La Lena/Prologo secondo

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Prologo secondo

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Prologo primo Atto primo
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SECONDO PROLOGO.1


     Ecco la Lena, che vuol far spettacolo
Un’altra volta di sè; nè considera
Che se l’altr’anno piacque, contentarsene
Dovrebbe, e non si pôrre ora a pericolo
Di non piacervi: chè ’l parer degli uomini
Molte volte si muta, ed il medesimo
Che la mattina fu, non è da vespero.
E s’anco ella non piacque, che più giovane

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Era allora e più fresca, men dovrebbevi
Ora piacer. Ma la sciocca s’immagina
D’esser più bella, or che s’ha fatto mettere
La coda dietro; e pârle che venendovi
Con quella innanzi, abbi d’aver più grazia
Che non ebbe l’altr’anno, che lasciòvvisi
Veder senz’essa, in veste tonda e in abito
Da questo ch’oggi s’usa assai dissimile.
E che volete voi? La Lena è simile
All’altre donne, che tutte vorrebbono
Sentirsi dietro la coda, e disprezzano
(Come sien terrazzane, vili e ignobili)
Quelle che averla di dietro non vogliono,
O, per dir meglio, ch’aver non la possono:
Perchè nessuna, o sia ricca o sia povera,
Che se la possa pôr, niega di pôrsela.
La Lena, in somma, ha la coda, e per farvi la
Veder, un’altra volta uscirà in pubblico;
Di voi, donne, sicura, che laudargli la
Debbiate: ed è sicura anco dei giovani,
A i quali sa che le code non spiaceno;
Anzi lor aggradiscono, e le accettano
Per foggia buona e da persone nobili.
Ma di alcuni severi ed increscevoli
Vecchi si teme, che sempre disprezzano
Tutte le foggie moderne, e sol laudano
Quelle ch’al tempo antico si facevano.
Ben sono ancora dei vecchi piacevoli,
Li quai non hanno le code a fastidio,
Ed han piacer delle cose che s’usano.
Per piacer, dunque, a questi e a gli altri che amano
Le foggie nuove, vien la Lena a farvisi
Veder con la sua coda. Quelli rigidi
Del tempo antico faran ben, levandosi,
Dar luogo a questi che la festa vogliono.




Note

  1. Dice il Barotti, ed è assai chiaro pel contesto, che questo secondo Prologo fu composto dopo che la Commedia venne dall’autore stesso ampliata di due scene, sulla fine: ampliazione indicata con quel tanto e fescennino scherzare sulla parola coda. Probabilmente, esso venne recitato nella replicazione che fecesi di quest’opera sul teatro nel 1531; di che parla il già citato Baruffaldi, alle pag. 211-212.