Memorie autobiografiche/Primo Periodo/XXI

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Primo Periodo - XXI. Combattimento ed Incendio

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Capitolo XXI.

Combattimento ed Incendio.


Nel giorno della ritirata e passaggio nostro sulla sponda destra di tutta la divisione con molto materiale, io ebbi il mio da fare, poiché se non molto numerosa era la gente, la maggior parte era cavalleria e [p. 63 modifica]molto spazioso il tratto di mare che dovea varcarsi, e correntoso.

Io faticai dunque dalla mattina sino verso mezzodì, impiegando quanti palischermi erano a mia disposizione per passare tutto; e m’avviai quindi verso l’entrata della Laguna in alta posizione, per osservare i legni nemici che s’avanzavano in combinazione colla truppa di terra, e carichi essi stessi di molta truppa.

Pria di salire la montagna io feci avvertire il generale che il nemico si disponeva a forzare l’entrata della Barra, operazione di cui io non dubitava, avendo veduto le manovre della squadra nemica dal punto stesso ove stavo effettuando il passaggio. Giunto poi sull’alto me ne accertai indubitatamente. Erano i legni nemici in numero di ventidue, non barelli di grande portata, ma adeguati alla profondità della foce del lago. Ripetei quindi immediatamente l’avviso al generale Canabarro, e non v’era tempo da perdere. Però, fosse titubanza per parte del generale, o veramente avesse la gente indispensabile bisogno di mangiare e riposarsi alquanto, il fatto fu che nessun giunse a tempo per coadiuvare alla difesa della foce, in un punto, ove se fosse stata collocata la fanteria nostra, potevasi fare una strage di nemici. Invece la resistenza fu eseguita dalla batteria situata sulla punta orientale, comandata dal valoroso capitano Esposto; ma per poca pratica degli artiglieri e pel cattivo stato dei cannoni, pochissimo danno fece. Lo stesso successe a bordo dei tre piccoli legni della Repubblica da me comandati; ove gli equipaggi erano scarsi, ed in quel giorno molti ed i migliori erano rimasti occupati a passare il resto della divisione, ed altri restii sulla costa per non esporsi a combattimento tremendo e disuguale. Io scesi la montagna, e fui celeremente al mio posto a bordo del Rio Pardo, e giunsi che già l’incomparabile mia Anita colla solita intrepidezza aveva sparato la prima cannonata, puntata da lei stessa, ed animando colla voce le ciurme sbigottite.

[p. 64 modifica]Il combattimento durò poco, ma fu micidiale; non morì gran numero di gente, perchè ve n’era poca a bordo; degli ufficiali esistenti nei tre legni però io rimasi solo in vita.

La squadra nemica entrò tutta, facendo un fuoco d’inferno con artiglieria e moschetti. Favorita dal vento e dalla corrente, che ne raddoppiava la velocità, essa ebbe poco danno, e gettò l’àncora a tiro di cannone da noi, continuando a cannoneggiarci con pezzi di calibro superiore ai nostri.

Io chiesi gente al generale Canabarro per poter continuare la pugna, ma ebbi in risposta di dar fuoco ai legni nostri e ritirarmi colla gente in terra.

In tale missione avevo mandato Anita, ingiungendole di non tornare a bordo; ma essa non mandò, tornò colla risposta; e veramente io dovetti all’ammirabile sangue freddo della giovine eroina il poter salvare le munizioni da guerra.

Seguitando il nemico a fulminarci colle sue artiglierie, ed io, quasi solo, dovendo incendiare la piccola nostra flottiglia, ebbi molto da faticare per eseguire r intento. Ebbi pure a sopportare il doloroso spettacolo dell’incendio dei cadaveri de’ miei fratelli d’armi, impossibilitato di dar loro altro genere di sepoltura, o far loro gli onori che meritavano.

Passando successivamente a bordo dei vari legni nostri per incendiarli, vi era un macello di cadaveri e di membra sparse per la tolda. Il comandante della Itaparica, Juan Enrique, del paese della Laguna, lo trovai tra altri cadaveri, passato nel mezzo del petto da un biscaino (mitraglia tonda di ferro). Il comandante della Cassapara, Giovanni Grigg, aveva ricevuto tale una mitragliata, e sì da vicino, che il solo busto rimaneva intiero del suo cadavere. E siccome era biondo di volto ed era rimasto appoggiato alla murata dalla parte opposta da dove era stato colpito, ei somigliava vivo.

In pochi minuti le ceneri di quei valorosi compagni eran sommerse dalle onde, e più non esistevano le navi, [p. 65 modifica]quei miseri spauracchi dell’Impero, ma terribili e che lo dovean divorare, secondo il detto del generale Canabarro.

Cadea la notte, quando io riuniva i superstiti compagni e marciavo alla coda della divisione in ritirata verso Rio Grande, per la stessa strada che percorremmo pochi mesi prima gonfio il cuore di speranze e preceduti dalla vittoria.