Il Lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee - Vol. 1/Libro I. Capo XX

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Libro I. Capo XX. Del Regno de' Goti in Italia e delle vicende de' nostri sotto il loro dominio

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Libro I. Capo XX. Del Regno de' Goti in Italia e delle vicende de' nostri sotto il loro dominio
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CAPO XX.

Del regno de’ Goti in Italia e delle vicende de’ nostri sotto il loro dominio.

L’Italia respirò alquanto sotto il dominio dei Goti. Teodorico compiuta che n’ebbe la conquista, non curandosi punto di assumere il titolo d’Imperatore, prese quello di re in uso presso dei Barbari; ma da saggio politico nulla mutò della primitiva organizzazione dell’Impero ed anzi seguì egli stesso e fece seguire agli altri gli usi e le costumanze romane e persino le vesti, obbligando inoltre i Goti a rimanersi contenti di quel terzo delle terre già tolte agli Italiani dai barbari precedenti e a vivere in pace con questi1. E furono visti allora per la prima volta in Italia stabiliti in pace due popoli sul medesimo suolo, e con leggi diverse e diversa amministrazione; e quello ch’è più con diversa religione, essendo i Goti seguaci dell’Arianesimo. Erano poi questi governati secondo le leggi pubblicate nel suo Editto da Teodorico e sotto la giurisdizione di un conte; continuarono quelli a godere del beneficio delle antiche leggi, e sotto i medesimi magistrati essendo rimasto intatto anche il governo municipale2.

Quanto alle imposizioni, non furono ritenute da Teodorico in vigore che le sole imposte fondiaria e personale. La prima era ripartita in tre rate che si pagavano il primo dei mesi di [p. 141 modifica]gennaio, di maggio e di settembre: la seconda poi colla riduzione già allora in uso di Graziano, il quale l'aveva limitata a due quinti3.

Tenne Teodorico il regno d'Italia per oltre trent'anni, e fu in vero regno pacifico e floridissimo; ma lui morto l'anno 525 l'Italia fu di lì a pochi anni di nuovo involta nelle sciagure della guerra. Giustiniano salito appena sul trono di Costantinopoli l'anno appresso la morte di Teodorico, parte perchè eccitato dai suoi contro i Goti, parte perchè agognava egli stesso di ricongiungere al suo dominio l'Italia, non cercava che un occasione opportuna alla guerra. E questa gli venne offerta da Teodato, usurpatore del trono de' Goti coll'uccisione di Amalasunta4.

Giustiniano destinò a questa impresa Belisario, al quale poscia fu aggiunto anche Narsete. La guerra ebbe principio l'anno 535, durò 18 anni, e fu una delle più disastrose e fatali all'Italia, in ispescie alle città contermine al nostro Lago. Non è del mio scopo descriverla: accennerò solamente, che essendosi le città di Milano, Bergamo, Como e Novara ribellate ai Goti5, Vitige mandò contro di Milano Uraia figlio di sua sorella con forze sufficienti, alle quali in breve si aggiunsero altri 10 mila Borgognoni accorsi in aiuto di Vitige, e scesi anche questi probabilissimamente dal Sempione6. Milano [p. 142 modifica]assediata da questi, sprovvista di viveri e con poche truppe dovette per fame arrendersi e abbandonarsi alla discrezione de' vincitori, i quali penetrati in città, quasi belve silibonde di sangue, scannarono quanti poterono aver nelle mani persino nei sacri templi e sugli altari, non risparmiando nè anco i fanciulli. Le donne sole furono salve, ma fatte schiave e date in dono ai Borgognoni, che quale preda de le divisero. Dopo di che la città fu saccheggiata e poscia ridotta a un mucchio di rovine. Avvenne questo l'anno 539.

La guerra poi ebbe fine colla disfatta prima di Totila l'anno 552 e poscia colla morte di Teia ucciso in battaglia l'anno seguente, dopo la quale i Goti incapaci di più resistere chiesero e ottennero di poter uscire in pace d'Italia seco tuttavia recando il denaro che ciascuno aveva ammassato. Così Narseto potè acquistare le rimanenti città state fin qui in potere de' Goti, e stabilire il dominio de' Greci su tutta l'Italia. Ravenna fu anche questa volta la sede del nuovo governo, alla testa del quale fu posto un magistrato col titolo di Esarca.

A quale condizione fossero ridotte le popolazioni del nostro Lago nel corso di questa guerra, benchè niuna memoria particolare ci sia rimasta di questi luoghi, si può argomentar di leggeri dalle tristi vicende, che subirono Milano e in parte le città vicine. È opinione di alcuni scrittori che anche Angera, o come allora chiamavasi, Stationa o Stazzona, sia stata distrutta dai Goti. Io però non ho trovato alcun documento non dirò sicuro, ma nè anco probabile di questo fatto nè in questo tempo, e molto meno nel precedente7. Quello tuttavia, ch'è [p. 143 modifica]certo, e che anco appare evidente dalle rovine, le cui tracce sono oggigiorno visibili, è che Angera fu distrutta, e poscia riedificata nel luogo, ove è di presente. ma quando e da chi distrutta, quando e da chi riedificata, non mi fu possibile di determinare; quantunque la sentenza di quelli che la ritengono ricostrutta dai longobardi non si possa dire del tutto improbabile.

Riferirei anche al tempo dei Goti la conghiettura, che potrebbe trarsi dal nome rimasto sino ai nostri giorni di una contrada di Baveno. Ho già fatto osservare che i Goti erano Ariani di religione, e che erano subentrati agli Eruli nel possesso della terza parte delle terre, che erano state tolte da questi agli antichi possessori. Che questa spogliazione abbia avuto luogo anche sulle sponde del nostro Lago, non mi pare, che possa esservi dubbio. Ora trovando che una frazione di Baveno si chiamava la contrada degli Ariani, il che certamente deve intendersi in opposizione alle rimanenti cattoliche, non credo improbabile che fosse stanziata pure tra noi una o più famiglie di Goti, alle quali sia caduta in sorte qualche porzione del territorio o in Baveno stesso o non lungi da esso.

Egli è vero che anche i Longobardi professarono l'Arianesimo, e che perciò questi pure potrebbero aver dato origine a siffatta denominazione; ma ci è di ostacolo il sapere, ch'essi a principio non ebbero il possesso delle terre, state dei Goti, ma sì in quella vece il terzo dei loro prodotti, come vedremo, e che quando divennero col tempo possessori anche di fondi, avevano già abbracciata la religione cattolica. Comunque sia, quella denominazione sarà sempre una prova, che in Baveno eravi già una chiesa ed una popolazione cattolica, la qual cosa [p. 144 modifica]nelle dense tenebre, tra le quali sono ravvolti i luoghi sulle sponde del nostro Lago in questi tempi, è pure un guadagno fatto alla loro storia.

    quali avevano già conquistato una parte delle terre de' Bergognoni, erano scesi anch'essi poco dopo, ma in questo medesimo anno della Savoia nell'odierno Piemonte. V. Procopio, l. c. II, 23, e la Cronaca di Marcellino Conte a quest'anno e il Muratori.

  1. Vedi Procopio, De Bello Gothico, I, 1.
  2. È notevole a questo proposito ciò che scrive Cassiodoro, segretario di Teodorico nelle sue Varie, II, 16, a Venanzio Conte, del quale loda la somma prudenza, siccome quegli che in tertiarum deputatione Gothorum Romanorumque et possessiones iunxerit et animos ... sic enim contigit, ut utraque natio dum communiter vivit, ad unum velle convenerit.
  3. Per tutto questo veggasi il sullodato Savigny, I c. p. 219-224.
  4. Do qui intera la serie dei Re Goti per l'intelligenza de fatti.
    493. Teodorico comincia il suo regno, ucciso Odoacre.
    526. Atalarico, figlio di Teodorico e di Amalasunta.
    534. Teodato.
    536. Vitige.
    540. Ildebado.
    541. Totila.
    552. Teia, ultimo re de' Goti, ucciso in battaglia l'anno 553.
  5. È Procopio De Bell. Goth. II, 12, che fa espressa menzione di queste città.
  6. Che i Borgognoni sieno scesi in Italia pel Sempione, anche questa volta, si rende probabile non solo perchè dovevano recarsi sotto Milano per la via più breve, ma monto più perchè sappiamo che i Franchi, i
  7. Generalmente si ritiene distrutta Angera da Ataulfo re de' Goti innanzi al suo ingresso nelle Gallie, cioè prima del 412, ai tempi di Onorio Imperatore, il che sarebbe avvenuto molto avanti il dominio dei Goti in Italia. Di tale sentenza fu tra gli altri il Bombognini nel suo Antiquario, p. 33, e sull'altrui asserzione anche il recente Brambilla, l. c. p. 238, ma niuna antica autorità essi recano in prova di questo. Io crederei più probabile che la distruzione di Angera sia accaduta circa al tempo stesso di quella di Milano, e che i nostri cronisti abbiano scambiato i Goti primi coi secondi; giacchè di Ataulfo nulla si sa, che possa aver dato argomento a tale opinione. I medesimi egualmente asseriscono che fu riedificata dai Longobardi; ma senza produrre anco qui alcun documento a confermazione di quanto di attestano. Tuttavia è certo che Stazzona anche sotto i Longobardi dovette essere luogo di qualche importanza.