Il Baretti - Anno V, n. 1/La pagina regionale/Cose d'arte in Piemonte

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Cose d'arte in Piemonte

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Cose d’arte in Piemonte


La cappella del Santo Sepolcro In S. Giovanni di Saluzzo


Il nostro dimenticato vecchio Piemonte non è cosi spoglio di grazie artistiche, nè visse sempre nell’oblio del bello. Tutti sappiamo le ragioni per cui poco propizia fu la nostra regione al Mecenatismo, e quali cure abbian distratto dal culto dell’arte i suoi uomini, ma vi è pure qualche cantuccio, non certo inaccessibile, in cui anche da noi, chi ama l’arte può sognare coi secoli passati la venustà d’allora.

Uno di questi cantucci è certo la città dei Marchesi di Saluzzo, ove degna particolarmente di nota è la Cappella del S. Sepolcro in San Giovanni. Nel 1472, a parere del Muletti, nel 1473-74, sfondo il Lobetti Bodoni, ebbero inizio i lavori per il coro aggiunto in fondo all’abside doliti Chiesa preesistente.

La Cappella nella sua dolcissima grazia gotica è un gioiello d’arte; ammantata del grigio verdognolo del calcare tratto dalle antiche cave saluzzesi, lavorata col più fine gusto offre a chi s’abbandona un’impressione leggiadra di snellezza commossa per quel suo ricco e squisito ricamo di elegante decorazione.

Due grandi nicchie si aprono l’una a destra l’altra a sinistra; sotto la nicchia sinistra è il Mausoleo di Ludovico II; la nicchia destra doveva accogliere i resti di Margherita di Foix, che è invece, come si sa, sepolta lontana in terra di Spagna. A destra verso il centro sta la nicchietta dell’acqua Santa ed a sinistra «l’armadietto della Spina»; dall’una e dall’altra pare le due porticine laterali.

Quattro trifore buttano tutt’attorno la loro festa di luce attenuata dai riflessi colorati dei vetri delle due trifore centrali. Questi vetri furono aggiunti dai frati molto tardi, tra il 1880 e l’86.

E fregi, fregi, linee agili e sottili ornano il coro, fiori non visti mai se non nei sogni, che l’artista ha immaginato nel suo desiderio di trascendenza.

La bolla linea gotica, calligrafica nel suo sviluppo pieno, colla sua grazia, in morbide volute si volge leggermente ad adornare la cappella, cinge in alto la nicchia, sotto cui si raccoglie la statua di Ludovico II, poi ad arco leggiadramente spicca libera il volo dall’uno o dall’altro lato e va a congiungersi in alto con un rosone. Frena ed attenua quest’agilissima libertà di ascesa il fregio orizzontale su cui poggiano in piccole nicchie apposite, le statuette degli Apostoli.

Ed ecco forse già in questo attenuare lo slancio un primo presentimento di rinascenza. E la statua fregiata della severità austera d’una composta rinascenza ha forma schematica e, nella sua rigidezza, espressiva; è attribuita a Benedetto Briosco, il marmorum sculptor, compare di Leonardo da Vinci. Le pieghe diritte e precise danno una compostezza un po’ severa alla figura tagliata a tratti incisivi e forti. In basso sul sarcofago sono le immancabili sette virtù. Le cariatidi laterali hanno tratti precisi e caratteristici. La nicchia per l’Acqua Santa, le porticine laterali, tutto è curato con lungo amore, ogni ritaglio fu caro al cuore dell’artefice che incise con cura nell’umile slancio della sua adorazione.

Ho detto linea gotica e rinascenza? Ecco ciò che spiaceva al Lobetti, che non avrebbe voluto vedervi questa statua. Anch’io quando notai questo passaggio, sostai perplessa diffidando del primo impulso entusiastico. Ma poi osservando ancora quella linea che cinge la nicchia della statua, vidi che domina sui tocchi che il nuovo gusto della rinascenza pose qua e là nell’interno della cappella, osservando quella linea bella anche se un pochino adorna, dovetti convenire che non c’è una sovrapposizione di stile pesante e di cattivo gusto. C’è piuttosto fusione di elementi: e non è illogico credere, che un solo artista, sia pure Benedetto Briosco abbia presieduto ai lavori della Cappella e cioè ne abbia diretto ed immaginato il tutto organico coll’ultimo tocco d’insieme.

Che alcuni particolari fossero già in attuazione prima che incominciassero i lavori, cioè prima del 1474 lo vediamo dall’atto di Ludovico I in data 27 ottobre 1474, che il Lobetti Bodoni riporta nella sua nota monografia sulla Cappella. In questo documento il Marchese «comanda e stabilisce che nella Cappella si collochino lo opere in pietra già scolpite da diversi anni addietro e quelle altre che scolpir si dovranno sino a completare tutta e in tutte le sue parti l’opera».

Se dunque è immaginoso pensare, che un artista solo abbia potuto ideare le rispettive parti, non mi pare come pare al Lobetti immaginoso credere che l’artista possa averne sentito il nesso sintetico.

Siano pure due o più gli artefici, uno, quello che disse del poema l’ultima parola, ha sentito nella sua unità la Cappella, e come nel protendersi del suo animo entusiasta, limpida chiara e spontanea formulò questa sintesi, così la espresse nell’opera d’arte che noi ammiriamo. Per me certo vi fu chi diede il tocco d’insieme a questo lavoro. E forse non è estraneo, a questa visione d’insieme quel tono grigio scuro che in primo piano raccoglie circondandolo il bianco della statua di cui limita ed attenua la forma.

Per me quella statua è bella, bella nella sua compostezza di prima Rinascenza e nella sua cornice di gusto gotico; come è bella quella cornice gotica anche se cinge una statua della rinascenza, perchè nel trascendere dalla realtà un artista ha trovato in forme sue una espressione sua, una sua realtà, questa espressione, questa realtà.

F. G.