Cenni storico-bibliografici della R. Biblioteca nazionale di Firenze

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Luigi Passerini Orsini de' Rilli

1872 Indice:Cenni storico-bibliografici della R. Biblioteca nazionale di Firenze.djvu Cenni storico-bibliografici della R. Biblioteca nazionale di Firenze Intestazione 7 febbraio 2019 100% Da definire


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CENNI STORICO-BIBLIOGRAFICI

DELLA

R. BIBLIOTECA NAZIONALE

DI FIRENZE


IN FIRENZE

coi tipi di m. cellini e c.

alla Galileiana


1872

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Firenze non ebbe libreria che fosse pubblica fino al secolo XVIII, perchè io non estimo doversi dir tali quelle di principi, di privati e di monasteri, alle quali accedevasi, facilmente invero, ma per favore dei possessori non per diritto. Celebri fino dal XV secolo furono quelle degli Agostiniani in S. Spirito, dei Minoriti in S. Croce, de’ Cassinesi in Badia, dei Camaldolesi negli Angioli ed altre ancora appartenenti ai monasteri, rammentate con lode dagli scrittori del tempo; ma tutte le sorpassò la biblioteca veramente rarissima che iniziò Cosimo il Vecchio dei Medici intorno alla metà del millequattrocento, e che fu continuata senza risparmio dai suoi [p. 6 modifica] successori. A me basti il rammentarla, perchè il tesserne le vicende, non è mio scopo: solamente dirò come elevata la famiglia Medicea al principato della Toscana e rientrata in possesso della più gran parte della sua libreria, mentre a questa che componevasi di manoscritti preparava nobil locale, altra biblioteca di libri a stampa e di codici iniziava dentro la reggia, a cui dava nome di Mediceo-palatina. I privati gareggiavano con i principi, e certo non dico cose nuove esponendo come Baccio Valori, i Panciatichi, i Gaddi, i Rinuccini, i Capponi, i Baldovinetti raccogliessero librerie preziosissime per manoscritti e per rarissimi libri stampati; e rammentando tra i collettori il senatore Carlo Strozzi, cito un nome che frequentemente trovasi menzionato con lode dagli scrittori del secolo XVII e del seguente, non solo per la quantità ed il pregio dei documenti che aveva raccolti, ma più ancora per la larghezza piuttosto unica che rara con cui lasciò frugare a chi volle tra le sue carte, e fare di quelle tesoro per i propri studii. [p. 7 modifica]Non era a queste biblioteche difficile l’accesso, come di sopra notai; ma per andarvi bisognava chiedere, e chiedere a tutti non piace; occorreva inoltre di essere conosciuto: e così gli uomini che cominciavano a darsi alle lettere, quelli che non avevano un nome, quelli che la condizione sociale rendeva oscuri e non aveano trovato ancor mezzo di munirsi di un protettore, mancavano del modo di studiare, e di arricchire così la propria mente senza aver ricorso a richieste che potevano riuscire ben di sovente a un rifiuto.

A questo inconveniente provvedde Antonio Magliabechi, uomo per me da riguardarsi tra i più benemeriti della città. Nato di civil famiglia nel 1633, attese all’arte dell’orefice fino a 40 anni; ma trascinato da prepotente passione allo studio, profittava delle ore che gli lasciava libere l’esercizio della professione per istruirsi, sottraeva ai suoi bisogni il denaro necessario per fare acquisto di libri. Dotato da natura di tenacissima memoria, riteneva in mente quanto avea letto, ch’era moltissimo; e colla sola lettura dei cataloghi [p. 8 modifica]riuscì ad apprendere quanti e quali autori trattassero delle diverse materie scientifiche, filosofiche e letterarie: talchè ben appropriato era l’anagramma del suo nome latinizzato, Antonius Magliabecchius, rispondente ad is unus bibliotheca magna, che suole attribuirsi al celebre Mabillon. Nè si limitò a conoscere i libri, ma volle ancora possederli, e tanti ne raccolse che ne aveva ripiena la sua piccola casa in piazza di santa Maria Novella, dalla porta al tetto, in modo da lasciarvi appena adito al passo. La brevità a cui mi è forza attenermi non mi consente di parlare di quest’uomo come vorrei, nè di esporre quanto e come fosse tenuto in pregio dai più illustri tra i suoi contemporanei, nè del frequente e dotto carteggio ch’ebbe con molti tra quelli; e basta che accenni come venuto a morte nel 1714, coronò un’utile ed operosa esistenza col testamento in data del dì 26 maggio, per il quale lasciò eredi i poveri della città di Firenze della libreria e del tenue suo patrimonio. Componevasi quella di 30mila volumi all’incirca, ma fu ben [p. 9 modifica] presto aumentata per il donativo fatto dall’erudito cavaliere Antonfrancesco Marmi: cosicchè, rendendosi necessario di avere un locale ove disporla affinchè il pubblico se ne potesse valere, il granduca Giangastone fece dono alla città di una porzione dell’antico teatro Mediceo, detto delle Commedie, nell’area del quale fu eretta l’attuale sala di lettura e le stanze che la circondano. Classati i libri ed i codici, compiuti i cataloghi degli stampati, avanzati quelli dei manoscritti, fu la biblioteca aperta al pubblico col nome di Magliabechiana nel primo martedì del 1746, per ordine del Consiglio di Reggenza che governava la Toscana per l’assente granduca Francesco II di Lorena.

I Reggenti e poi il granduca Pietro Leopoldo fecero a gara per arricchirne la suppellettile libraria: laonde nel 1755 vi fu incorporata la celebre libreria Gaddiana, e nell’anno appresso quella di Antonmaria Biscioni. Ma ben più cospicuo dono lo fece il granduca il dì 22 luglio 1771, alloraquando, rinunziato l’usufrutto che gli spettava sulla Mediceo-lotaringio-palatina per il patto di famiglia del [p. 10 modifica] dì 31 ottobre 1737, passato tra suo padre e la Elettrice palatina, ultima di casa Medici (in forza del quale la proprietà della biblioteca spettava allo Stato e l'usufrutto al sovrano pro tempore), volle che si unisse alla nostra a benefìzio del pubblico: per il quale atto si arricchì la Magliabechiana di 17,010 volumi e di 699 manoscritti; dei quali una parte passò poi alla Laurenziana nel 1783, riservandosi il Principe soltanto una piccola quantità di stampati.

Nel 1773 le diè i libri che furono trovati nei conventi dei Gesuiti, i quali non furono molti, perchè erano stati sottratti; e dopo due anni volle che vi fosse unita la libreria di Giovanni Lami di cui fece acquisto, tranne i duplicati che furono donati alla Università di Pisa, e i manoscritti che il possessore volle depositati nella Riccardiana.

Pietro Leopoldo ordinava nel 1783 la soppressione delle tre Accademie; la Fiorentina, la Crusca e gli Apatisti: e fattane una sola col nome di Accademia Fiorentina, volle che avesse stanza nella biblioteca [p. 11 modifica] Magliabechiana, e che in questa si trasferissero i libri e i manoscritti delle tre accademie. Nè qui si limitarono i benefizi del Principe; il quale avuta in sua mano la celebre raccolta Strozziana, ne divise i tesori tra le librerie della città e l’archivio delle Riformagioni: assegnandone ben larga parte alla nostra. Per valutarne la importanza conviene sapere che il senatore Carlo Strozzi, raccoglitore della insigne collezione, dolente di vedere giornalmente distrutti o mandati all’estero, sia per ignoranza oppure per venalità, libri e documenti preziosi, avea impetrato dal granduca Ferdinando II un decreto, col quale si proibiva di vendere libri antichi, manoscritti o pergamene senza il consenso di una commissione, di cui lo Strozzi faceva parte, colla prelazione a lui per l’acquisto; col qual mezzo potè raccogliere tal quantità di cose preziose, da costituire la sua raccolta una delle più insigni d’Italia.

Grande incremento ebbe la nostra biblioteca per la soppressione delle corporazioni religiose voluta dal governo francese nel 1808; [p. 12 modifica] perchè libri e codici furono in essa trasferiti, tranne quelli, e non furono certo i meno pregevoli, che frati e monaci riuscirono a sottrarre; ma da quell'epoca al 1859 non ebbe accrescimento di sorta, ove si eccettuino i pochi acquisti che si poterono fare colle rendite della eredità Magliabechi, ascendenti a lire italiane 1344. È questa la ragione potissima della lacuna che si riscontra nella nostra collezione delle opere stampate dal principio di questo secolo fino al 1860: inconveniente a cui volle provvedere il Governo che assunse le redini dello Stato dopo la partenza della dinastia Austro-lorenese nel 1859. Una delle principali sue cure quella si fu di richiamare in vigore la legge sulla stampa (che era di antica data, ma quasi mandata in oblivione) per cui tutti gli editori e stampatori della città erano tenuti a depositare nella libreria un esemplare di ciascuna opera che pubblicassero: ma di ben maggiore importanza fu l'acquisto dei libri appartenuti al distinto statista Vincenzo Salvagnoli, cioè una doviziosa raccolta di opere moderne, [p. 13 modifica] concernenti più specialmente la storia, il diritto pubblico, l’economia politica e la filosofia. Quello peraltro, che costituì la biblioteca Magliabechiana una tra le più importanti del Regno fu l’unione ad essa della biblioteca Palatina, che fu compiuta nell’ottobre del 1866: ciò che portò alla necessità di toglierle il nome che avea dal suo fondatore, per cui facevasi cosa municipale, e di classarla fra le nazionali del Regno.

Dicemmo sopra come Pietro Leopoldo, donando nel 1771 alla Magliabechiana la libreria Mediceo-lotaringio-palatina, se ne riservasse una piccola parte che continuò ad essere nella reggia. Il granduca Ferdinando III si propose di ricostituirla, e cominciò a raccogliere libri durante il suo esilio a Salisburgo: tornato in Toscana, con munificenza veramente regale, attese ad accrescerla e l’arricchì colla celebre collezione Poggiali; cosicché alla sua morte componevasi già di oltre 40mila volumi. Il suo figlio e successore, Leopoldo II, spese pure ingenti somme per farla più ricca e pregevole: comperò molti libri rarissimi e [p. 14 modifica] manoscritti alla dissoluzione della libreria Rinucciniana nel 1850; i manoscritti della raccolta Targioni nel 1851, e poi li stampati nel 1857; i codici dei Bandinelli, e quindi gli arabi raccolti dal conte Gräberg de Hemsò nell’anno appresso; i libri e codici messi insieme da Giovanni Baldovinetti, nel 1853 ; gli autografi di casa Gonnelli nell'anno istesso; ed in seguito la raccolta Torri, la libreria Capponi, la collezione de Sinner, preziosa per li scritti del Leopardi, quella di Francesco del Furia, ed infine, nel 1859, i codici che formavano decoro alla biblioteca Panciatichi. Con tutte queste riunioni la Palatina venne a contenere intorno a 90mila volumi stampati ed a 3mila manoscritti: i quali riuniti a quelli che componevano la vecchia Magliabechiana vennero a costituire un insieme di oltre a 280mila volumi (compresivi gli opuscoli e le miscellanee), e di oltre 14mila tra codici e filze manoscritte, la maggior parte delle quali contiene molti ed anche tra loro diversi lavori. Nel qual numero debbono eziandio computarsi i libri orientali comprati dagli eredi del prof. Bardelli [p. 15 modifica] nel 1867, quelli donati dal tipografo Castelli di Alessandria, e i preziosissimi, in numero di 6mila all'incirca, relativi alla storia della riforma religiosa in Italia che il conte Piero Guicciardini volle donati alla Nazionale.

La biblioteca è disposta nell’antico locale assegnatole dal granduca Giangastone nel 1736; al quale il Governo della Toscana unì uno stabile attiguo che serviva ad uso militare: ma, nonostante l’aumento, è insufficiente a contenere tanta mole di libri, e conviene seriamente pensare ad accrescerlo, in specie quando si rifletta che la nostra Nazionale si arricchisce annualmente di oltre 8mila volumi, non computati gli opuscoli (che le vengono in conseguenza del R. decreto del dì 30 giugno 1870, per cui ha diritto ad avere un esemplare di tutto ciò che si stampa nel Regno), senza noverare quelli che giornalmente sì acquistano, e gli altri che vengono offerti in dono. Mal può precisarsi il numero di questi doni, i quali provengono generalmente dai ministeri, dalle altre istituzioni letterarie e scientifiche dello Stato, e in non [p. 16 modifica] piccola parte ancora da istituti stranieri, in specie dal Ministero della istruzione pubblica di Francia e dalla Società Smithoniana di Boston.

Di tutti i libri, siccome dei manoscritti, esiste un inventario a schede, che sarebbe desiderabile potere ridurre a volumi, ma vi hanno contrastato finora le scarse rendite di cui può disporre la biblioteca, e più ancora la mancanza d’impiegati, i quali nelle condizioni attuali sono insufficienti per il solo servizio ordinario. I libri sono disposti negli scaffali per ordine d’inventario, ma in quanto all’antica Magliabechiana sono collocati secondo l’altezza, e facilmente reperibili per la esatta indicazione che si ha di essi nei cataloghi; nella libreria Palatina erano e sono per la più gran parte ordinati a materia, abbenchè molto ancora resti da farsi.

Di cataloghi delli stampati vi ha dovizia, e direi quasi anche troppi; ciò deriva dalla riunione di tante biblioteche alla nostra che si è fatta più specialmente negli ultimi tempi: ed evidente è la necessità di provvedervi, [p. 17 modifica] perchè la moltiplicità genera confusione e molta perdita di tempo nelle ricerche; ma anco per questi militano le ragioni che accennammo per gl’inventarii.

Vi ha pertanto un catalogo alfabetico che comprende tutti i libri a stampa della antica Magliabechiana, e vi si continua a registrare tutti i libri che per diritto, per dono o per compra vengono ad arricchire la libreria dopoché ha preso il nome di Nazionale. Si compone di 31 volumi; è assai ben fatto, ma sommario e non illustrativo, quale conviensi ad un catalogo alfabetico.

Di esso si ha copia in doppia scheda; una delle quali serve all’inventario generale della libreria; l’altra al catalogo a materie che si va preparando di nuovo; perchè l’antico che componevasi di 15 volumi, da lungo tempo interrotto, ha dovuto sopprimersi per la necessità di darvi posto ai libri di antica provenienza non contemplati e a quelli per i più recenti acquisti venuti alla biblioteca, i quali, sommati insieme, erano di gran lunga superiori in numero ai già descritti. [p. 18 modifica]Altro catalogo in 23 volumi comprende i libri della Palatina: ma è imperfetto perchè sente la diversità de’ sistemi che hanno adottati i valentuomini che ne hanno avuta la direzione; ed anco questo fu, tra l’anno decorso e quello che corre, ridotto a doppia scheda per gli usi sopra accennati.

Il catalogo della libreria Targioni consta di tre volumi; ed in un altro sono notati i libri che costituiscono il dono del conte Piero Guicciardini relativo alla storia della Riforma.

Gl’incunaboli, ossia le edizioni del secolo XV, hanno uno speciale catalogo illustrato e ragionato compreso in due volumi, e la più gran parte di esso fu pubblicata per mezzo della stampa dal proposto Ferdinando Fossi già benemerito bibliotecario della Magliabechiana: siccome speciale catalogo, che si contiene in un grosso volume, hanno le miscellanee e gli opuscoli.

Da questa moltiplicità di cataloghi deriva, tra gli altri inconvenienti, che mal può calcolarsi a qual proporzione giungano i duplicati, [p. 19 modifica]che sono certamente in gran numero. Questa cosa fu fatta intorno al 1852, quando il Cav. Giuseppe Molini fece il riscontro generale della biblioteca e preparò l’attuale catalogo; ed in tale occasione furono segnati quei libri con un bollo particolare, affinchè constasse ch’erano legalmente posti in commercio: ritraendosi dalla vendita una somma non indifferente, che fu volta a profitto della libreria, oltre il vantaggio che ne risentì dai baratti concordati colla Palatina e con altre biblioteche. Lo stesso sarebbe desiderabile di poter fare al presente, ma a tale operazione non è possibile di devenire finacchè non si accozzino insieme tutte le schede per compilare un solo catalogo.

I manoscritti pure hanno per la più gran parte i loro cataloghi; ma non debbo nascondere che in tal proposito resta non poco da farsi, non per mancanza invero di buona volontà, ma per le stesse ragioni sopra accennate. Il catalogo generale dei magliabechiani contenuto in undici volumi, comprende tutti i manoscritti, distribuiti in 40 classi secondo [p. 20 modifica] il sistema in cui fu ripartita la biblioteca tutta, all’epoca della sua apertura da Antonio Cocchi, a cui fu dato l'incarico di soprintendervi1; ed agli undici volumi fanno corredo altri tre, nei quali sono alfabeticamente disposti i nomi degli autori o i titoli dei manoscritti, se anonimi, col rinvio alla classe respettiva.

In due volumi, ripartiti anch’essi in quaranta classi, sta il catalogo de’mss. Strozziani e di quelli venuti per più recente acquisto; in un volume sta l’altro dei codici passati alla Magliabechiana dalle librerie dei conventi soppressi all’epoca Napoleonica.

Il bibliotecario Vincenzo Follini pensò che fosse util cosa al pubblico servizio, l’avere un catalogo a schede che tutti comprendesse i manoscritti dalla biblioteca; e iniziatolo per quelli di nuova provenienza, lo andò a grado a grado estendendo ai più antichi. Ma solo al lavoro, non potè fargli percorrere gran [p. 21 modifica] cammino, ed i suoi successori, trattenuti dalle maggiori cure che da quel tempo in poi tengono occupato il bibliotecario, non hanno potuto continuarlo, e si sono limitati a proseguirlo per i manoscritti di nuovo acquisto.

Per la Palatina vi ha un indice sommario, rapidamente e per urgenza compilato dopoché quella biblioteca fu unita alla nostra, ed a cui non oserei di dare il nome di catalogo: e vi si comprendono ancora i codici e i manoscritti acquistati dai granduchi per impinguare la loro collezione, e così di ben 3mila volumi. Ma al difetto del catalogo, a cui sarà riparato non appena lo si possa, supplisce, in piccola parte invero, una dotta illustrazione di 451 codici spettanti alle classi Religione e Letteratura, che il Cav. Francesco Palermo, già benemerito bibliotecario della medesima, ha pubblicato in tre grossi volumi in quarto. Proveniente pure dalla Palatina è il catalogo analitico di oltre 300 codici incirca che formano la preziosa collezione degli autografi del Galileo e degli scienziati della sua scuola; manoscritti che Leopoldo II comperò [p. 22 modifica] per la più gran parte dagli eredi del senatore Giovambattista Nelli nel 1828.

Dei manoscritti che contiene la Nazionale può dirsi che la maggior parte è di gran pregio; e basterà accennare che alla raccolta Dantesca debbono riferirsi non meno di 100 codici, contenenti le opere del divino poeta ed i commenti ad esse; oltracchè vanno rammentati autografi o copie sincrone dei nostri più antichi classici, cominciando da Brunetto Latini, Guido Cavalcanti, Marco Polo, Ricordano Malispini, Petrarca, Boccaccio e i Villani, venendo poi ai nostri più famosi storici dei secoli XV e XVI (tra i quali vanno numerati molti autografi del Machiavelli e diversi storici inediti) per finire cogli autografi del Galilei e dei suoi più illustri scolari.

E passando ai particolari, rammenteremo il codice già palatino membranaceo della Divina Commedia, un dì appartenuto al Poggiali, il più antico che si conosca, comecché possa riportarsi al 1329 , cioè a soli otto anni dopo la morte di Dante. Altri assai ve ne ha contenenti lo stesso poema: ma lasciando senza [p. 23 modifica] menzione la maggior parte di essi, non posso tacere del bell’esemplare membranaceo, ricchissimo di minii, in cui il testo è accompagnato dal commento di Francesco da Buti, scritto da un Giovanni di Nicolao nel 1400; nè dell’altro, pur membranaceo e veramente magnifico per la bellezza delle pergamene e la vaghezza delle miniature, che Cristoforo degli Almerighi da Pesaro, essendo potestà di Firenze, fece fare per Marina sua moglie nel 1457. E abbenchè sia stampato su cartapecora nel 1481, credo di dovere annoverare fra i codici la Divina Commedia col commento di Cristoforo Landini, perchè è appunto l’esemplare che il commentatore presentò alla Signoria di Firenze; ed è abbellito da una elegante miniatura che tutto comprende il frontespizio, e sulla coperta porta dieci nielli, opera forse del Pollaiolo.

Preziosa per belle pergamene, per nitidezza di scrittura e per le miniature, attribuite dagl’intelligenti ai fiorentini Monte e Gherardo, è la cosmografia di Tolomeo; e per li stessi pregi è notevole un poema in terza [p. 24 modifica] rima di frate Tommaso Sardi domenicano, intitolato l’Anima peregrina dedicato a Piero Soderini gonfaloniere perpetuo della repubblica. L’opera chemica di Raimondo Lullo è anch’esso un codice molto prezioso non solo per la bella lettera tonda con cui è scritto, ma più ancora per le molte miniature delle quali l'ornò Girolamo da Cremona, sì che meritarono di essere illustrate dalla dotta penna dei fratelli Milanesi nell’appendice al volume VI delle Vite dei pittori scritte da Giorgio Vasari ed edite dal Le Monnier; siccome illustrarono ancora i tre grossi volumi in quarto, nei quali sopra finissima cartapecora la Signoria di Firenze fece copiare il famoso codice Laurenziano delle Pandette, intorno al 1516, arricchiti essi pure da elegantissimi minii condotti da Giovanni di Giuliano Boccardi, detto il Boccardino vecchio. Sono circa a 300 i codici miniati; e non essendo del mio scopo di dare il loro catalogo, mi limito ad esporre che non meno di diciassette sono gli Uffizi della beata Vergine, tre dei quali miniati dal Torelli, altro da [p. 25 modifica] Gherardo, ed uno in 4to, composto di quattro volumi, ricco di miniature di una finitezza inarrivabile, eseguito in Germania per Anna Luisa de’ Medici elettrice palatina nei primi anni del secolo XVIII; e che non meno deve tenersi in pregio una raccolta di rime antiche del secolo XIII con miniature coeve.

Due breviarii appartenuti a frate Girolamo Savonarola e postillati da lui, un codicetto scritto di sua mano e contenente opere ascetiche; l’autografo del trattato sull’arte della guerra di Niccolò Machiavelli e preziosi frammenti della sua Storia; alcune rime autografe di Torquato Tasso; una raccolta di poesie lette in privata accademia, trascritte di mano di Vittorio Alfieri; gli autografi di Giacomo Leopardi; lo zibaldone artistico di Lorenzo Ghiberti con molti disegni e figure; gli autografi di Galileo Galilei, di Vincenzio Viviani, di Benedetto Castelli, di Bonaventura Cavalieri, di Evangelista Torricelli, di Famiano Michelini e degli altri più famosi tra i suoi scolari; quelli degli accademici Lincei, e gli atti dell’Accademia [p. 26 modifica] del Cimento, che nel loro insieme abbracciano 333 volumi, paionmi di per sè bastanti a costituire una collezione tale di manoscritti, di cui ben poche biblioteche in Europa possono vantare altrettanto.

E per finirla coi manoscritti, dirò come ve ne ha oltre a 100 di greci, altrettanti nelle lingue araba e ebraica, 4500 latini; che oltre a 10mila ammontano le lettere scritte di proprio pugno o firmate da uomini illustri. Speciale poi a Firenze è la collezione dei codici musicati; ed è doveroso che sia così, perchè tra noi risorse quell’arte. Ravvivata da Guido Aretino che la ridusse a scienza ed inventò le note musicali, dal secolo XI fino ai tempi di Vincenzo Galilei, padre del gran Galileo, immenso è il numero dei maestri pratici e dei compositori; fra i quali andarono famosi fra i nostri, Giovanni da Cascia detto ancor da Firenze, Ser Gherardello, un Lorenzo, Donato monaco benedettino, Paolo abate, Francesco Landini detto il Cieco, maestro Andrea e Giovanni organisti, Antonio Squarcialupi. Dopo i tempi del Galilei, van [p. 27 modifica] rammentati, Girolamo Mei, Giovambattista Doni, Iacopo Peri l'inventore del dramma in musica: quindi è facile immaginare che non debbano mancare nella biblioteca codici e libri a stampa relativi a quella scienza; e noterò fra i manoscritti un codicetto di laudi spirituali musicate da diversi nel secolo XIV, altro di ballate, canzoni e canti carnascialeschi del secolo XV, un terzo che si estende a gran parte del secolo successivo, e nove volumi infine di scritture autografe sulla musica e di composizioni di Vincenzo Galilei.

Per rarità di libri e di edizioni va pure famosa la biblioteca nostra, ed a nessun’altra seconda. Le edizioni anteriori al secolo XVI sono in numero di circa 3,360, ed il Fossi ne ha pubblicato per le stampe un catalogo illustrativo in due volumi in folio: ma siccome il dotto bibliotecario pubblicò il suo lavoro assai tempo prima che alla Magliabechiana fosse riunita la Palatina, stimo non inutile di accennare alcuna di tali rarità.

Della Divina Commedia, stampata dal Neumeister nel 1472, esistono due esemplari, [p. 28 modifica] e vi è pure la edizione fatta da Lodovico e Aderto piemontesi in Milano nel 1478, detta la Nidobeatina: e questa ha il pregio di avere appartenuto a Lodovico Ariosto, il quale l’ha arricchita di postille, degli argomenti a ogni canto, e vi ha lasciata la sua firma a carte 48. Del Decamerone di Giovanni Boccaccio possediamo la rarissima edizione senza data, appellata Deo gratias, del Petrarca il volume stampato da Vendelino da Spira nel 1470. I Commentarli su Virgilio di Servio, editi da Bernardo Cennini nel 1472, il Terenzio pubblicato nell’anno stesso, lo Svetonio stampato in Roma nel 1470, li Scriptores veteres historiae augustae, dati in luce a Milano coi tipi di Filippo da Lavagna nel 1475, sono libri tutti stati in proprietà di messer Agnolo Poliziano e resi più preziosi dalle innumerevoli postille che vi lasciò di sua mano. Non manca il Lattanzio di Roma del 1470; non gli altri libri impressi nelle case dei Massimi; non la rarissima Bibbia ebraica del 1488; non quella di Fust e Schoeffer de Gernsenheym, edita in Magonza nel 1462; non il Missale che stampò [p. 29 modifica] in Roma Giovanni d'Ingolstadt nel 1475; non la geografia di Tolomeo, edizione veneta del 1486; non le Quaestiones Tusculanae del Jenson del 1472, nè il breviario dello stesso editore del 1478; non il Monte santo di Dio di messer Antonio Bettini da Siena che stampò Niccolò della Magna in Firenze nel 1477; e tutte queste edizioni sono in pergamena, siccome altre ve ne hanno che ascendono ad oltre 200. Il rationale divinorum officiorum di Guglielmo Durand, pure in pergamena, non deve esser dimenticato perchè fu il primo libro stampato con caratteri mobili a Magonza da Giovanni Fust e Pietro Hernszheym nel 1459; nè va lasciato senza menzione l’Omero perchè fu il primo libro edito in lingua greca a Firenze, che devesi alla generosità ed alla dottrina di Bernardo della storica casa dei Nerli. Demetrio Calcondila curò la edizione che fu fatta nel 1488, e molti bibliografi, tra i quali principale il Dibdin, ne rilevarono la importanza. Il nostro esemplare è lo stesso che il Nerli presentò a Piero di Lorenzo il Magnifico, siccome ben lo fanno [p. 30 modifica] conoscere e le armi Medicee delle quali va ornato, e le eleganti iniziali miniate.

Venendo ai tempi posteriori conviene rammentare la collezione degli Elzeviri che è quasi completa in esemplari magnifici; assai ricca è quella degli Aldi; piena la serie dei testi di lingua appartenuta a Gaetano Poggiali di Livorno, della quale esiste il catalogo a stampa fatto dallo stesso Poggiali.

Copiosissima è la raccolta delle tragedie, drammi e commedie dei secoli XVI e seguenti, e consta di 195 volumi senza contare le moltissime che formano volume da sè; e le fanno nobil corredo moltissimi volumi ed opuscoli contenenti sacre rappresentazioni, frottole, istorie e canzoni appartenenti ai secoli XV e XVI: siccome è preziosa la collezione delle Disputationes medicete inaugurales che si compone di 106 volumi, in cui si trovano le dissertazioni disposte per luogo di stampa o per ordine alfabetico secondo il nome dell’autore.

Non finirei certamente sì presto la enumerazione delle rarità che formano il decoro della nostra biblioteca se tutte volessi esporle; [p. 31 modifica] laonde mi limito a dire che oltre una numerosa collezione di portulani e di carte geografiche che rimonta al secolo XVI, oltre una ricchissima collezione di stampe, comprendenti, colle incisioni di Andrea Mantegna e di Alberto Duro, una serie infinita di ritratti, costumi, feste, processioni e apparati: vi ha tutto quanto di raro e di prezioso è stato pubblicato in questo secolo in fatto di scienze, di arti e di archeologia, specialmente le opere tutte di molto costo; essendo persuaso il Principe (ed è dovere di rammentarlo con lode) che in una biblioteca qual’era la sua dovesse figurare principalmente quel che non poteva comprare un privato.

E dirò, concludendo intorno a questa materia, che circa a 20mila ascendono i libri rari, ed a 15mila gli opuscoli di molta rarità e di gran pregio: fra i quali merita distinta menzione la collezione di opuscoli riflettenti l’archeologia, la storia e la filologia messa insieme dal Millinger, e che si compone di 5mila libretti.


[p. 32 modifica]La biblioteca Nazionale sta aperta tutti i giorni dell’anno, tranne i festivi d’intiero precetto, il giovedì grasso e gli ultimi due giorni del carnevale, il giovedì ed il venerdì santo, il dì 14 marzo ed il dì 28 di luglio, natalizio ed onomastico del nostro Re. L’orario è dalle 9 alle 5 pomeridiane dall’aprile a tutto il settembre, negli altri mesi si chiude alle ore 4. A chiunque è lecito di accedere alla biblioteca, ed i libri si concedono senza limitazione di numero, previa domanda in scritto sopra una scheda stampata che deve essere sottoscritta dal richiedente. Se questi poi avesse bisogno di consultare i cataloghi gli è lecito di farlo sotto la sorveglianza del capo distributore, il quale è tenuto ad assisterlo nelle sue ricerche. Scritta la scheda, il richiedente la consegna ad uno dei distributori; il quale, cercati e consegnati i libri domandati, la passa all’impiegato che ha l’incarico di sorvegliare la sala di lettura; e da questo viene trascritta in apposito registro, conservata, e restituita poi allo studioso quando riconsegna il libro a cui appella. [p. 33 modifica]

Unica limitazione alla pubblica lettura è quella dei giornali politici e delle opere in corso di pubblicazione, che non si danno finacchè non siano in volumi legate, siccome ancora si ricusano ai giovanetti i libri frivoli e dannosi alla morale.

Lo studio dei manoscritti, dei libri rari, delle opere illustrate e delle stampe si fa ad una tavola separata posta sotto la immediata sorveglianza dell’assistente; il quale deve registrarli in un libro speciale a ciò destinato.

I professori delle università e degl’istituti superiori, i membri delle due Camere legislative, hanno diritto di avere i libri a domicilio, a tenore del R. decreto del dì 26 novembre 1869. La consegna delle opere richieste si fa ad essi mediante ricevuta, che si nota su apposito registro: ma sono eccettuati dal prestito i manoscritti, le edizioni rare, quelle cioè anteriori alla metà del secolo XVI, e i volumi che fanno parte di una collezione; per le quali cose tutte è necessario il beneplacito ministeriale. Nè si danno pure quei libri che, servendo di riscontro o di [p. 34 modifica] testo, sono più frequentemente richiesti dagli studiosi. È poi reciproco l’uso di prestarsi i libri fra le biblioteche della città per comodo degli studiosi che ne facciano richiesta, in specie per confronti o studii sui manoscritti: anzi durante le ferie autunnali, mentre la sola Nazionale sta aperta, è costume, in specie della Laurenziana, di depositare nelle mani del bibliotecario della nostra quei codici dei quali sia stato cominciato e si voglia proseguire lo studio.

La sala di lettura è sorvegliata continuamente da due uscieri; ed è sottoposta a varie discipline che meglio potranno vedersi nel regolamento che qui si unisce2; notando che non vi sono leggi speciali in proposito, ma che tutto è rimesso alla discrezione del suo bibliotecario. Il numero dei lettori in media, prendendo a base la statistica del 1871, è di 187 al giorno all’incirca, essendosi il numero totale elevato in quell’anno a 54,758, cifra [p. 35 modifica] che press’a poco mantiensi ancora per l’anno che corre: che se nell’anno antecedente si elevò a 197, deve in gran parte riferirsi all’essere tuttora in quell’anno la nostra città la capitale del Regno. La cifra è rilevante assai quando si ponga mente che la nostra biblioteca non è dipendente da veruna università o altro istituto scientifico o letterario, dove le stesse persone sono costrette ad accorrere più volte al giorno, in specie negl’intervalli tra l’una lezione e l’altra, figurando perciò più volte sopra i registri: ed infatti non è superata che dalla Nazionale di Napoli, città la di cui popolazione ascende a mezzo milione, e dalle universitarie di quella città e di Torino.

La statistica delle opere studiate nel decorso dello stesso 1871, dà 460 per le scienze sacre, 2955 per le scienze naturali, 1375 per le matematiche, 532 per la medicina, 2495 pertinenti a giurisprudenza e legislazione, 1086 ad economia, statistica ed amministrazione, 17,409 concernenti la storia e la biografia, 1109 la filosofia e le scienze sociali, 1854 di geografia e di viaggi, 193 di tecnologia, [p. 36 modifica] 1434 relative alle arti belle, 14,622 alla letteratura e filologia, 342 alla istruzione pubblica, 7154 alla poligrafia, 1211 di romanzi e novelle, 611 di effemeridi.

Ha la biblioteca una vasta sala di lettura che misura metri 10½ in altezza, 29 in lunghezza e 14 in larghezza; la quale contiene in sè intorno a 27mila volumi. Le fanno corredo a destra due sale, una delle quali assai vasta, e l’altra più piccola, in cui si conserva la più gran parte dei manoscritti; dei quali i rimanenti stanno in una delle quattro stanze che fiancheggiano la sala dall’altro lato, mentre nelle altre stanno le edizioni rare, la libreria religiosa del conte Guicciardini e la residenza del bibliotecario. In tutto questo locale, che è quello dell’antica Magliabechiana, i libri stanno depositati in armadj più o meno ornati, e chiusi a chiave con sportelli muniti di rete ferrea o di cristalli. Il restante della libreria si compone di 57 stanze, repartite in quattro piani; quattro delle quali a terreno che misurano in altezza metri 6½, in lunghezza 30 e in larghezza 7½, sono destinate a contenere la libreria Palatina. [p. 37 modifica]L’assegno annuo stabilito dal Parlamento alla nostra Nazionale nel bilancio della Istruzione pubblica è di L. 16,306,67; nel quale sono comprese tutte le spese indispensabili al buon andamento di qualsivoglia dicastero, e le altre che sono relative all’acquisto dei libri non stampati in Italia, dei periodici più pregiati dei paesi stranieri, ed alla legatura tanto dei codici, come dei libri e dei giornali.

I bisogni della nostra biblioteca sono fatti ancora maggiori dalla insufficienza assoluta del personale.

Dividesi questo in tre classi: cioè Direzione, Distribuzione e Servizio. Il prefetto o bibliotecario, come voglia chiamarsi, rappresenta la biblioteca, ne ordina e dirige i lavori, sta in giorno delle opere più importanti che si pubblicano in Italia e all’estero, e secondo i mezzi di cui può disporre ne fa la scelta e l’acquisto. Sta in continuo rapporto coi dotti nazionali e stranieri che frequentano la biblioteca, tiene il carteggio officiale col Ministero della pubblica istruzione e cogli altri [p. 38 modifica] quando lo richieda il servizio, ha corrispondenza pure colle altre amministrazioni dello stato, con i corpi scientifici e con i dotti d’ogni nazione che di frequente si rivolgono alla biblioteca, ed infine si occupa dell’amministrazione. Il suo stipendio è di lire 4000.

Le attribuzioni degli altri impiegati non sono determinate per legge, ma dipendono onninamente dalle disposizioni del superiore. Perciò nello stato attuale, il sottobibliotecario, oltre la supplenza del prefetto assente o impedito, invigila più direttamente alla esecuzione dei lavori ordinati, e attende principalmente, come suo lavoro speciale, a mettere insieme il tanto necessario catalogo a materie, ha la cura di preparare i libri per la legatura e ne sorveglia l’operazione. Ha di stipendio lire 2400.

Il numero grande dei manoscritti che possiede questa biblioteca ha resa indispensabile la nomina d’un paleografo ed erudito, che riunisca nel tempo istesso la cognizione di varie lingue; ed a costui è affidata la conservazione ed illustrazione dei codici e [p. 39 modifica] l’assistenza agli studiosi nelle loro ricerche. È retribuito con annue lire 1800.

Altro assistente, che dev’essere versatissimo nella bibliografia, soprintende alla compilazione dei cataloghi, conferisce con il bibliotecario per l’acquisto dei libri e tiene le opportune relazioni con i librai; registra le compere nel libro di amministrazione, scheda i volumi se di lingue straniere. Ma difficilmente supplisce a tanti incarichi, e meglio direi che nol può, perchè pesa pure sopra di lui la consegna, registrazione e ritiro dei libri che si prestano a domicilio, e il continuo contatto cogli studiosi che, in mancanza di cataloghi a materie, ricorrono al suo consiglio ed aiuto. La sua paga è di lire 1700.

Un terzo assistente ha la direzione importantissima della sala di lettura, ed invigila perchè siano scrupolosamente osservate le discipline in vigore, registrando tutti i libri che si studiano in biblioteca; ed è facile il capire che questo incarica gli assorbe la intiera giornata. Ha lire 1550 annue di stipendio. [p. 40 modifica]Vi sono poi due aiuti, il primo dei quali, rimunerato con lire 1400, è incaricato di schedare i libri che vengono alla libreria, e delle altri speciali incombenze che gli vengono affidate dal superiore.

L’altro aiuto, a cui si danno annue lire 1200, ha la registrazione di tutti i libri che vengono alla libreria per dono, ossivvero per effetto del decreto del dì 30 giugno 1870; tiene la corrispondenza coi procuratori del Re, i quali sono tenuti a mandare una o due volte al mese tutte le pubblicazioni di qualsivoglia genere che si fanno nei loro distretti; e di più ha a suo carico la statistica per materie delle letture che vengono fatte giorno per giorno in biblioteca.

Un volontario ha l’incarico di aiutarlo nel suo lavoro, ed a lui incombe più specialmente di raccogliere, classare e registrare i periodici sì nostrali che stranieri che in numero enorme giungono giornalmente in biblioteca, ed ancora il riscontro e la registrazione delle opere in corso di stampa che si pubblicano in più volumi o fascicoli. [p. 41 modifica]Il copista trascrive sul gran catalogo tutte le schede dei libri stampati che gli vengono consegnate; incombe pure ad altri ufficj straordinari che gli vengono dal bibliotecario affidati. Il suo stipendio è di lire 1600.

Un capo distributore attende alla conservazione dei cataloghi, aiuta li studiosi nelle loro ricerche, invigila perchè il servizio di distribuzione sia fatto regolarmente e con piena soddisfazione dei ricorrenti: ed ha sotto di sè altri sei distributori distinti in tre classi ricompensati con lire 1300, 1200 e 1000; i quali portano nella sala di lettura e consegnano al richiedente le opere desiderate, dando la relativa scheda di domanda all’ispettore della sala, e le ricollocano poi nelle respettive stanze quando sono restituite.

Tre sono gl'inservienti, con stipendio di lire 850 per i primi due e di 800 per il terzo; ad essi affidata è la pulizia di tutte le stanze e della suppellettile letteraria, la sorveglianza alla sala di lettura ed il servizio del bibliotecario.

Questa modesta esposizione presenta lo stato esatto in cui la biblioteca nazionale di

Note

  1. Vedasi per questa ripartizione l’allegato A.
  2. Ved. Allegato B.


Allegati