Discorso sul testo della Commedia di Dante/XX

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[p. 152 modifica]XX. Un Inglese, uomo dotto, s’appigliò all’espediente di rifiutare ogni data qualunque proposta sino a’ di nostri: e rifacendosi da una cronologia tutta nuova, pose mano a un nuovo commento della Divina Commedia1. Il primo volume, senza [p. 153 modifica]testo nè traduzione, non passa oltre la dodicesima porzione del Poema, ed è grave di cinquecento e più facciate di chiose. E incominciando dal primo canto, dissente da molte interpretazioni fino ad or prevalenti; ma segnatamente da chiunque presume che Dante s’umiliasse ad adulare Cane della Scala, — perchè il primo canto fu, non foss’altro, abbozzato, se non finito, innanzi l’anno 1301, — e la Cantica dell’Inferno fu finita del tutto, e pubblica prima del 1308, — e Dante non essendosi ricovrato se non dopo quest’anno in Verona, ci nel principio del suo Poema non poteva di certo alludere a Cane2. A raffermare queste sue nuove date il dottissimo Inglese, escludendo, forse a ragione, l’autorità di alcuni scrittori moderni, s’attiene a torto a tutti gli antichi. Ricorre per fatti ed anni a documenti apocrifi, e fin anche a quella lettera apposta a Dante dal Doni3 impostura sfacciatissima di quel prete ribaldo, e oggimai derisa da tutti4. Richiamasi, come ad ingenue testimonianze del vero, a certi motti di Dante narrati da Franco Sacchetti, morto ottanta e più anni dopo il poeta, e che inoltre professava di raccogliere arguzie e novellette da ridere5. Finalmente per andirivieni di lontanissime congetture, assegna epoche ed anni e mesi a molti fatti o confusamente narrati, o con diversa serie di tempi da scrittori diversi, o misteriosamente accennati da Dante, così che il dottissimo Inglese vede nel corso d’un anno il poeta in Venezia, in Ravenna, e in Avignone, e in Parigi, e per avventura in Oxford6. Così a me pare ch’egli guardandosi dai falsi sentieri battuti dagli altri, n’abbia spianato de’ nuovi più tortuosi; e come cavaliere errante, ei si trova nella selva incantata, faccia a faccia co’ suoi rivali, senza veder più lume a duellare. Or per quanto le altre sue date siano probabili, o vere, non però suffragano in modo veruno l’assunto del dottissimo Inglese: — che Dante nel principio del Poema non potesse alludere a Cane della Scala, perchè la Cantica dell’Inferno fu tutta finita e pubblica innanzi l’anno 1308. — E s’ei mai s’avvedesse che nè parte, nè canto, nè forse un unico verso della Commedia fu mai pubblicato dall’autore? Or basti notare che nel mezzo della Cantica dell’Inferno quel «pastore senza legge e di laide opre il quale vien di Ponente a comperare, come Giasone ne’ Maccabei, il sommo sacerdozio da un Re, e dilapida i tesori del Tempio» — è ravvisato da tutti per papa Clemente V, il quale infatti da un vescovato di Guascogna, assunto al pontificato per favori di Filippo il Bello, trasferì la sede pontificia in Francia, e nel [p. 154 modifica]1312 sacrificò i Templarj e le loro ricchezze al suo protettore» Adunque l’allusione alle simonie di Clemente V, e al macello de’ Templarj, dev’essere stata inserita da Dante nel canto decimonono della prima Cantica, cinque anni e più dopo l’epoca nella quale il dottissimo Inglese la dà per finita. Or il poeta dopo altri cinque anni non poteva egli aggiungere similmente nel primo canto que’ versi che alludono alle vittorie di Cane della Scala? Questo nuovo commentatore merita gratitudine dagli Italiani, e lode da tutti, perch’ei studiò infaticabile; e stando a lunga dimora in Toscana, esplorò codici e librerie, raffrontò date, scrittori ed aneddoti; e bench’ei s’inganni assai volte intorno a gradi di fede ch’ei nega o concede agli autori, ei raduna assai numero di notizie, e le sue opinioni arrischiate da non reggere sempre all’esame, sono nuove talvolta ed acute. Se non che forse la prolissità dell’opera sconforterà molti dal leggerla, e l’autore dal proseguirla.


Note

  1. A Comment on the Divine Comedy, by ***, vol. I, London, John Murray, 1822.
  2. Pagg. 41-45 e segg.; 51; 463 e segg.
  3. Pag. 48.
  4. Tiraboschi, Storia dell’italiana Letteratura, vol. V, pag. 486. — Foscarini, Letteratura veneziana, lib. III, pag. 319. nota 276. — Degli Agostini, Scrittori veneciani, vol. I, pagg. 17 e seg. — Pelli, Memorie, pagg. 115-118.
  5. Pag. 457, nota 2.
  6. Pagg. 48, 49.