Dizionario moderno (Panzini)/L

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Làbaro: questo nome di etimologia incerta (lat. labarum, gr. [testo greco]) fu dato allo stendardo cristiano di Costantino dopo la sua vittoria su Massenzio: era un quadrato di stoffa preziosa col simbolo di Cristo, appeso ad un pennoncello sorretto alla sua volta dall’asta. Fu dunque simbolo di fede, (rammenta la visione in hoc signo vinces) e perciò si dice tuttora «labaro» di insegne di fede, filosofica e civile. Voce in tal senso spesso usata enfaticamente.

La biscia morde il ciarlatano: bella e acuta locuzione nostra, non troppo facile però a spiegarsi laddove è facile intendersi. Include scherno e mal senso come ben dichiararono le parole biscia e ciarlatano. «L’effetto di operazioni imprudenti o maligne ricade prima di tutto sul loro autore». Es. I nuovi pastori, blanditori, dichiaratori della bontà, bellezza, intelligenza, virtù, diritti del popolo, spesso dal popolo sono o abbandonati o accusati di tradimento. Dicono allora gli avversari di questi pastori: La biscia morde il ciarlatano!

Labor omnia vincit | improbus: la fatica aspra vince ogni cosa. Emistichio di Vergilio (Georg. 1, 145, 146) vivo nell’uso. L’improbus, che pure è richiesto dal senso, spesso è tralasciato.

Labor ’s party: ingl., il partito del lavoro, cioè il partito operaio, solitamente con carattere politico e di classe.

La calunnia è un venticello: ottonario felice, divenuto popolare come la musica che lo riveste: Barbiere di Siviglia, parole di Cesare Sterbini, musica del Rossini.

La capitale morale: bella frase, con cui Milano si incoronò da sè, come Napoleone, quando risorse a libertà, e noverava nella sua «cerchia antica» uomini di grande valore. Poi fu così detta per la fiorente sua amministrazione ed istituti finanziari e di beneficenza; poi in opposizione a Roma etc., ed anche ironicamente. La paternità della frase non riuscii a trovare.

La carità del natio loco: (carità nel senso latino di amore) emistichio di Dante, passato con largo abuso nel linguaggio comune, senz’essere però stravolto nel senso come avvenne di altri versi ed emistichi danteschi, (Inf. XIV, 1).

La carrozza di tutti: titolo perifrastico di un libro di E. De Amicis, per dire il tranvai. Locuzione effimera, ma che gode tuttora di una certa popolarità.

Laccetto: diminutivo, fatto italiano, del lombardo lacc = latte: indica quella glandola bianca e carnosa che è nel petto del bovino giovane e che scompare nell’adulto: e se no fanno squisite fritture: timo è la voce scientifica; animella in toscano e in italiano. Ora in Romagna questa glandola chiamano il latte. Altro notevole esempio di somiglianza dei dialetti. Laccett, in lombardo, è pure il latte magro che geme dal burro.

Lacchè: dal fr. laquais, domestico o valletto, specialimente da anticamera o da carrozza: voce da gran tempo fatta italiana.

Lacerator di ben costrutti orecchi: verso del Giorno del Parini (Mattino, 109) vivo nell’uso. [p. 296 modifica]

La compagnia della Lesina: lesina vale anche avarizia grande, sordidezza (cfr. il verbo lesinare) e tale senso figurato sembra essere derivato da un noto e curioso libro di certo Vialardi «Della famosissima compagnia della lesina, Dialoghi, capitoli, ragionamenti, etc. Venezia, Baglioni, 1664». È una raccolta di facezie su tutte le possibili spilorcerie: genere di libro burlesco di cui è copia nella nostra letteratura e in cui fiorisce l’ingegno italiano (V. Humour): fra le altre taccagnerie, v’era quella di accomodarsi di per sè scarpe e pianelle, la qual cosa non si poteva fare senza il più importante istrumento dell’arte di S. Crispino, cioè la lesina, onde, probabilmente, il senso figurato. Anche il francese derivò dall’italiano questa estensione di senso: lésine = épargne sordide. Nel citato libro, fra gli istrumenti necessari a que’ spilorci, vi fu anche la lente dell’avaro. Rivive nel linguaggio politico questa locuzione della Compagnia della lesina per indicare quegli uomini politici che sono fautori di rigide economie nell’azienda dello Stato. Di essersi costituito egli e i suoi nella famosa compagnia della Lesina si vantò per celia il marchese A. di Rudinì in Milano tenendo al teatro della Scala un suo discorso politico: egli era allora Presidente del Consiglio (9 novembre 1891). V. Piede di casa.

La corsa alla morte: neol. giornalistico, dedotto dal linguaggio delle corse, per indicare la mania suicida.

Lacrima Christi: nome di un prelibatissimo vino di lusso della regione vesuviana. Si spreme dall’uva aromatica, appassita, detta Greco o Greca della Torre. Dopo tre o quattro anni si ottiene un vino ambrato, dolce, con profumo caratteristico e gradevole: si esporta in bottiglie.

Lacuale: per lacustre; aggettivo foggiato arbitrariamente per l’influsso del solito suffisso ale.

Ladino: agg. da latino: nome dato ai dialetti romani o romanzi di alcune popolazioni dell’Engadina, Canton de’ Grigioni, Tirolo. L’Ascoli aggiunge il Ladino alle altre lingue romanze o neo-latine.

Ladino: (cioè latino) voce meneghina, non ignota forse ad altri dialetti: facile, scorrevole, pronto.

Resïatt, cospetton, de man ladinna

C. Porta, La guerra di pret.

Cfr. Dante, Par. III, 63:

Sì che raffigurar m’è più latino.


Cfr. per l’uso della parola e per l’affinità dei dialetti italici, questo passo del Varchi (Ercol): «Questi tali maldicenti si chiamano a Firenze male lingue, linguacce, etc. e con meno infame vocabolo, sboccati, linguacciuti, mordaci, latini di bocca:» nè mancano esempi di prosa classica di latino in senso di facile, piano, etc.

La discordia è nel campo d’Agramante: locuzione ironica, viva nell’uso e derivata dall’Ariosto (Furioso, XIV). Vuol dire la discordia è nel campo nemico; e solitamente si intende di nemici politici: si accapigliano fra di loro.

Ladri in guanti gialli: il ladro classico che assaltava alle vie certo non è scomparso, ma l’evoluzione della civiltà lo va trasformando nel ladro moderno, elegante, in guanti: il quale si intromette e si confonde nella società e vi esercita il furto in moltissimi ed ingegnosissimi modi. La felice locuzione è nostra: in francese gants jaunes è sopra nome dato agli eleganti.

Lady: in inglese vale signora ed è nome che si dà alle donne che appartengono alla nobiltà. Lady si adopera quando è seguito da nome. Mylady nel vocativo. La signora non nobile è mìstress, che si trova scritto abbreviato in mrs.

La femme (cherchez): motto francese dovuto al lepore di A. Dumas (Les Mohicans de Paris, atto III. V. 7) e divenuto comunissimo fra noi per significare la cagione prima ed occulta dei fatti umani, specie delittuosi. V. Fumagalli, Chi l’ha detto?

La fiera della vanità: Vanity Fair: felice titolo di un romanzo dell’umorista inglese Thackeray. Acquistò valore di locuzione.

La fine fleur du panier, ovvero le dessou du panier: uno dei tanti modi francesi per indicare l’eletta della società. Metafora elegante tolta dalla costumanza che [p. 297 modifica]hanno i commercianti di accomodare il meglio della merce al sommo del cesto.

La fodera mangia il dritto: locuzione familiare che significa: il mezzo per raggiungere un dato scopo costa più dello scopo raggiunto.

La foglia di fico: i velami e le cautele del pudore. Piú spesso in senso ironico. V. Appendice.

La gran bestia: V. Gran Bestia.

Lagrime di cocodrillo: lagrime false, ipocrite di colui il quale finge dolersi di sventure che egli stesso volle, o studiasi col pianto di trarre altrui in inganno. Questa espressione allude alla credenza che il cocodrillo deplori e pianga le sue vittime o con gemiti si studi di attrarle. In fr. parimenti si dice larmes de crocodile, e in tedesco krokodilsthränen.

Laicizzazione: (fr. laicisation) l’atto del rendere laico, cioè non confessionale: uno dei nuovi e molti astratti entrati nell’uso: da laico = non appartenente ad ordine ecclesiastico.

Laisser aller: è in fr. il nostro: lasciar correre.

Lai o lais: nomo di antico componimento lirico francese, di brevi versi e di argomento grave e lamentevole. Cfr. la nostra voce poetica lai:

               Nell’ora che comincia i tristi lai
               la rondinella presso alla mattina.

Dante, Purg. IX, 13, 14.


Là là: interiezione familiare francese, detta tanto per tranquillare, come per reprimere altrui. È registrata dal Petrocchi.

La lettera uccide, etc. V. Lettera, etc.

La legge del minimo mezzo: V. Uomo economico.

La lotta per la vita o per l’esistenza: è la versione della nota locuzione inglese struggle for existence o for life (vedi Struggle, etc.) la quale, dal concetto biologico intravvisto e spiegato dal Darwin, passò nel linguaggio comune per indicare la necessità del combattere, aprirsi una strada, farsi largo fra gli uomini tanto por la conquista del pane... come del companatico.

Lama: nome dato ai preti della religione buddista nel Tibet e nella Mongolia. Il gran Lama o dalaï-lama, sacerdote supremo, gode di venerazione quasi divina, nè per rito sapendosi del suo morire e della nuova elezione, è da quelle genti reputato immortale.

La mano sinistra non sappia quel che fa la sua destra: sublime massima di Cristo che insegna il modo di beneficare altrui. (Evangelo di S. Matteo, VI, 3).

Lambrequins: voce francese talvolta da noi usata per vizio ad indicare le frange delle tappezzerie.

Lambris: voce francese, usata talora, per vizio, ad indicare le tavole di legno, semplici o ad intarsi, che rivestono un tratto di parete di una sala: in italiano, pannello.

Lambrusco: nome del più pregiato fra i vini emiliani (Modena), specie del territorio di Sorbara: rosso, di un caratteristico frizzante, e spumante. Vino navigabile e universalmente noto. La parola deriva dal lat. labrusca o lambrusca, nome di vite selvatica. La Crusca registra lambrusca (uva) e non lambrusco (vino).

Lamiera: ciascuna di quelle piastre metalliche di poco spessore, adoperate nella costruzione delle macchine e per fasciame nella costruzione dei bastimenti a scafo metallico.

Laminoir: parola francese, usata non nel senso di laminatoio = macchina per laminare metalli, ma nella industria tessile per stiratoio: macchina per tendere e fare i fili.

La moglie di Cesare: non deve essere nè meno sospettata, e con le parole di Plutarco (Vita di G. Cesare, X) perchè io non volevo non che altro che venisse in sospetto: così G. Cesare quando ripudiò la moglie Pompea perchè P. Clodio travestito da sonatrice erasi introdotto in casa di lei celebrandosi le feste della Dea Bona, ancorchè contro di Clodio per nulla si querelasse, nulla simulando di sapere. Ripetesi il motto con forza di traslato ad istituzioni, a cose su cui pur il sospetto non deve cadere.

La monarchia ci unisce, la republica ci dividerebbe: opinione di F. Crispi, divenuta famosa e frequente.

Lampas: stoffa di seta, già originaria [p. 298 modifica]della Cina, a gran disegni e di colori diversi dal fondo; usasi specialmente per tappezzeria e per mobili.

Lampista: fr. lampiste da lampe = lampada. «Volendo formare in simile modo il vocabolo ci converrà dire lampadista da lampada»: questo è il giusto ragionamento del Rigutini, ma converrà trovare poi chi usi questa parola! Il vecchio vocabolo toscano è lumaio.

Lampisteria: luogo dove si tengono e accomodano i lumi: dal fr. lampisterie.

Lampo: così sono chiamati da noi, con neologismo metaforico, quei treni a gran percorso, con carrozze di lusso e comunicanti fra loro, i quali hanno una velocità superiore e meno fermate dei consueti diretti.

La natura ha orrore del vuoto: V. Natura abhorret vacuum.

La navicella del mio ingegno: locuzione metaforica non infrequente, tolta dalla famosa allegoria dantesca con cui si dà proemio al Purgatorio.

               Per correr migliori acque alza le vele
               omai la navicella del mio ingegno,
               che lascia dietro a sè mar sì crudele.

Lanca: dicesi di terreno, o bassura, in generale invasa dalle acque, e relitto di letto di fiume.

Lanciare: detto di cosa o persona che si mette in mercato e si fa audacemente e accortamente conoscere al publico, è verbo usato in modo neologico e assai comune. Es. lanciare un libro, un giornale, un articolo di commercio, una ballerina. (?!) Verbo di manifesta provenienza francese: lancer quelqu’un = farlo conoscere.

Lancieri (Quadriglia di): noto ballo figurato, di origine inglese, introdotto in Francia verso il 1868; la sua tipica musica e la grazia delle figure resero il ballo popolare sì in Francia che presso di noi. (Quadrille des Lanciers).

Lancinante: come attributo di speciale sensazione di dolore fisico, quasi che una lancia vi penetrasse, è termine medico dell’uso, notato dalla Crusca; ma dal Petrocchi confinato tra le voci fuori d’uso. More solito!

Landau: voce tedesca, landau, che i francesi pronunciano secondo l’indole della loro lingua, landô, e noi di solito alla francese. La scrittura landô, accolta dal Petrocchi, mi pare poco usata. Nota foggia di vettura signorile a quattro ruote con due mantici che si chiudono a piacere. Il nome deriva dalla città di Landau in Baviera ove primamente tali legni furono fabbricati.

Landaulette: diminutivo francese di landau, nota specie di vettura.

Landlord: in inglese: Signore di terre, latifondista, in opposizione a tenant = affittaiuolo.

Landsturm: voce tedesca che nel senso vale come leva in massa. Oltre l’esercito permanente, la riserva e la landwehr, la Germania ha la landsturm, chiamata alle armi di tutti i cittadini nei momenti di supremo pericolo: comprende tanto coloro che per varia ragione non prestarono servizio militare, come i soldati che per ragione di età passarono dalla Landwehr alla detta Landsturm. La Landsturm venne chiamata per decreto di Federico Guglielmo III di Prussia nel 1813 nella epica guerra contro Napoleone. Quel decreto contiene le norme che regolano questo supremo istituto di difesa.

Landwehr: milizia per la difesa del paese; istituto militare germanico per cui è fatta leva di popolo già esercitato alle armi, cioè che appartennero al servizio attivo, in caso di bisogno di aiuto alle prime linee dei combattenti. Da Land, paese e Wehr, difesa.

Langue de chat: nome dato francesemente ad una foggia di pasta o di cioccolata, simile alla lingua del gatto.

Langue verte: locuzione francese per indicare le parole neologiche e del gergo, non ancora accolte nei lessici letterari.

Laniero: agg. neologico di lana, usato come aggiunto di industria; formato forse a somiglianza di cotoniera, da cotone.

Lansquenet: V. Lanzichenecco.

Lanterna! (alla): traduzione, divenuta comune, del grido francese à la lanterne, mettre à la lanterne o lanterner (come dicevasi allora). Durante la rivoluzione francese era una specie di supplizio che la plebaglia furente infliggeva a quelli cui [p. 299 modifica]sospettava corno aristocratici: consisteva nell’impiccare alle corde dei lampioni. Alla lanterna vale a morte. N. B. Se a quei tempi ci fossero state le micidiali condotture elettriche per la illuminazione la trazione!

La nuit tous les chats sont gris: proverbio francese che vuol dire che di notte tanto è facile ingannarsi intorno alle persone e alle cose che si incontrano, come non è facile distinguere le persone belle dalle brutte. De Brieux nelle sue Origines de quelques costumes anciens, così spiega togliendo da un motto greco: [testo greco], spenta la candela ogni donna è uguale. Questa sentenza è pur viva nel nostro popolo, ma dubito forte che tutti gli uomini in essa concordino.

Lanzichenecco: (dal ted. Land, paese e Knecht, servitore) questi pittoreschi non meno che ribaldi armigeri tedeschi, pretoriani famosi e infami nella storia d’Italia gentile del ’500 — più comunemente ricordati col nome di Lanzi — introdussero da noi il giuoco d’azzardo di tal nome, che si fa con le carte e per le cui regole rimando al Gelli, op. cit. Noto questo nome perchè spesso l’udii pronunciare quasi più elegantemente alla francese, lansquenet. («Oggi zecchinetta» avverte il D’Azeglio in Nicolò de’ Lapi, cap. II). Dicesi anche lanzichenecco nel mal senso di giannizzero, pretoriano, cioè di chi si vende in sostegno dell’altrui violenza.

La parole a été donnèe à l’homme pour déguiser sa pensée: la parola fa data all’uomo per mascherare il suo pensiero, motto più francesemente arguto e paradossale che fine. Ne fu data la paternità a vari, fra gli altri al Talleyrand, un vero parafulmine di motti cinici, ed al Voltaire. Del resto non è improbabile che lo spirito francese, avido di formule argute, siasi in diverso persone improntato di tale pensiero comune, indipendentemente le une dalle altre. Assai più fine Arrigo Heine nello suo Confessioni: «iddio ci ha dato la parola perchè ci diciamo alcun che di gentile!»

Laparotomìa: da [testo greco], taglio: atto operatorio che consiste nell’incidere la parete addominale e il peritoneo allo scopo di esplorare gli organi addominali e praticarvi alcuna operazione.

Lapazza o Lampazza: ter. mar., pezzo di legno incavato a foggia di gorna, il quale si applica ad un albero o ad un pennone avariato per fortificarlo, fissando velo con solide legature.

Lapin: in francese vuol dir coniglio, ma è certo che il pellicciaio elegante vi dirà che il tale manicotto, la tal collarina è di lapin e non di coniglio: ciò avviene un po’ anche per la ragione per cui Fra Cristoforo, dicendo omnia munda mundis, chiuse la bocca a Fra Fazio, che non sapea di latino.

La politica delle mani nette: fu ingenuo vanto del ministro Benedetto Cairoli dopo il trattato di Berlino: ripetesi per dileggio, nè a torto, giacchè politica e nettezza, cioè rettitudine, radamente possono concordare per loro natura. La frase del Cairoli ripete altra consimile del ministro prussiano von Sohleinitz nel 1859: die Politk der freien Hand.

L’appétit vient en mangeant: motto francese non ignoto a noi, anche alla gente volgare. Leggesi in Rabelais, Gargantua, I, 5: L’appétit vient en mangeant, disoit Angeston, mais la soif s’en va en beuvant. Secondo altri il motto è pur attribuito a Giacomo Amyot (1518-1593) rettore dell’Abazia di Bellozane a Re Carlo IX, che si meravigliava come egli richiedesse altresì il vescovado d’Auxerre. L’appétit vieni en mangeant, avrebbe risposto l’Amyot. Cfr. infine Ovidio. Met. VII 7: cibis omnis in illo causa cibi est.

La propriété c’est le vol: sentenza del socialista francese Proudhon nella sua opera Qu’est-ce que la propriété? Il motto è più spesso ripetuto in francese che in italiano.

Lapsus cálami: lett. sbaglio o scorsa della penna: locuzione talvolta eufemistica con cui si scusa l’errore della mente nel dettare: affino a lapsus verbi.

Lapsus linguae: V. Lapsus calami.

La pudica d’altrui sposa, a te cara: stupendo verso del Parini (Il Giorno) nella cui ricercata e voluta contorsione si svolgono le spire serpentino della satira. [p. 300 modifica]

Larga scala: V. Su larga scala.

Laringòlogo: medico specialista delle malattie della laringe.

Laringoscopio: [testo greco], laringe e [testo greco], esaminare. Istrumento composto di un piccolo specchio montato su di un lungo gambo onde si illumina ed esamina la cavità della laringe.

Laringotomìa: voce neol. del linguaggio medico, formata da laringe ([testo greco]) e [testo greco] taglio: operazione che consiste nell’incidere in su la linea media la laringe ad un altezza più o meno grande.

L’aritmetica non è un’opinione: frase arguta che spesso si ripete a proposito di fatti che conviene accettare per quello che sono. Il Fumagalli, op. cit., ne dá la paternità al sen. Filippo Mariotti. Vero è che anche l’aritmetica è sovente un’opinione o almeno è facile ad un buon stratega far manovrare le cifre secondo che più talenta o secondo la credulità altrui.

L’arte per l’arte: cioè l’arte fine a sè stessa: sentenza attribuita al Cousin e infinitamente e oziosamente ripetuta e discussa. Sentenza vera, ma che è portata sino alla esagerazione dagli esteti. L’altra sentenza o definizione è l’arte per la vita, cioè l’arte con azione morale e sociale: vera anch’essa, se rettamente intesa.

Larva: il primo stadio dell’insetto dopo la sua uscita dall’uovo.

Lasciare a desiderare o lasciar molto a desiderare: per valer poco, essere scadente, fiacco, etc. locuzione con figura di attenuazione; frequente in ispecie nella burocrazia scolastica: fr. laisser beaucoup à désirer.

Lasciare le briglie o le redini sul collo: locuzione traslata dall’atto di colui che abbandona le briglie sul collo del cavallo così che esso può andare e fare ciò che più gli talenta. «E quel Don Rodrigo... ora fa il diavolo affatto, a quel che vedo, fin che Dio gli lascia la briglia sul colloManzoni, P. S. cap. XVII. La stessa locuzione è in francese: laisser la bride sur le cou à quelqu’un.

Lasciar nella penna: familiarmente dimenticare di scrivere.

Lasco: term. mar., dicesi di un cavo o di una, manovra che non è tesa.

La spada di Damocle: il tiranno Dionigi di Siracusa che viveva tra continue paure di morte, per far capire proprio bene al suo cortigiano Damocle che la sua vantata felicità era alquanto discutibile, ebbe la geniale idea di offrirgli un paragone sensibile: lo fece sedere infatti a splendida e voluttuosa mensa, ma sul più bello, volgendo gli occhi in su, Damocle si accorse che dal palco della stanza pendevagli sul capo una ignuda spada, legata appena ad una setola di cavallo. Damocle impallidì e si guastò la digestione: pregò il troppo acuto spiegatore di lasciarlo andar via quod iam beatus nollet esse. Onde si dice tuttora per indicare un pericolo sospeso, continuo, una minaccia di male incessante. Cfr. Cicerone, Tusc. Disp. V. 21.

Lassa: francese laisse, nome dato alle serie monoritmiche dei poemi in lingua di oil e de’ poemi provenzali: diconsi anche francesemente couplets. La lirica italiana manca di tali strofe epiche e perciò non ha nemmeno il vocabolo che toglie dal francese. Il D’Annunzio, in un suo tentativo epico su Garibaldi, La notte di Caprera, volle innovare questa forma antica della lassa.

Lassativo: purgante leggiero.

Lasso di tempo: è riprovato dai puristi come francesismo (laps de temps). In italiano spazio, corso. Laps è dal lat. lapsus, «ma noi non ne abbiamo bisogno», così il Rigutini, ed è vero; ed appunto in questa ingombrante copia di parole sì nostrane come di importazione straniera, ma significanti tutte la cosa stessa, che consiste uno dei maggiori danni al linguaggio.

Last, not least: ultimo non infimo. (Shakespeare, Giulio Cesare, I).

Latere (a): V. Legato.

Latest style: ingl., ultima moda locuzione talora usata per vizio.

Latet anguis in herba: si occulta il serpente entro l’erba. Vergilio, Ecloga III, 93.

La tetta o il latte dei vecchi: perifrasi popolare nostra per dire il vino.

Laticlavio: (lat. latus clavus) ornamento di larga striscia di porpora che [p. 301 modifica]ornava la tunica portata dai senatori al tempo di Roma antica (Impero). Rivive questa parola talora nel linguaggio giornalistico per indicare la dignità e la nomina a senatore.

Latifundia Italiani perdidère: i latifondi (grandi possessi agricoli) rovinarono l’Italia, nota e, per allusione al presente, ripetuta sentenza di Plinio: rovinarono, sì per l’accentramento del capitale in mano di pochi, come per il prevalere degli schiavi in vece dei liberi agricoltori; onde ne conseguì che alla coltura intensiva si sostituisse quella estensiva ed a pascolo come più facile e più rimunerativa alla grande proprietà, con danno però dell’intera nazione. Inutilmente contro i latifondi insorsero le leggi dei Gracchi.

Latin sangue gentile: stupenda e melodiosa associazione di tre parole in cui è un grande vero storico e filosofico, e se avrai in mente il verso seguente:

Sgombra da te queste gravose some,

Cioè la soggezione morale degli stranieri, apparirà improntata di non so quale profetica tristezza. Leggesi, come è noto, nella canzone del Petrarca a’ grandi di Italia, e si avverta di dare a gentile il senso antico e che tuttora usa il popolo di nobile (generosus, ingenuus). Latin sangue gentile è però settenario esclamativo così abusato da potersi considerare altresì come frase fatta.

Latitanza: (dal latino latère = nascondersi) l’imputato di un delitto che si nasconde alle ricerche della giustizia è detto latitante: il fatto del nascondersi, latitanza.

Latitudine: parola del linguaggio fisico e geografico (lat. latitudinem), usata nel linguaggio giudiziario in vece di estensione. Es. la latitudine della pena. Latitudine usasi anche in altri sensi traslati che hanno manifestamente provenienza francese.

Latte alla crème: locuzione milanese per indicare un bodino o dolco di crema, e coniata con l’idea di avvicinarsi ad un probabile modo francese: vero è che in francese si dice: œfs au lait, œufs à la crème, crème à la vanille, crème au chocolat. etc.

Latte di gallina: rosso di uovo con latte, brodo o acqua zuccherata: in fr. lait de poule.

Lattivendolo: invece del toscano lattaio, non piace ad alcuni puristi, e così dicasi di fruttivendolo, pollivendolo, erbivendolo in vece di fruttaiuolo, pollaiuolo, erbaiuolo; ma sono sottigliezze e lievi differenze da regione a regione, delle quali se uno dovesse tener conto sarebbe costretto ad osservare il più pitagorico fra i silenzi.

Lattone o latta: «colpo dato sul cappello a mano aperta». Così il Petrocchi. Ma questa è voce che non credo esca di Toscana!

Lattoniere: per stagnino è riprovato dal Fanfani e manca nei dizionari. Ma accettata come è la parola latta (dal tedesco latte) in vece di ferro bianco, mi pare che convenga accogliere anche il nome che ne deriva. Certo che si vengono ad avere così due voci uguali, la qual cosa non è sempre un pregio per un linguaggio.

Lattosio: lo zucchero che è contenuto nel latte.

Lauda o laude o loda: nome di componimento poetico in lode de’ Santi e specialmente di Maria Vergine, comune e popolare nel finire dell’Evo Medio e nel Cinquecento nostro. La scuola estetica odierna si compiace di rinnovare questa voce nella sua forma più speciosa di lauda.

Lauda post finem: lat. loda dopo la fine, cioè attendi a lodare quando tu abbia conosciuto l’esito dell’impresa.

Laudari a laudato viro: lat. esser lodato da uomo lodato è — si intende — pura e vera lode. Leggesi in Cicerone (ad Famil. V. 12. 7).

Laudator temporis acti: così Orazio, nell’Epistola ai Fisoni, tratteggiando le varie età dell’uomo e cogliendo il lato tipico di ciascuna, definisce con stupendo senso psicologico e fisiologico il vecchio per lodatore del tempo passato. Tale definizione ha valore tuttora di modo di dire, quasi brontolone, misoneista. Il passo oraziano si completa aggiungendo a laudator temporis acti lo due parole se puero = (quand’egli era fanciullo, quindi aspro e [p. 302 modifica]avverso al presente: fenomeno eterno, dovuto al fatto che gli anni giovani e primi della vita hanno maggior peso e valore, e che in quell’età essendo minore l’esperienza e l’osservazione, più degno e migliore sembra l’uomo, e logica la ragione della vita.

Latinorum: voce popolare e spregiativa per indicare il latino e le dottorali, incomprensibili formule latine. Il Manzoni fa appunto dire a Renzo: «che vuol che io faccia del suo latinorum?» P. S. cap. I.

Latinucci: le prime traduzioni ed esercizi latini, che si sogliono far nelle scuole.

Laughing gas: voce inglese che vuol dire gas ridente: in italiano gas esilarante o del paradiso. E un protossido di azoto che esercita un’azione anestetica, breve e locale, quindi adatto per l’estrazione dei denti. Probabilmente il nome inglese ci venne con l’invasione dei dentisti americani.

Lavabo: questa voce nei dizionari nostri è registrata nel senso di acquaio delle sacrestie: luogo dove ci si può lavare. L’arnese che serve a quello scopo, aggiunge con spiegazione indeterminata il Petrocchi. Ora lavabo è usato appunto per quel meuble de toilette, souvent en forme de trépièd, qui porte un pot à l’eau et sa cuvette. Dunque lavamano. Ma un lavamano molto elegante è spesso detto lavabo. Senso eletto, moltissime volte notato, che hanno fra noi le parole francesi. In milanese lavabo è voce dell’uso. NB. Questa parola è stata accolta senza esempi dalla Crusca per indicare «una fontanella o piccola vasca adossata ad un muro, anche fuori di recinto sacro, per uso di lavarsi più specialmente le mani = lavamano». In vero non mi pare facile comprendere i criteri con cui gli accademici della Crusca accolgono i neologismi.

Lavaggio: voce nuova, tolta dal francese, lavage = action de laver. Come termine di metallurgia, di chimica, etc. è voce tecnica invece di lavatura: indica l’operazione del separare i metalli mercè l’azione dell’acqua.

Lavandino: voce lombarda, lavandin, che significa la pila o vaschetta ove si lavano e riforniscono le stoviglie ed i piatti: acquaio in Toscana. In Romagna e nel Veneto dicesi scafa.

Lavar la testa all’asino: modo nostro familiare che significa far opera vana, ma dicesi con special senso di chi intende emendare o correggere altrui senza profitto.

Lavarsene le mani: non volere aver brighe o affare con taluno o per alcuna cosa o questione, ma si dice solitamente di affari che non appaiono gran che sicuri o netti o che volgono al male. Locuzione familiare e comune, derivata dagli Evangeli, S. Matteo XXII.

Lavativo: nei dialetti e nel parlar familiare dell’Alta Italia dicesi lavativo — traslato altrettanto efficace quanto volgare — di persona uggiosa, che è sempre fra i piedi, o che non risponde alle più esatte norme della consuetudine e della delicatezza.

Lavatura dello stomaco: V. Stomaco (lavatura dello).

La verità è in marcia: frase di E. Zola a proposito del processo Dreyfus (V. affaire), del quale il grande romanziere francese si fece sostenitore audace e generoso. La frase francesemente enfatica parve acquistar valore di intercalare. Del resto la Verità è camminatrice pessima. Dicono che faccia lunghe soste in fondo al pozzo.

Lavico: da lava, nel linguaggio dei geologi, attributo delle rocce eruttive in fusione, cioè della varia natura delle lave. In fr. lavique: manifesta provenienza.

Lavorare (uno): in senso un po’ furfantesco dicesi lavorare uno per indurlo, ridurlo, come si farebbe di docile materia, renderlo maneggevole, in modo che esso acconsenta spontaneamente a fare ciò che noi desideriamo.

Lavoratori della terra: perifrasi neologica ed eufemistica, apparsa con determinato senso nel linguaggio politico, forse per evitare la parola antica e che deve saper di servile o di volgare: contadino. Per la stessa ragione si è formata l’altra perifrasi di lavoratori della mensa per dire i camerieri, lavoratori del libro per [p. 303 modifica]dire i tipografi, legatori, etc. Locuzioni probabilmente effimere.

Lavoratori del libro: gli operai tipografi, legatori, etc. i quali operano insieme alla formazione del libro. Perifrasi eufemistica recente. V. Lavoratori della terra. E l’autore del libro perchè opera con l’ingegno è escluso dai lavoratori?

Lawn-Tennis: anche questo signorile giuoco di nome inglese, è di origine italiana (V. Foot-ball). Il Lawn-Tennis è lo antichissimo giuoco della Palla-corda, del quale fu scritto un trattato sino dal 1555. V. Scaino, Trattato del giuoco della palla, in Venezia. Ma chi fra i nobili signori italiani adopera la parola palla-corda? Voce semi-spenta! Per le regole che reggono questo giuoco la cui mondanità gareggia e forse vince l’utilità fisica, V. Baddeley. Il Lawn-tennis etc. Hoepli, Milano. Si giuoca usando parole inglesi. Le modificazioni introdotte in Inghilterra in detto giuoco, l’influsso grande della moda britannica, il carattere internazionale delle classi ricche, etc. ed altre cause che si possono aggiungere non sono sufficienti a spiegare questo abuso e questo compiacimento di termini forastieri — anche dove non sono richiesti dalla necessità — che si nota in Italia. Converrebbe cercare più sottili ragioni che qui non hanno loro luogo. Il lawn-tennis è una varietà di tennis, come dice la parola lawn = pianura, prato (etimologicamente lawn = landa). Tennis poi sarebbe una corruzione del verbo latino tenere; quasi tenete o tieni, detto dal giuocatore nell’atto di lanciare la palla. Ma non è etimologia sicura.

Lazagnes: noto questa parola per bizzarria: però non è di mia invenzione. Nella lista di un grande ristorante le nostre lasagne erano state travestite in lazagnes, voce incomprensibile in ogni lingua, ma che dimostrava nell’estensore della lista la volontà deliberata di volere con veste francese nobilitare la plebea voce italiana. Ciò fa il paio con quest’altra: In una gran vetrina c’era la fotografia di una villa da vendere. Troppo giusto che la scritta fosse in francese, e il commesso scrisse, Ville à vendre. Ma l’infelice nel nobile zelo di far francese la parola nostra, aveva scordato che villa è parola pur usata in Francia e che ville vuol dire città. Onde gli convenne, mal suo grado, scrivere ancora in italiano. Sciocchezze indegne di un lessico! dirà alcuno, È vero. Ma queste sciocchezze sono in così grande numero, questa ignoranza e questo idioma bastardo sono così trionfali nella nostra italica indifferenza, che hanno valore di sintomo non trascurabile.

Lazzarone: o làzzaro, uomo dell’infima plebe napoletana. Parola e cosa del tempo del vicereame di Spagna: «voce tolta dalla lingua dei superbi dominatori, i quali prodotta la nostra povertà e schernita, ne eternarono la memoria per il nome» P. Colletta. Storia del Reame di Napoli, vol. I. Il quale nobilissimo storico nostro tratta diffusamente dei lazzari e loro opere al tempo della republica Partenopea. Dicesi lazzarone anche fuori di Napoli di persona oziosa e di abbietto animo. In milanese, lazzaròn = scampafatiche, con buona dose di malizia.

Leader: dal verbo inglese to lead = guidare, dunque capo, guida, duce. Nel linguaggio politico la parola leader occorre per indicare quel personaggio il quale per forza di idee, carattere, energia di azione, riesce a guidare un partito e ne è l’oratore ed assertore più valido. Vocabolo del linguaggio politico inglese, trasportato nel nostro senza assoluta necessità: usasi altresì in francese.

Lebbra: ([testo greco] = scaglia) sinonimo, elefantiasi dei Greci. Malattia dovuta ad uno speciale bacillo detto di Hansen. È caratterizzata da bernoccoli e noduli sotto cutanei, come da eruzione e turbamenti nervosi. Malattia contagiosa a corso lento e letale, notissima dalla più remota antichità.

Leccapiedi: si dico volgarmente di vile e interessato adulatore. In fr. leche cul = vil flatteur.

Le colonne d’Ercole: dicesi per significare un limito morale non sorpassabile, e per lo più si dice ironicamente giacchè oggi non è ammesso più confine al pensiero. Allusione alle colonne di Ercole [p. 304 modifica]alzò in Calpe e Abila, oltre alle quali a ninno era concesso andar oltre (Pindaro).

               Ov’Ercole segnò li suoi riguardi,
               Acciò che l’uom più oltre non si metta.

Dante, Inf. XXVI, 108, 109.


Le dernier cri de la mode: nuova e abusata locuzione per indicare l’ultima novità. L’italiano direbbe, nel caso, espressione; la lingua francese seguendo l’attitudine sua di esagerare iperbolicamente, adopera la voce grido che per noi non ha senso adatto. Questo dernier cri ricorre abusivamente nel linguaggio de’ giornali con senso esteso e vario.

Le fatiche d’Ercole: locuzione mitologica, per lo più ironicamente usata o per ischerno. Ercole, figlio di Alcmena e di Giove, è il classico lavoratore, civilizzatore del mito ellenico. Per comando di Giove, ed ai servigi di Euristeo, re di Micene, compì da vero globe-trotter, le dodici simboliche imprese o fatiche. Fu però compensato del suo lavoro, chè ebbe in premio il seggio degli Dei in Olimpo, e gli fu data in isposa Ebe, celeste, per compenso, forse, della terrestre Deianira.

Lega: nome dato alle associazioni operaie, specialmente delle campagne, organate rapidamente in questi anni con schietto carattere socialista. La lega, come dice il nome, tende per ora al fascio ed alla unione delle forze per la resistenza contro il capitale ed il miglioramento economico della classe. S’è formato persino l’agg. leghista, l’operaio ascritto e militante nella lega, contrapposto all’operaio autonomo che accorre tradendo la causa di classe, all’appello del capitale. V. Krumiro.

Legalitario: nel linguaggio politico si dice di que’ liberali che, pur appartenendo teoricamente ai partiti di carattere rivoluzionario e avendo tradizioni sospette, accettano lealmente ma condizionatamente la Monarchia Sabauda e l’attuale costituzione del Regno. In senso più largo, legalitario dicesi di qualunque riformatore, anche se non faccia dichiarazioni di fedeltà monarchica. Questa nuova parola deve essersi foggiata sul légalitaire francese.

Legar l’asino dove vuole il padrone: locuzione nostra popolare, riflesso della stolta prepotenza di chi comanda e della abbiezione di chi deve ubbidire: vale far l’altrui volontà senza discutere, sia che ne provenga bene o male, pur di vivere in pace. Usasi spesso tale locuzione nel modo imperativo.

Dove vuole il padron lega il somaro.

Così la sapienza di Bertoldo (canto IV, stanza 76) nel poema giocoso Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno.

Legar la vigna con le salsicce: nuotare in ogni abbondanza tanto da usar le salsicce come vimini. Locuzione viva tuttora ed usata in speciali casi e più spesso in senso ironico: certo di formazione popolare. Confronta il Boccaccio, Decameron, giornata VII, novella III, ove Maso descrive a Calandrino, credulo e semplice, il paese di Bengodi.

Legarsela al dito: dicesi popolarmente di chi, ricevuta un’offesa, un torto, non lo dimentica più, come avviene di chi per ricordarsi di alcuna cosa si avvolge e lega un filo attorno al dito.

Legato: lat. legatus = ambasciatore. In tale senso dicesi oggi solo dei vicari del Pontefice esercitanti la sua giurisdizione in suo nome. Sono detti a latere quasi staccati dal fianco del Pontefice, per inviarli in missione. Legati nelle antiche Provincie italiane soggette al dominio della Chiesa, erano detti i prelati mandati a governarle. Onde il nome di legazioni a quelle provincie (Ferrara, Bologna, Forlì, Ravenna).

Legatura: termine musicale: linea ricurva che abbraccia due note per formare di entrambe un’unica durata. Posta al disopra di un gruppo di note diverse, o di un inciso musicale, essa indica doversi eseguire i singoli suoni senza staccarli, ma congiunti il più possibile gli uni agli altri, d’un sol fiato, o con un’unica arcata, negli strumenti a corde, o senza rinnovare il colpo di lingua, se trattasi di strumenti a fiato. (A. Galli, op. cit.).

Legazioni: V. Legato.

Leggenda drammatica: è così denominato un lavoro vocale e strumentale in [p. 305 modifica]cui vi ha azione, ma non sono necessari nè l’apparato scenico nè i vestiari (ad es. la Dannazione di Faust del Berlioz).

Leggere: nel linguaggio commercialo ricorre spesso questa locuzione viziosa al piacere di leggervi cioè di avere risposta, leggere i vostri caratteri; oppure ho il piacere di leggervi, per dire che si è avuta risposta: modo tolto dal fr., au plaisir de vous lire.

Legge Salica: cioè la legge dedotta dalla giurisdizione barbarica degli antichi Franchi Salici (secolo V) che esclude lo donne dal diritto di successione al trono: legge conservata nella secolare Monarchia francese; trasportata nella Monarchia Sabauda (V. Statuto, 2). Dai Franchi Salici (salien, da Saale, fiume di cui in origine abitavano le rive) tribù della Franconia, entrati in Gallia al tempo di quelle invasioni barbariche, provennero i primi re di Francia della dinastia de’ Merovingi.

Leonardesco: V. 'Raffaellesco'.

Leghista: neol. giornalistico, probabilmente effimero, ed è attributo di colui che appartiene ad una lega così detta di resistenza fra gli operai e lavoratori: istituto politico di carattere socialista. I leghisti sarebbero opposti ai così detti krumiri. V. questa parola.

Legittimista: furono detti in Francia (légitimiste) i partigiani dei legittimi principi (Borboni), cioè di quei principi che regnarono per diritto tradizionale, in opposizione ai principi che ottennero il potere per tirannide (colpo di Stato) come i Napoleonidi, o per rivoluzione, come gli Orléans.

Legum omnes servi sumus, ut liberi esse possimus: tutti siamo servi delle leggi per poter esser liberi: mirabile senso romano della legge, ridotto in questa formula scultoria da Cicerone (Pro Cluent, LIII, 146).

Leitmotiv: voce tedesca che vuol dire, motivo guida: ed è quel ritornello che, specie nelle opere del Wagner, si ripete o spunta ogni tanto, sotto diversa forma, annettendo l’autore a quel suono uno speciale senso esplicativo del concetto filosofico dell’opera. La locuzione è usata anche in senso estraneo alla musica per indicare il pensiero dominante, il solito ritornello, l’argomento che torna a galla etc.

Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?: verso dantesco divenuto popolare (Purg. XVI, 97). È il concetto del Quis custodiet custodem e del niun valore delle leggi senza i buoni costumi.

Lemming: nome di grosso topo migratore delle regioni artiche (Myodes lemmus o Lemmus norvegicus).

L’empire c’est la paix: parole di Luigi Napoleone, presidente della Republica, pronunciate a Bordeaux il 9 ottobre 1852: preludio dell’Impero e del Colpo di Stato.

Lente dell’avaro: V. La compagnia della lesina.

Lentiggine: (V. Efelidi) macchie pigmentarie della pelle che appaiono su le mani, sul collo e specie sul volto, più visibili di estate che di inverno: frequenti nelle persone di carnagione rossa. Si manifestano al tempo della seconda infanzia.

Leprosario: ospedale pei lebbrosi.

Les affaires sont les affaires: cinica sentenza francese che vuol dire: ogni considerazione di carattere morale non aver peso negli affari: sentenza cinica ma vera, e non solo in Francia. Il motto è ripetuto sì in francese che in italiano.

Les affaires, c’est l’argent des autres: V. Gli affari, etc.

Les amis de nos amis sont nos amis: modo francese, talora ripetuto fra di noi: gli amici dei nostri amici sono amici nostri.

Lesbio o lesbico: attributo di pervertito senso d’amore fra donne, così detta dall’isola di Lesbo. V. Appendice e V. Omosessualità.

Les Chassepot (nos fusils Chassepot) ont fait merveille!: (V. Chassepot) parole storicamente famose e infami con cui il generale De Failly annunciava (9 novembre 1867) alla Francia la vittoria di Mentana e le buone prove dei nuovi fucili a retrocarica, fatte per la prima volta su bersagli umani.

Les dieux s’en vont: dicesi sul serio o per celia quando qualcosa di storicamente grande declina nella sua parabola storica, o dicesi anche di persone di cui decade la rinomanza. Questo motto si leggo in [p. 306 modifica]Chateaubriand (Martiri, libro XXIV) a proposito della fine dei numi Pagani; ma è una reminiscenza di un passo di Giuseppe Flavio, de Bello judaico, VI, 5, 31, in cui è raccontato come, celebrandosi la festa della Pentecoste, fu udito nel tempio un gran rumore, indi una gran voce che diceva: allontaniamoci di qui ([testo greco]. In Plutarco (De oraculorum defectu) è pur riportata la voce fatidica: Il gran Pan è morto!

Lesèna o parasta: termine architettonico; pilastro che aggetta dal muro. In origine non era fascia decorativa, ma avea funzione organica costruttiva. Talvolta però si tratta di un semplice motivo di decorazione, adoperato allo scopo di interrompere la monotonia delle facciate.

Les Italiens ne se battent pas: espressione ingiuriosa, variamente attribuita. La paternità più accreditata è quella del generale La Moricière. Essa espressione non sintetizza del resto che una serie di ingiurie consimili, una specie di opinione publica e assai antica che gli stranieri avevano dello spirito bellico degli italiani. Inutile riportare saggi ed esempi: tuttavia eccone due tolti a caso, l’uno di G. Giorgio Allione, astigiano, poeta del secolo XVI, il quale, a proposito della battaglia di Fornovo o del Taro, scriveva:

     Ja ne soit il usance a vous itaulx
     quen champs mortaulx on vous saiche attraper,

l’altro del generale Marbot (Mémoires du général Bon de Marbot, vol. Il, pag. 53, Paris, libraire Plon, 1892) il quale con la più grande disinvoltura e naturalezza scrive: Lorsque l’Empereur (Napoleone I) apprit le désastre de Baylen, sa colere fut d’autant plus terrible, que jusque-là il avait considéré les Espagnols comme aussi lâches que les Italiens.

Les morts vont vite: versione francese del verso tedesco: Die Todten reiten schnell, i morti cavalcano svelti, che è il ritornello della ballata romantica, famosissima, del Bürger, intitolata «Leonora» ove è descritta la fuga macabra della fanciulla allacciata allo spettro dell’amante sul corridore. Il primo senso, quello che vi diede il Bürger, è perduto, e con felice errore si dà al motto il significato che i morti si allontanano da noi in fretta, che la morte rapidamente distrugge la memoria degli estinti.

Le stalle d’Augìa: V. Stalle d’Augìa.

Lestofante: ciurmadore, imbroglione.

Letargo: gr. [testo greco]}, oblio e [testo greco] pigrizia, quiete. Nel linguaggio medico indica un sonno profondo e continuo nel quale l’infermo parla quando lo si sveglia ma non sa ciò che ha detto, indi ricade nel primiero stato.

L’État c’est moi: la leggenda racconta che Luigi XIV, diciasettenne ancora, entrando in Parlamento (che allora significava ben altra cosa che adesso) in abito da caccia e frustino, così rispondesse al presidente che gli parlava degli affari dello Stato. Vero o falso sia il motto, esso rende assai bene il concetto dell’autorità monarchica di Francia, accentrata in Luigi XIV più che in ogni altro re di Francia.

Leotio brevis: lat. lezione breve, non secondo le norme e l’orario consueto, ma alla spiccia. Locuzione del gergo scolastico.

Lettera anonima: o lettera cieca, cioè senza firma, e dettata in modo che non riesca possibile accertarne la provenienza. La lettera anonima non sempre contiene notizie false ancorchè il suo intento sia raramente quello di illuminare la giustizia a fine di bene; ma bensì di nuocere altrui soddisfacendo così alla propria vendetta, in modo tanto più caro in quanto che l’impunità è presso che assoluta. Sarebbe interessante studiare l’influsso che esercitò la lettera anonima nella storia di tutti i tempi; e non meno interessante sarebbe studiare il processo di malignità e di viltà nell’infinito numero di autori di lettere anonime. Nè l’una nè l’altra cosa è possibile. Molte volte la lettera anonima forma un vero sfogo e svago alla invincibile perfidia umana. Lo stesso stile delle lettere anonime è una rivelazione di malvagità lieta e sicura. Che più? La macchina per iscrivere facilita anzi oggidì una pratica che un tempo richiedeva almeno dell’arte e dell’astuzia.

Lettera aperta: chiamano lettera aperta quello scritto di giornale, di carattere solitamente polemico, rivolto per artificio in forma epistolare a qualche personaggio, il [p. 307 modifica]quale della questione che si tratta ha responsabilità o parte.

Lettera di cachet: V. Cachet.

Lettera di credito: in diplomazia è così detto quel documento che accredita l’ambasciatore presso un altro governo, domanda cioè che si presti intera fede su ciò che potrà dire del suo Stato. In fr. lettre decréance, cioè «credenziale». Lettera di credito è detto pure nel linguaggio commerciale per lettera che serve ad accreditare.

Lettere patenti: fr. lettres patentes, dal latino patère = essere manifesto. Si dice di certi atti firmati dal Capo dello Stato e ufiìcialmente fatti conoscere al popolo, come i proclami.

Letto di giustizia: fr. lit de justice: termine storico che indicò il trono ove sedeva il re di Francia nelle sedute solenni del Parlamento; indi la seduta stessa. Si intende prima della rivoluzione francese dell'89; e valendo allora l’autorità regia come assoluta, così si dice oggi letto di giustizia per significare una deliberazione autoritaria in cui il piace a me e basta è il più forte argomento.

Letto di Procuste: locuzione dell’uso per indicare qualcosa di meschino, di intollerando e di tirannico insieme (lit de Procuste, anche in francese). Il quale Procuste, ucciso dal mitico Eroe Teseo, aveva costume di stendere i viandanti in un letto assai corto e ciò che ne sorpassava delle membra, tagliava.

Leucemìa: dal gr. [testo greco], bianco e [testo greco], sangue: nome di malattia studiata primieramente dal Virchow e caratterizzata da un’alterazione del sangue, consistente in un aumento considerevole e duraturo dei globuli bianchi con ipertrofia degli organi formati da tessuto linfoide (milza, gangli linfatici, etc). Qualche volta si hanno pure alterazioni del midollo delie ossa. A seconda dell’organo interessato, si distinguono le forme seguenti che alle volte passano l’una nell’altra: Leucemia linfatica, quando v’è inspessimento dei gangli linfatici; leucemia mielogena, se vi sono alterazioni del midollo delle ossa; leucemia splenica, se vi è qualche tumore di milza.

Leucociti: ter. med. da [testo greco] = bianco e [testo greco] = capacità, cellula: globuli bianchi, uno degli elementi del sangue.

Leucòma: ([testo greco] = bianco e il suffisso oma) macchia bianca che succede ad una piaga o ad una ulcerazione della cornea.

Leucorrea: gr. [testo greco] = bianco e Qéo) = scorro. V. Fiori bianchi.

L’Europa sarà republicana o cosacca: motto attribuito a Napoleone I, ma veramente in più miti termini da lui espresso. Passando in rassegna le probabilità di essere ridato alla libertà, così si esprimeva durante il suo esigilo a S. Elena a Las Cases: Enfin une dernière chance, et ce pourrait être la plus probable, ce serait le besoin qu’on aurait de moi contre les Russes; car dans l’état actuel des choses, avant dix ans, toute l’Europe peut être cosaque, ou toute en république. (Memoriale di S. Elena., ediz. Lecointe, 1828, III, pag. 111).

Leva in massa: locuzione derivata dal francese levée en masse (in tedesco Landsturm) chiamata alle armi da parte del governo di tutti i cittadini atti a portar le armi per opporsi ad invasione straniera, e perciò considerati di diritto come belligeranti.

Levante o Scali di Levante: non indica propriamente l’Oriente, ma in particolar modo la costa occidentale dell’Asia, bagnata dal Mediterraneo, l’Egitto, gli antichi stati barbareschi di Tunisi e di Tripoli, Cipro, Creta, la Grecia.

Levar le penne maestre: letteralmente è togliere agli uccelli le penne estreme, in cui si librano e dirigonsi a volo. Moralmente, privare alcuno della sua maggior forza.

Levata di scudi: per dimostrazione ostile e clamorosa è versione del francese levée de boucliers, che in origine ebbe vero senso belligero.

Lever de rideau: letteralmente alzar di sipario, locuzione francese usata anche presso di noi per indicare quella breve rappresentazione, o nota, o di lieve argomento, che precede il dramma principale, quasi per lasciar tempo agli spettatori di arrivare. [p. 308 modifica]

Leviathan: nome ricordato nel libro di Giobbe, e che si riporta a qualche specie di enorme mostro marino. Fu detto dagli inglesi, per estensione, delle grandi navi. Leviathan è il titolo della più celebre opera di Tommaso Hobbes. La grafia italiana leviatàn mi pare poco dell’uso.

Levis sit tibi terra: ti sia leggiera la terra! motto augurale che soleva scolpirsi su le tombe romane. Cfr. Euripide in Alceste, 462, [testo greco].

L’exactitude est la politesse des rois: massima di Luigi XVIII Ripetesi come motto.

Lex rei sitae: termine giuridico latino, significante che, in materia di diritto internazionale privato, vale la legge del luogo (Stato) ove sono i beni immobili.

L’hasard de la lorgnette (à): modo francese a cui risponde il nostro, a occhio e croce.

Lias: è il nome di uno dei periodi della lunghissima era geologica secondaria. Liasico, appartenente al Lias.

Libare: term. mar., alleggerire la nave del carico; o per mare grosso, o per avaria.

Libecciata: vento impetuoso di libeccio (da libitico, cioè della Libia), intermedio tra mezzogiorno e ponente.

Libera Chiesa in libero Stato: parole del Cavour morente, il quale nella libertà e con la libertà vedeva la soluzione della così detta Questione Romana. Cfr. Massari, Il conte di Cavour, ricordi biografici.

Liberaloide: V. suffisso Oide.

Libera pratica: V. Pratica (libera).

Liberista: nel linguaggio politico e degli economisti dicesi di chi è favorevole al libero scambio fra nazione e nazione, senza restrinzione nè accettazione di alcun dazio protettore di prodotti od industrie. I liberisti puri sono altresì contrari ad ogni intervento dello Stato tra capitale e lavoro, e per questa ampia applicazione della libertà stimano che si possa ottenere il massimo del benessere economico e sociale. Liberista è voce nuova, la quale probabilmente è stata tolta da voce consimile straniera.

Libero docente: V. Docente.

Libero-scambista: così si chiama il liberista (V. questa parola) in rapporto al sistema degli scambi, specialmente internazionali. Libero-scambista è la versione del francese libre échangiste.

Libertà di stampa: diritto conquistato dalla civiltà occidentale di manifestare il proprio pensiero per mezzo della stampa, specialmente i giornali. Suppone come fondamento la libertà del pensiero, in fr. liberté de la presse. V. Quarto potere.

Libertario: neol. eufemistico della politica, invece della parola anarchico. Deve essere dal francese. V. Socialista libertario.

Liberty: come aggiunto di stile, specie nelle arti dette grafiche, è parola spesso ricorrente e il publico grosso vi annette l’idea di stile libero, sciolto dalle pastoie accademiche e tradizionali. Vale nell’opinione comune press’a poco come stile floreale o stile nuovo o aesthetic style o ars nova, secessionista. Liberty è il nome del proprietario di uno stabilimento di Londra che vende mobili di ogni stile, ma specialmente informati a quell’arte stilizzata che muove dall’Inghilterra ove ebbe i suoi primi banditori in Giovanni Ruskin e in Guglielmo Morris. Quest’arte applicata all’industria, mobili, stoffe, parati, architettura, oggi è floridissima. Io trovo quest’arte un artificio elegante e non una forma sorta per naturale evoluzione; è in ciò che ha di bello, una imitazione dell’arte nostra quattrocentesca, del Ghiberti, del Botticelli, di Leonardo nostro grande. Ma siccome ciò può spiacere alla sovranità del publico, così dirò in altro modo, cioè come attorno al Ruskin al Morris e, più presso a noi, al Webb, architetto, al Crane, ornatista, si formò tutta una generazione di disegnatori, di illustratori, di decoratori i quali, per l’eleganza dei motivi, delle composizioni, degli arabeschi, fanno veramente pensare ai nostri maestri del rinascimento, al Botticelli, al Ghiberti, al Brunelleschi a Leonardo. Ed invero il germe dall’arte loro è qui; ma essi non li copiano servilmente; essi ne hanno solamente derivato l’amore all’armonia, e il piacere del nuovo. Questa arte nuova — sempre secondo l’opinione dei suoi innumerevoli sostenitori — se [p. 309 modifica]oggi si manifesta con esagerazioni, squilibri, pazzie, le quali sono dovute all’inesperienza e ignoranza di parecchi apostoli e seguaci, contiene tuttavia il germe di un rinnovamento artistico. Essa arte, liberata dalle esagerazioni e dalle inesperienze, seguaci e compagne di tutte le cose nuove, potrà in processo di tempo generare un’altra arte nuova, più armoniosa, geniale, libera, conforme alle nuove idee ed ai nuovi bisogni. Affermano intanto che per ciò che riguarda le stoffe, le tappezzerie, i tessuti, le carte, i gioielli etc. si sono ottenuti prodotti belli e piacevoli. Ecco detta così la cosa in modo da accontentare gli amatori del nuovo stile. Diremo ancora come dall’Inghilterra e dal Belgio, il moto si diffuse in Germania, in Austria, in America e in Francia, ed è ora entrato in Italia. Dall’Inghilterra il movimento passò nel Belgio per opera particolarmente degli architetti Horta e Hankar, e d’un ebanista decoratore, Serrurier-Lovy, che fondò la scuola di Liegi.

Libro: voce usata in ogni nazione, nel linguaggio diplomatico, per indicare la raccolta dei documenti che il governo fa conoscere alle Camere legislative ed alla nazione intorno ad un determinato affare, specialmente di politica estera. Prende nomo dal colore della legatura (V. blue-book).

Libro nero: a somiglianza dei libri diplomatici, detti dal loro colore secondo le varie nazioni, dicesi libro nero quello della Questura, che contiene la triste cronaca dei delitti e delle sventure. Per estensione familiare, qualunque registro contenente note di biasimo e simili.

Licantropìa: dal gr. [testo greco], e vuol dire uomo-lupo, forma di pazzia per cui l’infermo si crede tramutato in lupo: dev’essere ciò che in alcune regioni si dice lupo mannaro, voce antica e volgare, e di incerta etimologia (manuarius, che cammina con le mani; humanarius, o lupo manno, cioè lupo uomo, dal tedesco Mann = uomo?) Lupo mannaro si dice di lupo imaginario, specie di spauracchio.

Licenziando: che deve o che sta per ottenere la licenza: vocabolo pedantesco delle scuole, foggiato sul participio latino di necessità, uscente in dus-da-dum.

Licet: lat. è permesso, e siccome nelle antiche scuole costumavano gli scolari, levando il pollice, chiedere licet par andare al cesso, così licet significò il cesso. Voce alquanto fuor dell’uso.

Lied (e Lieder nel plurale): vocabolo tedesco che vuol dire canzone, «usato talora nel nostro linguaggio musicale. Il Lied è strofico quando la musica è ripetuta più volte con cambiamento delle parole, ed è libero quando la musica non si ripete mai ma segue, dal principio alla fine, il variare del testo letterario. È anche un vocabolo generico che designa un canto o una canzone popolare, una melodia con parole, una sorta di romanza, ecc. Schubert, Schumann, Roberto Franz, Brahms, ecc., hanno Lieder famosi». (A. Galli, op. cit.)

Lieux d’aisances: nè più nè meno in francese del nostro luogo comodo, ma la voce italiana disdice ai da poco (che sono i più e i da più); la francese invece è decente. Sventurata sorte della nostra favella! Curiosa è la versione puramente fonetica che si è fatta di lieu d’aisances in luogo di decenza. V. Retrait e Water Closet e Luogo di decenza.

Lievito: dicesi generalmente di ogni sostanza adatta ad eccitare la fermentazione in un corpo. Figuratamente lievito (o fermento) vale germe o residuo di violenta passione onde si svolge e determina un sentimento o un’azione. Per lo più si intende in mal senso. Questa estensione, così comune nell’uso, è in fr., es., levain de haine, de discorde: non mancano però antichi nostri esempi: «Mangiano onorevolmente, e non col lievito vecchio, nè con lievito di malizia, nè di nequizia, ma con azzimo di purità e di verità».

Life-boat: (pronuncia lîf-bôt) voce inglese: in italiano battello di salvataggio (?) con speciale arte costruito per resistere alle onde e non essere capovolto nè sommerso. È di lamiera o di legno a compartimenti stagni, quindi insommergibile anche se riempito di acqua. Ha stabilità massima e tiene il maro egregiamente. Usasi in caso di naufragio o per salvare [p. 310 modifica]l’equipaggio di un naviglio in pericolo. V. Salvataggio.

Lift: voce inglese, equivalente alla francese ascenseur. V. questa parola.

Light weight: dicesi con voce inglese nel gergo dello Sport quel cavallo che nella corsa a ragguaglio (Handicap) porta il minimo peso; top weight, che porta il maggior peso. Questi termini inglesi sono usati anche per altri generi di giuochi (Sport) come lotta, etc.

Ligne: avoir la ligne = avoir un profil pur dans ses contours. Così i francesi e così noi, talora, imitando.

Lilas: voce francese, fatta italiana in lilla, frutice che fiorisce in primavera ed ha fiori a ciuffi, (syringa vulgaris) onde il nome del colore tra il bigio ed il rosso, che in buona lingua direbbesi grisellino e gridellino.

Liliale: del colore e della delicatezza del giglio: fra le voci preziose, care agli esteti, poche furono più abusate dell’agg. liliale. Il concetto della purità e del profumo oltre che del colore bianchissimo, deve pervadere gli esteti tanto si compiacciono di questa parola. Liliale è il francese lilial, almeno così debbo arguire dal fatto che lilial è ne’ diz. francesi e liliale non è ne’ diz. italiani. Dai decadenti francesi deve essere provenuto ai nostri decadenti per il tramite del d’Annunzio. Del resto nulla vieterebbe a noi questo bel latinismo (lilium = giglio). Male però credono gli esteti che quattro pietre levigate formino un edifìcio, o una bacheca da fioraio, un giardino. Voce nostra antica è liliaceo.

Lillipuziano: per significare di minima statura o levatura morale. Lillipuziani sono gli abitanti di Lilliput, non più alti di 5 o 6 pollici. In questo paese fantastico ci trasporta il grande umorista e pessimista inglese I. Swift nel suo romanzo, Viaggi di Gulliver. Il nome bizzarro acquistò valore di attributo in quasi ogni lingua culta. Francese, lilliputien; tedesco, lilliputaner.

Liman: si chiamano così certi bacini di evaporazione naturali che si formano durante l’estate in Bessarabia, a sud di Odessa sul Mar Nero. Queste saline naturali, hanno un’estensione immensa e producono una enorme quantità di sale. Voce registrata nei diz. francesi.

Limèna: vino del Veneto (Padova) rosso, tenue, acidulo, pregiato specialmente nella regione ed a Venezia.

Limitarsi: V. Limitato.

Limitato: nel senso di ristretto, angusto, detto di ingegno, intelligenza, etc. è pei puristi il borné francese; e così di conio francese è il limitarsi (se borner) invece di contentarsi, bastare, restringersi.

Limited: voce inglese, limitato, circoscritto. Nel linguaggio commerciale significa a responsabilità limitata — e come da noi tale frase si usa per i soci accomandanti di una società in accomandita per azioni e per i soci di società anonime — così la parola limited si usa per tutte quelle società commerciali inglesi (anche diverse dalle nostre sopracitate), in cui la responsabilità di tutti o parte dei soci va soltanto sino alla concorrenza di una somma fissa, di una quota del capitale, ovvero è limitata al numero delle azioni possedute.

Linciaggio: fr. lynchage. V. Linciare.

Linciare: fr. lyncher, ing. lynch (Lynch-Law = legge di Lynch) cioè giustizia sommaria, sotto forma di vendetta di popolo, tuttora tollerata, o almeno non abbastanza repressa negli Stati Uniti. Il verbo deriva dal nome di Giovanni Lynch, colono irlandese della Carolina meridionale, vissuto nel secolo XVII; il quale esercitò in quello Stato gli uffici di capo supremo della giustizia, e non bastando i tribunali ordinari contro i ladroni e gli schiavi fuggiaschi, instituì terribili giudizi sommari così che in breve liberò la terra. Molti altri Stati dell’Unione adottarono in seguito come legale questo provvedimento, il quale sopravisse (istituzione obbrobriosa) alle circostanze che poterono in certo modo giustificare l’opera di G. Lynch. Ma le leggi anche obbrobriose dei popoli fortunati e potenti non hanno — pur troppo! — virtù di eccitare molto lo sdegno.

Linea: per purezza di linee, figura, persona. V. Ligne.

Linea: nel linguaggio marinaresco [p. 311 modifica]intendesi la linea equatoriale o equatore. La voce linea è poi usata in molte locuzioni marinaresche: linea di galleggiamento o linea d’acqua, linea di ormeggio, linea di bolina, linea di rotta etc.

Linea di condotta: ricorda ai puristi il fr. ligne de conduite. Francese pure ritienesi la locuzione in linea di..., invece che a modo, per, come, etc., linea per fanteria.

Liner: voce inglese usata per indicare il piroscafo di grandissima velocità e regolarità che trasporta passeggieri, corrispondenza, merci preziose. Opposto di cargo-boat.

Linfatismo: cioè temperamento linfatico. Stato mal definito dell’organismo, determinato da una predisposizione all’ingorgo rapido e facile delle glandole linfatiche, spontaneamente o sotto l’influsso di lieve irritazione, donde la facilità a contrarre la tubercolosi. In fr. è lymphatisme; in italiano si dovrebbe formare l’astratto da linfatico, onde linfaticismo, ma non è dell’uso.

Linge e lingerie: a questa parola francese tradotta nella brutta voce lingeria (che non mi pare gran che dell’uso) risponderebbe esattamente la nostra bella parola pannilino, giacchè linge proviene da linum = lino; ma il vocabolo italiano è alquanto disusato. Toilettes lingerie sono chiamati oggi quegli abiti muliebri di pannilini per lo più bianchi o di colori svaniti, in uso la state e che hanno parvenza di economia e disimpegno: abiti chiari.

Lingot: parola francese tradotta in lingotto ed usata fra i termini della siderurgia. Indica un pezzo di metallo quale è dopo la fusione. Il Littré dice probabile l’etimologia dal latino lingua, a cagione della forma.

Linfoma: tumore composto del tessuto adenoide (varietà di tessuto connettivo, che si trova essenzialmente nelle glandole linfatiche, nella milza, nelle tonsille) il quale si sviluppa di solito nello glandole linfatiche. Da linfa, lat. lympha = acqua e il suffisso oma. Dicesi anche linfadenòma.

Linoleum: voce straniera di formazione commerciale, da linum ed oleum. Il linoleum è una mescolanza di sostanze oleose, ossidate, e di sughero macinato, onde si spalma un tessuto di canapa o juta, ottenendo un preparato di maggior spessore e più resistenza delle solite tele cerate: serve per pavimenti, coperture e simili usi.

Linon: voce francese: specie di tela di lino chiara e delicata.

Linotipista: l’operaio che lavora con la Linotype, V. questa parola.

Linotype: nome americano di macchina tipografica da comporre, la quale rappresenta uno dei più notevoli progressi della meccanica applicata all’arte di Guttemberg. Questa macchina a tastiera compone e fonde la linea (ingl. line), onde il nome. Guidata da una sola persona, la macchina produce e raccoglie dello linotypes (linee tipografiche) pronte per la stampa e per la stereotipia con grandissima celerità. Dagli Stati Uniti (1886) furono introdotte nell’Inghilterra (1890) e di lì nelle principali tipografie e stamperie di giornali, alla cui celere stampa si presta egregiamente.

Lion: per indicare il giovin signore, il quale non è solo del tempo del Parini, ma è produzione umana sotto tutte le latitudini e in tutti i tempi, non si poteva trovare più adatto paragone iperbolico che confrontarlo al felis leo, il più nobile e superbo animale della creazione: e il paragone è felice tanto preso sul serio come per celia. Tanto è vero che fra i mutabili nomi creati dal popolo per indicare questa classe previlegiata, la voce lion è rimasta resistente, benchè relativamente antica, e da noi è altresì popolare. Non così ottenne onore di popolarità il femminile di Lion, Lionne, la quale è così definita da uno scrittore francese: c’étaient des petits êtres féminins, richement mariés, coquets, jolis, qui maniaient parfaitement le pistolet et la cravache, montaient a cheval, prisatent la cigarette. Parigi, la città della moda e della mondanità, l’alma mater elegantiarum, nel passato secolo ne ha creata una serie di queste parole, indicanti press’a poco la stessa cosa, e ogni tanto sente il bisogno di rinnovarle o appropriarsele da altra lingua, se le torna. Eccone alcune: [p. 312 modifica]Muscadin, (V. moscardino); Incroyable, (del tempo del Direttorio); Lion (dall’inglese?, del tempo della Monarchia di luglio, 1830); Coeodès, (del II impero), e poi Fashionables, Pschutt, Gommeux, Vlan, Select, etc, etc. Anche in Italia abbiamo le parole equivalenti, anzi ogni dialetto ha le sue: il milanese, come il fiorentino, come il napoletano, ne crea di felicissime, ma non hanno forza estensiva oltre il dialetto; e la gente elegante toglie dal francese.

Lionne: V. Lion.

Liparite: roccia eruttiva, talvolta di aspetto granitico, i cui principali componenti sono il quarzo e il sanidino o ortose vetroso.

Lipemanìa: da [testo greco] = dolore e [testo greco] = pazzia. È qualche cosa di più e di più grave che malinconia, tristezza, misantropia; è una disposizione abituale dello spirito a considerare le cose dolorose con fissazione invincibile che può giungere sino alla pazzia. Molte volte è assoluta forma e manifestazione di demenza. Derivato lipemaniaco.

Lipemìa: ([testo greco] = grasso e alina = sangue: anormale quantità di materie grasse nel sangue.

Lipoma: term. med. ([testo greco] = grasso e il suffisso oma. Sinonimo di adipoma. Tumore formato di tessuto adiposo.

Lipotimìa: term. med. (eìjteiv = lasciare, e Ovjnós = animo) primo stadio della sincope (svenimento), cioè perdita della coscienza e della conoscenza, conservando però la respirazione e la circolazione.

Lippis et tonsoribus: si dice noto lippis et toìisoribus per dire conosciuto da tutti: letteralmente vuol dire ai cisposi ed ai barbieri. I primi, perchè non ci vedono bene, domandano a tutti di tutto, i secondi, perchè, sino dai tempi antichi, sono famosi per sapere bene la cronaca minuta. Le due parole sono tolte da un verso di Orazio (Satire, I, 7, 3): Omnibus et lippis notum et tonsoribus esse.

Liquidare: dal noto senso commerciale questo verbo spesso è usato familiarmente nel senso di finire, rovinare, spacciare. Es. liquidare uno, un uomo liquidato. Non è dal francese. Liquidare una questione vale risorverla risolutamente.

Liquoroso: per spiritoso, ricorda il francese liquoreux.

Lirismo: fr. lirisme, entusiasmo lirico (spesso con senso caustico, o di eccesso vizioso e artificioso).

Lisi: nel linguaggio medico significa il benefico e graduale risolversi di infermità, specialmente acute e febbrili, per virtù sopratutto del gran medico chiamato Natura: dal greco [testo greco] = soluzione.

Liso: in romagnolo vale logoro, e dicesi specialmente delle stoffe.

Lissa: termine medico in vece di rabbia canina, ([testo greco]= rabbia, furore, rabbia canina, idrofobia): lesione speciale della bocca che appare nel periodo di incubazione della rabbia. Consisterebbe secondo il Marochetti (1820) nella presenza di tumori piccoli alla estremità dei canali escretori delle glandole sottomascellari e sottolinguali.

Lissofobia: terrore o paura dell’infezione rabbica. V. Lissa e V. Fobìa.

Lista Civile: negli Stati costituzionali è così denominata la somma che le Camere legislative votano per le spese annue del Capo dello Stato. La locuzione ci venne di Francia, liste civile.

Listòn o lista: voce oramai storica del dialetto veneziano, che vuol significare l’andana nel mezzo della mirabile piazza di S. Marco in Venezia, per cui dame e cavalieri, pedoni e pedine sogliono passeggiare.

L’Italia degli Italiani: formula moderna del diritto di autonomia nazionale, come tante altre, quali l’America degli Americani (V. Dottrina di Monroe) l’Egitto degli Egiziani etc. V. Fumagalli, Chi l’ha detto? op. cit.

L’Italia è un’espressione geografica: V. Espressione geografica.

L’Italie est la terre des morts: storica ingiuria, dedotta dal Dernier chant du pélerinage d’Harold del Lamartine. Ingiuria vile e villana, giustamente rintuzzata in vario modo, dal generale Pepe, dal Giusti, da Marco Monnier; non mancante però di veritá storica. Cfr. il sonetto del Carducci a G. Mazzini, il quale vide

          la terra Italia, e con le luci fiso
          a lei trasse per mezzo un cimitero,
          e un popol morto dietro a lui si mise.

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L’Italia fará da sè: motto di re Carlo Alberto nel proclama ai popoli della Lombardia e della Venezia del 23 marzo 1848. Cfr. E. Masi, Il segreto del Re Carlo Alberto, Bologna, Zanichelli, pag. 181, 184. Vano augurio dei maggiori italiani!

Litantrace: (greco [testo greco] = pietra e [testo greco] = carbone) sinonimo di carbonfossile.

Litterae non erubescunt: variazione di epistola enim non erubescit. V. questo motto.

Littera enim occidit, spiritus autem vivificat: la lettera uccide, lo spirito vivifica (Epistola di S. Paolo ai Corinti II, 3. 6) sentenza audace, vera e felice! Essa è penetrata persino nel linguaggio burocratico con le due parole lettera e spirito, l’una a significare l’interpretazione materiale, l’altra l’interpretazione del pensiero o dell’intendimento, e dicesi specialmente di leggi, deliberazioni, regolamenti.

Lituuo: lat. lituus, il bastone curvo degli auguri, usato ne’ sacrifici (litare = propiziare) indi per simiglianza di forma la tromba di guerra, specialmente usata dalla cavalleria. C. S. Bach chiama lituus il corno.

Live stock: locuzione inglese del commercio: bestiame vivo.

Livellare: dal senso fisico dell’essere allo stesso livello, passò al senso morale, e per virtù di metafora pare più espressivo e forte di pareggiare, eguagliare, mettere alla pari. Così pure usatissima è la locuzione al livello, sempre nel senso morale, coi verbi essere e stare. Se anche sono gallicismi, convien pur dire che sono efficacissimi e costituiscono una metafora non difforme dall’indole della lingua italiana. Ma anche non fosse così, l’uso di queste parole è tanto volgato che ogni riprensione di puristi è vana cosa. le locuzioni nostre alla pari, allo stesso grado, a petto, a fronte, certo soffrono per l’intromissione di questo prepotente al livello, ma che farci?

Livello: V. Livellare.

Livragare: curioso verbo che sta — parmi — por iscomparire; formatosi dal nome del tenente Livraghi, il quale essendo capo della polizia italiana in Africa (Colonia Eritrea), adoperò senza scrupoli, verso gli indigeni quei mezzi punitivi che il sentimento e l’umanità condannano, ma che la necessità può giustificare, specialmente trattandosi di popoli malfidi e insensibili alla clemenza. Grande fu lo scandalo in Italia. Il sentimento politico protestò: livragare divenne sinonimo di sopprimere, uccidere in silenzio.

Lobbia (cappello alla): nota foggia di cappello, alla maniera di quello usato da Cristiano Lobbia (1832-1876).

Lo ben dell’intelletto: dicasi il e non lo, come dice taluno forse per dar sapore di frase antica all’emistichio dantesco. V. Il ben dell’intelletto.

Locale: fr. local, come sostantivo è gallicismo, ritenuto necessario dal Rigutini, invece di edifizio, indicandosi per locale «un luogo rispetto alla sua posizione e all’essere accomodato a certi usi, a cui serve o può servire». La Crusca accoglie, senza esempi, il nuovo sostantivo.

Localitá: fr. localitè, per luogo, postura è dal Rigutini chiamato «putrido francesismo», ma non solo l’uso e la vivezza impediscono a tale parola di putrefare, ma i diz. recenti la registrano senz’altro.

Localizzare: voce ripresa come gallicismo (localiser, da local = circoscritto ad un luogo) dai puristi: certo si potrebbe dire e si dice circoscrivere, se non che questo verbo e l’astratto localizzazione essendo usati nei vari linguaggi con significato scientifico, tale uso influisce su la forza della parola.

Lôcch: voce milanese. V. Teppista.

Loch: nome inglese, notato anche in fr. per indicare il solcometro a barchetta, istrumento usato in marina per conoscere il corso della nave. V. Nodo.

Lock-out: in inglese, chiusura, od è parola dell’uso nello scienze politico-sociali per indicare la sospensione parziale o generale, da parte dei padroni o proprietari, di una data industria, cagionata da mancato accordo o infrazione de’ patti da parte degli operai, li contrario cioè dello sciopero, o, in altri termini, lo sciopero del capitalo. I giornali, parendo questa voce [p. 314 modifica]forse poco chiara al publico, ne fecero la traduzione con la parola serrata.

Loco citato: lat. nel luogo citato.

Locomobile: (fr. locomobile). Il Lessico del Fanfani spiega: «addimandano la macchina che mossa dal vapore corre sulle strade ferrate». Questa è la locomotiva. La locomobile è una macchina a vapore fissa quando lavora; invece la locomotiva muovesi quando lavora.

Locomotiva: «(fr. locomotive). Così per locomobile come per locomotiva il popolo dice macchina. Ma ambedue le voci sono oramai necessarie al linguaggio degli scienziati, i quali non potrebbero contentarsi di quel termine generico» (Rigutini). Lo credo anch’io!

Loculo: lat. loculus = cassa, urna mortuaria.

Locum: nome di dolce, comunissimo in Turchia: consiste di una speciale crema candita, di media consistenza, dolcissima: v’è di color rosso e bianco.

Locus minoris resistentiae: locuzione e sentenza antica del linguaggio medico: «il luogo (dell’organismo) di minor resistenza (cioè già indebolito e colpito) è quello dove le infermità più facilmente si palesano». Si dice anche estensivamente di fenomeni morali, economici, politici.

Locus regit actum: termine latino giuridico, usato specialmente in diritto commerciale: vuol dire che le formalità di un atto devono seguire. le leggi del luogo dove esso è stipulato.

Loden: vecchia voce tedesca che significa una specie di pannilano con ispeciale preparazione in modo da essere impermeabile. Comune nel Tirolo, è venuto oggi di gran voga fra noi ed è molto usato per difesa dalle intemperie. Può ricordare l’orbaccio de’ Sardi.

Lodo: m. da lode: antica ed ottima voce tuttora in uso. V. Arbitraggio. Il lodo è la sentenza degli arbitri nel linguaggio legale, ed ha valore di sentenza appena sia dichiarata esecutiva dal magistrato.

Loffio: mencio, cascante, da poco. Voce presso che spenta nella lingua dell’uso, viva nel dialetto milanese (loffi) e nel veneziano (slofio). Voce di origine germanica, venutaci forse coll’invasione longobarda. Antico tedesco slaf = allentato, pigro.

Logismografìa: metodo speciale di registrazione in partita doppia, trovato dall’italiano Cerboni (Brevi elementi di logismografìa).

Loggia: assemblea, riunione di franco-muratori. Il luogo ove detta assemblea si tiene. In questo particolare senso, ora accolto dalla Crusca, la parola ci venne dall’inglese lodge (V. Massone) benchè, come etimologia, loggia sia — almeno è la più probabile opinione — di origine tedesca (laubia = laube = pergolato, frascato). «Quello che i Liberi Muratori chiamano loggia, essi (i Carbonari) baracca chiamavano» Botta, Stor. Ital. 4. 252, e tale è appunto il senso massonica di lodge.

Logistica: sost. fem., chiamasi nel linguaggio dell’arte militare quella parte della strategia che riguarda l’approvigionamento, l’accampamento, le sussistenze, i trasporti — prevede e provvede insomma al ben essere e a tutti i necessari bisogni delle grandi masse di milizia in campo: parte importantissima in cui spesso sta il segreto della vittoria. Questo neologisma ci proviene dal francese logistique (da [testo greco] = calcolatore). I nostri diz. non registrano che il senso di tale parola nelle matematiche.

Logomachia: leggesi in S. Paolo (Epistola prima a Timoteo, VI. 4) [testo greco]. Disputa, questione sull’uso e valore di parole e frasi: termine teologico e filosofico. Comunemente oggi dicesi per questione, diatriba vana e sofistica.

Logorrea: ([testo greco] = discorso e [testo greco] = scorro) flusso di parole, bisogno infrenabile di parlare che provano talora certi alienati. Dicesi talora di chi pur non essendo demente, manca del buon freno della ragione e dell’intelligenza e lascia quasi sfuggirsi le parole in interminabili ed insulsi discorsi.

Logos: gr. [testo greco] = discorso, racconto, ragione, nozione, definizione etc., magnifica parola che già nella lingua ellenica — genitrice del pensiero — indicava le molteplici manifestazioni dell’intelligenza [p. 315 modifica]della ragione. Passò in tutte le favelle culte in combinazione (logìa) di moltissime voci, per significare i vari processi dello studio e della scienza. Es. Teologia, Sociologia, Antropologia.

Lombarda: attributo dell’arte che sorse dalle tradizioni dell’architettura ed arte romana, fuse con la bizantina e la romanica francese. Si svolge nella valle del Po durante i secoli VIII -XIV. Prospera specialmente per opera degli artisti e degli architetti lombardi. Giova ricordare come nell’Evo medio Lombardia era nome dato a tutta la valle del Po. (In Lombardi o Latini in fatti l’Alighieri distingue i personaggi italici nella sua Divina Commedia).

Longherina: voce marinaresca: ciascuna di quelle due travi fissate ai lati dello scalo di costruzione, per servir di guida all’invasatura nell’atto del varo.

Longipenne: attributo di uccello appartenente al gruppo dei Longipenni (Longipennes), così chiamati per le ali lunghe ed appuntite, oltrepassanti qualche volta la coda. Ne sono esempi i gabbiani, le starne, lo rondini di mare, i mignattini.

Longue-vue: V. Lorgnon.

L’ordine regna in Varsavia: motto satirico che ricorda la terribile o sarcastica frase di Tacito che leggesi nella Vita di Agricola, capo XXX: auferre, trucidare, rapere falsis nominibus imiperium: atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant. Il motto originario è francese: l’ordre régne à Varsovie e trae motivo dalle parole diplomaticamente infelici la tranquillité régnait à Varsovie, pronunciate alla camera dei Deputati di Francia il 16 settembre 1831 dal ministro degli esteri, conte Orazio Sebastiani: l’ordine, cioè, e la tranquillità dopo l’eccidio russo della nobile città polacca, invano sollevata per la libertà. Il motto è spesso ripetuto fra noi, specie nel linguaggio dei giornali con senso sarcastico.

Lord Mayor: è il titolo del sindaco di Londra, rappresentante la monarchia nella capitale. Recentemente furono così denominati anche i sindaci di Liverpool, Manchester ed altre città importanti di Scozia ed Irlanda.

Lordosi: ([testo greco] = curvo) deviazione della colonna vertebrale a convessità anteriore.

Lord: voce inglese, seguita dal nomo proprio: è titolo che non appartiene di diritto che ai nobili di nascita o di nomina, come i membri della Camera alta, che è appunto detta dei Lords. È titolo altresì portato da qualche nobile che ne gode per diritto ereditario senza aver seggio in detta Camera. Dicesi per cortesia de’ figli maggiori de’ conti, duchi, marchesi. Dicesi anche come aggiunta onorifica di alcuni grandi ufficiali dello Stato. Nel vocativo si dice mylord.

Lorette: la definizione di questa parola, ora in disuso, è data garbatamente dal Balzac: «parola decente per esprimere lo stato d’una ragazza o la ragazza d’uno stato difficile a dire, e che nel suo pudore l’Accademia trascurò di definire, vista l’età dei suoi 40 membri...» La lorette aveva molte analogie con la grisette (V. questa voce). L’invenzione del nome Lorette è ordinariamente attribuita a Nestore Roqueplan, verso il 1846, il quale se ne vanta come di una bella parola che ha tolto di seggio molte brutte parole. Il nome proviene da un insieme di vie ove codeste ambulanti del marciapiede si aggiravano presso la chiesa di Notre-Dame de Laurette in Parigi. Lorette ha oramai ceduto il campo ad altre parole. Avvertasi tuttavia la ricchezza, varietà e la felicità della lingua francese nel determinare con vari vocaboli la donna di questo stato sociale.

Lorgnette: V. Lorgnon.

Lorgnon: lente concava per i miopi, convessa per i presbiti, che di solito si tiene in mano per un manico di metallo o di tartaruga che fa parte del cerchio onde è serrata la lente. Lorgnon e lorgnette derivano dal verbo fr. lorgner = sbirciare. Noi potremmo dire lente, occhialino. ma di solito prevalgono le voci francesi ove si tratti di quegli occhialini eleganti che costumano le donne, non solo per correggere la vista, ma altresì per darsi contegno. L’abuso delle voci francesi porta ad usare talvolta longue-vue, quasi che occhiale e cannocchiale, parole gloriose [p. 316 modifica]nella storia della scienza italica, fossero in ’oblio.

Loro: è chiamato da noi, come vezzeggiativo, il pappagallo, questo stridente animale che desta così facilmente la sensibilità affettiva specie delle donne! È voce spagnuolo-argentina, loro, lorito, lorita, che vuol dir rosso, dal colore del fondo di questi striduli pennuti.

Losanga: per rombo, parallelogrammo ad angoli opposti uguali ma non rettangoli, è gallicismo sfuggito ai lessici ed ai puristi (losange). Losange è in francese termine araldico, anzi questo ne è il primo senso. Da ciò lo Scheler trae l’arguta e ingegnosa etimologia da louange = lode. Cfr. la parola nostra lusinga.

Losca: term. mar., apertura circolare per dove passa la testa del timone.

Losco: per analogia allo sguardo non diritto, guercio (luscus), si dice familiarmente di figura o persona di dubbia rettitudine morale, nelle cui operazioni non ci si vede chiaro o si vede sporco.

Lo spavento del malvagio dev’essere combinato con l’innocenza del colpevole: goffa sentenza, resa popolare dal popolare attore comico milanese E. Ferravilla, in una commediola dialettale: riproduce ad arte la sentenza di Gaetano Filangieri che si legge sul frontone del Palazzo di giustizia di Milano: lo spavento del malvagio dev’essere combinato con la sicurezza dell’innocente. N.B. Udii l’arguto e scettico popolo nostro spesso parafrasare la grave sentenza così: «lo spavento dell’innocente dev’essere combinato con la sicurezza del malvagio».

Lo spirto è pronto, ma la carne è stanca: verso del Petrarca che chiude il sonetto Rapido fiume etc., ed è parafrasi del motto biblico: spiritus quidem promptus est, caro autem infirma (S. Matteo XXVI, 41).

Lo stile è l’uomo: versione della famosa sentenza del Buffon: le style est l’homme même; cioè nelle opere d’arte si riflette il temperamento dell’artista e il suo modo di sentire. (Cfr. Recueil de l’Acad. des Sciences, 1753, pag. 337). Frase fatta ed abusata.

Lotto: per parte, porzione (nelle aste, nelle vendite) è gallicismo ripreso dai puristi (fr. lot, dal tedesco). Accogliesi nel senso noto di Giuoco. Augurabile che con la cosa sparisca anche il nome! Lotto di cavalli, nel gergo dello sport, dicesi abusivamente per gruppo di cavalli.

Lotty: diminutivo inglese di Carlotta, Carolina. Grandissimo è il numero dei nomi femminili stranieri di cui si compiacciono le nostre donne. Ciò è creduto aggiungere leggiadria, non è così? V. Marie.

Louisette e Louison: parola del gergo francese che significa la ghigliottina.

Loulou: voce vezzeggiativa del gergo francese, fra amici ed amanti, non ignota fra noi in certo gergo: lulù.

Loure: voce francese di dubbia etimologia che significò cornamusa, poi il ballo della cornamusa, ed indica una antica danza campestre, di carattere grave, nella misura tripla composta (6/4).

Loustic: anche questa rara voce ho trovata in libri italiani! Essa è di forma francese, ma deriva dal tedesco lustig = gaio, gioviale, anche, il buffone della compagnia.

Loyalisme: voce inglese del linguaggio politico, tradotta in lealismo: indica la fedeltá alla Corona.

Loyd: questo nome, oggi notissimo, fu dato in Londra ad una compagnia che venne a formare come una succursale della Borsa, dove si trattava di assicurazioni marittime, di spedizioni, armamento di navi, etc. Questa compagnia marittima ebbe il suo nome da un caffè, tenuto nel secolo XVIII in via de’ Lombardi (Lombard Street) da un tale Lloyd, nel quale caffè si univano i detti armatori, assicuratori, sensali. A simiglianze di codesto istituto di Londra, altri se ne formarono poi nelle grandi città di commercio marittimo, conservando per analogia il nome.

Lucarino: è uno degli uccelli cantatori dei nostri paesi, piuttosto piccolo, gialloverdastro e cenerino, con macchie nere su la testa e alla gola. Il suo nome scientifico è Chrysomitris spinus. Altra grafia è lucherino (dal lat. ligurinus).

Lucelina: nome volgare dato in Milano al petrolio (il quale in alcune terre [p. 317 modifica]dell’Italia centrale è detto canfino, che propriamente era un olio illuminante ottenuto dalla pece greca ed usato prima del petrolio).

Lucido intervallo: sospensione temporanea nei pazzi delle idee deliranti: dicesi familiarmente per indicare un momento in cui il buon senso e l’intelligenza facciano lume nelle tenebre della coscienza del cervello. Leggesi nell’Ariosto, Orlando Furioso, XXIV, 3:

or che di mente ho un lucido intervallo.

Lucus a non lucendo: etimologia a contrariis, ricordata con compiacenza dagli antichi e tuttavia ripetuta come esempio di assurda derivazione o — ironicamente — di rapporto illogico tra causa ed effetto. Letteralmente vuol dire il bosco (lucus) è chiamato così perchè non splende. Questa etimologia assurda, ed esempio di assurdo, è citata da Quintilliano (De Instit. orat. I, 6) ed è attribuita ad un grammatico di nome Licomede. Fa il paio con l’altra: canis a non canendo, ed altre se ne sogliono inventare.

Lubbione: per loggione è neol. recente, formatosi sul piemontese e lombardo lobia = loggia. Lo accoglie il Petrocchi. Vero è che mi pare parola sciatta ed evitata, anche nel parlar familiare. Per l’etim., V. loggia.

Ludo: lat. ludus = giuoco, esercizio, scuola, spettacolo. Latinismo già usato in grave senso, oggi talora per lepidezza o in senso spregevole.

          a la vecchiezza io questi ludi
          invidiar non so.

Cfr. altresì Dante, Inf. XXII, 118.

O tu che leggi, udirai nuovo ludo.

Ludro: voce veneta e lombarda (luder) e significa astuto e birbante nel tempo stesso, cavalier d’industria, e dicesi anche per celia. Dal tedesco luder.

Lue: dal lat. lues = contagio, peste, voce usata dai medici, specialmente intendendo la lue sifilitica: fanno anche l’agg. luetico.

Lunch e luncheon: voce inglese. Vuol diro colazione, ma ecco: i gran signori, la nobile e ricca gente dopo alcun svago, caccia, diporto, offre non un ristoro, ma un lunch, il quale non potrà essere che splendido. Così parlando di banchetti ufficiali, di ricevimenti di carattere politico usasi di solito questa voce inglese, la quale è pure accolta nei dizionari recenti della lingua francese.

Lunel: specie di vino bianco francese di lusso e assai pregiato: dal nome della città di Lunel nella Linguadoca.

L’unghia del leone: (lat. ex ungue leonem) cioè dall’unghia distinguiamo il leone, cioè da piccolo cenno o saggio appare l’impronta dell’uomo geniale e forte.

Lunula: parte dell’unghia di forma semilunare, di colore bianchiccio o meno colorata che il resto, presso la matrice della detta unghia.

Luogo: aver luogo per accadere, avvenire, seguire come: in questo secolo hanno avuto luogo molti politici rivolgimenti; o per farsi, compiersi, tenersi, come: l’adunanza avrà luogo nel prossimo mese, «è un francesismo de’ più sfoggiati, e diciamo anche de’ più frequenti» (Rigutini). Ed è oramai divenuto tanto comune che chi l’usa avverte a fatica, anche se persona colta, che è francesismo.

Luogo comune: press’a poco come frase fatta, cioè espressione o locuzione d’effetto, in origine, ma che per il troppo ripetersi e non sempre a proposito, ha sapore di enfasi e di artificio retorico. Dal fr., lieux communs.

Luogo di decenza: curiosa e deforme versione del francese lieux d’aisances. V. questa locuzione.

L’uovo di Colombo: dicesi di cosa che tutti sanno fare, e chi fosse vago di leggero la storia di questa locuzione che è divenuta popolare, può leggere ne La Historia del Mondo Nuovo di M. Girolamo Benzoni, milanese, stampata in Venezia nel 1565, lib. I, cap. V. Simile facezia è dal Vasari attribuita al Brunellesco, ma riferita sempre a Cristoforo Colombo. I tedeschi hanno pure questa espressione proverbiale, Das Ei des Columbus; e così i Francesi.

Lupa: chiamano gli agricoltori con tal nome (V. Lupus) una malattia dell’olivo e del gelso, che corrode e infradicia [p. 318 modifica]l’interno del tronco. Vale carie. Si cura con un’operazione che i toscani chiamano Scattivatura (asportazione di ciò che è cattivo, guasto).

Lupa: occorre talora questo nome, specie in poesia, per significare spregiativamente la Curia Romana, Roma papale:

          Dal Tebro fiutando la preda
          la lupa vaticana s’abbatte su l’Eridano

.
Tale senso, come è noto, è tolto dalla interpretazione del simbolo Dantesco della Lupa. Inf. Canto I.

Lupo mannaro: V. Licantropia.

Lupus: dal lat. lupus; allusione all’opera corroditrice di questa malattia. Affezione della pelle, di origine tubercolare, con una tendenza ad invadere e distruggere. La voce lupo parmi meno usata e, in molti lessici, ommessa.

Lupus in fabula: antico proverbio latino, usato quando sopragiunge colui di cui si parla, e toglie a noi facoltà di ragionarne ancora. L’origine del proverbio è da ciò che il viso del lupo reputavasi pauroso a tal punto da togliere altrui la favella. Cfr. Ecloga X, 53; Ter. Adelph. 4, 1, 31, etc.

Lusingarsi: per il semplice sperare, credere etc. è neol. ripreso dai puristi come gallicismo (se flatter), giacchè a lusinga e lusingare si annette mal senso di blandimento, allettamento e simili. Troppo sottile ragionamento e troppo rigore, tanto più che il passaggio ideologico alla illusione o lusinga della speranza è così naturale; e poi la voce antica classica lusinga, non è dal francese?

Lussazione: term. med. (lat. luxare = lussare, slogare) spostamento permanente di due superfici articolari che hanno più o meno perduto i rapporti che normalmente avevano l’una verso l’altra.

Lussuoso: agg. di lusso, è assai frequente. Noi potremmo rinnovare l’antico senso all’agg. lussurioso o usare la parola sfarzoso o simili. Invece preferiamo fare italiana la voce francese luxueux, ben distinta nel senso da luxurieux.

Lustrare: nell’uso familiare di alcune regioni dell’Italia settentrionale vale adulare. Ma usasi in special senso e modo che, come tutte le sfumature del linguaggio, è difficile determinare.

Lutolento: aggettivo disusato, dal lat. lutum = fango, melma e perciò fangoso, chiazzato di fango, color del fango: lo rinnovò il Carducci nel Ça ira:

          Su i colli de le Argoune alza il mattino
          brumoso, accidioso e lutolento.

Lutreola: carnivoro del gruppo delle martore, affine alla puzzola, ma che, per i piedi palmati, viene anche chiamata Lontra minore. Nomi scientifici: Putorius lutreola, Lutra minor.

L’uva non è matura: così diceva la volpe che non poteva co’ salti raggiungere l’uva: nondum matura est, nolo acerbam sumere (Fedro), e così dicesi di chi ad arte spregia beni che non può ottenere.

Lyddite: nome inglese di esplodente a base di acido picrico, così detto dal luogo ove furono fatte le esperienze. I francesi dicono mélinite = melinite.