Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1824)/Libro primo/Capitolo 23

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Libro primo

Capitolo 23

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CAPITOLO XXIII


Che non si debbe mettere a pericolo tutta la fortuna, e non tutte le forze; e per questo spesso il guardare i passi è dannoso.


Non fu mai giudicato partito savio mettere a pericolo tutta la fortuna tua, e non tutte le forze. Questo si fa in più modi. L’uno è facendo come Tullo e Mezio, quando ei commisero la fortuna tutta della Patria loro, e la virtù di tanti uomini, quanti avea l’uno e l’altro di costoro negli eserciti suoi, alla virtù e fortuna di tre de’ loro cittadini, che veniva ad essere una minima parte delle forze di ciascuno di loro. Nè si avvidero, come per questo partito tutta la fatica che avevano durata i loro antecessori nell’ordinare la Repubblica, [p. 96 modifica]per farla vivere lungamente libera, e per fare i suoi cittadini difensori della loro libertà, era quasi che suta vana, stando nella potenza di sì pochi a perderla. La qual cosa da quelli Re non potè esser peggio considerata. Cadesi ancora in questo inconveniente quasi sempre per coloro, che, venendo il nimico, disegnano di tenere i luoghi difficili, e guardare i passi. Perchè quasi sempre questa deliberazione sarà dannosa, se già in quel luogo difficile comodamente tu non potessi tenere tutte le forze tue. In questo caso, tale partito è da prendere; ma sendo il luogo aspro, e non vi potendo tenere tutte le forze tue, il partito è dannoso. Questo mi fa giudicare così, lo esempio di coloro che essendo assaltati da un nimico potente, ed essendo il paese loro circondato da monti e luoghi alpestri, non hanno mai tentato di combattere il nimico in su’ passi e in su’ monti, ma sono iti ad incontrarlo di là da essi; o quando non hanno voluto far questo, lo hanno aspettato dentro a essi monti, in luoghi benigni e non alpestri. E la cagione ne è suta la preallegata; perchè non si potendo condurre alla guardia de’ luoghi alpestri molti uomini, sì per non vi potere vivere lungo tempo, sì per essere i luoghi stretti e capaci di pochi, non è possibile sostenere un nimico, che venga grosso ad urtarti; ed al nimico è facile il venire grosso; perchè la intenzione sua è passare, e non fermarsi, ed a chi l’aspetta è impossibile aspettarlo grosso, avendo ad alloggiarsi per più [p. 97 modifica]tempo, non sapendo quando il nimico voglia passare, in luoghi com’io ho detto stretti e sterili. Perdendo adunque quel passo che tu ti avevi presupposto tenere, e nel quale i tuoi Popoli e lo esercito tuo confidava, entra il più delle volte ne’ Popoli e nel residuo delle genti tue tanto terrore, che senza potere esperimentare la virtù di essi, rimani perdente, e così vieni ad avere perduta tutta la tua fortuna con parte delle tue forze. Ciascuno sa con quanta difficultà Annibale passasse le Alpi, che dividono la Lombardia dalla Francia, e con quanta difficultà passasse quelle che dividono la Lombardia dalla Toscana; nondimeno i Romani l’aspettarono prima in sul Tesino, e dipoi nel piano di Arezzo; e vollono più tosto che il loro esercito fusse consumato dal nimico ne’ luoghi dove poteva vincere, che condurlo su per l’Alpi ad esser distrutto dalla malignità del sito. E chi leggerà sensatamente tutte le Istorie, troverà pochissimi virtuosi Capitani aver tentato di tenere simili passi, e per le ragioni dette, e perchè e’ non si possono chiudere tutti, sendo i monti come campagna, ed avendo non solamente le vie consuete e frequentate, ma molte altre, le quali se non sono note a’ forestieri, sono note a’ paesani, con l’ajuto de’ quali sempre sarai condotto in qualunque luogo contro alla voglia di chi ti si oppone. Di che se ne può addurre uno freschissimo esempio nel 1515. Quando Francesco Re di Francia disegnava passare in Italia per la ricuperazione dello Stato di Lombardia, il [p. 98 modifica]maggiore fondamento che facevano coloro ch’erano alla sua impresa contrarj, era che gli Svizzeri lo terrebbono ai passi in sui monti. E come per esperienza poi si vide, quel loro fondamento restò vano; perchè lasciato quel Re da parte due o tre luoghi guardati da loro, se ne venne per un’altra via incognita, e fu prima in Italia, e loro appresso, che lo avessero presentito. Talchè loro sbigottiti sì ritirarono in Milano, e tutt’i popoli di Lombardia si aderirono alle Genti francesi, sendo mancati di quella opinione avevano, che i Francesi dovessero essere tenuti in su i monti.