Lettere (Campanella)/CXVII. A Ferdinando II de' Medici

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CXVII. A Ferdinando II de' Medici

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CXVII. A Ferdinando II de' Medici
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CXVII

A Ferdinando II de’ Medici

Gli presenta con questa le quattro parti della Filosofia reale raccolte nel secondo tomo della ristampa parigina delle sue opere; e promette di fargli avere, se riuscirá gradito, il De sensu rerum.

Serenissimo granduca,

Da che io comminciai a gustar non volgarmente qualche veritá del nostro mondo e del suo autore, onde me vidi obligato richiamar la gente da le scole umane alla scola del primo Senno divino, stimai ancora che io ed ogni ingegno egregio portamo grande obligo ai principi medicei, che facendo comparir i libri platonici in Italia, non visti da’ nostri antichi, fûr cagione di levarci dalle spalle il giogo d’Aristotele, e [p. 389 modifica]per conseguenza poi di tutti sofisti: e comminciò l’Italia ad esaminar la filosofia delle nazioni con ragione ed esperienza nella natura e non nelle parole de gli uomini. Io, con questo favore fatto al secolo nostro, ho riformato tutte le scienze secondo la natura e la Scrittura, dui codici di Dio. Il secolo futuro giudicará noi, perch’il presente sempre crucifige i suoi benefattori; ma poi resuscitano al terzo giorno o ’l terzo secolo.

Per tanto, avendo stampato molte opere in questo paese — ove Dio m’ha mandato, credo, per questo fine e non per quel che gli uomini, ignari del secreto fatale, van dicendo — ho ardir d’inviar a Vostra Altezza serenissima il secondo tomo, dove si tratta la filosofia naturale con novo testo, chiaro, breve e forzoso, con le dispute aggionte contra tutti settari del mondo e stabilimento de la filosofia cristiana, idest veramente razionale. Ci va ancora aggiorna la filosofia morale, la politica ed economica, con loro testo novo e questioni come di sopra. Ci aggionsi la Cittá del Sole, idea de ottima republica e di ottima cittá inespugnabile e tanto riguardevole che mirandola solamente s’imparano tutte le scienze istoricamente. Ci aggionsi anche un trattato del governo ecclesiastico.

Nella prima disputa ch’iofo — an sit cudenda nova philosophia, — vedrá la testimonianza del debito di filosofi alla casa medicea; ed io in particolare per le grazie che m’ha fatto il granduca Ferdinando I l’anno 1593, come credo che Laurenzo Osimbardi e Baccio Valori e Ferrante di Rossi n’abbiano lasciato qualche memoria; e per che causa non venni alla lezion in Pisa, come Sua Altezza mi commandava e ’l padre Medici ne sa l’istoria, di chi mi dispiace che sia passato tanto presto all’altra vita. Vederá in questo libro Vostra Altezza che in alcune cose io non accordo con l’ammirabile Galileo, suo filosofo e mio caro amico e padrone da quando in Padua mi portò una lettera del granduca Ferdinando: può star la discordia delli intelletti con la concordia delle volontá d’ambidui, e so ch’è uomo tanto sincero e perfetto che averá piú a piacere l’opposizioni mie — del che tra me e lui c’è scambievole licenza — che non delle approbazioni d’altri. [p. 390 modifica]

Al medesimo granduca io avevo dedicato il libro De sensu rerum, e per la persecuzion sopragiontami, ch’il mondo sa, non ebbe effetto; ed ogge è ristampato. Se Vostra Altezza n’averá gusto, lo consignorò al signor conte Bardi, suo residente, il quale, come dedicato alle virtú, mi suole favorir spesso, e nel trattare si fa conoscere per persona dedita alle scienze, alla politica, all’officiositá, e fa onor alla patria ed a chi lo mandò in queste parti.

Io resto al commandamento di Vostra Altezza, e li prego da Dio sempre maggior felicitá, a ben di virtuosi e della patria commune Italia, che sempre ha ricevuto benefici e piú ne spera dalla prudenza e valor della casa medicea.

Parigi, 6 luglio 1638.

Di V. A. serenissima
servitore divotissimo ed umilissimo
Fra Tomaso Campanella.