Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XIV - Statuti.

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Capo XIV - Statuti.

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Capo XIII - La Zecca. Capo XV - Statuti di Ceva.
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CAPO XIV.


Statuti.


I. Parte.


Gli Statuti più antichi di Ceva che si conoscano hanno la data del mese di giugno indizione decima 1357.

Questi statuti portano l’impronta dei tempi in cui furono redatti. Vi si scorge un misto di buona legislazione secondo il dritto comune, ed il dritto Canonico, di barbari sentimenti religiosi e cattolici.

Sarebbe cosa troppo lunga ed anche noiosa il riportare anche in ristretto le varie leggi ivi sancite.

Se ne farà un ricavo delle più interessanti, per avere una giusta idea di questo Codice Marchionale.

Eccone il Proemio:

« In nome del Signore, così sia.
Questi sono i capitoli, e statuti di Ceva fatti ad onore di Dio onnipotente, della Beata Vergine Maria, ed al felice stato, onore, e comodo, dei magnifici personaggi i signori Bonifacio, Oddone, Giorgino, Girardo, Ludovico, Cristoforo e Giacomo Marchesi di Ceva, come anche di tutta l’università degli uomini di Ceva, corretti ed emendati sotto il regime del nobile e sapiente uomo il signor Pellegrino dei Salimbeni dottor d’ambe leggi, Podestà di Ceva, a [p. 71 modifica]nome dei prefati signori Marchesi e per opera dei discreti uomini Francesco Manuele, Bonello Margarito, Enrico Mina, Simone Rogerio, Simone de Strata, Guglielmo della Torre, Antonio di Carlino, Giacomo di Molino tutti di Ceva, eletti per questo fine capitolatori del Comune di Ceva nel corrente anno del Signore 1357. Indizione decima del mese di giugno. »

Questi statuti sono scritti nel cattivo latino che si usava a quei tempi. L’esemplare che tengo a mie mani è scritto in semigotico su pergamena, avente per cartoni due tavolette di legno tarlato, ed autenticate in sul fine dai signori notai Luca Chiavelli, Bernardino Barberis, Pietro Franco e Nicolao Cadana.

Il primo capitolo di questi statuti riguarda il giuramento da prestarsi: « dal signor Podestà sui santi evangelii, di salvare, difendere e custodire ad ogni suo potere i diritti della Chiesa, la vedova, gli orfani, ed i pazzarelli; come pure i diritti del Comune di Ceva, l’istesso Comune e uomini di Ceva, ed esercitare il suo regime a norma dei capitoli ed ordinamenti del Borgo di Ceva, ed in loro mancanza a norma delle consuetudini vigenti. »

I capitoli susseguenti in N. di 30 circa formano come un Codice penale, si passa quindi a prescrivere norme di procedura civile, leggi urbane, e bandi campestri.

A questi statuti si fecero delle aggiunte nel 1368 (in burgo superiori sub voltis in porticu domus domini Bonifacii) nel 1373; nel 1419, (in platea Burgi superioris ante domum heredum Manfredini Geogiae) nel 1423, e finalmente nel 1530: divideremo in due parti, ossia due capitoli la relazione di questi statuti. Nella prima parleremo delle leggi penali, e nella seconda della procedura civile delle leggi urbane e dei bandi campestri.

Il primo capitolo penale riguarda l’omicidio, stabilisce che chiunque ucciderà un altro, eccetto che sia per propria difesa, sarà messo a morte, e se non si potrà avere, tutti i [p. 72 modifica]suoi beni passeranno sotto il dominio dei Marchesi di Ceva, e sarà esiliato per sempre da tutte le terre da essi dipendenti. Se poi cadrà in potere di detti Marchesi sarà condannato a morte (capite puniatur ita quod moriatur). Se alcuno ucciderà un bandito, e per propria difesa, e per altri motivi non incorrerà in alcuna pena.

Riguardo agli aggressori sulle pubbliche strade, (in stratis pubblicis) sia che derubino i passeggieri, o tentino di derubarli afferrandoli nella persona saranno sospesi alle forche (ita quod moriantur) se però la somma rubata oltrepasserà le lire 10 (dummodo robariam sit ultra decem libras, et teneatur emendare rubariam in duplo) queste lire erano lire astesi che valevano nove volte le lire italiane. Per somme minori dello scudo ll. 10 si stabiliscono pene pecuniarie, e non potendosi queste pagare dal reo, vien condannato al taglio d’una mano o d’un piede della propria persona, (et si solvere vel emendare non poterit perdat unum membrum de persona sua propria, scilicet pedem vel manum).

Sarà punito con pena pecuniaria chi correrà armato in occasione di qualche rissa che venga mossa in Ceva dalla torre dei molini, dalla fontana grossa, dalla fontana boley, e dal punto in cui terminano le case dei Bagnaschini verso Solaia in qua.

Chi percuoterà un suo simile (a spalla superius in capite suo, in facie, vel cum acceperit ad capillos vel ad gulam solvat bandum pro quolibet vice solid. LX, sive fuderit sanguinem sive non): se percuote inferiormente alla spalla paghi 20 soldi, e se non può pagare perdat membrum unum in arbitrio dominorum Marchionum. Queste pene riguardano le persone che sono maggiori dei 15 anni.

Vien quindi vietato di portare balotam ferri, vel alterius metalli, lo sguainare il coltello con animo irato contro alcuno, e di far maleficii. Si proibisce alle persone maggiori d’anni dodici di giuocare od assistere, ad battaglioram sotto pena di soldi due, o ad pagliorios sotto pena di soldi cinque.

[p. 73 modifica]Si stabiliscono pene contro i furti commessi in città, e nelle campagne, nelle botteghe (si quis ruperit, vel disclavaverit aliquam apotecam etc., nei Molini, ecc., (in Molendinis batenderis, filis telis glareis et carnibus) e contro i compratori o ritentori, e custodi di cose rubate; come pure contro i rapitori di utensili per la pesca o per la caccia.

Se alcuno dirà ad un uomo onesto, sei un traditor, un ladro, uno spergiuro, un mentitore, od altra parola ingiuriosa con animo adirato solvat bandum pro qualibet vice lire 10. Se dice tali parole in presenza del Podestà ne paghi 20. Se in presenza dei signori Marchesi ne paghi 60. Sempre e quando chi è ingiuriato possa smentir lecitamente e impunemente chi lo ingiuria.

Chi dice una parola ingiuriosa ad una donna di buona fama paghi soldi 60, e se non può pagare sia bastonato (fustigetur per terram).

Se una donna di buona fama dirà ad un’altra donna di buona fama una parola ingiuriosa paghi soldi 10, se poi una donna di cattiva fama dirà una parola ingiuriosa ad una donna onesta pagherà ll. 60, e se non potrà pagare sia bastonata (fustigetur per terram).

Parlando delle false monete si stabiliscono varie pene pecuniarie per chi si trova ad averne, eccetto che si tratti di persona di buona fama qui possit se defendere suo sacramento, quod nesciebat dictam monetam esse falsam. Si condanna poi ad essere arso vivo chi si troverà ad aver le forme, le ferramenta, l’argento vivo, ecc., per la fabbricazione di false monete. Et quicumque portaverit stampam vel ferramenta monetae vel chrobium vel argentum vivum pro eo faciendo monetam falsam comburatur taliter quod moriatur. Chi roderà o farà rodere monete d’oro o d’argento pagherà 100 lire, o perderà una mano.

Si proibisce il porto dell’armi offensive sotto il bando di soldi 60, e di vendere merci fuori della porta di Ceva, in giorno di mercato sotto il bando di soldi 20.

[p. 74 modifica]Se qualcheduno entrerà in casa altrui ad insaputa del padrone, e per altra via che per la porta pagherà ll.25, e può anche essere ucciso dal padrone di casa impunemente.

Chi giurerà il falso coram curia pagherà soldi 60, e se non potrà pagare sarà bollato in fronte con un ferro rovente: Decoquatur in fronte cum ferro calido.

Chi presenterà in tribunale un falso istrumento pagherà ll.25 e perderà la lite. Se non potrà pagare gli sarà reciso un membro de propria persona. Chi poi presenterà coram curia un falso testimonio pagherà ll.25, e se non potrà pagare gli sarà tagliata la lingua, ascindatur ei lingua. Subirà la stessa pena il falso testimonio presentato.

Se un notaio farà un istrumento falso pagherà ll.25, o sarà privato in perpetuo del suo uffizio. Se non potrà pagare se gli tagli dal braccio la mano destra, e porterà l’istessa pena chi lo fece stendere pagando il doppio della somma in esso contenuta a colui contro il quale si stipulò.

Si pagheranno soldi 60 da chi si servirà nel commercio di false misure denominate quartaria, mina, sestario, scoppella, canna, raso, raisoira, scandalia, cantaria, etc.

Gl’incendiari saranno abbruciati vivi e pagheranno il doppio del danno cagionato.

Si puniscono con diverse pene pecuniarie i mancamenti contro il buon costume riguardo alle donne. Le più gravi son queste. Si quis aliquam sibi attinentem carnaliter cognoverit puniatur in libras CC. (1800 lire ital.) et dicta mulier in totidem quas si solvere non poterint acriter fustigentur, et in fronte decoquantur cum ferro calido.

La donna che si rende rea d’adulterio, e non può pagare l’emenda in denaro sarà bastonata fieramente (acriter) pei luoghi di Ceva sino al luogo consueto di giustizia (per loca Cevae usque ad locum iustitiae consuetum).

A questi capitoli che si possono chiamare il Codice penale di quei tempi per Ceva si può aggiungere quello che riguarda i bestemmiatori concepito in questi termini:

[p. 75 modifica]«Se alcuno bestemmierà Iddio, o la B. Vergine Maria paghi per ciascuna bestemmia soldi cinque. Se non potrà pagare sia gettato nel Tanaro, vel incidatur ei bracium retro in platea secundum quod videbitur potestati. Chiunque può farla da accusatore od anche senza giuramento se sarà uomo di buona fama, ed avrà il terzo del bando. Il restante si convertirà in olio ad illuminandam Virginem Mariam in ecclesia sanctae Mariae de Castro