Il tesoro del presidente del Paraguay/15. L'inseguimento dei patagoni

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15. L'inseguimento dei patagoni

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XV.

L’inseguimento dei Patagoni.


I
nfatti la situazione dei cavalieri stava per diventare disperata. Gl’Indiani lanciati dietro al pallone, che forse avevano preso per la luna o qualche cosa di simile, udendo quei colpi di fucile rimbombare nel silenzio della notte e le grida d’allarme dei loro compagni, avevano fatto una rapida conversione, dirigendosi verso il luogo che occupavano i gauchos, Diego e il povero Cardozo.

Erano molto lontani e non potevano ancora, stante anche la profonda oscurità, aver compreso di che si trattasse; ma non dovevano tardare a giungere, poiché si udiva distintamente il galoppo precipitato dei loro cavalli. Bisognava affrettarsi a prendere il largo, onde non venire circondati e perdere per sempre la libertà e fors’anche la vita.

— Avanti a tutta carriera, — disse Ramon, che si era affrettato a raggiungere il suo cavallo, che non aveva avuto il tempo di fuggire.

— E riusciremo a cavarcela bene? — chiese Diego con ansietà. — Non tremo per me, ma per questo povero ragazzo.

— È ciò che vedremo; ma vi assicuro che faremo il possibile per salvare Cardozo, — rispose Ramon. — Orsù, al galoppo!

— Una parola ancora: dove sono fuggiti i quattro indiani che ci hanno assaliti? Là, non vedo a terra che due cavalli. [p. 127 modifica]

— Bah! Corrono come cervi anche a piedi, e devono essere già molto lontani quei due che avete così bene scavalcati. Quanto agli altri, mi pare di vederli galoppare incontro alla banda che c’insegue. Ad ogni modo caricate le armi e tenetevi tutti pronti.

— Sta bene.

— Avanti!

Ramon lasciò andare il cavallo selvaggio che conduceva a mano e che era più d’impiccio che di utilità, balzò sull’altro e si mise alla testa del piccolo gruppo, dirigendosi verso il sud, dov’era certo d’incontrare fra breve il Rio Negro. Diego, dopo essersi legato per bene al petto Cardozo con un solido laccio, onde all’occorrenza aver le mani libere, e di aver caricato la carabina, gli si mise dietro, mentre Pedro si poneva alla retroguardia.

Gli indiani erano allora lontani un mezzo chilometro e spronavano i loro cavalli, mandando sempre acute grida. Sapendo senza dubbio di aver dinanzi più cavalieri, si erano allargati in forma di mezzo cerchio, onde poterli prendere in mezzo tutti. Alcuni di loro però si vedevano galoppare verso l’ovest dietro al pallone, che continuava a trascinarsi per la prateria, facendo di quando in quando dei balzi giganteschi per poi ricadere e quindi risalire.

Per una buona mezz’ora nulla accadde di straordinario. I fuggitivi, spronando sempre, riuscirono a mantenere la distanza, anzi a guadagnare qualche centinaio di metri sugli inseguitori; ma ben presto le cose si cambiarono a loro svantaggio.

Mentre stavano superando un tratto di terreno ingombro di cespugli di luma, dalle cui frutta gl’indiani traggono un ottimo vino, e di boughe, alberi sacri per gli araucani e dalla cui corteccia si estrae una specie di cannella, videro alzarsi dieci o dodici cavalieri colà posti in agguato o che forse si erano fermati per far riposare i loro cavalli durante l’inseguimento del pallone.

Carramba! — esclamò Ramon, ripiegandosi frettolosamente verso i compagni che si erano subito arrestati col [p. 128 modifica]dito sul grilletto delle loro armi da fuoco. — Eccoci addosso anche tutti questi!

— I quali poi non faranno fatica a raggiungerci, — disse Pedro. — I loro cavalli saranno ben riposati e galopperanno più dei nostri, che cominciano già a dare segno di stanchezza.

— Si vede il Rio? — chiese Diego.

— No, ma non deve essere lontano, — rispose Ramon. — Ah! Se potessimo frapporre il fiume fra noi e queste canaglie!

— Orsù, cosa si fa?

— Continuiamo a fuggire per ora.

— Vi avverto che il mio cavallo non correrà più a lungo, col doppio peso che porta.

— Ramon, — disse Pedro. — Quanti uomini credi che siano?

— Una quarantina per lo meno, — rispose Ramon.

— Se si cercasse di dividerli? Abbiamo i nostri tromboni, Diego ha le sue carabine, e uno ad uno possiamo, se non distruggerli, ridurli ad un numero tanto esiguo da far loro venire meno il coraggio di continuare l’inseguimento.

— Hai ragione, fratello.

— In questo modo possiamo attirare su di noi l’inseguimento e forse salvare il giovane Cardozo.

— Grazie, signor Pedro, — esclamò Diego vivamente commosso. — E poi si dica che i gauchos non hanno cuore!

— Lasciate in tasca i ringraziamenti, — disse il gaucho. — Ramon, io parto pel primo verso l’est; appena me li vedo a tiro, scarico addosso a loro tutta la mitraglia del mio trombone, poi sprono.

— Va’, fratello, e guardati bene dai bolas.

— Tirerò prima: te lo assicuro. E dove ci ritroveremo?

— Al di là del Rio Negro. Galoppa verso l’est fin che puoi, poi piega al sud e attraversa il fiume.

— Sta bene.

— Che Dio vi aiuti! — disse Diego.

— Grazie, — rispose il gaucho.

Guardò i dieci o dodici indiani che si erano levati dietro [p. 129 modifica]ai cespugli e che guadagnavano rapidamente via, si mise sul dinanzi della sella il trombone, arrotolò il lazo, poi lanciò il cavallo verso l’est.

— Lo inseguiranno? — chiese Diego.

— Certamente, — rispose Ramon con voce tranquilla. — Eccoli!

— E sfuggirà ai bolas? Quei cani di patagoni sono infallibili nel lanciarli.

— Pedro ha buoni occhi e non si lascerà cogliere; di più non permetterà loro di avvicinarsi troppo, finché avrà polvere e chiodi da cacciar nel suo trombone.

La piccola banda che precedeva il grosso della truppa, vedendo Pedro separarsi dal gruppo e fuggire verso l’est, si era precipitata dietro di lui, mandando spaventevoli vociferazioni, considerandolo ormai una preda sicura. Solamente uno di loro aveva continuato a inseguire Ramon e Diego, tenendosi però in distanza.

— Ah! Birbante! — esclamò Ramon.

— Perché non segue i suoi compagni?

— Non lo comprendete?

— No davvero.

— Aspetta il grosso della truppa per lanciarla dietro di noi.

— Si potrebbe spacciarlo.

— Le vostre carabine che portata hanno?

— Lanciano una palla a ottocento metri.

— E quell’uomo non ne dista che quattrocento. Volete tentare?

— È presto fatto.

Il mastro arrestò il cavallo, accomodò Cardozo sulla sella, staccò dall’arcione una carabina e la puntò sull’indiano, mirando con grande attenzione. Un mezzo minuto dopo un’acuta detonazione rimbombava nella prateria. L’indiano, colpito dall’infallibile palla del marinajo, si accasciò sul collo del suo cavallo, poi stramazzò pesantemente a terra, rimanendo immobile.

— Bel colpo! — esclamò Ramon. [p. 130 modifica]

— Il confetto è stato un po’ duro, — disse il mastro, ridendo. — Devo mandarne uno anche al cavallo?

— È inutile, Diego; risparmiate le munizioni, che sono molto necessarie in questo paese.

— Abbiamo un migliaio di colpi fra me e Cardozo.

— Ma il Chilì è lontano. Al galoppo!

In quell’istante un lampo balenò verso l’est, seguìto da una fragorosa detonazione.

— Pedro regala anche lui dei confetti, — disse il mastro.

— E di quelli che pungono, — disse Ramon. — Sono chiodi belli e buoni che caccia nella pelle dei patagoni. Sproniamo e speriamo di ingannare queste canaglie che c’inseguono.

— Alto là!...

— Cosa c’è ancora?

Un oggetto brillante, che pareva una grossa palla di metallo, passò fischiando dinanzi a loro, perdendosi fra le erbe cinquanta passi più innanzi.

— Tuoni e lampi! — esclamò il mastro. — Un bolas!

— Degli altri Patagones?

— Senza dubbio, e ci sono molto vicini a quanto pare.

— Ma dove sono?

— Forse celati in quelle macchie.

— Ah! Devono essere i due indiani che avete scavalcati poco fa, — disse Ramon.

— Non monta! Avanti, Diego!

Spronarono i cavalli e si slanciarono attraverso un magnifico tappeto di folte erbette, screziato vagamente di verbene multicolori, le quali tramandavano un penetrante profumo.

Percorsi cinquecento metri, Ramon si volse indietro per vedere se fosse inseguito, e non poté frenare una imprecazione. Il grosso della truppa li seguiva sempre e, quello ch’era peggio, aveva guadagnato un bel tratto, poiché non distava che sette od ottocento metri.

— Orsù, bisogna separarci, — diss’egli.

— Anche voi mi lasciate? — chiese Diego.

— È necessario per la salvezza di Cardozo. [p. 131 modifica]

— Ah! Se non avessi questo povero ragazzo!

— Cosa fareste?

— Mi imboscherei in qualche macchia e poi aprirei un fuoco d’inferno su quelle canaglie.

— Sono troppi, Diego. Il meglio che ci resta è di continuare a fuggire e di attraversare il Rio Negro prima di loro.

— Se lo potremo. Il mio cavallo comincia a dar segni di stanchezza.

— Chissà che gl’Indiani corrano tutti sulle mie tracce. Voi intanto correte sempre diritto e possibilmente gettatevi attraverso a quell’altura che vedo sorgere là in fondo. Forse colà troverete qualche nascondiglio.

— E dove ci ritroveremo?

— Al di là del Rio.

In lontananza si udì un’altra detonazione, accompagnata da un urlo di furore.

— Ecco Pedro che si fa sentire, — disse Ramon. — Addio, Diego, e se non vengo ucciso, contate su di me.

— Grazie, mio buon amico, e siate certo che non dimenticherò mai quanto vi devo.

Ramon fece cenno al mastro di andare innanzi, poi tornò bruscamente indietro, come se volesse caricare gl’Indiani.

Pochi minuti dopo Diego, che aveva continuato la corsa, udì un colpo di trombone e, voltatosi, vide Ramon fuggire ventre a terra verso l’ovest, seguìto da una banda di cavalieri.

— Bravo giovane! — esclamò il lupo di mare con voce commossa. — Se esco sano e salvo da questo deserto, lo raccomanderò come si merita al Presidente della Repubblica. Ah!... Ancora quei birbanti!... Decisamente l’hanno con me, e non c’è verso di mandarli a casa di messer Belzebù!... Marinajo mio, questa volta non scappi più dalle mani di quei pagani!...

La manovra dei due coraggiosi gauchos pur troppo non era riuscita interamente come avevano sperato. Il grosso della truppa, quantunque considerevolmente assottigliato, non aveva abbandonato l’inseguimento del terzo cavallo, montato dal marinajo e da Cardozo. [p. 132 modifica]

Anzi, vedendolo solo, aveva affrettato la marcia e guadagnava a vista d’occhio, allungandosi sempre più in forma di semicerchio, onde poterlo prendere in mezzo. Ormai la fuga era quasi impossibile e il mastro ben lo sapeva, avendo sotto di sè un cavallo quasi stanco.

Nondimeno non si perdette d’animo. Caricò la carabina colla quale aveva poco prima abbattuto il patagone, preparò l’altra, accomodò meglio che potè Cardozo, che continuava a dormire profondamente, legandolo solidamente alla larga sella, indi spronò vigorosamente il cavallo, dirigendosi verso l’altura poco prima scoperta e che non distava più di due chilometri.

— Se riesco a raggiungerla prima di avere alle costole tutti questi birbanti, posso sperare di salvare la pelle, — diss’egli. — Vedo là dei cespugli che possono servirmi di nascondiglio. E Ramon?

Guardò verso l’ovest e vide delle ombre fuggire, poi udì una seconda detonazione.

— Buono! — mormorò. — Quel bravo gaucho darà molto da fare ai suoi inseguitori.

Intanto i patagoni, che parevano avessero compreso la sua intenzione, guadagnavano sempre, e li udiva eccitare i loro cavalli colla voce. Le due estremità del semicerchio erano già molto innanzi ed accennavano a restringersi per prenderlo in mezzo. Alcuni cavalieri non distavano più di quattrocento passi, e uno, il più vicino, lanciò anche un bolas, che si arrestò a mezza via.

Diego, benchè fosse assalito da brutti presentimenti e cominciasse ormai a disperare, spronava sempre. Disgraziatamente il cavallo, caricato di un doppio peso, non ne poteva più e ansava fortemente. Certi momenti il marinajo lo sentiva tremare ed era costretto a sostenerlo a furia di strappate.

Doveva essere la mezzanotte quando giunse ai piedi dell’altura, che si alzava per un tre o quattrocento metri, affatto isolata e coperta qua e là di cespugli e di carrubi selvatici.

— Un ultimo sforzo, povero animale, — disse il mastro, accarezzandolo. — Orsù, al galoppo! [p. 133 modifica]

Il cavallo, invece di ubbidire, si arrestò colla testa china verso terra.

— Avanti! — gridò il mastro, piantandogli spietatamente gli sproni nel ventre.

Il povero animale mandò un nitrito di dolore e salì la collina di galoppo; ma era proprio l’ultimo sforzo. Aveva percorso appena quattrocento passi, quando tornò ad arrestarsi, cadendo sulle ginocchia.

— È finita! — esclamò il mastro, tergendosi il freddo sudore che imperlavagli la fronte. — Non si va più innanzi! Fortuna che questi pagani, se mi prendono, non conoscono il valore dei diamanti! Presto, a terra, e pronti a difendere la pelle!

Si gettò in ispalla le carabine, prese fra le braccia Cardozo e si mise a salire la collina correndo. I patagoni erano allora giunti al basso. Sette od otto bolas vennero lanciati dietro al marinajo, ma non lo colpirono. Il cavallo, che aveva appena abbandonato, ferito alla testa, stramazzò al suolo per non più rialzarsi.

— Animo, marinajo! — gridò il mastro. — La fortuna mi protegge.

In quell’istante i suoi occhi caddero su di una roccia, che al basso presentava una nera apertura, una caverna senza dubbio.

— Sono salvo! — esclamò, e si diresse a quella volta a tutte gambe; ma ormai era troppo tardi.

I patagoni salivano la collina di gran galoppo, mandando grida di trionfo.

In pochi istanti quindici o venti cavalieri gli furono addosso, urtandolo furiosamente. Il mastro cadde, trascinando nella caduta Cardozo.

S’alzò furioso con una carabina in mano e la scaricò a casaccio in mezzo al gruppo. Stava per impugnarla per la canna onde servirsene come di una mazza, quando si sentì afferrare per di dietro e rovesciare violentemente a terra.

Un indiano di statura gigantesca alzò su di lui il pugno, grosso quanto una mazza di fucina, e lo percosse furiosamente sul cranio.

— Aiuto! — gridò, e stramazzò al suolo come fulminato!