L'amore delle tre melarance/Prologo

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Prologo

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L'amore delle tre melarance Atto primo
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PROLOGO

UN RAGAZZO NUNZIO ALL’UDITORIO

I vostri servitor Comici vecchi
Sono confusi e pieni di vergogna,
E stan qui dentro, ed han bassi gli orecchi
E i visi meni più, che non bisogna,
Perch’anno udito molti e dir: siam secchi;
Costor pascon l’Udienza di menzogne
Con le Commedie, che puzzan di muffa:
Questo è uno sgarbo, una burla, una truffa.
     Io vi giuro per tutti gli Elementi
Che per riacquistare il vostro amore,
Si lascierebbon cavar gli occhi e i denti.
E m’han spedito a dirvelo di core:
Ma state chete, care buone genti,
Per un momento lasciate il furore,
Tanto ch’io dice due parole; e poi
Fate di me ciò, che volete voi.
     Più non sappiamo omai, come si possa
Il Pubblico appagare in sulle scene.
Un anno par, che lode abbia riscossa
Ciò, che nell’altro poi non va più bene.

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La ruota del buon gusto è cosa mossa
Da una cert’aura, che intesa non viene;
Solo sappiam, che, dov’è maggior folla,
Si beve meglio, e il ventre si satolla.
     Oggi per tanti intrecci, e tante cose,
E per tanti caratteri e successi,
Devono le Commedie esser succose,
E d’accidenti inaspettati, e spessi,
Che noi siam con le menti paurose,
E ci guardiam l’un l’altro, e stiam perplessi:
Ma, perch’è pur necessità il mangiare,
Vi torniam colle vecchie a tormentare.
     Non so, Uditor, chi la cagione sia,
Che l’appagarvi a noi renda impossibile.
A noi, che pur con tanta cortesia
Fummo trattati un dì, sembra incredibile.
Che sia di ciò cagion la Poesia?
Basta, nel mondo tutto è corruttibile,
E d’ogni cosa abbiamo pazienza;
Ma l’odio vostro è troppa penitenza.
     Tutto vogliamo far dal canto nostro;
Anche Poeti diventar possiamo,
Per acquistar di nuovo l’amor vostro;
E già Poeti divenuti siamo.
Baratterem le brache in tanto inchiostro,
Per tanta carta il mantel dar vogliamo,
E se talento non abbiamo in dono,
Basta, che piaccia in a voi, perchè sia buono.
     Vogliamo in scena por Commedie nuove,
Cose grandi, e non mai rappresentate.
Non mi chiedete quando, come, o dove
Abbiam le cose nuove ritrovate;
Che dopo un seren lungo, quando piove,
Novella pioggia quella pur chiamate;
Ma bench’ella vi sembri pioggia nuova,
Fu sempre piova l’acqua, l’acqua piova.

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     Non van tutte le cose all’infinito.
Quello, ch’è capo un dì, ritorna coda.
Qualche antico ritratto avrà un vestito,
Ch’oggi vediam ritornato alla moda.
L’amor, l’opinione, e l’appetito
Fan che per bello e buon tutto si goda,
E noi possiam giurar, che poco, o assai
Queste Commedie non vedeste mai.
     Degli argomenti abbiamo per le mani,
Da far i vecchi diventar bambini,
I pazienti Genitori umani
Condurran certo i loro fantolini.
Non verranno i talenti sovrumani,
E pazienza avrem, che già i quattrini
Non odoriam per sentir, se han fragranza,
O sappian di dottrina, o d’ignoranza.
     D’inaspettati casi vederete
In questa sera un’abbondanza grande,
Maraviglie, che udite aver potete,
Ma non vedute dalle nostre bande.
E bestie, e porte, ed uccelli udirete
Parlare in versi, e meritar ghirlande,
E forse i versi sar Martelliani,
Acciò battiate volentier le mani.
     I vostri servi stan per uscir fuore,
E vorrei dirvi prima l’argomento;
Ma mi vergogno, e tremo, ed ho timore
Con urla e fischi mi cacciate drento.
Delle tre Melarance egli è l’amore.
Che sarà mai? l’ho detto, e non mi pento.
Fate conto, mie vite, mie colonne.
D’essere al foco colle vostre Nonne.


È troppo chiara la satiretta di questo Prologo contro a’ Poeti, che opprimevano la Truppa [p. 6 modifica]Comica all’improvviso del Sacchi, ch’io scelsi a sostenere, e troppo chiara è la proposizione di introdur sulla scena la serie delle mie Favole d’argomento puerile, per dispensarmi dal far de’ riflessi partitamente sui vari sensi sparsi nel Prologo modesto.

Nella scelta di questo primo argomento, ch’è tratto dalla più vile tra le fole, che si narrano a’ ragazzi, e nella bassezza de’ dialoghi, e della condotta, e de’ caratteri, palesemente con artifizio avviliti, pretesi porre scherzevolmente in ridicolo Il Campiello, Le Massere, Le Baruffe Chiozzotte, e molte altre plebee, e trivialissime opere del Signor Goldoni.