Chi l'ha detto?/Parte prima/58

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Parte prima - § 58. Preti, sacerdoti, chiesa

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§ 58.



Preti, sacerdoti, chiesa





Il domma dell’unità della chiesa cattolica trae suo fondamento da un versetto del Vangelo, che suona:

1293.   Fiet unum ovile, et unus pastor.1

(Evang. di S. Giov., cap. X, v. 16).

È pure della Bibbia quest’altra sentenza che ammonisce i sacerdoti a educare il gregge loro non soltanto con la parola, ma [p. 438 modifica]anche con l’esempio, poichè i fedeli si modellano a similitudine del loro pastore:

1294.   Sicut populus, sic sacerdos.2

(Libro di Osea, cap. IV. vers. 9 ).
dice la Bibbia, benchè in senso diverso, e noi lo ripetiamo, come si capisce, anche in senso traslato.

Non intendo di offendere le convinzioni religiose dei miei lettori accogliendo in soverchio numero citazioni irreligiose o antisacerdotali. Qualcuna delle più note tuttavia non può essere omessa: tali sarebbero questi due versi che voglionsi, credo con poco fondamento, detti da S. Brigida nel secolo xiv e per i quali si vedano nell’opera più volte citata del compianto Besso, morto nell’ ottobre scorso (1920) (Roma e il Papa nei proverbi e nei modi di dire, nuova ediz., Roma 1904, a pag. 103 e segg.) i numerosi raffronti nella letteratura proverbiale di tutte le lingue :

1295.   Curia romana non petit ovem sine lana:
Dantes exaudit, non dantibus ostia claudit.3

ovvero la terribile invettiva di Saul contro Achimelec:

1296.   Sacerdoti crudeli, empj, assetati
Di sangue sempre.

(V. Alfieri. Saul, tragedia, a. IV. sc. 4.).

Chi ha letto il famoso Inno a Satana che il nostro più grande poeta contemporaneo Giosuè Carducci, pubblicò sotto lo pseudonimo di Enotrio Romano, e al quale forse egli deve parte della sua popolarità, benchè appresso abbia scritte molte cose di gran lunga migliori, non avrà dimenticato la strofa :

1297.   Via l’aspersorio,
     prete, e il tuo metro!
     no, prete: Satana
     non torna indietro!

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Vuolsi che fosse intercalare comune a Leone X. specialmente parlando col fratello Giuliano, di dire:

1298.   Godiamoci il papato, poiché Dio ce l’ha dato.

Vedasi nelle Relazioni degli ambasc. veneti, pubbl. da E. Albèri (Firenze, 1846), ser. II, vol. III, a pag. 51, la relazione di Marino Giorgi. Anche di Martino IV, che fu papa dal 1281 al 1285, e di cui Dante (Purg., XXIV. v. 23-24) dice che nel Purgatorio:

                                        ....purga per digiuno
          L’anguille di Bolsena e la vernaccia.

narra Jacopo della Lana, commentando i predetti versi: «Fu molto vizioso della gola, e fra l’altre ghiottonie nel mangiare ch’elli usava, facea tôrre l’anguille del lago Bolsena, e quelle facea annegare e morire nel vino della vernaccia, poi fatte arrosto le mangiava; ed era tanto sollecito a quel boccone, che continuo ne volea, e faceale curare e annegare nella sua camera. E circa lo fatto del ventre non ebbe nè uso nè misura alcuna, e quando elli era bene incerato dicea:

1299.   O sanctus Deus, quanta mala patimur pro Ecclesia sancta Dei.»4

Le quali parole sono diventate presso che proverbiali, poichè il commento Laneo è forse il più noto dei commenti danteschi, essendo a stampa sin dal secolo xv.

Sentenze popolari e notissime intorno al Sommo Pontefice e ai suoi attributi, non mancano; eccone alcune:

1300.   Tu es Petrus, et super hanc petram ædificabo Ecclesiam meam et portæ inferi non prævalebunt ad versus eam.5

(Evang. di S. Matteo, cap. XVI, v.18).
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È noto che Pietro, capo degli apostoli, si chiamava originariamente Simone e che fu Cristo stesso che gli cambiò il nome in quello di Pietro in greco o Kefa in aramaico; e poichè anche questa voce significa Pietro e pietra, così il bisticcio non è soltanto del testo greco, ma dell’antico originale aramaico dei Vangeli.

1301.   Ubi Petrus, ibi Ecclesia.6

detto da S. Ambrogio arciv. di Milano, nella Expositio in Ps. XL, § 30 (nella edizione Maurina delle Opere, tom. I, Paris., 1686, col. 879; nella letteratura popolare trova raffronto al proverbio Ubi papa, ibi Roma, sul quale si veda il ricordato libro del Besso, Roma e il Papa nei proverbi e nei modi di dire, nuova ediz., Roma, 1904, a pag. 168); e

1302.   Papa potest extra jus, super jus et contra jus.7

che vien detto trovarsi nel trattato del card. Roberto Bellarmino, De summo pontefice; ma io non ce l’ho trovato, nè credo che ci sia: e ritengo che si tratti di una attribuzione maliziosa.

Per la singolarità sua voglio registrare anche la bizzarra applicazione che di una frase biblica:

1303.   Non vos elegistis me, sed ego elegi vos.8

(Evang. di S. Giovanni, cap. XV. v. 16).).


sarebbe stata fatta da Urbano VIII (Maffeo Barberini) il quale dopo la morte dell’ultimo dei cardinali creati dal suo predecessore, avrebbe fatto coniare una medaglia con questo motto in memoria del caso, abbastanza raro nella storia del papato, e che non si ripetè neppure per il longevo Leone XIII il quale morì mentre ancora viveva l’ultimo dei cardinali nominati da Pio IX. il camarlengo Oreglia. Effettivamente Urbano VIII in nove promozioni creò 74 cardinali, oltre 4 che non pubblicò siccome riservati in petto e avrebbe avuto il vanto di averne creati più di [p. 441 modifica] tutti se non l’avesse superato Pio VII creandone 98, oltre 10 riservati. Ma la faccenda della medaglia pare che sia leggendaria. Non se ne trova ricordo in nessuno dei biografi del pontefice e nemmeno in nessuno dei libri che parlano delle medaglie pontificie, come il Bonanni, il Venuti, ecc., e i conservatori delle raccolte Vaticane da me interrogati mi hanno assolutamente escluso la esistenza di una medaglia simile nè per Urbano VIII nè per altri papi prima e dopo di lui. Ma per Urbano corre un’altra leggenda, cioè che nel fine della vita di lui «un suo Famigliare barbugliando con voce dimessa e bassa, avesse fra’ denti detto, non videbis dies Petri, che vogliono intendere non potere oltrepassare i 25 anni e che replicasse ad alta voce Urbano, che come presso a morire aveva fatto l’udito acutissimo, non est de fide» (Lod. Agnello Anastasio, Storia degli Antipapi, to. II, pag. 264, Napoli 1754): e la stessa risposta si dice che desse Pio IX all’ab. Salustri il quale si mostrava con lui turbato di questa credenza, la quale più correntemente si esprime nella forma:

1304.   Non videbis annos Petri.9

Ma Pio IX la smentì oltre che con le parole anche con i fatti, poichè sedè sulla cattedra di Pietro anni 31, mesi 7, giorni 22; onde alla sua morte fu detto di lui

Unus, qui in Romana sede annos Petri superavit


e lo stesso seguì per il successore, Leone XIII, che pontificò anni 25 e mesi 5. È vero che se ai 25 anni del pontificato di S. Pietro in Roma si aggiungono i sette della cattedra di Antiochia, il pontificato di lui resta ancor insuperato, ma la tradizione antichissima s’intende solo dei 25 anni romani. L’unico che prima di Pio IX avesse superato questo termine, era Benedetto XIII. uno dei papi avignonesi, che però è ritenuto papa spurio o antipapa, e quindi scrivendo di lui S. Antonino (Chron., p. III. tit. 22) disse: «Transivit annos Petri ad cumulum suæ damnationis; nec mirum, quia non in sede Petri». La credenza come si vede era diffusissima e si aggiungeva essere uso che il vaticinio [p. 442 modifica] fosse rammentato alla coronazione di ogni nuovo papa, ma lo smentisce Daniele Papebrochio nel Conatus chronico-historicus ad catalog. Romanorum pontificum negli Acta SS., Maii vol. VIII, p. 14. Si veda pure Besso, Roma e il Papa nei proverbi e nei modi di dire, nuova ediz., pag. 200. Non conosco frasi benevole verso i frati che abbiano avuto la virtù di passare in tradizione: le poche che ricordo (e le pochissime che citerò) sono tutte ostili. La frase:

1305.   Quand vous semez du Jésuite, vous récoltez du révolté.10

fu detta dal principe Girolamo Napoleone alla Camera dei Deputati a Versailles il 24 novembre 1876. Vedi il Journal officiel de la République française, 25 novembre 1876.

Dopo la soppressione degli ordini religiosi divennero di attualità i due versi faceti:

1306.   Poveri frati! avvezzi a nun fa’ niente,
Chi sa quanti ne stianta dar dolore.

tratti da uno dei sonetti in dialetto pisano di Neri Tanfucio (Renato Fucini) intitolato La soppressione de’ onventi (son. LXVII). Come anche molto tempo avanti si ricordavano piacevolmente quelli del favoleggiatore toscano:

1307.                                 ....Fra Pasquale,
Che nella cella tacito dimora,
Ch’ha una pancia sì grossa e sì badiale,
Che mangia tanto e predica il digiuno,
Che chiede sempre, e nulla dà a nessuno.

(Lor. Pignotti, Il topo romito, favola).


Chiudo finalmente con un epigramma di Vittorio Alfieri, che riassume i sentimenti di lui verso tutto il mondo clericale, frati, preti, cardinali, pontefici: [p. 443 modifica]

1308.             Sia pace ai frati
               Purchè sfratati:
          E pace ai preti
               Ma pochi e quieti:
          Cardinalume
               Non tolga lume:
          Il maggior prete
               Torni alla rete:
          Leggi o non re,
               L’ Italia c’è.

  1. 1293.   Vi sia un solo ovile e un solo pastore.
  2. 1294.   Come il popolo, così è il sacerdote.
  3. 1295.   La curia romana non vuole pecorelle senza lana; ascolta chi dà, a chi non dà serra la porta in faccia
  4. 1299.   O santo Dio, quanti mali soffriamo per la santa Chiesa di Dio!
  5. 1300.   Tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non avran forza contro di lei.
  6. 1301.   Dove è Pietro, ivi è la Chiesa.
  7. 1302.   Il Papa può al di là del diritto, sopra il diritto e contro il diritto.
  8. 1303.   Non voi eleggeste me, ma io elessi voi.
  9. 1304.   Non toccherai gli anni di S. Pietro.
  10. 1305.   Se seminerete dei gesuiti, raccoglierete dei ribelli.