Il Bardo/Il Bardo

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Il Bardo

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Thomas Gray - Il Bardo (1757)
Traduzione dall'inglese di Giovanni Berchet (1807)
Il Bardo
Giovanni Berchet al lettore


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IL BARDO




Lo sterminio ti colga, o re crudele!1
     Confusione accompagni i tuoi vessilli;
     Anco agitati dai sanguigni vanni
     Della conquista, in ozïosa pompa
     5Stanno l’aere schernendo ei nondimeno.
     Non il cimiero no, nè la ritorta
     Maglia del busto, nè le tue medesime
     Virtù, o tiranno, a ti salvar fian atte
     L’alma segreta dai timor notturni,
     10Dal maledir, dal lagrimar di Cambria! — 2
     Tali spargeva sul crestato orgoglio
     D’Odoardo il primier suoni di rabbia
     L’atterrito selvaggio, allora quando
     Giù pei dirupi dell’irsuto fianco

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     15Di Snodòno3 spingendo egli venia
     Le sue molte falangi a faticosi,
     Malagevoli passi. Sbalordito,
     Muto rimase Glocestèro4 il prode;
     All’armi all’armi Mortimèr5 gridando
     20La tremula sua lancia in resta mise.
Sovra una rupe, il cui superbo capo
     L’onda fumante disdegnoso guarda
     Dell’antico Conveggio6, in bruno avvolto
     Vestimento di doglia, e fiero il guardo
     25Stavasi il vate. Libera dal mento
     Gli scorreva la barba; e la canuta,
     Similmente a meteora, al ciel turbato
     Chioma ondeggiava. Con maestre dita
     E da fuoco profetico investito,
     30Le profonde toccava di sua lira
     Corde d’affanno. — Alla terribil voce
     Del sopposto torrente odi siccome
     Ogni quercia gigante, ogni diserto
     Antro sospira! Su di te lor cento
     35Braccia scuotono, o re; su ’l capo tuo
     Spirano in cupo mormorio vendetta;
     Nè all’arpa omai rispondon più dal giorno
     Fatal di Cambria, all’arpa dell’illustre

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     Oello: o al dolce di Levèllin7 canto.
     40Fredda è la lingua di Cadval che mute
     Fea del mar le procelle: il valoroso
     Dorme sul letto della rupe Urieno:
     Invan piangete voi Modredo8, o monti,
     Il cui magico carme la nebbiosa
     45All’alto Plinlimnon9 fronte curvava.
     Lordi di tabe, e come spettri pallidi
     Giaccion d’Arvone su l’orribil spiaggia10.
     Via via lontani impauriti i corvi
     Il remigare affrettano, affamata
     50L’aquila stride, li disdegna, e passa.
     Cari dell’arte armoniosa mia
     Ahi! perduti compagni, a me sì cari
     Quanto la luce che le mie se ’n viene
     Pupille afflitte a visitar, sì cari
     55Quanto le belle rubiconde stille
     Che mi scaldano il core, in mezzo ai gridi
     Della patria morente, ah voi moriste!
     Non piango io più — Non dormon no: li veggio
     Su quelle balze, orrenda schiera, assisi
     60Languido spirto ritener di vita
     A vendicare la natía lor terra.
     Meco in terribil consonanza unirsi
     Eccoli tutti, e della tua progenie
     Tesser con mani sanguinose il drappo.
     65Presto, i fili si tessano, la trama
     Presto tessiamo, lo funereo pallio
     Ai discendenti d’Odoardo. Oh! largo

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     Date lo spazio, e a tratteggiar d’inferno
     I caratteri tutti una gran verga.
     70Segnate l’anno, la precisa notte,
     Quando Severno11 spaventosamente
     Per entro ai tetti di Bercleo sonanti
     Grida di morte eccheggierà. Fian grida
     D’un re che spira! Oh dai tenaci artigli
     75Lupa di Francia, che del tuo medesmo
     Orribilmente strazïato sposo
     Ahi! le viscere squarci a brano a brano,
     Nasca da te12 chi sulla tua contrada
     Il flagello del cielo alto brandisca.
     80Quai terror gli fan cerchio! A lui Stupore
     Precede e Fuga. È Solitudin dietro
     Colla sparuta dell’Affanno immago.
     Possente vincitor, signor possente
     Ecco di morte entro la bara ei giace!
     85Pietoso un cor non v’ha, non ciglio alcuno
     Che alla funerea pompa il sol tributo
     D’una lagrima dia per adornarla.
     Ah! fuggito egli è dunque il Guerrier negro? —
     Ito è tuo figlio; cogli estinti ei dorme13. —

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     90E i mille surti allor che il tuo splendore
     Era pur nel meriggio? — Iti son tutti
     A salutare la nascente aurora.
     Bella ride l’aurora, e lieve lieve
     Zefiro spira, intanto che l’azzurro
     95Regno solcando maestosamente
     Splendida corre la dorata nave14.
     Gioventù su la prora, ed a governo
     Siede il Piacer, cui nulla cal del turbo
     Che tutto strugge, e in minacciosa calma
     100Muto la preda della sera aspetta.
     Su! fate colmo lo spumante nappo.
     Ricca mensa s’appresti. Abbenchè spoglio
     D’una corona, del convito a parte
     Esser può nondimeno. Alla regale
     105Sedia vicine, in bieco atto maligno
     Sorridendo funeste il lor schernito
     Convitato rimiran la proterva
     Sete e la Fame. Di battaglia il suono
     Stridere udiste, e lancia contro lancia,
     110Destrier contra destrieri? Anni di lunga
     Strage affrettando il destinato corso
     Vanno e per mezo alle serrate squadre
     La via mietendo. O voi di Giulio torri15,
     Infamia eterna in Londra, da cotante

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     115Notturne inique uccisïon pasciute,
     Di sua sposa la fede16, e di suo padre
     Rispettate la fama17, e al sacro capo
     Del mite usurpator18 deh! perdonate.
     Noi la rosa di neve19 alla nimica
     120Sua di rossor dipinta e sopra e sotto
     Spargiam congiunta: di lor spine all’ombra
     Ecco in suo sangue avvoltolarsi appena
     Nato il cignal setoso20. Or via, fratelli,
     Giù sul telajo maledetto curvi
     125Nostra vendetta stampiam noi profonda,
     E la sentenza confermiamo intera.
     Vedi Odoardo!21 A repentino fato
     (Su! la trama tessiamo: è torto il filo)
     Del tuo cuor la meta per noi dannata.
     130Tessuto è il drappo e già compita è l’opra. —
     Fermatevi, fermate! Ahi! non compianto,
     Non benedetto a lagrimar me solo
     Qui non lasciate. — In quel solco di luce
     Che tutto il cielo d’occidente infoca,

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     135Sfumano già — spariti sono. — Oh quali
     Quali mai di Snodòno in su la vetta
     Lenti scendendo i radïanti lembi
     Delle lor vesti, sviluppar vegg’io
     Scene solenni! Oh! perdonate all’egro
     140Ciglio, di gloria visïoni. E voi
     Non nate etadi, intorno all’alma mia
     Non v’affollate. Ecco finito il pianto
     Sovra perduto, è già gran tempo, Arturo22.
     Tutti tutti salvete, o veri nostri
     145Regi, o progenie di Bretagna, salve!
     Da molti e molti coronati i fianchi
     Prodi Baroni, le stellate fronti
     Ergon essi sublimi, e fan lor mostra
     Splendide donne e in maestà barbuta
     150Gli antiquissimi Savj dello Stato.
     Un divino sembiante23 evvi nel mezzo!
     Del britanno lignaggio la proclama
     Altamente il suo ciglio, il portamento
     Qual da lïone, e il volto che temprato
     155Soavemente alla virginea grazia,
     Riverenza comanda. Oh quali all’aura
     Tremano corde armoniose! Oh quali
     D’estro vocal concenti a lei d’intorno
     Van festeggiando! Oh dalla tomba ascolta
     160Gran Taliessino!24 Ad animar tua polve
     Soffian essi uno spirto. Ecco ti chiama

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     L’estasi rilucente, e al ciel cantando
     Monta veloce, e nelle sue pupille
     Batte l’ali dipinte a più colori.
     165Ritorna il verso ad adornar la cruda,
     La terribile guerra, e amor fedele
     E la severa verità vestita
     Di magica finzione. In coturnate
     Muovon cadenze25 squallido l’Affanno,
     170La soave Tristezza, e Orror con essi,
     Del palpitante petto Orror tiranno.
     Qual del coro Cherubico una voce
     Dell’Edeno fiorito arrecan dolci
     L’aure su l’ali, e un modular lontano
     175D’assai canti vien meno all’udir mio,
     Che muor perduto nel futuro immenso.
     Quella nube di sangue, uom pazzo ed empio26,
     Cui tuo fiato innalzò, pensi che spento
     Abbia l’orbe del dì? Doman, domani
     180L’aureo torrente ei riacquista, e doppio
     A riscaldar le genti il raggio invia. —
     Abbastanza per me: la differente
     Sentenza nostra che il destin prescrive,
     Io con tripudio io veggo già. Sia tua
     185Disperazione, e la scettrata cura;
     Il trionfare, ed il morir sia mio. —
     Disse, e d’alto del monte in lo profondo
     Precipitoso dell’onda mugghiante
     Scagliossi in grembo dell’eterna notte.


Note

  1. Odoardo I, che soggiogò il paese di Galles, infino allora indipendente. Indotto da fina ma perfida politica, fece trucidare tutti i Bardi di quella terra, i quali, non avendo altra professione, che quella di mantener vivo col canto l’onore insieme e l’ardor nazionale, erano da lui creduti sommamente nocivi alle sue mire di regno e di oppressione. Un Bardo superstite è il personaggio introdotto dal poeta a predire la vendetta di questo fatto.
  2. Nome latino del paese di Galles.
  3. La montagna di Snowdon, la più alta di tutta l’Inghilterra, posta nel mezzo di quella parte del paese di Galles, chiamata Caernarvonshire o Contea di Caernarvon, ultimo asilo della libertà dei Gallesi.
  4. Gilberto di Chiarenza sopranominato il Rosso, conte di Gloucester, genero di Odoardo.
  5. Edmondo Mortimer signore di Wigmore: entrambi avevano terre sulle frontiere del Gallese, e presero parte alla guerra.
  6. Conway, fiume che scorre non lontano sulle falde dello Snowdon.
  7. Principi gallesi, e bardi.
  8. Bardi, vittime della proscrizione di Odoardo.
  9. Montagna dove a lungo pugnarono i Gallesi.
  10. Spiagge delle contee di Caernarvon rimpetto all’isola di Anglesey.
  11. Fiume nel paese di Galles: poco lungi vi è il castello di Berkley, ove Odoardo II fu fatto assassinare da sua moglie Isabella di Franca, che per i suoi vizj è chiamata dal Gray lupa. Ella è una curiosa osservazione da farsi nella storia inglese, che quasi tutte le donne che dalla corte di Francia passarono al talamo del re d’Inghilterra trassero in rovina i loro sposi, perchè impastate di tutti i vizj.
  12. Odoardo III, allegando pretensioni (perchè figlio d’Isabella) alla corona di Francia ne assunse il titolo di re, e mosse guerra a Filippo di Valois.
  13. È notissima la vittoria di Crecy nel 1346, in cui restarono sul campo bel trentamila francesi. Il principe di Galles primogenito di Odoardo III, sopranominato il Principe Nero, decise a vantaggio degli inglesi la battaglia; ma premorì poi al padre.
  14. Allegoria bellissima del regno di Riccardo II, successore ad Odoardo: vizioso e spensierato, fu detronizzato dal duca di Lancaster, avendo in carcere sottoscritto forzatamente una rinunzia alla corona. Da ciò incominciarono le famose contese tra le case d’York e di Lancaster, che per tanti anni innondarono di sangue l’Inghilterra.
  15. La Torre di Londra, la cui parte più antica è volgarmente creduta opera di Giulio Cesare; molti furono i personaggi segretamente assassinati in quella prigione.
  16. Margarita d’Anjou figlia di Renato re di Provenza e moglie di Arrigo VI, debole e superstizioso. Ella con intrepidezza sostenna la causa dei Lancaster.
  17. Il celebre Arrigo V, che conquistò molta parte della Francia.
  18. Arrigo VI, sopracitato: fu per ordine di Edoardo IV d’York, scannato nella nella Torre di Londra. Il poeta lo chiama mite usurpatore, perchè debole, e della famiglia dei Lancaster.
  19. La rosa bianca era l’emblema d’York, la rossa di Lancaster: quindi la lunga guerra fu detta delle due rose. Intrecciate le chiama il Gray, perchè Arrigo VII, salendo al trono, riunì i diritti delle due case sposando Elisabetta figlia di Odoardo IV.
  20. Impresa di Riccardo III: appena nato, perchè dopo due anni di regno morì combattendo contro Arrigo VII.
  21. Torna il poeta a parlare di Odoardo I, e indica per sua pena la morte della sua virtuosa moglie Eleonora di Castiglia.
  22. Antico re Bretone, combattè contro i Sassoni all’epoca della loro invasione. Fu tanta la benevolenza e il rispetto che si meritò fra i suoi, che per molti secoli fu credenza comune fra i Gallesi che egli non fosse già morto, ma vivo tuttora nel paese delle Fate, d’onde dovesse tornare di nuovo a regnare sulla Bretagna.
  23. La famosa Elisabetta regina d’Inghilterra.
  24. Capo dei Bardi: fiorì nel sesto secolo.
  25. Con questi versi indicansi Shakespeare, Milton ed altri poeti.
  26. Ultima invettiva del Bardo contro Odoardo I. Egli ha predetto la rovina dei suoi discendenti; ha saziate le sue brame di vendetta. Non gli resta più nulla che morire nel delirio della sua consolazione.