. 2 turbo-alternatori Brown Boveri da 5000 kw. normali ciascuno; N. 2. turbo-alternatori Tosi-Brown Boveri da 10.000 kw. normali ciascuno, 3800 volt; N. 7 trasformatori. 5.° - Cabine di smistamento e di grande trasformazione a Sesto San Giovanni, a Porta Vigentina, Fontana, Corsico, Bovisa e Varedo. 6.°- Rete di distribuzione in Milano. - Comprende: metri 233.000 di cavo trifase a 3600 volt; m. 378.780 di cavo trifase a 160 volt; N. 543 trasformatori trifasi; 3600/160 volt, per complessivi kw. a 68.460. 7.° - Linee di trasmissione. - Comprendono: km. 125 di palificazione e km. 560 di terne a 23.000 volt; km. 15 di palificazione e

Società Edison - Centrale Termica di Porta Volta km. 18 di terne a 13.000 volt; km. 9,8 di cavo a 23.000 volt; km. 11 di cavo a 20.000 volt. La Società Italiana Edison di Elettricità ha in corso di esecuzione una serie di impianti idroelettrici sul torrente Ovesca (Valle Antrona). Con detti impianti la Società si propone di utilizzare l'energia idrica della Valle nel modo più completo. Il torrente Ovesca è formato dai due torrenti Loranco e Troncone che si riuniscono alla quota 800 m. circa. Il gruppo d'impianti dell'Ovesca è costituito dall'Impianto dell'Alpe Cavalli. Un serbatoio di circa 8,1 milioni di mc. viene creato invasando le acque al Pian dei Cavalli; piano che si trova alla quota 1.500 m. La diga di sbarramento, in scogliera con manto impermeabile, crea una ritenuta di circa 25 m. di altezza. Dal serbatoio parte una galleria forzata, scavata nella roccia e rivestita di calcestruzzo, con diametro di m. 1,80 e della lunghezza di circa 4.000 metri e che con un salto di 715 m. collega il pozzo piezometrico con le turbine della centrale di Rovesca. Bacino imbrifero 26 kmq. Di questo impianto le gallerie sono già in buona parte perforate ed è in corso la costruzione della diga del serbatoio. Impianto dell'Alpe Campliccioli.- L'impianto dell'Alpe Campliccioli è costituito da un serbatoio della capacità di 8,7 milioni di mc. ottenuto sbarrando la Valle del Troncone alla quota 1.300 con una diga

Società Edison - Centrale di Pallanzeno ad archi multipli in calcestruzzo la quale crea una ritenuta d'acqua di circa 60 m. Dal serbatoio parte direttamente una galleria forzata lunga circa 3 km. scavata nella roccia di sponda destra del Troncone e rivestita di calcestruzzo, con sezione circolare di m. 1,80 ed avente, come la precedente galleria dei Cavalli la pendenza del 2 per mille. Anche essa fa capo ad un pozzo piezometrico dal quale parte la condotta forzata che dopo aver superato un salto di 520 m. fornisce l'acqua a delle turbine poste anch'esse nella centrale di Rovesca. Oltre al serbatoio dei Campliccioli, l'acqua del quale viene utilizzata direttamente, altri tre serbatoi verranno creati, uno immediatamente a monte del precedente e due utilizzando i due laghi di Camposecco (2.300 m.) e Cingino (2.100 m.). I lavori per questi impianti non vennero ancora iniziati. Impianto del Lago di Antrona. - Si fa servire da serbatoio, in questo impianto, il già esistente Lago di Antrona, svasandone le acque dalla quota 1.084 m. alla quota 1.060 m. : si utilizza così una capacità d'invaso di circa 4 milioni di mc. Dal Lago di Antrona partirà direttamente una galleria forzata identica a quelle precedenti, ma lunga solo 2 km. L'acqua di questo impianto verrà pure utilizzata in una turbina nella centrale di Rovesca con un salto di circa 250 m. Bacino imbrifero 7 kmq. Centrale di Rovesca. - In questa centrale si hanno : due gruppi per le acque del Pian dei Cavalli; due gruppi per quelle dell'Alpe Campliccioli ed un gruppo per quelle del Lago di Antrona.

Società Edison - Centrale Bertini a Paderno La potenza installata in questa centrale sarà di circa 35.000 kw. ; la corrente trifase generata a 8.500 volt e 42 periodi verrà elevata a 130.000 volt ed inviata nella linea di trasmissione. La centrale è in corso di costruzione. Impianto di Pallanzeno. - Le acque di scarico della centrale di Rovesca, insieme a quelle raccolte sull'Ovesca con una traversa verranno convogliate in un canale a pelo libero. Il canale finisce in una vasca di compensazione della capacità di circa 20.000 mc. scavata nel monte in sponda destra del fiume Toce. Dalla vasca parte la condotta forzata che immette le acque nelle turbine poste nella sottostante centrale di Pallanzeno con un salto di 525 metri. Una cabina di trasformazione in vicinanza di Milano ridurrà la tensione dell'energia in arrivo al valore di utilizzazione. Dell'impianto di Pallanzeno sono attualmente finite le opere di presa, la perforazione del canale derivatore e la costruzione di quello di scarico. Sono in corso i lavori della condotta forzata e della centrale. L'energia annua ricavabile dagli impianti dell'Ovesca è di 222 milioni di kwh.

IMPIANTI TELEFONICI. La concessione per l'impianto telefonico in Milano prese vita con atto Ministeriale in data 1.° Maggio 1881 e fu accordato alla Ditta Gerosa, che aveva avuto contemporaneamente concessione per Torino, Genova, Roma e Napoli. I lavori cominciarono subito dopo, e nella stessa epoca sorsero nella nostra città due altre iniziative distinte; sicchè fino al 1884 gli impianti telefonici di Milano

Società Edison - centrale Esterle a Robbiate erano tre: uno, il principale, di ragione della Socetà Italo-Americana del telefono Bell, contava da 900 a 1000 abbonati; degli altri due uno apparteneva alla Società Generale Italiana, l'attuale proprietaria degli impianti di Roma, Napoli, Palermo, Genova, Firenze, Venezia ecc. e l'altro alla Società Florio, rispettivamente con 400 e 50 abbonati. Nell'aprile del 1884 le tre iniziative si fusero in una sola, e nel 1889-90 l'Ufficio Centrale di Commutazione fu trasportato sopra l'Arco della Galleria Vittorio Emanuele; qui rimase fino al 1903, anno in cui ebbe la sua attuale sede nel Palazzo della Borsa, in piazza Cordusio. Tecnicamente il servizio telefonico dapprima si svolse con linee aeree a semplice filo cioè col ritorno per la terra e con Tavole Standard. Nel 1900, furono installate le tavole multiple, sempre però a semplice filo; col trasporto nel Palazzo della Borsa, si adottarono tavole multiple a doppio filo del Sistema Siemens. Le caratteristiche di questo sistema sono: a) la centralizzazione delle batterie di alimentazione dei microfoni di tutti gli utenti, talchè presso di questi non si trova più la pila tradizionale, che era elemento di notevoli irregolarità e di forti spese di ricambio; b) l'automatismo del segnale di fine conversazione, ottenuto col semplice movimento della leva mobile che sostiene il telefono all'atto in cui questo è ricollocato al suo posto; c) l'uso di speciali avvisatori meccanici di chiamata, i quali ritornano automaticamente alla posizione di riposo, nell'atto che la telefonista eseguisce le operazioni necessarie a rispondere. Gli abbonati chiamavano l'Ufficio centrale col solito sistema di girare una manovella che azionava una macchina magnetoelettrica Siemens. Più tardi il sistema Siemens applicato in Milano, venne di gran parte abbandonato per usare quello così detto a batteria centrale, in cui non è soltanto centralizzata la alimentazione dei microfoni; ma anche la produzione della corrente per la chiamata, sicchè questa si ottiene semplicemente distaccando il telefono dal gancio. Questi apparecchi si riducono ora ad una piccola parte.

La concessione urbana per i telefoni abbraccia, oltre che il Comune di Milano, anche quelli contigui, fino ad un raggio di circa 12 chilometri. Al di là di questo limite gli allacciamenti non sono più consentiti dalla legge, e bisogna ricorrere alle linee interurbane. Attualmente la rete urbana conta 20.000 abbonati circa (erano 5000 nel 1904) e l'aumento avviene con progressione rapidissima. E mercè le linee interurbane di Milano si può ormai conversare telefonicamente con tutta l'Italia. La prima linea intercomunale aperta al pubblico fu la Milano-Monza, poi vennero quelle di Como, di Lecco, di Novara, di Busto Arsizio, di Pavia, di Torino, di Bergamo, di Brescia, di Genova, di Roma, di Verona, di Venezia, di Genova-Ventimiglia, Milano-Modena-Bologna, ecc., ecc. Attualmente la Società concessionaria dei telefoni sta costruendo un cavo sotterraneo Milano-Torino-Laghi che collega i più importanti centri del Piemonte e della Lombardia (Torino, Biella, Ivrea, Casale, Novara, Milano, Legnano, Busto Arsizio, Gallarate, Arona, Stresa, Como). Grazie al nuovo cavo le comunicazioni interurbane si potranno ottenere in pochi minuti. Il tratto Milano-Lago Maggiore-Varese-Como sarà pronto entro il 1926. Il tratto Milano-Monza-Treviglio-Bergamo e Milano-Novara-Vercelli entro il 1 febbraio 1928. Una grande innovazione veniva compiuta pochi anni or sono con l'impianto di centrali telefoniche automatiche che permettono di ottenere immediatamente la comunicazione. La prima zona di telefoni automatici venne impiantata nella zona di P. Romana, la cui centrale comprende 2000 abbonati; la seconda zona fu quella di P. Venezia con 4000 abbonati. Ecco la situazione delle diverse zone in cui Milano è divisa : Centrale Cavour: È in corso di allestimento l'installazione di 3000 automatici che saranno pronti entro la fine anno. Centrale S. Babila: È stata co- LONA VENEZIA NA COVONI, ON_A VOLTA ITROVV10001• struita una centrale in via Monfor- te, 7, per consentire una maggiore organicità della rete del Centro. Duemila automatici verranno allestiti entro il 1926. Centrale Sempione: Ancora servita da telefoni manuali potrà essere servita dagli automatici entro il marzo 1927. Centrale Romana: Già automatica completamente pei 2000 numeri esistenti aumentata nel 1926 di altri 1000 automatici. Centrale Venezia: Già automatica completamente per i 4000 numeri che verranno portati a 6000 entro il 1926. Centro: Esiste la centrale di 10.000 numeri. Centrale Volta: Attualmente è servita da telefoni manuali (1080) ma entro l'agosto 1927 verrà attivata la nuova centrale automatica da 1500 numeri. Centrale Vercelli: Completamente automatica pei 2000 abbonati verrà completata da altri 1000 automatici entro il giugno 1926. Centrale Ticinese: Attualmente è servita da telefoni manuali (1680 numeri) e verrà resa automatica entro il 1927 con 2000 numeri. La Centrale manuale Siemens vecchio tipo e in pessime condizioni, dopo l'attuazione delle centrali di S. Babila e Sempione verrà eliminata. La Centrale manuale Western verrà pure soppressa entro il giugno 1927. Milano conterà entro il 1926 nove centrali funzionanti e 28.000 numeri automatici che saliranno a 35.000 entro il 1927. A questa data il servizio manuale sarà completamente soppresso.


Le zone telefoniche

(vedi cartina) POSTA PNEUMATICA.

L'aumento continuo del traffico postale e telegrafico della nostra città, che soffriva dell'insufficienza dei mezzi occorrenti per un rapido disbrigo sopratutto della posta e dei telegrammi in arrivo, indusse la Amministrazione postelegrafonica a prendere una serie di provvedimenti di carattere tecnico per decentrare il servizio di consegna dei telegrammi e degli espressi. Ma perchè il lavoro di decentramento riuscisse veramente efficace, occorreva che gli espressi ed i telegrammi potessero dal centro giungere alle succursali periferiche in un modo assai più rapido di quello che non consentissero gli appositi furgoni automobili o i fattorini ciclisti. Di qui l'idea d'un grandioso impianto sotterraneo di posta pneumatica, che ha ormai irretita la nostra città. Per ciò che riguarda il servizio telegrafico, era causa di perditempo per il pubblico il doversi recare al centro a consegnare i telegrammi, poichè gli apparati telegrafici erano stati tolti alle ricevitorie le quali potevano bensì accettare telegrammi, ma dovevano farli portare da un fattorino in bicicletta di ora in ora all'Ufficio centrale. Ora invece i telegrammi consegnati ad una succursale fornita di posta pneumatica vengono chiusi negli appositi bossoli, messi nel tubo e trasportati in tre o quattro minuti all'Ufficio spedizione del Telegrafo. Le succursali prive di posta pneumatica manderanno alla succursale più vicina i loro plichi di telegrammi e di espressi in partenza perchè di là siano inviati al centro.

Il servizio di recapito degli espressi è adempiuto :

l.° Palazzo Centrale delle Poste; 2.° Ufficio Postale Stazione; 3.° Succursale 44 (corso XXII Marzo); 4.° Succursale 17 (via Piermarini); 5.° Succursale 40 (via Settala); 6.° Succursale 35 (via Solari); 7.° Stazione Nord Milano; 8.° Succursale 9 (viale Vigentina).

Le stazioni di recapito dei telegrammi sono : 1.° Ufficio Centrale del Telegrafo; 2.° Ufficio Postale alla Ferrovia; 3.° Succursale 2 (corso Venezia); 4.° Succursale 20 (Porta Volta); 5.° Succursale 34 (via Mantova); 6.° Succursale 12 (via G.Galeazzo); 7.° Sotto Centrale telefonica di via Belfiore.

Gli uffici succursali forniti di posta pneumatica effettuanti il solo servizio di accettazione dei telegrammi e degli espressi sono : 1.° Succursale 3 (via Sacchi); 2.° Succursale 21 (via Soncino); 3.° Succursale 16 (piazza S. Nazaro); 4. Succursale 10.° (via Felice Casati); 5." Succursale 26 (via Borgospesso). Nelle stazioni di recapito di telegrammi e di espressi vi sono in permanenza fattorini ai quali si consegnano i telegrammi e gli espressi destinati a persone abitanti nella zona di competenza di ciascun ufficio. L'orario di servizio della posta pneumatica urbana va dalle 6 alle 24 ininterrottamente; quello del recapito dei telegrammi e degli espressi va dalle 6 alle 22. Per dare un'idea dell'importanza del traffico, possiamo dire che per il trasporto della corrispondenza nella tubazione pneumatica sono impiegati 800 bossoli (cilindri chiusi, che vengono aspirati da una corrente d'aria fortissima prodotta da aspiratori elettrici), di cui 300 per il trasporto dei telegrammi e 500 per gli espressi, distinguendo gli uni dagli altri con uno speciale contrassegno. CAP. VI. - I MEZZI DI TRASPORTO. IL SERVIZIO TRAMVIARIO.

Prima del 1859 Milano non era servita che da poche vetture pubbliche e da qualche omnibus ad un solo cavallo per il trasporto dei passeggeri dal centro alla ferrovia, con la tariffa di cent. 25. Ma dopo tale anno si fece sentire la necessità di frequenti comunicazioni fra i diversi quartieri della Città, ed un gruppo di cittadini, animati dal pensiero di dotare la Città di nuove comodità, studiò l'impianto e la sistemazione d'un servizio di omnibus, che, circolando da mattina a sera sulle diverse arterie, offrisse a brevi intervalli un comodo ed economico mezzo di trasporto. Il progetto si tradusse in atto nel 1861 e si costituì la Società Anonima degli Omnibus di Milano: l'impresa cominciò a funzionare regolarmente il l.° gennaio 1862, mettendo in circolazione sopra tre diverse arterie, dapprima nove omnibus a otto posti, aumentati in breve tempo fino a trentacinque. La tariffa adottata per ogni passeggero e per corsa dal centro della Città alle barriere e viceversa fu di cent. 10, mantenendo quella di cent. 25 per i trasporti alle stazioni o dalle stazioni, ai diversi centri della città. Man mano che i nuovi servizi di omnibus, tenuti in circolazione da mattina a sera in modo da susseguirsi sulle diverse arterie da cinque in cinque minuti, andava entrando nelle abitudini cittadine, si dovettero sostituire alle prime vetture a un sol cavallo altre da 14 a 16 posti a due cavalli mantenendo quelle di 8 posti sulle linee di poco traffico. Dopo tre anni di esercizio, per una serie di disgraziate circostanze, l'impresa si trovò in cattivissime condizioni; ma opportuni provvedimenti finanziari e più che tutto una buona riorganizzazione dell'Amministrazione e dell'esercizio, nell'anno 1865, fecero volgere in bene le sorti, lasciando intravvedere che questo nuovo genere di industria di trasporto avrebbe potuto avere vita e dare buoni risultati anche nella nostra città. Ciò che infatti si avverò. Il servizio degli omnibus si andò sempre più migliorando, tanto che nell'anno 1880 si avevano in circolazione più di cento vetture; l'introito raggiunse in quell'anno L. 1.018.318,10. Intanto una innovazione importante era stata introdotta nei trasporti di molte città d'America e d'Europa: la sostituzione dei tramways agli omnibus. La Società Anonima Omnibus, studiato subito il nuovo sistema per farne applicazione a Milano, il 1.° luglio 1874 presentava domanda al Comune per ottenere l'autorizzazione di sostituire agli omnibus i tramways nelle principali linee della città. Ma del nuovo sistema si diffidava ancora. Allora la S. A. O., in attesa che in un più o meno prossimo avvenire la sua proposta avesse a maturare, si rivolse all'Autorità Provinciale domandando la concessione per un servizio di tramways a cavalli fra Milano e Monza e 1'8 luglio 1876 si inaugurò quella linea che fu la prima introdotta in Lombardia: il capolinea in città era stabilito alla barriera di P. Venezia; solo in novembre 1877 la Società potè ottenere la penetrazione della linea in città fino al largo S. Babila. Nel 1878 fu data dalla Deputazione Provinciale la concessione per l'impianto dei binarii e l'esercizio dei tramways a cavalli nel tratto di Circonvallazione fra P. Venezia e P. Tenaglia ed il servizio venne attivato il 10 luglio di detto anno. Si giunse così all'anno 1880, epoca in cui, in previsione della Esposizione Nazionale da tenersi in Milano nel successivo anno 1881, diverse Banche ed Imprese, oltre la Società Anonima Omnibus, fecero proposta all'Autorità Municipale per ottenere la concessione delle tramvie di Milano. Il Comune aperse una gara d'asta e la concessione fu deliberata alla Ditta E. Oblieght e Banca Svizzera che si era impegnata a valersi della Società Anonima Omnibus per la trazione e si era assunta l'obbligo di versare al Comune il 9,3 % dell'introito lordo dato alle tramvie a corrispettivo della concessione di uso delle strade; per accordi in seguito intervenuti fra la Ditta deliberataria e la S. A. O., questa venne riconosciuta dalla Autorità Municipale la sola concessionaria delle tramvie. Nell'anno 1881, per l'apertura dell'Esposizione, erano pronte le linee di Porta Venezia, P.Ticinese, P. Principe Umberto e per la stazione d'Erba in Foro Bonaparte; nel successivo anno 1882 si estese il servizio alle linee di P. Volta, P. Nuova, P. Magenta e a quella della Circonvallazione fino a circa due terzi della sua cerchia; nel 1884 venne attivata la linea di P. Vittoria e nel 1885 venne completata la linea di Circonvallazione. La Società Anonima Omnibus provvedeva nel frattempo anche alla costruzione di altre linee tramviarie intercomunali; a quella di Milano-Affori nel 1882, a quella di Milano-Corsico nel 1885. Il servizio urbano delle tramvie a cavalli ebbe nel suo sviluppo la fortunata sorte dell'attuale servizio di tramvie elettriche. Il numero dei passeggeri trasportato che fu di 23.271.759 nel 1885 e arrivò a 35.548.800 nel 1896, ultimo anno d'esercizio di tramways a trazione animale. Nel 1892, avvicinandosi la scadenza della concessione per l'esercizio della tramvia a cavalli, la Società Anonima Omnibus faceva proposta al Comune per ura proroga della concessione e per l'impianto ed esercizio di altre linee; ma nella seduta del 30 novembre 1892 il Consiglio Comunale deliberava di non accogliere tale proposta ed approvava invece la convenzione con la Società Generale Edison di elettricità per effettuare l'esperimento di una linea a trazione elettrica a trolley. Il nuovo sistema di trazione elettrica venne attuato sulla linea piazza Duomo-corso Sempione ed incominciò a funzionare nel novembre 1893. I risultati tecnici non potevano essere migliori, sicchè il 17 giugno 1895 la Giunta Municipale proponeva al Consiglio Comunale l'applicazione della trazione elettrica a tutte le linee tramviarie e di affidare il servizio alla Società Generale Edison di elettricità, alla quale era stato riservato il diritto di prelazione nella convenzione stipulata per la linea di esperimento di P. Sernpione. Nelle proposte era riservata una larga partecipazione del Comune sia nell'impianto che nell'esercizio delle tramvie. Tale proposta, approvata definitivamente dal Consiglio Comunale nella seduta del 12 luglio 1895, portò alla convenzione del 29 ottobre 1895, in base alla quale la Società Edison doveva provvedere alla energia elettrica, alla rete di distribuzione, al materiale mobile, al personale, e veniva compensata in ragione di cent. 25 per vettura-chilometro motrice, di cent. 13 per vettura-chilometro rimorchiata; per l'ammortamento e manutenzione dei binari il Comune prelevava dagli incassi una quota annua corrispondente a L. 4500 per chilometro di binario semplice; l'utile netto era ripartito fra il Comune e la Società Edison in ragione. del 60 % per il primo e del 40 % per la seconda. Negli anni 1897-98 si eseguirono i lavori di trasformazione dell'impianto delle tramvie a cavalli in tramvie elettriche, provvedendo il Comune all'armamento, la Società Edison agli impianti di produzione e distribuzione dell'energia elettrica ed al materiale mobile.

Col 1.° gennaio 1917 il Comune assunse il completo servizio delle tramvie rilevando dalla Società Edison gli impianti ed il materiale mobile necessari per la prosecuzione del servizio. Il personale della Società Edison specialmente adibito al servizio tramviario urbano passò alle dipendenze del Comune. Lo sviluppo complessivo delle 37 linee tramviarie ora esercitate dal Comune di Milano è di km. 145. Di queste linee, N. 28 sono radiali e partono dal centro della città per portarsi alla periferia; vi è poi una linea di circonvallazione, tre linee trasversali, quattro linee speciali per le località suburbane di Baggio, Greco, Musocco e per Taliedo e una linea fra il Cimitero Monumentale ed il Cimitero di Musocco. Lo sviluppo complessivo del binario, compresi i binari di servizio e di rimessa è di km. 238. L'energia elettrica necessaria per il servizio tramviario (5500 kw.) è fornita dall'Azienda Elettrica Municipale. L'energia trifase a 8600 volt, alle sottostazioni di via Gadio e di S. Radegonda, viene trasformata in corrente continua a 550 volt e fornita all'Azienda Tramviaria in 26 feeder partenti dalle dette sottostazioni e che alimentano la rete aerea dei fili di trolley. La dotazione complessiva di materiale pel servizio tramviario è di 994 vetture, delle quali 611 motrici, 383 rimorchiate e 35 carri di servizi diversi (carri per trasporto materiali, spazzaneve, carri per innaffiamento stradale, ecc.). I1 servizio normale è fatto attualmente con 852 vetture (499 motrici, 353 rimorchiate). Nel 1926 altre 100 carrozze tramviarie verranno messe in circolazione. Per le tramvie di Milano prima del 1918 si mantenne sempre la tariffa unica di cent. 10, ridotta a cent. 5 nelle prime due ore di servizio, per linee la di cui lunghezza variava da un minimo di ml. 1300 a un massimo di ml. 5000; solo la linea di circonvallazione, lunga km. 12.593, era ed è divisa in due volte tre sezioni di circa m. 4000 ciascuna. Le tariffe, causa le condizioni create dalla guerra e dal dopo guerra, vennero man mano aumentate e sono attualmente le seguenti per i giorni feriali: dall'inizio del servizio normale fino alle 9, cent. 25; nelle altre ore di servizio, cent 50; biglietti di andata e ritorno distribuiti sono alle ore 9 e valevoli per il ritorno dalle 9 alle 24, cent. 50, Nelle domeniche vi è una tariffa unica di cent. 50.

L'ultimo tipo delle carrozze tramviarie (vedi fotografia) Il servizio tramviario ha avuto uno sviluppo molto rapido come risulta dai seguenti dati statistici : Anno Chilometri N. Vetture Passeggeri Introiti per di linea in vetture in esercizio chilometro trasportati Lire abitante esercizio Viaggi 1899 61.681 194 11.477.664 57.400.485 5.071.511 118 1902 74.970 273 15.169.431 73.406.025 6.445.589 150 1907 97.463 484 26.609.280 109.565.790 9.375.591 192 1912 125.060 704 39.031.326 164.003.017 14.084.334 261 1917 129.884 557 33.016.113 196.221.225 17.980.745 279 1921 138.897 669 40.600.467 217.494.766 83.851.573 302 1924 143.000 836 46.245.962 224.014.966 93.121.746 313

(vedi anche tabella in originale)


A Milano vi è anche un servizio tramviario per i trasporti funebri. Per lo sviluppo edilizio della città, essendosi dovuti sopprimere gli antichi, i cimiteri, venne costruito un nuovo Cimitero a Musocco a 8 km. dal centro della città, mantenendosi il Cimitero Monumentale esclusivamente per le sepolture a perpetuità. Per il trasporto delle salme e cortei funebri venne istituito un apposito servizio tramviario funebre, prima (nel 1895) con una sola stazione funebre, quella di via Bramante, in seguito (1908) con due stazioni, quella già citata e quella di porta Romana. Le salme prese a domicilio coi soliti cortei a cavalli vengono portate all'una o all'altra stazione e da queste inoltrate con convogli funebri ai Cimiteri. Per questo servizio si hanno 22 vetture motrici e 16 rimorchiate di forma appropriata pel servizio stesso.

Autobus. - Il servizio pubblico di omnibus elettrici è stato assunto da una impresa privata di Milano. I veicoli sono della capacità di 35-40 posti e sono equipaggiati con due motori elettrici della potenza di 10 HP ciascuno. La velocità massima dei veicoli è di 27 km.-ora; la velocità commerciale di 9 km.-ora.

Attualmente sono in servizio sei veicoli lungo la linea via Canonica-Ospedale. Inoltre dalle ore 0,20 ale ore 1,10 viene effettuato un servizio notturno lungo i percorsi : piazza del Duomo-Sempione; piazza del Duomo-Monforte; piazza del Duomo-Loreto. Ciascun veicolo compie, in media, 32 corse al giorno con un carico medio di 20 passeggeri per corsa.

  • * *

La tramvia Milano-Gallarate, già esercita a vapore, è stata trasformata a trazione elettrica nel tratto Milano-Busto Arsizio nel luglio 1915. La lunghezza totale della linea è di 40 km., dei quali 32 km. sono a trazione elettrica. È alimentata a corrente continua a 750 volt con due sottostazioni di conversione equipaggiate per la potenza di circa 120 kw. e provviste ciascuna di una batteria di accumulatori della capacità di 200 ampèr-ore. La linea di contatto è a filo aereo con sospensione a catenaria. Il materiale mobile di trazione comprende automotrici e locomotori. Le prime sono equipaggiate con quattro motori da 36 kw., pesano 25 tonnellate, e possono raggiungere la velocità massima di 48 km.-ora; i locomotori sono equipaggiati con due motori da 45 kw., pesano 15 tonnellate e possono raggiungere la velocità massima di 60 km.-ora. La dotazione attuale compende : N. 5 automotrici e N. 6 locomotori. Il traffico annuo della linea è di circa 2.500.000 passeggeri e 80.000 tonn. di merci. La linea Milano-Varese-Porto Ceresio delle Ferrovie dello Stato, costituisce uno dei primi esperimenti di trazione elettrica in Italia. La sua elettrificazione risale all'anno 1901. Ha una lunghezza di 73 km. con 146 km. di binari elettrificati. È alimentata a corrente continua a 650 volt con linea di contatto a terza rotaia. La linea ha attualmente in dotazione N. 42 automotrici e N. 6 locomotori. La percorrenza annua complessiva di questo materiale raggiunge km. 1.846.000, con un traffico di 145.330.000 tonn. reali rimorchiate.

LA METROPOLITANA. L'aumento cospicuo della popolazione cittadina, l'intensità sempre più vasta del traffico stradale, specialmente in certe ore del giorno - e particolarmente nelle arterie centrali percorse da veicoli d'ogni genere in vie piuttosto anguste e tortuose -, la necessità di trasferirsi al centro di Milano dove hanno sede gli enti bancari, commerciali, ecc., collegata con la tendenza generale al decentramento delle abitazioni, ed infine il maggior valore del tempo, richiesero che fin da prima della guerra si prospettasse il problema della Metropolitana come mezzo indispensabile a fronteggiare adeguatamente il traffico cittadino. L'esempio dei Tubes inglesi, delle Subway e delle Eleuated degli americani, dei Metropolitains francesi stimolarono all'applicazione anche per la nostra città di una iniziativa già attuata a Londra, Parigi, Amburgo, Vienna, Budapest, Berlino, New York, Chicago, Philadelphia, Buenos Ayres, Tokio, Boston, Liverpool e Napoli. Non è qui il luogo di diffonderci sugli inconvenienti che derivano dal grande sviluppo delle linee tramviarie superficiali, sul cui percorso l'intensificazione del servizio non può in nessun caso trascendere certi limiti, senza interrompere o quanto meno ostacolare la viabilità. Giovi però ricordare che il privilegio della sede propria e la maggior capacità dei veicoli permettono alla Metropolitana, non solo di aumentare il numero delle carrozze, ma altresì di ridurre a piacere gli intervalli fra un treno e l'altro. Di più, mentre la velocità commerciale dei trams ordinari si aggira su una media di 10 chilometri, quella della Metropolitana può agevolmente superare i 25 chilometri all'ora. L'idea di istituire una linea Metropolitana nella nostra città non è affatto recente. Nel 1848 l'ing. Mira proponeva di deviare opportunamente le acque del Naviglio all'altezza di Crescenzago e di adibire la fossa interna così prosciugata al transito di una linea tramviaria - la nostra ligne de ceinture - a trazione animale! Il concetto Mira venne ripreso e sviluppato dal conte Filippo Greppi in un suo studio del 1912, mentre nel 1905 gli ingegneri Candiani e Castiglioni proponevano una linea Metropolitana congiungente le due stazioni - una a P. Vittoria e l'altra a P. Sempione - da essi propugnate. Ma chi diede il più valido impulso alla soluzione dell'importantissimo problema e ancor ne presiede amorosamente allo studio, fu l'ing. Rassetti, il quale, già fin dal 1907, in revisione dell'inesorabile, progressivo aumento dei viaggi tramviari calcolato nelle sue estreme conseguenze, invitò l'Amministrazione Comunale ad un ponderato esame della questione. L'idea, che parve allora prematura, tornò a galla con la relazione dell'agosto 1912 al sindaco Greppi, nella quale il relatore si proponeva di invitare senz'altro i gruppi finanziatori e tecnici a presentare progetti accompagnati da impegni di esecuzione e di esercizio per un certo numero di anni.

Duratile la guerra l'attività dell'Amministrazione Comunale fu assorbita da cure più urgenti, ma non venne mai abbandonato lo studio del progetto. Nel periodo post-bellico, essendosi i fenomeni congestizi della circolazione e del traffico verificati in misura anche maggiore di quella considerata nella relazione del 1907, la costruzione di una linea Metropolitana si impose come una necessità di ordine assoluto e l'Ufficio Tecnico Municipale, che già dal 1912 aveva ricevuto incarico dalla Commissione di sviluppare un suo progetto che pareva il più conveniente, diede mano con rinnovata alacrità alla continuazione dei suoi studi, oggi felicemente compiuti. Lo studio venne compiuto in tutti i più minuti particolari specialmente per quel che riguarda le percorrenze. Finalmente nel 1925 vennero prese deliberazioni definitive su proposta di apposita Commissione.

Il piano generale studiato dall'Ufficio Tecnico è il seguente: LINEA N. I (Lambrate-S. Cristoforo) - Km. 9.500. Percorso: Lambrate capoluogo - Stazione di Lambrate - Via Porpora - Piazzale Loreto - Via Cajazzo - Piazzale Doria - Via Vettor Pisani - Piazzale Fiume (vecchia Stazione) - Via Manin - Via Manzoni - Piazza Scala - Via Santa Margherita - Piazza Duomo - Via Torino - Carrobbio Via C. Correnti - Corso Genova - Corso Cristoforo Colombo - Via Valenza - Sottopasso Ferrovia Milano - Vigevano - Via Tortona - San Cristoforo. LINEA N. 2 (Crescenzago-Trenno) - Km. 16.900. Percorso: Crescenzago - Via Padova - Nuova Via di raccordo col Piazzale Rottole - Viale Lombardia - Via Porpora - Nuova Università - Via Pascoli Viale dei Mille - Viale Piceno - Corso XXII Marzo - Corso Porta Vittoria - Via Battisti - Verziere - Piazza Fontana - Piazza Duomo - Via Mercanti - Via Dante - Foro Bonaparte - Piazzale Ferrovia Nord - Via Boccaccio - Via Rasori - Via Giotto - Via Monte Rosa - Ippodromo S. Siro - Tracciato in sede propria per Trenno.

(vedi cartina in originale) 11 tracciato della Metropolitana


LINEA N. 3 (Turro-Villaggio dei Giornalisti) - Km. 7.000. Percorso: Turro - Viale Monza - Loreto - Corso Buenos Ayres - Corso Venezia - Corso Vittorio Emanuele - Piazza del Duomo - Via Dante - Foro Bonaparte - Via Legnano - Bastioni Volta - Via Ceresio - Via FarMi - Via Vallassina - Nuova Via di Piano Regolatore - Villaggio dei Giornalisti. NB. - Da entrambi i capilinea è consentito il prolungamento verso Monza. LINEA N. 4 (Greco Milanese-Baggio) - Km. 15.000. Percorso: Greco Milanese capoluogo - Cascina dei Pomi Via Ponte Seveso - Via Campanella - Piazza Andrea Doria sani - Piazzale Fiume (vecchia Stazione) - Via Monte Santo - Via S. Marco - Via Pontaccio - Via Tivoli - Via Lanza Via Minghetti - Via Carducci - Via Olona - Piazza Macello Egisto Bezzi - Via Ranzoni - Strada per Baggio - Baggio capoluogo

LINEA N. 5 (Musocco-Bovisa) Km. 12.200. Percorso: Musocco capoluogo - Cimitero di Musocco - Viale Certosa - Via Ruggero di Lauria - Fiera Campionaria - Via Targhetti - Via Vincenzo Monti- Via XX Settembre - Via Paleocapa - Foro Bonaparte - Parco - Corso Sempione - Via Fratelli Induno - Sottopasso Scalo Merci - Bovisa.

LINEA N. 6 (Piazza del Duomo-Rogoredo) - Km. 5.600. Percorso: Piazza del Duomo - Via Cappellari - Via Carlo Alberto - Piazza Missori - Corso Roma - Corso Lodi - Provinciale Piacentina - Rogoredo.

LINEA N. 7 (Circonvallazione) - Km. 14.500. Percorso: Piazza Doria - Via Domenico Scarlatti - Via Ponchielli - Via Morgagni - Via Ramazzini - Via Pisacane - Corso Indipendenza - Viale Bianca Maria - Bastioni di Porta Romana - Bastioni di Porta Vigentina - Viale Beatrice d'Este - Viale Gian Galeazzo - Piazza del Mercato - Viale Porta Genova - Via Vigevano - Via Tortona - Via Borgognone - Via Vepra Bastioni Porta Magenta - Via Mario Pagano - Corso Sempione - Via Procaccini - Piazzale Ceresio - Via Mazzini - Corso Como - Via Pietro Borsieri - Via Garigliano - Prolungamento Via Galvani - Via Tarra - Piazzale Doria.

Questa rete generale della Metropolitana è tale da soddisfare ai più ampi sviluppi del traffico cittadino e può anche subire ulteriori estensioni per seguire le linee di naturale sviluppo della città. Essa serve sopratutto di coordinamento fra le linee di immediata esecuzione con quelle da costruirsi in un tempo relativamente lontano, e semprechè lo sviluppo cittadino lo richieda. Le linee che secondo le proposte della Commissione formano oggetto del primo appalto sono :

1.° - Piazza Buonarroti - Via Giotto - Via Rasori - Piazzale Magenta Piazza Giovane Italia - Piazzale Nord - Foro Bonaparte Largo Cairoli Cordusio - Piazza del Duomo - Piazza Fontana - Piazza Verziere Corso Porta Vittoria - Corso XXII Marzo - Piazza Emilia - Viale Piceno - Corso Indipendenza; per una lunghezza di Km. 6.200.

2.° - Loreto - Via Cajazzo - Piazzale Andrea Doria - Via Vettor Pisani - Piazza Miani - Piazzale Fiume - Via Manin - Piazza Cavour - Via Manzoni Piazza della Scala - Piazza del Duomo - Via Torino - Carrobbio - Via Cesare Correnti - Corso Genova - Corso Cristoforo Colombo - Piazzale Vigevano; per una lunghezza di Km. 5.900.

A queste dovrebbe seguire, in ordine di tempo e a non lontana scadenza, la costruzione della Linea 7 di Circonvallazione, che segue in gran parte il tracciato dei nuovi Bastioni spostandosi al nord fino a raggiungere la Stazione di Piazza Doria. STAZIONI E SCALI FERROVIARI.

La rete ferroviaria dello Stato fa capo a Milano colle seguenti sedici linee provenienti da Venezia, dal Brennero, da Bergamo (due linee: una per Treviglio e l'altra per Usmate), da Chiavenna a Sondrio, da Luino, da Chiasso, dal Sempione, da Porto Ceresio, da Torino, da Asti, da Alessandria, da Genova, da Roma (per Firenze e Sarzana) e da Mantova.

I1 movimento di passeggeri e di merci lungo queste arterie andò sempre crescendo e con tale rapidità che tutte le previsioni, dedotte dall'esame del traffico in un dato periodo, vennero non solo in seguito verificate, ma di gran lunga superate. Così dal movimento dei passeggeri in arrivo e partenza da Milano durante il periodo 1870-1895, si rilevava un medio incremento annuo di 65.000 e si presagiva perciò per il 1905 un movimento totale annuo di 4.430.000 persone. Si constatò in seguito che fin dal 1903, tale movimento superava di già i 5.000.000 di persone. Nel 1925 i soli biglietti distribuiti a Milano ammontavano a quasi 5 milioni. Similmente per il movimento delle merci a piccola velocità, nell'incremento medio annuo di tonn. 30.000 constatato nel periodo 1870-1895, si credeva poter prevedere per il 1905 un traffico di circa 1.520.000 tonn. Ma già nel 1903 si constatò negli arrivi un quantitativo di 1.390.000 tonn., nelle partenze di 252.000 e quindi un totale di 1.642.000 tonn. Nel 1924 si avevano, per la sola piccola velocità, 1.942.253 tonn. all'arrivo e 536.531 in partenza. Questo traffico si sviluppa nelle diverse linee convergenti a Milano con ben diverse intensità, poichè per circa il 36 % del totale affluisce sulla linea Pavia-Genova, per il 20 % sulla Alessandria-Genova, per il 15 %, su quella di Venezia e per l'11 % su quella di Bologna, si vede che più della metà del movimento merci proviene da Genova e quindi si deduce quale eccezionale importanza per gli interessi di Milano e Genova abbiano le questioni inerenti ad una razionale sistemazione delle linee di comunicazione fra le due città, delle stazioni nella prima e del porto nella seconda. Nel Compartimento di Milano per le ferrovie dello Stato i prodotti del traffico dell'esercizio 1921-22 si aggirarono intorno ai 320 milioni, così distribuiti : 125 milioni per movimento viaggiatori; 18 milioni per bagagli e cani; 27 milioni per le merci a grande velocità e 150 milioni per le merci a piccola velocità. Il peso complessivo delle merci caricate per conto dei privati e per servizio raggiunse 5.369.957 tonnellate.

Attualmente Milano ha cinque stazioni, rilegate fra loro da una linea di circonvallazione.Esse sono: La Stazione Centrale in cui si concentra tutto il servizio viaggiatori, bagagli, posta e merci a G. V. e piccola velocità accelerata. Ad essa fanno capo tutte le linee affluenti a Milano con un movimento prossimo a 300 treni al giorno, addensati a gruppi e con un concorso di viaggiatori che è il massimo che si verifica nelle stazioni italiane e calcolato a 15 mila viaggiatori in servizio locale oltre a quelli in transito. L'edifizio grandioso in pretto stile francese, venne ideato e costrutto nel 1864 dall'ing. Bouchot. L'ampia tettoia, che copriva un ret- tangolo di 233 m. per m. 40,50, fu, nell'epoca della sua costruzione, opera tecnica assai pregiata ma venne poi demolita nel 1921 e sostituita con pensiline. Dopo 60 anni della sua costruzione, malgrado alcuni provvedimenti adottati per accrescerne la potenzialità, questa stazione riesce assolutamente inadeguata al traffico che vi si svolge. La sua ubicazione, il suo tipo di stazione di transito, il numero esiguo di binari di servizio, l'assenza di quelle comodità, che caratterizzano le moderne stazioni e l'impossibilità di ampliarla convenientemente, resero necessario il suo abbandono e la costruzione di una nuova stazione in altra località di cui diremo appresso. Infatti la stazione centrale era dotata di 4 binari, che potevano contenere 2 treni ciascuno, sotto la tettoia e di 2 all'esterno, fiancheggiati tutti da marciapiede. Tale deficienza di binarii spiega facilmente le gravi difficoltà in cui il personale si trova per il piazzamento dei treni in partenza e pel ricevimento di quelli in arrivo, che sovente avviene su binari già occupati da altri treni e dopo lunghe soste ai segnali d'ingresso. La composizione dei treni poi diventa difficile, quasi impossibile è l'accurata pulizia delle vetture, perchè, per tali servizi, occorrerebbe una disponibilità di almeno 530 veicoli, mentre i binari non possono contenerne che 440, e si trovano, per di più, quasi tutti dal lato ovest con grave scapito pei servizi dei treni partenti dal lato est. Tutti gli attraversamenti dei binari avvengono a raso, con grave pericolo del personale e dei passeggeri. Anche il servizio delle locomotive è tormentoso, perchè il deposito, capace di sole 40 locomotive,è costretto, in diverse ore del giorno, a contenerne 60. Quasi ciò non bastasse, alla Centrale fanno capo anche 36 treni merci pel servizio giornaliero di circa quintali 1500 di merci G. V. in servizio locale, e quntali 2000 di merci G. V. di transito e che devono perciò essere trasbordate. E tutto questo servizio viene fatto con Magazzini capaci di 38 carri e con binarii capaci di 25 carri per carico e scarico diretto. Per le merci a piccola velocità servono, gli scali di porta Garibaldi, di porta Romana e di porta Ticinese, fra i quali le merci si ripartiscono in ragione del 70 % per il primo, del 3 % per il secondo e del 27 % per il terzo. La Stazione di porta Ticinese serve anche per il servizio viaggiatori per la linea di Vigevano. Ad essa è raccordato lo scalo speciale per il bestiame, il cui traffico, sempre in aumento, importò nel 1924 oltre 160.00 capi, di cui 155.000 in arrivo e 8000 in partenza. Con la costruzione del nuovo macello e scalo bestiame questo traffico verrà spostato alla stazione di porta Vittoria in cui sono predisposte grandiose sistemazioni e che servirà per gli approvvigionamenti annonari. Per i vini, mosti ed altre derrate alimentari è adibito lo Scalo speciale di via Farini. Per la scomposizione dei treni, composizione e smistamento, serve la Stazione di porta Sempione, la quale occupa una zona di metri 1209 x 200 sul lato della città opposto a quello dal quale arriva la maggior parte dei treni, quindi in posizione disadatta per l'esercizio razionale delle linee. Anche questa stazione è di tipo antiquato, di estensione insufficiente, e per il modo in cui è ubicata e disposta è anche di vero intoppo allo sviluppo edilizio della città. Essa fu costruita per lo smistamento dei carri con manovre a gravità, ma non riusciva a soddisfare ai bisogni richiesti dallo smistamento di 300 carri giornalieri, che vi transitavano e doveva esser sussidiata da P. Romana ed anche da Novi S. Bovo, obbligando inoltre molto sovente, per ingombro, a far trattenere fuori dei treni ad essa diretti, causando incagli anche ai treni viaggiatori. Malgrado tale penuria d'impianti venne incaricata anche del trasbordo delle merci in dettaglio transitanti da Milano, e nel 1897 fu abilitata al carico ed allo scarico delle merci povere delle ultime classi. Porta Romana. - Questo scalo aveva cominciato a funzionare nel maggio 1891 limitatamente al servizio degli stabilimenti raccordati, ma nel 1896, per sussidiare Porta Garibaldi, era stato messo in condizione di poter servire, senza limitazioni, per qualsiasi trasporto a Piccola Velocità,

L'attuale stazione centrale e nel 1901 si concentrarono in essa il ricevimento delle uve e dei mosti disabilitandone Porta Garibaldi.

Porta Garibaldi. - Questo Scalo, che per la sua ubicazione, è il più frequentato, ha fronti di magazzini e piani caricatori coperti, capaci di 70 carri, e binari di carico e scarico diretto per 300 carri, ma il suo traffico è ben superiore a tale capacità, di modo che continue sono le sospensioni di carico, sebbene sia stato escluso dal servizio delle merci povere delle ultime classi.

I1 movimento ferroviario nei varii suoi rami e lo sviluppo edilizio di Milano hanno raggiunto tale intensità da rendere tutte le stazioni ora esistenti difettose per potenzialiià e per ubicazione. Milano si dovette quindi accingere ad una sistemazione radicale dei servizi ferroviari, tanto rispettto alle linee di accesso e penetrazione; quanto rispetto alle stazioni o scali.

Il problema della sistemazione ferroviaria cittadina è stato oggetto di attente cure del Governo fin dal 1898, il quale, con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 9 febbraio 1898, nominò una Commissione per lo studio di tale sistemazione, e ne affidava la Presidenza al Senatore G. Gadda, che già aveva presieduta la fattiva Commissione del Porto di Genova. Causa la morte del Gadda, con decreto ministeriale del 13 ottobre 1902, venne incaricato di presiedere la Commissione il Senatore L. Rossi. Della Commissione facevano parte rappresentanti del Governo e delle due Società esercenti, la Mediterranea e l'Adriatica. Essa, coordinandosi ai termini del decreto, prese in esame: 1.° gli elementi di traffico delle stazioni e degli scali; 2.° i progetti di sistemazione già predisposti delle Società esercenti. La Commissione, determinata la potenzialità che avrebbero dovuto avere gli impianti per fronteggiare il traffico prevedibile sino al 1920, si pose alla ricerca dei mezzi più opportuni, più modernamente e tecnicamente efficaci, più finanziariamente possibili per raggiungerla. Pel servizio viaggiatori si presentava la questione se, per sopperire alla deficenza della Stazione Centrale, dovevansi costruire altre stazioni o se dovevasi mantenere il criterio della stazione unica, e se, in questo caso, dovevasi provvedere coll'ampliamento dell'esistente Stazione Centrale, o, sostituendola, con altra nuova. La Commissione, dopo ponderato esame delle condizioni locali e delle esigenze del forte movimento di 'transito, decise di proporre al Governo la costruzione di una stazione centrale unica, sia pei treni viaggiatori che per quelli merci a grande velocità per agevolare e rendere più rapidi e più economici i servizi di scambio fra i treni di qualsiasi categoria, diretti, accelerati, omnibus da e per qualsiasi provenienza e destinazione. Tale preferenza si nota anche nella sistemazione degli impianti ferroviari delle più importanti città estere, specialmente della Germania, ove vennero create nuove stazioni centrali, in sostituzione di esistenti stazioni separate; e tipico è il caso di Lipsia dove la nuova stazione viaggiatori costituisce un organismo unico, composto da due parti adiacenti esercitate da due Amministrazioni diverse. Non valgono per Milano gli esempi contrari di Londra e di Parigi, ove esistono parecchie grandi stazioni terminali, perchè ivi parecchie sono le Società esercenti, e le distanze fra le varie stazioni distribuite nelle grandiose metropoli, sono vinte con rapide comunicazioni sotterranee. Inoltre gli esempi di Londra e di Parigi si riferiscono ad uno stadio molto più arretrato della tecnica. Stabilito il criterio della stazione unica, si prospettò la possibilità dell'ampliamento dell'attuale, ma si riscontrò che anche trasformandola in stazione a due piani, non avrebbe potuto offrire una potenza tale di mezzi da soddisfare i prevedibili aumenti di traffico per un lungo periodo di anni; inoltre, obbligava a mantenere quella cintura di ferro che tanto ostacolava l'espansione della città ed esigeva poi tale spesa per le difficili opere da eseguire su binarii in esercizio, che sarebbe stata di poco Inferiore a quella occorrente per fabbricarne una nuova secondo i criterii più moderni della tecnica ferroviaria. La Commissione quindi decise per la costruzione di una stazione unica che però non causasse uno spostamento troppo sentito nelle consuetudini e negli interessi che facevano capo all'esistente stazione.

La nuova Milano ferroviaria, che appare sintetizzata nella cartina, avrà, come si vede, proporzioni imponenti. Le grandi linee del progetto sono le seguenti: Il nuovo assetto ferroviario si divide in due parti : l'una che si riferisce alle merci, l'altra che si riferisce ai viaggiatori. La parte che si riferisce alle merci sarà completata entro due anni, e si avrà allora subito il grande vantaggio di sopprimere lo scalo di Porta Garibaldi, sostituito dal grandioso scalo di via Farini per la G. V. e lo scalo di Porta Sempione sostituito con la stazione di smistamento di Lambrate rendendo libera un'area grandissima, fra le migliori di Milano, un'area fabbricabile nella quale lo sviluppo edilizio potrà o svolgersi liberamente. Per dare una idea della grandiosità dei lavori, basti dire che allo scalo Farini, che è quello principale per le merci, sarà costruito oltre un chilometro di magazzini per merci e che la stazione di smistamento di Lambrate sarà la più ampia d'Italia. Tutta questa parte sarà finita entro il 1926; e poichè il servizio merci è indipendente da quello viaggiatori, così il commercio e le industrie milanesi, e conseguentemente il commercio e le industrie italiane, avranno notevoli e rapidi vantaggi. La cerchia che ora cinge Milano verrà portata a circa tre chilometri di distanza, e sarà costruita sopra terrapieni rialzati di sei metri, ed in modo che la parte interna potrà comunicare liberamente per numemerosi sottopassaggi con la parte esterna. Verranno inoltre demoliti binari e terrapieni fra la zona di P. Ticinese e lo Scalo merci di via Farini. Saranno create due nuove stazioni minori a Lambrate ed a Porta Romana. Lambrate avrà, in due zone distinte, uno scalo e una stazione di smistamento. A Greco verrà costruito il grande deposito locomotive per la nuova stazione. La linea di


La nuova sistemazione ferroviaria (vedi cartina) cintura percorrerà le campagne attigue a Milano traversandole da Musocco a Rogoredo. I treni merci e quelli per viaggiatori disporranno di binari diversi, ciò che darà grandissima importanza ai servizi. Complessivamente per il servizio merci la città avrà (tenuto conto delle stazioni già esistenti e che vengono conservate) cinque stazioni merci, l'una a nord-ovest (via Farini), l'altra a sud-ovest (S. Cristoforo), la terza a sud (Porta Romana), la quarta e la quinta (Lambrate e Porta Vittoria) ad est, quest'ultima destinata particolarmente per la sua vicinanza al Mercato frutta e verdura, al Macello,ed al Mercato del Pollame, ai rifornimenti annonari. Avrà infine una grandissima stazione di smistamento al confine est del territorio comunale (Lambrate-Ortica) e delle stazioni sussidiarie a Rogòredo nella zona sud-est, ed a Greco e Musocco nella zona settentrionale. Il servizio viaggiatori a sistemazione compiuta - il che si presume entro il 1929 - sarà disimpegnato, per quanto si riferisce alle Ferrovie dello Stato, da due stazioni : l'una, minore, come attualmente, a Porta Genova, l'altra, maggiore, nel nuovo imponente fabbricato di Piazza Doria, destinato a sostituire l'attuale Stazione Centrale.


Palazzo Litta:sede dell'Amministrazione ferroviaria

(vedi foto) Per la nuova stazione viaggiatori di piazza Doria, occorreranno 210 milioni, di cui 80-85 per il solo fabbricato. Sarà un enorme edificio la cui fronte generale verso la piazza sarà lunga 207 metri. Il corpo principale della stazione sarà costituito dalla galleria delle carrozze, lunga 190 metri e larga all'interno 22 metri. La galleria avrà un corpo centrale più sporgente con tre grandissime aperture d'accesso per pedoni e vetture. Queste ultime usciranno dalle parti laterali della galleria, cui fanno capo distintamente i servizi degli arrivi e delle partenze. Saldato alla galleria delle carrozze, si aprirà nella parte centrale del grandioso fabbricato il salone dei biglietti, assai ampio. Sarà lungo 70 metri, largo 35, e conterrà 32 sportelli. A lato del salone biglietti vi saranno due altre sale che daranno accesso alla vastissima galleria di testa, cui faranno capo i treni in arrivo e che sarà posta a m. 7,50 sul livello stradale. L'esterno della stazione si presenterà come un grandissimo nucleo centrale verso il piazzale e risvoltante con due lunghe ali lungo le vie laterali. Il nucleo centrale - entro il quale si aprirà il salone dei biglietti - sarà alto circa 50 metri dal suolo. All'altezza della galleria di testa, si apriranno quattro grandi ambienti lunghi 38 metri e larghi 16 metri, nei quali troveranno posto i ristoranti di prima e terza classe e le sale d'aspetto. Qui si apriranno le scale di ascesa e discesa per gli arrivi e le partenze. Altre due scale scenderanno verso le vie laterali: Aportí e Sammartini. Lungo queste due vie si stenderanno due lunghissimi edifici di servizio saldati al corpo frontale del fabbricato e destinati ad accogliere gli uffici ed i servizi varii. I due fabbricati saranno in parte alti 27 metri ed in parte 23. In via Aporti, in un padiglione staccato dal fabbricato di servizio, sarà preparata la sala reale. Gli edifici laterali saranno lunghi circa 270 metri. La parte interna della stazione, nella quale troveranno posto 24 binari di testa, sarà coperta da un'unica tettoia in tre arcate. Fra i binari vi saranno marciapiedi separati per i viaggiatori e per il servizio dei bagagli. Nel piano sottostante della stazione arriveranno i binari per il servizio delle merci a grande velocità, immediatamente servito da Magazzini raccordati, ricavati nella parte inferiore delle due vie Aporti e Sammartini e già attualmente in esercizio. Oltre alla rete ferroviaria dello Stato, Milano possiede una rete di ferrovie secondarie ed economiche, iniziate fin dal 1878, sotto il nome di Ferrovie Nord Milano, e comprendente le linee per Erba, Como, Varese, Laveno, Novara e Seregno : linee che mettono capo alla Stazione Nord sul piazzale omonimo, a circa 1 km. da piazza del Duomo. Anche per queste stazioni è in corso di esecuzione un vecchio progetto di riforma consistente nell'abbassare il livello della sede ferroviaria nel tratto dallo Scalo Sempione alla Ghisolfa. Con ciò si renderà possibile la libera continuazione con la conseguente sop. pressione degli eventuali cavalcavia e dei passaggi a livello nelle vie Fidelfio, Domodossola, Savonarola, corso Sempione, via Canonica, viale Cenisio. Per la via Caracciolo e via Mac Mahon sarà ancora necessario un lieve innalzamento del piano stradale in corrispondenza alla sede della ferrovia. La necessità di eseguire le opere di innalzamento senza interrompere il traffico sulla Ferrovia Nord, obbliga di deviare la sede attuale del binario, spostandolo o a destra o a sinistra, in modo da permettere l'esecuzione della nuova trincea senza compromettere la stabilità dell'attuale sede ferroviaria. In corrispondenza al corso Sempione e all'imbocco di via Arona, la sede ferroviaria verrebbe coperta a livello del piano stradale per una lunghezza di ben m. 167.50. In corrispondenza al corso Sempione verrebbe altresì soppresso il cavalcavia del tram Milano-Cagnola e verrebbero accoppiati i due nuovi binari della linea tramviaria cittadina e della linea tramviaria Milano-Musocco, rendendo così minimo l'ingombro del corso Sempione oggi portato ai due lati di esso, da una parte dalla linea Milano-Musocco e dall'altra dalla linea Milano-Cagnola. Nel progetto è stata predisposta la costruzione di un casello doppio appena al di là della via Domodossola, con scala d'accesso da detta via; il casello, nelle intenzioni della Ferrovia Nord, dovrebbe poter servire per il traffico fino a piazza d'Armi durante il periodo della Mostra campionaria.

La rete delle strade ordinarie,automobilistiche e ferroviarie facenti capo a Milano Una nuova stazione viaggiatori verrebbe costruita subito al di là del sottopassaggio della via Canonica, col nome fermata Bullona. A questa stazione si fermerebbero tutti i treni, anche i diretti particolarmente riservati al servizio operaio. La spesa prevista dal Comune per l'esecuzione dell'opera è di 7.000.000 di lire, comprese le spese per l'esproprio dei terreni necessari alla nuova sede ferroviaria. Milano è pure centro di una importante rete di tramvie elettriche ed a vapore, che la legano alle più industriose e popolose città della Lombardia e delle regioni limitrofe. Di queste diamo l'elenco e ragguagli più ampi nella Parte IV della presente Monografia. Qui ricorderemo che vi sono 18 tramvie per le comunicazioni fra Milano e Abbiategrasso,Cinisello, Pavia, Vimercate, Musocco, Corsico, Gallarate, Vaprio, Soncino, S. An- gelo Lodigiano, Castano,Magenta, Giussano, Monlano,Monza,Sesto san Giovanni e Mombello.Infine 15 linee automobilistiche-di cui pure daremo ragguagli nella parte IV così che tutto il territorio della regione gravitante su Milano è solcato da una complessa rete di comunicazioni, che è certamente fra le più organiche, le più fitte e le più frequentate d' Europa. La cartina della provincia di Milano che pubblichiamo nella Parte III di questa Monografia dà un'idea ancora più precisa della rete che gravita su Milano, specialmente a Nord ed Est.

(vedi cartina geografica) CAP. VII.- POLIZIA URBANA.

A Milano il servizio di polizia urbana è organizzato in modo affatto caratteristico e diverso che altrove, sia per la divisione della città in zone dipendenti ciascuna da un ufficio distaccato, sia per il carattere di agenti civili che hanno le guardie municipali che non sono accasermate. La sorveglianza urbana ha funzioni preventive e repressive : in applicazione delle prime viene tutelato l'ordine della viabilità, del decoro cittadino, disciplina di mercati e fiere, inconvenienti stradali, vigilanza igienica ed annonaria; in applicazione delle seconde impone e ottiene da parte dei cittadini il rispetto o l'osservanza delle leggi dello Stato, in quanto la loro applicazione sia demandata ai Comuni, dei regolamenti municipali, ecc. Oltre a questi compiti spetta anche la prevenzione contro i pericoli degli incendi e lo spegnimento, e infine spetta il compito di assumere informazioni di ogni genere le quali siano domandate da qualsiasi ufficio dell'Amministrazione cittadina. I vigili intervengono a disciplinare anche tutte le feste e cortei, riunioni, ecc.

La sorveglianza.- Il servizio di sorveglianza è organizzato nel modo seguente : Esiste innanzitutto un ramo speciale dell'Amministrazione con una direzione centrale e con un proprio ufficio dalla quale dipendono uffici distaccati in 10 zone denominate Mandamenti amministrativi o Delegazioni mandamentali, ciascuna delle quali è formata da un certo numero di impiegati amministrativi con a capo un delegato e da un certo numero di vigili urbani. Il Corpo dei vigili urbani è costituito, da 4 ispettori, 14 capi drappello e 725 vigili. Circa 100 vigili sono impiegati in lavori d'ufficio presso le Delegazioni mandamentali. Circa 70 vigili fanno servizio in bicicletta per l'ispezione dei sobborghi e zone rurali. Per i servizi di polizia stradale in occasione di cortei o feste di


Vigili urbani nelle loro divise grande importanza vi è un'apposita squadriglia di vigili a cavallo composta da un graduato e 87 vigili semplici. Il Corpo è diviso in undici drappelli. L'ufficio centrale è suddiviso nei seguenti rami : 1) ufficio protocollo e posta ; 2) ufficio contravvenzioni; 3) ufficio stabilimenti industriali; 4) ufficio commercio ambulante e occupazione spazio pubblico; 5) vetture pubbliche; 6) esercizi pubblici; 7) servizio canile. Diremo brevemente di qualcuno di essi. Nel 1923 l'ufficio elevò 60.652 contravvenzioni (di cui 23.218 per inosservanza alle leggi e regolamenti di polizia urbana). 11 servizio del commercio ambulante, che provvede a vigilare su questo ramo caratteristico e irto di difficoltà, rilasciò nel 1924 oltre 1000 licenze. I seri inconvenienti ai quali, in questi ultimi anni, ha dato luogo il commercio ambulante, sia nei riguardi della pubblica circolazione, sia nei riguardi del decoro urbano, hanno preoccupato la civica Amministrazione, che sollecitamente è corsa ai ripari. Si è così vietato in modo assoluto il commercio ambulante nella parte centrale della città compresa nella cerchia dei Navigli; tutti i così detti venditori ambulanti sono stati raggruppati in determinati luoghi di sosta e mercati rionali, stabiliti dall'Autorità municipale, con notevole vantaggo dell'estetica, della viabilità e minor esigenza di personale per la vigilanza. In tali luoghi di sosta e mercato, i venditori, raggruppati, esercitano automaticamente un'azione calmieratrice, specie nei generi di consumo popolare, che basterebbe da sola a giustificare tale genere di commercio. Disciplinati da apposite norme, i venditori pagano una piccola tassa di occupazione d'area pubblica, riscossa dai vigili urbani a mezzo di appositi tagliandi. Sono sempre individuabili per la fotografia apposta sulla licenza che l'Autorità municipale rilascia in bollo competente, licenza che è rinnovabile di anno in anno, e revocabile, ed il numero della quale è riprodotto sul ceppetto da tenere sempre in vista per facilità di controllo del rivenditore. Tali rivenditori sono in numero di 749 con carretta a mano (541 per la frutta e verdura, 105 per formaggi, 45 per mercerie e chincaglierie, 58 per generi varii) e 224 con rappellina (di cui 43 per frutta e verdura, 96 per mercerie e chincaglierie, 83 per generi diversi, 2 per formaggi) e 84 venditori di acciughe. Vi sono inoltre, ancora, 275 posteggi individuali (168 per frutta e verdura, 19 per formaggi e 23 per mercerie e chincaglierie). Fuori cinta daziaria vi sono poi altri 150 venditori ambulanti. In totale quindi 1398. Le vetture pubbliche.- A Milano sono attualmente in uso i seguenti tipi di vettura pubblica : 1) le vetture a cavallo; 2) automobili a benzina a quattro posti e queste possono essere di due tipi : ordinarie e di lusso; 3) autovetture a due posti; 4) elettromobili (con accumulatori elettrici e quindi senza benzina). Tutte le vetture sono munite di un tassametro che segna il prezzo della corsa in proporzione al percorso fatto o alla durata delle fermate. Le tariffe variano per ogni tipo di vettura. Milano fu la prima città italiana che fece uso del tassametro per le vetture pubbliche. I tassametri sono forniti a nolo da una speciale Società e sono collaudati e garantiti da eventuali frodi mediante apposizione di piombi. Anche le vetture ogni anno passano delle visite di controllo. Nell'interno della vettura sono esposti il regolamento e la tariffa per l'opportuno controllo del pubblico. Le vetture a cavalli portano un numero di matricola per il necessario riconoscimento. I conducenti hanno due apposite divise - uniformi - una estiva ed una invernale. Il servizio pubblico nel 1924 era disimpegnato da : N. 940 automobili a quattro posti (di esse 455 sono elettriche) e N. 15 a due posti; le automobili di lusso sono 10. Nel 1926 le automobili sono salite a circa 1500. 11 Comune di Milano favorisce la trasformazione delle vetture a trazione meccanica, concedendo un gruppo di 5 vetture automobili a ogni gruppo di 8 vetture a cavallo. Mentre le vetture pubbliche a cavallo nell'anteguerra superavano il migliaio, erano già ridotte (nel 1923) a N. 316 e scenderanno a 125 nel 1926. Per potere esercitare la funzione di conducente occorre essere munito di apposita licenza rilasciata dal Comune. (Per le tariffe vedi la Parte IV).

PREVENZIONE E SPEGNIMENTO INCENDI.

Prima del 1726 per lo spegnimento degli incendi non si contava che sul soccorso disordinato del popolo avvisato dal suono della campana posta sopra la torre del Broletto e le norme che avevano attinenza agli incendi si limitavano a comminare pene più o meno severe contro gli autori di incendi fortuiti o criminosi. Fu solo nel 1726, in seguito ad un grave incendio sviluppatosi nelle vicinanze della Chiesa di S. Damiano alla Scala, che vennero concretate norme stabili per prevenire e spegnere gli incendi. La prima pompa venne acquistata dal Comune nel 1738 e fu collocata nel palazzo del Broletto. L'attuale ordinamento dei pompieri ebbe inizio nel 1811 sotto il vicerè Eugenio Napoleone: si trattava allora di 81 uomini e due ufficiali che costituivano la compagnia di « Zappatori pompieri ». L'organizzazione di difesa contro gli incendi, assume a Milano (che ha una superficie di oltre 180 milioni di metri quadrati con oltre 29 chilometri di perimetro) una importanza eccezionale per gli aumentati rischi che derivano dall'eccezionale addensamento della popolazioni, dalle industrie e dalla gran massa di merci introdotte in città pel commercio, per l'industria, titoli e valori rappresentativi della ricchezza che sono accumulati nei numerosi istituti bancari cittadini. Attualmente il Corpo dei pompieri si compone di 304 uomini agli ordini di un comandante e con 7 vice-comandanti. La scelta del personale è fatta con grande severità richiedendosi doti speciali di resistenza e di robustezza. Ai fini della necessaria rapidità del servizio l'abitato cittadino è stato diviso in sei zone : una centrale e cinque periferiche aventi ciascuna un raggio medio d'azione di 2500 metri. La zona centrale è servita dal posto principale di via Ansperto, 4, dove hanno sede gli uffici del Comando e dell' Amministrazione, le officine ed i magazzini di scorta : il massimo intervallo di tempo fra le chiamate e l'arrivo dei soccorsi sul luogo è fissato in cinque minuti circa. Nelle quattro zone periferiche sono costruiti dei moderni posti di guardia : il primo in direzione S.-E. sui bastioni di porta Romana; il secondo in direzione N.-E. in via Benedetto Marcello; il terzo a ponente in via Sardegna; il quarto a N.-O. in via Monviso. Un quinto posto di guardia andrà in funzione in via Lecchi a mezzodì della città. Il servizio si sviluppa in due modi diversi : prevenzione e spegnimento. La prevenzione è affidata a Commissioni costituite da personale tecnico specializzato. Un ufficio speciale mantiene la continuità del servizio, provvedendo poi a visite periodiche a stabilimenti, officine, laboratori ed a magazzini di depositi di combustibili ed infiammabili. Il Corpo dei pompieri dispone del seguente materiale : 8 autopompe a benzina; 5 motopompe ; 10 autocarri e autovettura con pompa ; 2 autovetture; 9 pompe a vapore su carro a quattro ruote; I pompa a vapore per prosciugamenti; 3 scale aree su carri a quattro ruote ; 111 pompe monocilindriche; 21 pompe a braccia; 38 biciclette ; 46 scale a ramponi; 34 scale all'italiana; 283 estintori; 25.000 metri di tubi di pressione in canape o lino, attrezzi di salvataggio, ecc., e un adeguato materiale di attrezzi e apparecchi.

Pompieri nelle diverse uniformi Milano attualmente dispone di risorse d'acqua più che sufficienti con corsi d'acqua naturali (fiumi Olona e Lambro e canali navigabili: Naviglio Grande, Martesana e Naviglio di Pavia, ed una ventina di fontanili, pozzi, ecc.) e di 3144 idranti stradali del diametro di m/m 70 innestati nella condotta d'acqua comunale che si trova alla pressione di circa 30 m., ma nelle ore di maggior consumo scende sotto i 20 m. In quest'ultimo caso e per le case alte si supplisce inserendo una pompa meccanica ed aumentando la pressione. Dalle statistiche accuratamente tenute risulta che la maggior parte di interventi dei pompieri sono dovuti ai condotti dei camini non puliti; a cattivo uso di mezzi di riscaldamento; cattivo isolamento elettrico; fermentazione ed accensione spontanea; sostanze infiammabili. Nonostante il perfezionamento del servizio, con l'aumentare delle cause d'incendio, aumentano anche le chiamate che nel 1923 salirono a 1120 e a 1012 nel 1924, di cui però 296 falsi allarmi (con oltre 4000 chilometri di percorsi inutili). Nel dopo guerra il numero degli incendi variò da 700 a 1000 all'anno, con danni che vanno 2 a 11 milioni di lire-carta, con una media nel ventennio per abitante di circa L. 2-oro. Il massimo numero degli incendi (circa il 50 %,) dura meno di mezz'ora. In generale i mesi di massime chiamate sono i mesi invernali. I pompieri milanesi sono incaricati anche del servizio del soccorso d'urgenza su pubblica strada e perciò ogni posto di guardia è provvisto di autolettiga.

Un auto-pompa CAP. VIII.- ANNONA.

La questione dei mercati, sopratutto dei mercati di generi alimentari, ha un'importanza eccezionale per un centro commerciale ed industriale come Milano, dove si addensa una numerosa popolazione di operai ed impiegati. Specialmente nel dopo guerra con l'incremento rapido della città, le perturbazioni portate dall'economia bellica e l'aumento rapido dei prezzi, la questione annonaria e dei mercati,per influire sulla determinazione dei prezzi di vendita, è stata una delle principali preoccupazioni degli amministratori. I mercati veri e propri di generi alimentari con esposizione ed affluenza delle merci al pubblico sono due : il Mercato frutta e verdura ed il Mercato del bestiame. Esiste inoltre il Mercato dei cereali e mercati secondari per latticini, suini, vini ed il Mercato del pollame. Il Mercato frutta e verdura e il Mercato bestiame sono eserciti dal Comune di Milano. Mercato frutta e verdura.- In un vasto recinto chiuso, con tettoie, porticati e magazzini di costruzione moderna, e con servizi di ventilazione meccanica, ecc., si svolge il più importante mercato italiano di frutta e verdura. La superficie è di 70.000 metri quadrati. Essa è suddivisa in tre parti che seguono la forma caratteristica di ferro di cavallo. Addossati alla periferia vi sono 53 posteggi per i negozianti-commissionari : ogni posteggio ha una superficie di 150-250 mq., comprendendo in tale superficie anche le aree dei magazzini sotterranei. La seconda parte interna alla precedente è costituita da 384 posteggi (di circa 12 mq. per posteggio), suddivisa fra i negozianti e ortolani. La terza parte più interna dispone di altri 95 posteggi per i negozianti e per i rivenditori. Si concedono poi anche posteggi provvisori lungo i viali. Sul mercato affluiscono i prodotti di tutte le regioni italiane, anche le più lontane, e in gran parte provengono dal vicino scalo ferroviario


Pianta del mercato frutta e verdura (vedi cartina) di P. Vittoria. Annualmente sul mercato sono scaricati da un milione e mezzo a due milioni di quintali di frutta e verdura (50 circa di verdure e legumi; 25% di frutta; 25 % di agrumi) per un valore di 200-250 milioni di lire. La gran parte arriva per ferrovia e una parte delle verdure e legumi (circa 500.000 quintali) è invece introdotta dalle vicine ortaglie per via stradale. I maggiori quantitativi di verdura provengono, oltre che dalla provincia di Milano, dalle provincie di Alessandria, Pavia, Genova, Firenze, Napoli, Caserta, Salerno, Siracusa. Le frutta provengono in maggior parte dalle provincie di Torino, Cuneo, Novara, Verona, Trento, Ravenna, Genova, Teramo, Napoli, e infine gli agrumi sono importati principalmente dalle provincie di Reggio Calabria, Palermo, Catania, Messina e Siracusa. Il Mercato di frutta e verdura, oltre ad essere un centro importantissimo di consumo, è anche un centro di esportazione. Si esportano infatti circa 400.000 quintali per ferrovia e 500.000 per via ordinaria, specialmente per l'approvvigionamento della Lombardia. Le provincie


Il mercato frutta e verdura - la vendita delle verdure italiane che assorbono la maggiore quantità di esportazione sono anche il Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia, Terre redente. La maggiore esportazione per l'estero è fatta per la Svizzera (150.000 quintali, di cui 130.000 di verdura), in cui si esportano principalmente patate, mele, frutta secche, arancie e limoni. Si esporta pure in Germania e Francia. Pel consumo della cittadinanza rimangono ancora circa 1.000.000 di quintali (140 kg. circa per abitante), di cui due terzi di verdura. I generi che vengono esportati in maggiore quantità sono gli agrumi (uva, frutta secche e fresche di ogni genere, patate, castagne, asparagi, piselli, finocchi, cavolfiori). Il Comune trae i mezzi di gestione del Mercato da tasse di posteggio fisso (che sono di quattro tipi) e di posteggio giornaliero, pesa pubblica, stallazzo per cavalli e anche per carreggi (quest'ultimo è posto fuori del recinto). Gli introiti si aggirano su di 1 milione e mezzo di lire. Il Mercato è raccordato con il vicino scalo di porta Vittoria, e si stanno ancora facendo ampliamenti e perfezionando i servizi.


Il mercato frutta e verdura - le "Halles" La merce spedita dai produttori o loro incaricati viene ritirata dai negozianti che compiono anche la funzione di commissionari anche mercè l'ausilio di mediatori, che vendono alla lor volta ai rivenditori. Vi sono poi gli orticoltori o produttori diretti che provengono dai dintorni di Milano e che vendono direttamente senza intermediari. La figura principale degli operatori di mercato è quella dei commissionari negozianti, che vendono al meglio la merce e inviano il ricavo al produttore trattenendo una commissione del 10 %. Vi sono poi rappresentanti di produttori o negozianti lontani, che distribuiscono la merce dei loro rappresentanti fra i vari commissionari, controllando il loro lavoro. Oltre a queste due figure caratteristiche esistono anche dei commissionari che comperano piccole partite direttamente dai produttori o dai negozianti e ripartiscono e sminuzzano la merce sul mercato. L'acquisto da parte dei consumatori diretti è però affatto trascurabile, ed il Comune ha in progetto di destinare il Mercato esclusivamente a vendite all'ingrosso, e di limitare la concessione dei posteggi solo ai commissionari e ortolani. Il Mercato frutta e verdura ha circa quindici anni di vita. Prima esso veniva esercitato all'aperto in corso di Porta Vittoria dove ancora sostano, in misura ridotta, carretti di frutta e verdura.

Il mercato frutta e verdura - veduta complessiva Mercati rionali e vendite ambulanti. - I mercati rionali, anche piccoli, hanno un'importanza notevole in una grande città perchè possono influire come calmieri dei prezzi nei diversi rioni. I mercati rionali sono sempre esistiti in un certo numero a Milano, sia pure in proporzioni limitate. I noti mercati di frutta e verdura di Foro Bonaparte - in sede decorosa - e in via Vetra sono ormai scomparsi. Per la frutta e verdura rimangono ancora quelli di corso Vittoria, sede del mercato d'un tempo, un mercato piccolo a P. Garibaldi, a P. Ticinese e in via Benedetto Marcello. Le frutta e verdura sono i generi che più si prestano al mercato rionale. Esiste però da lungo tempo in piazza S. Stefano, in prossimità del vecchio Verziere, anche il mercato del pesce. I più vecchi mercati di pesce, di latte e latticini sono scomparsi. Compiono funzione analoga ai mercati rionali, per agire come calmieri sui prezzi, i carretti per la vendita ambulante di merce varia. Questi venditori ambulanti sorpassano il migliaio e furono, in passato, motivo di seri inconvenienti, sia nei riguardi del decoro urbano, sia nei riguardi della circolazione, specialmente nella parte centrale della città. Il Comune ha perciò disposto di vietare in modo assoluto i1 commercio ambulante nella parte centrale, non solo, ma mentre prima i singoli carretti potevano sostare in un punto qualunque della città o muoversi liberamente, il Comune ha attualmente stabilito che tutti i venditori devono sostare in discreto numero in luoghi prestabiliti e distribuiti in tutti i rioni della città, ritenendo che solo in tal modo si potesse compiere opera di calmiere. La vigilanza può essere così anche molto più efficace, sia per l'igiene che per i prezzi. Sono così venuti formandosi in tutti i rioni dei veri e propri piccoli mercati rionali, oltre a quelli tradizionali, che sono affollatissimi di persone. Su 1398 venditori ambulanti esistenti a Milano nel 1925, ben 852 vendevano frutta e verdura. Il Mercato del bestiame. -D'importanza internazionale è il Mercato del bestiame, pure gestito dal Comune. Esso sorge fra la via G. B. Vico e il viale S. Michele del Carso. Fu esercitato per molti anni da una Società Anonima costituitasi nel 1882, ma venne poi riscattato nel 1906 dal Comune. Il bestiame affluisce sul Mercato non solo dalle varie parti d'Italia (il 50 %, dalla Lombardia), ma anche dall'estero e principalmente dalla Jugoslavia, Francia, America, Danimarca, Ungheria. Si tratta di parecchie migliaia di capi per settimana che vengono tutti venduti : una parte è consumata in città e una parte cospicua e destinata alla provincia. Esso è costituito di grandi gallerie per l'esposizione del bestiame nei giorni ed ore destinati alla vendita e da stalle per alloggiarlo fra un mercato e l'altro. Esi- stono poi apposite stalle per il bestiame infetto. Nelle stalle possono trovare posto circa 1200 capi grossi e altrettanti vitelli e circa lo stesso numero può trovar posto nelle gallerie. Nel recinto del Mercato sono situate varie pese per la pesatura del bestiame : attualmente il mercato si tiene in quattro giorni : lunedì, martedì, giovedì e venerdì. Tre ore prima della vendita è proibito dare da mangiare e da bere al bestiame. Sul Mercato operano quattro figure di persone : i negozianti che acquistano il bestiame dall'allevatore o sui mercati di provincia e lo portano a Milano, dove non lo vendono direttamente ma - quasi sempre - lo affidano ad un commissionario, che provvede alla vendita e che ha a suo carico le eventuali perdite per mancato pagamento; esso per lavorare in Mercato deve avere l'apposita autorizzazione (attualmente essi sono in numero di 14). Altro operatore è il mediatore e anch'esso deve essere autorizzato dal Comune (il numero attuale è di 20) che cerca di facilitare l'acquisto dai commissionari o che acquista direttamente per conto dei macellai. Infine esiste il macellaio compratore.

Il movimento del 1923, che segue, può dare un'idea del contributo al mercato delle diverse regioni d'Italia. In ordine di importanza le provenienze e le quantità risultano come segue : Bestiame grosso Vitelli Suini Lombardia 20257 5407 4355 Piemonte 11086 5839 3146 Emilia 12359 33720 5917 Marche 4781 19955 721 Veneto 911 12663 206 Toscana 417 34 308 Abruzzi 184 1650 1351 (vedi anche tabella in originale)

oltre a quantitativi minori dall'Umbria, dal Lazio, dalla Liguria, dalla Campania e dalle Puglie. I Comune percepisce tasse fisse per capo di bestiame, oltre ad una tassa per la sosta e per la pesatura. I prezzi del bestiame vengono pubblicati in un apposito listino ufficiale della Camera di Commercio e sono compilati da una apposita Commissione composta di rappresentanti di commissionari, mediatori, macellai, Comune e Consorzio Agrario. In tutto 18 membri che si dividono in tre sottocommissioni siedenti per turno. Esternamente al Mercato sorge lo Scalo che fu concesso dalle Ferrovie dello Stato al Comune fin dal 1896 ed è raccordato alla Ferrovia. Nel 1905 venne alquanto ampliato e attualmente vi è una succursale a Taliedo fuori di P. Vittoria. Lo Scalo non deve considerarsi come un riparto del Mercato, ma come una vera e propria stazione ferroviaria regolata da speciali convenzioni.

Macello. - Annesso al Mercato vi è il pubblico Macello, costruito ed aperto nel 1863 su di un'area di mq. 53.562. Esso comprende 255 celle e 8 celloni per la macellazione (esse erano 160 nel 1863) che sono ormai insufficienti all'ampliata città; la sardigna per la distruzione di animali infetti, il macello per i suini, locali per la confezione dei salami con carni di suini ammalati; locali per la cottura delle carni e lo spaccio di bassa macellazione, ed infine l'Ufficio del dazio. Un cellone capace di 100 cavalli raccoglie gli equini che sono ormai venduti in oltre 70 spacci cittadini. Il bestiame subisce una visita allo scalo ed altre due visite al macello : una all'entrata ed una all'uscita. La macellazione avviene con un colpo di mazza sulla nuca o con lo stile che recide il midollo spinale. Il bestiame infetto viene passato nella sardigna dove in apposita autoclave viene ridotto in polvere ricavandone del grasso per saponi, concime, alimentazione polli e pesci. La vendita di questo materiale procura un utile al Comune. Un'innovazione che merita di essere segnalata è la vendita delle carni di bestiame morto in viaggio o per strapazzi o che è giudicato

Mercato bovini.Esterno scadente e che essendo stato sequestrato non può essere venduto al pubblico a prezzi normali. Se ne effettua invece la vendita entro il macello stesso a prezzi ridottissimi (e in piccole quantità) ai meno abbienti a mezzo del Comune che ne ritrae un utile cospicuo. I grandi nuovi impianti. - Lo sviluppo enorme assunto dal movimento del bestiame nel mercato e allo scalo e le nuove esigenze del progresso di mattazione per comodità, ampiezza ed igiene hanno indotto il Comune a studiare, fin dal 1908, nuovi impianti, che ora sono divenuti una necessità impellente. I nuovi impianti stanno sorgendo fuori Porta Vittoria sopra un'area di oltre 300.000 mq. con una lunghezza di 850 m. e una larghezza di oltre 360. Essi vennero studiati per una popolazione di due milioni di abitanti. Lo scalo avrà uno sviluppo di banchine di 700 m. e 3600 metri di binario con la capacità di carico e scarico di 100 vagoni contemporaneamente, avrà inoltre la stazione, la libera pratica, la stalla di sosta, le stalle di visita, per bovini grossi e vitelli, ovini e


Mercato bovini.Interno Faccita del nuovo Macello

(vedi foto) suini, il riparto disinfezione. Le banchine esterne saranno allacciate allo scalo con sottopassaggi per impedire che il bestiame attraversi i passaggi a livello. Il mercato comprenderà una grande galleria di esposizione, della capacità di 1400 capi di bestiame grosso e 2000 capi di bestiame piccolo, stalle di sosta capaci di 1600 capi grossi di bestiame, rimessine di sosta capaci di 1200 capi di bestiame minuto e una tettoia per carri da negoziante. Il nuovo macello comprenderà 5 grandi gallerie di macellazione : una per suini, tre per bovini ed ovini, una per equini. Gli impianti permetteranno di abbattere in un sol giorno 720 bovini grossi, 2500 vitelli ed ovini, 1500 suini, 150 equini. Di fronte alle gallerie di macellazione si avrà il frigorifero, col deposito dei bovini grossi; la sala frigorifera conterrà un numero tale da poterne concedere una per macellaio (che sono circa 700). Un Istituto Sanitario apposito sorgerà oltre la ferrovia per la sterilizzazione di carni e carogne infette; vi sarà la sardigna, i locali di sterilizzazione, di deposito, lavorazione ed un'aula per l'istruzione del personale. Gli impianti, progettati dall'ing. Giovanni Filippini, sono ormai in avanzata costruzione ed entreranno in esercizio nel 1927. Nel 1864 si abbattevano a Milano nel macello 65.658 capi e nel 1924 se ne abbatterono 215.698 (oltre 80.000 capi circa di carne congelata che si importarono dall'estero). Di questi 39.356 capi erano bovini; 120.765 vitelli; 13.944 equini; 49.559 suini; 19.494 ovini.

Il nuovo Macello Mercato dei polli e delle uova. - Nella ancor suburbana - anzi campestre - via Lombroso che si stacca da viale Lombardia, sorge il Mercato del pollame nel quartiere dei rifornimenti della città. Lì presso infatti si elevano i fabbricati del nuovo Macello e il Mercato della frutta e verdura. Il Mercato dei polli è dovuto alla privata iniziativa: esso sorse per opera della Società An. Pollivendoli nata or fa un quarantennio con 100.000 lire di capitale e con lo scopo di creare in Milano un punto di ritrovo fra produttori e negozianti, per facilitare la trattazione degli affari. Il Mercato modesto di viale Bligny (ex-Lodovica) non bastava più alle contrattazioni in cui convenivano negozianti del Piemonte, della Liguria, del Veneto, della Romagna, ecc., e Si trattavano la maggior parte degli affari di importazione ed esportazione delle uova e pollame, con la Svizzera, Francia, Inghilterra, Germania, Polonia, Ungheria, Jugoslavia, Turchia, ecc. Divenuta insufficiente la vecchia sede, si comprarono 65.000 m. di terreno in via Lombroso per costruirvi il Mercato. Questo grande emporio - che è unico in Italia e forse in Europa - è formato da tre parti. La prima comprende due vasti fabbricati civili che formano il fronte del Mercato prospiciente via Cesare Lombroso e che si sviluppano so-

Piano del nuovo macello,mercato e scalo bestiame (vedi schema) pra una lunghezza di metri 160. Nel sotterraneo e nei quattro piani superiori troveranno posto il ristorante, la buvette, l'albergo, i locali per Banca, per uffici ed inoltre alcuni locali per abitazione. La seconda parte comprende il plateatico, che è un rettangolo della superficie di circa 10.000 mq., chiuso tra i due fabbricati civili sopra nominati e tra quattro grandi edifici, a due piani. In questi edifici il piano terreno è riservato ai grossisti come magazzino, mentre il piano superiore contiene spaziosi locali civili ad uso uffici ed abitazioni dei negozianti stessi. Lo spazio delimitato da questi fabbricati, forma il Mercato propriamente detto, ove i negozianti espongono la loro merce sotto le tettoie che corrono all'ingiro e sotto sei vaste tettoie collocate longitudinalmente nel mezzo. La terza parte, che occupa una superficie di circa 30.000 mq., contiene i magazzini dei pollivendoli, con 16 fabbricati di sotterraneo e pianterreno lunghi ml. 50 e dieci grandi fabbricati di 60 ml. l'uno con sotterraneo e due piani superiori. Nei magazzini i pollivendoli possono tenere i polli vivi prima di portarli nei loro negozi, tanto da renderli, con un mantenimento speciale a base di farina e risina, più saporiti, e soddisfare così anche i palati più delicati. Ogni magazzino poi ha annesso il mattatoio, per modo che i polli vengono portati nei rispettivi negozi pronti per la vendita. Sono a parte le stalle, le rimesse, i garages, ecc., ed il Mercato sarà dotato di raccordo ferroviario e di un serbatoio in cemento armato alto m. 30 per il proprio impianto d'acqua per la pulizia e le disinfezioni. È in progetto anche la costruzione di un frigorifero per la conservazione del pollame, della selvaggina e delle uova. Il Mercato sarà sufficiente per diversi anni e risolve un importante problema igienico a tutto vantaggio della città, rispondendo decorosamente alle esigenze di un grande centro urbano. Ecco alcuni dati assai importanti sugli affari conchiusi dalla Società Pollivendoli nel 1924: Polli e galline : capi N. 4.067.170, per un importo di L. 57 milioni 095.130. Capponi, anitre, oche : capi N. 362.550, per un importo di L. 8 milioni 185.790. Tacchine e tacchine : capi N. 150.780, per un importo di L. 8 milioni 325.290. Uova circa dozzine : N. 8.000.000, per un importo di L. 64 milioni. Selvaggina, tartufi, ecc., generi diversi : per un importo di L. 12 milioni (quest'ultima cifra è molto approssimativa). In complesso nel 1924 il movimento di affari fu per circa L.149.606.210. L'Azienda Annonaria dei Consumi. - Denominata « Azienda Consorziale dei Consumi » essa è sorta durante la guerra sotto forma di Azienda Annonaria Comunale e si eresse in Ente autonomo con statuto proprio nel 1918. L'art. 1 dello Statuto ne fissa così lo scopo : " Acquistare e produrre i generi di prima necessità per venderli a tutti i consumatori alle migliori condizioni possibili e senza alcun intento di speculazione. " L'Azienda, pur cercando di non turbare gli organismi che agiscono nella sua sfera di azione e che le vivono accanto, ha cercato di non mancare al suo programma e passare " dalla produzione al consumo"o accentrando presso di sè tutte le funzioni che passano fra questi due estremi. L'Azienda iniziò il suo lavoro con le seguenti gestioni : una per i generi allora tesserati, e cioè farina bianca, pasta alimentare, riso da minestra, farina gialla, lardo nostrano, lardo americano, olio d'oliva, formaggi duri e teneri, zucchero. Un'altra per i generi allora di libero commercio e cioè : caffè, candele, carne in scatole, fagioli, fichi secchi, merluzzo, olio di cocco, salsa, sapone, sardine, salmone, surrogati di caffè, strutto, tonno e ventresca. Una gestione apposita curava l'acquisto di carne congelata, che fu introdotta in Italia per la prima volta dall'Azienda Consorziale. Le altre gestioni in efficienza erano quelle del pesce - latte, burro, uova - combustibili - stagionatura formaggi - calzature - petrolio - tessuti ed abiti confezionati - panifici e mulini - frutta e verdura - trasporti. Nel 1920-1921 l'Azienda Consorziale arrivava ad una vendita annuale di circa 200 milioni e contava numerosissimi spacci, fra i quali grandi magazzini di vendita. Nel periodo di crisi del 1921 vennero soppresse alcune gestioni meno adatte alle condizioni del mercato e cioè la gestione dei tessuti ed abiti confezionati e quella delle frutta e verdura, petrolio e trasporti. Anche durante i periodi di crisi generale l'Azienda non ebbe mai a rinunciare alla sua opera calmieratrice, compiuta di concerto con le numerose cooperative esistenti senza però mutare la sua fisionomia particolare. Il capitale dell'Azienda è costituito in gran parte da quote del Comune di Milano e da quote minime versate da circa 260 enti cooperativi cittadini. L'Azienda Comunale si rivolge direttamente ai consumatori attraverso oltre 50 spacci di minuta vendita e però indirettamente si serve di altri 160 spacci cittadini delle Cooperative associate e di oltre 200 spacci in Provincia, pure di dette Cooperative. Per fronteggiare il rincaro del pane l'Azienda ha portato la produzione giornaliera dei propri forni a 600 q.li (circa un terzo del consumo totale) che vende attraverso 60 spacci a 20 centesimi il kg. meno del prezzo degli esercenti privati. Sono in corso di costruzione nuovi impianti di forni automatici, che permetteranno di abbassare ulteriormente il prezzo del pane e di arrivare alla produzione di 400 q.li al giorno. Superati i periodi più critici delle crisi immediatamente successive al periodo bellico, l'Azienda Consorziale ha ormai assicurato l'avvenire su solide basi e può svolgere in modo continuo la sua provvida funzione annonaria. CAP. IX. - IGIENE E SANITA.

L'ASSISTENZA SANITARIA.

Per l'assistenza sanitaria gratuita dei poveri, la città è divisa in 72 riparti medici ed ostetrici; il medico e la levatrice di cascun riparto provvedono alle visite a domicilio ed alle cure in ambulanza, e possono valersi, ad integrazione della loro opera. di medici consulenti specialisti, di cinque ambulanze chirurgiche municipali, delle ambulanze di specialità funzionanti in via Legnano, 10, a cura degli Istituti Ospitalieri, ma per conto del Comune. Pei soccorsi d' urgenza sono istituite 27 guardie mediche e posti di soccorso per i sinistri accidentali, infortuni sul lavoro, investimenti. Sono disposte nei vari rioni cittadini. Alcune sono originate da private iniziative e poi riconosciute come enti morali, altre dipendono da istituti come la guardia medica dell'Ospedale Maggiore, 15 dipendono dal Comune di Milano. Vigili urbani, pompieri, ambulanze comunali, si dividono in posti di soccorso di primo e di secondo ordine : 6 sono di primo ordine e cioè : Ospedale Maggiore, i due istituti per gli infortuni sul lavoro di via P. Sarpi e di via Savona; l'Associazione medico-chirurgica di P. Venezia, la guardia medica di via Agnello e l'Istituto permanente di P. Romana. Alle urgenze ostetrico ginecologiche provvede un apposito servizio con 3 guardie ostetriche in via Unione, porta Venezia, via Statuto. Vi sono poi ambulatori municipali medici, ostetrici, chirurgici.

IGIENE. - Una delle cure più vive dell'Amministrazione del Comune di Milano è sempre stata quella dell'Igiene. Verso la metà del XIX secolo a Milano, su 168.000 abitanti si contavano 316 medici, 70 chirurghi, 155 levatrici, 16 veterinari e 51 farmacisti. La mortalità (seiennio 1840-1846) era del 33,8 per 1000 (contro 4,1 per 100 di nascite). Nel 1882 la mortalità scendeva a 29,921 per 1000 e nel 1923 a 13,49 per 1000 abitanti. C'è di che rallegrarsi. La rachitide nel sec. XIX era diffusa nei fanciulli; mali dominanti : il tifo, il morbillo, la scar-

Cortile dell' Ospedale Maggiore lattina, il vaiuolo. La scrofola e la tubercolosi mietevano vittime fra le classi meno agiate. Nel 1924 i morti di malattie infettive erano 1309; ma la tubercolosi faceva ancora 1273 vittime, l'apolessia 721, i tumori maligni 867. È che a Milano.le cure igieniche sono scrupolosamente applicate e le norme di legge fatte rispettare con l'aggiunta di un regolamento municipale d'Igiene che è di modello per le altre amministrazioni comunali. Oltre alla sorveglianza sulle malattie infettive l'ufficio di igiene ha alle sue dipendenze uno stabilimento di bagni medicati in Via S. Marco per la cura della scabbia. E' un modello del genere: ha una vasca da nuoto, un ambulatorio, 20 vasche per bagni medicati, 5 gabinetti riservati e 2 celle a riscaldamento per la disinfezione. Inoltre dipendono dall'ufficio di igiene 4 dispensari celtici e 5 dispensari antitubercolari per la lotta contro le malattie celtiche e la tubercolosi. Ha inoltre una sezione di vigilanza igienica nelle scuole elementari con medici scolastici che, fra altro, compilano la pagella sanitaria per deterlo stato generale di salute e le particolari condizioni dei vari organi e sistemi: esame che, seguito di anno in anno, permette di avere alla fine del corso una precisa e sicura conoscenza delle condizioni di salute dello scolaro e delle sue attitudini fisiche ai vari generi di lavoro. Il policlinico scolastico poi visita e cura tutti i casi di dubbia diagnosi. Scuole speciali completano questo ramo della igiene scolastica : scuole all'aperto, scuole per anormali, la colonia estiva di cure naturali al Trotter e le colonie marine e montane. Si è pure istituita da pochi anni la Vigilatrice scolastica, come aiuto al medico in tutta quest'opera di tutela e di assistenza, che compie anche visite al domicilio degli scolaretti. Una sezione annona e legislazione sanitaria esamina le sostanze alimentari prelevando campioni presso le ditte commerciali, esaminando acque di pozzo, sorvegliando il mercato dei funghi, compiendo un'opera d'igiene sociale di grandissimo giovamento. Sviluppatissimo è pure il servizio di polizia veterinaria tanto nella prevenzione e profilassi delle malattie degli animali, quanto nella vigilanza alla stalle e agli scali del bestiame da macello.

Ufficio d'Igiene - Via Palermo È stata inoltre istituita nel 1923 una sezione per la vigilanza medica sul lavoro che provvede alla visita dei fanciulli e donne minorenni che si avviano al lavoro; visita gli stabilimenti industriali e provvede al controllo degli inconvenienti igienici del suolo e dell'abitato.

L'ISTITUTO SIEROTERAPICO MILANESE E L'ISTITUTO PER LA CURA DEL CANCRO. - Alcuni scienziati convinti dell'importanza della sieroterapia si radunarono il 16 ottobre 1894 per discutere su questo importante problema sanitario, e conclusero sulla necessità che in Milano sorgesse una istituzione preparatoria del siero immunizzante anti-difterico e faceva appello alla beneficenza pubblica e privata di Milano sollecitando il Governo perchè autorizzasse la fondazione di un Istituto Sieroterapico. In poco tempo si ebbero L. 70.442 offerte da 1844 sottoscrittori oltre a cospicue offerte della Ditta Erba e dell'Associazione Medica Lombarda che davano, tutto compreso, 117.000 lire circa. Nel marzo del 1895 si vendeva già il siero antidifterico : ma nel 1898 già si producevano i vaccini contro il carbonchio, la tubercolina, la malleina. È così che divenne centro fecondo di studi batteriologici e non solo produttore di sieri. Si costrusse un grande fabbricato con gabinetti di studio, stalle per gli animali necessari alla produzione dei sieri. Durante la guerra l'istituto rese preziosi servizi producendo nel 1915, 190.00 dosi di siero antitetanico, contro le 10.000 annuali dei tempi normali, nonchè 130.000 dosi di siero antidifterico contro 80.000

Ospedale d'Isolamento degli anni normali. Contro un milione di dosi di vaccino Jenneriano che si producevano nel 1915, se ne producono ora 2 milioni. Per l'esercito 40 ettolitri di vaccino antitifico e 19 ettolitri di vaccino anticolerico. L'istituto è eretto in ente morale e ciò è garanzia che nessuno degli scopi fondamentali che l'istituto stesso si propone venga travisato ed esclude altresì ogni speculazione. L'istituto è pure centro di studi scientifici; serissime e apprezzate monografie e lavori pubblica nel campo della microbiologia, della immunologia e dell'igiene. Un'altra istituzione scientifica sorta nel 1925 per onorare S. M. il Re in occasione del giubileo della sua assunzione al Trono, fu l'Istituto per lo studio e la cura del cancro, la terribile malattia che miete in Italia 25.000 vittime all'anno. Vi concorse tutta Milano benefica e ricca, gli Enti pubblici e il Comune, che ha votato recentemente un milione. E la prima pietra fu posata solennemente alla presenza di S. M. il Re il 25 aprile 1925.


Tubercolosario di Garbagnate - pianta generale

(vedi shema in originale) PER LA CURA DELLA TUBERCOLOSI. -

Poichè tra le malattie che affliggono le popolazioni agglomerate nelle grandi città la tubercolosi è fra le più gravi, il Comune di Milano ha pensato fin dal 1915 a costruire in una zona poco lontana da Milano, ma notoriamente salubre per esser circondata da pinete in un terreno asciutto sulla via delle colline briantee, un grande tubercolosario detto, dalla località ove sorge, di Garbagnate. Dista da Milano km. 14 ed è a 184 m. sul livello del mare. A Milano è collegato con la linea ferroviaria Milano-Saronno :

un ampio viale di circa 1 km. costruito dal Comune di Milano, conduce dalla stazione ferroviaria all'Ospedale. La superficie complessiva dell'area su cui sorge l'Ospedale è di mq. 350 mila coperta quasi interamente da una folta pineta. L'Ospedale ancora in corso di completamento comprende : a) un piccolo fabbricato d'ingresso ad uso di portineria con una tettoia per il ricovero durante le ore d'attesa dei parenti che si recano a visitare gli ammalati; b) un fabbricato di accettazione che comprende in piano terreno i locali per l'accettazione degli ammalati, uomini e donne, da ri-


Tubercolsario di garbagnate - Veduta dei Padiglioni coverarsi all'ospedale, nonchè i locali per il ricevimento dei visitatori, l'ufficio per l'ispettore e il direttore : e in primo piano i locali di alloggio dei sacerdoti, le sale da pranzo e di svago per i medici dell'Ospedale e i locali per le cure radiologica, idrologica, ecc., degli ammalati; c) la chiesa posta al centro del cortile limitato dal padiglione di accettazione; d) due padiglioni per gli ammalati, uno per gli uomini l'altro per le donne, capaci ciascuno di circa 500 ledi con tutti i locali per i servizi nonchè le sale di refettorio e di convegno e i locali per la cura degli ammalati; dotato di ampie verande per la cura all'aperto degli ammalati stessi; e) un fabbricato comprendente a piano terreno la cucina e ai piani superiori l'alloggio per le cento suore dell'Ospedale; f) un fabbricato comprendente a piano terreno la farmacia e ai piani superiori gli alloggi per le trecento infermiere dell'Ospedale; g) due fabbricati per l'alloggio dei medici, dell'ispettore, del capo farmacista, del capo infermiere; h) un fabbricato per la disinfezione e la lavatura degli indumenti e della biancheria con i locali di servizio per il rammendo e la guardaroba ;


tubercolosario di Garbagnate - Padiglione uomini i) un padiglione con l'impianto di sollevamento dell'acqua potabile e attiguo serbatoio; l) un fabbricato ad uso di camera mortuaria e di laboratorio anatomo-patologico con laboratori per le analisi chimiche e necroscopiche ; m) uno stabularium per le esperienze da compiersi sugli animali vivi; n) un piccolo padiglione per l'isolamento degli ammalati colpiti da malattie infettive; o) un rustico comprendente l'alloggio del colono, le stalle e le rimesse. La pineta costituisce un ameno campo di passeggio e di sosta per gli ammalati meno gravi; mentre per i più gravi sono state disposte verande per la cura all'aperto. I singoli edifici poi sono tutti fra di loro collegati in modo da poter essere tutti percorsi al coperto partendo dal fabbricato della Direzione. Inoltre ampie gallerie sotterranee e montacarichi disposti nelle opportune posizioni servono al trasporto delle vivande e della biancheria dalla cucina e dalla lavanderia alle varie infermerie, mentre altre gallerie servono al trasporto del materiale infetto allo stabilimento di disinfezione. È questo un vero e proprio Ospedale specializzato per la cura dei tubercolosi ove gli ammalati trovano nella forma più efficace, tutti i soccorsi che la scienza medica può dare.

Tubercolosario di Garbagnate - Fabbricato dell'amministrazione BAGNI.

Non si può passar sotto silenzio, fra i più moderni servizi intrapresi dal Comune di Milano, quello dei bagni pubblici. Sono quattro i bagni costituiti con grandezza di mezzi e scrupolose norme igieniche. Essi sono situati in quattro punti della città: in via P. Sottocorno, via M. Pagano, via F. Argellati e al Ponte delle gabelle. Negli stabilimenti del Ponte delle gabelle e di via Argellati c'è servizio di bagni caldi in vaschette o con doccia e ampie vasche da nuoto ; nella piscina di via Argellati è istituita nei mesi estivi una scuola gratuita di nuoto ; inoltre vi si dànno istruzioni pei tuffi ed il salvataggio. Stabilimenti più modesti sono quelli di doccie in via Mario Pagano 60 ed in via Sottocorno 48. I prezzi dei bagni municipali variano


Il Bagno delle Gabelle da una a due lire : prezzi popolari, per diffondere sempre più tra le classi meno agiate l'uso della pulizia della persona. Milano fin dal passato era ben fornita di bagni.. Lasciamo da parte il ricordo storico dell'esistenza di terme e «stufe » anche nei periodi più oscuri del Medio evo; e limitiainoci a mezzo secolo fa. Quattro erano allora gli stabilimenti di bagni pubblici più notevoli. Il Bagno Diana, fondato nel 1842 (arch. Pizzala) nel quartiere di P. Venezia, disposto in modo felicissimo e ricercato ritrovo estivo. Fu soppresso nel 1919 per far luogo all'attuale grandioso impianto di teatro, albergo, ristorante che porta ancora il nome antico. Il Bagno Nazionale (arch. Sfondrini) costruito nel 1869 nel quartiere Ticinese, ormai scomparso per far luogo a civili abitazioni; il Bagno Ticino risultante dalla semplice sistemazione della tratta di Roggia Boniforti, dove fa una grande ansa allontanandosi dalla via Filippo Argellati. Al suo posto è sorto un grande stabilimento nuovo. Il Bagno Castelfidardo sorse nel 1870 su progetto degli ingegneri Benussi e Lovini, con una tariffa ridottisima, combinata dalla Società esercente e l'Amministrazione civica per poter diffondere tra il popolo l'importante servizio. Ora -soppresse le vasche - i locali vennero utilizzati diversamente. Con la soppressione dei bagni Castelfidardo e Nazionale avvenuta nel 1885 e 1890, il bisogno per il pubblico di stabilimenti balneari era fortemente sentito. Se nel 1885 gli specchi d'acqua disponibili erano di mq. 11.000; nel 1890 era ridotti a 3600 per 415.000 cittadini. Il primo impianto comunale di bagni in via S. Marco è del 1894 (arch. Giannino Ferrini), che riuscì perfettamente al suo scopo. Nel 1903 il Comune apriva un secondo impianto di docce calde e fredde presso l'Asilo notturno Sonzogno in via Sottocorno; un terzo si costruiva nel 1906 in via Mario Pagano. Ma nel 1910 si apriva all'esercizio un grandioso stabilimento più complesso e completo dei precedenti al Ponte delle Gabelle nel quartiere di Porta Nuova (progettato dall'ing. Giuseppe Codara). In esso vi è una vasca da nuoto di 1700 mq. alimentata dalla Roggia civica derivata dalla Martesana, con 76 camerini di spogliatoio, uno in comune, una sala di docce e 45 camerini separati con 56 vasche da bagno e 14 docce. Il Bagno di via Argellati fu costruito con grande modernità di vedute ed è capace di successivi ampliamenti. Dall'ingresso si accede direttamente al piano della banchina della vasca da nuoto attraversando un'ampia sala d'aspetto. La gran vasca ha uno specchio d'acqua di mq. 1800; l'acqua viene dalla Roggia Boniforti. Il bagno ha carattere popolare e perciò i bagnanti usufruiscono di uno spogliatoio in comune disposto in spaziosi locali : si costrussero però anche 32 camerini di spogliatoio separati a cui si accede pagando una sopratassa. Per dare qualche cifra che permetta al lettore di avere l'impressione complessiva del movimento della popolazione verso i bagni e dell'incremento di questo utile servizio, diremo che nel 1924 nello stabilimento di via Mario Pagano sono accorsi 98.635 bagnanti per le sole docce; a quello di via P. Sottocorno 54.627 pure per le sole docce. A questi vanno aggiunti rispettivamente 8683 e 16.666 bagnanti gratuiti. Agli stabilimenti di Ponte delle Gabelle e Filippo Argellati si hanno queste cifre di frequenza : in piscina rispettivamente 25.908 e 30.451; in vasche e docce 263.934 e 131.374, a cui vanno aggiunti come frequentatori gratuiti rispettivamente 1526 e 2536 individui. In tutto nel 1924 si ebbero 634.340 frequentatori su 870.000 abitanti. Neppure un bagno all'anno per abitante : ma se togliamo le abitazioni col bagna in casa e gli stabilimenti di iniziativa privata, assai diffusi nei vari quartieri della città, la cifra è consolante, perchè dimostra come anche nelle nostre classi popolari si sia largamente diffusa l'usanza igienica del bagno. CAP. X. - SERVIZI FUNEBRI E CIMITERI.

Servizi Funebri. - Il servizio funebre è a Milano, esercitato dal Comune, il quale vi provvede con personale alla sua diretta dipendenza e cori appaltatori. Tutti i trasporti funerari, eccezione fatta unicamente pei cadaveri di morti di alcune malattie contagiose, si effettuano con carri aperti, più o meno riccamente addobbati, secondo la classe dei funerali. Pei non abbienti il trasporto viene effettuato a spese del Comune. L'inumazione delle salme vien fatta in due cimiteri principali: il Cimitero Monumentale e il Cimitero di Musocco, ed in quattordici Cimiteri minori disseminati nella zona rurale degli undici comuni recentemente aggregati. Il Cimitero Monumentale, che sorge fuori porta Volta, all'estremità di un largo viale alberato, occupi una superficie di 178.000 metri quadrati ed è esclusivamente adibito alle sepolture concesse a perpetuità. Esso fu costruito su progetto dell'arch. Macciacchini e venne aperto alle inumazioni il 2 novembre 1886.


Cimitero monumentale Lo stile degli edifici componenti la facciata è il lombardo, liberamente però sviluppato nei dettagli con forme bizantine, innesto che l'autore ha saputo mantenere in un campo perfettamente armonico, coll'impronta di una grande spontaneità. Il centro della facciata costituisce il Famedio (che si eleva di 46 metri su da uno spalto alto m. 5) dove riposa la salma di Alessandro Manzoni e dove, fra numerosi busti di uomini grandi, è particolarmente degno di nota quello di Garibaldi dello scultore Spertini. Due ordini di gallerie, l'una sovrapposta all'altra, sono destinate a colombari : il campo interno è cosparso di edicole architettoniche e di ricordi marmorei, che riproducono quasi completamente la storia della scultura lombarda nell'ultimo cinquantennio, in tutte le sue varie tendenze. Nel centro del cimitero accanto alla Chiesetta dei Cattolici sorge l'Ossario, dove si raccolgono le ossa disumate, provenienti dalle sepolture del cimitero di Musocco a raggiunta scadenza e da quella del Monumentale, prima che questo cimitero fosse riservato alle sepolture a perpetuità. I riparti per le inumazioni degli acattolici si trovano in fregio alla fronte principale ai lati del Famedio, e precisamente quello di sinistra è riservato ai protestanti, quello di destra agli israeliti.


Un viale del Cimitero Monumentale 11 Crematorio si trova in fondo al cimitero sull'asse mediano e consiste in un edifizio di stile greco-romano costrutto su disegno del prof. Clericetti ed ampliato in seguito per opera dell'architetto Augusto Guidini. Contiene forni di varia foggia e dei più perfezionati sistemi. Le ceneri son conservate in appositi colombaretti destinati alle urne cinerarie. Fra gli autori delle opere d'arte che si ammirano al Cimitero Monumentale ricordiamo : Barzaghi, Grandi, Pogliaghi, Vela, Secchi, Strazza e Bistolfi, Butti, Beltrami, Bazzaro, Troubetzkoy, Pellini, Branca, Pogliani, Bossi, Wildt, Violi, Sassi, Mazzucchelli. Il Cimitero di Musocco, assai più spazioso del Monumentale cui è collegato mediante una linea tramviaria a doppio binario della lunghezza di 5432 m., sorge a N.-O. della città (a circa 700 m. dall'aggregato urbano e a 4600 m. dal Monumentale) e la sua apertura avvenuta il 23 ottobre 1895 segnò il definitivo abbandono dei cinque piccoli cimiteri succursali, soppressi all'apertura del Monumentale e temporaneamente riattivati non appena il nuovo cimitero si rivelò insufficiente a sopperire da solo alle vaste esigenze del servizio mortuario cittadino.


Viali del Cimitero Monumentale Il Cimitero di Musocco è adibito alle sepolture a rotazione decennale e ventennale: sorge in località che fu prescelta dopo studi accuratissimi che attestarono essere la sua ubicazione ottima nei riguardi e dalla falda acquifera sotterranea e dei venti dominanti (che risultarono non diretti verso la città) e dalla natura argillosa-silicea del terreno. Autori del progetto e direttori delle opere di costruzione degli edifici d'ingresso furono gli ingegneri Enrico Brotti e Luigi Mazzocchi. La forma del campo mortuario, che ha una superficie di oltre 500.000 metri quadrati, è rettangolare, sistemato in 64 campi grandi suddivisibili in 256 campi minori. Esso è circondato da un fossato che devia le sottocorrenti, abbassa quelle del campo d'inumazioni e preserva il campo stesso dalle trave-nazioni. Il fabbricato d'ingresso in ceppo di Brembate e pietra Sarnico è di stile greco-romano e consta di due edifici laterali, collegati, mediante porticati in curva a un'elevata edicola centrale, coronata, come quelle secondarie, da urne e tripodi di bronzo. Una cancellata di elegante disegno, a campate interrotte a giusti scomparti da pilastri di vivo è sottesa fra i due edifici laterali e delimita il piazzale esterno verso la città di Milano. I citati edifici contengono, oltre gli altri uffici, l'abitazione del custode, il deposito dei feretri e la sala delle autopsie, una camera ardente e tre sale per le cerimonie religiose dei cattolici, degli israeliti e dei protestanti. Il trasporto dei feretri destinati al Cimitero di Musocco avviene con carri e nella forma ordinaria fino alla stazione funebre, costituita da una tettoia di ferro situata sul fianco di ponente del Cimitero Monumentale. Quivi i feretri vengono tolti dal carro, su cui si trovano, e trasportati su di un'apposita vettura della tramvia elettrica che supera in pochi minuti la distanza fra i due cimiteri. Nell'intento di provvedere ad una migliore distribuzione ed organizzazione del servizio in conseguenza del progressivo aumento della popolazione cittadina, si è costruita una stazione funebre succursale presso l'ex-dazio di porta Romana. Il Comune però sta studiando l'opportunità di costruire altre due stazioni funebri e sostituirà fra breve il sistema del trasporto delle salme a cavalli e dell'accompagnamento funebre sino al cimitero con un sistema d'autoveicoli. Si provvederà anche alla costruzione di sale funebri per il convegno dei congiunti. Sarà mantenuto l'attuale ordinamento per classi e per gradi. Per le prime due classi vi saranno una vettura per il feretro e, a seconda dei gradi, una o più automobili per gli intimi, oppure un grande autobus; per la terza classe, invece l'autocarro sul quale verrà deposto il feretro sarà attrezzato come i tram che ora trasportano le salme dalle stazioni funerarie al Cimitero e cioè potrà accogliere otto persone. Dall'abitazione del defunto alla chiesa parrocchiale le automobili procederanno a passo d'uomo, in modo da consentire la formazione dei cortei. Questi però si scioglieranno alla chiesa, dove, terminata la funzione religiosa, la salma, seguita solo dagli intimi, proseguirà direttamente per il Cimitero. Per le salme che non vanno in chiesa, il corteo si scioglierà in una piazza preventivamente designata dall'Ufficio dello stato civile. Si è deciso di aprire due nuove strade ai lati del vialone di Musocco, le quali saranno esclusivamente percorse dagli autocarri funebri. Le strade saranno pavimentate sul tipo del vialone per Monza e gli autoveicoli potranno procedere a una notevole velocità, senza molte scosse. Le strade saranno anche di facile sgombero, in caso di neve, ed eviteranno che gli autoveicoli vengano danneggiati dalla polvere e dal fango. Una servirà per il viaggio di andata al Cimitero, l'altra per il ritorno. I tram dei morti verranno aboliti e soppresse saranno pure le stazioni funerarie di P. Romana e di P. Volta. La prima costituirà un'area di sfruttamento edilizio, la seconda verrà incorporata nell'ampliamento

Piazzale del cimitero Monumentale del Cimitero Monumentale, ampliamento di cui è nota tutta l'urgenza e che è in corso di attuazione. E' pure allo studio il problema dell'ampliamento di entrambi i Cimiteri principali, e della costruzione di un terzo grande Cimitero cittadino, nella zona S.-E., mentre si procede da una graduale riorganizzazione dei Cimiteri rurali, sopprimendone alcuni, altri ampliandoli, fra questi quello di Greco notevole per la sua linea architettonica. La Morgue.- L'impianto di celle frigorifere per cadaveri, eseguito al Cimitero Monumentale, è sorto in seguito alla necessità veramente sentita di dotare la città di Milano di una sala anatomica veramente moderna, rispondente ai bisogni dello sviluppo sempre crescente della città. Finora, per tale scopo, non si aveva disponibile altró che una sala anatomica annessa al Cimitero di Musocco ad una certa distanza quindi dalla città e che perciò riusciva discomoda e con un servizio abbastanza oneroso per le trasferte. All'impianto in parola venne data come sede la parte di fabbricato del Cimitero Monumentale formante l'ala Est, verso il cimitero degli Israeliti, non essendo stato possibile costruire nè dentro nè fuori in vicinanza del Cimitero stesso un fabbricato apposito.


Cimitero monumentale - Il Famedio Le salme portate alla morgue vengono prima passate al locale di lavatura, per essere poi inviate, a seconda dei casi, alla sala anatomica, o al deposito dei morti in albergo o alla sala di esposizione, o alle celle di conservazione o di congelamento. La Sala Anatomica è un vasto locale; munito di ampi finestroni e lucernari al soffitto, con un tavolo anatomico completamente in porcellana bianca Firesclay girevole a mezzo di sopporto a sfere, perfettamente protetto. Vi sono inoltre due lavabi tipo speciale per ospedali in porcellana bianca pure Firesclay con mensole semplicissime murate. Scarico combinato con troppo-pieno; un lavandino speciale per sale anatomiche, pure in porcellana bianca; un piano in marmo murato, sul quale trovano posto le casse dei ferri, il bunsens, sterilizzatore, il pescacervello, ecc.; completano l'arredo gli armadi e gli attaccapanni di ferro smaltato, un piano di cristallo con robuste mensole di bronzo per poggiare gli attrezzi. Sopra il lavandino di ciascun lavabo sono posti dei piani di cristallo con mensole in bronzo portanti le soluzioni sterilizzanti. La distribuzione di acqua calda e fredda viene effettuata dal gabinetto retrostante di modo che nel locale non corrono tubi. Il riscaldamento dell'acqua è effettuato con scaldabagno automatico a pressione Posto fuori del locale. Un ventilatore potente aspirante e premente posto esternamente aspira da due bocche, disposte in modo da servire l'una per l'inverno l'altra Per l'estate, l'aria viziata e la smaltisce attraverso un camino che l'incanala sopra il tetto. Il riscaldamento è effettuato con una bocca a calore derivata da una grossa stufa di porcellana. L'illuminazione è elettrica a mezzo di un centro posto nel lucernario. Annesso alla sala anatomica ed in comunicazione con questa vi è il gabinetto dei giudici. Il locale per deposito morti d'albergo, ha pareti a smalto e pavimento in gettato di litosilo. I cadaveri vengono depositati su letti di ferro galvanizzati, e materassi rivestiti di pegamo. Una apposita conduttura collegata con un quadro, che si tiene nel locale del custode, permette l'applicazione alle salme di speciali campanelli elettrici di segnalazioni. Annessa alla sala deposito vi è un gabinetto per Parenti e conoscenti che intendono vegliare il morto. La sala d'esposizione dei cadaveri è mantenuta fredda a due gradi sotto zero e completamente isolata. Verso la sala esposta al pubblico la parete porta un'ampia vetrata di tre lastre di cristallo. La sala delle celle è un ampio locale con tre finestre a doppia vetrata avente le pareti, il pavimento ed il soffitto completamente isolati, nonchè mantenuti alla temperatura di 4 gradi e rivestiti come quelli della sala di visita. In essa trovano Posto, disposte in un grande armadio su un'unica fronte, N. 12 celle doppie, ciascuna quindi a due posti. Di queste, tre celle di congelamento, mantengono una temperatura di 15 gradi altre di nove, dette di conservazione, di 3 gradi; ogni cella ha due porte in corrispondenza di ciascun posto, munite di cerniera e chiavistello in bronzo, termometro con custodia e placca pure in bronzo. Il macchinario è costituito da: a) Due compressori verticali, ciascuno di trentamila frigorie. b) I refrigeranti, pure a serpentino, in recipienti in lamiera d'acciaio. c) Due potenti raffreddatori d'aria con relativi ventilatori elettrici tipo scirocco costituiti da fascie di serpentini sezionabili racchiusi in camere isolate. d) Due pompe centrifughe direttamente comandate da motori elettrici per la circolazione del brine. e) I motori elettrici da 25 HP. ciascuno di comando a cinghia dei compressori, col relativo quadro di manovra. Il sistema di raffreddamento è indiretto, ad aria, per locale cella e visita, misto indiretto ad aria e diretto con circolazione di brine per celle e la sala d'esposizione. Il raffreddamento d'aria per i locali di servizio (celle e visita) è distinto da quello per le celle e sale d'esposizione. La distribuzione ad aria diretta viene effettuata per ogni ambiente con due tubi bucherellati in lamierone zincato e verniciato, posti al soffitto. Il raffreddamento diretto viene effettuato con grossi tubi di lamierone zincato in cui circola il brine; applicati al soffitto delle celle e della sala d'esposizione muniti di appositi goccioloni isolati con sughero. Quelli della sala d'esposizione sono mascherati al pubblico con lastre di vetro smerigliato e retinato, la manovra dei rubinetti di sezionamento dei condotti di brine e delle serrande per l'aria viene effettuata da appositi quadri posti all'estremità dell'armadio celle. Per raccogliere i cadaveri destinati a passare alla Morgue venne istituito un servizio di lettiga automobile. Le chiamate nei casi di bisogno vengono fatte dall'Autorità a mezzo telefono direttamente al Cimitero e dal locale « garage » parte direttamente la lettiga col necessario personale, pel luogo di chiamata. Il « chassis » è con motore a benzina. L'istituzione di quest'ultimo servizio è stata consigliata da ragioni igieniche e per togliere alla vista del pubblico l'impressionante spettacolo della lettiga comune a mano percorrente le vie della città. PARTE TERZA

MILANO IN CIFRE (*)

TOPOGRAFIA E METEOROLOGIA.

La sommità delle principali costruzioni edilizie raggiunge le seguenti altezze: Guglia centrale del Duomo (testa della Madonnina), m. 230.92 sul livello del mare; campanile di S. Carlo, m. 191; campanile di S. Eustorgio, m. 179.50; cupola di S. Lorenzo, m. 179.65; cupola di S. Alessandro, m. 173.50; cupola di S. Sebastiano, m. 166.50; Arco della Pace, m. 154.75; cupola della Galleria V. E., m. 168.22 tutti sul livello del mare. Milano occupa presso a poco il centro della pianura padana e trovasi al parallelo 45.27.35.' di latitudine nord e al meridiano 26.51'16 – di longitudine est. La sua elevazione massima sul mare è a porta Nuova : m. 123.35; ma a Dergano - ora Milano - è di 128.57. Già gli storici antichi hanno sempre vantato la salubrità dell'aria di Milano, nonostante le risaie e le marcite che nella parte meridionale della città giungevano fin presso le mura. Ma ben presto si fissavano dal Magistrato straordinario nel secolo XVII norme igieniche, limitando la coltivazione del riso a quattro miglia di distanza dall'abitato. Frequenti nella stagione invernale le nebbie: men frequenti le brine. Le pioggie sono generalmente abbondanti, maggiori nei mesi di maggio, ottobre, novembre. Sulla media delle osservazioni dal 1805 al 1904 si può stabilire una media di precipitazione atmosferica di mm. 1040. Notevole la straordinaria siccità del 1921, che non ha riscontro nella storia delle registrazioni. del R. Osservatorio di Brera, iniziate nel 1764. Infatti, su di una media normale di mm. 1040 si ebbero nel 1921 mm. 433, pari al 42 % della media normale. ('*) Per maggiori dettagli sulle notizie esposte in questa parte IV vedansi gli "Annuari Statistici", pubblicati a cura del Comune di Milano. Interessante altresì è il fenomeno del freddo, che fino al 1924 andò grandemente diminuendo. Infatti, se consideriamo un periodo di circa 75 anni, diviso in tre periodi di 25 anni ognuno (1848-1872; 1873-1897; 1898-1922), si osservano nel primo periodo minimi di temperatura che non vennero più raggiunti nei periodi successivi (-17.2 nel 1855; -15.7 nel 1858). Nel secondo periodo si ebbero minimi che non vennero più raggiunti nel terzo (-13.7 nel 1893; -12 nel 1879). Nel terzo periodo il minimo raggiunto fu di -10 nel 1917. Questa diminuzione, che lasciava presumere la tendenza verso un clima più costante, si è interrotta nel 1925 e 1926: il 18 dicembre 1925 si raggiunsero i 6.5 gradi sotto zero e il 13 gennaio 1926 i 9.1 gradi sotto zero. La neve nell'inverno 1925-26 raggiunse i 90 centimetri.

POPOLAZIONE E SUO SVILUPPO.

Lo sviluppo storico del territorio della città è prodotto da una successiva aggregazione di territori o di frazioni di territori circostanti. Da ciò la sua caratteristica forma di sviluppo ad anelli pressochè concentrici. Il primo nucleo di città quadrata del tempo della Repubblica romana fu superato con uno sviluppo edilizio verso nord e ovest, zone più salubri, così che un primo allargamento della città in senso semi-circolare si ebbe probabilmente al tempo del secondo Triumvirato: mentre l'ampliamento fino a raggiungere i fiumi Seveso, Nirone e Vettabbia corrisponde al periodo aureo dell'Impero e così si mantenne per tutto l'alto medio evo. Dopo la distruzione del 1162 operata da Federico Barbarossa, Milano si estese ai Navigli e fu circondata da terraggi e da mura; restaurate e decorate con salde porte da Azone Visconti nei primi del sec. XIV. Alla seconda metà del secolo XVI è dovuto il giro dei bastioni, opera di un governatore spagnuolo, Ferrante Gonzaga. Milano si estendeva sempre, divorando la campagna. Fu Giuseppe II che formò nel 1781 il Comune dei Corpi Santi, abolito dal Governo di Napoleone, ripristinato ancora dall'Austria nel 1814 e infine, dopo lunghe lotte, nuovamente abolito nel 1873. Il territorio fu nuovamente allargato nel 1918 con l'annessione del Comune di Turro e infine nel 1923 (con R. D. 2 settembre 1923), si aggregarono a Milano i Comuni di Affori, Baggio, Chiaravalle, Crescenzago, Goda-Precotto, Greco Milanese, Lambrate, Musocco, Niguarda, Trenno e Vigentino. La popolazione della città di Milano non superò mai i 120.000 abitanti sotto il dominio spagnuolo : anzi tendeva piuttosto a diminuire che ad aumentare. Fu nel censimento del 1774 che si trovò che aveva oltrepassato 128.000 abitanti e parve una gran cosa, ma nel 1780 sono 134.089 e da allora rimane stazionaria per tutto il resto del secolo XVIII. Nel 1840 circa era salita a 165.186 abitanti, compresavi la guarnigione, che giungeva a 13.748 uomini. Nel 1881 essa è già di 300.000 abitanti e nel 1925 di 877.823! La popolazione di Milano ha subìto un rapido incremento specialmente dopo la unificazione del Regno d'Italia. Questo incremento rapidissimo è dovuto innanzi tutto alla privilegiata posizione topografica, nel centro quasi delle regioni settentrionali italiane che confinano con gli Stati continentali europei, per cui a lei confluiscono le correnti del traffico più importanti, e per la favorevole posizione pianeggiante, che le permette di svilupparsi liberamente in superficie senza ostacoli naturali. Nel 1814 la popolazione contava 152.718 abitanti; cinquanta anni, dopo, nel 1861, ne contava già 242.689, con un aumento del 60 % circa. Dal 1861 al 1921, nel cinquantennio successivo, la popolazione passa da 242.689 a 718.841, con un aumento del 200 %; la popolazione è cioè triplicata. Non solo qunidi un aumento considerevole in cifre assolute, ma anche in rapporto alla rapidità dell'incremento. Al 31 dicembre 1925 - in seguito all'aggregazione di undici Comuni finitimi a Milano, ed ormai formanti da alcuni anni un tutto unico con la vecchia città - la popolazione è arrivata a 877.823 abitanti : Milano diventa così la città più popolosa d'Italia. Dal 1861 al 1925 l'incremento di popolazione è stato del 266 % circa.

(vedi immagine corrispondente)

Il grafico che pubblichiamo mette a confronto gli indici di variazione della popolazione di Milano con quelli del Regno, i cui dati sono così riassunti : Anni Milano Regno 1861 242.689 100 21.777.334 100 1881 321.839 132.6 28.459.628 130.6 1901 491.460 202.5 32.475.253 149 1911 599.200 246.9 34.394.325 167 1921 718.481 296 37.171.084 170.7 1922 722.377 297.46 37.607.487 172.7 1923 730.701 301.08 38.044.341 174.7 1924 864.790 356.3 40.017.000 184.2 1925 877.823 366

(vedi anche tabella in originale) L'aumento della popolazione dal 1911 al 1921 è stato nel complesso del Comune pari al 20.12 %.

La seguente tabella indica anche l'incremento della popolazione in (epoca dell'ultimo censimento)

(vedi tabella corrispondente)

L'aumento della popolazione però è stato assai diverso nelle diverse zone e quartieri in cui si usa suddividere la città ai fini statistici. La parte centrale e più antica del Comune subisce un aumento molto lieve, dal 1911 al 1921, del 6.3 %, poichè qui si è ormai raggiunto - o si è prossimi a raggiungere - la saturazione e si verifica una progressiva trasformazione delle case d'abitazione in uffici, studi, aziende commerciali, ecc., per lasciare posto alla classica city o centro degli affari che sta ora trasformandosi anche mediante demolizioni e sventramenti, di cui si è accennato nel capitolo relativo all'Edilizia e Piani regolatori. La zona dai navigli alle mura spagnuole ha subìto un aumento del 10.5 %; quella dalle mura spagnuole alla cinta daziaria del 23.1 % e quella dalla cinta ai confini del Comune del 37.9 %. Gli undici Comuni aggregati a Milano e finitimi al vecchio centro hanno subìto ognuno aumenti assai diversi e disparati a seconda della diversa natura dei Comuni stessi, alcuni con caratteristiche prettamente industriali e sede di grandi stabilimenti, altri di natura ancora in gran parte rurale. L'aumento massimo della popolazione è avvenuto per i Comuni posti a nord ed est della città, verso cui va indirizzandosi lo sviluppo cittadino. Dal 1911 al 1921 il Comune di Niguarda che ha cominciato più tardi degli altri il processo di urbanizzazione - ha avuto un aumento del 60 %, Lambrate del 47.5 %. Gli altri Comuni a nord un aumento variante dal 38 % al 28 %. Nel complesso la popolazione degli undici Comuni aggregati ha subìto in un decennio un aumento del 25.4. % E' di grande interesse, per lo studio dello sviluppo cittadino, conoscere in quale direzione si vada preferibilmente estendendo la città. Esaminando l'incremento della popolazione dal 1911 al 1921 in tutte le zone cittadine, si constata una spiccatissima tendenza all'addensamento in direzione nord ed est. Nella zona fra le mura spagnuole e la cinta daziaria, la popolazione di abitanti 424.863 (l.° dicembre 1921) è raggruppata a nord ed est (Mandamenti V, VI e VII) pel 57 % (il 12 % a ovest ed il 34 % a sud), non solo, ma le 80.206 persone stabilitesi in questa zona dal 1911 al 1921 si sono addensate per il 61 % a nord ed est (il 14 % a ovest e il 25 % a sud). Nella zona fra la cinta daziaria ed i confini del Comune, la popolazione, al 1.° dicembre 1921 (38.577), è posta per il 63 % a nord ed est (6 % a ovest e 31 % a sud): dal 1911 al 1921 le 10.611 persone stabilitesi in questa zona hanno preso dimora per 1'80 % a nord ed est (2 % a ovest, 18 % a sud). Nella popolazione degli undici Comuni aggregati (115.311), i Comuni posti a nord ed est (Crescenzago, Gorla-Precotto, Greco, Níguarda, Affori, Musocco e Lambrate) rappresentano il 76 % della popolazione complessiva (era il 69 % nel 1901 e il 75 % nel 1911): nel ventennio dal 1901 al 1921 la popolazione ha subìto un aumento di 67.685 abitanti; di questi 1'82 % si è stabilito a nord ed est (7 %a ovest e 11 % a sud). Se si esaminano anche i Comuni confinanti col nuovo Comune di Milano, si osserva che i Comuni a nord ed est (Vimodrone, Cologno, Sesto, Bresso, Cormanno, Novate, Bollate, Arese, Mazzo, Segrate, Linate, S. Donato) rappresentano, al 1.° dicembre 1921, più del 58 % della popolazione di tutti i Comuni. La popolazione di questi aumentò, dal 1901 al 1921, di 91.791 abitanti: di questi 52.828 (62.34 %) si stabiliscono a nord ed est.

(vedi cartina in originale) Lo sviluppo nella direzione nord-est ed est è giustificato, oltre che dal clima più salubre e dal terreno più adatto, dal fitto sviluppo delle vie di comunicazioni al nord della città. Nella cartina della Provincia di Milano che precede, i Comuni sono segnati con circoli proporzionali alla popolazione presente all'epoca dell'ultimo censimento. Da essa risulta evidente come i centri più popolosi, che sono in gran parte centri industriali, si trovino al nord, gravitando economicamente sulla città di Milano.

SUPERFICIE - DENSITÀ DELLA POPOLAZIONE.

Milano nei suoi nuovi confini ha una superficie di mq. 181.507.652. (Per effetto della aggregazione degli undici Comuni finitimi, l'aumento è stato di oltre mq. 105 milioni; pari cioè al 140 % della superficie del vecchio Comune).

(vedi cartina corrispondente)

(Densità della popolazione milanese (per 1000 mq.) e confini del Comune dopo l'ampliamento (1923). Prima di questa aggregazione, Milano aveva una delle superficie più ridotte di tutte le grandi città italiane. (Roma ha invece un territorio vastissimo, superiore di dodici volte alla superficie attuale di Milano). La densità della popolazione milanese nel vecchio confine (cioè nel suo cen- tro urbano) era di 0.97 abitanti per 100 mq.; dopo la aggregazione, e cioè nei suoi confini attuali, la densità è discesa a 0.48 abitanti per 100 mq., cioè circa dimezzata. Il perimetro della città misurato alle mura spagnuole è di m. 12.801; la nuova cinta daziaria allargata misura km. 29. Per avere un'idea chiara della diversa distribuzione della densità nelle varie zone del Comune, vedasi il grafico che precede. Il massimo della densità milanese entro la parte più antica è di 3.5 abitanti per 100 mq. (a Berlino nella parte più centrale e più densa di Friedrichstrasse è di 3.58) e va gradatamente scemando con l'avvicinarsi ai confini periferici. Degli undici piccoli Comuni, il più denso è Greco con 0.55 abitanti per 100 mq. Ecco la densità di alcuni grandi centri demografici per 100 mq. : Parigi, 3.74; Londra, 1.50; Bucarest, 1.21; Amburgo, 0.75; S. Paolo, 0.57; Milano, 0.47; Cairo, 0.45; Berlino, 0.43.

SESSO.

La popolazione milanese, compresa la guarnigione, è composta, al 1.° dicembre 1921, di maschi 346.832 e femmine 371.957, cioè 93.1 maschi per 100 femmine. Nel 1871 vi erano 104.17 maschi per 100 femmine; nel 1881: 103 maschi per 100 femmine; nel 1901: 98.2; nel 1911: 97.2 e 93.1 nel 1921. Grande esuberanza di femmine si trova sopratutto nella popolazione con dimora occasionale (domestiche e contadine). La corrente immigratoria, come vedremo meglio avanti, portò a Milano, negli ultimi decenni, un sempre maggior numero di femmine. Da qui l'esubero della popolazione femminile, che è però caratteristico di tutti i grandi centri urbani.

FAMIGLIE E CONVIVENZE. La popolazione del nuovo Comune di Milano alla data del censimento si ripartiva nel modo seguente: Convivenze (alberghi, caserme, ospedali, ecc.) N. 688 con 41.062 abitanti Famiglie » 227.364 » 793.060 » Convivenze e famiglie . . N. 228.052 » 834.122 »

Nel vecchio Comune si avevano 199.450 famiglie con 683.449 componenti, cioè una composizione media di 3.41 persone per famiglia. Si avevano 3.64 componenti in media nel 1881; 3.62 nel 1901; 3.57 nel 1911. Tale numero varia però nelle diverse zone: è dí 3.2 nella zona centrale (entro le mura spagnuole), di 3.55 nella zona che va dalle mura spagnuole alla cinta daziaria; di 4 dalla cinta daziaria ai confini del vecchio Comune e nei nuovi Comuni aggregati. Secondo il numero dei membri censiti presenti alla data del censimento, le 227.364 famiglie si classificavano nel modo seguente:

(vedi tabella corrispondente) (vedi tabella corrispondente)

A Berlino, dove il numero medio è di due persone per famiglia, il numero delle famiglie composte di una sola persona rappresenta il 50 % ! Secondo il tipo della loro composizione, le famiglie suddette presentavano la seguente ripartizione : (vedi tabella corrispondente)

Le famiglie suddette, ricondotte alla loro composizione naturale, escludendone cioè i domestici, i garzoni, gli estranei ed includendovi invece i membri (parenti ed affini) temporaneamente assenti, si distribuivano, secondo le varie condizioni sociali dei rispettivi capi famiglia, nel modo seguente : (vedi tabella corrispondente) ALFABETISMO. I progressi dell'alfabetismo sfacenti, come Io dimostrano le nella popolazione milanese sono veramente soddicifre seguenti: Censimenti Analfabeti Analfabeti su 100 censiti (da 6 anni in su) 1871 57.524 24.19 1881 56.761 19.64 1901 46.165 10.44 1911 30.530 5.64 1921 20.608 3.06

ETÀ. La ripartizione degli abitanti nel nuovo Comune secondo l'età ed il sesso è data dalle cifre seguenti:

(vedi tabella corrispondente) (vedi immagine grafico corrispondente) Distribuzione della popolazione milanese per grippi di età, sesso e stato civile Per esaminare convenientemente gli effetti demografici degli avvenimenti eccezionali del decennio, è necessario mettere a confronto i risultati del censimento 1911 con quelli del 1921 (vecchio Comune) :


(vedi tabella corrispondente) La forte ripercussione della guerra sulle nascite ha diminuito fortemente la popolazione infantile, mentre, per gli altri gruppi di età, la ripercussione, nel 1921, si era già attenuata. È evidente l'influenza del fenomeno bellico nei gruppi dai 10 anni in su: in questi gruppi di età, infatti, l'aumento della popolazione femminile è sensibilmente più elevato di quello verificatosi nella popolazione maschile. Sul complesso, ad un aumento del 23.44 ,g, della popolazione femminile, corrisponde un aumento del 16.44 % nella popolazione maschile. Il gruppo da 0 a 5 anni costituiva, nel 1911, 1'8.14 % della popolazione complessiva, ma nel 1921 rappresenta solo il 5.47 % (costituiva l'8.47 % nel 1881; l'8.4 % nel 1901). II gruppo da 65 anni in su subisce invece un incremento proporzionale: esso infatti rappresentava il 4.84 % nel 1911 (4.62 % nel 1901 e il 4.87 % nel 1881) e nel 1921 costituisce il 5.42 %. È opportuno anche esaminare il sesso nei diversi gruppi di età (vecchio Comune). (vedi tabella corrispondente)

Nei gruppi di età fino a 10 anni la prevalenza maschile è in forte aumento, mentre negli altri gruppi di età la popolazione femminile, che nel 1881 era inferiore (eccetto il gruppo da 65 anni in su), sopraffà nettamente nel 1921 la popolazione maschile. Ciò va imputato in parte alle falcidie maschili operate dalla guerra, in parte alla pandemia grippale del 1918 (in cui morirono 126 maschi per 100 femmine) e all'eccedente immigrazione di femmine in età adulta.

Età media. - Lo studio della popolazione nei suoi gruppi di età va completato con i dati relativi all'età media (media ponderata della popolazione nei suoi gruppi di età). Ecco i dati relativi (vecchio Comune): ETA MEDIA AI CENSIMENTI 1871 1881 1901 1911 1921 Celibi 19.62 17.90 17.99 20.34 Nubili 18.59 17.87 I 7.98 20.99 Media 19.15 17.89 17.98 20.66 Coniugati 43.90 43.42 42.54 45.02 Coniugate 38.39 38.77 38.42 41.26 Media 41.15 41.09 40.50 43.15 Vedovi 57.78 58.16 58.55 60.08 Vedove 56.50 57.25 58.42 5 59.23 Media 56.84 57.47 58.45 59.42 Maschi 29.72 28.77 28.77 31.54 Femmine 30.12 29.91 30.10 32.92 Complesso 30.02 29.97 29.34 29.62 32.21 MASCHI PER 100 FEMMINE Gruppi di età 1881 1901 1911 da O a 5 99.34 100.07 99.80 5 a 10 85.97 100.94 98.63 10 a 15 102.91 100.33 104.12 15 a 45 107.10 102.09 103.47 45 a 65 101.24 90.57 91.24 65 in su 86.64 78.12 71.97 23

(vedi anche in originale) Il cospicuo aumento dell'età media dal 1911 al 1921, va ricollegato con la diminuzione della popolazione infantile e con l'incremento nel gruppo dai 65 anni in su: si tratta così di un aumento che sta ad indicare un regresso demografico. La tabella precedente ci mostra quali variazioni si siano operate nell'età media degli sposi e delle spose o dei vedovi e vedove. 1911 CENSIMENTI 1921 (vedi immagine corrispondente9

N1 1881 le donne coniugate erano, in media, più giovani dei mariti di anni 5.51; nel 1901 la differenza d'età scende a 4.65; nel 1911 a 4.12; nel 1921 a 3.76. L'età media sia dei maschi che delle femmine cresce a causa della guerra che mobilitò le classi più giovani e facilitò i matrimoni fra persone in età più avanzata, come vedremo meglio avanti. L'età media dei vedovi e vedove segna un incremento continuo dal 1881 al 1921, per cui l'età media passa da 56.84 nel 1881 a 59.42 nel 1921. La differenza d'età fra vedovi e vedove, che era di anni 1.28 nel 1881, si riduce a 0.91 nel 1901, a 0.13 nel 1921 e sale a 0.85 nel 1921. L'età media delle femmine, nel complesso della popolazione, è sempre più elevata di quella dei maschi, ma mentre nel 1881 la differenza è solo di anni 0.40, essa sale a 1.11 nel 1901, a 1.33 nel 1911 e a 1.38 nel 1921.

PROFESSIONI E CONDIZIONI.

La popolazione del nuovo Comune, di età superiore ai 10 anni, si ripartiva nel modo seguente per grandi categorie professionali:


(vedi tabelle corrispondenti) Da queste cifre risulta nettamente la complessa fisionomia economica di Milano, in cui la popolazione industriale ha il predominio, ma dove pure sono fortemente rappresentate le altre categorie e cioè gli addetti al commercio, ai servizi domestici; le condizioni non professionali (e cioè benestanti e possidenti - 6600 - pensionati - 7462 - studenti e scolari - 66.229 - attendenti a casa 179.197, ecc.); le professioni e arti liberali, gli impiegati pubblici e privati. Le donne rappresentano una parte cospicua della popolazione produttiva (il 31 %, nelle industrie, il 26 % nel commercio, il 90 % dei servizi domestici).


(vedi immagine corrispondente)

Distribuzione proporzionale della popolazione addetta alle industrie per rami d' industrie e per sesso

Fra le professioni ed arti liberali il massimo numero è costituito dalle persone dedite all'insegnamento che sono, nel nuovo Comune, 7069; quelle addette alle professioni sanitarie sono 4741, di cui 1063 chirurghi (22 donne), 957 levatrici, 720 farmacisti, 1557 infermieri (di cui 1164 donne); le professioni legali sono esercitate da 1704 persone (di cui 3 donne); le lettere e le scienze applicate sono rappresentate da 4326 persone (di cui 182 donne); le arti belle raccolgono nelle loro file 5065 persone, di cui 1330 donne. Si tratta però, per queste ultime, di un complesso di professioni dalle più umili alle più elette: vi troviamo 369 addetti a circhi equestri, suonatori ambulanti, ecc., insieme a 895 pittori, scultori, miniatori; gli artisti di canto, coristi, ecc., sono 1099 (577 maschi e 522 femmine). La popolazione addetta alle industrie e ai commerci (che rappresenta circa il 50 della popolazione complessiva) si ripartisce nel modo seguente nei riguardi della posizione professionale :

(vedi tabelle corrispondenti)

Da queste cifre risultano nettamente le caratteristiche delle due branche : industria e commercio. Nella prima si ha più dell'85 % di operai e circa il 2 % di padroni o direttori (in media 45 operai per padrone, direttore o capo), mentre nella seconda più di un terzo è costituita dai commercianti in proprio. Le cifre che seguono danno anche una interessante analisi della popolazione industriale secondo le diverse categorie d' industria :


(vedi tabella corrispondente) Nel complesso le professioni più rappresentate sono quelle dell'industria metallurgica e meccanica (24.12 %) in cui scarseggia la mano d'opera femminile; seguita dall'industria del vestiario e abbigliamento (18.51 %) in cui prevale invece la mano d'opera femminile, e dall'industria dei trasporti (13.55 %). A distanza seguono le industrie tessili, del legno e affini, l'edilizia, le industrie chimiche, di spoglie animali : queste rappresentano dal 5 al 6 % del totale. Le altre categorie rappresentano invece dal 2 al 3 %. Le donne, oltre che nell'industria tessile e del vestiario, si trovano in proporzione notevole nella industria chimica (9.18 %) e meccanica (6.87 %). Il grafico che precede illustra chiaramente la distribuzione professionale della popolazione industriale anche in rapporto al sesso.

  • * *

Per i confronti col passato, bisogna limitarsi al censimento del 1911 e al vecchio Comune. I dati più interessanti sono quelli relativi ai grandi gruppi professionali :

(vedi tabella corrispondente) Risulta così che l'aumento decennale della popolazione è principalmente dovuto al commercio, alle condizioni non professionali (benestanti, studenti, ricoverati, malati, ecc.) e agli impiegati d'amministrazione pubblica o privata. In questo cospicuo incremento la popolazione industriale non ha che una parte assai limitata. Gli è che il grande centro urbano non può ormai più costituire la sede delle grandissime industrie, che ragioni economiche e tecniche spingono fuori Milano. Attorno al grosso nucleo di industrie ora esistenti (la cui popolazione rappresentava il 41.3 % della totale nel 1911 e il 34.5 % nel 1921) si va ingrossando la popolazione dedita all'amministrazione delle industrie poste fuori Comune, al commercio, alle banche, agli impieghi, allo studio e ai divertimenti. Solo le recenti aggregazioni hanno, in certo qual modo, equilibrata la proporzione apportando una popolazione di 94.930 persone (di cui 43.942, e cioè il 46.5 %„ è dedito alle industrie) e una zona di aree libere fuori dazio bene utilizzabili ai fini industriali. Queste osservazioni sono suffragate dai confronti col 1911 nelle diverse branche d'industrie; si osserva infatti che l'incremento si è avuto oltre che nel ramo metallurgico e meccanico (aumento di 5650), nelle piccole industrie: quelle utilizzanti le spoglie animali (peli, pelli, budella, ecc.), che aumentarono di 2628; quelle poligrafiche (1289 e quelle dei trasporti (9452). E' interessante notare come ad un aumento della popolazione industriale, in confronto al 1911, del 3.5 % corrisponda quello di 90.8 % del commercio. In questa categoria si osserva ancora il fortissimo aumento, delle donne (esse sono più che triplicate) che entrano in sempre maggior numero nelle aziende e società commerciali, bancarie, ecc. Lo stesso fenomeno, in proporzioni minori, si ripete nelle amministrazioni pubbliche e private e nelle professioni e arti liberali. Nei servizi domestici l'uomo tende sempre più a diminuire, sostituito, ad usura, dalle donne. L'altro confronto con il censimento anteguerra è quello relativo alla posizione della popolazione nelle industrie e nei commerci. I due prospetti che seguono ne fanno (vedi tabelle corrispondenti) Una diminuzione quindi nelle industrie nei direttori e padroni, dovuta alla trasformazione dell'artigianato in salariato e all'accentramento industriale, un aumento di commercianti lavoranti in proprio, ed un cospicuo accrescimento negli impiegati e commessi occupati nel commercio e nelle banche. I salariati industriali aumentano solo di 12.671. Si mettono così in evidenza anche qui le caratteristiche, già accennate, sullo sviluppo di Milano negli strati economico-sociali della sua popolazione.

STATO CIVILE E LUOGO DI NASCITA. Secondo lo stato civile la popolazione del nuovo Comune si distingueva, al 1.° dicembre 1921, nel modo seguente : CIFRE ASSOLUTE (vedi tabella corrispondente)

I celibi costituiscono quindi la maggioranza della popolazione e sono in maggior proporzione fra i maschi. Altrettanto dicasi per i coniugati. In numero sensibilmente superiore sono invece le vedove. Per quanto riguarda i confronti col passato - che si limitano al vecchio Comune - si nota una diminuzione di celibi ed un aumento dei coniugati, come mostrano le seguenti cifre percentuali : (vedi tabella corrispondente)

Per quanto si riferisce al luogo di nascita abbiamo costruito i seguenti prospetti : (vedi tabella corrispondente) (vedi tabella corrispondente)

Le due colonne pel 1921 indicano: la prima la popolazione del nuovo Comune, la seconda quella del vecchio Comune. Dal 1871 al 1911 i nati in Milano segnano una regressione continua, ma nel 1921 si ha un balzo all'insù, spiegabile col fatto che gli immigrati definitivamente stabilitisi a Milano prolificano... cittadini milanesi.

ABITAZIONI E SOVRAFFOLLAMENTO. Nell'esaminare i dati demografici più importanti è necessario parlare anche del modo con cui la popolazione vive nelle proprie case, e cioè delle abitazioni. A Milano al 1 dicembre 1921 si censirono 188.805 abitazioni composte di 543.128 locali, abitati da 680.604 persone, così suddivisi: 141.323 abitazioni, cioè il 75 %, da 1 a 3 locali, con un numero di 269.677 locali, cioè quasi il 50%, dei locali e 473.048 abitanti (70 %). 35.697 abitazioni, circa il 20 %, da 4 a 6 locali, con un numero di locali pari al 34 % del complesso; il rimanente di abitazioni da 6 e più stanze. Poichè le piccole abitazioni nelle grandi città sono spesso anche l'indice del sovraffollamento, è interessante vederne i confronti con altre città. Prendiamo, ad esempio, Berlino e Parigi. Abbiamo su 100 abitazioni : 1 a 3 4 a 6 7 e più locali locali locali Milano 75 20 5 Parigi 84 12 4 Berlino 64 28 8 Per quanto riguarda l'affollamento medio, nel complesso della città si hanno, 1258 persone per stanza (1.27 nel 1881 e 1.25 nel 1911). Con estremi massimi nelle piccole abitazioni dove si arriva alla media di 2.37 persone per le abitazioni di un locale, 1.8 di due locali e 1.3 di tre locali. Considerando poi come sovraffollate le abitazioni con più di due persone per stanza, si calcolarono esistere, al 1° dicembre 1921, ben 39.951 abitazioni (21.16 per cento del totale) in condizioni di sovraffollamento. Queste abitazioni accoglievano 200.083 abitanti (circa il 30 %). Di queste 200.083 persone sovraffollate, il 37.6 % si trovava nelle abitazioni di un locale, il 50 % in abitazioni di due stanze e il 10 % nelle abitazioni di tre stanze: il sovraffollamento quindi si può considerare quasi completamente circo- scritto alle abitazioni da una a tre stanze. Nelle abitazioni di un locale, il 66.92 per cento è sovraffollato, in quello di due locali la percentuale scende al 41.25 % e al 17 % nei locali di tre stanze. In rapporto alla condizione sociale, si riscontrò che gli operai delle industrie e le persone di fatica e servizio rappresentano il 75 % delle persone sovraffollate (di cui il 23.8 % relativo alle persone di fatica e servizio). Esaminando il problema nelle diverse zone della città, troviamo che le abitazioni composte di maggior numero di locali si trovano nella zona compresa entro le mura spagnuole, in cui in media si han- no 3.6 locali per abitazione; si scende a 2.5 locali nella zona fra le mura spagnuole e la cinta daziaria e a 2 locali nella zona fra la cinta e i confini del Comune. L'affollamento medio nelle diverse zone è chiaramente indicato nel grafico a pagina seguente. Il minimo affollamento è di 0.64 ed è limitato alla zona fra il naviglio e le mura spagnuole verso Porta Venezia, il massimo è di 2.01 nell'ex-Comune di Turro. Per quanto riguarda la percentuale degli abitanti sovraffollati in ogni zona o frazione in cui si è divisa la città, troviamo i massimi nella zona periferica ed i minimi in quella centrale. A completare il quadro sommario, deve essere tenuto presente che al dicembre 1921 si censirono 26.153 locali originariamente costruiti per abitazione successivamente destinati invece ad usi commerciali, industriali, uffici, ecc. Questo fenomeno si è verificato entro le mura sovraffollate nelle abitazioni di spagnuole: qui infatti si censirono 21.028 stanze locali di questo tipo, pari all'81.08 % del complesso. Per quanto concerne l'incremento delle nuove costruzioni dal 1921 al 1925, vedansi le cifre contenute nella seconda parte « Edilizia ».

Subaffitti. - Alla data del censimento si rilevarono a Milano 11.453 abitazioni in subaffitto (circa il 6 %,) di cui 1264 senza mobili e 10.189 con mobili. Il maggior numero di abitazioni in subaffitto è confinato nella zona entro le mura spagnuole (42. %) e da queste alla linea daziaria (57 %), nella sola parte, però, a nord e ad est (nella direzione cioè in cui si trova la maggior patte della popolazione) come dimostra la cartina a pag. 360. La maggioranza dei subaffittuari è costituita di studenti e scolari, impiegati e commessi ed operai.

MATRIMONI. L'indice di matrimonialità o tasso di nuzialità ha subìto, come è noto, variazioni assai forti durante quest'ultimo decennio turbato dalla guerra. Prima della guerra a Milano la proporzione dei matrimoni oscillava fra l'8 ed il 6 per mille abitanti, intorno ad un livello press'a poco stabile, ma relativamente basso. (Nel

(vedi grafico corrispondente) 1912 avevamo l'11.03 a Berlino; l'8.86 a Copenaghen; il 9.34 a Londra; l'11.50 a Parigi; il 9.37 a Stoccolma ed il 7.70 a Milano). Durante la guerra scese fino al 3.4 per mille nel 1916 ! Subito dopo la guerra si ha invece uno sbalzo in su fortissimo con il massimo del 10.91 nel 1920 e 10.13 nel 1921. Dopo questa ripresa - comune a tutti i paesi del mondo, compresi i neutrali - si ritorna però rapidamente alle cifre prebelliche. L'indice scende già a 7.81 nel 1923, a 7.19 nel 1924 e a 7.36 nel 1925. A Milano il massimo numero dei matrimoni si compie nei mesi di aprile e di ottobre. Nei riguardi dei gruppi di età, il massimo numero di matrimoni avviene fra i 25 ed i 29 anni per gli sposi (42.3 %,) e fra i 20 ed i 24 anni per le spose (38.1 %).

(vedi immagine corrispondente) Affollamento medio(persone per locale)nelle diverse zone di Milano Su 100 sposi, l'80 % circa contrae matrimonio prima del 35° anno d'età, e su 100 spose il 77 % entro i 30 anni di età. Nei riguardi dell'età media degli sposi, osserviamo che essa prima della guerra era di 29 anni e quella delle spose di 25.6 anni; durante la guerra essa aumenta rispettivamente a 31.1 pei maschi e 27.5 per le donne. Nel dopo guerra anche l'età media si accosta a quella anteguerra. sposi e 26.5 per le spose. L'età media è infatti di anni 30 per gli e 26,5 per le spose La differenza di età che dal 1910 al 1914 è di anni 3,6 passa a 3,8 Nel periodo bellico l'età degli sposi aumenta di 25 mesi e quella delle spose di 23 mesi a causa dei richiamati alle armi nelle età giovanili. Nel dopo guerra abbiamo una differenza massima di anni 4.5 nel 1919 (31,8 per le spose e 27,3 per gli sposi). Nel dopo guerra la differenza sale ad anni 3.9


(vedi immagine corrispondente) Le abitazioni in subaffitto nelle varie zone cittadine NASCITE.

Anche a Milano il rapido processo di urbanesimo ha portato ad una rapida diminuzione della natalità. Nel 1882 - l'anno che segna l'inizio del progresso rapidissimo di Milano in ogni manifestazione della sua vita demografica ed economica - si avevano 33.32 nati per mille abitanti; negli anni immediatamente precedenti la guerra (1911-1914) il rapporto era sceso a 22.46 per mille; durante la guerra il quoziente raggiunse il minimo del 11.54, per riprendere nel dopo guerra e portarsi al massimo di 18 nel 1920 e da questa data diminuisce progressivamente fino al 14.25 nel 1924 e 14.13 nel 1925. In confronto al 1882, la diminuzione è del 58 % ! La natalità milanese è una delle più basse dei grandi centri urbani, superiore solo a Berlino e Stoccolma. Nel 1923 abbiamo infatti, su 1000 abitanti, 21.15 nati ad Amsterdam, 28.62 a Barcellona, 10.11 a Berlino, 20.40 a Copenaghen, 20.06 a Londra, 17.17 a Parigi, 13.04 a Stoccolma, 20.96 a Washington, 18.83 a Zurigo. Per le grandi città italiane si avevano le seguenti cifre (1923): 25.43 a Napoli, 25.37 a Roma, 11.94 a Torino, 14.89 a Genova, 16.43 a Firenze, 25.59 a Catania, 16.87 a Bologna, 27.15 a Messina, 24.55 a Venezia, 20.34 a Livorno, 42.06 a Bari, 25.42 a Padova, 27.10 a Ferrara, 29.78 a Taranto. Per quel che riguarda i sessi dei nati nel periodo antebellico (1879-1914) si


(vedi grafico corrispondente) ebbero in media 103.8 maschi per 100 femmine. Tale rapporto per i quattro anni di guerra aumentò a 105.8 e progredì ancora nel triennio 1919-1921 con 106.2 maschi per 100 femmine, ma nel 1924 siamo a 102.98 maschi per 100 femmine e si scende ancora a 102.79 nel 1925. Per quanto riguarda le nascite illegittime, esse rappresentavano il 10.07% dal 1880 al 1896; scesero al 9.5 % dal 1896 al 1914; raggiunsero il massimo durante la guerra (media 14.05 % - 1918: 16.30); per ridiscendere rapidamente nel dopo guerra al 10.6 nel 1925, al 9.73 nel 1924 e al 10.02 nel 1925. Per le altre città italiane si avevano nel 1923 le seguenti cifre: Bologna 14.46, Firenze 11.7, Roma 10.78, Genova 9.79, Napoli e Torino 7.46, Venezia 7.28, Messina 7.19, Catania 6.25. Su 100 nati illegittimi, i nati da genitori ignoti segnarono una progressiva diminuzione: 76.8 nel periodo 1890-1896, 41.5 nel periodo 1897-1905; 22.3 nel periodo 1906-1914 e 14.3 nel periodo 1920-1923. La natalità va messa anche in rapporto alle donne in età feconda - cioè dai 15 ai 45 anni. La proporzione di esse, sul totale della popolazione, non è variata sensibilmente: era del 51.27 % nel 1881; del 50.30 nel 1901; del 52.29 nel 1911 e del 54.50 nel 1921; non vi può quindi essere correlazione fra queste variazioni e le variazioni della natalità. La frequenza delle nascite (legittime e illegittime) riferita a 1000 donne in età feconda è stata la seguente: (vedi tabelle corrispondenti) Questa diminuzione della natalità è meno sensibile di quella riferita a 1000 abitanti: è infatti del 52.5 % (58 % riferito a 1000 abitanti). Le donne coniugate su 1000 donne in età feconda sono andate crescendo fino al 1911 (19.76 % nel 1881; 49.64 nel 1901; 50 % nel 1911), solo nel censimento 1921 segnano una discesa (44.93 %). Mettendo in rapporto le nascite (legittime) con le sole donne coniugate in età feconda abbiamo i seguenti dati: (vedi tabelle corrispondenti) Dal 1881 la diminuzione è pari al 51.31 %. Questa diminuzione sta evidentemente a dimostrare come la forte diminuzione della natalità non possa imputarsi, principalmente, che alla limitazione volontaria della prole.

I nati-morti prima della guerra prendevano una percentuale variante dal 3 al 4 %; salì durante la guerra fino al 6.46 % (1918), per ridiscendere oscillando successivamente fra il 4.3 ed il 5 %, ad un livello cioè superiore a quello anteguerra. La nati-mortalità milanese è una delle più basse in confronto ai grandi centri italiani. Su cento concepimenti fecondi (nati-vivi, più nati-morti, più aborti), i nati-vivi rappresentano in tempi normali il 92 % circa (si scese all'88 % nel 1918), i nati-morti, che nell'anteguerra occupavano il 3.50 %, aumentano al 4.50 % nel dopo guerra (1919-1924) e per conseguenza scema dell'1 % la proporzione degli aborti. La nati-mortalità è assai più elevata fra gli illegittimi che fra i legittimi. Nel periodo dal 1875 al 1923 (496.338 nati vivi e nati morti), la percentuale dei nati morti legittimi (in confronto a 100 nascite legittime) è del 3.38 %; l'analoga per- centuale per i nati morti illegittimi è del 5.55% ! I parti multipli su 100 parti rappresentavano l'1.11% nel 1914 ed ebbero un minimo nel 1923 con 0.90 (media 1914-1921: 1.11). Nelle altre città italiane per «il periodo 1914-1923 si hanno le seguenti percentuali : Torino 0.93, Bologna 1.17, Firenze 1.24, Venezia 1.54, Ferrara 1.49, Trieste 1.49 (Regno 1.17).

MORTI. Parallelamente alla rapida diminuzione della natalità si ha - fortunatamente - una diminuzione della mortalità altrettanto cospicua. Mentre la mortalità nella popolazione di fatto nel 1878 ammontava al 32.76 % (ed era superiore a quella del Regno pari a 29.18 %), dal 1878 al 1896 scese al 28 per mille, dal 1896 al 1914 al 20 per mille (con una media di 16.50 per mille nel triennio 1912-1914). Dopo la parentesi bellica (in cui si arrivò al 25.51 per mille nel 1918) si scende rapidamente al 14.15 nel 1921, 13.49 nel 1923 e 13.17 nel 1924. Quindi la mortalità si abbassa in misura maggiore della natalità, lasciando quindi intatta o aumentando la differenza fra nascite e morti. La mortalità milanese è più bassa di quella degli altri maggiori centri urbani d'Italia. Abbiamo infatti (1923) a Torino il 14.57, Firenze 15.42, Venezia 17.37, Napoli 16.49, Genova 14.56, Trieste 14.90 (Italia 16.56). Facendo 100 la mortalità per mille abitanti del 1878; nel 1924 l'indice segna 40.20: una diminuzione del 60 % ! Nel 1925 si sale a 14.15 per mille abitanti. Per dare un'idea relativa della mortalità milanese, diamo anche le seguenti cifre relative ad alcuni grandi centri es'eri nel 1922:

(vedi tabelle corrispondenti)

Nel 1925 la mortalità maschile è stata assai elevata portandosi a 107.53 per 100 femmine. Per quanto riguarda la stagionalità dei morti, si è osservato che in 34 anni, dal 1890 al 1925, il massimo numero dei morti si raggiunge 20 volte in gennaio, 6 volte in febbraio, 5 volte in dicembre e 4 volte in ottobre. Il minimo si ha per 18 volte in settembre, 9 volte in novembre e 4 volte in ottobre. Nei mesi di inverno si hanno le punte più elevate, mentre in settembre e novembre si hanno i minimi. Tali variazioni stagionali vanno messe in rapporto anche alla stagionalità spiccata di certe malattie e ai gruppi dí età (come, ad esempio, la tifoide che si manifesta maggioramente in estate ed autunno, il morbillo, essenzialmente primaverile, ecc.) Pei vecchi si ha la massima mortalità in inverno e la minima in estate; i bambini nel primo anno di vita presentano la mortalità più elevata nei periodi di caldo intenso e del freddo invernale. La maggior mortalità maschile si ha anche a Milano nel gruppo di età da 0 a 1 anno (123 maschi per 100 femmine) e nel gruppo da 30 a 70 anni (125); il minimo è da 70 in su (87) e da 5 a 30 anni (93). Ecco i dati della mortalità per gruppi di ed per 100 coetanei viventi: PERIODI A meno di Da 5 a. 10 anni Da 10 a 15 anni Da 15 a 30 anni Da 30 a Da 70 Totale 5 anni 70 anni in su 1880 - 1884 11.31 1.51 0.82 1.27 2.50 14.50 31.91 Percentuale 35.44 4.73 2.57 3.98 7.83 4,5.45 100.- 1900 - 1904 7.41 0.76 0.51 0.86 1.98 14.46 25.98 Percentuale 28.52 2.93 1.96 3.31 7.62 55.66 100 1910 - 1914 5.27 0.45 0.39 0.66 1.74 13.35 21.86 Percentuale 24.11 2.06 1.79 3.02 7.96 61.06 100.- 1920 - 1924 4.33 031 0.29 0.59 1.39 10.93 17.84 Percentuale 24.26 1.75 1.63 3.32 7.79 61.25 l00 - INDICI 1880 - 1884 100.- 100.- 100.- 100 - 100.- 100.- 100.- 1900 - 1904 65.5 50.3 62.2 67.7 79.2 99.7 81.4 1910 - 1914 46.6 29.8 47.6 51.9 69.6 92.1 62.5 1920 - 1924 38,3 20,5 35.4 46.4 55.6 75.4 55.9

Come si vede, rapidissima è stata la discesa della mortalità nel gruppo dei bambini fino a 5 anni; sta in ciò la ragione prima della diminuità mortalità generale.

Cause di morte. - Fra le principali cause di morte della popolazione milanese ricordiamo le seguenti : Tubercolosi che occupa il 13.60 % dei morti per tutte le cause; polmonite, 12.89 %; enterite, 5.98 %; malattie di cuore 8.38 0 ; tumori maligni, 8,28 %; apoplessia cerebrale, 5,55 %; marasma senile, 3,89 %; atrofia infantile, 3.80 %; tifoide, 4.71% Vedremo ora i dati relativi a 10.000 abitanti. In confronto alle altre principali città italiane (con più di 150.000 abitanti) abbiamo i seguenti dati sulla mortalità per 10.000 abitanti (media annua del quadriennio 1920-23) : Tifoidee Tubercolosi Cancro Malattia cuore Polmon, crupale BroncoPol. acuta Suicidio Napoli 9 137 63 151 79 195 15 Milano 34 198 139 151 62 120 2I Roma 19 225 113 128 83 161 18 Torino 17 252 118 179 79 118 20 Palermo 17 164 41 177 154 94 5 Genova 21 223 108 208 53 171 22 Firenze 21 256 168 147 99 164 21 Catania 15 107 42 110 71 120 9 Bologna 18 235 158 182 68 124 22 Messina 29 102 45 193 87 113 5 Venezia 24 249 134 188 61 160 15 Confrontando le cause di morte attuali a Milano con quelle di un ventennio fa (1901-1903), mentre si riscontra una diminuzione assai notevole nel complesso (pari al 37 %), troviamo in aumento i tumori maligni (aumento del 43 %); le malattie delle arterie (117 %); la paralisi progressiva (240 %); i suicidi (14 %). Ecco i dati : MEDIA TRIENNIO 1901-1903


(vedi tabelle corrispondenti) Mentre dunque la mortalità generale, nei due periodi posti a confronto, scendeva da 100 a 63.5 - diminuzione 36,5 %, - per le cause succitate si verifica un aumento marcatissimo, mentre per molte altre si ha una diminuzione più apparente che reale rimanendo superiori all'indice 64 della mortalità generale (malattie tubercolari, malattie di cuore, della pleura, peritonite, cirrosi epatica). Questi gruppi rappresentano le malattie contro cui la scienza ha potuto lottare con scarso successo o che costituiscono cause di morte naturale, o epidemie. La massima diminuzione si verifica per le malattie di età infantile - atrofia infantile ed enterite, meningite - la cui mortalità ha subìto la massima diminuzione. Per quanto riguarda le malattie infettive si nota: per il vaiolo la sua scomparsa dal 1912 salvo un focolaio, presto sedato, accesosi nel 1919 e 1920; la difterite, che dava una mortalità di 212 persone nel 1890 e 137 nel 1910, è scesa, negli ultimi anni ad una media di 20 morti all'anno. Nel complesso di tutte le malattie infettive (esclusa la tubercolosi), dopo la epidemia influenzale del 1918 (che costò la vita a circa 7000 persone), si sono raggiunti in questi ultimi anni i minimi (media di 7 per 10.000 abitanti). La mortalità per tubercolosi per 10.000 abitanti ha subìto il seguente andamento:

(vedi tabella corrispondente)

Nel 1924 la percentuale è del 18.64 e nel 1925 del 16.71. Tenendo conto che i morti per tubercolosi che decedono fuori Milano non sono compresi nelle statistiche suddette, e che tale numero è andato sensibilmente aumentando per l'apertura di nuovi luoghi di cura fuori Milano, non si può certo constatare una diminuzione in tale morbo crudele. La massima mortalità per questa forma avviene nel gruppo dai 20 ai 40 anni, dove i colpiti rappresentano dal 40 al 50 % dei colpiti in totale. Fra i morti per tutte le cause dai 20 ai 40 anni muore di tubercolosi dal 30 al 45 % ! In cifre assolute muoiono pei tubercolosi più femmine che maschi, ma se si riferiscono le cifre ai morti di tutte le cause, si osserva che i maschi morti (da O fino a 40 anni) per tubercolosi rappresentano una percentuale più elevata (rispetto ai maschi morti per tutte le cause) delle femmine. Per quello che riguarda i tumori maligni, serie apprensioni desta a Milano - come in tutte le grandi città del mondo - l'incremento rapido e «Inesorabile della mortalità. Mentre nel triennio 1900-02 i tumori maligni rappresentavano il 3.65 % morti di tutte le cause, nel 1922-24 rappresentavano il 9.02 %. Le femmine sono più colpite dei maschi, con una differenza in più del 10 % circa. Il 40 % circa dei morti per tumori maligni sono imputabili al cancro dello stomaco ed esofago e il 20 % al fegato, milza, pancreas. Per quanto riguarda gli accidenti stradali, notiamo che nel 1924 se ne' ebbero 1314, di cui 607 dovuti ad investimenti di persone (la maggior parte dovuti alle automobili - 301 - e ai tram cittadini - 118), 145 ad urti e 191 a scontri fra veicoli. I morti per questa causa furono 104 (nel 1924), di cui 85 causati da investimenti.

La mortalità infantile. - Per avere un'idea esatta della diminuzione della mortalità è necessario confrontare i morti a meno di un anno col numero dei nati-vivi, poichè in conseguenza della diminuita natalità - avvenuta nell'ultimo decennio anche la mortalità in cifre assolute si è ridotta, portando come conseguenza una riduzione della proporzione per 10.000 abitanti. Osserviamo allora che su 100 nati-vivi si aveva nell'anteguerra una mortalità variante dal 14.93 (1902) al 10.23 (1912): nel dopo guerra (dopo un aumento durante la guerra (col massimo di 16.67 % nel 1918) si ha una discesa non molto sensibile: 10.40 % nel 1920; 10.11 nel 1921; 10.43 nel 1922; 10.22 nel 1923; 8.65 nel 1924 e 9.52 nel 1925. Le principali cause di morte sono l'atrofia infantile e l'enterite.

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Differenza fra nascite e morti. - La differenza fra le nascite e morti - cioè l'incremento naturale della popolazione - ad eccezione degli anni di guerra - dal 1916 al 1919 - in cui le morti superarono le nascite (nel 1918 si ebbe una differenza in meno di 14.81 per mille abitanti !), è sempre positiva. Negli anni successivi al 1876 l'eccedenza subisce di anno in anno variazioni sensibili (dal 2.47 nel 1895 al 7.46 nel 1912, con una media del 5 per mille abitanti), ma nel dopo guer-



(vedi grafico corrispondente) ra, dopo una ripresa nel 1921 (con un'eccedenza del 2.61 per mille abitanti) si ha un lento decrescere dell'eccedenza naturale, che diventa negativa nel 1925: 1920 + 1.75 1923 + 0.82 1921 + 2.61 1924 + 0.42 1922 + 1.09 1925 + 1.19 Nei riguardi del sesso, fino al 1919 si ha un'eccedenza di maschi morti per 100 femmine in confronto ai nati maschi per 100 femmine, per cui annualmente avveniva una sottrazione di maschi dalla popolazione per effetto del movimento naturale della popolazione medesima. Dal 1920 al 1924 invece succede l'inverso fenomeno, cioè i maschi nati superano i maschi morti per 100 femmine. Nel 1925 però, contro 102.8 morti maschi per 100 femmine, troviamo 107.5 morti maschi per 100 femmine.

IMMIGRAZIONE ED EMIGRAZIONE. Milano è il più importante centro italiano d'immigrazione. L'aumento di popolazione prima esaminato è in gran parte imputabile all'eccedenza degli immigrati in confronto agli emigrati. Ecco i dati medi per quinquennio delle emigrazioni annue : (vedi tabella corrispondente) Col 1906-1910 l'aumento segna un balzo notevole all'insù a causa del rapido incremento industriale. Mentre dal 1882 al 1912 immigrarono in Milano più maschi che femmine, dal 1902 al 1925 invece si verifica il fenomeno contrario di una maggiore immigrazione femminile, contribuendo così ad accrescere la già esuberante popolazione femminile. Nel quinquennio 1920-1924, su una media annua di 7267 immigrati in più si ebbero solo, nello stesso periodo, in media, 1642 nati in più dei morti. Degli immigrati in Milano, il 10 % sono nati a Milano, il 20 % circa in Comuni della Provincia di Milano, il 60-70 % da altre Provincie del Regno e il 5-1O % all'estero. La proporzione degli immigrati nati nella Provincia di Milano è andata continuamente diminuendo: nel 1913 essi costituivano il 34 %; nel 1913 il 22.3 %; nel 1921 il 18 %. Il contrario si verifica per i provenienti dalle altre Provincie del Regno, che costituivano il 58 % nel 1903; il 60 % nel 1912 e il 67 % nel 1921. Circa il luogo di provenienza avevamo (su 100): Anno Prov. di Milano Altre Provincie Estero 1903 39 60 1912 39 57.5 3.5 1921 26 69 4 Inizialmente la Provincia dava un grande contributo e col decorrere del tempo la sua importanza è scemata, mentre è aumentata l'importanza dell'immigrazione dalle altre Provincie. Questo grande affluire di nuove correnti verso Milano, e con forza di attrazione crescente anche nello spazio, è uno degli indici più eloquenti della prosperità di Milano che lascia bene sperare nella prosperità futura. La gran massa degli immigrati appartiene alla categoria di operai, impiegati e studenti.

OSPEDALI - AMBULATORI - DISPENSARI.

I tre ospedali cittadini (Ospedale Maggiore, Fabenefratelli e Fatebenesorelle) dispongono di circa 4500 letti (di cui 4000 l'Ospedale Maggiore) e accolgono annualmente dai 30 ai 40.000 ammalati. Nell'Ospedale dei contagiosi si curano annualmente circa 600 ammalati. Nell'Ospedale Militare Principale si curano dai IO ai 20.000 militari. Circa 600 persone sono curate annualmente presso gli Istituti Clinici di Perfezionamento: 500 circa alla Clinica del Lavoro; 5000-5500 circa nell'Istituto Ostetrico Ginecologico; un centinaio presso la Clinica pediatrica De Marchi. Nel Manicomio Provinciale in Mombello entrano annualmente dai 1500 ai 1900 alienati, di cui da 150 a 250 ricoverati per psicosi alcoolica. Una numerosa serie di case di salute laiche e religiose, generiche o specializzate, accolgono una quantità notevole di ammalati. Presso le ambulanze mediche comunali sono curati dai 200 ai 250.000 ammalati, mentre 50.000 circa vengono curati presso gli ambulatori diversi. L'Istituto antirabbico cura annualmente da 1000 a 1500 persone. Presso i dispensari antitubercolari sono visitate annualmente da 20 a 25.000 persone, di cui ogni anno 4-5000 costituiscono ammalati nuovi riconosciuti affetti da tubercolosi. L'Istituto clinico sociale per la tubercolosi G. Ronzoni cura pure annualmente alcune migliaia di individui. Presso i dispensari celtici vengono curate annualmente circa 8-10.000 persone, di cui 1000-1700 sifilitiche. La vigilanza igienico-sanitaria delle scuole è compiuta da un'apposita sezione dell'Ufficio di igiene da medici e da un numeroso corpo di ispettrici. Il servizio funziona dal 1919. Nell'anno 1925 furono allontanati dalle scuole 3335 alunni (la maggior parte per morbillo - 566 -; pediculosi - 479 -; parotite - 365 -; scarlattina - 225). Furono inoltre visitati dal Policlinico scolastico 3004 alunni e di essi ne vennero curali 2036. Il servizio speciale di odontoiatria visitò 8962 alunni. IGIENE.

Nel 1925 si fece luogo a 9932 vaccinazioni ed a 43.712 rivaccinazioni. Il servizio del baliatico mercenario sottopose alla visita obbligatoria 584 balie e 555 bambini, consultò 1031 donne e 1207 nuovi bambini (10.491 bambini già inscritti). Presso i bagni pubblici si recarono, nel 1925, 638.218 persone. Il Laboratorio chimico municipale compì nel 1924, 6465 analisi (di cui 5937 di sostanze alimentari); il Laboratorio batteriologico compì 5014 esami. Il Laboratorio chimico municipale compì nel 1925, 7954 analisi (di cui 7601 di sostanze alimentari); il Laboratorio batteriologico compì 3843 esami. Il servizio di polizia veterinaria e di annona procedette nel 1924 alla visita di 2079 bovini e 10.036 suini macellati a domicilio e sequestrò 1652 kg. di carne fresca, 1303 kg. di carni insaccate, 2300 kg. di formaggio, 676 di pane, 9223 kg. di frutta ed erbaggi, 13.589 kg. di funghi, 845 kg. di pesce.

CONSUMI. Cominciamo dai consumi di generi alimentari.Il consumo più importante punto di vista del valore e come indice del tenore di vita della popolazione, è il consumo carneo. Il consumo medio per abitante di carne (peso di macellazione) è il Cominciamo dai consumi di generi alimentari. Il consumo più importante, dal

Anni Buoi Vitelli Suini Ovini Altre carni Totale 1911 27.94 9.6 13.65 0.63 10.78 62.6 1923 27.83 12.5 12.09 0.72 11.76 64.9 1924 (1) 24.60 10.7 11.65 0.66 12.39 60 (1) I consumi del 1924 ai riferiscono al nuovo Comune, le cui aggregazioni hanno portato ad un abbassamento della cifra media.

Il consumo carneo milanese è il più elevato delle altre grandi città italiane. In Italia si calcola un consumo medio di kg. 16 per abitante. Diamo alcuni dati di confronto con alcune città estere (per buoi, vitelli, suini ed ovini): (vedi tabella corrispondente)

Per l'Italia si calcola un consumo di vino di litri 127 per l'anteguerra e di 94 litri nel periodo post-bellico. Il consumo di bevande alcooliche (ridotte ad alcool assoluto) era di 0.61 litri nel periodo 1910-14 e di 0.80 nel periodo post-bellico. Il consumo di caffè a Milano è stato dì kg. 3.7 per abitante nel 1923 (3.7 a Roma, 4.1 a Torino, 4.4 a Genova e Venezia, 1.20 in Italia). Il consumo medio per abitante di tabacco a Milano è calcolato pel 1913-14 in kg. 0.92 e a kg. 0.91 nel 1921 (con una spesa di L. 143 a testa: a Firenze la spesa è di L. 210 e a Roma di L. 155). Nel 1923 il consumo medio per abitante di verdura è di kg. 90 (pari a kg. 45 pulite) e quello di frutta in kg. 50 (pari a kg. 30 di frutta utilizzabile o pulita). Il consumo di acqua, che era di litri 151 nel 1914 (97 litri per il solo consumo privato) per abitante al giorno, è salito nel 1925 a 267 litri (213 per il solo consumo privato), aumentando cioè da 1 a 1.77. 11 consumo di profumi è di 3600 quintali, circa cioè mezzo kg. a testa!

PREZZI. L'ascesa dei prezzi iniziatasi anche in Italia con lo scoppio della conflagrazione europea è stata registrata a Milano per mezzo dei numeri indici del costo vita e dei prezzi all'ingrosso. I primi sono stati calcolati sulla base della spesa di una famiglia-tipo (composta di cinque persone: due adulti e tre ragazzi), in cui le qualità e quantità scelte rimangono immutate dal luglio 1914 (fatto eguale a 100). Gli indici dei prezzi all'ingrosso sono calcolati su di una lista di prezzi delle merci commerciali più comuni, dando ad ogni qualità scelta un peso proporzionale (mediante l'uso di quotazioni multiple) alla loro importanza. La base è costituita dalla media dell'anno 1913 e gli indici cominciano dal 1921, epoca in cui fu iniziato il calcolo. Ecco i dati:

(vedi tabella corrispondente)

Nel bilancio base del costo della vita le spese alimentari costituiscono il 62.09 per cento della spesa complessiva. I prezzi relativi all'affitto - la cui spesa è compresa nei bilanci della famiglia tipo - non subirono aumenti, per disposizione di legge, fino al novembre 1920. Successivamente si fissarono gli aumenti per decreto-legge fino al 1923; dal 1923 al 1925 si fecero intervenire, per la fissazione del prezzo, apposite Commissioni arbitrali e finalmente nel 1926 venne decretata la libertà degli affitti. Facendo eguale a 100 il prezzo di anteguerra si ebbero le seguenti variazioni : (vedi tabella corrispondente)

Diamo i dati del bilancio 1914 e al gennaio 1926. (vedi tabella corrispondente)

LAVORO. Dal numero dei libretti per l'ammissione al lavoro dei fanciulli e alla Cassa di maternità, per le donne, rilasciati dall'apposito Ufficio municipale, è possibile calcolare il numero dei fanciulli (dai 12 ai 15 anni) e delle donne (dai 12 ai 50 anni) che annualmente vengono occupati nelle industrie locali.

(vedi tabella corrispondente) I disoccupati a Milano furono regolarmente registrati dal 1906 al 1921 da un apposito Consorzio funzionante per gli operai e gli impiegati. Questo Consorzio raggruppante la maggior parte degli operai - ebbe il seguente movimento: (vedi tabella corrispondente)

Nel 1922, oltre al movimento degli uffici consorziali, si ebbero negli Uffici autonomi altre 21.950 domande di lavoro; 24.015 richieste di mano d'opera e 21.000 collocamenti. Dal 1923 al 1925 la disoccupazione è scemata in modo notevole, raggiungendo il minimo, ma la mancanza di notizie statistiche attendibili non permette di farne una esatta valutazione.

Il Collegio dei Probiviri conciliò 970 vertenze nel 1925. Il massimo numero si ebbe, come al solito, nelle industrie meccaniche e metallurgiche (168), seguite da quelle alimentari (136), edilizie ed affini (107), delle pelli (93), del vestiario e biancheria (89). Le sentenze emesse nel 1925 furono 669: 138 nelle industrie meccaniche e metallurgiche; 168 nelle edilizie ed affini; 74 nelle industrie alimentari. I dati a partire dal 1914 sono i seguenti: (vedi tabella corrispondente)

L'Ispettorato medico del lavoro, che cominciò a funzionare a Milano nel 1924, compì in quell'anno 860 ispezioni, controllando 59.225 operai; nel 1925 le ispezioni salirono a 785 e furono controllati 22.762 operai. Gli infortuni sul lavoro ammontano a Milano a circa 20.000 all'anno in media. Essi avvengono con maggiore frequenza al lunedì e al sabato. Gli operai e impiegati organizzati si calcolano attualmente a circa 200.000.

TRAFFICI. Sotto questa denominazione generica si intendono cose le più disparate ed è opportuno chiarirne bene i diversi aspetti. I) Traffico del carreggio. - Da rilievi fatti nel 1909-10 e nel 1923-24 sulle tredici strade radiali che si staccano da Milano (per sette giorni in ogni stagione durante 24 ore) risulta la seguente tabella: MEDIA GIORNALIERA DEI VEICOLI. (vedi tabella corrispondente)

Il traffico è quindi aumentato, come numero, nel rapporto 2.23 a 1 e come tonnellaggio come 2.51 a 1. Il massimo traffico si riscontra in entrambi i periodi nella strada di Monza (nord, nord-est) sia come numero che come tonnellaggio, con 1160 veicoli e 2183 tonnellate nel 1923-24; il minimo sulla strada Paullese (sud-est). Il maggiore traffico si riscontra a nord, il minimo a sud. La completa trasformazione del traffico animale (veicoli ordinari) in traffico meccanico in 14 anni è veramente notevole. Un'altra statistica compiuta dal Comune sul solo traffico meccanico che entra in Comune (dal 17 marzo al 16 luglio) dà queste cifre sul numero di veicoli meccanici entrati giornalmente nelle 24 ore: (vedi tabella corrispondente)


2) Traffico interno dei veicoli. - il traffico interno dei veicoli offre un altro elemento di giudizio sull'accresciuta intensità del traffico. Per questo scopo si fissa un certo numero di località opportunamente scelte nei diversi punti della città e dalle 4 alle 20 si nota il numero dei veicoli transitanti. A Milano nel 1913 e 1925, epoche delle due rilevazioni, le località scelte furono 22. Nel 1913 nel complesso fu calcolato un traffico di 28.466 veicoli; nel 1925 di 64.705 nel rapporto da 2.25 a 1 con un incremento di 36.239 veicoli. (Il massimo incremento è avvenuto in via S. Gregorio (739 veicoli nel 1913 e 2740 nel 1925). Il massimo traffico in numero assoluto è in corso Venezia con 6078 veicoli, seguito da corso Magenta, via Legnano, via Moscova e Solferino, via Pontaccio, via Senato, Piazzale Monumentale, via Meravigli. Ecco i confronti distinti pei vari veicoli: (vedi tabella corrispondente)

3) Traffico persone - a) Trams. - Il numero dei biglietti distribuiti sulle tramvie cittadine ammontò nel 1924 a 248.428.309, con una giornaliera di biglietti 678.766. Nel 1925 si sale a 278.606.002 biglietti, con una media giornaliera di 76.763.304. Milano è alla testa di tutte le città italiane, seguita da Roma con 155 milioni di biglietti. Nel 1914 si avevano 67.786.987 biglietti distribuiti con una media giornaliera di 463.500. Riferendosi il numero agli abitanti, si ebbero nel 1914 circa 104 viaggi per abitante e nel 1924 circa 313 (fra le grandi città, dopo Milano, v'è Torino con 285 viaggi per abitante), cioè più del triplo in dieci anni. Nel 1925 si hanno 376 viaggi per abitante. Il massimo traffico tramviario si ha sulle linee Duomo-Venezia-Loreto (20 milioni 664.639 biglietti); via Porpora-Stazione Nord (11.872.421); porta Monforte (12.368.222). Riferendo i passeggeri al numero dei chilometri, si hanno nel 1924: sulla linea Venezia-Loreto 5497 paseggeri per km.; porta Monforte 3815; porta Vittoria 3658; Circonvallazione 3078. Nel 1924 si emisero anche 5098 abbonamenti che trasportarono presumibilmente 11.922.736 passeggeri e nel 1925 gli abbonamenti in circolazione salirono a 8015 con un trasporto di 20.417.466 persone. Il coefficiente di utilizzazione dei posti era del 35.3 % nel 1914; salì al 49.5%, nel 1917; al 54.52 nel 1921; al 50.75 %, nel 1923. L'introito lordo nel 1925 è stato di circa 100 milioni. I chilometri percorsi dalle vetture motrici nel 1923 erano di oltre 26 miliardi e 15.4 miliardi dalle rimorchiate (nel 1916 erano rispettivamente di 26.5 e 13.5). La lunghezza della rete tranviaria milanese è di 150 km. ed occupa il secondo posto fra le città italiane (preceduta da Roma con 335 km.), ma mantiene il primato per quanto riguarda il numero delle motrici e dei rimorchi, che sono 490 a Milano e 346 a Roma (segue Torino con 443 motrici e 237 rimorchi).

b) Ferrovie. - Il numero dei biglietti venduti a Milano nel 1924 è di 4.048.505, di cui 2.834.750 di terza classe (1.500.000 circa per treni omnibus). Nel 1925 il numero dei biglietti è salito a 4.657.785. Nel 1913 si distribuirono 4.958.024 biglietti, cioè un numero superiore.

c) Forestieri arrivati a Milano. - Nel 1925 i forestieri arrivati a Milano ammontarono a 583.977: di questi 512.813 provenivano dalle diverse regioni italiane e 71.164 provenivano dall'estero e in maggior parte dalla Svizzera (18.944), Germania (11.356), Francia (6977), Inghilterra (4617), America del Nord (3822).

d) Passaporti per l'estero. - Nel 1924 si rilasciarono 12.515 passaporti per l'estero, di cui 11.516 per l'Europa. Per scopi di lavoro i passaporti richiesti furono 1898.

4) Traffico merci. - Per ferrovia partirono da Milano nel 1918 tonn. 897.686 di merci (622.528 nel 1914), di cui 7228 di macchine; 18.303 di concimi; 109.540 di combustibili; 26.585 di materiali da costruzione; 27.149 di agrumi, frutta e verdure (nel 1923 tonn. 39.755). Arrivarono invece tonn. 2.202.118 (contro 2.166.507 nel 1914) di cui 124.000 tonn. di agrumi, frutta e verdure (nel 1923 arrivarono tonn. 128.698 (contro 78.181 nel 1914) e tono. 685.000 di combustibili (646.000 nel 1914). Per via d'acqua arrivarono a Milano nel 1923 tonn. 260.890 di merce (contro 385.385 tonn. nel 1914) in massima parte (236.334 tonn.) costituita da materiali da costruzioni e minerali. Nei Magazzeni generali di Lombardia (Docks) entrarono nel 1924 tonn. 10.089 di merce (in maggior quantità coloniali, droghe e tabacchi: 6.88) ed uscirono tonnellate 10.463 (6.68 di coloniali, droghe e tabacchi).

Nei Magazzini generali delle Sete (presso la Cassa di Risparmio e la Società Anonima Stagionatura e Assaggio Sete) furono caricate nel 1924 tonn. 5547 di sete (3.597 nel 1914); 4464 di bozzoli (3305 nel 1914) e 1868 di cascami (240 nel 1914). Si scaricarono invece: tonn. 5327 di sete (3571 nel 1914); 4625 di bozzoli (3929 nel 1914) e 1927 di cascami (215 nel 1914).

5) Traffici commerciali e industriali (Vedasi le cifre date nella prima parte su! mercato bancario e sulle industrie). -Daremo solo qualche notizia su i fallimenti ed i protesti. I fallimenti dopo la stasi bellica e postbellica - dovuta alla crescente espansione industriale sorreggentesi sull'inflazione cartacea e sulle forniture di guerra hanno una ripresa che non ha tuttavia ancora raggiunto le cifre antebelliche. Numero, e ammontare delle passività provvisorie, dei fallimenti dichiarati dai tribunali, e relative preture, aventi la sede nel distretto della Camera di Commercio di Milano, dal 1912 al 1925 (I). (vedi tabella corrispondente)

(I) Dal Luglio 1923, in seguito alla riforma giudiziaria, la circoscrizione qui considerata ai è leggermente allargata.

I protesti cambiari nel 1924 ammontarono a oltre 130 milioni e gli effetti protestati furono 50.700; nel 1925 salirono a oltre 129 milioni e gli effetti protestati a 59.354.

6) Altri indici di traffico. Poste, telefoni, telegrafi. - Nel 1923 partirono da Milano 8.924.384 raccomandate (6.099.689 nel 1914); 451.870 assicurate (232.519 nel 1914) e furono recapitati 2.543.368 espressi. Arrivarono 681.087 pacchi (714.051 nel 1914) e ne partirono 2.641.704 (2.454.691 nel 1914). Si emisero 1.416.195 vaglia per l'importo di L. 64.760.190 (L. 37.380.736 nel 1914) e se ne pagarono 3.560.150 per l'importo di L. 71.315.800 (L. 102.331.651 nel 1914). Partirono N. 305.694.077 stampe periodiche (166.734.899 nel I914). I telegrammi spediti dai privati per l'interno sono in media di oltre 2 milioni (1.430.050 nel 1914), per l'estero 450.000 (393.831 nel 1914) e quelli ricevuti dall'interno superarono i 2 milioni (1.794.564 nel 1914) e dall'estero 600-650.000 (483.039 nel 1914). Su una rete telefonica di 65.000 km. (35.000 nel 1914) si hanno 20.000 abbonati (14.000 nel 1914). Gli apparecchi sono oltre 30.000 (17.770 nel 1914).

Spettacoli pubblici. - Milano possiede, in confronto alle altre città italiane, il maggior numero di teatri e cinematografi. I teatri sono 17 ed i cinematografi 51. I caffè concerto sono 5. Nell'anno 1925 si sono date a Milano : 445 opere, 1308 operette, 1853 drammi, 315 drammi dialettali. Si sono avuti inoltre 97 spettacoli di circo equestre, 808 spettacoli di varietà, 30 concerti, 75 corse al paloppo, 22 corse al trotto e 28 corse motociclistiche e ciclistiche. In totale 6006 spettacoli pubblici. I biglietti distribuiti nel 1924 per spettacoli pubblici e cinematografi sono stati 12.900.000.

Alberghi ed esercizi pubblici. - Fra le grandi città italiane, Milano possiede il maggior numero di alberghi, trattorie, caffè e latterie. Gli alberghi sono 224 (203 ne possiede Napoli) con 6408 letti, Di questi 49, con 3529 letti, sono di lusso, di prima e seconda categoria. Le trattorie sono 827 (Napoli ne possiede 780); le bottiglierie e osterie sono 1973; i caffè 497 e le latterie 750. Gli spacci di liquori e bars sono 764 (e Milano è superata da Torino che ne possiede 860).

ISTRUZIONE ELEMENTARE. a)Scuole pubbliche è la seguente: elementari diurne. - La popolazione delle scuole ele- mentari Anni Maschi Femmine Totale 1910-11 27.365 26.179 53.546 1911-12 27.840 26.922 54.762 1912-13 28.646 28.097 56.743 1913-14 28.972 28.582 57.554 1914-15 30.184 30.048 60.232 1915-16 30.673 30.115 60.788 1916-17 31.148 31.241 62.389 1917-18 32.783 32.514 65.297 1918-19 29.785 33.071 62.856 1919-20 32.922 32.245 65.167 1920-21 32.256 31.731 63.987 1921-22 32.704 31.989 64.693 1922-23 30.536 29.714 60.250 1923-24 27.749 27.157 54.906 1924-25 27.610 27.393 55.003 1925-26 25.310 26.674 51.984 La diminuzione degli ultimi anni è dovuta all'influsso alla minore natalità degli anni di guerra e all'assorbimento di una parte di allievi dalle scuole private. Le scuole private a Milano impartiscono l'istruzione a circa 5000-6000 alunni. Nelle scuole elementari pubbliche si hanno, in media, circa 40 alunni per aula e per docente. Le scuole sono 95, di cui 37 maschili, 37 femminili, 21 miste. Ogni 1000 abitanti si hanno normalmente da 80 e 90 alunni di scuole ele- mentari. Gli insegnanti con classe sono 1500 (di cui 400 maschi e 1110 donne); quelli in soprannumero sono 340 (300 femmine e 40 maschi). La spesa per l'istruzione elementare si aggira sui 40-50 milioni e la spesa per alunno, in lire-oro, è continuamente cresciuta da 148 lire nel 1913 a 190 lire-oro nel 1924. Per avere un'idea del modo con cui si distribuiscono i fanciulli nelle diverse classi delle scuole elementari vedansi i seglienti dati relativi all'anno 1921-1922 (in cui non si era fatta ancora sentire l'influenza delle nuove disposizioni scolastiche che davano un maggior impulso alle scuole private): (vedi tabella corrispondente)

b) Scuole elementari serali e festive. - Gli alunni delle scuole serali ammontano a circa 10.000 maschi; quelle delle scuole di disegno sono frequentate da circa 400 maschi; quelle festive di 4-4500 femmine e 100-200 maschi in media. c) Scuole superiori femminili festive. - In media si inscrivono 5000 giovanette all'anno.

ISTRUZIONE SECONDARIA. I quattro ginnasi milanesi erano frequentati nel 1923 da 2862 alunni, di cui 975 femmine e 1887 maschi. Nei corrispodenti quattro licei erano inscritti, nello stesso anno, 1116 alunni, di cui 223 femmine e 893 maschi. Nelle scuole tecniche (cinque femminili e sette maschili, ora modificate secondo la riforma scolastica: vedi capitolo Istruzione della parte 1.) erano iscritti nel 1923 7886 alunni, di cui 4893 maschi e 2993 femmine. L'unico Istituto di studi commerciali contava 285 inscritti. Nel R. Istituto Tecnico Carlo Cattaneo gli inscritti nel 1923 erano 1439, di cui 1153 maschi e 286 femmine. La Scuola dei capimastri contava 202 inscritti. Le Scuole magistrali (due femminili e una maschile) avevano inscritti nel 1923 3078 femmine e 434 maschi. La Scuola superiore femminile A. Manzoni aveva inscritte 238 femmine.

ISTRUZIONE SUPERIORE. Il R. Istituto Tecnico Superiore è frequentato da un numero di allievi che varia dai 1500 ai 2500. La R. Accademia Scientifico Letteraria ha 1235 inscritti. L'Università Commerciale Luigi Bocconi da 1000 a 1500. La R. Accademia di Belle Arti contava 1816 inscritti (di cui 378 femmine) alla scuola per artefici e 941 nelle altre sezioni (di cui 108 femmine). Al R. Conservatorio di Musica G. Verdi erano inscritti 750 allievi nel 1923. Circa 5000 alunni frequentavano poi le diverse Scuole professionali. Per le notizie relative alle biblioteche e alla stampa, vedansi le notizie esposte nella parte I. di questa Monografia.

FINANZE MUNICIPALI. Nel 1924 le entrate effettive ammontavano a L. 281.327 migliaia di lire e le uscite effettive a L. 271.380. La tabelle che seguono riassumono i dati del bilancio consuntivo del 1924. ENTRATE E USCITE NELL'ANNO 1924 (in migliaia di lire) ENTRATE EFFETTIVE NELL'ANNO 1924 (in migliaia di lire) SPESE EFFETTIVE (in migliaia di lire)

(vedi tabelle corrispondenti) DAZIO. Esaminiamo ora i dati del dazio, che costituisce il cespite più importante dell'entrata : INTROITI DEL DAZIO DAL 1912 AL 1918

INTROITI DEL DAZIO DAL 1919 AL 1925

(VEDI TABELLE CORRISPONDENTI) Questo importante cespite d'entrata merita anche un ulteriore esame per vedere le variazioni degli introiti delle diverse « voci » in confronto all'anteguerra. Le tabelle che seguono danno appunto gli indici di variazione facendo l'introito medio 1910-1914 = 100. Indici di variazione (1910-1914 = 100) dell'introito per gruppi di derrate daziate. (vedi tabelle corrispondenti)

Le cifre relative al 1925 usate pel calcolo non sono. ancora depurate dalle rifusioni. Il cospicuo aumento del gettito dei commestibili va ricercato nella introduzione di nuove « voci » (in confronto all'anteguerra) nella tariffa daziaria. Specialmente i dolciumi, cioccolata, marmellate, hanno contribuito ad elevare l'introito. I generi diversi sono introdotti solo nel 1920, per cui non vi figurano gli indici: l'introito daziario per queste « voci » è stato però preso in considerazione per calcolare gli indici del prodotto totale e complessivo del dazio. Dopo i commestibili seguono i combustibili, il cui introito aumenta di quasi cinque volte e cioè nello stesso rapporto della svalutazione della moneta; seguono le bevande con un incremento di 5.4 volte in confronto all'anteguerra. Il minimo incremento spetta invece ai materiali da costruzione con un aumento pari solo a 150 %, circa: questo scarso incremento va messo in rapporto alle modi- ficazioni della tariffa daziaria e alle facilitazioni ed esenzioni daziarie concesse dal Comune di Milano per dare maggiore impulso alle costruzioni di case popolari ed economiche. Il dazio sui foraggi scompare completamente nel 1924. Il prodotto complessivo del dazio è aumentato nel 1925 del 552.5 %, cioè in misura non molto superiore alla svalutazione della moneta. Il balzo forte comincia nel 1921, anno in cui l'indice passa da 203 a 355, e continuano rapidi gli incrementi negli anni successivi e specialmente nel 1924 e 1925. Deve essere notato infine che il dazio a Milano non è applicato in tutta l'estensione e intensità che la legge consente. Non sono infatti daziati, ad esempio, il latte, lo zucchero, le uova, i formaggi, i latticini, i legumi secchi, gli erbaggi freschi, olii vegetali, burro, sego, strutto, la legna da ardere, carbone di legna e coke, candele. Voci queste che la legge consentirebbe di tassare anche in misura notevole. PARTE QUARTA - APPENDICE GUIDA PRATICA. SOMMARIO. » 384 (vedi immagine corrispondente) STAZIONI. Stazione Centrale. - Piazzale Fiume. Stazione treni elettrici (unita alla Stazione Centrale). - Entrata da via Galileo Galilei. Stazione Ticinese. - A Porta Genova (linea Mortara-Alessandria-Genova). Stazione delle Ferrovie Nord - Milano (Piazzale Stazione Nord). - Linee per Saronno-Como; Varese-Laveno; Seregno; Saronno-Novara; Castellanza; Cai- rate-Lonate; Seveso S. Pietro-Erba-Varese-Como. UFFICI PUBBLICI. Posta e Telegrafi. - Ufficio centrale presso la Borsa - Piazza Cordusio (con succursale alla Stazione Centrale). - Orario: Sportelli distribuzione corrispondenza ordinaria fermo in posta, dalle 9 alle 19; sportelli francatura e corrispondenza militare, dalle 9 alle 21; distribuzione assicurate e raccomandate, dalle 8 alle 19; accettazione assicurate e raccomandate, dalle 9 alle 20; servizio riscossioni, dalle 9 alle 21. - Uffici in località diverse: Via Manzoni, Via S. Radegonda, ecc., ecc. Telefono. - Ufficio centrale in Via Orefici. - Telefoni pubblici a pagamento in via Orefici, alla Posta Centrale e presso tutti i principali caffè e bars. Municipio. - Uffici centrali in Palazzo Marino, Palazzo Reale e Via Omenoni. Prefettura. - Via Monforte, 31. Camera di Commercio. - Via Mercanti. Orario: dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 16. UFFICI MUNICIPALI APERTI AL PUBBLICO (indirizzo e orario). PRESIDENZA: Palazzo Marino, I. piano; ore 9-12; 14-18. Archivio Generale, Sezione amministrativa, Via Signora, 12; 9-12; 14-18. Protocollo Generale, Via Case Rotte, 3; 9-12; 14-16. RIP. I. - FINANZE. Dazio Consumo, Ufficio centrale, via Omenoni, 1; 9-12; 14-18. Direzione dell'Ufficio Imposte e Protocollo, Via Omenoni, 1, piano 11; 9-12; 14-18. L'Ufficio Protocollo è aperto anche la domenica e giorni festivi, dalle 9 alle 12, per accettazione di ricorsi e reclami. Ufficio Tasse esercizio e rivendita, Via Omenoni, 1, piano III; 9-12; 1.4-18. Tassa valore locativo, Via Omenoni, I, piano Il; 9-12; 14-18. Tassa vetture e domestici, Via Omenoni, 1, piano IV; 9-12; 14-18. Tassa cavalli e cani, Via Omenoni, I, piano IV; 9-12; 14-18. Tassa occupazione spazi ed aree pubbliche, Via Omenoni, I, p. IV; 9-12; 14-18. Ufficio pesi e misure, Via Omenoni, I, piano IV; 9-12; 14-18. Ufficio imposta Assistenza civile, Via Omenoni, I, piano I; 9-12; 14-18. Ufficio imposta di soggiorno, Piazza Duomo, 10 (Palazzo Reale); 9-12; 14-18. Uffici di Ragioneria, Via Case Rotte, 3; 9-12; 14-18. Cassa Civica, Palazzo Marino, piano terreno; 9,30-12; 14-16. Nei giorni festivi la Cassa è chiusa. 384 - RIP. II. - SERVIZI ECONOMALI.

Uffici del Riparto e del Protocollo, Palazzo Marino, piano I; 9-12; 14-18. Ufficio Assicurazioni e sfrattati, Palazzo Marino, piano I, 9-12; 14-18.

DIREZIONE DELL'UFFICIO ECONOMATO: Palazzo Marino, piano terreno; 9-12; 14-18. Ufficio Cassa dell'Economato ed oggetti rinvenuti, Palazzo Marino (ammezzati); 9-12 e 14-16. Ufficio stampati ed officina tipo-litografica, Via Omenoni, 1, piano terreno; 9-12 e 14-18.

AGENZIA MUNICIPALE DELLE AFFISSIONI, Via Omenoni, 1; 9-12; 14-18. Magazzino mobili, carta, cancelleria, laboratorio economale, Corso Roma, 132 e Via Messina. Deposito volontario di mobili e masserizie per cittadini milanesi rimasti senza abitazione, Castello Sforzesco. Dirigersi alla Direzione dell'Uffico Economato.

MERCATO FRUTTA, VERDURA E FUNGHI, Corso XXII Marzo. Tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle ore 7 alle 10. MERCATO E SCALO BESTIAME, Viale S. Michele del Carso. Scalo: orario permanente. Mercato: lunedì dalle 8,30 alle 12: martedì dalle 8,30 alle 1l; giovedì dalle 13 alle 15; venerdì dalle 8,30 alle 11. N. B. - Da aprile al 30 settembre l'orario, sia d'apertura che di chiusura, è anticipato di mezz'ora. MACELLO, Piazza Macello, 2.

RIP. III - VIGILANZA URBANA. Vigili urbani e pompieri -Direzione generale, Via Palazzo Reale, 2; 9-12; 14-18; escluse le domeniche e i giorni festivi. Comando del Corpo dei vigili urbani. Uffici in Piazza del Duomo, 12; tutti i giorni dalle 9-12 alle 14-18. Drappello di viabilità, Piazza Duomo, 10; orario continuativo. Delegazione mandamentale della Vigilanza urbana; orario degli uffici dalle 8-12 e dalle 14-18, escluse le domeniche. Per incidenti stradali, tutti i giorni dalle 7 alle 22. Commissione per avvisi di collaudo vetture pubbliche, Via Palazzo Reale, 2.

RIP. IV. - SANITÀ, IGIENE E ANNONA.

Uffici del Riparto e Protocollo, Via Palermo, 6, piano I; 9-12; 14-18. Ufficio malattie infettive, Via Palermo, 6, piano I; 9-12; 14-18, e nelle altre ore rivolgersi al custode anche a mezzo telefono N. 88-221. Ufficio vaccinazioni, Via Palerm.o, 6, piano terreno; 9-11,30; 14-16 e la domenica dalle 9-11,30. Servizio municipale del baliatico mercenario, Via Palermo, 6, piano terreno; dalle 10 alle 12; escluso la domenica e i giorni festivi. Laboratorio chimico-mitologico, Via Palermo, 6, piano terreno; per accettazione campioni 9-12 e 14-16. Laboratorio batteriologico e micografico, Via Palermo 6; 9-12; 14-18. Sezione vigilanza annonaria e legislazione annonaria, Via Palermo, 6; 10-12; 14-16. Sezione veterinaria, Via Palermo, 6, piano II; 9-12; 14-18. Sezione medico-scolastica, Via Palermo, 6, piano II; 9-12; 14-18. Vigilanza igienica del lavoro, Via Palermo, 6, piano II; 9-11,30.

DISPENSARI ANTITUBERCOLARI. Direzione dispensario, Via Statuto, 7. Orario tutti i giorni (eccetto il venerdì) dalle ore 9 alle 12. Il pomeriggio è dedicato alle visite a domicilio e il lunedì e il giovedì sono riservati ai bambini. Dispensario di Via Signora, 8; orario come sopra. Dispensario di Via Lulli, 32; orario come sopra. Dispensario all'Arco della Pace; orario come sopra. Dispensario di via G. Ferrari, annesso all'Istituto clinico sociale della tubercolosi; orario nel pomeriggio dei giorni di lunedì, martedì, mercoledì, giovedì e sabato, dalle 14 alle 18 (il lunedì e il giovedì sono riservati ai bambini). Bagni medicati di Via S. Marco, 9, accettazione per la cura della scabbia e della psoriasi, tutti i giorni alle ore 8, esclusi la domenica e i giorni festivi. Ospedale civico di isolamento per i contagiosi - Dergano; oraro continuato. Stabilimento civico di disinfezione, Via Maloja, 32; orario 8-12; 13-17. Servizi sanitari - Direzione, Via Palermo, 6, piano I; 9-12; 14-18. Azienda farmaceutica, Via Amedei, 4; orario 9-12; 14-18. Bagni popolari e lavatoi pubblici. Bagni di Via Argellati, 21, ex-bagno Ticino; Bagni di via Sottocorno, 48 (doccie calde in camerini separati); Bagni di Viale Monte Grappa, 3 (Bagni delle Gabelle); Bagni di Via M. Pagano, 60. - Tutti con orario dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18. La domenica l'apertura degli stabilimenti è anticipata di un'ora e di sabato è posticipata di un'ora la chiusura. Gli stabilimenti sono chiusi dopo le ore 12 nei giorni di Natale e di Pasqua. Lavatoi in Via Melzi, 14; Via S. Croce, 32; Piazza Macello, 27; Via Lazzaretto, 7; Via M. Pagano, 56; Bast. di Porta Nuova, ex-casello daziario Porta Garibaldi; Via Anfossi, 24; Viale Toscana, 21; Viale Abruzzi, 2-A.

RIP. V. - BENEFICENZA ED ASSISTENZA PUBBLICA.

Segreteria, Via Palazzo Reale, 2; Uffici id., piano terreno; 9-12; 14-16. Delegazioni di beneficenza: 1. e 2. Via Palazzo Reale, 2, piano terreno. 3. Piazza S. Eustorgio, 3. 4. Via Seprio, 9. 5. e 6. ex-Dazio Porta Volta. 7. Via Lineo, 4. 8. Ex Dazio Porta Vigentina. Le Delegazioni siedono dalle ore 9 alle ore 12 dei giorni feriali alternativamente. Delegazione all'Ospedale Maggiore, Via F. Sforza (accettazione, informazioni, accertamenti, ricoveri ospitalieri) 9-12; 14-18. RIP. VI. - ISTRUZIONE PUBBLICA. Segreteria, Uffici e Commissioni, Via Palazzo Reale, 2; orario 9-12; 14-18. RIP. VII. - PERSONALE. Uffici in Palazzo Marino, piano terreno; 9-12; 14-18.

RIP. VIII. - DEMOGRAFICO.

Segreteria ed Ufficio del Protocollo, Via P. da Cannobio, 24; or. 9-12; 14-18. Ufficio Anagrafe, Via P. da Cannobio, 24; orario 9-12; 14-18. Ufficio elettorale, Piazza Missori, 5; orario 9-12; 14-18. Stato civile ed archivio stato civile, Via P. da Cannobio, 24; orario 9-12- 14-16. Celebrazione matrimoni, Piazza Missori, 7; orario 9-12; 14-18. Ufficio leva e cause di guerra, Via Rastrelli, 6, Palazzo Reale; 9-12; 14-16. Ufficio certificati, Piazza Palazzo Reale, 12; orario 9-12; 14-16. Sezione autonoma - mortuaria. Segreteria, Protocollo e Archivio, Piazza Missori, 9; orario 9-12; 14-16. Ufficio mortuario, Via P. da Cannobio, 24; orario 9-12; 14-17 nei giorni festivi e 9-12; 14-18 negli altri. Orario per i cimiteri: apertura alle ore 8 e chiusura, dal 1°gennaio al 31 marzo, alle ore 17; dal I." aprile al 31 agosto, alle ore 18.

RIP. IX. - EDILIZIA E PIANO REGOLATORE. Segreteria e Uffici del Riparto in Palazzo Marino; orario 9-12; 14-18.

RIP. X. Segreteria e Uffici del Riparto in Palazzo Marino, piano 1. Azienda tramviaria, Via Asole, 8. Ufficio acqua potabile, Palazzo Marino. Illuminazione pubblica, Palazzo Marino. Ufficio tecnico, Palazzo Marino. Azienda elettrica comunale, Via Signora, 12. Orario tutti indistintamente dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 18.

RIP. XI. - STUDI E STATISTICA. Segreteria e Direzione, Via Omenoni, 1, piano II; orario 9-I2; 14-18. Ufficio Statistica, orario come sopra. Biblioteca dell'Ufficio studi e statistica, Via Omenoni, 1, piano II, orario dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18. Redazione Rivista o "Città di Milano ", orario come sopra. Ufficio libretti di lavoro, Via Omenoni, 1, seconda corte (ammezzati); 9-12; 14-16; la domenica dalle 9 alle 12.

CAMERE DI COMMERCIO. Francese - Via Mercato, 5. Inglese - Via Manzoni, 5. Italo-Cecoslovacca Viale Vittorio Veneto, 20. Italo-Germanica, Via Goito, 7. Italo-Romena - Via S. Giovanni in Conca, 6. Italo-Olandese - Via Mascheroni,5. Stati Uniti - Via Bocchetto, 3. Belga - Via Monte Napoleone, 29. Italo-Messicana - Via Monte Napoleone, 1. Olandese - Via Mascheroni, 5. Istituto Economico Italiano per la Russia - Foro Bonaparte, 54. Italo-Brasiliana - Via Piatti, 4.

COMMISSARIATI DI PUBBLICA SICUREZZA. (vedi elenco corrispondente)

UFFICI SPECIALI DI P. S. (vedi elenco corrispondente) POMPIERI. Chiunque, in caso d'incendio, può ottenere la comunicazione a mezzo del telefono coi pompieri senza alcuna indicazione di numero, con la semplice parola : Pompieri. Nel Comune sono installati N. 200 avvisatori automatici di incendio che funzionano premendo un bottone collocato dietro la piastrina di vetro. Questi avvisatori non debbono essere usati per incendi di camini. Posto centrale : Via Ansperto, 4 (Tel. 539 - 622 - 434 - 1169).

MANDAMENTI DI SORVEGLIANZA URBANA. (vedi elenco corrispondente) PRESIDI DI SORVEGLIANZA URBANA. Baggio presso Municipio. Niguarda » Crescenzago  » Lambrate » Chiaravalle

GABINETTI A PAGAMENTO. (vedi elenco corrispondente)

TRAMVIE CITTADINE. PARTENZA DALLA PIAZZA DEL DUOMO. I) PRINCIPE UMBERTO-STAZIONE CENTRALE: Via Mengoni, Via S. Margherita, Via Alessandro Manzoni, Via Principe Umberto, Stazione Centrale (servizio notturno; al mattino dalle 3,30 all'inizio del servizio normale a cent. 50, ed alla sera dalle 24 all'1 a L. 1). 2) PORTA VENEZIA-STAZIONE CENTRALE : Corso Vittorio Emanuele, Corso Venezia, Piazzale Venezia, Viale Vittorio Veneto, Stazione Centrale (servizio notturno; al mattino dalle 3,30 all'inizio del servizio normale a cent. 50, ed alla sera dalle 24 all'1 a L. 1). 3) PORTA VENEZIA-LORETO: Corso Vittorio Emanuele, Corso Venezia, Piazzale Venezia, Corso Buenos Ayres, fino al Piazzale Loreto. 3) barrato di rosso Largo S. Babila, Rondò Loreto (come il 3). 4) VIA SETTEMBRINI-GRECO: Via Mengoni, Via S. Margherita, Via Alessandro Manzoni, Via Principe Umberto, Viale Vittorio Veneto, Via Lazzaretto, Via Settembrini, Piazzale Caiazzo-Greco. 4 barrato di rosso) (Come il 4) Limitata al Piazzale Caiazzo. 5) PORTA NUOVA-STAZIONE TRENI ELETTRICI: Via Mengoni, Via S. Margherita, Scala, Via Alessandro Manzoni, Via Principe Umberto, Via Montebello, Corso Porta Nuova, Viale Monte Santo, Via Galileo Galilei (Stazione treni elettrici per Varese, Arona, Laveno), Via Ponte Seveso. 6) PORTA VOLTA-CIMITERO MONUMENTALE: Via Mengoni, Via S. Margherita, Piazza della Scala, Via Giuseppe Verdi, Via Brera, Via Solferino, Via Statuto, Via Alessandro Volta, Piazzale Porta Volta, Via Ceresio, Piazzale del Cimitero Monumentale. 7) PORTA GARIBALDI: Via Mengoni, Via Tommaso Grossi, Piazza Cordusio, Via Broletto, Ponte Vetero, Via Mercato, Corso Garibaldi, Piazzale Garibaldi, Corso Como, Scalo Merci, Via Mazzini, Via Massimo d'Azeglio; nel ritorno: Via Massimo d'Azeglio, Via Giuseppe Ferrari, Scalo Merci, ecc. 1O) VIA BRAMANTE-VIA MAC MAHON : Via Mercanti, Via Foro Bonaparte (numeri pari), Via Legnano, Piazza Lega Lombarda, Via Bramante (Stazione funebre di Bramante), Piazzale Cenisio, Via Cenisio, Via Mac Mahon. 12) SEMPIONE : Via Mercanti, Piazza Cordusio, Via Dante, Foro Bonaparte (numeri dispari), Stazione Nord - Milano, Via Boccaccio, Via Vincenzo Monti, Via Mario Pagano, Piazzale Sempione, Corso Sempione, fino a Via Procaccini. 17) PORTA LODOVICA : Via Cappellari, Via Carlo Alberto, Piazza Giuseppe Missori, Corso Italia, Piazzale Lodovica, Viale Bligny, Via Castiglioni, Parco Sud. 21) PORTA VITTORIA (da Piazza Camposanto): Via Arcivescovado, Piazza Fontana, Via Alciato, Piazza Beccarla, Via Felice Cavallotti, Verziere, Via Filippo Corridoni, Via Battisti, Corso Porta Vittoria, Corso XXII Marzo. (Servizio notturno al mattino, escluso il lunedì, al Mercato frutta e verdura). Le vetture col disco barrato di rosso proseguono fino al Palazzo del Ghiaccio con la tariffa di cent. 20, da Piazza Emilia al Palazzo del Ghiaccio. 22) PORTA ROMANA: Via Cappellari, Via Carlo Alberto, Piazza Missori, Corso Roma, Piazza di Porta Romana, Corso XXVIII Ottobre, fino alla cascina Guglielmessa (Riparto Gamboloita). 23) VIA BERGAMO: Via Cappellari, Via Carlo Alberto, Piazza G. Missori, Corso Roma, Via A. Lamarmora, Via Bergamo. 24) PORTA MONFORTE : Corso Vittorio Emanuele, Via Monforte, Porta Monforte, Corso Concordia, Piazza Risorgimento, Corso Indipendenza, Corso Plebisciti, Nuova Circonvallazione.

PARTENZE DA PIAZZA DEL Duomo, ANGOLO VIA OREFICI. 18) VIA SOLARI: Via Torino, Carrobbio, Via Cesare Correnti, Via Edmondo De Amicis, Via Ausonio, Via Cesare da Sesto, Piazza Macello, Via Solari, alla Via Stendhal. (Nel ritorno percorre Via Lesmi, Via Carroccio, Via De Amicis, ecc.) 19) PIAZZALE TICINESE-S. CRISTOFORO: Via Torino, Carrobbio, Corso Porta Ticinese, Viale Gorizia, Ripa Ticinese, Strada Vigevanese, fino al Ponte di S. Cristoforo. 20) PORTA TICINESE: Via Torino, Carrobbio, Corso Ticinese, Corso S. Gottardo, Via Torricelli, Via Leonardo da Vinci, Via Spaventa. 28) PORTA GENOVA-STAZIONE FERROVIARIA: Via Torino, Carrobio, Via Cesare Correnti, Corso Genova, Corso Cristoforo Colombo, Piazzale Stazione Porta Genova

PARTENZE DALLA PIAZZA CORDUSIO (anello Armorari-Orefici-Cantù). 8) VIA FARINI : Via Dante, Foro Bonaparte, Via Legnano, Piazza Lega Lombarda, Viale Montello, Piazzale Porta Volta, Via Farini, Piazzale Vallassina.

DAL LARGO CAIROLI. Il) VIA LUIGI CANONICA: Via Dante, Largo Cairoli, Foro Bonaparte, Via Legnano, Piazza Lega Lombarda, Viale Elvezia, Via Luigi Canonica, fino a Via Procaccini. 12) SEMPIONE-PIAZZA D'ARMI (barrato in rosso): Percorso come il N. 12 e prosegue per Corso Sempione, Via Domodossola, fino alla Piazza d'Armi (Palazzo dello Sport e Fiera Campionaria). 15) VIA BOCCACCIO-S. SIRO Piazza Cordusio, Via Dante, Foro Bonaparte, Via Boccaccio, Piazza Giovane Italia, Via Aurelio Saffi, Corso Magenta, Corso Vercelli, Via M. Buonarrotti, Piazza d'Armi, Via Monte Rosa, Ippodromo di S. Siro (Vecchio Ippodromo). 16) CORSO MAGENTA-VIA BAGGINA : Via Dante, Via Meravigli, Corso Magenta, Corso Vercelli, fino al sottopassaggio della Ferrovia, Via Belfiore, Via Malghera, fino alla Maddalena, indi Via Baggina, fino al Ricovero Trivulzio. 33) S. VITTORE: Via Dante, Via Meravigli, Corso Magenta, Via S. Agnese, Piazza S. Ambrogio, Via S. Vittore, Viale S. Michele del Carso, Piazza Vesuvio. 31) CORSO MAGENTA-STRADA VERCELLESE: Via Dante, Foro Bonaparte( numeri dispari), Piazzale Stazione Nord, Via Boccaccio, Piazzale Virgilio, Piazza Giovane Italia, Via Saffi, Corso Magenta, Corso Vercelli, Via Belfiore, Via Malghera, Strada Vercellese, fino al nuovo dazio.

LINEE TRASVERSALI. 25) LINEA INTERSTAZIONALE: Stazione Centrale, Viale Monte Santo, Piazzale Porta Nuova, Via Castelfidardo, Via Solferino, Via Pontaccio, Via Tivoli, Via Lanza, Piazza Castello, Via Minghetti, Stazione Nord, Via G. Carducci, Via E. De Amicis, Corso Genova, Corso Cristoforo Colombo, Piazzale Stazione Porta Genova. (Servizio notturno dalle 3,45 all'inizio del serzio normale). 26) LINEA VIA LAMBRATE-MASCHERONI : Via Lambrate, Piazzale Istituti Alta Cultura, Via Nino Bixio, Corso Venezia, Via Palestro, Piazza Cavour, Via A. Manzoni, Via Croce Rossa, Via Monte di Pietà, Via Orso, Via Cusani, Foro Bonaparte, Stazione Nord, Via Boccaccio, Piazza Giovane Italia, Via A. Mascheroni, Via Pallavicino. Nei riguardi della tariffa è divisa in due tratte: Via Lambrate-Stazione Nord; Via N. Bixio sottopasso alla Ferrovia-Via Mascheroni. Servizio notturno dalle 3,45 all'inizio del servizio normale, con deviazione per Via P. Umberto, Stazione Centrale, Viale Vittorio Veneto, Corso Buenos Ayres, Loreto). 27) LINEA PORPORA-STAZIONE NORD : Lambrate, Via Porpora, Piazzale Loreto, Corso Buenos Ayres, Piazzale Venezia, Viale Vittorio Veneto, Via Principe Umberto, Via Manzoni, Via Croce Rossa, Via Monte di Pietà, Via Orso, Via Cusani, Foro Bonaparte, Stazione Nord.

LINEA DI CIRCONVALLAZIONE. 29) Partendo dalla Stazione Centrale a destra: Viale Monte Santo, Viale Monte Grappa, Viale Pasubio, Piazzale di Porta Volta, Via Ceresio, Piazzale Cimitero Monumentale, Via Procaccini, Corso Sempione, Via Mario Pagano, Via Ariosto, Viale S. Michele del Carso, Viale Gorizia, Viale Col di Lana, Viale Bligny, Viale Sabotino, Viale Monte Nero, Viale Premuda, Viale Piave, Viale Vittorio Veneto. Divisa in tre tratte (L. 0,50 per tratta a tariffa normale). 30) Partendo dalla Stazione Centrale a sinistra (in senso inverso al N. 29): Viale Vittorio Veneto, Viale Piave, Viale Monte Santo, Viale Monte Grappa, Viale Pasubio, Viale Montello, Viale S. Michele del Carso, Viale Gorizia, Viale Col di Lana, Viale Bligny, Viale Sabotino, Viale Monte Nero, Viale Premuda. Divisa in tre tratte: Bramante - Vittoria - Genova (L.0,50 per tratta a tariffa normale). LINEE IN PARTENZA DA LARGO CAIROLI E PUNTI DIVERSI. 9) BOVISA : in partenza dal Largo Cairoli: Foro Bonaparte, Via Legnano, Piazza Lega Lombarda, Viale Montello, Piazza Volta, Via Farini, Via Stelvio, Bovisa. 13) BRAMANTE-CASE POPOLARI: in partenza dal Largo Cairoli: Foro Bonaparte (numeri pari), Via Legnano, Piazza Lega Lombarda, Via Bramante (Stazione funebre di via Bramante), Piazzale Cenisio, Via Cenisio, Strada Varesina, Via Artieri, Case Popolari. (Nel ritorno invece di Foro Bonaparte percorre Via Lanza e Piazza Castello). 14) CAGNOLA in partenza dal Largo Cairoli: Dal Verme, Foro Bonaparte, Via Boccaccio, Via V. Monti, Via M. Pagano, Piazzale Sempione, Corso Sempione, Rondò Cagnola, Viale Certosa, fino al Bersaglio. (Nel ritorno: Via V. Monti, Corso Magenta, Via S. Giovanni sul Muro). 32) LINEA DI VICENTINO: in partenza da Piazza Missori: Corso Roma, Via Vigentina, Via Ripamonti, Strada Comunale, per Vigentino. 34) LINEA DI BAGGIO : in partenza dal posteggio del tram N. 16 Magenta-Baggina: per Strada Comunale per Baggio sino a Baggio. 35) LINEA DI TALIEDO : in partenza dal posteggio del tram N. 21 di Porta Vittoria: per Corso XXII Marzo e Via Ferrer, fino all'Aerodromo di Taliedo. 37) PONTE MUSSA-MUSOCCO : in partenza dal posteggio del tram N. 14: linea per Via Espinasse, fino alla Strada Provinciale Varesina. LINEA FRA IL CIMITERO MONUMENTALE ED IL CIMITERO A MUSOCCO : in partenza dal Piazzale Cimitero Monumentale: per Via Bramante, via Cenisio, Rondò Cagnola, Viale Certosa, fino al Piazzale Cimitero a Musocco.

ORARIO. Servizio normale su tutte le linee dalle 6,30 alle 24 in tutto l'anno. Servizio, notturno dalle 4,30 alle 6,30 sulle linee N. 1 Umberto-Stazione; N. 2 Venezia-Stazione; N. 25 Interstazionale; N. 26 Mascheroni-Loreto; N. 29-30 Circonvallazione. Servizio notturno dalle 24 all'I sulla linea N. 1 Umberto-Stazione; N. 2 Venezia-Stazione.

TARIFFE. Nei giorni feriali:

(vedi elenco corrispondente) AUTOMOBILI PUBBLICHE. TARIFFA PER AUTOVETTURE A 2 POSTI ED ELETTROMOBILI A 4 POSTI INTERNI. Di giorno e di notte - Entro e fuori la cinta daziaria. L. 2,- pei primi m. 1030 di percorso o pei primi 12 minuti di fermata.0,20 per ogni m. 115 successivi di percorso o per ogni minuto 2 succ. di fermata. Tariffa I.: L. 1,50 per i primi m. 1050 di percorso o 15 minuti di fermata; L. 0,30 per i successivi m. 210 di percorso o 3 minuti di fermata. Tariffa II.: L. 1,50 per i primi m. 875 di percorso o 15 minuti di fermata; L. 0,30 per i successivi m. 175 di percorso o 3 minuti di fermata. Le due tariffe saranno applicate come segue: Dal l° aprile al 30 settembre, dalle ore 5 alle ore 23, la tariffa I.; dalle ore 23 alle ore 5 la tariffa II. Dal 1° ottobre al 31 marzo, dalle ore 6 alle ore 24, la tariffa I.; dalle ore24 alle ore 6 la tariffa II. Per il ritorno a vuoto fuori della cinta daziaria è dovuto, dalle ore 6 alle 22, L. 1,40 al km.; dalle ore 22 alle 6, L. 1,75 al km.

Supplementi: L. 0,30 per ogni corsa sia di giorno che di notte. »1,- per ogni bagaglio collocato all'esterno della vettura. »2,- per 2 o più bagagli come sopra. »5,- per ogni servizio tanto di andata che di ritorno all'Ippodromo di S. Siro nel pomeriggio dei giorni di corse.

TARIFFA PER AUTOVETTURE A 4 POSTI. Entro e fuori la cinta daziaria dalle ore 6 alle 24 dal 1.0 ottobre al 31 marzo e dalle ore 5 alle 23 dal aprile al 30 settembre. L. 1,50 pei primi m. 750 di percorso o pei primi 12 minuti di fermata. » 0,50 per ogni m. 200 successivi di percorso o per ogni 4 minuti di fermata. Fuori e dentro la cinta daziaria dalle ore 24 alle 6 del 1° ottobre al 31 marzo e dalle ore 23 alle 5 dal 1° aprile al 30 settembre. L. 1,50 pei primi m. 600 di percorso o pei primi 12 minuti di fermata. »0,50 per ogni m. 250 successivi di percorso o per ogni 4 minuti di fermata.

Supplementi: L. 0,50 per ogni corsa, qualunque ne sia la durata, sia di giorno che di notte. »1,- per ogni bagaglio collocato all'esterno della vettura. »2,- per 2 o più bagagli come sopra. »5,- per ogni servizio tanto di andata che di ritorno all'Ippodromo di S. Siro nel pomeriggio dei giorni di corse. Ritorno a vuoto fuori cinta daziaria: L. 2,- al chilometro dal luogo d'abbandono della vettura sino alla cinta daziaria, dalle ore 7 alle ore 20 e L. 2,50 dalle ore 20 alle ore 7.

TARIFFA PER AUTOMOBILI PUBBLICI DI LUSSO. Per ogni servizio entro o fuori cinta daziaria di giorno e di notte. L. 3, - per i primi 800 m. di percorso o pei primi 16 minuti di fremata. » 0,50 per ogni m. 200 successivi di percorso o per ogni 4 minuti di fermata. Ritorno a vuoto fuori cinta daziaria dal luogo di abbandono della vettura fino alla nuova cinta daziaria: L. 2,50 al km. CUSTODIA AUTOVEICOLI PRIVATI.

Per potere abbandonare senza preoccupazioni e senza pericoli la propria automobile, l'Automobil Club di Milano ha ideato un servizio di custodia a pagamento in alcune delle località più centrali, in cui un apposito personale è incaricato della sorveglianza. Le località scelte sono rese note al pubblico da un apposito avviso indicatore triangolare e sono ora le seguenti: Piazza Duomo (di fronte a Via S. Raffaele, di fianco al Duomo). Dalle 19 alle 24,30, L. 5 fisse. Pei soci L. 2,50. Piazza della Scala. Via Gaetano Negri. S. Siro. Nei giorni di corsa, L. 5 fisse. Il prezzo è di L. 2 per la prima ora e L.1 per ogni ora successiva.

TARIFFA PER VETTURE PUBBLICHE CON CAVALLO. Tariffa sia di giorno che di notte: Per i primi 262 metri o per i primi 6 minuti di fermata L. 1,60 Per ogni 131 metri o per ogni 3 minuti di fermata successivi . L. 0,20

Supplementi da segnarsi a tassametro: Per ogni servizio, tanto di andata che di ritorno, al Cimitero di Musocco, all'Areodromo di Taliedo L. 2,- Nei pomeriggi dei giorni di corse: All'Ippodromo di S. Siro L. 4,- Per i servizi all'Ospedale Municipale di Dergano, è dovuta la tariffa ordinaria senza supplemento.

Sono dovuti al conducente, senza segnarli a tassametro, i seguenti supplementi: Per un bagaglio non collocabile nell'interno della vettura L.0,50 Per due o più bagagli, come sopra L.1 Per ogni servizio dalle ore 22 alle 6 L. 0,50

SERVIZIO AUTOBUS ELETTRICI LINEA VIA CANONICA-VIA OSPEDALE. - (Impresa Ditta Rognini e Balbo - Via Spontini, 5). Percorso: Via P. Sarpi, Piazzale Volta, Via Volta, Via Moscova, Via e Piazza S. Fermo, Via Cernaia, Via Borgonuovo, Via Croce Rossa. Via Monte Napoleone, Via Durini, Verziere, Via Brolo, Piazza S. Stefano, Via OSpedale. La linea, nei riguardi della tariffa, è divisa in due tratte sovrapposte e precisamente da Via Canonica a Via Croce Rossa e l'altra dall'angolo Via Solferino, Via Moscova all'incrocio di Via Ospedale, a Via Pantano e viceversa da Via Ospedale, Via Pantano all'angolo di Via Solferino, Via Moscova e da Via Croce Rossa a Via Canonica. Tariffe. - Dalle ore 7 alle 21 cent. 50 per tratta e cent. 80 per l'intera tratta. Dalle ore 21 alle 24 cent. 60 per tratta e L. 1 per l'intera tratta. Le partenze si susseguono ogni dieci minuti dalle ore 7 alle 24,30. Dopo le ore 24 vengono eseguite, in partenza dalla Piazza Duomo corse fino a Loreto e fino all'1,30. Inoltre due corse da Piazza Duomo a Porta Monforte. Tariffa L. 1. SERVIZIO NOTTURNO PER IL TEATRO ALLA SCALA.

La Società Autostrade (Via Manzoni, 3), d'accordo con la Direzione del Teatro, ha istituito degli autobus e autotreni per un servizio che partendo da Piazza della Scala al più tardi 15 minuti dopo la fine degli spettacoli percorre gli itinerari sottoindicati : N. 1. - Piazza Scala - S. Margherita - T. Grossi - Dante - Foro Bonaparte Boccaccio - A. Saffi - Piazzale Magenta - Ariosto - Mario Pagano - Arco della Pace - Corso Sempione - Angolo Via Procaccini. N. 2. - Piazza Scala - Manzoni - Piazza Cavour - Palestro - Corso Venezia - Piazzale Venezia - Viale Vittorio Veneto - Viale Monte Santo - Viale Monte Grappa - Viale Monte Pasubio - Piazzale Volta - P. Sarpi - Canonica - Angolo Via Procaccini. N. 3. - Piazza Scala - Manzoni - Monte Napoleone - Monforte - Piazzale Monforte - Corso Concordia - Corso Indipendenza - Angolo Viale dei Mille - Castelmorrone - Eustachi - Plinio - Settembrini - Lazzaretto - Piazzale Principe - Umberto. Tariffe. -Il prezzo per ogni linea è di L. 5. Il posto è assicurato. I biglietti si possono acquistare fino alle ore 21 al Botteghino del Teatro alla Scala. A richiesta di almeno 15 persone si faranno altri itinerari. Il passeggero ha facoltà di scendere in qualunque punto del percorso. La stessa Società, per offrire la possibilità di assistere agli spettacoli della Scala agli abitanti di Como, Varese, Arona, Sesto Calende, ha istituito anche dei servizi speciali che permettono di ritornare ai detti Comuni senza pernottare a Milano. Il prezzo del biglietto di andata e ritorno è di L. 40.

TRAMS ELETTRICI.

Trams della Società Trazione Elettrica Lombarda (S. T. E. L.) Foro Bonaparte - Palazzo della Luce.

LINEA MILANO-VAREDO-MOMBELLO.- Posteggio: Foro Bonaparte (Scuole Piatti). Fermate intermedie: Milano (piazzale Volta - Affori-Bruzzano) Ospitello (Novate-Cormanno) - Battiloca (C. Nuova Paderno D.) - Cascina Amata Incerano-Paderno D.) - Castelletto (Senago-Palazzolo M.) - Varedo-Limbiate. Durata del percorso un'ora. Feriali corse 19; festive corse 17; partenza ogni ora fino alle 23,45. Tariffa: andata L. 3,10; andata e ritorno L. 4,80. LINEA MILANO-MONZA. - Posteggio: Milano - Piazzale Venezia - Monza - Largo Mazzini. Partenze ogni mezz'ora. Servizio diretto 21 corse andata e ritorno. Servizio ordinario corse 29. Tariffa corsa semplice: prima classe L. 3,90; seconda classe L. 2,50. (Andata e ritorno: prima classe L. 6; seconda classe L. 4. Servizio ordinario andata e ritorno L. 4). Servizio locale Milano-Sesto S. Giovanni. - Tariffa: Andata e ritorno L. 2; solo andata L. 1,80.

LINEA MILANO-GAGGIANO-ABBIATEGRASSO. - Posteggio: Piazzale Mercato Ticinese. Fermate intermedie: Corsico, Trezzano, Gaggiano, Cascina Rosa, Vermezzo, Castelletto. Durata del percorso un'ora. Corse 12 andata e ritorno. Tariffa: andata e ritorno L. 6,70; sola andata L. 4. LINEA MILANO-CORSICO. - Posteggio: Piazzale Mercato Ticinese. (Servizio locale). Corsa semplice L. 1,30. LINEA MILANO-BICOCCA-BALSAMO-CINISELLO-SESTO. - Posteggio: Viale Brianza, angolo via Ponte Seveso. Per Cinisello 26 corse di andata e ritorno. Per Sesto 10 corse di andata e ritorno nei giorni feriali; corse 18 nei giorni festivi. Tariffa: andata e ritorno a Cinisello L. 2,50; a Sesto L. 1,90. (Corsa semplice per Cinisello L. 1,50; per Sesto L. 1,25). LINEA MILANO-DESIO-CARATE-GIUSSANO. - Posteggio: Porta Volta (tram a vapore). Corse 11 andata e 9 ritorno. Tariffa : solo andata prima classe L. 7,30; seconda classe L. 4,30. Andata e ritorno: prima classe L. 6,60; seconda classe L. 4,25. LINEA MILANO-CRESCENZAGO (Servizio Elettrico). - Partenze da Porta Venezia. Partenze ogni 30 minuti. Tariffa: andata L. 0,80; andata e ritorno L. 1,40. LINEA MILANO-ROGOREDO (Servizio elettrico). - Partenze da Porta Romana. Partenze ogni 30 minuti. Tariffa: andata L. 0,70; andata e ritorno L. 1. LINEA MILANO-AFFORI. - Posteggio: Foro Bonaparte (Scuole Piatti). Partenze ogni mezz'ora feriale e festivi. Orario di partenze dalle ore 6 fino alle 23,45. SERVIZI AUTO VISITA CELLA CITTÀ E CERTOSA DI PAVIA. - Partenze da Palazzo Reale. Dal 1.0 marzo al 30 novembre, dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 15 alle 17, due corse al giorno. Giovedì e domenica servizio per la Certosa di Pavia. Partenza dalla Piazza Palazzo Reale ore 14; partenza dalla Certosa ore 16,45; arrivo a Milano ore 17,45. Prezzo per la visita alla città e monumenti L. 15. Durata della visita ore 2. Prezzo per la visita alla Certosa di Pavia (andata e ritorno) L. 15.

SERVIZI AUTOMOBILISTICI. (Vedi avanti il servizio autostrade per Como, Varese e Arona). SERVIZIO AUTOMOBILISTICO MILANO-PAULLO-CREMA. Attualmente si eseguiscono 6 corse: tre d'andata e tre di ritorno; 8 alla domenica. Biglietti da Milano-Paullo o viceversa (vedi elenco in originale)

AUTOSERVIZIO PUBBLICO-MILANO-COMO-ARGEGNO-MENAGGIO (impr. Gay e C. via Schiapparelli, 9-11 - tel. 60-383). Partenza da Piazza Castello. - Orario (sino a nuovo avviso): Partenza da Milano ore 16,30, arrivo a Menaggio ore 19,50. Partenza da Menaggio ore 6,30, arrivo a Milano ore 9,30. Dal 15 luglio servizio in partenza da Milano ore 8,50; partenza da Menaggio ore 17. MILANO-CASTEL S. GIOVANNI. - Viale Romana, 3. Km. 56. Partenza ore 8, arrivo 10,30; partenza ore 16 arrivo 18,30. Ritorno ore 7,30 arrivo 10; ritorno ore 16, arrivo 18,30. - Prezzo L. 15 sola andata. MILANO-LODI. - Via Ripamonti, 18. Partenza da Milano ore 6,30, arrivo ore 9; partenza da Lodi ore 16, arrivo ore 18,30 (tre giorni alla settimana). - Prezzo L. 5. MILANO-LODI VECCHIO. - Via Ripamonti, 18. Partenza da Lodi Vecchio ore 7,30, arrivo ore 9; partenza da Milano ore 16, arrivo ore 18 (tutti i giorni). - Prezzo L. 5,50. MILANO-PAVIA. - Viale Magenta, 83. Partenza da Milano ore 16, arrivo 17,55; partenza da Pavia ore 7,20, arrivo ore 9,20. - Prezzo L. 8,50. MILANO-CREMA. - Corso XXI Marzo, 17-A. Tre corse di andata e ritorno.- Tariffa fino a Crema L. 12,30. MILANO-S. ZENONE PO-STRADELLA. - Via Ripamonti. Tutti i giorni ore 16-18,30 -Partenza da S. Zenone Po ore 7-9,30. Sabato ore 16,30-19. Domenica ore 8-10,30. Partenza da S. Zenone Po ore 16-18,30. MILANO-CERVIGNANO LODIGIANO. - Via Ripamonti. Partenza da Milano ore 16,30, arrivo ore 18; partenza da Cervignano ore 7,30, arrivo ore 9. - Prezzo L. 13,50, sola andata. MILANO-RIVOLTA D'ADDA-VAILATE. -Piazzale Vittoria. Partenze da Milano: Orario feriale: partenza ore 7,30, arrivo 19,30; festivi: partenza ore 8,30, arrivo ore 10,30. - Partenze da Vailate, orario feriale: partenza ore 6,30, arrivo ore 8,30; partenza ore 17, arrivo ore 19. Supplemento pel lunedì: partenza da Milano ore 7,30, partenza da Rivolta ore 17. Supplemento pel mercoledì e sabato: partenza da Milano ore 7,30, partenza da Rivolta ore 11,45. Prezzo biglietto solo andata a Rivolta d'Adda L. 7. MILANO-S.ANGELO LODIGIANO-MIRADOLO-CHIGNOLO PO. - Via Ripamonti, 12. Partenza da Milano ore 17, arriva a Chignolo ore 19; partenza da Chignolo ore 7, arrivo a Milano ore 9. Tariffe: per Miradolo L. 10 solo andata; L. 16 andata e ritorno; per Chignolo L. 1 solo andata; L. 18 andata e ritorno. MILANO-TERME DI MIRADOLO-S. COLOMBANO-SOMAGLIA. - Piazzale Vittoria. Partenza da Milano ore 16,30, arrivo 18,50; partenza da Somaglia ore 7,arrivo ore 9,20. Tariffa: L. 15 solo andata; L. 24 andata e ritorno. MILANO-LOCATE-LANDRIANO-VIDIGULFO-LARDIRAGO-PAVIA. - Via Ronti. Feriali partenza da Milano ore 7, arrivo ore 8,45; partenza da Pavia ore 13,30,arrivo ore 15. Festivi: partenza da Milano ore 9, arrivo ore 10,45; partenza da Pavia ore 17,30, arrivo ore 19,15. MILANO-MILANINO. - Posteggio dietro la Posta, via G. Negri. Da Milanino per Milano ore 8-3,30; da Milano per Milanino ore 12,10-19,20.Prezzo L. 3,50. MILANO-MONZA. Partenza dal Rondò Loreto, per Lambrate, Bettolino, Pioltello, Cernusco, Carugate, Brugherio, Monza e viceversa. Le partenze si susseguono: da Milano alle ore 7,25, 14 e 18 con fermata aCarugate; il ritorno da Monza (Largo Mazzini vicino alla stazione) alle ore 9,5 e 16,5. MILANO-MONZA. Partenza da Piazzale Venezia ogni mezz'ora. SERVIZIO AUTOMOBILISTICO MILANO-LAMBRATE. Partenza da Milano (Piazzale Venezia) e arrivo a Lambrate (Piazza Municipio) seguendo Corso Buenos Ayres, Piazzale Loreto, Via Porpora, Via Vallazze, Lambrate e ritorno. Le corse si susseguono ogni mezz'ora fino alle ore 20. Nel territorio di Lambrate le fermate saranno effettuate a richiesta dei passeggeri. MILANO-PAVIA-ARENA PO. - Via Ripamonti. Partenza da Milano ore 16; partenza da Arena Po ore 6,30. Prezzo L. 13. MILANO-S. NAZARO DE' BURGONDI (Binasco-Bereguardo). - Partenze Piazzale Ticinese. Partenza da Milano ore 17; partenza da S. Nazzaro ore 6, 45. Prezzo L. 12. MILANO-RIVOLTA D'ADDA-VAILATE. - Piazzale Vittoria. Partenza da Milano, festivo ore 9, feriale ore 16; partenza da Vailate, festivo ore 15,30, feriale ore 7. MILANO-CERMENATE. - Porta Volta. Partenza da Milano ore 11-18; partenza da Cermenate ore 7-12,30. Prezzo fisso a Cermenate L. 7,50. MILANO-CISLIANO-CORBETTA-ROBECCO. - Piazzale Magenta. Partenza da Milano ore 11,45-18; partenza da Corbetta ore 8-13,15: Prezzi: fino a Cisliano L. 4,50; da Cisliano a Robecco L. 2,75; da Milano a Corbetta L. 6. MILANO-ORNAGO-SANATORIO. - Deposito Via Pace, 23. Partenza da Milano, diretto ore 13, omnibus ore 13; partenza da Ornago, diretto ore 16,45, omnibus ore 17. Solo domenica. - Prezzo L. 10,50. MILANO-GARBAGNATE.- Via Ospedale. Partenza da Milano ore 9,30-13,20; partenza da Garbagnate ore 11,20-15,10.

SERVIZI TRAMS A VAPORE. MILANO-MAGENTA-CASTANO. - Corso Vercelli. Undici corse giornaliere di andata e ritorno. Tariffe: Milano-Magenta: prima classe L. 6,70 solo andata; seconda classe L. 4,10 solo andata; prima classe L. 12 andata e ritorno; seconda classe L. 7,50 andata e ritorno. Milano-Castano: prima classe L. 8,20 solo andata; seconda classe L. 4,50 solo andata; prima classe L. 13,50 andata e ritorno; seconda classe L. 8,50 andata e ritorno. MILANO-BINASCO-CERTOSA-PAVIA. - Viale Bligny. Km. 32.500. - Dieci corse giornaliere di andata e ritorno. Tariffe: andata: prima classe L. 7,25; seconda L. 5,10; andata e ritorno: prima classe L. 11,60; seconda classe L. 8,15. MILANO-MELEGNANO-LODI-SONCINO. -Porta Romana. Otto corse giornaliere di andata e ritorno. Tariffe: prima classe L. 10,10; seconda classe L. 6,90; a Lodi: prima classe L. 8,75; seconda classe L. 5,05. MILANO-MELEGNANO-S. ANGELO. - Porta Romana. Cinque corse giornaliere di andata e ritorno. Tariffe: prima classe L. 9,65; seconda classe L. 6,45; a Melegnano: prima classe L. 5,15; seconda classe L. 4,60. MILANO-VIMERCATE. - Viale Romana. Sei corse giornaliere di andata e ritorno. Tariffa: prima classe L. 6,05; seconda classe L. 3,70. MILANO-GORGONZOLA-VAPRIO. - Viale Romana. Sette corse di andata e nove corse di ritorno. Tariffe: prima classe L. 8,75; seconda classe L. 5,55; a Gorgonzola: prima classe L. 6,05; seconda classe L. 3,70. VISITA ALLA CITTÀ. I.- ITINERARIO E. N. I. T. Diamo innanzitutto l'itinerario dell'E. N. I. T., illustrato dall'apposita piantina, che è il più completo di tutti. La visita alla città è divisa in tre itinerari che qui riassumiamo. (Per dettagli su questi itinerari chiedasi all' E. N. I. T. la apposita e diffusa pubblicazione). Itinerario E. N. I T. per la visita alla città ITINERARIO I. Piazza del Duomo. - Il Duomo. - Il Monumento a Vittorio Emanuele Il. Palazzo Reale. - Arcivescovado. - Galleria Vittorio Emanuele - La Scala. - Palazzo Marino. - S. Fedele. - Via Manzoni. - Museo Poldi-Pezzoli. - Via Monte Napoleone. - S. Carlo. - Corso Vittorio Emanuele. - Piazza del Duomo.

(vedi cartina corrispondente) ITINERARIO II. Enit. - Largo S. Margherita. - Via Tommaso Grossi. - Piazza Cordusio. Via Dante. - Castello Sforzesco. - Parco. - Acquarium. - Arena. - Arco della Pace. - Via XX Settembre. - S. Maria delle Grazie (Cenacolo). - S. Ambrogio. Via Carroccio. - S. Vincenzo in Prato. - Corso Genova. - Via Cesare Correnti. - Carrobbio. - S. Lorenzo. - S. Eustorgio. - S. Celso. - S. Alessandro. - S. Satiro. - Ambrosiana. Piazza del Duomo.

ITINERARIO III. Enit. - Via Clerici. - Palazzo Clerici. - Via Broletto. - Via Ponte Vetero. Chiesa del Carmine. - Corso Garibaldi. - Chiesa di S. Simpliciano. - Via Volta. - Cimitero Monumentale. - Porta Garibaldi. - Chiesa dell'Incoronata. - Via Statuto. - Chiesa di S. Marco. - Palazzo e Galleria Brera. - Via Monte di Pietà. Via Manzoni. - Piazza Cavour. - Galleria d'Arte moderna. - Museo di Storia naturale. - Corso Venezia. - Palazzo del Senato. - S. Babila. - S. Maria della Passione. - Monumento delle Cinque Giornate. - S. Pietro in Gessate. - Via Francesco Sforza. - Ospedale Maggiore. S. Stefano. - Verziere. - Piazza Beccaria. - Piazza Fontana. - Piazza del Duomo. - Enit.

  • * *

Nella Parte I. di questa Monografia sono indicate diffusamente tutte le numerose ed interessanti attrattive storiche ed artistiche (monumenti, musei, fortilizi antichi, gallerie d'arte, pinacoteche, ecc.), che presenta al visitatore la città di Milano. La visita può essere compiuta personalmente dal singolo visitatore con quei mezzi che ritiene più adatti e per l'itinerario da seguire servono le guide del Touring Club Italiano, le Guides Bleus, ecc., ecc.

II - ITINERARIO DELLE « GUIDES BLEUS ».

Centro. — Dalla Stazione Centrale si giunge, per via P. Umberto, piazza Cavour e le vie A. Manzoni, Santa Margherita e G. Mengoni, in piazza del Duomo. Dalla Galleria Vittorio Emanuele II, a nord della piazza, si arriva in piazza della Scala. Fiancheggiando il Palazzo Marino, dal lato sud-est., sede municipale, si giunge, per via Marino, in piazza S. Fedele. Lungo la chiesa di S. Fedele, la via Omenoni che termina in piazza Belgioioso, che ha a sinistra la via Morone e a destra la via S. Paolo. Di qui, attraversando il corso Vittorio Emanuele, si va in piazza Beccaria, ed indi, per via Alciato, in piazza Fontana. Seguendo direttamente la via Beccarla, si arriva all'Ospedale Maggiore; e, continuando, si trova la chiesa di S. Nazaro con le tombe dei Trivulzio. Si sbocca indi, dalla porta laterale della cappella di S. Caterina, nelle vie Pantano, Bottonuto e Tre Alberghi, che termina in via Carlo Alberto. Di qui, attraversando la via Torino, si giunge, per la via delle Asole, in via Cardinale Federico che porta, dal lato sinistro, alla chiesa di S. Sepolcro, e a destra in piazza della Rosa dove si trova il palazzo della Biblioteca Ambrosiana. Per le vie Cantù ed Armorari, a sinistra, si arriva alla Posta Centrale, dove trovasi anche la Banca d'Italia; e a destra, in piazza Cordusio, donde, per la via Mercanti, si rientra in piazza del Duomo. Quartieri dell'Ovest. - Dalla piazza Cordusio, parte la via Dante che finisce al Largo Cairoli e in piazza Castello. Di là dal Castello, il Parco. Seguendo questo a destra, si trova l'Acquarium l'Arena e l'Arco della Pace. Continuando il giro del Parco, si prende, a sud: ovest, la via Venti Settembre, e, a sinistra, la via Mascheroni, per andare alla chiesa di Santa Maria delle Grazie. Per le vie Zenale e S. Vittore, a sinistra, si va in piazza S. Ambrogio, donde, per via S. Agnese, a sinistra della piazza, si sbocca in corso Magenta. Per il corso Magenta, a destra, e la via Meravigli, si torna in piazza Cordusio e al Centro. Quartieri del Nord.- Si parte dall'angolo nord-ovest della piazza del Duomo per la via G. Mengoni. A sinistra le vie S. Protaso e Clerici. Continuare nella stessa strada, voltare a sinistra nella via Bossi, a destra nella via Broletto e Ponte Vetero, indi a destra nella via del Carmine. In fondo alla via del Carmine, girare a sinistra nella via Brera. Continuare nella via Brera e voltare a destra per andare alla chiesa di S. Marco. Prendere la via Pontaccio e voltare a destra, nella via S. Simpliciano per andare alla chiesa di S. Simpliciano. Seguendo il corso di porta Garibaldi e poi a sinistra le vie Volta e Ceresio, si va al Cimitero Monumentale. Quartieri dell'Est e del Sud.- A nord-est della piazza del Duomo, comincia il corso Vittorio Emanuele II, che, all'altezza della chiesa di S. Babila, prende il nome di corso Venezia e va fino ai Giardini pubblici, dopo aver lasciato a sinistra la via Senato, subito dopo il Naviglio, e la via Palestra che fiancheggia i Giardini stessi, dove si trova la Villa Reale, oggi sede della Galleria d'Arte Moderna. All'altezza della chiesa di S. Babila, prendere a destra la via Monforte, poi a destra la via del Conservatorio per andare alla chiesa di S. Maria della Passione. Continuare a destra, prendere la via Corridoni e, a sinistra, la via Chiossetto per andare alla chiesa di S. Pietro in Gessate. Si esce in corso di porta Vittoria, dalla cui estremità si giunge, passando per porta Romana e porta Vigentina, a porta Lodovica, e di qui in corso Italia. Da porta Lodovica, per viale Gian Galeazzo a destra, si arriva a porta Ticinese, dove termina il corso di porta Ticinese, per il quale si giunge in piazza del Duomo passando per il Carrobbio e via Torino.

III.- VISITE A PAGAMENTO. È di grande utilità pratica pel visitatore sapere che un Ente privato ha organizzato una visita alla città in un grosso ma comodo autobus per il prezzo di L. 15. La visita dura due ore e può servire abbastanza bene per una visita rapida di orientamento. L'itinerario sommario è il seguente: Partenza da Palazzo Reale - Duomo - Castello Sforzesco (visita) - Parco - Arco della Pace - Arena - Stazione Nord - Chiesa delle Grazie (visita al Cenacolo) - S. Ambrogio - S. Eustorgio - S. Celso - Colonne S. Lorenzo - Ospedale Maggiore - Brera - Giardini pubblici - Visita ai principali palazzi storici ed artistici. Partenza da piazza del Palazzo Reale alle ore 10 e alle ore 15. - Prezzo del biglietto L. 15.

IV. — VISITA ALLA CERTOSA DI PAVIA. Lo stesso servizio di autobus che organizza la visita alla città, organizza anche la visita alla Certosa di Pavia nei giorni di giovedì e domenica, alle ore 14, partendo sempre dalla piazza Palazzo Reale. Prezzo del biglietto (andata e ritorno) L. 15. Per queste escursioni occorre fissare anticipatamente il posto all'Agenzia ferroviaria della Nord in Galleria Vittorio Emanuele, 64, o negli hotels principali. MUSEI E BIBLIOTECHE.

R. Pinacoteca di Brera. Orario giorni feriali 10-16, ingresso L. 2; giorni festivi 9-12, gratis. Museo Poldi-Pezzoli. - Via Morone. Estate: domenica ore 9-12, ingresso L. l; feriali ore 9-16, ingresso L. 3. Inverno ore 10-16, ingresso L. 3. Pinacoteca Ambrosiana. - Piazza della Rosa. Orario feriale ore 10-16; festivo 13-16. - Nei mesi da novembre a febbraio: feriale ore 10-15; festivo 13-16. - Ingresso: feriale L. 3; domenica L. 1 Biblioteca Ambrosiana. - Piazza della Rosa.Orario dalle ore 10-12 e dalle 13-16. - Chiusa la domenica. Cenacolo - S. Maria delle Grazie. Giorni feriali, ottobre-marzo, ore 10-16, ingresso L. 3; aprile-settembre ore 10-17, ingresso L. 3; ragazzi L. 1,50. - Giorni festivi ore 9-12, ingresso gratuito. Museo del Risorgimento.-Castello Sforzesco. Dal novembre al marzo ore 10-12 e 13,30-16; aprile-ottobre ore 10-12 e 14-17. - Chiuso il lunedì. - Ingresso L. 1. - Giorni festivi ingresso gratuito. Museo Artistico. - Castello Sforzesco. Dal novembre al marzo ore 10-12 e 13-30-16; aprile-ottobre 10-12 e 14-17. Ingresso L. 3. - Chiuso al lunedì. - Giorni festivi ingresso gratuito. Galleria d'Arte Moderna. - Villa ex-Reale.Orario invernale ore 10-12 e 13,30-16; estivo I. marzo-30 settembre ore 10-12 e 14-17. - Chiuso il lunedì e venerdì. - Ingresso L. 2. Museo di Palazzo Reale. - Piazza Palazzo Reale. Dal novembre al marzo ore 10-12 e 13,30-16; dall'aprile all'ottobre ore 10-12 e. 14-17. - Chiuso il lunedì, giovedì e sabato. - Ingresso L. I. - Giorni festivi ingresso gratuito. Museo di Storia Naturale. - Giardini pubblici. Orario ore 10-12 e 13,30-17. - Chiuso il lunedì.Ingresso gratuito. Acquario. Aprile-Maggio: ore 9-12 e 14-18; giugno-agosto: 9-12 e 15-19; settembre: 9-12 e 14-18; ottobre-marzo: 10-12 e 14-17. Tariffa: giorni feriali cent. 50; giorni festivi cent. 25. Giorni in cui l'Acquario è chiuso: 1° Gennaio - Pasqua 21 Aprile - Ferragosto - 20 Settembre - 4 Novembre - 25 Dicembre. Vi sono ingressi gratuiti per le scuofe, società e chi ne faccia ricerca al Riparto VI. Giardino pubblico. - Porta Venezia. Apertura : gennaio ore 7, febbraio 7, marzo 6,30, aprile 6, maggio 6, giugno 6, luglio 6, agosto 6, settembre 6, ottobre 6,30, novembre 7, dicembre 7,30. Chiusura : gennaio ore 7, febbraio 17,30, marzo 18,30 aprile 20, maggio 22, giugno 23, luglio 23, agosto 23, settembre 22, ottobre 17,30, novembre 17, dicembre 16,30. Biblioteca di Brera. - Via Brera. Feriale e festivo ore 9-17,30. - Ingresso gratuito. Biblioteca Civica.- Castello Sforzesco. Orario feriale ore 10-12 e 15-19; festivo ore 10-12. Ascensione al Duomo. Salita: gennaio ore 8,30-15, febbraio 8,30-16, marzo 8,30-16,30, aprile 7,30-17, maggio 7,30-17, giugno 7,30-17,30, luglio 7,30-17,30, agosto 7,30-17, settembre 7,30-17, ottobre 8,30-16,30, novembre 8,30-16, dicembre 8,30-15,30. Discesa: gennaio ore 16, febbraio 16,30, marzo 17, aprile 17,30, maggio 17,30, giugno 18, luglio 18, agosto 17,30, settembre 1730, ottobre 17, novembre 16,30, dicembre 16. Ingresso L. 1, militari L. 0,50. L'accesso alla Certosa di Pavia nei giorni festivi è gratuito. - Orario feriale dalle ore 8,30 alle 17,30; festivo dalle 9,30 alle 16,30.

CHIESE D' IMPORTANZA ARTISTICA. (vedi elenco in originale)

CHIESE STRANIERE (vedi elenco in originale) BANCHE.

Cassa di Risparmio. - Via Monte di Pietà, 8. Orario pel pubblico dalle 10 alle 15 continuato; sabato inglese.

Banca d'Italia.- Piazza Cordusio,5 Orario pel pubblico ore 10-12 e 14-16, anche al sabato; Tesoreria 10-12,30 e 13-15; Pagamento cedole 10-14; Cassette 9,30-12 e 14-17.

Banco di Sicilia. - Via Cesare Cantù, 4. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16, compreso il sabato.

Banca Bergamasca. - Piazza Paolo Ferrari, 10. Orario pel pubblico ore 9-12 e 14-15,30; sabato inglese 9-12.

Banco di Napoli.- Via Tommaso Grossi, 5. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese 9,30-12; pagamento cambiali 9,30-12 e 14-15.

Banca Commerciale Italiana. - Piazza della Scala. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Credito Italiano. - Piazza Cordusio, 2. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-15,30; sabato inglese.

Banca Nazionale di Credito. - Via Tommaso Grossi, 1 . Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-15,30; sabato inglese; cassette 9,30-12 e 14-17.

Banco di Roma. - Via Bassano Porrone, 6. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banco Ambrosiano. - Via Clerici. Orario pel pubblico ore 0,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca Popolare di Milano. - Via S. Paolo, 12. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; cassette 9,30-12 e 14-18; sabato inglese cassette 9,30-12,30.

Banca Lombarda di Depositi e Conti Correnti. - Via Silvio Pellico, 10. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16,30; sabato inglese; cassette 9,30-12 e 14-17.

Banca Agricola Milanese. - Via Tre Alberghi, 1. Orario pel pubblico ore 9,30-12; sabato inglese.

Piccolo Credito Lombardo. - Via Carlo Alberto, 29. Orario del pubblico ore 9-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca per il Commercio Serico. - Via Moscova, 33. Orario pel pubblico ore 9-12 e 13,30-17; sabato inglese. Banca Agricola. - Via Giuseppe Verdi, 3. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca Milanese di Credito. - Via Belgioioso, 2. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca Popolare Agricola Commerciale di Paoia. - Via Moneta, 1. Orario pel pubblico ore 9,45-12 e 14-16; sabato inglese.

Istituto Nazionale di Credito. - Via S. M. Fulcorina, 9. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese; cassette 9,30-12 e 14-17.

Banca d'America e d'Italia. - Via S. Prospero, 2. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca S. Giorgio. - Piazza Duomo, 18. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca Bellinzaghi. -Via Andegari, 14.Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banco del Monte di Pietà di Milano. - Via Monte di Pietà.

Orario pel pubblico ore 10-15 continuato; sabato inglese. Banca Nazionale d'Agricoltura. - Piazza Duomo (Passaggio Carlo Alberto, 2).Orario pel pubblico ore 9-12 e 14-17; sabato inglese.

Società Anonima Banca Vonwiller.- Via Armorari, 1.Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca di Legnano e Busto Arsizio. - Via Orefici (Passaggio Centrale, 2). Orario pel pubblico ore 9-12 e 14-16,30; sabato inglese.

Banca Biellese. - Via A. Manzoni, 10. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

City Bank di New York. - Piazza Cordusio. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca Commerciale Triestina. - Via Dante, 10. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca Italo-Britannica. - Via Manzoni, 5. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca di Credito Italiano. - Via Manzoni, 12. Orario pel pubblico ore 9-12 e 14-16,30; sabato inglese.

Credito Marittimo. - Via G. Verdi, 7.Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca Popolare di Bergamo. - Via Oriani, 5.Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Banca Popolare di Novara. - Via S. Protaso, 2.Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-15,30; sabato inglese.

Credito Commerciale Francese. - Via S. Margherita. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-15,30; sabato 9,30-14.


BANCHE DI CAMBIO. Mazzucchetti. - Piazza Cordusio. Orario pel pubblico ore 9,30-12 e 14-16; sabato inglese.

Cesare Ponti. - Portici Settentrionali, 19. Orario pel pubblico ore 9-12 e 14-18; sabato inglese.

Rasini. - Piazza Duomo, 17. Orario pel pubblico ore 9-12 e 14-17,30; sabato inglese. Antonio Rota. - Via Mengoni, 2. Orario pel pubblico ore 9-12,15 e 13,30-19; sabato inglese. Luigi Strada. - Piazza Paolo Ferrari, 8.Orario pel pubblico ore 9-12 e 14-16,30; sabato inglese.

Banca Centrale di Cambio. - Via Orefici.Orario pel pubblico ore 9-12 e 14-17; sabato inglese.

Banca Colombo A bramo. - Via Cesare Cantù, 4. Orario pel pubblico ore 8,30-12 e 14-17; sabato inglese.

ISTITUTI DI ASSICURAZIONE.

Istituto Nazionale delle Assicurazioni - Via Giulini, 6.

Assicurazioni Generali Venezia - Piazza Cordusio, 2. Riunione Adriatica di Sicurtà - Via Manzoni. The Italian Excess lnsurance Company - Via Monforte, 2. La Fondiaria Incendi-Via Cordusio, 2.

La Paterna - Via Durini, 24.

La Pace - Via V. Hugo, 2.

Compagnia di Assicurazione di Milano - Via Lauro, 7. TEATRI - VARIETÀ e principali locali di spettacoli.

Teatro alla Scala. - Piazza omonima (stagione d'opera d'inverno). Ingresso platea e palchi ordinari L. 16,80 (prima rappresentazione L. 22,40); prima galleria L. 9 (prima rapppresentazione L. 11,20); seconda galleria L. 5,60 (prima rappresentazione L. 6,80). - Posti di platea da L. 20 a L. 60; di prima galleria L. 20; di seconda galleria L. 15.

Teatro Lirico Internazionale. - Via Larga, 14 (opera, operetta, commedia). Ingresso platea L. 6,80; poltrone L. 24; poltroncine L. 16,80; galleria L. 3,40; numerato L. 6,60; palchi di prima e seconda fila L. 89,60; di terza fila L. 56; di quarta fila L. 33.60.

Teatro Dal Verme. - Foro Bonaparte. Ingresso platea e palchi L. 7,90; mezzo ingresso L. 3,95; poltrone L. 35,90; poltroncine L. 24,70; galleria L. 5,60; mezzo ingresso L. 2,80; palchi da L. 112 a L. 168; posti numerati di platea L. 19,10; di galleria (parapetto) L. 9; gli altri di galleria L. 6,80.

Teatro Carcano. - Corso Roma, 63 (opera, operetta, commedia). Ingresso platea L. 6,80; ingresso galleria L. 4,50; palchi prima e seconda fila da L. 50,80 a L. 80,50; ingresso platea militari e ragazzi L. 3,95; ingresso galleria militari e ragazzi L. 2,50; poltrone L. 30,50; poltroncine L. 21,30; numerati di platea L. 17; numerati di galleria L. 8,30.

Teatro Manzoni. - Piazza S. Fedele (commedia). Ingresso L. 6,80; poltrone L. 22,40; poltroncine L. 16,80; poltrone palchettone L. 20,30; poltroncine di palchettone L. 16,80; palchi di primo e secondo ordine L. 84; palchi di terzo ordine L. 56; numerato di galleria (prospetto) L. 3,20.

Teatro Filodrammatici.- Piazza Paolo Ferrari, 2 (commedia). Ingresso L. 5,60; poltrone L. 16,80; prima galleria L. 11,20; seconda galleria L. 6,50; terza galleria L. 3,60; palchi pepiano L. 67,20; palchi di primo ordine L. 56; palchi di secondo ordine L. 44,80.

Teatro del Popolo. - Via Manfredo Fanti, 17 (commedia). Biglietto unico d'entrata L. 2,50; per abbonamento L. 2.

Teatro Fossati. - Corso Garibaldi (operetta, commedia).Ingresso platea L. 6,80; ingresso galleria L. 3,40; palchi di primo ordine L. 70,60; secondo ordine L. 60,50; poltrone L. 16,30; poltroncine L. 13,50; prima galleria numerati L. 7,30.

Teatro Diana. - Viale Monforte, 40 (operetta, commedia, varietà, cinematografo).Ingresso L. 6,80; poltrone L. 16,80; poltroncine L. 11,20; numerati L. 9; palchi L. 67,20; barcacce L. 89,60; mezzo ingresso L. 3,40.

Teatro Eden. - Via Cairoli, I (commedia, varietà). Ingresso L. 5,60; mezzo ingresso L. 2,80; poltronissime L. 28; poltrone L. 16,80; sedie numerate L. 5,60; barcacce L. 84; palchi L. 44,80.

Teatro Nazionale. - Piazza Piemonte (operetta, commedia). Ingresso platea L. 3,50, mezzo ingresso L. 2; ingresso galleria L. 2,50; mezzo ingresso L. 1,50; poltrone L. 13; poltroncine L. 10,80; numerati L. 7,40; barcacce L. 48,30; palchi L. 37,10; numerati di galleria L. 5,90; poltrone L. 9,30.

Sala Azzurra. - Corso Magenta (commedia). Posto unico numerato L. 10.

Teatro Orfeo. - Via Torino, 21 (varietà). Ingresso dalle 21 alle 23 L. 7; dopo le 23 L. 10.

Teatro Apollo. - Piazza Duomo, 23 (varietà). Ingresso giornaliero feriale L. 2,15; ingresso serale feriale e festivo L. 3,25. -

Orari: fer. ore 15-18 e 21-23,30; festivo ore 14-16 - 16,30-18,30 e 21-23,30. Teatro Olimpia, - Via Cairoli, 2 (commedia).Ingresso L. 6,80; mezzo ingresso L. 3,40; poltrone L. 22,40; poltroncine L. 16,60; palchi L. 84.

Politeama Verdi. - Via Vetere, 11 (commedia).

Teatro Milanese (Luna Palace). - Corso Buenos Ayres, 33 e 37 (varietà).Ingresso platea L. 4; mezzo ingresso L. 2; palchi L. 33,60; poltrone L. 9,poltroncine L. 6,80; numerati L. 3,40.

Teatro S. Martino. - Corso Vittorio Emanuele, 8 (varietà). Ingresso L. 5; poltrone L. 15; palchi L. 30.

Teatro Trianon. - Corso Vittorio Emanuele, 15 (varietà). Ingresso L. 5; poltrone L. 15; plachi L. 30.

Teatro Gerolamo. - Piazza Beccaria, 8 (marionette). Ingresso prima e seconda galleria L. 2,50, terza galleria L. 1,25; poltroncine L. 2; poltrone L. 3; palchi centrali L. 33.60, prospetto L. 29,70, proscenio prima fila L. 10,10, seconda fila L. 6,20; bambini metà pretto.

CINEMATOGRAFI. Cinema Reale. - Via Carlo Alberto. Posti distinti galleria L. 10, mezzo biglietto L. 7; primi posti L. 7, mezzo biglietto L. 4,50; secondi posti L. 4,50; mezzo biglietto L. 2,80. - Rappresen- tazioni dalle 14 alle 24.

Cinema Italia. - Piazza Missori. Poltronissime L. 6,60, mezzo biglietto L. 3,20; primi posti L. 5, mezzo biglietto L. 2,75; secondi posti L. 3,80; mezzo biglietto L. 2; militari L. 1,30; militari dalle 18 alle 20 L. 0,60.

Cinema Palace. - Corso Vittorio Emanuele.Primi posti L. 6,30, mezzo biglietto L. 3,80; secondi posti L. 3,80, mezzo biglietto L. 2,75; militari L. 1,30; militari dalle 18 alle 20 L. 0,60.

Cinema Centrale. - Portici Settentrionali.Primi posti L. 6,30, mezzo biglietto L. 3,80; secondi posti L. 3,80, mezzo biglietto L. 2,75; militari L. 1,30; militari dalle 18 alle 20 L. 0,60.

Cinema S. Radegonda. - Via Santa Radegonda.Primi posti L. 5, mezzo biglietto L. 2,75; secondi posti L. 2,75, mezzo biglietto L. 1,50; militari L. 1,30; militari dalle 18 alle 20 L. 0,60.

Cinema Dante. - Via Camperio.

Cinema Modernissimo. Via Torino. Primi posti L. 4,40, mezzo biglietto L. 2; secondi posti L. 2,75, mezzo biglietto L. 1,30; militari L. 0,55.

Cinema Sala Volta. - Galleria De Cristoforis. Primi posti L. 5; mezzo biglietto L. 2,65.

Cinema Excelsior. - Corso Vittorio Emanuele, 21. Primi posti L. 3,50, mezzo biglietto L. 2; secondi posti L. 1,30, mezzo biglietto L. 1.

Cinema Kursaal Triestino.- Corso Buenos Ayres, 74.Poltrone L. 3, mezzo biglietto L. 1,55; primi posti L. 2, mezzo biglietto L. 1,10; secondi posti L. 1,30, mezzo biglietto L. 0,90.

Cinema Giardini. - Viale Venezia. Primi posti L. 3,60, mezzo biglietto L. 2,20; secondi posti L. 2,20, mezzo biglietto L. 1,30.

Cinema Commenda. - Via Lamarmora. Poltrone L. 2,80, mezzo biglietto L. 1,50; primi posti L. 2,20, mezzo biglietto L. 1; secondi posti L. 1,50, mezzo biglietto L. 0,60. Cinema Italia. - Corso Genova. Primi posti L. 3, mezzo biglietto L. 1,75; secondi posti L. 2,20, mezzo bighetto L. 1,30.

Cinema Beatrice d'Este. - Viale Beatrice d'Este. Poltroncine L. 2,80, mezzo biglietto L. 1,50; primi posti L. 1,75, mezzo biglietto L. 1,10; secondi posti L. 1,10, mezzo biglietto L. 0,60.

Novo Cine. - Via Cesare Cantù. Primi posti L. 4, mezzo biglietto L. 2,40; secondi posti L. 2,60; mezzo bighetto L. 1,40.

Cinema Verdi. - Via Vetere. Feriali: poltrone L. 2,85, mezzo biglietto L. 1,50; primi posti L. 1,75, mezzo biglietto L. 1; secondi posti L. I, mezzo biglietto L. 0,60. Festivi: poltrone L. 3,30, mezzo biglietto L. 1,75; primi posti L. 2,20, mezzo biglietto L. 1,50; secondi posti L. 1,50, mezzo biglietto L.1

Cinema Farini- - Via Farini, 65. Primi posti L. 2,50, mezzo biglietto L. 1,80; secondi posti L. 1,50, mezzo biglietto L. 1.

Cinema Monforte. - Corso Concordia, 10.Primi posti L. 2,65, mezzo biglietto L. 1,30; secondi posti L. 1,30, mezzo biglietto L. 0,60.

Cinema Garigliano. - Via Garigliano, 10.Primi posti L. 2,60, mezzo biglietto L. 1,30; secondi posti L. 1,30, mezzo biglietto L. 0,80.

Cinema Modena. - Via S. Gregorio,3 Galleria L. 2,75, mezzo biglietto L. 1,40; primi posti L. 2,40, mezzo biglietto L. 1,40; secondi posti L. 1,40, mezzo biglietto L. 0,80.

Cinema Palace. - Viale Monforte - Palazzo Teatro Diana. Distinti L. 2,75, mezzo biglietto L. 1,65; primi posti L. 1,65, mezzo biglietto L. 1; secondi posti L. 1, mezzo biglietto L. 0,60.

Cinema Franco-Americano.- Via Crema. Primi posti L. 2,65, mezzo biglietto L. 1,40; secondi posti L. 2,25; mezzo biglietto L. 1; terzi posti L. 1,40, mezzo biglietto L. 0,60.

Cinema Pathè. - Viale Magenta. Feriali: primi posti L. 1,60, mezzo biglietto L. 1; secondi posti L. 1, mezzo biglietto L. 0,60; 'posti distinti L. 2,20, mezzo biglietto L. 1,10. Festivi: primi posti L. 2,25, mezzo biglietto L. 1,40; secondi posti L. 1,40,mezzo biglietto L. 0.60; posti distinti L. 3,20, mezzo biglietto L. 1,60.

Cinema Massimo. - Via Raffaello Sanzio, 23. Feriali: primi posti L. 1,60, mezzo biglietto L. 1; secondi posti L. 1, mezzo biglietto L. 0,60. Festivi con varietà: primi posti L. 2, mezzo biglietto L. 1; secondi posti L. 1,40, mezzo biglietto L. 0,60.

Cinema Aquila d'Oro. - Via Canonica. Feriali: primi posti L. 1,50, mezzo biglietto L. 0,80; secondi posti L. 1, mezzo biglietto L. 0,50. Festivi: primi posti L. 2, mezzo biglietto L. 1; secondi posti L. 1,50, mezzo biglietto L. 0,80.

Cinema Cenisio. - Via Cenisio. Primi posti L 2, mezzo biglietto L. 1; secondi posti L. 1,50, mezzo biglietto L. 0,80.

Cinema Loreto. - Piazzale Loreto. Distinti L. 2, mezzo biglietto L. 1; primi posti L. 1,75, mezzo bigliettoL. 1; secondi posti L. 1, mezzo biglietto L. 0,60. Cinema Garibaldi. -Corso Garibaldi (Foppa).Feriali: primi posti L. 2.20, mezzo biglietto L. 1,10; secondi posti L. 1,mezzo biglietto L. 0,60.Festivi: primi posti L. 2,80, mezzo biglietto L. 1,50; secondi posti L. 1,50, mezzo biglietto L. 1.

Cinema Venezia. - Corso Buenos Ayres, 41. Feriali: primi posti L. 1,50, mezzo biglietto L. 0,60, secondi posti L. 1,mezzo biglietto L. 0,40.Festivi: primi posti L. 2,65, mezzo biglietto L. 1,30; secondi posti L. 1,30, mezzo biglietto L. 0,60.

Cinema Pace. - Corso Buenos Ayres, 37.Feriali: primi posti L. 1,75, mezzo biglietto L. 1,30; secondi posti L. 1 ,mezzo biglietto L. 0,60.Festivi: primi posti L. 3, mezzo biglietto L. 2; secondi posti L. 2, mezzo biglietto L. 1,30.

Cinema Aurora. - Via Paolo Sarpi. Primi posti L. 2,50, mezzo biglietto L. 1,30; secondi posti L. 1,50, mezzo biglietto L. 0,80.

RITROVI SPORTIVI. Areodromo di Taliedo, tram Taliedo. Campo sportivo del Ricreatorio patriottico Quartiere Magenta, Via Trivulzio, 97. Campo sportivo milanese, Via Lepanto. Chalet pattinaggio a rotelle, Via Ciro Menotti, Il. Cinodromo dell'Associazione Mutilati, Via Sesia, 11. Foot-Ball Club Internazionale, Campo di giuoco, Via Goldoni, 29. Ippodromo di S. Siro, Piazza dell'Ippodromo, 7. Milan Foot-Ball Club, Campo di giuoco Viale Lombardia. Nuovo Sferisterio Monforte, Via Goldoni, 59. Palazzo del Ghiaccio, Porta Vittoria (Via Ferrer, 28). Diana Sferisterio, Viale Piave,42. Palazzo dello Sport, Piazza 6 Febbraio. Trotter Italiano, Piazza dell'Ippodromo. Velodromo Sempione, Via Arona, 1.

CAFFE' RISTORANTI E BARS PRINCIPALI. Campari (Soc. An. Esercizi Campari) - Galleria Vittorio Emanuele. Biffi (Soc. An. Esercizi Biffi) - Galleria Vittorio Emanuele. Ristorante Savini - (vedi elenco in originale) RISTORANTI: (VEDI ELENCO IN ORIGINALE)


PASTICCERIE E BOTTIGLIERIE DEL CENTRO. Pasticceria Roma - Piazza del Duomo. Bai - Corso Vittorio Emanuele, angolo via S. Radegonda. Tre Marie - Corso Vittorio Emanuele. San Carlo - Corso Vittorio Emanuele. Carabelli - Via S. Radegonda, 7. Santa Margherita -Via S. Margherita, 2.

Cova - Via Manzoni. Del Duomo - Via Cappellari, 3. Biffi - Via Manzoni, 29. Campione (Soc. An.) - Via Manzoni, 14. Ratta e Gualasini - Galleria De Cristoferis, 12. Restano - Via Torino. Giulia. Bay - Via Dante.

CONSOLATI. AMERICA - Via Bocchetto, 3. ARGENTINA (Repubblica) - Via Monte di Pietà, 1-a, 1.° piano; orario d'ufficio: dalle I0 alle 12 e dalle 14 alle 17. - Tel. 8-00. - Dott. Carlos E. Eschepauborda.

AUSTRIA - Piazza Duomo, 21; orario d'ufficio dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 16. - Rodolfo Aeh. BELGIO - Via Tamburini, 12; tel. 12-689. Dossogue Léon. - Vice-Consolato per la Lombardia a Milano - Via Principe Umberto, 22; telef. 12-69. - Emilio De Streus.

BOLIVIA (Repubblica) - Piazza Borromeo, 10; tel. 68-62. - Ing. Chucchetti.

BULGARIA - Via Solferino, 25; orario d'ufficio dalle 10 alle 12. - Colombo Luigi Mario.

BRASILE - Via Aurelio Saffi, 23; orario d'ufficio dalle 13 alle 17. - Diaz De Mello Alfredo.

CHILE (Repubblica) - Via S. Gregorio, 36. - Roberto Suarer Barros.

CINA (Repubblica) - Via Morigi, 7; tel. 81-10. - Rossari Augusto.

COLOMBIA (Repubblica di) - Foro Bonaparte, 25; tel. 88-65. Comm. Lodovico Fliess.

COSTA RICA (Repubblica di) - Consolato generale - Foro Bonaparte, 25. - Lodo-vico Fliess. CUBA (Repubblica) - Via Ugo Foscolo, 2; tel. 41-27. Antonio Ros.

CECOSLOVACCHIA (Repubblica) - Piazza Castello, 11; tel. 89-26; orario d'ufficio dalle 9 alle 12. - Jan Lasska.

DANIMARCA - Via S. Vincenzo, 20; tel. 90-10. - E. Moneta.

EQUATOR (Repubblica) - Via Boccaccio, 4. - Usuelli Celestino.

ESTONIA - Via Vivaio, 6.

FINLANDIA (Repubblica) - Corso Venezia, 34; tel. 84-10. - Canali Camillo.

FRANCIA - Via XX Settembre, 26; tel. 10-201; orario d'ufficio dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 16. - Loiseleur des Longchamps Deville.

GERMANIA (Consolato Generale) - Via Goito, 9; orario d'ufficio dalle 9 alle 12; tel. 30-18. - Dott. E. Schmit.

GIAPPONE - Via Melloni, 46; tel. 22-336. - Gmozo Kumabè.

GRAN BRETAGNA - Via Manzoni, 5; tel. 12-772; orario d'ufficio dalle 9,30 alle 12 e dalle 16 alle 16,30; sabato dalle 9,30 alle 12. - G. B. Michel.

GRECIA - Corso Italia, 68; orario d'ufficio dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 16; sabato dalle 10 alle 12. - Jean G. Philemon.

GUATEMALA (Repubblica) - Corso Magenta, 52; tel. 11-139. - Segre Oreste. HAITI (Repubblica) - Corso Venezia, 61; tel. 10-202 . - Nicolosi Pietro. HONDURAS (Repubblica) - Via Plinio, 82; tel. 21-600. - Stevani Escard C.Enrico.

LETTONIA - Via Senato, 26; tel. 10-12. -Jau Riekstiu.

LIBERIA (Repubblica) - Corso Venezia, 61; tel. 10-23.Segre Mario.

LUSSEMBURGO - Via Tamburini, 12; tel. 75-1. - Dossogue Léon.

MESSICO (Stati Uniti) Via Giulini, 6. - Arturo Pani.

MONACO (Principato di) - Piazza S. Ambrorgio; tel. 10-18-5.- Caccia Dominioni Conte Giuseppe.

MONTENEGRO - Via Monte Napoleone, 22 - Foro Bonaparte, 37-a; tel. 2-89. - Carminati Angelo.

NICARAGUA (Repubblica) - Via Manzoni, 19; tel. 36-919. - Campari Davide. NORVEGIA - Corso Vittoria, 32. - Herman Bursie.

PAESI BASSI (Olanda) - Colonie Neerlandesi e Lussemburgo - Via Luigi Mascheroni, 5; tel. 75-17. - De Visser Ernesto.

PANAMA (Repubblica) - Corso Venezia, 34; tel. 84-10. - Canali Camillo.

PARAGUAY (Repubblica) - Via Luigi Mascheroni, 1; ufficio Via Morone, 4; orario dalle 14 alle 16; tel. 36-34. - Enrico Thomas.

PERSIA - Corso Italia, 49. - Banfi Edoardo.

PERU' (Repubblica) - Via Gioberti, 3-5; tel. 156. - José Dott. Càcares.

POLONIA (Repubblica) Via Caiazzo, 33; orario d'ufficio dalle 9,30 alle 12,30; tel. 20-295. - Marski Zdzislaw. PORTOGALLO - Via S. Orsola, 1; orario d'ufficio dalle 14 alle 17; tel. 6-43.Bertarelli Luigi.

ROMANIA - Via Cappuccio, 21; orario d'ufficio dalle 1O alle 12 e dalla 14,30 alle 17,30. - Ricci Achille. U. R. S. S. (Russia) - Via Bazzoni, 3.

S. DOMINGO - Via Curtatone, 16. - Perelli Federico.

SERBO-CROATO-SLOVENO - Piazza Aspromonte, 2; orario d'ufficio dalle 10 alle 13; tel. 21-404. Lionbomir Boyovitch.

S. MARINO (Repubblica di) - Via Andegari, 18; tel. 77-39. - Morotti Edoardo.

SIAM - Corso Venezia, 24; tel. 21-302. Jocheris Arrigo.

SPAGNA Via Olmetto 10; orario d'ufficio dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 16,30. - Felix Cortis y Delgado.

STATI UNITI (America del Sud) - Via Bocchetto, 3; orario d'ufficio dalle 9 alle 16 tutti i giorni; solo al sabato dalle 9 alle 13. - Clarence Carrigan.

SVEZIA - Via Leopardi, 7; orario d'ufficio dalle 10 alle 12; tel. 12-76. - Jousson Linus.

SVIZZERA (Confederazione) - Via Armorari, 14; orario d'ufficio dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 16; tel. 944. - Huemi Riccardo.

UNGHERIA - Viale Monte Santo, 16; tel. 78-62. - Villani Barone Lodovico. URAGUAY (Repubblica) - Via B. Cairoli, 2. - Enrique Casati.

VENEZUELA (Stati Uniti) - Via Tamburini, 4; tel. 104-06. - Paleurona Giuseppe.


AGENZIE DI VIAGGIO e Uffici informazioni:

Agenzia di viaggio e turismo dell'E. N. i. T. - Via S. Margherita, 16 .(Vendita biglietti e informazioni).

Thos Cook et Fils - Via Manzoni,7

Compagnie Internationale des Wagons-Lits - Via Manzoni, 25.

Chiari e Sommariva - Via Dante, 7. Ferrovia Nord - Galleria Vittorio Emanuele.

Navigazione Generale Italiana - Via Mengoni, 1.

American Express Company - Via Dante, 7.

Ferrovie dello Stato: Via S. Margherita - Dante - Via Tadino (Piazzale Oberdan - Viale Premuda, 1-Carrobbio (Via Cesare Correnti) - Via Durini -Hotel de la Ville.

BAGNI PUBBLICI. Bagni Tre Re. Via Tre Alberghi,24. Bagni medicati L. 6,50; bagni di prima classe L. 5,50; bagni semplici seconda classe e docce L. 4,50. Orario giorni feriali ore 8-12,30 e 14,30-19; sabato e domenica ore 7,30-19 senza interruzione.

Bagni di Via S. Luca, 6. - Tel. 31-415. Prima classe vasca e doccia L. 5 (8 camerini); seconda classe solo vasca L. 4 (44 camerini); solo docce L. 3,50 (8 camerini). Aperto tutto l'anno ore 8-12 e 14-19.

Bagni Annunciata. - Via Annunciata, 9-11. Bagno semplice L. 4; doccia fredda L. 3. Orario: estate ore 8-19; inverno ore 8,30-18,30. - Alla domenica chiude un'ora prima.

Bagni Terme. - Foro Bonaparte, 68. Prima classe L. 6; seconda classe L. 5; doccie L. 4,50; docce con assistenza L. 5,50; piscina con acqua riscaldata L. 5; bagno turco-romano con massaggio relativo L. 15; idem senza massaggio L. 10,50; bagno russo L. 10,50; bagni luce L. 10,50; idem con massaggi L. 15; massaggi da L. 7,50-8; fanghi da L. 10-25; inalazioni a getto e a secco L. 4,50. Orario: tutti i giorni dalle ore 8 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 19. Bagni di Porta Nuova e via Argellati.

Bagno in vasca da nuoto con camerino separato L. 1,50; bagno in vasca da nuoto con camerino comune L. 1 (solo stabilimento via Argellati); bagno caldo con camerino separato per adulti L. 2; bagno caldo in camerino separato per bambini L. 1. - Supplemento biancheria o cuffia L. 0,30.

Bagni di via Mario Pagano e Pasquale Sottocorno. Doccia calda e fredda con camerino separato per adulti L. 1; doccia calda e fredda con camerino separato per bambini L. 0,50 - Supplemento biancheria o cuffia L. 0,30.

Bagni presso l'Albergo Diurno Cobianchi. - Piazza Duomo - Portici Settentrionali.

ALBERGO DIURNO COBIANCHI. Piazza del Duomo (Portici Settentrionali) e Piazzale Venezia.Telefoni: 413 e 693.

Questo Albergo compie tutti i servizi di pulizia personale (bagni, parrucchiere, toeletta, telefono, water closet, lucidatura scarpe, manicure, stiratura, ecc.), oltre a mettere a disposizione salette di scrittura, depositi bagagli, ecc.

TARIFFE. (VEDI ELENCO CORRISPONDENTE)

Servizio con quattro autobus dalla Stazione Centrale all'Albergo dalle ore 7 alle 24. (Tariffa L. 0,50, compreso il trasporto bagaglio). Alberghi - Ristoranti Pensioni ìn Milano PREZZI ALBERGHI Albergo Cavour (lusso) la CATEGORIA Albergo Bella Venezia Hotel Marino Albergo Continentale • Milano . Masconi Enrico . Albergo Roma • Europa • Corso • de la Ville Hétel Métropol . . Albergo del Parco Grande Hétel Palace Albergo del Nord • Diana . • Terminus 2' CATEGORIA Albergo Rosa . • Ciana . • Marchesi • Preti . • Pedamonti Giuditta . • Girelli Ognibene Giulio Soc. An. Albergo Commercio . Albergo Cavalli Eugenio . Albergo Fontana . DENOMINAZIONE Piazza Cavour, 8 . • S. Fedele, 2 • Scala, 5 . Via A. Manzoni, 7 » » » 29 » S. Margherita, Corso V. Emanuele, 7 II 15 34 Via Rastrelli, 2 . » Panini, 7-9 . Piazzale Fiume, 5 14 Viale Piave, 42 . Piazzale Fiume, i Via Pattari, 5. . S. Pietro all'Orto, 5 » S. Protaso, 1 Agnello, 13 » 2 Piazza Fontana, 5 UBICAZIONE


(vedi anche la tabella corrispondente in originale) Prezzo di una colazione (alla data dell' inchiesta) Prezzi pensioni vitto e alloggio Lire da a PREZZI CA I lètto II 2 letti escluso riscaldamento 1 letto 11 2 letti compreso riscaldamento a prezzo fisso alla carta Lire

Annotazioni DENOMINAZIONE UBICAZIONE Oberdan, 2 . I0-I2. Via S. Barnaba, 28 .

(vedi anche la tabella corrispondente in originale) Prezzo di una colazione (alla data dell' inchiesta) Prezzi pensioni vitto e alloggio Lire da a PREZZI CA letto 2 letti compreso riscaldamento I letto 2 letti escluso riscaldamento Annotazioni a prezzo fisso UBICAZIONE DENOMINAZIONE alla carta Lire da i a Lire da a Lire da a Lire da I a Lire da a Lire da I a 75 Ristorante Strada . » " Plinio " " Aquila " Gottardo . Ristorante " Ginevra " . " Basilea " . " Nizza „ . Ristorante Beretta " Savoia " . . " Trieste " . " Federale " . . . Ristorante " Ferrata " . " Pace " . " Argentina " " Fenice " . " Europa " . . Ristorante " Pesa " " Torino „ . . Ristorante Croce Bianca " Milano " . Ristorante " Patria " . Rist. Convento Vecchio . Ristorante Gallarini Sempione Ristorante Umberto I° . » Select " Giglio " . " Due Stazioni " . Ginepro, Guazzoni Ang. Mercato, Ferrario Ern. . Vieta Angelo . Ristor. Armi Italiane . » Orcello . Roma . Caffè Pedroni


(vedi anche la tabella corrispondente in originale) DENOMINAZIONE 4a CATEGORIA Albergo Ristorante Pietro Garlandini (Corona) . Trattoria con alloggio . • Bonfanti F. • Ranieri Albergo Popolare. Rist. con alloggio Posterla . Tre Gradini • Garlaschelli Arena Vecchia • Maltecca . • Marsala . » » » S. Michele Trattoria " Staffa d' Oro " . Ristor. Primerose, Roganti C. » Marenghi . » Emilia, Ferrari U. . Trattoria Ghia Emilio . RISTORANTI l. CATEGORIA Ristorante Storaci • Colombo • Rapetti Società Eserc. Biffi . » Campari Biffi Ristorante Carminati Guglielmo Eden . UBICAZIONE Via C. Beccaria, 18 . Vic. S. Giov. sul Muro, 4. Via Rovello, 9 . » F. Chiari, 2 . » Formentini, 9 » M. d'Oggiono, 9 » De Amicis, 64 Corso Garibaldi, iot Corso Garibaldi, 15-17. Via C. M. Maggi, 2 Corso Sempione, 69 Via Moscova, 36 . » Viviani, 8 » Via L. Manara, 14 . Corso 22 Marzo, 16 . Via G. Ripamonti, 12 . Via S. Radegonda, iI » S. Raffaele, 3 » » Galleria V. Emanuele . Pass. Carlo Alberto, 2 . Foro Bonaparte, 71 .


(vedi anche la figura corrispondente in originale) UBICAZIONE DENOMINAZIONE Albergo Giovanetti Angelo . • Silingardi Demetrio • Brambilla Carlo • Biscione . • Grassi Giuseppe • con Ristorante Marconi . • Musi Augusto • Bonacina Angelo • Fiori Maria . • Belloni Antonio • Alberico Angelo • Brenna Carlo . • Galbiati Francesco • Ristorante Aurora. • Ancora . Ristorante Bonora • Reale . • Croce d' Oro . • Ristorante Lugano • Meublè Internazionale . • Meublè Universo . • Ristorante Lunati . • Ristor. " Tre Scranne" . • " Dogana " • " Viola " • " Noce " • Ristorante Mortara • Ristorante Belvedere • Stella del Nord . • Ristorante Unione . Ristor. con Allogg., Arena nuova Albergo Ristorante Dartora Ristorante Borsa

Prezzo di una colazione Prezzi Annotazioni (alla data dell'inchiesta) pensioni a prezzo fisso alla carta vitto e alloggio

(vedi anche la figura corrispondente in originale) Prezzo di una colazione Prezzi Annotazioni (alla data dell'inchiesta) pensioni

I letto 2 letti a prezzo fisso alla carta vitto e compreso riscaldamento alloggio

PREZZI C letto 2 letti escluso riscaldamento Lire

Ristorante Savini . Soc. An. Granata, Rist. Orologio Ristorante Cornaggia Gian Luigi . 2a CATEGORIA Ristorante Ferrari Dusi Luigi .. Unione Cooperativa Valle Giovanni . 3a CATEGORIA Ristorante Tosetti Soc. Dal Semolina . Palazzoli Maria (al Chianti) Dal Verme . Varese. Cavenaghi . Pallavicini Giuseppe Gritti . 4a CATEGORIA Soc. An. Cucine Popolari Craja Valfrido . Ristorante Economico . Leoncino Cori . PENSIONI Pandolfi Pierina, Duomo Pensione Golinelli » Crebbi . Via S. Pellico, 4 Vicolo S. Margh., 1 . Via Cairoli, 2 . Corso Venezia, 25 . Viale S. M. del Carso; 79 Via Mengoni, 2 . . » S. P. All'Orto, 24 » S. Radegonda, 7 . Galleria V. EManuele . Piazza Duomo, 22 Via U. Foscolo, Via Mengoni, 4 » Agnello, i . » Meravigli, 9 . Corso Sempione, 61 Via S. Radegonda, 12 . » Via Beccaria, 5 . » Cavallotti, 2 . Foro Bonaparte, 9 Corso Magenta, 17 Via Orto, 12 Corso Vercelli, 20 DENOMINAZIONE UBICAZIONE


(vedi anche la tabella corrispondente in originale) Via Cavallotti, io 7 Gall. De Cristoforis Piazza Duomo, 17 » Fontana, 12 Via Meravigli, i . » Rovello, i . » Orefici, 15 . » Broletto, 35 » Erbe, I . » M. Napoleone, » A. Mauri 4 . » C. Cantù, 5 . • Cappellari, 5-7 V.le S. M. del Carso, I I2 . Via Ariosto, 22 . » Boccaccio, Ii » Revere, 9 . P.le Sempione, 4 . Via Moscati, 4 . » Moscova, 7 . » Solferino, 18 . Corso B. Ayres, » »  » » » » 3 » » » 37 » » » 37 » » » 18 Via Lecco 7 Viale V. Veneto, 2

Marchesi Margherita . Trevisan Adele . De Vigulrie Maria Bristol Donini Virginia . Corti . Della Valle Moderna Famigliare Branca . Meletti . De Luca (I) solo (Benefica per impiegate (8) donne Foyer (3) Finzi (8) Passardi Giuseppe . . (1) Pensione Femminile (Pasotti E.) Pens. Privata (Ferrario) (solo molti) (3) (Vigitello C.) (i) Giglioni Lavinia 18) Galanti Angela (3) Pensione Savoia . , (1)

(I) Bonfanti Giusep•pina Prandini Cozza Angina. Rovati Luigia Marini Luigia. » Pala Elisa . Longhetti Augusto Corsi Lina . Naif Tour .

DENOMINAZIONE Prezzo di una colazione Prezzi Annotazioni (alla data dell'inchiesta) pensioni a' prezzo fisso alla carta vitto e alloggio

(vedi anche la tabella corrispondente in originale) I DINTORNI DI MILANO.

La posizione singolare nel mezzo della valle del Po, offre a Milano la comodità di numerose gite ed escursioni, alla cui attrattiva concorrono tanto le bellezze della natura, che quelle dell'arte. Rinunciando ad occuparci delle gite che, da Milano, trovano il naturale e facile punto di partenza per mezzo delle principali arterie ferroviarie nelle direzioni di Torino, Venezia, Genova e Bologna, lungo le quali si trovano centri minori di particolare interesse per la storia e per l'arte, la cui descrizione, per quanto sommaria, ci obbligherebbe ad esorbitare dai confini che ci siamo imposti, ci limiteremo ad accennare a quelle escursioni che da Milano si possono effettuare approfittando dell'agio di poche ore, e si prestano ad associare l'attrattiva di monumenti e di memorie artistiche, colla conoscenza del caratteristico aspetto della regione lombarda. Non è ormai possibile di cogliere questo aspetto nella immediata vicinanza della città, in causa del notevole e rapido incremento che le costruzioni, specialmente industriali, vi hanno assunto: molte fra le memorie d'arte che, disseminate nella zona attigua al recinto dei bastioni spagnuoli della città, potevano formare, pochi anni or sono, la mèta di passeggiate in aperta campagna, si trovarono asserragliate fra i nuovi quartieri, od andarono perdute, come avvenne per la Cascina Pozzobonella, esempio di villa signorile alla fine del quattrocento, di cui rimane solo il portichetto coll'annessa Cappella in via Cajazzo. Nè va dimenticata la cinquecentesca Chiesa della Fontana, costruita nel 1507 da Carlo d'Amboise e restaurata, or è poco, dall'archi-


Avanzo della Cascina Pozzobonella (vedi foto) tetto Griffini. Lo studioso dell'architettura locale del secolo XV trova però ancora, poco fuori dalla zona invasa dalle fabbriche e nella direzione di Monza, la Cascina Mirabello, altro esempio di villa innalzata da Pigello Portinari al tempo di Francesco Sforza. Ora questa villa fu diligentemente restaurata dall'architetto A. Annoni per conto della Società Pirelli, che vi dispose il museo storico dell'industria della gomma, le scuole professionali e altre iniziative. Traccie di un'altra villa si hanno nella Cascina Bolla ed una interessante chiesuola quattrocentesca a Cascina Olona, lungo la tramvia che conduce a Magenta. La recente aggregazione degli undici Comuni limitrofi ha fatto acquisire alla città alcune interessanti opere d'arte. Tra queste particolare attrattiva offre la Certosa di Garegnano (Musocco), fondata nel 1349 dall'Arciv. Giovanni Visconti, e a cui si ricollega la memoria del Petrarca, che aveva lì presso la villa della Linternum. Però la Certosa fu ricostruita dall'Alessi tra il 1558 e il '70. Notevoli per bellezza robusta sono gli affreschi di Daniele Crespi, prodotto della sua maturità artistica. Recentemente alcuni benemeriti studiosi di patrie memorie raccolsero un copioso materiale di studio rilevando pazientemente monumenti artistici e gloriosi avanzi della nostra arte nel territorio testè aggregato a Milano. Infiniti gioielli d'arte sono venuti in luce, esposti purtroppo a distruzione, se non si interviene a salvarli. Sono cascine quattrocentesche ora ridotte ad abitazioni coloniche, chiese del trecento e del cinquecento, alcune ridotte a umili usi colonici. Ma l'amore per il nostro passato farà sì che queste memorie non vadano disperse per sempre. Interessante la gita all'antica ABBAZIA DI CHIARAVALLE, a quattro chilometri fuori di porta Romana; poichè la chiesa conserva ancora, malgrado la trasformazione della facciata, la sua originaria struttura, coronata dalla antica torre campanaria, in laterizio, esempio caratteristico di stile lombardo: del chiostro che era addossato alla chiesa, venne recentemente, a cura dell'Ufficio Regionale e con l'opera dell'architetto A. Brusconi, restaurato il lato attiguo alla chiesa, il solo che fosse sfuggito alla completa demolizione. L'Abbazia serba ancora importanti opere d'arte, giacchè le pareti interne sono decorate con interessanti affreschi del secolo XIV, di scuola giottesca, e in una delle cappelle si conserva un Ecce Homo su tavola, che può attribuirsi a Bramante di Urbino; mentre in locale attiguo alla chiesa vi è un affresco di Bernardino Luini. Interessante è pure il Cimitero a nord della chiesa, colle antiche cappelle di famiglie gentilizie milanesi del secolo XIII. Avanzi di qualche interesse offre LAMBRATE con la chiesa quattrocentesca di CASORETTO; ma sopra tutto CRESCENZAGO. Qui sorge una chiesa romanica del secolo XII, costrutta su di una pianta quadrangolare terminata in tre absidi. Fu posteriormente restaurata, ma conserva le tracce della struttura primitiva. Fu sede dei canonici regolari lateranensi. Si ammirano quadri cinquecenteschi assai pregevoli. Qui morì e fu sepolto Matteo Visconti.

MONZA, l'antica capitale longobarda, malgrado l'apparenza sua eminentemente industriale, per cui si trova sempre più avvicinata dall'incremento edilizio a Milano, serba preziose memorie di storia e d'arte. L'antico Palazzo del Comune, detto l'Arengario, è un saggio pregevole di architettura civile medievale, sfuggito alle manomissioni che deturparono il coevo Palazzo del Comune di Milano; vi troviamo ancora la balconata o parlera, dalla quale si leggevano i bandi del Comune, ed è caratteristica la torre cuspidata che si innalza sopra un angolo del palazzo, con ardimento che di recente ebbe a richiedere notevoli opere di rafforzamento. S. Maria in Strada offre nella facciata un fiorito esempio di architettura medioevale in terracotta, in contrasto colla maestosa fronte tutta in marmo bianco e nero della Cattedrale di S. Giovanni, il cui restauro venne condotto a termine in questi ultimi anni a cura dell'Ufficio Regionale dei Monumenti di Lombardia. La Cattedrale presenta preziose opere d'arte nell'interno, colla vetrata istoriata del grande rosone nella fronte, il pulpito e bassorilievi del secolo XIV, ecc. Meritano particolare menzione il Tesoro e la Cappella detta della Regina Teodolinda, le cui pareti vennero interamente affrescate dai fratelli Zavattari verso la metà del secolo XV cogli episodi principali della vita della Regina, che lasciò tanti ricordi nelle vicende di Monza. In occasione dei recenti restauri la tomba della Regina venne ricollocata nel fondo della cappella, e, sopra disegno dell'architetto Beltrami, venne eretto l'altare-custodia della corona ferrea, che servì, nel corso di molti secoli, alla incoronazione dei Re d'Italia. Memorabile è la Cappella espiatoria a ricordo di Umberto I caduto tragicamente assassinato il 29 luglio 1900. Degna attrattiva della ridente città è la Villa Reale. Opera del Piermarini che la costruì nel 1776 quando l'Arciduca Ferdinando pensò di render più attraente la sua residenza in Lombardia, è degna di esser chiamata la Versailles d'Italia. L'enorme e monumentale costruzione si profila magnifica nella sua architettura sul verde del meraviglioso Parco. Interessanti tutte le sale della villa, ma specialmente la Rotonda, originalissima sala circolare, nella quale Andrea Appiani ha dipinto in otto affreschi la favola di Amore e Psiche. La Villa Reale di Monza è ora diventata sede d'una mirabile attività artistica. Il Consorzio Milano-Monza-Umanitaria si propose l'ordinamento di esposizioni d'arte decorative e di istituire speciali scuole d'arte, specialmente decorative. Sorse così la Mostra Biennale e l'Università delle Arti decorative nella bella Villa Reale, opera del Piermarini, e nel suo superbo giardino. L'Università delle Arti decorative comprende un organismo di insegnamento diretto, nei suoi diversi gradi, alla preparazione dei lavoratori d'arte, di artefici, di capi d'arte, di corsi speciali di perfezionamento, di biblioteche e raccolte tecnico-artistiche; un convitto per giovani allievi e un pensionato. Queste scuole sono divise in sezioni : mobili, ferri battuti, stoffe, ceramiche, oreficerie, arti grafiche. L'Esposizione biennale delle Arti decorative è un segno magnifico della ripresa di quelle « arti minori» tenute in gran dispitto dall'arte togata e solenne. L'arte decorativa ha trovato nelle Esposizioni del Consorzio una giusta rivendicazione. L'Esposizione del 1923 comprese un complesso di 186 sale, che accolsero l'opera di 1115 espositori, per un'area di circa 6000 mq. Una delle più simpatiche attrattive fu data dalle Sezioni regionali e da dieci nazioni esposirici. La nuova Mostra del 1925, e alla quale hanno partecipato gli stranieri in numero ancora maggiore, comprende una sezione di edilizia e arte pubblica, una di elementi decorativi della casa e degli interni. Seguono: l'ambiente del bimbo, l'arte sacra, le arti del fuoco (ceramica, ferri, oreficeria), le arti grafiche. Per gli studiosi della pittura lombarda, la gita a Saronno, situato lungo la ferrovia Milano-Varese, offre particolare attrattiva per le varie e geniali composizioni che Bernardino Luini dipinse nelle navate del Santuario, e per la grandiosa decorazione della cupola, che Gaudenzio Ferrari popolò con un concerto di angeli coi più svariati strumenti musicali. Più a nord, poco discosto dalla stazione di Venegono lungo la stessa ferrovia, Castiglione Olona è la mèta di una suggestiva escursione d'arte poichè si tratta di una borgata disposta sopra una


La Bicocca degli Arcimboldi (vedi foto) delle prime accidentalità di terreno che limitano il piano lombardo, serbante ancora una fisionomia medioevale colle numerose tracce di edifici civili dei secoli XIV e XV, che formano degna corona alla chiesa collegiata e alla sussidiaria: questa è specialmente notevole sia per i cimeli di scultura che racchiude sia per la sua architettura richiamante lo stile del Brunelleschì, e che può collegarsi colla dimora da questi fatta in Lombardia al tempo di Filippo Maria Visconti. Un'altra traccia dell'influenza fiorentina in Lombardia abbiamo in Castiglione Olona nei preziosi affreschi coi quali Masolino da Panicale decorò l'interno del battistero attiguo alla chiesa collegiata. Un poco ancora più a nord, VARESE presenta nuove attrattive, tanto nel campo dell'arte che della natura: il paesaggio si rende sempre più variato e piacevole dal panorama del lago collo sfondo del Monte Rosa, agli speroni più prossimi delle prealpi dominanti il piano lombardo, sopra uno dei quali si svolge il caratteristico motivo di cappelle dedicate ad una serie di episodi religiosi, illustrati con affreschi e statue in terracotta colorata, come nel Sacro Monte di Varano ed in quello Orta. Percorrendo questa regione a nord di Milano - la regione detta delle prealpi e dei laghi - il visitatore ha modo di notare sempre più la prevalente caratteristica di questa zona, che da molti secoli le assicurò una notevole influenza nel campo dell'arte. La genialità della natura, ed al tempo stesso l'opportunità di trovarvi materiali costruttivi, hanno da tempo contribuito ad una precoce svegliatezza d'ingegno ed a una pratica nelle arti edili, per cui gli abitatori della zona fra i laghi : MAGGIORE, di VARESE, LUGANO e COMO, poterono diffondersi non solo in tutta Italia, ma per l'Europa con le Corporazioni- dette anticamente dei comacini, e più tardi dei campionesi - le quali lasciarono larga traccia della loro maestranza e della loro perizia nei monumenti più notevoli, nostri ed oltramontani. Una gita a Como e al lago che da questa si stende a nord sino a Colico, è non soltanto argomento per ammirare una plaga che si può dire largamente dotata dalla natura, offrendo i più svariati ed incantevoli punti di vista, ma è occasione altresì per rilevare memorie di storia ed arte che formano il degno complemento alla bellezza della natura. Ma anche un semplice accenno a queste numerose memorie, cominciando da quelle che Como offre colle sue torri medioevali, la Cattedrale, il Broletto, il suo Museo civico, ecc., venendo ai palazzi e ville antiche e moderne coronanti il bacino del lago di Como, ci scosterebbe troppo dal campo riservato a questo volume, mentre non fanno difetto guide e descrizioni che a tali accenni provvedono. Come pure merita una gita il LAGO MAGGIORE (Verbano), servito dalla moderna arteria delle Autostrade e da quattro linee ferroviarie. Arona, Angera, Stresa con la incantevole vista delle Isole borromee, Intra dalle numerose industrie fino a Locarno. pulita e popolosa città del Canton Ticino. Fra le varie escursioni che l'agio di poche ore consente a chi si trovi a Milano, deve essere posta in prima linea la gita alla CERTOSA DI PAVIA (a chil. 28 da Milano colla ferrovia Milano-Genova, o colla tiamvia Milano-Pavia). Difficilmente si può trovare un complesso monumentale ed una abbondanza di opere d'arte, quale ci offre il monastero fondato nell'ultimo decennio del secolo XIV da Gian Galeazzo Visconti Duca di Milano; il quale, volendo soddisfare a un voto della moglie Caterina, e dare al tempo stesso prova della sua potenza e del suo

L' Abbazia di Chiaravalle (vedi foto) amore per le arti, assegnava copiose rendite per costruire e dotare un monastero, destinato ad ospitare 24 certosini, in confine col parco annesso al Castello Ducale di Pavia. I lavori vennero solennemente avviati nell'agosto 1396, prendendovi parte vari architetti al servizio del Duca od appositamente chiamati, fra i quali Bernardino da Venezia, Giacomo da Campione, Domenico da Firenze, Cristoforo da Beltrame. Venuto a morte Gian Galeazzo nel 1402, i certosini provvidero ad accelerare i lavori del chiostro e dei locali annessi, allo scopo di potervisi insediare, rinviando i lavori di costruzione della chiesa, la quale sino al 1450 rimase interrotta al piano della fondazione. Alla morte di Filippo M. Visconti, il Ducato di Milano venne in dominio di Francesco Sforza, il quale non indugiò a riprendere i lavori della chiesa, inviando sul posto l'architetto Giovanni da Solario, assistito dal figlio Guiniforte: e poichè durante l'interruzione di circa mezzo secolo, le tendenze dell'arte si erano modificate, così l'organismo della chiesa, pur dovendosi adattare alle già predisposte fondazioni, non mancò di piegarsi alla evoluzione dell'architettura ed ai Primi accenni dello stile del Rinascimento; ed anche i chiostri si spogliarono dell'austerità medioevale, per rivestirsi di tutta la eleganza e la grazia della terracotta, che si svolge nei portici riccamente decorati a figure, bassorilievi, medaglioni, ecc. Mentre le pareti e le vòlte della chiesa si adornavano colle decorazioni ad affresco del Bergognone e colle vetrate istoriate, si poneva mano alla facciata in marmo della chiesa, coll'intendimento di svilupparvi la maggior profusione di sculture: e poichè il progetto predisposto dal Solari non sembrava abbastanza adatto a tale intento, così la composizione venne trasformata per modo da concedere agli scultori Mantegazza e Amadeo, che avevano assunto l'impresa dei lavori, di dare libero corso alla più esuberante decorazione scultoria. Fu solo sul finire del secolo XV, a cento anni dall'inizio dei lavori, che la chiesa venne solennemente consacrata, dopo che la salma del fondatore del monastero vi era stata trasportata da Pavia, e deposta in monumento sepolcrale dietro l'altar maggiore. Intanto le opere d'arte nell'interno del tempio e del chiostro si addensavano sempre più: pale del Perugino, del Bergognone, di Macrino d'Alba e del Montagna, dipinti di Bernardino Luini, ecc., decoravano gli altari e le celle dei monaci: nel mezzo della chiesa si svolgeva il coro riccamente intarsiato dal Polli, da De Marchi e Pietro da Vallate; G. Cristoforo Romano lavorava col Briosco al mausoleo destinato ad accogliere definitivamente la salma di Gian Galeazzo Visconti e quella della consorte Isabella di Valois: le celle subivano una trasformazione per adattarsi alle nuove forme d'arte: veniva eretto l'elegante vestibolo di accesso al monastero, frescato da Bernardino de' Rossi e dal Luini. Le vicende politiche che durante i primi trentacinque anni del secolo XVI travagliarono la Lombardia, non furono senza effetto sui lavori, turbandone lo sviluppo; nel 1522 Prospero Colonna poneva l'accampamento alla Certosa, e tre anni dopo nel parco ducale confinante col monastero si svolgeva la memorabile battaglia nella quale rimaneva prigioniero Francesco I di Francia. Pure le rendite di cui potevano i Certosini disporre sino al compimento della chiesa agevolarono ancora la prosecuzione dei lavori, sebbene l'indirizzo dell'arte si modificasse radicalmente, cosicchè la pompa del cinquecento e del seicento trovò modo, di affermarsi colle decorazioni dell'Alessi, gli affreschi del Casolani di Siena, e più tardi di Daniele Crespi, le ricche cancellate in ferro e in bronzo, ecc. E la stessa genialità dell'assieme valse a contrastare una troppo stridente dissonanza di stile, di modo che le opere d'arte del seicento e del settecento si fusero nobilmente coll'ambiente: La Certosa subì i primi danni dell'epoca dell'abolizione delle Corporazioni religiose nel 1792; rimasta quasi abbandonata per mezzo secolo, rivedeva nel 1843 i monaci, che vi rimasero sino a quando, nel 1881, in relazione alla legge del 1866, la Certosa passò alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione, corre monumento nazionale e museo aperto al pubblico. LE AUTOSTRADE DA MILANO AI LAGHI.

Si tratta di una importante rete stradale riservata solo agli autoveicoli, costruita appositamente per questo scopo e gestita da una Società Anonima con un capitale di 25 milioni (via Manzoni, 3). L'Autostrada allaccia Milano a Como, a Varese, a Sesto Calende con una strada che partendo da Musocco si biforca poi per Como e più avanti per Varese e finisce a Sesto Calende. Lo sviluppo complessivo della rete è di 86 km. Le caratteristiche sono diverse da quelle delle strade ordinarie. La nuova rete evita tutti gli attraversamenti di centri abitati, in modo da consentire le maggiori velocità con nessun rischio, ma non manca di avvicinarli e quasi di toccare i centri industriali, che possono far accedere i propri autoveicoli alla nuova arteria servendosi dei tronchi di strade ordinarie esistenti, che l'attraversano. Le strade di breve percorso per accesso alla nuova arteria, potranno venire, ove occorra, migliorate, ma intanto esistono già. Sono evitati in modo assoluto i passaggi a livello ferroviari. Compatibilmente all'andamento altimetrico del territorio, in parte montuoso, percorso dalle strade, si studiò il minor numero possibile di curve e queste di raggi grandi, che variano da un minimo di ml. 400 ad un massimo di oltre ml. 3000.


(vedi cartina corrispondente) ORARIO SULLE AUTOSTRADE MILANO - LAGHI LINEA VARESE


(vedi schema in originale) Quanto alle livellette, benchè per la natura degli autoveicoli e per le strade di montagna si possa ritenere non eccessiva la pendenza del 7 %, tuttavia il limite massimo, che non verrà oltrepassato, è del 6 % solo per brevi tratti. Nello stabilire la sezione della nuova rete per autoveicoli si tenne conto che su di essa non vi saranno, nè al presente, nè in seguito, linee tramviarie, nè ingombranti file di paracarri. Le larghezze saranno di 12 metri per il I e II tronco; di 10 per le diramazioni (II, IV e V tronco). Come canone fondamentale si esclude dalla rete per autoveicoli il transito ordinario. Si prevennero anche i futuri bisogni del traffico, se pure per adesso appaiono di difficile realizzazione: quindi l'esproprio verrebbe esteso a metri 3 in più per parte, al di là delle linee previste di attuale occupazione, in modo da rendere meno oneroso un futuro allargamento delle strade. Il sistema di pavimentazione risponde pienamente ai requisiti più moderni, quali l'abolizione della polvere e la riduzione al minimo dell'attrito, impermeabilità e scolo superficiale delle acque, ecc. Le autostrade si sintetizzano nel modo seguente: (vedi eleco in originale)

I1 primo e il secondo tronco hanno la carreggiata stradale larga m. 10, oltre m. 2 di banchina; gli altri tronchi hanno la carreggiata stradale di metri lineari 8, aumentati con metri lineari 2 di banchina. II progetto definitivo prevede tuttavia: 1.° - Allargamento delle banchine a metri 1,50 per ciascuna parte. 2.° - Riservare le banchine al transito delle motociclette, che non devono percorrere la carreggiata stradale. Gli sviluppi che si prevedono sono: a) l'allacciamento di Milano centro con Musocco; b) l'allacciamento di Como (Camerlata) con Chiasso; c) l'allacciamento della Milano-Sesto Calende colla nazionale Sempione (osteria Malpensa). Le percorrenze già in vigore sono date dall'orario di contro. INDICE PARTE PRIMA. CAP. I. - SOMMARIO STORICO Pag. 2 Prof. Dott. ALESSANDRO VISCONTI. Milano Gallica e Romana - Milano prima della costituzione comunale - Il Comune - la Signoria: Torriani e Visconti Gli Sforza - Le preponderanze straniere -Dominio Napoleonico - Il Risorgimento. Dialetto e tradizioni milanesi.

CAP. II. - ARTE - MUSEI - MONUMENTI  » 34 Prof. Dott. CARLO VICENZI - Prof. MARIO SALMI. Chiese e monumenti medioevali - Il Duomo - Il Rinascimento - Il Seicento - Il Settecento e l'Ottocento - Musei e Gallerie - Descrizione delle sale della Pinacoteca di Brera - Descrizione dei Musei del Castello Sforzesco Descrizione della Pinacoteca Ambrosiana - Descrizione del Museo Poldi-Pezzoli e d'altri Musei - Monumenti e statue - Architettura moderna.

CAP. III. - ISTRUZIONE - COLTURA - STAMPA . » 95 Prof. Dott. ALESSANDRO VISCONTI. L' Università - Istituti d'Alta Coltura - Scuole elementari e medie - Istituzioni scientifiche - Biblioteche e Archivi - La stampa cittadina - La Musica.

CAP. IV. - LE INDUSTRIE E IL COMMERCIO  » 111 Dott. ALESSANDRO MOLINARI. Notizie storico-economiche. - Industrie tessili (Industria e commercio della seta - Industrie del cotone - Maglierie e calzifici - Industria della lana - Industrie del lino, canape, juta e crine animale - Industrie della biancheria - Industria della seta artificiale). Industria del vestiario e abbigliamento (Industria dei cappelli - Industria dei bottoni - Industria dei pellami, calzature e del cuoio). Industrie metallurgiche, meccaniche ed elettriche (Industria dei metalli preziosi - Industria meccanica - Materiale ferroviario e autoveicoli - Automobilismo, motociclismo, ciclismo Materiale elettrico, ecc.). Industria chimica e farmaceutica. Industrie alimentari (Pastifici - Panificazione - Pasticcerie Lavorazione del riso - Latticini - Conserve alimentari, ecc.). Industria del mobilio. Industria dei laterizi, pietre, calce, ecc. Gas, energia, ecc. Industrie diverse (Industrie della carta, editoriali e poligrafiche - Ritrovi, alberghi, ristoranti - Trasporti). Associazioni industriali - Camera di Commercio e Industria. La Ricchezza di Milano. Mercato bancario ed empori commerciali (Mercati e Fiere - Cassa di Risparmio - Istituti di emissione - Monte di Pietà - Banche - Borsa - Stanza di Compensazione - Assicurazioni - Empori commerciali - Fiera Campionaria - Mercati - Fiere).

CAP. V. - LAVORO, PREVIDENZA, ASSISTENZA E BENEFICENZA Pag. 163 Dott. A. MOLINARI - Prof. Dott. A. VISCONTI. Lavoro : Organizzazioni d'operai e d'impiegati - Mutuo soccorso - Probiviri - Patronati - Collocamento - Cooperative. - Previdenza : Previdenza sociale. - Assistenza: Orfanotrofi - Albergo Trivulzio - Brefotrofio - Riformatori, ecc. - Alberghi popolari e dormitori pubblici. - Ristoranti economici e cucine popolari. - Beneficenza. - Assistenza ospitaliera : Ospedale Maggiore - Istituti Ospitalieri - Tubercolosari - Dispensari, ecc.

CAP. VI. - LA GIUSTIZIA  » 181 Prof. Dott. ALESSANDRO VISCONTI.

CAP. VII. - MILANO RELIGIOSA 183 Prof. Dott. ALESSANDRO VISCONTI.

CAP. VIII. - TEATRI - SPORT - ASSOCIAZIONI DI SVAGO 186 Prof. Dott. A. VISCONTI - Rag. A. MORONI. La Scala - Altri teatri - Sport - Aereodromo - Associazioni e Circoli di svago.


PARTE SECONDA. IL COMUNE DI MILANO ED I SUOI SERVIZI.

CAP. I. - IL MUNICIPIO Pag. 199 Prof. Dott. ALESSANDRO VISCONTI. Il Palazzo del Comune e gli Uffici - Araldica Municipale.

CAP. II. - EDILIZIA E PIANI REGOLATORI  » 204 Prof. Ing. CESARE CHIODI - Dott. A. MOLINARI e Prof. ALESSANDRO VISCONTI. L'incremento edilizio - Piani regolatori - (Il Piano del 1885 - Piani regolatori interni - Lo sviluppo della città e il nuovo Piano regolatore) - Lo sviluppo edilizio - Il servizio delle immondizie private - Edilizia popolare L'Istituto perle case popolari od economiche - Istituto per le case economiche - Provvedimenti comunali per favorire lo sviluppo edilizio - Nuovi quartieri - Edilizia scolastica - Giardini e spazi verdi. CAP. III. - STRADE - FOGNATURA - ACQUA POTABILE Pag. 249 Prof. Ing. C. CHIODI - Ing. G. CODARA - Ing. P. FRANCESCHINI. Le strade - Pavimentazione - Rete provinciale - Pulizia delle vie. La Fognatura - Sistema di fognature - Canalizzazione. Acqua potabile.

CAP. IV. - CANALI E NAVIGAZIONE INTERNA . » 265 Ing. GIUSEPPE CODARA. Rete dei canali - Naviglio Grande - Darsena - Fossa interna - Naviglio della Martesana - Naviglio di Pavia Zona del Porto.

CAP. V. - IMPIANTI E SERVIZI ELETTRICI  » 271 Dott. A. MOLINARI - Prof. Dott. A. VISCONTI. Azienda Elettrica Municipale e suoi impianti - Illuminazione pubblica - La Società Edison ed i suoi impianti. Impianti telefonici e posta pneumatica.

CAP. VI. - I MEZZI DI TRASPORTO  » 286 Dott. ALESSANDRO MOLINARI. Il servizio tramviario - Autobus - Trams elettrici - La Metropolitana - Stazioni e Scali ferroviari - La Nuova Stazione - Ferrovie secondarie.

CAP. VII. - POLIZIA URBANA  » 303 Dott. ALESSANDRO MOLINARI.

Sorveglianza - Commercio ambulante - Vetture pubbliche Prevenzione e spegnimento incendi.

CAP. VIII. - ANNONA  » 308 Dott. ALESSANDRO MOLINARI. Mercato frutta e verdura - Mercati rionali e vendite ambulanti - Mercato bestiame - Macello - Il nuovo Macello Mercato dei polli e uova - L'Azienda Annonaria dei Consumi

CAP. IX. -IGIENE E SANITA  » 321 Prof. Dott. ALESSANDRO VISCONTI. L'Assistenza sanitaria - Igiene - Istituto Sieroterapico Milanese e l'Istituto per la cura del cancro - Cura della tubercolosi - Bagni.

CAP. X. - SERVIZI FUNEBRI E CIMITERI  » 331 Dott. ALESSANDRO MOLINARI. Servizi funebri - Cimiteri - La Morgue. PARTE TERZA.

MILANO IN CIFRE Pag. 339 Dott. ALESSANDRO MOLINARI. Topografia e Meteorologia - Popolazione e suo sviluppo - Superficie e densità - Sesso - Famiglie e convivenze - Alfabetismo - Età - Professioni e condizioni - Stato civile e luogo di nascita. Abitazioni e sovraffollamento. Matrimoni - Nascite - Morti e cause di morte - Differenza fra nascite e morti - Immigrazione ed emigrazione. Ospedali - Ambulatori - Dispensari - Igiene. Consumi (carne, alcoolici, caffè, tabacco, verdura, acqua, profumi). Prezzi al minuto e all'ingrosso - Lavoro. Traffici (Traffico del carreggio - Traffico interno dei veicoli - Traffico persone - Traffico merci - Traffici commerciali e industriali - Altri indici di traffico). Istruzione elementare - Istruzione secondaria - Istruzione superiore. Finanze municipali - Dazio.

PARTE QUARTA. GUIDA PRATICA Pag. 363 Dott. ALESSANDRO MOLINARI. Stazioni - Uffici pubblici - Uffici municipali aperti al pubblico - Camere di Commercio - Commissariati di P. S. Mandamenti di Sorveglianza urbana - Tramvie cittadine Automobili pubbliche - Vetture a cavallo - Autobus - Trams elettrici - Servizi automobilistici - Trams a vapore - Visita alla città - Musei e Biblioteche - Chiese - Banche - Teatri e varietà - Cinematografi - Ritrovi sportivi - Caffè e Bars Pasticcerie - Consolati - Agenzie di viaggio - Bagni pubblici - Albergo diurno - Elenco alberghi, ristoranti e pensioni - Le autostrade.

I DINTORNI DI MILANO , 428 Prof. Dott. ALESSANDRO VISCONTI. Chiaravalle - Casoretto - Crescenzago - Monza - Castiglione Olona - Lago Maggiore - Como - Certosa di Pavia INDICE 437

N. 245 incisioni nel testo. Una pianta di Milano e una cartina fuori testo. MILANO NEL 1926 (coi Piani Regolatori in esecuzione) NIGUARDA DERGANO AFFORI


(vedi cartina in originale)