I cacciatori di foche della baia di Baffin/14. La caverna delle morse

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14. La caverna delle morse

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CAPITOLO XIV.

La caverna delle morse.


L
a scoperta di una grande riunione di morse nulla aveva di straordinario, essendo abituati, questi grossi e preziosi anfibi, a vivere in truppe numerosissime. Come già dicemmo, dei capitani balenieri e dei cacciatori di foche altre volte ne avevano trovati così tanti riuniti in alcune località, da ucciderne otto o novecento in sole poche ore.

Non era neanche straordinario il fatto di averli trovati raccolti in una caverna marina, poichè sembra che quei mostri polari, durante i grandi freddi, cerchino sovente dei rifugi presso la costa, in luoghi ben riparati.

Mastro Tyndhall aveva già saputo che altri cacciatori ne avevano trovati delle centinaia nascosti nelle numerose caverne marine delle coste di Groenlandia, del Cumberland e anche su quelle di Cockburn.

I marinai, che avevano sentito ridestarsi la loro passione di cacciatori, si erano affrettati ad armarsi dei ramponi, delle scuri e delle pistole, mentre mastro Tyndhall raccoglieva tutte le munizioni che ancora rimanevano e caricava precipitosamente il fucile. [p. 236 modifica]

Quando si misero in marcia, le tenebre erano scese sulla baia, ma la luna stava per sorgere sull’orizzonte. Del resto bastava il riflesso dei ghiacci per guidarli, senza il pericolo di cadere in qualche crepaccio o in qualche buco aperto dalle foche.

Attraversarono lo sbocco del fiord, che era ostruito da banchi e da ice-bergs colà spinti dalle onde e dai venti dell’est, e si misero a costeggiare l’alto bastione che scendeva quasi a picco, ma descrivendo brusche sporgenze e curve assai rientranti.

Giunti ai piedi di un promontorio formato da una rupe di dimensioni enormi, che si protendeva verso il mare per parecchie centinaia di metri, Mac-Chanty s’arrestò, dicendo al mastro.

– Siamo vicini.

– Dov’è l’apertura?

– Ai piedi del promontorio.

– Sei certo che ve ne sia una sola? Non bisogna che i trichechi fuggano per qualche altra parte.

– Non lo so, mastro.

– Andrò prima a esplorare i dintorni.

– Tacete, mastro!... Udite?...

Mastro Tyndhall tacque tendendo gli orecchi. Un concerto indiavolato di muggiti e di urla strane ruppe improvvisamente il silenzio che regnava su quella costa, ma quei muggiti e quelle grida erano soffocate come se gli animali, che le mandavano, fossero sepolti sottoterra.

– Sono trichechi, disse Charchot.

– E trichechi spaventati, aggiunse il mastro.

– Spaventati? E perchè?... chiesero i marinai.

– Io non lo so, ma vi dico che questi trichechi devono avere un motivo per muggire così forte. Ov’è l’entrata della caverna, Mac-Chanty? [p. 237 modifica]

– Seguitemi, mastro.

Il marinaio girò la punta estrema del promontorio che era stretta da un immenso banco di ghiaccio e si arrestò dinanzi ad un’apertura circolare, aperta a fior dell’acqua gelata e che scendeva entro la colossale rupe.

Da quel foro tenebroso, uscivano rauchi muggiti che dovevano essere emessi da morse adulte e grida che rassomigliavano talvolta ai vagiti dei bambini, ma molto più forti. Là dentro, a giudicare dal fracasso, dovevano trovarsi raccolte parecchie centinaia di morse assieme ai loro piccini.

– Qui vi è la fortuna d’un cacciatore, disse Tyndhall. Rileverò accuratamente la posizione di questa caverna e appena sarò tornato a Disko, se uscirò vivo da questa disgraziata spedizione, tornerò qui a raccogliere queste ricchezze. Ragazzi miei, abbiamo trovato da pagarci la perdita della Shannon.

Si slanciò nella galleria tenendo in mano il fucile, mentre i suoi uomini accendevano il grasso portato nelle due pentole di ferro, ma fatti pochi passi, andò a urtare contro una massa villosa che pareva si fosse collocata colà per sbarrargli il passo.

– Ventre di foca! gridò, retrocedendo vivamente. Chi vive?...

Un nitrito sonoro fu la risposta.

– Mille balene!... Un orso bianco!... Ecco perchè le morse erano spaventate!...

Scorgendo dinanzi a sè, ma vagamente, il feroce animale, puntò rapidamente il fucile e lasciò partire i due colpi.

La nube di fumo non si era ancora dileguata, che si sentì afferrare da due zampacce villose e stringere con tale violenza da mancargli il respiro. [p. 238 modifica]

Fra la semi-oscurità vide sopra di sè una testaccia con un’enorme bocca aperta che pareva pronta a stritolargli il cranio e si sentì giungere in viso un alito caldo e fetente.

Mastro Tyndhall, lo si sa, era coraggioso, ma in quel momento si sentì rizzare i capelli e bagnarsi d’un freddo sudore. Nondimeno non si perdette d’animo, sapendo di aver alle spalle i compagni.

Lasciò cadere il fucile che non gli poteva più servire e puntando un ginocchio contro il ventre della fiera, con uno sforzo irresistibile riuscì ad allentare la stretta mortale e ad impugnare la scure.

Un coltello lo avrebbe servito meglio, ma in mancanza di quest’arma, neanche la scure era da disprezzarsi.

Si mise a percuotere furiosamente il mostro, cercando di colpirlo sul muso, mentre gridava con voce tuonante:

– A me!... Compagni, a me!...

L’orso, sospettando la presenza di altri avversarii, si gettò sul mastro a corpo perdente e riuscì a riafferrarlo, cercando di mordergli il cranio, ma l’intrepido cacciatore di foche respingeva con sovrumana energia il muso.

In quell’istante i suoi compagni, preceduti da Charchot e da Fox, giungevano.

– Corna di caribou!... esclamò il marinaio. Presto, passatemi un rampone!...

Appena ebbe impugnata l’arma si precipitò innanzi. Essendo la galleria ristretta, non poteva assalire l’orso a tergo, ma non si trovava imbarazzato a maneggiare il rampone.

– Abbassate la testa, mastro!... gridò.

Poi alzò l’acuta arma e la cacciò, con uno sforzo poderoso, fra le fauci spalancate del mostro. [p. 239 modifica]

Un nitrito acuto, che parve un ruggito, echeggiò nella galleria seguìto da due colpi di pistola scaricati da Mac-Chanty, che si trovava dietro a Charchot.

Mastro Tyndhall, sentendosi libero, retrocesse vivamente e vide l’orso stramazzare pesantemente a terra. Questi vomitava sangue dalla gola orrendamente squarciata dal colpo di rampone ed aveva pure il petto macchiato di sangue in varie parti.

– Seguitemi, amici!... disse Tyndhall.

– Siete ferito? chiesero i marinai.

– Bah!.. Poche graffiature.

Balzò sopra il cadavere dell’orso e si slanciò nella caverna seguìto da Grinnell che portava la lampada accesa e da tutti gli altri.

Quale spettacolo s’offerse allora ai loro sguardi!... Entro una caverna immensa, in mezzo alla quale si scorgeva un grande bacino circolare pieno d’acqua, si trovavano raggruppati cinque o seicento trichechi, quasi tutti vecchi maschi armati di denti lunghi settanta e perfino ottanta centimetri, grossi assai e più bianchi dell’avorio degli elefanti.

Si erano colà radunati per passare tranquillamente l’inverno o per attendere, ai primi raggi primaverili, l’emigrazione delle femmine?...

Vedendo la luce della lampada, rimasero alcuni istanti immobili e silenziosi, come se fossero rimasti abbagliati dall’improvvisa comparsa di quella fiamma, poi retrocessero verso l’estremità della caverna coi peli irti, le zanne alzate e muggendo minacciosamente. Parevano pronti a sostenere l’attacco ed a difendersi disperatamente.

– Per mille balene!... esclamò il mastro, i cui sguardi scintillavano di gioia. Se riusciamo a impadronirci di tutte queste bestie, saremo ricchi tutti, ragazzi miei, [p. 240 modifica] e potremo dire che la nostra spedizione non è stata infruttuosa.

– Cerchiamo che non ci fuggano da qualche apertura, mastro, dissero i marinai.

– Non ne vedo alcuna, rispose Tyndhall.

– Ma il bacino non avrà qualche comunicazione col mare? chiese Mac-Chanty.

– Sono tutti a terra e impediremo a loro di raggiungerlo. Mano alle armi e avanti!...

Balzarono nell’immensa caverna, accesero anche la seconda pentola piena di grasso provvisto d’un lucignolo, deposero le due lampade su due rocce elevate, poi si gettarono dinanzi al bacino.

Le morse, addossate le une alle altre, formando una massa sola, vedendo i loro nemici avanzarsi, muggivano furiosamente destando tutti gli echi della caverna, e mostravano i loro lunghi denti, ma i marinai sapevano già per esperienza che, se quegli animali diventano talvolta pericolosi quando sono assaliti in mare dove possono muoversi con grande agilità, a terra sono inoffensivi.

Appostatisi fra alcune rocce situate dinanzi al bacino, prima di adoperare i ramponi, aprirono un fuoco d’inferno col fucile e colle pistole, per abbattere i più grossi che erano i più pericolosi.

Le detonazioni si mescolavano ai muggiti di furore degli animali e le palle fischiavano in tutte le direzioni, colpendo quell’enorme ammasso di corpi.

Le morse cadevano a due a tre alla volta, ma erano tante, che pareva ne sorgessero sempre di nuove.

Il sangue scorreva a torrenti versandosi, con cupo gorgoglìo, nel bacino, ma i poveri animali, assordati dagli spari e spaventati dai lampi, non osavano ancora [p. 241 modifica] assalire e cadevano dibattendosi fra le strette dell’agonia.

Mastro Tyndhall inebbriato dall’odor della polvere, tuonava senza posa:

– Fuoco camerati!... Le morse sono nostre!...

E la carneficina continuava con maggior rabbia entro la cupa caverna che rimbombava tutta.

Già cinquanta o sessanta animali giacevano a terra, quando i più vecchi maschi decisero di forzare il passo, forse colla speranza di raggiungere l’orlo del bacino.

Si misero a strisciare in ranghi compatti, coi peli irti, le zanne tese innanzi, muggendo spaventosamente e facendo sforzi disperati per giungere presto dinanzi alle rocce, ma i marinai non erano uomini da spaventarsi.

Gettarono le armi da fuoco e impugnarono i ramponi e le scuri.

– Picchiate duro!... urlò mastro Tyndhall, abbattendo un maschio colossale, con un terribile colpo di scure. Attenti alle zanne!...

Si scagliarono tutti in mezzo ai ranghi ferendo, picchiando, colpendo a destra ed a sinistra. I poveri animali, grondanti sangue, cercavano di opporre una inutile resistenza e cadevano a gruppi.

Avevano da fare coi più valenti cacciatori di foche della baia di Baffin e non potevano far fronte a quell’assalto impetuoso.

La strage continuò fino a che i marinai, stanchi di uccidere, nauseati dall’acre odore del sangue, s’arrestarono.

Non rimanevano in piedi che pochi maschi, una ventina tutt’al più. Quei pochi superstiti, vedendo libero il passo, s’affrettarono a strisciare fino al margine del bacino e vi si lasciarono cadere dentro con grande fragore, inabissandosi nelle oscure acque.