Guida della Val di Bisenzio/Parte seconda/1

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1. Da Prato a Vernio (Lungo il Bisenzio)

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1. Da Prato a Vernio (Lungo il Bisenzio)
Parte seconda Parte seconda - 2
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LUNGO IL BISENZIO


DA PRATO A VERNIO


itinerario n. 1.

Indicazioni utili.

Avvertenza. — Il Viaggiatore che prima delle gite in Val di Bisenzio o dopo volesse visitare la città di Prato e i suoi monumenti può acquistare al prezzo di Lire Una la Guida della Città di Prato in Toscana presso Stefano Belli. Via Ricasoli N. 2.
Alberghi e Trattorie in Prato. — Ristoratore e Albergo Contrucci, Piazza del Duomo; Ristoratore e Albergo del Giardino, Via Magnolfi; — La Colonna, Via dei Lanaioli.
Caffè. — l’Italia, Borgo al Cornio; Bacchino e Delle Logge, Piazza del Comune.
Biscotteria. — Rinomati sono i Biscotti e Cantucci di Antonio Mattei, Via Ricasoli già Via dell’Appianato, premiato alle Mostre di Parigi, Londra, Vienna, Filadelfia, ecc. — Gli escursionisti faranno molto bene a provvedersi dì questi cantucci, comodi a portarsi per la loro leggerezza e il poco volume: si conservano lunghissimo tempo e nelle lunghe marcie, bagnati in un bicchiere di vino o in una tazza di latte caldo, ristorano grandemente lo stomaco.
Ufficio postale. — In piazza del Comune.
Telegrafo. — Piazza XX Settembre. Sta aperto dalle 7 ant. sino alle 9 pom. Nelle ore della notte l’Ufficio della Stazione ferroviaria accetta e trasmette i telegrammi.
Osservatorio Meteorologico. — Nel R. Orfanotrofio Magnolfi. Gli escursionisti potranno registrarvi o confrontarvi i loro barometri.
Vetture per Città. — Alla Stazione della ferrovia od in Piazza di S. M. delle Carceri, Stazione del Tramway, si trovano sempre vetture ad ogni arrivo.
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TARIFFA per le Vetture pubbliche


INDICAZIONE
DEL SERVIZIO
| DIURNO | NOTTURNO
| |
| 2 cavalli | 1 cavallo | 2 cavalli | 1 cavallo

|
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Interno della Città. | | | | | | | |
Per una qualunque corsa | 1 | 00 | · | 60 | 1 | 30 | 1 | 00
Prima mezza ora | 1 | 50 | 1 | 00 | 2 | 00 | 1 | 25
Ogni mezza ora successiva | · | 75 | · | 50 | 1 | 00 | · | 60
Fuori di Città | | | | | | | |
nel territorio comunale | | | | | | | |
Prima mezza ora di servizio | 2 | 00 | 1 | 25 | 2 | 50 | 1 | 50
Ogni mezza ora successiva | 1 | 50 | · | 75 | 2 | 00 | 1 | 00

N. B. Le strade di circonvallazione della Città sono considerate come poste entro la Città stessa agli effetti della tariffa presente. Per ogni oggetto di bagaglio che non possa collocarsi nell’interno della vettura centesimi 20.

Vetture per la Valle o i dintorni. — Calamai Giosuè — Via dell’Oche — Franchi David — Piazza S. Francesco — Guarducci Leopoldo — Via de’ Tintori.
L’Impresa Calamai ha un buon servizio di Vetture per città e campagna e tiene il servizio postale Prato-Vernio in corrispondenza con Montepiano-Castiglioni. Anche Leopoldo Guarducci detto Bistecca ha buone vetture pel servizio nella Valle fino a Castiglioni.
Il servizio postale ha il seguente orario:

d’inverno

Parte da Prato a ore 8 ant. Parte da Vernio a ore 7 ant.
ore 2 pom. ore 2 pom.
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d’estate

Parte da Prato a ore 8 ant. Parte da Vernio a ore 6 ant.
» ore 3 pom. » ore 3 pom.

Tariffa

Da Prato a Vaiano o viceversa L. 0, 50
» Carmignanella o viceversa » 0, 70
» Vernio o viceversa » 1, 00
Il percorso in Omnibus — Prato-Vernio ore 3
» in Vettura particolare » 2,30

Per le vetture particolari Prato — Vernio — Montepiano — Castiglioni, è stabilita la seguente tariffa per l’Impresa Calamai.

Vettura a 1 cavallo per Vernio andata soltanto L. 6
» 1 » Vernio andata e ritorno » 9
» 2 » Vernio andata soltanto » 12
» 2 » Vernio andata e ritorno » 18
» 1 » Montepiano andata soltanto » 10
» 1 » Montepiano andata e ritorno » 15
» 2 » Montepiano andata soltanto » 20
» 2 » Castiglioni andata soltanto » 30

N. B. — Quanto prima sarà attivato servizio Omnibus a Montepiano e Castiglioni.

Itinerario.

Da Prato a Vaiano a piedi 2 00
Da Vaiano a Carmignanella » 0 50
Da Carmignanella a Mercatale » 1 20
Da Mercatale a S. Quirico di Vernio » 0 15

Totale 4 20


[p. - modifica]Veduta di Prato
Disegno di V. Rocchi da una fotografia R. Ballandi
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= Prato1, è una piccola città industriosa e commerciante con poco più di 14,066 ab.2 sulla destra del Bisenzio, lungo la ferrovia Firenze-Pistoia, con mura castellane del sec. XIV. Intorno all’origine sua varie sono le opinioni: secondo il Malespina3, i pratesi l’edificarono poco avanti il mille e Prato l’appellarono, perchè dov’è oggi la terra, era uno bello prato.

Dapprima si resse con proprie leggi e magistrati propri, libera da ogni straniera soggezione, ma turbata dalle fazioni guelfe e ghibelline. A trovare un po’ di quiete ed a scemare il danno delle discordie fraterne, si mise insieme con altri popoli della Toscana sotto la protezione di Roberto Re di Napoli, capo dei guelfi in Italia, sinchè nel 1350 la Regina Giovanna, di triste memoria, patteggiava per 17000 fiorini la cessione dei diritti di mero o misto impero sulla città con la Repubblica fiorentina, la quale [p. 32 modifica] trattò i pratesi come amici ed alleati anzichè sudditi e vassalli.

E questa sua unione con Firenze le costò molto cara, perchè nel 1512, consenziente il Card. Giovanni de’ Medici, poi Leone X, fu devastata dalle bande spagnole guidate dal Cardona a riporre in Firenze la famiglia medicea, le quali diedero a Prato il famoso sacco, massacrando più di 5000 persone e per ventidue giorni rubando e guastando quello che non potevan portar via. Dopo questa sciagura divenuta preda dei Medici, n’ebbe dal loro governo l’ultimo colpo, sinchè sotto Pietro Leopoldo di Lorena si rianimò con le nuove industrie, le quali per l’operosità ed abilità dei cittadini crebbero di numero e d’importanza a beneficio della sua popolazione. =

Itinerario. Da Prato la via per Porta a Serraglio4 raggiunge in 15 minuti un borghetto di case, S. Martino, dove sino dal mille era un monastero di monache5: a sinistra una strada va a Figline e al Monteferrato, (V. Itin. 3). A destra, poco distante è la bella Villa detta dei Coccoli posseduta dall’antica famiglia pratese de’ Rinaldeschi, ora dai Naldini Del Riccio. Nel maggio del 1520 vi fu ospitato il Card. Giulio de’ Medici, che fu poi Papa Clemente VII. Il Comune di Prato mandò un’ambasceria ad ossequiarlo e presentargli magnifici doni. Qui pure fu accolto il [p. 33 modifica] Duca Cosimo I nel luglio del 1541, quando visitò il corso del Bisenzio.

Poco più avanti, passata la chiesa di Coiano, trovasi a sinistra una strada, vi dicono alla Croce di Coiano: sale alla Villa delle Sacca ed al M. delle Coste (V. Itin. 6). Da questo punto comincia la bellezza del paesaggio all’intorno; la Valle si ristringe per l’avvicinarsi dei monti. A destra, a mezza costa si mostran le chiese dei popoli di Filettole, Carteano, Canneto; l’amena postura della Villa Rucellai, la più ragguardevole di quei contorni richiama l’attenzione dell’osservatore: a sinistra davanti a sè la Villa dei Da Filicaia, presso il borgo di S. Lucia, che sta a piè dello sperone delle Coste. La veduta che si ha salendo a mezzo monte dietro questa Villa è ammirabile: d’inverno, quando il terreno sia chiazzato di neve, il paese all’intorno, a cagione della ben disposta località, veduto da quel punto presenta bellissima vista.

= S. Lucia, una delle 48 Ville dell’antico contado pratese fino dal secolo XIII, nulla ha che richiami l’attenzione del viaggiatore, salvo un affresco che si crede della scuola del Gaddi esistente nella sacrestia della parrocchia, guasto per l’ingiurie del tempo, incuria ed ignoranza degli uomini. Da questo borgo sino dal secolo XII si deriva sulla sponda destra del Bisenzio l’acqua nelle gore per mulini, gualchiere, tintorie ecc. esistenti sino da quell’epoca. Un documento dell’anno 1129 attesta del dominio che i Conti Alberti avevano sull’acque del Bisenzio, poichè riferisce che i due fratelli Conte Bernardo Nontigiova a Conte Malabranca degli Alberti [p. 34 modifica] insieme alla contessa Aldigarda rinunziarono nelle mani d’Ildebrando, proposto della pieve di S. Stefano di Prato, i diritti loro sulla gora che conduce l’acqua al mulino della Villa di S. Lucia, purchè dal pievano e dai suoi successori si pagassero ogni anno 24 staia di grano.

Di questo mulino, detto oggi Mulinuzzo, restano ancora gli avanzi lungo la strada sul Bisenzio fra le ultime case del borgo e il mulino della Torricella luogo gradito ai pescatori.

A S. Lucia è la famosa pescaia o chiusa detta il Cavalciotto (vedi a pag. 11). =

Passato il mulino e lanificio della Torricella la Villa che si vede subito dopo in mezzo ad un piccolo parco, appartenne ai Mugnesi, oggi ai Leonetti; di qui il paese comincia a farsi alpestre e dopo pochi minuti s’entra nella Valle propriamente detta alla Madonna della Tosse, (40 min.): tutto all’intorno arieggia i paesaggi svizzeri.

A sinistra il M. delle Coste aspro e scosceso a destra sulla via il tabernacolo della Madonna della Tosse; dipinto del 400, forse di Antonio Miniati (1430), del quale lo storico Miniati dice: dipinse in più luoghi a fresco di chiaro oscuro fuori e dentro alla terra.

Era qui un antichissimo ponte detto Arzana, oggi a Zana; forse laddove fu costruita la pescaia Leonetti.

In un muro a sinistra del ciglione del poggio, di faccia alla bella pescaia, leggesi la seguente epigrafe del celebre Luigi Muzzi pratese. [p. 35 modifica]


gloria a dio salvatore
e alla santissima genitrice.
qui nel 1849
giuseppe garibaldi
terrore dei nemici d’italia
cercato a morte come belva feroce
aspettò da prato quei fidi
che diretti dal cielo sua preziosa vita
per l’italica indipendenza
tra mille rischi salvarono
e qui nell’odierno anniversario
esultanti i pratesi
con solenne decreto
lo acclamarono cittadino
non per accrescere onore a tanto eroe
ma si acquistarne immenso da lui
l’anno 1860
il comitato dell’unità italiana
di prato
pose questa memoria

= Non sarà discara al lettore la narrazione del passaggio di Garibaldi per la Val di Bisenzio, molto più che nessuno dei suoi biografi l’accenna, sebbene meriti che sia a tutti noto come per il coraggio e il patriottismo di pochi generosi avesse egli salva la vita, posta ad evidente pericolo nei monti del Bisenzio.

Caduta il 3 luglio 1849 la Repubblica romana, se n’era sparsa rapidamente la nuova per le terre italiane. I francesi entrativi da trionfatori senza trovare resistenza; i prodi difensori, o morti combattendo, o feriti per gli ospedali o per le case, o fuggiaschi; [p. 36 modifica] tra questi Garibaldi. Gl’italiani contristati volgevano gli animi commossi e le speranze a Venezia, che, sola, eroicamente difendeva la sua libertà contro l’Austria. S’era sparta la voce che Garibaldi con un pugno d’uomi risoluti marciasse verso la laguna e s’affrettava da tutti il suo cammino a salvezza dell’intrepida e generosa città. Novello Ferruccio si gettò per i monti; e mentre al capitano della Repubblica fiorentina s’opposero le picche spagnole nei castagneti e nei Castello di Gavinana; all’audace difensore di Roma contrastarono il passo e le difficoltà delle marcie in mezzo a pericoli e sofferenze d’ogni sorta, e l’impossibilità di penetrare dentro Venezia.

Si disperse la banda, curando ciascuno alla propria salvezza. Il Garibaldi restò solo con pochi fidi e la sua povera Annita: incinta e malaticcia, l’aveva seguito attraverso il periglioso e disagiato cammino; e là, in mezzo alla melanconica pineta di Ravenna, in una casuccia solitaria, se la vide spirare fra le braccia.

Composte in pace le amate ossa, tentò di nuovo ma invano d’entrare in Venezia. Allora gettatosi alla montagna, cerco a morte come una fiera e dai soldati dell’Austria e dagli sgherri italiani della reazione, fu suo pensiero di ridursi in salvo in Liguria per la via dei monti. Insieme con un solo compagno pare che risalisse la valle del Santerno e dal passo della Futa per i poggi dell’alta Sieve facesse capo a Montecuccoli. Qui prese una guida, perchè per la via più corta lo conducesse al Bisenzio; e vi giunse per il sentiero di Valle passando dalla Rocca di Cerbaia, fermandosi in casa del mugnaio Luigi [p. 37 modifica] Biagioli, detto Pispola, sulle prime ore del giorno 25 agosto 18496.

Alla guida diede un pezzo d’argento da lire cinque, e la generosa ricompensa fece credere persona importante il donatore, e se ne sparse la voce lì per le case all’intorno.

In quel tempo si raccomodava la via provinciale a Rilaio poco dopo Vaiano, e a Cerbaia: assistevano ai primi lavori gli accollatari Sequi Francesco ed Enrico, padre e figlio, e stavano a Vaiano. Il giovine Enrico Sequi, appassionatissimo per la caccia, partito codesta mattina con un fucile in ispalla per cacciare s’era ricoverato sul mezzo del giorno da Michelangiolo Barni a Colle, e costì saputo che due sconosciuti erano in casa di Pispola, venuti dicevano la gente, dal Mugello, pensò che potessero essere profughi delle schiere garibaldine; perchè andavasi [p. 38 modifica] vociferando che si erano disperse per l’Appennino, Allora condusse seco il Barni dicendo: andiamo a vedere. Giunti da Pispola chiesero di questi nuovi arrivati: dormivano su in una camera del mugnaio. Il Sequi adducendo una scusa salì e col Barni entrò nella stanza. Garibaldi s’alzò a sedere, il compagno dormiva; senza scomporsi domandò che volessero. Al giovine parve raffigurare in quella faccia maschia e ardita, la faccia del Garibaldi, e rassicuratolo gli chiese che se fossero fuggiaschi delle bande garibaldine, stesse pur tranquillo; era fra amici. L’altro non volendo scoprirsi rispose che girando per i monti s’erano smarriti e in così dire fissava il giovine quasi per leggergli in cuore. Ma questi caldissimo per la causa italiana e per i suoi difensori, tornò con più ardire e vivezza di parole, dalle quali traspariva tutta la verità dei sentimenti, ad assicurare della fedeltà sua e dell’amico che aveva quivi condotto, facendogli conoscere che si affidasse pure a loro e finendo col dire: ma voi non potete esser che Garibaldi!

«Sì, sono Garibaldi, rispose allora il Generale, e mi metto nelle vostre mani.»

Michelangiolo Barni, che vive anche oggi padrone di una pizzicheria e drogheria a Carmignanello, raccontandomi in questa estate quanto ho esattamente riferito, mi diceva:

«Quando il Sequi sentì questo, gettò le braccia ai collo al Garibaldi e cominciò a baciarlo con un’effusione d’affetto tale, come se fosse suo padre e l’avesse ora riveduto dopo molti anni. Ma io l’avvertì che non si facesse sentire, perchè non si poteva esser tanto sicuri: dei codini ce n’era anche a Cerbaia.» [p. 39 modifica]

Garibaldi voleva pigliar la montagna e andare all’Abetone e di là per i monti passar nel genovesato. Ma il Sequi lo dissuase dicendo che all’Abetone erano gli austriaci e bisognava scegliere un’altra via; e intorno a questo si sarebbe consigliato con gli amici di Prato.

Lo lasciò da Pispola e detto al Barni che tenesse pronto il suo cavallo e il suo legno per la sera, ritornò in fretta a Vaiano e di là a Prato a casa del D. Francesco Franceschini, che stava pochi passi fuori la porta del Serraglio. Questi, sebbene ammalato, saputo di che si trattava, s’alzò e andò a trovare l’amico suo Maggiore Antonio Martini per aver consiglio e provvedere.

In Prato allora stanziava un battaglione di Austriaci, ed i reazionari v’erano assai e pronti a tutto: bisognava dunque usar prudenza ed avvedutezza.

Sentito il parere d’altri patriotti, fra i quali Iacopo Martellini, noto seguace delle idee mazziniane, fu deciso di far venire a Prato Garibaldi e il suo compagno e con scorta sicura mandarlo per Poggibonsi al Bagno al Morbo in Maremma, raccomandandolo all’amico Girolamo Martini, perchè egli trovasse il modo di fargli raggiungere la spiaggia del Tirreno e scamparlo al pericolo che lo minacciava. Il Sequi stabilito il da farsi riparti per la Val di Bisenzio. La sera, per non destar sospetti, aspettarono che i lavoranti alla strada di Cerbaia avessero lasciato il lavoro e allora il Barni mandò un suo uomo colla vettura; Garibaldi e il compagno insieme col Sequi se ne vennero verso Prato. A Vaiano, dov’era il padre del Sequi, si fermarono pochi [p. 40 modifica] minuti in casa Bardazzi7, e poi seguitarono sino alla Madonna della Tosse; lì dovevano attendere la vettura da Prato che sarebbe venuta a prendergli.

Sulla destra del tabernacolo della Madonna della Tosse v’era, come oggi, meno la grande casa costruitavi dopo, una strada che conduce a Gamberame, fiancheggiata da acacie; là, fra quell’ombria, fuor di mano, i profughi attesero gli amici.

Il Magg. Martini aveva spedito un suo fidato, mediatore di cavalli, Gaetano Vannucchi, uomo svelto, pronto, risoluto. Costui giunse alla Madonna della Tosse alle 11 di notte tornò a Prato con il Sequi, Garibaldi e il compagno, e furono ricoverati verso mezzanotte nella stazione della ferrovia consigliando la prudenza a non farli entrare in città. Allora era Capo-stazione Tommaso Fontani, che di buon grado aderì a ricevere i due inseguiti ponendo a rischio sè stesso e l’ufficio suo. Sopra un pianerottolo di scala per la quale i viaggiatori, presi i biglietti, salivano sulla stazione, Garibaldi stette due ore la notte dal 25 al 26 di agosto e quindi una carrozza provveduta dal Magg. Antonio Martini, condotta nella Via [p. 41 modifica] Pomeria presso la Stanza Mortuaria, lungo le mura fra Porta a Serraglio e Porta Pistoiese, partiva trasportando i due profughi a Poggibonsi e di là per la Maremma al mare, dove imbarcatisi per Porto Venere si posero in salvo. La mattina per tempo la polizia e i Cacciatori Volontari, specie di guardia civica d’allora, saputo del passaggio di Garibaldi furono subito in moto; però le loro ricerche non approdarono a nulla. Il Sequi fu imprigionato, ma non potendosi trovar modo di condannarlo, riebbe la libertà. Pispola, che forse parlò più d’ogni altro, fu arrestato, poi rimandato dopo un mese di carcere. Gli altri non ebbero altre vessazioni che la vigilanza severa della vecchia polizia granducale.

Al Sequi Garibaldi lasciò per ricordo l’anello della sua poveva Annita, sul quale l’egregio giovine fece incidere la data della memorabile notte.

Nella parete del pianerottolo, ove si trattenne Garibaldi, fu murata questa epigrafe, che pur oggi si legge:

qui

giuseppe gariraldi
sottratto alle austriache insidie
fermossi due ore
la venseesima notte d’agosto
del 1849

germi di tanti italiani trionfi

Dalla Madonna della Tosse sino alla Briglia corrono tre chilometri di strada, oltre ogni dire pittoresca, che desta un mondo di reminiscenze panoramiche alpine in chi percorse le Alpi, poichè tutto [p. 42 modifica] concorre a dar quivi alla Valle un carattere alpestre spiccatissimo.

A sinistra s’erge il M. delle Coste (531 m.): appare imponente e grandioso più di quel che non sia, per la ripidezza dei fianchi che sprofondano, per quei costoloni di macigno che dal sommo delle spalle del monte salgono contorti alla cima, per massi enormi lì quasi a staccarsi e rotolare al fondo, per quelle folte boscaglie di conifere che ne rivestono le pendici, specialmente vicino alla Briglia, dove è più ripido e petroso.

La bella strada, che lievemente salendo passa per le Coste, è fiancheggiata nella parte inferiore da una fila di cipressi che le danno aspetto fantastico. La casa che vedesi laggiù sulla sinistra del fiume è Gamberame; ove è un’antica ramiera; la strada, che di là sale, s’unisce a quella di Fabio (V. Itin. 18, Via c.). Più avanti, ad una voltata della via provinciale che strapiomba sul fiume, vedesi nel letto una pigna di ponte; eravene uno antichissimo, sul quale la strada passava per salire alle ville del contado pratese, Meretto o Meletto, Fabio, Faltugnano, Parmigno e alle alture di M. Cagnani. Anche oggi chi ben riguardi, ritrova le tracce della vecchia via lastricata che valicava il ruinoso Rio e saliva nella grande e popolosa città di Meretto, la quale posta quasi sulle spalle del felice Bisenzio già diede leggi a tutta quella valle e ora, o gran varietà delle cose umane! è divenuta sede di arbori e di viti nidio di volpi e cova di lupi; così novellava quell’ameno scrittore di Messer Agnolo Firenzuola8. Oggi Meletto, [p. 43 modifica] invece di nido di volpi e cova di lupi è luogo delizioso per la sua posizione, dalla quale si domina lo sbocco della valle e si gode anche nei calori della state le frescure dell’appennino. La villa di antica costruzione, riccamente restaurata, appartiene ai Signori Spranger, eredi del Cav. Hall, proprietario della bella tenuta della Briglia.

Sulla foce del Rio di Meletto vedesi la Cartaia vecchia, un’antica casa oggi ridotta ad altro uso.

Dove la strada ritrova i campi, appare la Briglia (40 min.), un grandioso fabbricato sormontato da un alto camino da fonderia. Ed infatti la società Hall e C.i ridusse e ingrandì il locale per la lavorazione del rame che vi si trasportava dalle miniere di Montecatini in Val di Cecina, mentre per l’innanzi era stata una fabbrica di carta e delle più rinomate della Toscana. La fonderia acquistò credito, si fecero grossi guadagni, si trasformò in meglio quasi totalmente il luogo per l’opera e l’ingegno di Giuliano Orlandini, direttore, ingegnere, meccanico, architetto.

Nel 1846 una parte della popolazione della Val di Bisenzio più vicina alla Briglia, e specialmente i contadini aizzati da chi doveva illuminarli e calmarli, spinti dalla ignoranza e dal mal animo, armati e minacciosi assalirono la fonderia, gridando che il fumo del camino della Briglia fosse la sola e vera cagione della pochezza delle raccolte e recasse gravissimo danno agli olivi ed alle viti. Il tempo fece chiaramente conoscere da che parte era il torto, sebbene la scienza avesse assicurato che nessun pregiudizio poteva arrecare.

La lavorazione del rame cessò non per le grida e le minaccie dei contadini ignoranti, ma per ragioni [p. 44 modifica] economiche e commerciali. Oggi sta per riaprirsi destinata ad essere il più grande lanificio della Valle9.

Dopo la Briglia, sulla sinistra del fiume appare il nuovo lanificio Forti detto dell’Isola presso la Fattoria ai Piani; e il monte boscoso che lo ripara dai venti è il Maglio, (421 m.) bel contrafforte che da Savignano si slancia a sbarrare il corso al Bisenzio.

Era qui in antico un ponte, detto dell’Isola: e nel popolo di Maglio, una delle 48 ville del contado pratese, oggi riunita a Fabio, vi aveva nel 1490 una casa di campagna Filippo Strozzi, avo di quel Filippo fatto prigione a Montemurlo da Cosimo I e che fece inalzare in Firenze il maraviglioso palazzo da Benedetto da Maiano e da Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca.

La stradicciuola che sale a sinistra fra campi coltivati e un bosco di cipressi conduce alla chiesetta di Popigliano (15 min.); un luogo romito ed ameno a piè del M. Altociglio e delle Coste.

Mezzo chil. più avanti si trova a sinistra presso il fosso della Tignamica una casa; è una trattoria10, alla quale convengono molti da Prato nella state per godervi il fresco della Valle e mangiarvi i saporiti pesci del Bisenzio. Di qui per un sentiero lungo il torrente si sale a Grisciavola e Cantagrilli, ricordati dal Firenzuola. La strada carrozzabile, che sale a sinistra passato il Rio, conduce alla Fattoria del Mulinaccio (25 min.) (V. Itin. 9). Dopo breve tratto trovasi a destra il ponte del Buonamici e la strada [p. - modifica]Il Villaggio di Vaiano
Disegno di V. Rocchi da una fotografia R. Ballandi
[p. 45 modifica] che vi passa, va a Sofignano e Savignano (V. Itin. 2). Intanto apparisce Vaiano e mentre si varca sopra un ponte il Rio del Mulinaccio, si vede a sinistra su in alto la Villa Vai ombreggiata da un bosco. Si giunge a Vaiano in 15 minuti.

È questo il borgo più importante dopo Mercatale e S. Quirico di Vernio; ma il primo di tutta la Valle per l’industria manifatturiera e per operosità degli abitanti. È dei più antichi della Vallata; ebbe un tempo le sue porte come un castello11.

Vi fu una Badia fondata dai monaci cluniacensi fino dal 1073 e da questi ceduta poi ai Vallombrosani, ricca di terre e di boschi sinoltre l’Appenino verso Bologna; ciò bastò, dice il Repetti, perchè «al pari dei più doviziosi monasteri, anche questo fosse dato in commenda; e con simile titolo lo godè per qualche tempo il Card. Giov. de’ Medici12». Uno degli abati titolari di Vaiano fu anche il Firenzuola. I monaci vi rimasero fino al 1808 epoca della soppressione; ora questo grandioso fabbricato serve per uso di abitazione e di scuole; e serba ancora le tracce dell’antica opulenza. La torre, oggi campanile, rassomiglia quella del monastero di Vallombrosa e fu edificata nel 1258; la chiesa, a tre navate, ha [p. 46 modifica] due quadri del Butteri scuolare del Bronzino. La vasta tela che si vede dietro l’altar maggiore nella parete del coro è del 1691 ed è opera di E. B. Garbi, fratello del P. Abate Garbi, come si rileva da un cartello che un gatto dipinto in fondo al quadro tiene fra le zampe: Hilarion Garbi jussit, Joannes Baptista ei frater pinxit, Flora utriusque parens. Il Repetti fu tratto in errore dicendola opera dei fratelli Flora o Floris; lesse male quel cartello, allora quasi illeggibile; ma oggi, restaurato il quadro per cura del Priore Materozzoli, apparve chiara e visibile l’epigrafe.

In Vaiano era un Ospizio per raccogliere i viandanti che valicavano l’Appennino di Montepiano passando per Val di Bisenzio; e vi furono pure due monasteri di monache, uno in luogo detto anche oggi Borgovecchio, l’altro nel borgo sulla sinistra della via, che passando il Rio va a Castagneta.

Due grandiosi edifici per lavorazione delle lane sono a Vaiano, uno sulla sinistra del fiume prima del borgo, in luogo detto al Ridolfi; l’altro sulla destra sotto la via provinciale, poco distante dalla Badia.

Passato il Borgo, lasciata a sinistra la pittoresca cascata del fosso di Rilaio, si giunge ad un bel gruppo di case detto al Fabbro, alcune delle quali sono costruite sopra una roccia che cade a piombo in Bisenzio; si scende a Caino, ove è una bottega di commestibili; e a Caino fa capo la via per Migliana. (V. Itin. 10, Via b).

Oltrepassato il Rio di Migliana, ecco in una bella prateria la Villa de’ Conti Guicciardini già de’ Conti Alberti e poi de’ Bardi di Vernio; dopo breve cammino la chiesa o Pieve, anticamente detta di [p. 47 modifica] Pisignano, oggi d’Usella: si vuole che esistesse sino dal 997, e sarebbe la più antica della Valle. Fu qui pievano, non è molto un Ghiberti, l’ultimo discendente della famiglia del celebre artista che fece le porte del Batistero di S. Giovanni a Firenze13.

Da Usella si giunge ai Ponti di Colle in 10 m.; il primo ruinò e fu ricostruito ad un arco solo nel 1618; l’altro a quattro archi sembra opera del 400. Da questo si parte la strada delle Calcinaie per andare a Montecuccoli, (ore 1,20).

A pochi passi è Carmignanello. Questo piccolo borgo può essere una stazione per gite nei dintorni14.

La via ruotabile, che si trova a sinistra dopo Carmignanello, va a Gricigliana, 40 min. e più avanti si trova un’elegante casetta, è l’Albergo e Trattoria della Rocca; qui si passa il Bisenzio per chi vuol salire alla Rocca di Cerbaia, della quale si veggono i grandiosi avanzi (35 min.)15. La casa sulla sinistra del fiume ombreggiata da grossi gelsi è quella di Pispola, ove si ricoverò il Gen. Garibaldi il 25 agosto 1849 (V. a pag. 37). Seguitando per Vernio, la Valle si fa sempre più angusta e si accresce di alpestre bellezza. Dopo la Villa detta della Signora della Strada, perchè appartenuta a una Novellucci vedova Pontenani, oggi del signor Paolo Hedlmann, ci si avvicina all’antico confine della Contea di Vernio [p. 48 modifica] passando sotto la vecchia dogana granducale. Un fosso presso alcune case, detto delle Confina, segnava da questo lato i limiti politici della Contea di Vernio.

La chiesa e le case biancheggianti che si vedono sopra il poggio là dinanzi, sono del popolo di S. Poto, (vedi Itin. 9), e tanto dalla Gaccia, quanto da Terrigoli, vi si sale in meno d’un ora: la via è erta e faticosa.

A Terrigoli, dov’era un ponte per vetture ed oggi per pedoni16, fa capo la via per Montecuccoli, ore 1,2017.

Dopo venti minuti di cammino si arriva al Camposanto di Mercatale chi lo giri per affacciarsi al Bisenzio, vedrà, la difaccia sulla sponda sinistra, alcune case sparse: vi dicono alle Bernie.

L’avv. Vittorio Ugo Fedeli, studiosissimo investigatore di cose patrie, mi diceva esser tradizione che Manlio, amico e seguace di Catilina, qui si ricoverasse con un corpo di soldati e vi stanziasse alcun tempo prima della battaglia di Campo Tizzoro. Vi si trovarono alcune monete romane. Il Fedeli credeva che fosse nei dintorni un quartiere d’inverno per le milizie e il luogo sembra adattato, perchè non freddo nella rigida stagione, e vi sta poco la neve. Dinanzi al Camposanto, dall’altro lato della strada, si stacca la nuova via per Luicciana passando da S. Poto18. [p. - modifica]Disegno di V. Rocchi da una fotografia A. Puggelli [p. 49 modifica]

= Fatti pochi passi s’entra in Mercatale di Vernio, e la prima casa a destra è l’Ospedale fondato dal Card. Girolamo dei Conti Bardi nel 1758 per i poveri della Contea19.

Il borgo resta sulla pendice di un monte e scende giù al Bisenzio presso la confluenza della Fiumenta che viene da Montepiano.

La sua origine si confonde con quella di S. Quirico di Vernio. Nulla ha di notevole tranne dell’ospedale Bardi come opera soltanto di beneficenza. Vi è l’unico ufficio postale della Vallata; trattorie, caffè, e modestissimo albergo; una farmacia20.

A Mercatale nacque nel 1579 Benedetto Fioretti soprannominato Udeno Nisieli, filologo e critico distinto. Fatto cherico, visse gli anni della sua adolescenza presso lo zio piovano a Montecuccoli, da lui educato. Fu prete, e per il suo ingegno vivo, per la sua vita un po’ disordinata, per la sua lingua mordace si rese noto ed anche acerbo ai Conti che lo minacciarono di pene severe. Il Fedeli racconta che il Fioretti si rise delle minaccie di quei tirannelli istigati dal Vescovo di Pistoia, li morse con una satira spiritosa, nella quale li chiamava Santesi del Vescovo e neroncini mitrati. Sigillò poi quella satira, e come se fosse un diploma, la inviò a Ser Alberigo Reghini Vicario del feudo pregandolo della consegna ai baroni, e fuggì a Firenze, dove messo giudizio, divenne uomo grave e sacerdote integerrimo dandosi tutto agli studi. Scrisse moltissimo: però le sue opere [p. 50 modifica]ce lo mostrano nè più nè meno un verboso pedante dell’incipiente seicento. Ma i suoi Proginnasmi poetici ce lo fanno ben differente. In questo libro sparisce l’insulso pedante e si mostra il diligente filologo e critico acuto.» Morì in Firenze nel 1642.

Si vuole che sia di Vernio anche Lorenzo Vernense (Laurentius Vernienis), cantore satirico dell’impresa delle Baleari fatta dai Pisani nel secolo XII. Egli fu diacono dell’arcivescovo di Pisa ed uno dei migliori poi di quell’età. Ma altri invece lo dice Veronese, altri della Verna, altri di Varna; il Fedeli, e forse avrà più ragione degli altri, lo asserisce di Vernio. Se fosse recata qualche prova che veramente Lorenzo Diacono nascesse in Vernio, l’asserzione meriterebbe maggior fede e sarebbe una gloria di più per la Val di Bisenzio. =

Passato il ponte sul Bisenzio e costeggiando la destra della Fiumenta si giunge dopo 15 min. a S. Quirico di Vernio, il luogo più importante dell’alta Valle bisenzina per le tante memorie degli Alberti e dei Bardi. È situato sulla sinistra della Fiumenta a piè del giogo di Montepiano.

— «Le origini di Vernio21 sono incerte. Stando all’asserto di alcuni storici parrebbe che la sua [p. - modifica]S. Quirico di Vernio
Disegno di V. Rocchi da una fotografia R. Bellandi
[p. 51 modifica] origine sia dovuta a Roma, giacchè «i militi Sillani mandati in colonia ad abitare Fiesole si distesero pel piano e fondarono Firenze e Prato e diedero alle ville vicine i loro propri nomi22.» E a convalidare quest’opinione, confortata dalla tradizione, il Fedeli cita anche il nome Vernio credendo alcuni esser questo derivato dal latino hibernia, quartieri d’inverno delle milizie romane. È probabile assai che fra le altre vie i Romani dovessero battere anche questa dell’Appennino di Montepiano per recarsi nella Gallia Cisalpina, e che qui a Vernio avessero una stazione o colonia.

Sul finire del sec. X questo paese comincia ad apparire nella storia, poichè si sa che i Conti Alberti e i Conti Cadolingi di Fucecchio, questi su Cavarzano, quelli su tutto il resto del territorio della Valle ebbero dominio. I Cadolingi, meno forti, cederono o per donazioni o alienazioni ai Conti Alberti e sul cominciare del sec. XII non ebbero più alcun possesso in queste parti. Nel 1332 per contratto di vendita Vernio e il suo territorio feudale passò nelle mani dei Conti Bardi e al tempo della Repubblica francese fece parte della Cisalpina, sinchè nel 1811 fu riunito al Dipartimento dell’Arno e nel 1814 al Granducato di Toscana.

Nel 1693 il C. Ridolfo de’ Bardi fondò l’Opera Pia di S. Niccolò di Bari, spinto dalla sorte infelice dei propri vassalli, dei quali egli stesso lasciò un fedele [p. 52 modifica] e doloroso ritratto23 e con testamento solenne dispose del suo pingue patrimonio a benefizio dei Verniotti24.

La Rocca, antica abitazione dei feudatari, sta a cavaliere del Borgo di S. Quirico e domina di lassù gran tratto di territorio all’intorno. Il palazzo detto Casone, sulla piazzetta di Vernio, dove oggi ha sede il Comune e la Scuola, fu fabbricato dai Conti Alberti, eletto a sua abitazione ed abbellito poi dal C. Ridolfo de’ Bardi; accanto, verso levante è la chiesa dell’Opera pia, fatta costruire nel 1706 dal Capitolo fiorentino esecutore testamentario. Bella e svelta, possiede un altare ricco di marmi; e nel vestibolo si ammirano due graziose pillette di acqua santa, lavoro di Giambologna. Due grandi medaglioni in bronzo sono di sopra delle pillette, in quello a sinistra di chi entra è il ritratto del C. Ridolfo a basso rilievo, nell’altro una curiosa allegoria rappresentante la carità col motto biblico: dispersit, dedit pauperibus (Salmo 151) allusivo al Conte. Per visitar questa chiesa rivolgersi al Michelagnoli proprietario dell’Albergo della Posta.

La chiesa parrocchiale non ha nulla di pregievole se non l’antichità. Si narra che sposandosi quivi una figlia d’uno de’ Conti Alberti, fosse rapita dinanzi all’altare da un pretendente che uccise lo sposo e il prete che li univa in matrimonio e postala in groppa al suo cavallo la trasportasse nei boschi del M. di Mezzana, e in una capanna, situata, dice la [p. 53 modifica] tradizione, in luogo detto Pian della noce, si rinchiudesse, e dato poi fuoco a quell’alpestre ricovero perissero insieme abbruciati.

A. S. Quirico di Vernio nacque nel 1844 Vittorio Ugo Fedeli; ingegno vivacissimo e pronto, scrittore elegante, gentile poeta, cultore erudito di studi storici e di classici latini e greci, fu l’ornamento e la gloria della Val di Bisenzio nei tempi nostri. Ricercatore indefesso di cose patrie, raccolse un tesoro di notizie sull’antica contea di Vernio, del quale aveva già in animo pubblicare la storia. Scrisse e diede alla luce uno Studio Storico sull’Opera Pia di S. Niccolò di Bari in Vernio25, la quale «dalla sua origine fino a noi assorbisce quasi intieramente la Storia del Comune di Vernio ove fu stabilita, e impugnando il vessillo della rivolta, si fa anima della lotta varia e indefessa fra feudatario e vassallo e penetrando nella Storia della Toscana diventa causa motrice d’importantissimi fatti.» Lavoro pieno di erudizione, che gli valse le lodi del Cantù e elogi da ogni parte d’Italia.

Fra i lavori inediti di varia letteratura, se non il più completo, il più importante di certo è la Storia della Lussuria in Italia; opera di polso, al dire d’un suo biografo26, gravissima, originale, profonda.

Morì il 10 agosto 1880 assassinato sui monti di Gavigno per essersi rifiutato a fare un falso attestato essendo egli Segretario Comunale! Che desolazione per la sua famiglia! quanta sciagura pel suo paese natio, del quale era il più bell’ornamento. =

Note

  1. Distante 18 chilom. di ferrovia da Firenze; 16 da Pistoia; 60 da Lucca; 114 da Bologna. — La parte storica è chiusa fra due lineette.
  2. Questa cifra è desunta dallo stato di popolazione al 31 dicembre 1891. L’intiero comune ha 42.190 ab.
  3. Malespini, Stor. fior. Cap. 66.
  4. A circa mezzo chil. dalla Porta esiste la grandiosa fabbrica di tessuti fini di lana, scialli ricamati ecc. dei sigg. Kössler e Mayer et C. nella quale lavorano quasi 800 operai. Fu costruita nel 1889.
  5. V. Mattei, Elogio di A. Maricotti fra Gli illustri pisani, vol. 2, pag. 121. Pisa 1791.
  6. Alla casa fu apposta la seguente epigrafe.

    reduce dal Gianicolo fulminato
    e dalla Mesola,
    ove pervenne con valore e perizia insuperabile
    di soldato e di capitano
    ove gli cadde la speranza di salvare Venezia
    solcato la guancia per l’ambascia
    della perduta Annita
    nella gloriosa odissea
    qui sostò
    GIUSEPPE GARIBALDI
    il giorno 26 agosto 1849
    traendo nell’esilio
    la massima parte dei destini d’italia
    quindi impari chi legge a non disperare mai della patria


    la società democratica di Vaiano

    onore all’eroe
    q. m. p.

    il giorno 26 agosto 1883.
  7. Di ciò fu eternata la memoria con questa epigrafe.

    ricordino i posteri
    come in questa casa dei Bardazzi
    sostasse per breve ora
    nella notte del 26 al 27 agosto 1849
    giuseppe garibaldi
    quando reduce dal Gianicolo
    portava nel suo povero capo proscritto
    i futuri destini d’italia


    l’associazione democratica di Vaiano

    onore all’eroe

    erigeva il 26 agosto 1883.
  8. Firenzuola, La prima veste dei Discorsi degli Animali, v. I, p. 103.
  9. Ne sono attuali proprietari i sigg. Alfredo e Giulio di Beniamino Forti.
  10. Detta di Beppe della Costanza; prezzi mitissimi, cucina alla campagnola.
  11. Vaiano aveva nel 1833 502 ab. ed al 31 dicembre 1891 ne aveva 1435. Ha ufficio postale e vari Caffè, scuola Maschile e Femminile. Alla Trattoria Garibaldi di Ferdinando Bardazzi detto — la mamma — si possono avere indicazioni dei dintorni. (Da Vaiano al ponte sul Bisenzio 8 min.; e di qui si sale alla chiesa di Sofignano, in 30 min. Per Moschignano vedi Itin. 2). Per S. Gaudenzio, Itin. 3. Per la Calvana, Itin. 19, Via e. — Vetture per Prato e Vernio presso il Balzano. — Da Vaiano a Prato chilom. 10 e mezzo; a S. Quirico di Vernio chilom. 13 poco più. — Da Prato a Vaiano una vettura per due persone L. 4.
  12. Repetti, Diz. Stor. ecc. Art. Badia di Vaiano.
  13. A sinistra è la via per M. Castiglioni passando da Codilupo ore 1,40. (V. Itin. 10, Via c) Questa Via fa costruita dal Conte Ferdinando Guicciardini a proprie spese.
  14. Albergo e Trattoria presso Michelangiolo Barni, camere con due letti grandi; L. 1 per camera. Vettura per Prato e Vernio, rivolgersi a Sarti Francesco.
  15. Per notizie storiche V. Itin. 21.
  16. Nel 1886 fu ricostruito a spese del proprietario sig. Giosuè Turchi su progetto dell’Ing. Florindo Bargellini. Da questo punto ricomincia il tratto della strada Provinciale da correggersi fino a S. Quirico.
  17. Allo sbocco del torrente Capriglio esistono il Lanificio e la Villa del Cav. Pietro Romei di Prato.
  18. Qui presso esiste il Lanificio del sig. Francesco Ciatti in luogo detto — La Fonte — dalla ricca e squisita sorgente che vi si trova.
  19. Fedeli, Dell’Ospedale di Mercatale di Vernio. Prato, Alberghetti 1879.
  20. Pochi anni or sono furono fondate una Società di M. S. e una Cooperativa di Consumo. Mercato ogni giovedì, e Fiera nel giugno.
  21. Locande e Alberghi. Di faccia al Casone, Albergo della Posta, si raccomanda agli escursionisti per la nettezza e la mitezza dei prezzi.
    Locanda condotta dal sig. Vensi Augusto.
    Locanda condotta dal sig. Mecheloni Achille. Camera L. 1.00.
    Guide. Toccafondi Ferdinando di S. Quirico (detto Rocco) è raccomandabile, perchè conosce assai i principali fatti della storia del suo paese ed è guida cortese, premurosa, piacevole; prezzo per una guida L. 1.00 al giorno oltre il vitto.
    Vetture. Impresa Cangioli (detto Alidori) tutte le mattine alle ore 6 d’estate, all’7 d’inverno parte per Prato, la vettura molto alla buona prezzo L. 1.00 per posto. Vettore particolari per Prato L. 5.00 ad un cavallo L. 10 a due cavalli.
    Per Montepiano a un cavallo L. 4.00 a due cavalli L. 8.00.
    Cavalcature per dintorni e trapeli per il nuovo stradale. (Vedi anche a pag. 28 e 29 Omnibus e Vetture Calamai e Guarducci.
  22. Vedi Fedeli V. U. L’Opera Pia di S. Niccolò di Bari.
  23. Note Autografe del Conte Ridolfo de’ Bardi nell’Archivio dell’Opera Pia ec. In Vernio.
  24. Il patrimonio ascendeva ad un milione e mezzo circa; ora non giunge a 18 mila lire. Chi volesse conoscere le vicende di quest’Opera Pia legga lo Studio Storico che su di essa pubblicò, non è molto, il compianto Vittorio Ugo Fedeli.
  25. Edita dall’Alberghetti in Prato l’anno 1875.
  26. Luciani, Vittorio Fedeli, Studio biografico letterario, Bologna, Tip. Mareggiani 1881.