Fra duri monti alpestri

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Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Intestazione 4 agosto 2023 75% Da definire

Fra le Ninfe de' fonti Se per vostro diletto, occhi, mi ardete
Questo testo fa parte della raccolta Canzonette di Gabriello Chiabrera


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IV

Scherza colla Ninfa.

Fra duri monti alpestri,
     Ove di corso umano
     Nessun vestigio si vedeva impresso,
     Per sentier più silvestri
     5Giva correndo invano,
     Distruggitore acerbo di me stesso:
     Dal gran viaggio oppresso
     Io moveva orma appena
     Affaticato e stanco;
     10E nell’infermo fianco
     A far più lunga via non avea lena,
     Tutto assetato ed arso,
     Di calda polve e di sudor cosparso.
Quando soavemente
     15Ecco che a me sen viene
     Amato risonar d’un mormorio:
     Volsimi immantenente,
     Nè più chiare o serene
     Acque gir trascorrendo unqua vidi io:
     20Fonte di picciol rio
     Fra belle rive erbose
     Discendea lento lento:
     Il rivo era d’argento,
     E l’erbe rugiadose, ed odorose
     25Per la virtù de’ fiori;
     Fiori, che avean d’April tutti i colori.
Come sì vinto io scôrsi
     Il puro ruscelletto,
     Che di sè promettea tanta dolcezza,
     30Così rapido corsi;
     E già dentro del petto
     Sentíöa di quell’amabile freschezza:
     Oh umana vaghezza,
     Ben pronta e ben vivace
     35A’ cari piacer tuoi,
     Ma sul compirli poi
     Rare volte non vana e non fallace!
     Lasso che posso io dire?
     Sparso è di mille pene un sol gioire.
40Sulla bella riviera
     Bella Ninfa romita
     Si facea letticel della bell’erba,
     A rimirarsi altiera
     Per beltate infinita,
     45E per fregi, e per abiti superba:
     Come mi vide, acerba
     Gli occhi di sdegno accese,
     E cruda in piè levossi,
     E di grand’arco armossi
     50La man sinistra, e con la destra il tese,
     Quanto poteo più forte,
     E prese mira, e disfidommi a morte.
Io riverente, umile
     Mi rivolgeva a’ prieghi
     55Tutto in sembianza sbigottito, e smorto:
     Alma Ninfa gentile,
     Perchè sì t’armi, e nieghi
     Un sorso d’acqua a chi di sete è morto?
     Mira, che appena io porto
     60Per questi monti il piede;
     Mira, che io m’abbandono:
     Fia per cotanto dono
     Ad ogni tuo voler serva mia fede:
     Deh serena la fronte!
     65Non, perchè io beva, seccherà tuo fonte.
Mentr’io così dicea,
     Ella pur come avante
     Di scoccar l’arco, e d’impiagar fea segno:
     Allora io soggiugnea:
     70O Ninfa, il cui sembiante
     Via più del ciel, che della terra è degno,
     Mira, che qui non vegno
     Sconosciuto Pastore
     Di queste oscure selve,
     75Nè d’augelli, o di belve
     Per la mercede altrui vil cacciatore:
     Io mi vivo in Permesso
     Caro alle muse, ed al gran Febo istesso.
Colà fin da prim’anni
     80Fu mia mente bramosa
     Le tempie ornarsi di famoso alloro;
     E con non brevi affanni
     Sulla cetra amorosa
     I modi appresi di sue corde d’oro:
     85Oh se per te non moro
     Digiun di sì bell’onda,
     Come per ogni etate
     A tua chiara beltate
     Ogni beltate si farà seconda?
     90Sgombra, o Ninfa, l’asprezza;
     Non risplende taciuta alta bellezza.
A questi detti il viso
     Ella girommi umano,
     Sicchè nel petto ogni paura estinse;
     95E con gentil sorriso
     I gigli della mano
     Bagnò nel fiume, e di quell’acque attinse;
     Indi vêr me sospinse
     La desïata palma
100Colma di dolce umore.
     Su quel momento, Amore,
     Di’ tu, che fu del cor, che fu dell’alma?
     Ob momento felice!
     Ma la memoria è ben tormentatrice.