Argumenti in terza rima alla Divina Commedia

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Giovanni Boccaccio

XIV secolo Indice:Le Rime di Cino da Pistoia.djvu Letteratura Argumenti in terza rima alla Divina Commedia Intestazione 30 giugno 2020 100% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Rime scelte di poeti del secolo XIV/Giovanni Boccacci


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ARGUMENTI IN TERZA RIMA


Argumento all’«Inferno»


     Nel mezzo del camin di nostra vita
Smarrito in una valle l’aütore,
3Era sua via da tre bestie impedita.
     Virgilio, dei latin poeti onore,
Da Beatrice gli apparve mandato
6Liberator del periglioso errore.
     Dal qual poi che aperto fu mostrato
A lui di sua venuta la cagione
9E ’l tramortito spirto suscitato,

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     Senza più far del suo andar quistione,
Retro gli va, et entra in una porta
12Ampia e spedita a tutte le persone.
     Adunque entrati nell’äura morta
L’anime triste vider di coloro
15Che senza fama usâr la vita corta;
     Io dico de’ cattivi; eran costoro
Da’ moscon punti, e senza alcuna posa
18Correndo givan con pianto sonoro.
     Quindi, venuti sovra la limosa
Riva d’un fiume, vide anime assai,
21Ciascuna di passar volonterosa.
     A cui Caron — Per qui non passerai —
Di lontan grida; appresso, un gran baleno
24Gli toglie il viso e l’ascoltar de’ guai.
     Dal qual tornato in sè, di stupor pieno
Di là dall’acqua in più cocente affanno
27Non per la via che l’anime teniéno
     Si ritrovò. E quindi avanti vanno,
E i pargoletti veggon senza luce
30Pianger per l’altrui colpa eterno danno.
     Dietro alle piante poi del savio duce
Passa con altri quattro in un castello,
33Dove alcun raggio di chiarezza luce:
     Quivi vede seder sopra un pratello
Spiriti d’alta fama senza pene
36Fuor che d’alti sospiri, al parer d’ello.
     Da questo loco discendendo viene
Dove Minos esamina gli entranti
39Fier quanto a tanto officio si conviene;
     Quivi le strida sente e gli alti pianti
Di quei che furon peccator carnali,
42Infestati da venti aspri e sonanti:
     Dove Francesca e Paolo li lor mali
Contano. E quindi Cerbero latrante
45Vede sopra i gulosi; in fra li quali
     Ciacco conosce. E procedendo avante
Trova Plutone, e’ prodighi e gli avari
48Vede giostrar con misero sembiante.

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     Che sia fortuna e la cagion de’ vari
Suoi movimenti Virgilio gli schiude.
51E discendendo poi con passi rari
     Trovan di Stige la nera palude,
La qual risurger vede di bollori
54Da sospir mossi d’alme in essa nude;
Dove gli accidïosi peccatori
E gl’iracundi gorgogliando in quella
57Fanno sentir li lor grevi dolori.
     Sovra una porta poi doppia fiammella
Subito vede ed una di lontano
60Surgere ancora e rispondere ad ella.
     Quivi Flegiàs adirato il pantano
Oltre gli passa, nel qual vede strazio
63Far di Filippo Argenti e non in vano.
     Ed a pena era di tal mirar sazio,
Che a piè della città di Dite giunti,
66Senza esser lor d’entrarvi dato spazio,
     Si vide, e quivi da disdegno punti
Per la porta serrata lor nel petto
69Dalli spiriti più da Dio disgiunti.
     E mentre quivi stavan con sospetto,
Le tre Furie infernai sovra le mura
72Tisìfon vider Megèra et Aletto:
     Appresso, a ciò che l’orribil figura
Del Gorgon non vedesse, il buon maestro
75Gli occhi gli chiuse e fenneli paura.
     L’ascender poi per lo camin silvestro,
Per cui la porta subito s’aprìo,
78Mostra, e il passar loro in quello destro.
     Qui da dolenti strida ed alti — Ah Dio! —
Che de’ sepolcri uscivano affocati
81De’ quai pieno era tutto il loco rio,
     In quelli essere intese i trascotati
Eresïarchi e tutti quelli ancora
84Che ad Epicuro dietro sono andati.
     Lì ragionando picciola dimora
Con Farinata e con un altro face
87Ch’alquanto all’arca pareva di fora.

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     Disegna poi come lo ’nferno giace
Da indi in giù distinto in tre cerchietti;
90E poi dimostra con ragion vivace
     Perchè dentro alle mura i maledetti
Spiriti sien di Dite e nel suo cerchio,
93Più coloro c’ha di sopra detti.
     Centauri trova poi sovra al soperchio
D’un’altra valle sovra Flegetonte,
96Nel qual chi fe al prossimo soverchio
     Bollir vede per tutto; e perchè conte
Le vie selvagge, a passar la riviera
99Nesso gli fa della sua groppa ponte.
     Oltre passati, in una selva fiera
Di spirti in brocchi nodorosi e torti
102Mutati entraron per via stranïera:
     Tutti sè stessi i miseri avìen morti,
Che li piangean divenuti bronconi:
105Dove gli fe Pier delle Vigne accorti
     Delle dolenti lor condizïoni
E delle sue; e nella selva stessa,
108Dopo gli uditi miseri sermoni,
     Da nere cagne un’anima rimessa
Vide sbranare, e seppe a tal martìro
111Dannato chi la sustanza commessa
     All’util suo biscazza. E quindi gîro
Più giù, dove piovean fiamme di foco
114Fuor della selva sovra un sabbion diro;
     Là dove Capaneo curante poco
Vider giacer sotto la pioggia grave
117Con più molti arroganti. E ’n questo loco
     Seguendo mostra con rima soave
D’una statua che è di più metalli
120L’acqua cadere in quelle valli prave,
     E quattro fiumi per più intervalli
Nel mondo occulto fare in fino al punto
123Più basso assai che tutte l’altre valli.
     Poi ser Brunetto abbruciato e consunto
Sotto l’orribil pioggia correr vede,
126Col quale alquanto parlando congiunto

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     Di sua futura vita prende fede;
Poi Guido Guerra e Tegghiaio Aldobrandi
129Jacopo Rusticucci in fino al piede
     Di lui venuti; e ai lor nuovi domandi
Sodisfa presto. E quinci procedette
132Dove anime trovò con tasche grandi
     Sedere a collo sotto le fiammette,
Di loro alcuni all’arme conoscendo
135Stati usurieri e per tre prender sette.
     Poi sovra Gerïon giù discendendo
In Malebolge viene, ove i baratti
138In diece vede senza pro piangendo.
     De’ quali i primi da’ demon son tratti
Con grandi scorreggiate per lo fondo,
141Scherniti e, lassi!, vilmente disfatti;
     Là dove alcun ch’avea veduto al mondo
Vi riconobbe, ch’era Bolognese
144Venedico e ruffiano; a cui secondo
     Jason venìa che tolse il ricco arnese
A’ Colchi. E quindi Alesso Interminelli
147In uno sterco vide assai palese
     Pianger le sue lusinghe, e quinci quelli
Che sottosopra in terra son commessi
150Per simonìa; e lì par che favelli
     Con un papa Niccola: et oltre ad essi
Travolti vide quei che con fatture
153Gabbaron non che altrui ma essi stessi.
     Quindi discendon là dove in l’oscure
Pegole bollon dhi baratterìa
156Vivendo fece e di quelle misture.
     Mentre che van con fiera compagnìa
Di diece diavol, parla un che fu tratto
159Da Graffiacan per la cottola via
     — Se’ Navarrese, dicendo, e baratto: —
Quinci com’el fuggì dalle lor mani
162Racconta chiaro e de’ diavoli il fatto.
     Sotto le cappe rance i pianti vani
Degl’ipocriti poi racconta, e mostra
165Anna e ’l suo suocer nelli luoghi strani

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     Crocifissi giacer. Poi nella chiostra
Di Malebolge seguente brogliare
168Fra’ serpi vede della gente nostra
     Quivi dannati per lo lor furare
Agnello e ’l Cianfa ed altri e Vanni Fucci;
171Li quai mira vilmente trasformare,
     Dopo nuovi atti parlamenti e crucci,
E d’uomo in serpe e poi di serpe in uomo
174In guisa tal che mai vista non fucci.
     Descrive poi chi mal consigliò, como
Dicon d’Ulisse, e in fiamma acceso andando
177Vede riprender dattero per pomo:
     Pria con Ulisse e poscia ragionando
Col conte Guido passa. E pervenuto
180Sull’altra bolgia vede gente andando
     Tutta tagliata, sovente a minuto,
Per lo peccato dello scisma reo
183Da lor nel mondo falso in suso avuto:
     Lì Maometto fesso discerneo,
E quel Beltram che già tenne Altaforte,
186E Curio, e ’l Mosca, e molti quai poteo.
     Appresso vide più misera sorte
Di alchimisti fracidi e rognosi,
189U’ seppe di Capocchio l’agra morte.
     E Mirra e Gianni Schicchi e più lebrosi
Vide, et i falsator per fiera sete
192Idropici fummare stando oziosi:
     Fra’ quali in quella inestricabil rete
Vede Sinone, e lo maestro Adamo
195Garrir con lui, come legger potete.
     Quindi lasciando l’uno e l’altro gramo,
Dal mezzo in su li figli della terra
198Uscir d’un pozzo vede: et al richiamo
     Del gran poeta intramendue gli afferra
Antèo, e lor sovr’al freddo Cocito
201Posa; nel quale in quattro parti serra
     Il ghiaccio i traditor. Quivi ghermito
Sassol de’ Mascheron nella Caina
204E ’l Camicion de’ Pazzi ebbe sentito,

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     Poscia nell’Antenòra ivi vicina
Tra gli altri dolorosi vide il Bocca
207E di Gian Soldanier l’alma meschina,
     Ed altri molti ch’ora a dir non tocca,
Siccome l’arcivescovo Ruggieri
210Ed il conte Ugolino anima sciocca.
     Più oltre andando pe’ freddi sentieri
Spiriti trova nella Tolomea
213Giacer riversi ne’ ghiacci severi:
     Quivi raccolta l’alma si vedea
Di Branca d’Oria e di Frate Alberico
216Che senza pro de’ frutti si dolea.
     Appresso vede l’avversare antico
Nel centro fitto; et Juda Scarïotto
219E Cassio e Bruto di Cesar nemico
     Nell’infima Giudecca star di sotto.
Quindi pe’ velli del fiero animale
222Discendendo e salendo, il duca dotto
     Lui di fuor tira da cotanto male
Per un pertugio, onde le cose belle
225Prima rivede: e per cotali scale
     Usciron quindi a riveder le stelle.



Argumento al «Purgatorio»


     Per correr miglior acqua alza le vele
Qui lo autore, e seguendo Virgilio
3Pe’ dolci pomi sale e lascia il fele.
     Caton primier fuor dell’eterno esilio
Trovano, e, suo parlare procedendo,
6Poi danno effetto al suo santo Consilio.
     Su la marina vede discendendo
Nell’aürora più anime sante
9E ’l suo Casella; al cui canto attendendo
     Mentre l’anime nuove tutte quante
Givan con lor, rimossi da Catone,
12Fuggendo, al monte ne giron avante.

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     Incerti quivi della regïone
Trovan Manfredi et altri che moriro
15Per colpa fuor di nostra comunione
     Col perder tempo ad equar lo martìro
Alla lor colpa. E quindi ragionando
18Del solar corso, gli solve il desiro
     L’alto poeta sedendosi, quando
Vider Belacqua in negligenza starsi.
21E già levati verso l’alto andando,
     Buonconte et altri molti in contro farsi
Vider, li quali in fino all’ultim’ora,
24Uccisi, a Dio penaro a ritornarsi.
     Quivi Sordel trovâr sol far dimora:
Il qual poi l’aütor molto ha parlato
27Contro ad Italia, il gran Virgilio onora.
     Poi mena loro in un vallone ornato
D’erbe e di fior, nel qual cantando addita
30A Virgilio Sordello stando allato
     Spiriti d’alta fama in questa vita:
Tra’ quai discesi, il Gallo di Gallura
33Riceve l’aütor. Quindi, finita
     Del dì la luce, vede dell’altura
Due angeli con due spade affocate
36Discendere ad aver di costor cura.
     Poscia dormendo, con penne dorate
Gli par che in alto un aquila ne ’l porti
39D’in fino al foco. Quindi, alte levate
     Le luci spaventato, da’ conforti
Fatto sicur di Virgilio, Lucia
42Gli mostra quivi loro avere scorti.
     Del Purgatorio gli addita la via:
Dove venuti, qual fosse disegna
45La porta e’ gradi ond’a quel si salìa,
     Chi fosse il portinai’, che veste tegna,
E quai fosser le chiavi; e che scrivesse
48Nella sua fronte, e che far si convegna
     A chi passa là dentro, poi n’espresse.
E quindi come in la prima cornice
51Dichiara con fatica si giugnesse;

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     Et intagliata in altra parte dice
Di quella storie d’umiltà verace:
54Poi spirti carchi dall’una pendice
     Vede venir cantando et orar pace
Per sè e per altrui, purgando quello
57Che ne’ mortai superbia sozzo face:
     Tra’ quali Umberto, et Odorisi ad ello
Appresso, e simil Provenzan Salvani
60Piangendo vide sotto il fascio fello.
     Oltre passando pe’ sentieri strani,
Sotto le piante sue effigïati
63Vide gli altieri spiriti mondani.
     Da uno splendido angiolo invitati
Più leggier salgono al giron secondo,
66Per che li P l’autor trovò scemati.
     Le alte voci mosse dal profondo
Ardor di carità udîr volanti
69Per l’aere puro del levato mondo:
     E, poi che giunti furono più avanti,
Videro spirti accigliati sedere
72Vestiti di cilicio tutti quanti,
     Perchè la invidia lor tolse il vedere:
Guido del Duca, Sapia e Rinieri
75Da Calvol truova lì piangere; e vere
     Cose racconta di tutti i sentieri
Onde Arno cade e simil di Romagna:
78Quindi altri suon sentiron più severi.
     Et oltre su salendo la montagna,
Da un altro angelo invitati foro,
81Parlando dell’orribile magagna
     D’invidia e dell’opposito fra loro;
E di sè tratto andando vide cose
84Pacifiche in lo aspetto: nè dimoro
     Fe guari in quelle, che ’n caliginose
Parti del monte entraron, dove l’ira
87Molti piangean con parole pietose:
     Quivi gli mostra Marco quanto mira
Nostra potenzia sia, e quanto possa
90Di sua natura, e quanto dal ciel tira,

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     Appresso usciti dall’arïa grossa,
Imaginando vede crudi effetti
93Venuti in molti da ira commossa.
     Quivi gl’invìa un angel; per che stretti
Alla grotta amendue a non salire
96Dalla notte vegnente fur costretti.
     Posti a sedere incominciaro a dire
Insieme dell’amor del bene scemo
99Che ’n quel giron s’empieva con martìre:
     Dove, siccome noi veder potemo,
Distintamente Virgilio ragiona
102Come si scemi in uno ed altro estremo;
     Che sia amor del quale ogni persona
Tanto favella, e come nasca in noi.
105L’abate lì di San Zen da Verona
     Con altri assai correndo vede poi;
E con lui parla, e seguel nell’oscuro
108Tempo, con altri retro a’ passi suoi,
     Come scorrendo si rifà maturo
D’accidïa l’acerbo. Indi ne mostra
111Come, dormendo in su ’l macigno duro,
     Qual fosse vide la nemica nostra,
E come da noi partasi; e isdormito
114Come venisse nella quinta chiostra,
     Fattoli a ciò da un angelo lo ’nvito.
Quivi giacendo assai spiriti trova,
117Che d’avarizia piangon l’acquisito
     In giù rivolti e, perchè non se ’n mova
Alcun, legati tutti; e quivi parla
120Con un papa dal Fiesco: appresso prova
     L’onesta povertà, ed a lodarla
Ugo Ciapetta induce; i cui nepoti
123Nati dimostra tutti atti a schifarla,
     Pien d’avarizia, e d’ogni virtù vôti;
E come poscia contro alla nequizia,
126Passato il dì, cantando vi si noti.
     Quindi per tutto novella letizia
E lo monte tremare fino al basso
129Dimostra, mosso da vera giustizia.

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     Qui truova Stazio non a lento passo
Salire in su, al qual Virgilio chiede
132Della cagion del tremito del sasso,
     La quale Stazio assegna: indi succede
Il priego suo ancora a nominarsi:
135Quindi, come uom ch’a pena quel che vede
     Crede, dichiara Stazio avanti farsi
Ad onorar Virgilio, e li fa chiaro
138Lui per contrario peccato agli scarsi
     Aver per molti secoli l’amaro
Monte provato. E già nel cerchio sesto,
141Parlando insieme, un albero trovaro,
     D’onde una voce lor disse il modesto
Gusto di molti: e più propinqui fatti
144Chiaro s’avvider ch’ogni ramo in questo
     Arbore è vôlto in giù, e d’alto tratti
Vider cader liquor di foglia in foglia;
147E sotto ad esso spirti macri e ratti
     Vider venir più che per altra soglia
Dell’erto monte, e pure in su la vista
150Alli pomi tenean, che sì gl’invoglia.
     Così andando in fra la turba trista,
Raffigurollo l’ombra di Forese:
153Con lui favella; e della gente mista
     Più riconobbe, e tra gli altri il lucchese
Bonagiunta Orbiccian: poi una voce
156All’arbore appressarsi lor difese.
     Un angel quindi al martire che coce
Gl’invita: ed essi, per l’ora che tarda
159Era, ciascun n’andava su veloce,
     Mostrando Stazio a lui, se ben si guarda,
Nostra generazione, e come l’ombra
162Prenda sembianza di corpo bugiarda
     E come sia da passïone ingombra:
E sì andando pervennero al foco,
165Prima che ’l santo monte facesse ombra.
     Lungo il qual trapassando per un poco
D’un sentieruolo udîr voci nemiche
168Al vizio di lussuria: ed in quel loco

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     Più anime conobbe che impudiche
Furon vivendo; e Guido Guinicelli
171Gli mostra Arnaldo in sì aspre fatiche.
     Ma, poi che s’è dipartito da elli,
A trapassar lo foco i cari duci
174Confortan lui, ch’a pena in mezzo a quelli
     Il trapassò. Di quindi alle alte luci
Salir l’invita un angel che cantava,
177Pria s’ascondesser li raggi caduci.
     Vede nel sonno poi Lia che s’ornava
Di fior la testa, cantando parole
180Nelle quali essa chi fosse mostrava.
     Quindi levato nel levar del sole,
Virgilio di sè stesso il fa maestro,
183Sul monte giunti, e può far ciò che vuole.
     Venuti adunque nel loco silvestro,
Trova una selva, ed in quella si spazia
186Su per lo lito di Lete sinestro.
     Vede una donna, che a lui di grazia
Parla e con verissime ragioni:
189Del fiume il moto e dell’aura lo sazia.
     Di quinci a vie più alte ammirazioni
Venuto, sette candelabri e molte
192Genti procedere in carro, i timoni
     Del qual traeva coll’ale in su volte
Un grifon, d’oro, quanto uccel vedeasi,
195L’altro di carne; e alle cui rote accolte
     Da ogni parte una danza moveasi
Di cento donne; e nel mezzo Beatrice
198Del tratto carro splendida sedeasi.
     Da così alta vista e sì felice
Percosso, da Virgilio con Istazio
201Esser lasciato lagrimoso dice.
     Appresso questo, non per lungo spazio,
Con agre riprension la donna il morde
204Senza aver luogo a ricoprir mendazio.
     Per che le sue virtù quasi concorde
Li venner meno e cadde, nè sentisse
207Pria ch’alle sue orecchia ad altro sorde

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     Pervenne — Tiemmi: — onde, anzi ch’egli uscisse
Da una donna tratto per lo fiume,
210L’acqua convenne che egli inghiottisse.
     Poi quattro donne secondo il costume
Di loro il ricevettero, e menârlo
213Di Beatrice avanti al chiaro lume.
     Qual li paresse il suo viso, pensarlo
Ciascun che ’ntende può, poi la virtute
216Gli mancò qui di poter divisarlo.
     I casi avversi appresso e la salute
Della Chiesa di Dio sotto figmento
219Delle future come delle sute
     Cose disegna. Poi il cominciamento
Di Tigri e d’Eufrate vede in cima
222Del monte; e con Matelda va contento
     E con Istazio ad Eunoè prima;
D’onde bagnato e rimenato a quelle
225Donne beate, finisce la rima.
     Puro e disposto a salire alle stelle.



Argumento al «Paradiso»


     La gloria di colui che tutto move
In questa parte mostra l’aütore
3A suo poder, qual’ei la vide e dove.
     Et invocato d’Apollo l’ardore,
Di sè incerto retro a Beatrice
6Pe’ raggi se ’n salì del suo splendore
     Nel primo ciel: là onde a ciascun dice
Men sofficiente, che retro a sua barca
9Più non si metta fra ’l regno felice.
     E, mentre avanti cantando travarca,
De’ segni della luna fa quistione
12Alla sua guida; e quella se ne scarca.
     Poi c’ha udito la sua openione,
E premettendo alcuna esperïenza
15Chiaro ne ’l fa con aperta ragione;

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     Piccarda vede, e della sua essenza
Nel primo cielo per manco di voto
18Con lei favella. E della sua presenza
     Partita, Beatrice a lui divoto
Qual vïolenza il voto manco faccia
21Distingue ed apre, e simil gli fa noto
     Perchè paian li cieli aprir le braccia
A diversi diverso, e come sièno
24Però presenti alla divina faccia.
     Quindi, con viso ancora più sereno,
Se sodisfare a’ voti permutando
27Si possa o no, a lui dichiara a pieno:
     E nel ciel di Mercurio ragionando
Veloci passan. Lì Giustinïano
30Prima di sè sodisfà al dimando;
     Appresso, quanto l’imperio romano
Sotto il segno dell’aquila facesse
33Gli mostra in parte; e poi a mano a mano
     Parlando seco volle ch’el sapesse
Romeo in quella luce glorïarsi,
36Che fe quattro regine di contesse.
     Induce poi Beatrice a dichiararsi
Come giusta vendetta giustamente
39Fosse vengiata: e quindi trasportarsi
     Nel terzo ciel, veggendo più lucente
La donna sua, s’avvide. Ivi con Carlo
42Martel favella, il quale apertamente
     Gli solve, che il mosse a dimandarlo,
Come di dolce seme nasca amaro:
45Quindi Cunizza viene a visitarlo,
     E del futuro alquanto gli fa chiaro
Sovra i Lombardi; e con Folco favella,
48Che gli mostra Raab. Indi montaro
     Nella spera del sole, ove una bella
Danza di molti spiriti beati
51Vede far festa e nel girarsi isnella:
     De’ quai gli furon molti nominati
Da Tommaso d’Aquin, che di Francesco
54Molto gli parla e poi degli suoi frati.

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     Poi scrive un cerchio sovraggiunger fresco
A questo, e ’n quel parlar Bonaventura
57Da Bagnoregio e del Calagoresco
     Domenico nel qual fu tanta cura
Della fè nostra e dell’orto divino
60Quanta mai fosse in altra creatura.
     Poi ricomincia Tommaso d’Aquino
Com’egli intenda — Non surse il secondo
63Da Salamone, — e con chiaro latino
     Gliele dimostra; et un lume secondo
L’accerta lor, più lieti e più lucenti
66Come i lor corpi rïavran del mondo.
     Quindi nel quinto ciel di luculenti
Spiriti vede una mirabil croce:
69Della quale un de’ suoi primi parenti
     Li fa carezze; e con soave voce
Gli si discuopre; e mostra quale stato
72Fiorenza avesse, quando nel feroce
     E labil mondo fu da pria creato;
Quindi le schiatte più di nome degne
75Nomina tutte, da lui dimandato;
     Poi li fa chiare le parole pregne
Di Farinata e ’n Purgatoro udite,
78A lui mostrando del futuro insegne;
     Appresso ancor con parole spedite
Gli nomina di quei santi fulgori
81Josue, Juda, Carlo, e più scolpite
     Da lui nel nominar per li splendori
Cresciuti. E quindi nel Giove se ’n sale,
84Dove un’aquila fanno i santi ardori
     Di sè mirabile e bella: la quale
Gli solve il dubbio, d’un che nato sia
87Su lito senza udire o bene o male
     D’Iddio, mostrando quel che di lui fia;
Quindi Davit e Traiano e Rifeo
90Gli mostra ed altri in la sua luce dia;
     Poi il chiarì d’un dubbio, che si feo
In lui, de’ due che appaion pagani
93Nel primo aspetto. Quindi uno scaleo,

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     Salito nel Saturno, di sovrani
Lumi ripien discerne, onde altro scende
96Ed altro sale; e con Pier Damïani
     Ragiona lì, e qual quivi risplende
Gli parla e noma più contemplativi
99Quel Benedetto onde Casin dipende.
     Sal nell’ottavo ciel poscia di quivi;
E nel segno de’ Gemini venuto,
102Le sette spere ed i corpi passivi
     Si vede sotto i piè. Poi conosciuto
Cefas, sua fede e suo creder confessa,
105Da lui richiesto, a lui tutto compiuto.
     Con voce appresso luculenta e spressa
Il baron di Galizia la speranza
108Dice che è e che spetta con essa.
     Indi venire a così alta danza
Giovanni mostra, il qual del corpo morto
111Di lui in terra il cava d’ogni erranza:
     Poi seguitando, al suo dimando accorto,
Che cosa sia la carità, risponde,
114E qual da lei gli procedea conforto.
     Appresso scrive come alle gioconde
Luci s’aggiunse quel padre vetusto
117Che prima fu da Dio creato, e d’onde
     Tutti nascemmo, e per lo cui mal gusto
Tutti moiamo; il qual del suo uscire
120Là onde posto fu, e quanto giusto
     In quello stesse, e quando il gran disire
Di quella gloria avesse, e la dimora
123Quanto fu lunga lì dopo ’l fallire
     Gli conta, ed altre cose. Indi colora,
Quasi infiammato, il vicario di Dio
126Contr’a’ pastor che ci governan ora.
     Poi come nel ciel nono su salìo
Descrive, dove l’angelica festa
129In nove cerchi vede: il suo desìo
     Di lor natura lì li manifesta
Con sermon lungo assai mirabil cose
132E della turba che ne cadde mesta.

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     Poi vede le milizie glorïose
Del nuovo e dell’antico testamento,
135Che bene oprando a Dio si fero spose
     Nel ciel più alto sovra il fermamento,
Dove ’l solio d’Enrico ancor vacante
138Discerne. E quivi lui che stava attento
     A riguardar le creature sante
Lascia Beatrice, ed in loco di lei
141Bernardo collo sguardo il guida avante.
     Dove, poi che fatt’ha orazione a lei
Cui seder vede dove la sortiro
144Li merti suoi, gli è mostrata colei
     Che sposa antica fu del primo viro,
Rachel, Sara, Rebecca, e ’l gran Joanni
147Che pria il deserto e poi provò il martìro.
     Appresso poi in più sublimi scanni
Francesco et Augustino e Benedetto
150E quei che trapassâr ne’ teneri anni
     Vede; de’ quali il dottor sopradetto,
Dico Bernardo, ragionando, ad ello
153Caccia ogni dubbio fuor del suo concetto.
     Quindi lo Santo grazïoso e bello
Più ch’altro di Maria gli mostra il viso,
156E davanti da lei quel Gabrïello
     Che ’l decreto recò di paradiso
Della nostra salute, tanto lieto
159Che qui per non poter ben no ’l diviso.
     Onesto l’uno e l’altro e mansueto,
Adamo e Pietro, e poi il vangelista
162Joanni lì seder vede repleto
     D’alta letizia; e quivi il gran legista
Moïsè vede e poi Lucia e Anna;
165E punto fa alla gloriosa vista.
     Appresso, a ciò che la divina manna
Discenda in lui e faccial poderoso
168A veder ciò per che ciascun s’affanna,
     Umile quanto può, nel grazïoso
Cospetto della madre d’ogni grazia,
171Insieme col dottor di lei focoso,

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     Orando priega che la vista sazia
Del primo amor gli sia; e per lo lume
174Che senza fine profondo si spazia
     Ficca degli occhi suoi il forte acume:
Poi, disegnando quanto ne raccolse,
177Termine pone al suo alto volume;
     Mostrando come in quel tutto si volse
L’alto disìo et alle cose belle,
180E come ogni altro appetito gli tolse
     L’amor che muove il sole e l’altre stelle.