Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Paesi sui quali estendevasi la giurisdizione marchionale di Ceva.

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Paesi sui quali estendevasi la giurisdizione marchionale di Ceva.

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Paesi sui quali estendevasi la giurisdizione marchionale di Ceva.
Serie cronologica dei vescovi d’Alba. Annotazione.
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Paesi sui quali estendevasi la giurisdizione
marchionale di Ceva.


BAGNASCO. Paese di considerazione, con una popolazione di 2m. anime è situato in un’amena e fertile pianura sulla sponda sinistra del Tanaro. A tramontana di Bagnasco si vedono ancor le rovine d’antico castello, che si crede essere stato costrutto dai Saraceni.

[p. 344 modifica]Nei tempi di mezzo vi era molto commercio col mare per la via che da qui metteva al mare.

Bagnasco si trova compreso nel diploma d’Ottone I del 967, fra i dominii confermati ad Aleramo, terrore in quei tempi dei Saraceni, e nella divisione dei sette marchesi figli di Bonifacio fu assegnato al marchese di Ceva.

Nella regione di Candia, in cui si pretende che vi fosse una strada romana, si scoperse nel passato secolo un’antica lapide, su cui sta scritto Hic jacet Valerius. Da ciò si pretese che fosse stato sepolto colà Valerio Massimo. Però senza il sussidio di più valide prove, e di più precise indicazioni, che mancano, il fatto solo della lapide è insufficiente argomento per sostener tanto ardita asserzione. Questa lapide trovasi attualmente all’Università di Torino.

Diede Bagnasco alla chiesa due illustri prelati di cui è pregio dell’opera far qui onorata menzione.

Il primo si fu Giovanni Battista Canaveri nato a Borgomaro presso di Oneglia mentre il di lui genitore esercitava colà l’arte della medicina. Entrò da giovane nella congregazione di S. Filippo dove non tardò a distinguersi pei suoi talenti e pei profondi suoi studi mercè dei quali salì in credito di ottimo critico e diede alle stampe opere di sacra e profana erudizione che gli fecero molto onore, e la fama dei suoi meriti e specialmente della sua eloquenza non tardò molto a spargersi ovunque e penetrò nella Reggia di casa Savoia. Difatti Maria Felicita, Zia di Carlo Emanuele IV, lo nominò direttore spirituale del regio stabilimento delle vedove nobili di cui essa era singolare protettrice. Resse per più anni questa carica con tanta prudenza e con tanta soddisfazione del re che lo nominò vescovo di Biella.

Passato il Piemonte sotto l’impero di Napoleone Bonaparte nella nuova circoscrizione delle diocesi, fa da questi nominato Arcivescovo di Vercelli ed incontrò talmente il gradimento di quell’imperatore che lo nominò suo consigliere e limosiniere di sua madre Madama Letizia. Nato monsignor [p. 345 modifica]Canaveri nell’ottobre del 1753, cessò di vivere li 8 gennaio 1811, legando ai poveri di Vercelli tutti i suoi averi. Non lasciò questo prelato alcuna memoria di sè in Bagnasco sua patria dove per parte di persone a lui avverse ricevette dimostrazioni tali da alienare l’animo suo dal beneficare la sua patria; e per tacere d’altri sfregi fatti alla pia dignità basti il rammentare quello di cui serbasi tuttora in Bagnasco una viva memoria. Una persona prepotente e facoltosa che lo prese specialmente di mira provide d’una nuova campana la chiesa di santa Margherita e fece apporre su quella quest’infame iscrizione dopo che ebbe notizia della sua morte: Cane, cane vere non più Te Deum, ma miserere; alludendo così al Te Deum, che il Canaveri faceva cantare con solenne pompa ogni qual volta che Napoleone Bonaparte suo benefattore riusciva vincitore dei suoi nemici. Quest’infamia però con cui si cercava di denigrare la riputazione dell’illustre prelato, anche dopo sua morte fu fatta cancellare da monsignor Vitale Vescovo di Mondovì con ordinare che fosse rifusa la nuova campana e fu tolta così l’insolente iscrizione.

L’altro mitrato che onora tuttora la sua patria di Bagnasco si è monsignor Modesto Contratto vescovo d’Acqui. Abbracciata da giovane la religione dei Francescani Cappuccini si distinse ben tosto pei suoi talenti e fu promosso a cariche cospicue dell’ordine suo.

Fu vantaggiosamente conosciuto da S. M. Carlo Alberto in occasione specialmente che con zelo veramente apostolico e caritatevole assistette alle lunghe agonie di S. M. Carlo Felice, per il che fu destinato all’antichissima e cospicua sede d’Acqui che regge tuttora con singolare prudenza ed apostolica sollecitudine rendendo felici i suoi diocesani mercè le sue generose largizioni e zelo infaticabile1.

[p. 346 modifica]BASTIA. Questo Castello trovasi sulla sponda destra del Tanaro là dove l’Ellero paga a questo il tributo delle sue acque. Il superiore dominio di questo Castello passò dai marchesi di Ceva a quello di Monferrato e Saluzzo che lo tennero a vicenda, coi Provenzali, e coi Visconti di Milano. Venne poi in potere dei Principi d’Acaia e dopo di essi nel 1418, se ne impadronì Amedeo VIII Duca di Savoia. Bastia è paese d’origine di monsignor Pio Forzani Vescovo di Vigevano ai nostri giorni.

BATTIFOLLO. Il castello di Battifollo trovasi rammentato in carte d’investitura del secolo XIII e specialmente in quella del marchese Ottone del 1203. Veniva a quei tempi chiamato Batifollum sive Castrum ultra Tanagrum. Le case di questo comune giacciono intorno alle rovine dell’antico castello. E miseri abituri sono dispersi qua e là pei boschi vicini. Gli abitanti industriosi traggono un continuo guadagno dal trasporto degli olii dal Genovesato in Piemonte.

Il suo castello fu abitato sino al 1772 dai marchesi di Ceva-Battifollo. Ivi nacque frà Roberto che fu compagno di S. Francesco, e morì in Assisi nel 1315 in concetto di Santo.

Di questo castello non rimane più in piedi che la torre.

CARRÙ. Fu antica villa dei Bagienni. Fece parte del contado di Bredolo sotto Carlo Magno ed altri Imperatori. Nel 901 fu assoggettato da Lodovico III ai vescovi d’Asti. Nel secolo XII i marchesi di Ceva ne contrastarono loro il possesso.

[p. 347 modifica]Nel 1380 lo ebbero i Principi d’Acaia che lo diedero in feudo ai Bersani di Mondovì.

Nel 1410 lo riebbe un Principe d’Acaia che lo diede al suo luogotenente d’armi Lodovico Costa: la famiglia del quale tuttora lo possiede.

Nel 1796 vi passò Napoleone Bonaparte col suo esercito, avviato a Cherasco.

CASTELLINO. Questo paese situato su d’un alto colle alla sponda destra del Tanaro faceva parte una volta del marchesato di Ceva, passò quindi ai Germoni consignori di Priero, Castelnuovo e Sale col titolo dei marchesi di Ceva. Dopo i Germoni ebbero dominio su questo paese i Vivaldi di Mondovì consignori d’Igliano. Il primo che assunse il titolo di marchese di Castellino si fu il barone Giovanni.

Sul principio del presente secolo il marchese Vivaldi alienò tutte le marchionali possessioni che avea in Castellino, compresa l’area del castello già rovinato; riservandosi solamente l’alta torre di forma rotonda ed in pietra da taglio che si scorge a grandi distanze per l’elevata sua posizione. Si crede opera dei Saraceni.

CASTELNUOVO. Era compreso nel marchesato di Ceva, ed aveva un ampio castello munito di due torri che fu atterrato sul declinare dello scorso secolo. Una di quelle torri in pietra da taglio e di forma quadrata, è tuttora in piedi e si vede a grandi distanze. Vicino al castello vi è tuttora l’antica parrocchia dedicata a S. Maurizio con pittura a fresco del 400 circa, rappresentante il martirio della legion Tebea.

Questa chiesa trovandosi fuori delle abitazioni se ne fabbricò una nella borgata principale, ma per essere troppo angusta, l’attuale arciprete D. Maurizio Marazzani che per la sua dottrina, prudenza e specchiati costumi, potrebbe essere un eccellente parroco in qualsiasi città, trovò il mezzo di [p. 348 modifica]ergerne una nuova di bell’architettura che è una meraviglia a vedersi, avuto riguardo alla ristrettezza delle fortune di quel piccolo paese avendo costato l’egregia somma di 25 mila franchi.

Dopo il dominio dei marchesi di Ceva passò Castelnuovo ai marchesi Incisa. Lo ebbero i Germoni di Sale e fu anche signoria dei Bonelli d’Alba.

CHIUSA. La Chiusa è di fondazione Romana e passava per essa la via Emilia. Nel secolo X fu data da Lodovico III ai vescovi d’Asti, i quali la cedettero ai Morozzi. Nel secolo XIII se ne impadronirono i marchesi di Ceva, ai quali poi fu tolta dai Provenzali sotto Carlo d’Angiò fu occupata dai Cuneesi, e quindi nel 1356 dal marchese di Saluzzo. Poco dopo il 1383 i Chiusaschi si sottomisero al conte di Savoia Amedeo VI.

Nel secolo XVI fu infeudata a Domenico Giordano colonnello di Carlo V, fu poscia eretta in marchesato a favore dei Solari di Moretta.

Nel 1744 gli abitanti di Chiusa ne scacciarono i Gallispani, ma al loro ritorno misero a fiamme il paese, e solo restò salva una parte delle case della contrada Masili e Paschetto.

CIGLIERO veniva compreso sotto i franchi Imperatori nel contado Bredolese, che fu dipendente dai marchesi di Susa. La maggior parte di tal contado essendo stato conquistato dal marchese Bonifacio del Vasto e di Savona, passò nella divisione de’ suoi discendenti al marchesato di Ceva.

Sotto questi ultimi divenne uno dei principali castelli del marchesato come luogo forte e di non poco rilievo, posto [p. 349 modifica]su d’un alto ciglio (dal quale avrà forse preso il nome) alla destra del Tanaro da cui la vista spazia per tutto il Piemonte. È menzionato nel trattato di pace 1256 fatto coll’intervento di Savigliano tra il comune di Mondovì, e Giorgio I marchese di Ceva alleato d’Alba.

Fu Cigliero anche in parte di giurisdizione dei Borgesi di Torino che vendettero al comune di Mondovì. Nel 1435 fu ceduto ai duchi di Savoia, sotto il dominio dei quali passò in feudo alla famiglia Torre, e poscia ai Capris.

L’attuale possessore di quel castello signor conte Capris, lo fece ristorare con impiegarvi ingenti somme, e ne avea ben ragione perchè sono pochi i castelli delle Langhe che presentino proporzioni così colossali, e portino un’impronta così spiegata del medio Evo. Fece pure dispendiosi ristauri all’alta e magnifica torre che gli sorge a fianco, e dalla cui cima si gode d’una vista incantevole.

FRABOSA appartenne alla chiesa d’Asti, e quindi ai signori di Morozzo.

Carlo Emmanuele I la infeudava con titolo di marchesato ad Adalberto Pallavicino.

GARESSIO vanta origine remotissima, e si trovarono in esso in varii tempi molte iscrizioni Romane. Fu patrimonio dei marchesi di Ceva, dai quali l’acquistarono gli Astigiani nel 1295. Cinquant’anni dopo fu ceduto agli Orleans. Nel 1480 fu cinto di mura il borgo maggiore. Nel 1634 furono in gran parte distrutte dal marchese di S. Croce, e due anni dopo uguagliate al suolo d’ordine di Cristina di Savoia. Avvi un sito detto il garbo o buco della luna, e si crede che fosse un antro dedicato a Diana.

Nel 1422 fu soggetto Garessio a Filippo Visconti, nel 1507 a Massimiliano Sforza, ed infine Arrigo VII lo cedette a Casa Savoia.

Trovasi Garessio in mezzo ad alti e dirupati monti in [p. 350 modifica]una fertile valle traversata dal Tanaro, il popolo è spiritoso, robusto, e dato al commercio ed all’agricoltura.

Sul suo territorio nella val di Casoto sorge una magnifica regia villeggiatura dove sorgeva l’antica Certosa, e la Real Corte vi passa alcuni mesi dell’anno.

IGLIANO col suo piccolo castello faceva parte anticamente del marchesato di Ceva, e poi fu signoria dei Vivaldi di Castellino, e quindi eretto in contado a favore della mobile famiglia Sauli stabilita a Ceva, e ne è attualmente al possesso il signor conte Lodovico Sauli senatore del regno. Il castello d’Igliano fu distrutto già da molto tempo, ed ultimamente si spianò il poggio su cui s’ergeva, e si ridusse a pubblica piazza avanti la chiesa parrocchiale.

LEQUIO D’ALBA. Lecchio o Lecco fu dei marchesi di Savona, e poscia di quelli di Ceva. Aveva un castello che fu atterrato nel 1175. Passò ad Ottone marchese Del Carretto che nel 1190 lo vendette a Manfredo di Saluzzo. Ne pigliò possesso il comune d’Asti nel 1234. Cadute le libertà Astensi, il marchese di Saluzzo Manfredo IV ne investì suo fratello signore di Dogliani. Estinto il ceppo dei signori di Lequio, questa terra passò a Michele Antonio signore della Manta.

LESEGNO trovasi al confluente di Monza e di Cossaglia. Sorgevano nei tempi andati due castelli in Lesegno, l’uno in Montegrosso che fu smantellato, e l’altro alla Serra che fu ridotto ad abitazione privata.

Questo villaggio nel secolo X trovavasi compreso nell’ampia contea di Anriate posseduta dai marchesi di Susa. Nel 1134 per imperiali concessioni passò nel dominio della chiesa d’Asti. Passò quindi al marchese Guglielmo Ceva secondogenito di Giorgio I, il quale come si disse altrove unitosi ai marchesi di Clavesana, d’Ormea, di Nuceto, Battifollo ecc. ed al comune di Mondovì, mosse così aspra guerra a Giorgio [p. 351 modifica]il Nano, che dovette disperatamente rendersi vassallo del comune d’Asti, perchè gli mancarono gli aiuti del comune di Genova, il quale gli avea promesso assistenza ma con intenzione d’ingrandir i suoi stati.

Si fu allora che il Nano vinse i Mondoviti, tolse al marchese di Lesegno i suoi stati, e lo fece esiliare dagli uomini di Mondovì.

Nel 1531 venne occupato stabilmente dai Reali di Savoia. Oltre i discendenti della famiglia Ceva ebbero giurisdizione su questo feudo i Boeri Bertiami di Chivasso, ed i Viariggi di Chieri. Passò quindi ai Del Carretto.

Nel castello dei marchesi Carretto di Lesegno pernottò Napoleone Bonaparte nel 1796. Ora questo castello è posseduto dal marchese Bertone di Sambuy, il quale sposò una delle figlie ed eredi del marchese Carretto morto senza prole mascolina.

Il conte Quarelli di S. Michele senatore del regno ereditò dai marchesi Ceva il titolo di conte di Lesegno, oltre un palazzo, e beni rustici nello stesso paese.

LISIO, piccolo paese situato nella valle di Monza tra Viola e Mombasiglio, era anticamente aggregato alla contea Bredulese; fu conquistato da Bonifacio di Savona, e toccò in sorte al suo figlio Anselmo marchese di Ceva. Passò sotto il dominio dei Provenzali l’anno 1260, del comune d’Asti nel 1269, ed infine dei principi di Savoia.

Verso il fine del secolo passato avevano giurisdizione sopra Lisio, il conte Salmatoris Rossilion di Lequio, e del Villar, il conte Raimondi di Mongardino, il marchese Ceva di Nuceto, il vassallo Fausson di Nuceto e di Viola, il marchese Ceva di Battifollo, il conte Sacchi di Cherasco, il conte Moffa di Bra, ed il conte Cambiano di Ruffia consignor di Priola.

MALPOTREMO, posto all’Oriente di Ceva su d’un monte [p. 352 modifica]che si pretende detto Monspostremus dagli stessi Romani come termine delle Alpi; difatti la Cevetta che scorre a’ piedi del territorio di questo paesello forma come una linea di divisione tra le alpi e le langhe. Da questo Monspostremus derivò il nome del paese Malpotremo, che il volgo pronunzia tuttora Mompotren.

Si vedono ancor le traccie dell’antico suo castello, la di cui area fu ridotta a coltura non rimanendo più che alcune mura di cinta.

Nella carta di divisione degli stati del marchese Bonifacio di Savona del 1142 fu compreso Malpotremo nel marchesato di Ceva.

Questo villaggio seguì le sorti di Ceva da cui è poco distante.

Lo ebbero, in feudo con titolo signorile i Gambiani di Ruffia, e i Guerra di Cherasco marchesi di Perlo.

MARSAGLIA, antico castello delle Langhe situato a greco di Mondovì, e confinante coi comuni di Murazzano, Clavesana, Roccacigliè, Castellino ed Igliano, fu una volta compreso nel marchesato di Clavesana, e passò quindi ai marchesi di Ceva. Anticamente però apparteneva ai marchesi di Monferrato, e quindi a quelli di Saluzzo. Lo tenne in feudo da ultimo la nobile famiglia Pensa di Mondovì. Ebbero pure qualche giurisdizione su questo villaggio i signori di Scalenghe ed un ramo dei Canali signori di Cumiana.

MASSIMINO fu anticamente compreso nel marchesato di Ceva, passò sotto il dominio dei marchesi Del Carretto, feudatarii di Bagnasco nel secolo XIII, quindi fu incorporato nel marchesato di Finale.

Dopo la rivolta ivi accaduta nella metà del secolo XVI, passò con Calizzano sotto il dominio imperiale di Rodolfo II.

Nei 1413 i Genovesi l’acquistarono insieme con Osiglia. Nella successiva compra del marchesato di Finale fatta dagli [p. 353 modifica]Spagnuoli restaronvi di nuovo aggregati Bardinetto, Calizzano e Massimino.

Si vedono tuttora le maestose rovine del castello di questo paese, ma distanti dall’attuale abitato su nei boschi della montagna.

Prima delle guerre Napoleoniche Massimino era la terra di rifugio dei banditi del Piemonte, e vi si faceva un forte contrabbando per essere appartenente al Genovesato.

MOMBARCARO. Così detto perchè dalla sua altezza che sta a 919 metri sopra il livello del mare; nelle ore serene del mattino si veggono le barche sul mediterraneo quantunque ne sia distante più di trenta miglia.

Nel 1142 faceva parte del marchesato di Ceva, in seguito i marchesi di Saluzzo lo riconobbero dai principi del Monferrato. Passò alli Spinola di Genova, poscia ai Falletti di Alba, ai quali fu tolto da Carlo V. Finalmente fu posseduto col titolo di Baronia da Clemente Vivaldo di Mondovì.

L’alta torre che resta in piedi, e su cui fu posto un segnale topografico, addita il sito dell’antico castello che fu demolito in tempo della guerra civile tra i principi Tommaso e Maurizio di Savoia e la duchessa reggente.

MOMBASIGLIO. Nel 1090 era posseduto da un certo Ottone vassallo del marchese di Savona.

Nel 1134 i fratelli Bonifacio, Oberto, Odone, Enrico e Guglielmo con Alasia loro genitrice, fecero donazione di quel castello ai vescovi d’Asti.

Nel 1349 il marchese Corrado di Ceva, mandava a suo nome un nunzio per ricevere dal vescovo d’Asti l’investitura del feudo di Mombasiglio.

Il duca Ludovico d’Orleans nel 1493 confiscava questo paese con molti altri a Gian Francesco dei marchesi di Ceva, [p. 354 modifica]e lo dava ad Ettore di Montemar suo luogotenente nel governo d’Asti, il quale lo vendette a Francesco della Rovere duca di Sora conte di Sinigaglia e prefetto di Roma con istromento del 1504.

Questo villaggio fu poi eretto in contado a favore della nobile famiglia Pallavicini di Frabosa.

Il nome di Mombasiglio si vuole da taluno far derivare da monte di Basilio per un monastero di S. Basilio colà esistente dalla più remota antichità.

Il castello di Mombasiglio innalzato dai marchesi Ceva fa tuttora bella mostra di sè. È circondato da alti bastioni, ed ha un’alta torre tutta solcata dal fulmine.

Si mostra in quel castello un trabocchetto che nelle sue pareti interne dicesi armato di lamine taglienti che s’incrociano, e si sono trovati in fondo al medesimo teschi ed ossami umani.

Il signor conte Vittorio Vianson Ponte che condusse in isposa una damigella della nobilissima casa Carrega di Genova, dama di alti sentimenti, di squisitezza di modi, di spirito colto e di avvenenti forme, ha in Mombasiglio una casa signorile e vi esercita il commercio serico mediante una filanda delle più grandiose del Piemonte con un annessovi ampio filatoio che occupa in tutto l’anno centinaia d’operai.

MONASTEROLO, che vuolsi abbia preso il nome da un monastero di Benedettini, di cui parla monsignor Brizio attiguo alla chiesa di S. Colombano, tuttora in grande venerazione presso gli abitanti di Monasterolo e dei paesi circonvicini.

Nel 1142 fu compreso nel marchesato di Ceva.

Per sentenza del 1298 fu aggiudicato Monasterolo al marchese Nano da Falletto e Ruffino Alfieri, stati eletti arbitri dalle parti.

[p. 355 modifica] Un ramo dei Signori d’Ormea ebbero poscia questo paese in feudo, quindi li Tesauri di Fossano.

Qui ebbe i natali l’abate Giovanni Magnone profondo teologo ed eloquente orator sacro.

MONTEZEMOLO detto Mons geminus e Monzemolus perchè la montagna su cui è posto presenta due prominenze. Si dice Monzemolus da chi lo denomina dal torrente Zemola che scaturisce alle sue falde.

Faceva parte del marchesato di Ceva nel 1190; il marchese Guglielmo lo cedette agli Astesi. Fu anch’esso nel 1495 confiscato da Ludovico d’Orleans e regalato ad Ettore di Montemar.

I Reali di Savoia lo infeudarono ai marchesi Cordero di Mondovì, che hanno colà un magnifico palazzo e molti beni stabili. Chi ne è attualmente padrone si è il marchese Massimo Cordero, senatore del regno.

MURIALDO. Murus altus posto nella sinistra sponda della Bormida chiuso fra due altissimi monti che s’ergono, a guisa di due muraglie, dal che sarà forse derivato il nome di Murus altus a Murialdo. Sulla destra della Bormida si vedono ancora le maestose rovine d’un ampio castello, in cui si dice cercassero ricovero i Murialdesi nel tempo delle incursioni dei Saraceni.

Fu già signoria dei marchesi di Ceva, quindi dei S. Giorgio Del Carretto di Castell’Argento.

[p. 356 modifica]Murialdo è dei mandamento di Millesimo diocesi di Mondovì, provincia di Savona, divisione di Genova.

NIELLA TANARO. Questo paese chiamato anticamente Nigella ad Tanagrum è situato sulla sponda sinistra del Tanaro e diviso in varie borgate. Nel 1142 fu compreso nel marchesato di Ceva e nel 1299 fu per meta ceduto al comune d’Asti. Il suo antico castello è intieramente distrutto, ad eccezione d’una torre che indica il sito dove questo sorgeva. Spettò questo feudo ai marchesi Coardi Carpenetto di Bagnasco, quindi passò in titolo signorile ai S. Giorgio di Castell’Argento ed ai Vaschi della Bastia. Era questa l’ultima terra dell’antico contado Albese.

Diede la Niella distinti personaggi alla letteratura ed alle scienze, il Dalmazzone, il Rossi ed il Borio furono tutti e tre presidenti del Senato di Torino.

NUCETO. Questo piccolo paese posto vicino al Tanaro tra Ceva e Bagnasco appartenne fin dalla sua prima origine ai marchesi di Ceva. Su d’un piccolo monte che s’erge sulla sinistra sponda di detto fiume si vedono le rovine dell’antico suo castello, in vicinanza dell’antica chiesa parrocchiale dedicata ai Ss. Cosma e Damiano e tuttora uffiziata alternativamente con la nuova chiesa di S. Maria Maddalena che trovasi ai piedi di detto monte fra il Tanaro e la strada provinciale d’Oneglia. Questo castello è tuttora di proprietà dei marchesi di Ceva di Nuceto, ma vi acquistarono col tempo parte di giurisdizione i Fauzoni di Mondovì consignori di Viola e di Lisio, i Pallavicini signori di Priola, i Pasquali, i Rovelli ed i Tesauri consignori di Monasterolo.

Trovasi sul territorio di questo paese una cava di lignite [p. 357 modifica]di molta importanza, ed una fabbrica di vetri che ebbe per vari anni un esito assai felice, ed ora trovasi inoperosa per causa di litigi.

ORMEA. Questo antico paese che trovasi sulla sponda sinistra del Tanaro che scaturisce pochi miglia distante dal medesimo fu con regie patenti 4 marzo 1818 elevato al grado di città. L’antico suo castello che già sorgeva nel secolo x fu ingrandito e ridotto a fortezza nel 1625, quindi smantellato dai francesi nel 1795. Prima del cristianesimo si adorava qui il Dio Teutates surrogato dai Romani in Mercurio Marruno (guida dei passeggieri per malagevoli cammini) si trovò un’inscrizione in cui si pregava Teutates a favorire Lucio Patio, la cui anima facevasi vagante per l’etere. Appartenne Ormea ai marchesi di Ceva, dai quali nacque il cardinal Francesco Adriano, di cui si parlò diffusamente nel capo degli uomini illustri.

Negli ultimi tempi fu infeudata Ormea ai Ferreri di Mondovì sotto il titolo marchionale.

In questo territorio si fanno ottimi formaggi molto ricercati, e si trovano ottime cave di marmi come sono quella di Portoro e la Scaravezza di Nava, e del porfido rosso e verde delle Viozene.

[p. 358 modifica]PAMPARATO. Pretendesi che i Saraceni resi assai ardimentosi dai prosperi successi delle loro incursioni ostili costruissero una forte rocca sull’alta pendice di uno di quei monti, la quale prese poi il nome di Pamparato. Di quel fortilizio restano tuttora i ruderi, ma la storia non ci tramandò più precise e sicure notizie. Si rinvennero su questo territorio alcuni frammenti d’iscrizioni Romane che vennero illustrate dal Sacerdote Pietro Nallino da Mondovì autore delle due opere intitolate: Il corso del fiume Ellero, e del fiume Pesio.

Pamparato era compreso nel marchesato di Ceva. Nel 1214 furono da quei marchesi ceduti i loro dritti in gran parte alla chiesa d’Asti, e nel 1298 fu venduto a quel comune. Nel 1394 furono compilati gli statuti comunali di Pamparato.

Ebbero giurisdizione su questo feudo i Bonardi Mangardi ed i Pasta. Quindi passò con titolo marchionale ai Corderi di Mondovì, e con titolo di contado alla famiglia Gianasso.

PAROLDO. Trovasi questo piccolo paese in una valle circondata verso tramontana dal colle detto della Pedagera sul • quale passa la strada provinciale che da Cherasco tende a Savona. Apparteneva esso anticamente al marchesato di Ceva e passò quindi sotto il dominio dei marchesi di Saluzzo. Fu in appresso signoria dei S. Giorgio di Castell’Argento dei marchesi di Bagnasco e di Carpenetto.

Narrasi che questo paese sotto il nome di Palodium fosse nominato in un diploma dell’Imperatore Ottone I, il che [p. 359 modifica]proverebbe la sua antichità. Rimane tuttora in piedi una parte del suo antico castello, ma la torre maestosa che vi sorgeva a’ fianchi di forma quadrata ed in pietra da taglio, che indicava da lungi la situazione di questo paese, fu per una misera speculazione di trar profitto dai suoi materiali gettata a terra or son pochi anni, privandosi così quei comune di un prezioso monumento d’antichità.

PERLO. Questo paese trovasi su d’un colle all’oriente di Nuceto, e distante da questo due miglia circa di Piemonte. Aveva un antichissimo castello munito di quattro torri e di 500 metri di periferia. Fu questo distrutto nel secolo XIV, ed ora poche rovine indicano dove esso sorgeva. Trovavasi pure un altro castello nei boschi di questo territorio verso Murialdo, nel quale esistono tuttora antri scavati ad arte in cui si trovarono monete Romane ed idoletti sul colle denominato delle Rame, si trova una chiesa dedicata a S. Felice e che si vuole che sia una delle più antiche di quelle parti, sembra fuor di dubbio che servisse questa chiesa al culto dei pagani. Leggevasi pochi anni sono al disopra dell’altar maggiore le seguenti parole:... Olim Isidi dicatam. Nei muri laterali si vedono dipinte divinità del gentilesimo in figura d’uomini e di donne al naturale, lavori di pennello e di gusto [p. 360 modifica]antichissimo. Si vedono pure sulle stesse mura geroglifici ed iscrizioni confuse ed inintelligibili. Si dice che vi fosse pure una tavola di marmo bianco finissimo con un’iscrizione che ricordava il nome d’un eroe che morì combattendo contro i Saraceni. Perlo fu tenuto col titolo marchionale dai Ceva Nuceto, quindi dai Cambiano di Ruffia, e dai Guerra di Cherasco.

Questo feudo fu pure tenuto con titolo signorile dai Torazza già consignori di Cavallerleone.

PRIERO. Giace questa popolosa terra sulla destra del torrente Cevetta alla distanza di circa tre miglia da Ceva sulla strada provinciale di Savona, era anticamente cinta di turrite mura, ora in gran parte rovinate, trovandosene una sola ben conservata attigua al castello, ora proprio della famiglia Giorelli, ad eccezione della succitata torre di spettanza ancora dei Turinetti.

Nel dì 23 febbraio 1260, Vincenzo di Acqui e Gualtiero [p. 361 modifica]Saliceto procuratori di Carlo conte di Provenza investirono d’una parte notabile della terra di Priero, Guglielmo, Giacobino e Baudino fratelli marchesi di Ceva. Priero appartenne quindi ai Galleani di Nizza dai quali passò ai Doria di Genova e fu poi eretto in marchesato a favore della magnatizia famiglia Turinetti di Chieri.

Il luogo di Priero si onora di aver dato natali al rinomatissimo Silvestro Mazzolino, dell’ordine di S. Domenico, il quale dopo aver conseguito molte dignità nell’ordine suo, fu maestro del sacro palazzo ai tempi di Lutero, contro il quale, come afferma il cardinale Bellarmino, dottamente scrisse: citandolo a comparir dinanzi a lui in Roma per dar conto delle sue false dottrine.

Questo insigne Domenicano è autore di molti libri pregievolissimi e specialmente dell’opera di Teologia che s’intitola dal suo nome: Summa Silvestrina.

PRIOLA. Sotto questo nome sono comprese due borgate situate l’una sulla destra e l’altra sulla sinistra sponda del Tanaro; vicino all’antica parrocchia di S. Giusto, sorgeva un forte Castello di cui non si vedono più che poche rovine.

Nel secolo x questo luogo era corte del Contado di Diano e si denominava Petra-Auriola.

Passò quindi sotto il dominio dei marchesi di Susa i quali [p. 362 modifica]con istromento 7 marzo 1033 rogato Gisleberto la cedettero all’abazia di S. Giusto dalla quale fu posseduta sino alla metà del secolo XII, fece quindi parte del marchesato di Ceva, in virtù dell’investitura che ne ricevettero i signori di questo Marchesato dal conte Carlo di Provenza addì 23 febbraio 1260.

Finalmente vi acquistò giurisdizione un ramo della famiglia Pallavicini da Ceva che s’intitolò e continua ad intitolarsi marchese di Priola. Vi ebbero pure parte di giurisdizione i Cambiani di Ruffia.

ROASCIO. Questo piccolo paese verso la metà del secolo XVI, fu in parte posseduto da Giorgio Castrucci di Mondovì e da Giuseppe Rabbio di Cuneo.

I marchesi di Ceva ne erano già padroni nel 1260, vi esercitarono quindi diritti feudali i Beccaria, i Bianchi di Dronero, i Del Caretto, i Ceva di Ceva, di Lesegno e di Torricella, i Cordero di Pamparato, i Ferreri d’Ormea, i Filipponi, i Morozzi di Magliano, i Morozzi di Morozzo e con titolo comitale i Viariggi.

ROCCACIGLIÈ. Questa piccola terra che trovasi non molto lontana da Cigliè è rimarchevole per l’alta torre che si dice di otto trabucchi la quale indica da lungi dove sorgeva una volta il Castello degli antichi feudatari di questa terra.

Apparteneva ai marchesi di Ceva che l’ebbero dai principi Saluzzesi; passò quindi ai marchesi di Monferrato che lo tennero sino al trattato di Cherasco, in forza dei quale passò sotto il dominio di Casa Savoia.

[p. 363 modifica]SALE. Alla distanza di tre miglia da Ceva verso Oriente sorge la villa di Sale, posta in sito elevato ed ameno. Vi sorge un grandioso castello proprio dei marchesi Incisa di Camerana. Era anticamente questo paese compreso nel marchesato di Ceva. Passò quindi alla famiglia Germonio dalla quale l’ereditarono i succitati marchesi Incisa di Camerana.

S. MICHELE. Questo cospicuo borgo è traversato dalla strada provinciale che da Ceva tende a Mondovì, trovasi sulla sponda sinistra del fiume Cossaglia. Era anticamente feudo dei Ceva come lo è tuttora di alcuni rami di questa antica famiglia. Nella parte più elevata del paese si scorgono ancora le rovine d’un ampio ed antico castello, monumento della caducità delle grandezze umane. Venne questo demolito nel 1800 per trarsene partito dalla vendita dei materiali. L’ultimo marchese padrone di questo castello ridotto alla miseria cessò di vivere nello spedale dei cavalieri di Torino. Molti dei contemporanei si ricordano tuttora d’aver veduto la marchesa di lui consorte andar mendicando un tozzo di pane per le contrade di Mondovì dove finì i suoi stentati giorni.

Oltre i Ceva furono feudatari di questo castello i Bassi, i Blengini, i Derossi, i Filipponi, i Morozzi di Magliano, i Massimini, i Mochia, gli Orta-Gagliardi, i Pallavicini, i Vaschi [p. 364 modifica]e i della Chiesa d’Isasca. Si conservano in quegli archivi gli antichi statuti di quel comune che portano la data del 1332.

Si vanta a giusto titolo S. Michele d’aver dato i natali a Giovanni Battista Quarelli, dotto cultor della lingua italiana, e latina, il quale coadiuvò il Pasini nella compilazione del Dizionario latino ed italiano ad uso delle scuole.

Fra i distinti personaggi tuttor viventi nativi dello stesso paese devesi fare onorata memoria del signor conte Quarelli di Ceva-Lesegno, Senatore del Regno, del canonico Carlo Raffaele Facio, dottor collegiato in teologia, arciprete della cattedrale in Mondovì, del signor medico Corte, che gode fama d’uno dei più distinti professori dell’arte medica, di esimio cultore di belle lettere, e che sostiene attualmente la carica di professore di Storia Naturale nel Collegio nazionale di Mondovì, ed il di lui fratello sacerdote Pietro Maria Corte cavaliere dei Ss. Maurizio e Lazzaro e professore di filosofia nella regia università di Torino.

Fu S. Michele nel 1796, teatro di sanguinose battaglie tra le schiere guidate dal Generale Bonaparte e gli Austro-Sardi.

S. Maestà Vittorio Emanuele fece acquisto non ha guari d’una casa, d’un giardino ed ampie scuderie, che servono di punto di fermata nei viaggi che le persone di sua corte e famiglia sogliono fare ogni anno alla magnifica Certosa di Casotto.

[p. 365 modifica]SCAGNELLO. Trovasi questo paese su d’un elevato colle tra Mombasiglio, Battifollo e Lisio. Verso settentrione su d’alto poggio sorgeva il suo antico castello di cui si vedono ancora alcune rovine e parte d’un’alta torre che fa mostra di sè in lontananza verso il Piemonte.

Era questo paese compreso nel marchesato di Ceva dal quale fu venduto al comune d’Asti.

Fu in appresso soggetto ai Battaglieri, ai Burotti di Cherasco, ai marchesi Ceva di Nuceto, Perlo, Malpotremo, Lisio e Viola, ai Gagliardi di Ceva, ai Gagliardi di Scagnello, ai Patrizi di Savigliano, ai Pelusi, ai Cipolla d’Albenga, ai Regis Magliani ed ai Mellini di Millesimo.

TORRICELLA. Prese questo paese di Torricella il suo nome da un’antica torre che sorgeva in mezzo all’abitato.

Si trova questo paese nominato in un diploma d’Arrigo III, del 1041 ed era anticamente compreso nel marchesato di Ceva. Fu in seguito eretto in contado a favore degli Aurelii di Cherasco. Fu pure signoria dei Guerra marchesi di Perlo.

Nulla avvi di rimarchevole in questo piccolo paese che la ridente ed elevata sua posizione.

TORRE. Al confluente dei torrenti Cossaglia e Gasotto al Sud-Ovest di S. Michele sorge il paese così detto della [p. 366 modifica]Torre. Si vedono tuttavia le rovine del suo antico castello che era proprio una volta dei marchesi di Ceva. Appartenne già alla chiesa d’Asti, passò quindi agli Spinola, ed ai Del Carretto; ai S. Giorgio di Castellargento, ai Filipponi dei signori di Ceva, di S. Michele, Roascio e Torricella, da essi passò ai Morozzi e quindi ai Castrucci di Magliano.

Dava non ha guari non poca importanza a questo paese la fabbrica di vetri che vi aveva stabilito il signor Avena della Chiusa, ma colla di lui morte cessarono pure i lavori di questo stabilimento da cui si ricavava un onesto sostentamento per molte famiglie del paese. Una società forestiera sta ora riattivandolo e se le augura una prospera coltivazione.

VIOLA. Questo paese situato alle falde del Mindino e non lungi dalle scaturigini del torrente Mongia trovasi menzionato nell’istrumento di divisione dei sette marchesi figliuoli di Bonifacio del Vasto delli 22 dicembre 1142, e caduto nella porzione spettante al marchese Anselmo di Ceva. Trovansi ivi due parrocchie divise dal suddetto torrente denominate di S. Giorgio e di S. Lorenzo. In quest’ultima parrocchia vedonsi pitture, alcuni avanzi dell’antico Castello che quale valida rocca difendeva il paese.

Viola fu feudo dei Faussoni dei Marchesi di Ceva, Lisio e Nuceto, dei Promis e dei Ceva di Ceva.

Vi si trovano marmi bianchi e bigi non che pietre da calce in abbondanza; nell’anno 1744, fuvvi scoperta una miniera di piombo, la quale non si coltiva per causa del poco utile, che se ne può ricavare.

Note

  1. Qui si mettono alcune notizie per illustrare maggiormente la storia di questi paesi;

    Bagnasco. Dopo i €Ceva l’ebbero in feudo i Del Carretto; nel 1512 pervenne a Francesco Maria Della Rovere duca di Sora, che lo vendette nel 1515 a Sebastiano Sauli gentiluomo genovese. Ultimamente l’ebbero i Coardi. F. Raffaele De Bergeri morì priore dei Domenicani in Chieri con fama di grande virtù nel 1505, era di Bagnasco come lo fu D. Giovanni Battista Gorresio confondatore dell’Ordine dei Passionisti.

    Bastia. Fu feudo dei Vasco, dei Morozzo, dei Monbello di Frossasco e dei Parpaglia.

    Battifollo. Fu il castello occupato dal generale dell’esercito repubblicano francese nel 1796 dopo la battaglia di Millesimo.

    Carrù. L’antica parrocchia di Carrù era detta di S. Pietro in Grado dipendente dal Vescovo d’Asti, poi unita alla Badia di Ferrania.

    Castellino. I Germoni ebbero anche i feudi di Castelalfero, Viano e Mongardino nell’Astigiana. Questa nobile famiglia s’estinse nel secolo scorso.

    Chiusa. I Morozzo l’ebbero in feudo colla Valle di Pesio dai Vescovi d’Asti. I Conti di Racconigi, di Casa Savoia, erano marchesi della Chiusa. Onora di presente questo paese e tutta l’Italia l’eccellente latinista professore e cavaliere Tommaso Vallauri deputato e scrittore di molte opere di patria storia tenute in sommo pregio.

    Cigliero. Giacomo Della Torre di Mondovì gran cancelliere di Savoia nel 1452 alienò questo feudo ai Conti di Langueglia, i quali lo vendettero a Giovanni Antonio Pensa di Mondovì; estintasi questa linea di Giovanni Pensa nella sua pronipote Cassandra moglie di Francesco Capris di Torino passò il feudo in questa famiglia.

    Mombarcaro fu feudo dei Del Carretto. Carlo spogliò Antonio Falletti delli feudi di Mombarcaro e di Benevello, i quali diede a D. Alvaro Sanchez suo capitano generale che fu pure signore di Dogliani. Stimatissime sono le rubiole che ivi si fanno.

    Mombasiglio. Vi si venera il corpo di S. Ammiano ottenuto da Roma dall’Abate Ponte segretaro d’ambasciata di quella Corte. I Trotti di Fossano ebbero questo feudo con titolo marchionale.

    Murialdo. Fu feudo dei Carretti marchesi di Finale. Sopra la porta della chiesa parrocchiale di S. Lorenzo vi è il martirio del Santo titolare in pietra colla seguente iscrizione con caratteri così detti gotici:

    A. D. MCCCCXLV die XXII julii
    Sācto Laurēcio Magr. Francus Garonus fecit Ecclesiam.

                        Jōhs Vilicius Tempore Presbiteri
                        Petr. Badinus     Joh. Vergolio.
                        Masari.

    Fu ristorata questa chiesa dal cardinale Carlo Del Carretto. Vi è pure una seconda parrocchia col titolo di S. Antonio.

    Niella di Tanaro. I Nielli Bosii nobili antichi d’Alba ebbero la Signoria della Niella e della Bosia. Zan Franco Niello nel 1198 acquistò l’ottava parte di Castagnole delle Lanze col contado di Loreto, che nel 1201 con Anselmo suo figlio cedette al comune d’Asti. Ramazotto di questa famiglia si rese celebre nel 1300, secondo si legge nella descrizione manoscritta del Piemonte di monsignor Francesco Agostino Della Chiesa.

    Ormea. Estintasi la linea dei Ceva Conti d’Ormea in Garcilasco che lasciò solo due figlie investite nel 1577 fu acquistato questo feudo dal Principe Cardinale Maurizio di Savoia, e n’ebbe investitura, col contile ai 7 d’ottobre 1634. Dopo la morte del quale fu venduto dalla vedova Principessa Ludovica al Duca Carlo Emmanuele II nel 1665 ai 30 marzo, e ne investì nel 1671 Francesco Adriano Ceva protonotario apostolico nipote, o meglio cugino del cardinale, anche Francesco Adriano il quale già dal 1635 n’era stato investito d’una parte con titolo di marchese. Ebbe pure questo feudo con investitura delli 15 luglio 1673 Carlo Emanuele Filiberto d’Este di Dronero con l’ottava parte di Ceva e parte di Priola. Vittorio Amedeo II ai 27 settembre del 1673 lo vendette per 55 mila lire al vassallo Alessandro Marcello Vincenzo Ferrero, e ne fu investito con titolo marchionale ai 3 di ottobre. La suddetta Principessa dona la metà d’un’ottava parte del Marchesato di Ceva con titolo marchionale al gran cancelliere di Savoia Giovanni Battista Buschetti, e ciò con approvazione sovrana in data del 23 febbraio 1666 e con investitura del 3 marzo. Nel 1676 4 agosto la stessa Principessa Ludovica cede l’altra metà dell’ottava parte di Ceva che ancor le rimaneva al conte Flaminio Ripa di Giaglione il quale nel 1686 5 di novembre ebbe l’investitura dell’altra metà per l’eredità dello zio gran cancelliere. Le carte di queste investiture e degli acquisti esistono nei copiosi archivi del dotto cav. Ripa di Meana, per gentilezza del quale ne ebbi visione. La marchesa Angela Palazzola Palleotti di Bologna fu investita ai 15 di marzo 1694 della metà della 12ª parte del castello, feudo, giurisdizione, capitaneato di Ceva con titolo marchionale ecc.

    Perlo. Fu acquistato ai 13 giugno 1664 per compra fatta dal vassallo Carlo Antonio Guerra di Cherasco, dal vassallo Giovanni Francesco Ceva, e ne fu investito con patenti dei 6 luglio istess’anno e comprendeva questo feudo anche Malpotremo con parte del capitaneato di Ceva nel quartiere di S. Michele come si ha dalle Memorie della vita e dei tempi di monsignor Giovanni Secondo Ferrero Ponziglione primo consigliere e auditore generale del Principe Cardinale Maurizio di Savoia con un saggio di lettere e monumenti inediti raccolti ed illustrati per Giovanbattista Adriani professore e membro della Regia Deputazione sovra gli studi di storia patria ecc. Torino dalla officina tipografica d’Ignazio Ribotta, settembre 1856, un vol. in-foglio di oltre 700 pagine con molti disegni e tavole. Opera veramente monumentale, che niente lascia ad invidiare quella del Litta, e che onora ugualmente il nobilissimo signor conte D. Vincenzo Mauro Ferrero Ponziglione di Borgo d’Ales, cavaliere de’ Ss. Maurizio e Lazzaro, deputato al Parlamento Subalpino, membro e segretario della R. Deputazione sovra gli studi di storia patria ecc. e autore esso pure di pregiatissime opere, cioè dello Specimen inscriptionum latinarum Thomae Vallaurii edidit atque adnotationibus auxit Vincentius Ferrerus Ponzilionus, 1855. De Caesare Salutio Commentarius 1856. Le Mene elettorali, Disamina 1858, il quale schiuse i suoi ricchi archivi; e l’esimio autore cavaliere Adriani membro di molte accademie che con fino discernimento, accurata critica e bella dicitura arricchì le patrie lettere di così bell’opera. È uscita or ora una seconda parte intitolata Monumenti storici diplomatici degli Archivi Ferrero-Ponziglione e di altre nobili case subalpine dalla fine del secolo XII al principio del XIX raccolti ed illustrati per Giovanbattista Adriani cavaliere della sacra equestre milizia de’ Ss. Maurizio e Lazzaro ecc. Aggiunta non meno interessante della prima, la stampa di detta opera onora parimenti il tipografo Ribotta, fa bella mostra fra le pregiate edizioni piemontesi che sono ora alla sesta Esposizione pubblica nel R. Castello del Valentino. Il conte Ponziglione diede il nobile esempio alle famiglie magnatizie. Esse aprendo i loro antichi archivi ed illustrando le loro famiglie doterebbero la patria storia di molti documenti inediti e sconosciuti. Il casato dei Guerra essendosi estinto sul principio del corrente secolo, ne passarono i diritti signorili in quello dei conti Ferrero Ponziglione di Borgo d’Ales della stessa città di Cherasco.

    Priero. Nella divisione dei Marchesi di Ceva toccò a Francesco signor della Chiusa e di Castelnuovo. Questa famiglia si estinse nel marchese Alberto il quale nel 1601 entrò nell’Ordine de’ Cappuccini col nome di Arcangelo, come si disse. Nel 1135 si trova un Ottone Visconte di Priero. Il sovranominato P. Silvestro de’ Mazzolini fu professore di teologia in Padova ed in Roma, vicario generale del suo ordine, e morì di peste nel 1523. F. Alessandro laico cappuccino servì con tanta carità gli appestati nel 1630 in Torino, Chieri, Asti, Pinerolo e Carmagnola, che per gratitudine quest’ultima città gli fece fare il ritratto; morì ottuagenario. L’arciprete attuale D. Giorgio Ferreri da Lequio, che con tanto zelo e prudenza per molti anni regge questa parrocchia venne or ora traslato da monsignor Ghilardi vescovo di Mondovì all’Arcipretura di Ceva, creduto degno ed atto a succedere al compianto arciprete D. Giovanni Olivero autore di queste Notizie storiche.

    Roascio Nel ricco archivio dei conti Morozzo della Rocca ecc. trovo che nel 1635 ai 20 d’aprile l’eccellentissimo signor gran cancelliere Morozzo (Carlo Filippo) fu messo in possesso della terza parte di Roassio e Toricella et a proportione della città di Ceva e di giornate 13 circa di beni feudali in detto luogo di Toricella. Questo ed altri documenti riguardanti i feudi di questa nobilissima casata li ebbi dal cortesissimo cavaliere Emanuele Morozzo della Rocca dottore di leggi e cultore anch’esso della storia patria, e si possono pure riscontrare nella storia di essa che presentemente si pubblica nelle Famiglie nobili della Monarchia di Savoia.

    Sale. Nella borgata dei Cocca si trovò una lapide romana, ma essendo molto corrosa non se ne può cavare un senso. Battistino di Sale Minor osservante, teologo e predicatore fu autore della Somma detta da lui Battistina nel 1487 come si ha dal Gioffredo nella Storia delle Alpi marittime e dal Rossotto, ma alcuni e forse con fondamento lo vogliono di Sale di Lomellina. Baldassare di Sale Eremita Agostiniano scrisse De Rosario B. V. come si ha dal Sillabo del Rossotto. Nella parrocchia e nella cappella di S. Pietro di patronato dell’antica e cospicua famiglia Parrochia vi è la seguente iscrizione solo in parte leggibile: Here V. S. (forse heres, o ære) D. Caroli Parrociæ Antonius Parochia..... heredibus pro celeb.ne cot.ne Mese in pp.m 1440 die 25 aprilis. Diversi personaggi di questa famiglia s’illustrarono: l’avv. Carlo Tommaso fu segretario d’ambasciata in Londra quindi in Parigi ove stette dal 1713 al 1720, poi in Roma dal 1727 al 1731, in ultimo segretario nelle Regie Finanze, e morì in Torino nel 1734 di ritorno dalle campagne di Pizzighettone e dall’assedio del castello di Milano; Francesco Ignazio suo fratello fu direttore generale delle Gabelle unite e primo uffiziale delle medesime morì in Torino nel maggio del 1771. Carlo Lorenzo notaio fu ricevitore delle R. Gabelle in Sale e morì nel 1763. Il notaio Giovanni Battista figlio del precedente fu ricevitore e quindi vice-conservatore delle R. Gabelle morto nel 1811. L’Arciprete Luigi dopo 31 anni di lodevole amministrazione della parrocchia di Sale morì alli 11 dicembre 1849 e fu lodato con forbita orazione da D. Bartolommeo Filippi rettore del pensionato di Sale stampata in Mondovì nel 1850. Fratelli del suddetto Arciprete, furono Pietro-Giovanni notaio-segretario del Comune, Ignazio, dottore in medicina e chirurgia, che prestò servizio come chirurgo nelle armate di Napoleone a Mosca, ove riportò due ferite e vive tuttora, segretario del Comune, decorato della medaglia di S. Elena: e questo è padre dell’attuale Rettore della succursale di S. Giacomo di Sale, di Pietro ricevitore delle Dogane e del chirurgo Luigi.

    S. Michele. Il medico Giuseppe Corte autore della Narrazione delle battaglie di S. Michele e del Mondovì combattute nell’aprile 1796, essendo non è molto mancato ai vivi, il suo fratello Pietro Maria, autore di pregiate opere di filosofia, essendone erede fece dono della biblioteca alla R. Accademia di medicina e chirurgia.

    Scagnello. Garra Marcantonio medico e poeta di Bene vivente nel 1570 era consignore di questo luogo, si hanno di lui diverse opere alle stampe, come si può vedere nella biografia medica del Bonino, nel Vallauri e nel Rossotto. Nel 1687 Gallo Giovanni Antonio e Lucia Margarita alienano parte di Ceva e Scagnello al signor Prospero Peloso Cipolla d’Albenga. Burotti Giacomo da Cherasco fa investito nel 1698 di parte, che Giuseppe poi della stessa famiglia ebbe con titolo comitale nel 1772. Il vassallo Ottavio Regis venne investito nel 1740 ai 30 gennaio. Circa quel tempo l’ebbero anche i Mellini di Millesimo. A. B.