Del concetto morale e civile di Alessandro Manzoni/Discorso/I

Da Wikisource.
Discorso - I

../../Discorso ../II IncludiIntestazione 15 novembre 2021 75% Da definire

Discorso Discorso - II
[p. 93 modifica]
Manca all'Italia la fede; non
la fede nella libertà, nell'egua-
glianza, nell'amore, ma la fede
nella possibile realizzazione di
quelle idee, la fede in Dio pro-
tettore del diritto violato.
Mazzini, Lettera al Lamennate.

Manzoni è un'affetto per noi,
e il suo nome si confonde con
quanto di bello e di grande san-
tifica in Italia la giovane scuola.
Mazzini, Del Dramma Storico.

Signori

I.


Non volge ancora un anno, e dall'un capo all'altro della nostra penisola si diffuse la novella della morte di Alessandro Manzoni. Non ebbevi italiano che non nè risentisse profonda commozione: scomparve ogni divisione di parti, e, tranne gli eccessivi cui non toccano la fortuna ed il dolore d’Italia, tutti si dierono con ogni [p. 94 modifica]potere ad onorarne la memoria; ed ogni maniera di rappresentanze di Municipii, di Istituti, di Governo, ogni ordine di cittadini convennero a Milano, perchè le solenni esequie dell’autore del Cinque Maggio, e dei Promessi Sposi si elevassero a dignità di dimostrazione nazionale e di civile apoteosi, a rendere le quali più significative i nostri magnanimi principi, che tanto lo amarono e lo onorarono in vita, non mancarono di accompagnarlo alla estrema dimora. Fu uno spettacolo solenne, testimonianza non dubbia che in certi supremi momenti la coscienza nazionale si manifesta in tutta la sua energia, e che le differenze che ci dividono non si riferiscono alla essenza del pensiero italico, che è uno, come quelle che non vanno più oltre degli accidenti, e sono transitorie ed effimere. Un’altra vita illustre si spense, iniziato il risorgimento italico, e solo la commozione universale che scosse le nostre fibre al triste nunzio della morte di Camillo di Cavour può pareggiarsi a quello che accadde al disparire dal mondo [p. 95 modifica]di Alessandro Manzoni. Unanime fu il cordoglio, come ora, ed anche coloro che furono oppositori in vita del grande uomo di Stato, si associarono all'universale compianto, e deplorarono quella vita tutta attività e pensiero, scesa innanzi tempo nell'avello, e prima che fossero spezzate le catene che avvincevano Venezia al giogo straniero e che il vessillo tricolore sventolasse dall'alto del Campidoglio. Però chi si fa a considerare che la unità della patria e la indipendenza, le istituzioni civili e politiche che ci reggono, e ci sospingono a ripigliare il posto che nel consorzio delle nazioni ci si addice, sono in gran parte opera dell'immortale statista, che, primo pose nel consiglio dei diplomatici una questione italica, e ne apparecchiò con prudente audacia la soluzione, che insomma Camillo di Cavour prese gran parte nelle ardenti lotte della vita politica, e che se fu pensatore di gran vaglia, fu anche uomo di azione; non certo stimerà singolari le dimostrazioni unanimi che si fecero alla sua morte, massime che questa ebbe luogo [p. 96 modifica]in una età ancora florida e vigorosa, quando era per raccogliere il frutto del lungo travaglio, ed in tempo in cui l'Italia più che mai richiedeva l'opera ed il consiglio di quella eccelsa mente, di quello spirito imparziale e giusto, così avverso ad ogni partito esclusivo, ad ogni tendenza settaria. Ma che il medesimo sia occorso alla morte di un un uomo giunto agli estremi confini della vita, e che vide passarsi dinanzi tre generazioni, di un uomo datosi esclusivamente alla placida quiete de' solitari studi, inesperto di carceri e di esilii, tollerato anzi dalla vigile e sospettosa polizia austriaca, di un uomo tutto calma e serenità, ed il quale, nei suoi scritti, e nei suoi detti, pur amando ardentemente questa Italia, non ha saputo adoperare una parola di odio contro gli oppressori della sua patria; ciò offre, o signori, serio obbietto di meditazione a chi dagli avvenimenti cerca ascendere alle arcane ragioni che li governano e farsi un concetto adeguato del contenuto della umana coscienza in una data epoca ed in un dato luogo. [p. 97 modifica]Perchè Alessandro Manzoni ha esercitato così decisiva ed efficace influenza in questo secolo di ardite speranze, di sfiducie, di lotte sterili, di desiderii adempiuti? Quale è il concetto di cui si è fatto rappresentante e nel quale convengono tutte le menti, e forma, come dire, il sostrato delle nostra vita morale e civile? Ecco il quesito, o signori, che naturalmente si affaccia al pensiero nel considerar la strana singolarità di questa esistenza, che, senza muovere un dito, senza partecipar punto alla vita pubblica, racoglie a sè gli animi della maggioranza, li adesca, li commuove, li trascina, e del suo nome fa come un simbolo, una credenza, una scuola.

Se si richiedesse di ciò l'egregio prof. Settembrini e' ti risponderebbe che la popolarità del nome, e la reverenza che seppe il Manzoni procacciarsi, si debbe unicamente all'arte di cui fu sommo maestro. Nessuno però si acconcerebbe volentieri a mandar buona al letterato napoletano una tale sentenza: chè l'arte quantunque eserciti non poca influenza sulle umane [p. 98 modifica]sorti, ed ingentilisca i costumi educando negli animi il sentimento del bello, considerata in sè, senza il suo contenuto che è il vero, ed il suo scopo supremo che è il bene, riesce ad un vano gioco; capace, se vuoi, di rendere altrui aperta l'inesauribile fecondità della immaginativa, ma che non ti desta interesse di sorta.

L'arte come arte, che trovi sè in sè, massime in un paese come il nostro, nel quale, come ha ben dimostrato Ruggiero Bonghi,1 la letteratura non è popolare, nè è il cibo della maggioranza, non potrebbe spiegare questo movimento generale del pensiero e dell'affetto verso questo nome che risuona caro e riverito sulle labbra dei dotti non meno che degli umili. Se l'arte manzoniana adunque ha potuto ciò, è chiaro, o signori, che o quell'arte rappresenta il contenuto della coscienza italica, ovvero, che non fu solamente quell'arte, ma qualche cosa di più essenziale che troviamo nel fondo dei cuori, e che nel [p. 99 modifica]Manzoni raggiunse la massima, e la più semplice espressione. Checché sia di ciò, elevandoci al disopra delle misere gare e dei riguardi passionati ed esclusivi, è uopo ricercar nella vita, e nelle opere dell'illustre lombardo questo concetto, questo contenuto, che si riscontra a capello con le nostre aspirazioni e con le nostre tendenze.

Giovanetti, ancora inconsapevoli, ci addimesticammo con affetto profondo al pensiero manzoniano; i suoi libri, specie il divino volume dei Promessi Sposi, occuparono gran parte delle nostre infantili giornate. Venuti su negli anni, e svolta in qualche modo in noi la capacità del riflettere, ciò che innanzi era inconsapevole sentimento, addivenne oggetto di studio e di seria meditazione. Cercammo risalire al concetto dominatore di quella vita, e di quella mente, coglierne a dir così, la fisonomia speciale ed individua. Ed, o Signori, il resultato di questo studio, anzi l'ultimo resultato chè a descriverne l'intimo processo ci verrebbe meno il luogo ed il tempo, verremo in breve modo, esponendovi. [p. 100 modifica]Ci saremo apposti? Di ciò farà stima l'acuto criterio vostro, e quel senno, che pur tenendo nel debito conto i particolari, ama elevarsi alla intuizione degli universali rapporti dell'essere.

Note

  1. Perchè la letteratura italiana non sia popolare in Italia — Lettere critiche di Ruggiero Borghi